RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 132 - Testo della trasmissione di venerdì 12 maggio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Inaugurazione
del XXII Congresso internazionale dei medici cattolici a Barcellona, in Spagna
Creare un adeguato sistema occupazionale: è quanto
auspica Kofi Annan
intervenendo a Vienna al Vertice fra Unione
Europea, America Latina e Caraibi
Il presidente eletto
Giorgio Napolitano ringrazia il Papa per il messaggio di auguri: dalle sue
parole – scrive – traggo motivo di incoraggiamento
12 maggio 2006
BENEDETTO XVI RICEVE
PUNTO
DI RIFERIMENTO PER I CATTOLICI DI LINGUA TEDESCA A ROMA
Date “sempre la precedenza alla vita sacramentale … rispetto
alle altre attività”. Solo se Gesù sarà posto al centro della vita di una comunità,
questa diventerà sempre più “apostolica e missionaria”. E’ quanto ha detto stamane il Papa ricevendo in Vaticano la comunità del
Collegio di Santa Maria dell’Anima,
creato 600 anni fa a Roma da Innocenzo VII per i cattolici di lingua tedesca.
L’istituzione pontificia, che Benedetto XVI ha definito “tedesca
ma contemporaneamente romana”, è diventata lungo i secoli il punto di
riferimento per tutti i cattolici di lingua tedesca che vivono a Roma o vengono
come pellegrini nella Città eterna: qui – ha detto il Pontefice - possono “pregare, cantare e ricevere i sacramenti
della Chiesa nella propria lingua”. Il Papa ha sottolineato che “fin
dall’inizio, due sono state le caratteristiche fondamentali del Collegio: la devozione
alla Madre di Dio ed un vincolo particolare dell’istituzione con
In particolare il Papa si è riferito al titolo di “Santa Maria dell’Anima”, che pone in
rilievo due aspetti importanti: il fatto che “Maria protegge le anime pellegrine,
quelle tante anime che sono in cammino nel pellegrinaggio della vita e per le quali Roma è divenuta una stazione importante, in molti
casi determinante”. E il fatto poi che questo titolo ricorda i defunti, “la cui
memoria ci richiama il nostro essere mortali e anche
la nostra eterna vocazione ad una vita nella luce e nell’amore infinito di
Dio”.
I sacerdoti ed i seminaristi che abitano nel Collegio – ha
concluso il Pontefice – “hanno la possibilità di imparare a conoscere la
grandezza e la bellezza della Chiesa universale”, nonché la “romanitas Ecclesiae”.
UDIENZE
Benedetto XVI
ha ricevuto questa mattina in udienza Jacques Diouf, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (F.A.O.), il
cardinale José T. Sanchéz, prefetto emerito della Congregazione per il Clero,
l’arcivescovo Fernando Filoni, nunzio apostolico nelle Filippine; Sua Altezza
Reale il duca Franz di Baviera con il seguito. Il
Papa riceverà questo pomeriggio, in udienza, il cardinale William Joseph Levada, prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede.
BENEDETTO
XVI NOMINA MONS. GEORGES PONTIER,
ARCIVESCOVO
METROPOLITA DI MARSIGLIA
In
Francia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale
dell’arcidiocesi di Marsiglia, presentata dal cardinale Bernard
Panafieu, per sopraggiunti limiti di età e ha
nominato a succedergli mons. Georges Pontier, finora vescovo di La Rochelle. Mons. Georges Pontier è nato nel 1943 a
Lavaur, nell’arcidiocesi francese di Albi. E’ stato
ordinato sacerdote nel 1966. Dopo l’ordinazione, ha svolto il ministero
soprattutto nell’ambito del seminario minore diocesano, come professore ed
animatore spirituale e poi come rettore. Eletto vescovo di Digne,
nel 1988 è stato trasferito alla sede di La Rochelle nel 1996. E’ attualmente vice-presidente della Conferenza
episcopale francese.
MAGGIORE COOPERAZIONE
INTERNAZIONALE NELLA LOTTA AL TERRORISMO E NELLA PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO
ECOSOSTENIBILE: E’ L’ESORTAZIONE DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE,
MONS.
CELESTINO MIGLIORE, IN DUE INTERVENTI AL PALAZZO DI VETRO
Serve maggiore collaborazione tra gli Stati per
contrastare il terrorismo. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino
Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New
York, che è intervenuto ieri alla consultazione informale dell’Assemblea
Generale sulle strategie contro il terrorismo. Il presule ha anche preso la
parola alla riunione della Commissione ONU sullo sviluppo sostenibile dove ha
lanciato la proposta della creazione di un nuovo organismo per la difesa
dell’ambiente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Non c’è
alcuna causa che “possa scusare o legittimare” il terrorismo: è quanto ribadito
con forza dall’arcivescovo Celestino Migliore che, nel suo intervento al Palazzo
di Vetro, ha garantito il sostegno della Santa Sede all’ONU nel ricercare “una
base comune sulla quale le nazioni possano costruire un’efficace strategia
contro il terrorismo”. Il presule ha ricordato l’appello di Benedetto XVI
rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, affinché intensifichino
gli sforzi “di riflessione, cooperazione, dialogo e preghiera” per sconfiggere
il terrorismo, in vista dell’edificazione di una “pacifica coesistenza nella famiglia
umana”. Quando si analizza il fenomeno terrorismo, ha affermato l’osservatore
vaticano, non bisogna fermarsi a motivi di carattere politico e sociale.
Bisogna invece guardare alle “più profonde motivazioni culturali, religiose ed
ideologiche”.
Non c’è dubbio, ha constatato, “che la
religione ha un potenziale positivo enorme, se le viene
data una possibilità”. La Santa Sede sostiene perciò “quelle iniziative che fanno
dei credenti degli agenti di pace”. Quando le religioni sono davvero comprese,
ha detto ancora, allora “possono diventare parte della soluzione del problema,
piuttosto che il problema stesso”. La vera natura della religione, ha
avvertito, sta nel “rispetto della dignità umana”. Un principio, ha proseguito,
al quale si lega “il concetto di reciprocità” nel diritto internazionale. Mons. Migliore ha messo l’accento sull’importanza di misure
volte a contrastare con vigore quanti “finanziano
l’odio religioso, etnico e l’intolleranza”.
D’altro canto, ha sottolineato che
l’antiterrorismo deve caratterizzarsi per il suo “negare ogni giustificazione
morale ai terroristi”. “Per questo – ha dichiarato – il trattamento dei
terroristi deve essere sempre in accordo alle norme umanitarie internazionali”.
Si tratta, infatti, “in ultima istanza di una battaglia per la conquista dei
cuori e delle menti”. Quindi, ha rilevato che anche se la frustrazione dei giovani
immigrati ha portato in alcuni casi alla violazione dell’ordine, “la domanda di
una giusta soluzione” per le questioni sociali ed economiche “rimane
legittima”. Risolvendo tali questioni “in modo equo e veloce”, ha aggiunto, “le
nazioni possono togliere ai terroristi l’ossigeno dell’odio”. Ha poi espresso
preoccupazione per la possibilità che i terroristi entrino
in possesso di armi di distruzione di massa, avvertendo che la minaccia bioterroristica è ancora sottostimata.
E
sempre in questi giorni, mons. Migliore è intervenuto alla Commissione ONU sullo
sviluppo sostenibile. Il presule ha affermato che bisogna promuovere urgentemente
“il senso dell’umana responsabilità nei confronti della Terra”, tanto a livello
di nazioni quanto a livello individuale. Va dunque favorita “un’ecologia che
metta l’essere umano al centro delle preoccupazioni ambientaliste”.
L’osservatore vaticano ha inoltre proposto che il Programma per l’Ambiente
delle Nazioni Unite diventi una “più robusta
Organizzazione dell’ONU per l’Ambiente”. Si è così soffermato su alcuni punti riguardanti
lo stato di salute del pianeta. Innanzitutto, l’acqua: l’arcivescovo Migliore
ha ricordato che oggi un miliardo e mezzo di essere umani
non ha accesso ad acqua pulita e tale piaga è causa ogni giorno della morte di
34 mila persone. Per far fronte a questa tragedia, ha detto, va incoraggiato
“un cambiamento nei consumi e un aumento delle forniture di acqua pulita”.
Sull’energia, il presule ha esortato i
responsabili delle nazioni a rafforzare gli investimenti nelle fonti
rinnovabili. L’accesso ad energie affidabili e pulite, ha proseguito, è una
delle principali sfide per lo sradicamento della povertà. Per questo, va incoraggiata
la ricerca in questo settore. Il presule si è anche soffermato
sull’inquinamento generato dai mezzi di trasporto, in particolare con
l’emissione dei gas serra, causa del surriscaldamento globale. Riecheggiando
l’Agenda 21 dell’ONU, mons. Migliore ha riconosciuto la legittimità della
ricerca di una crescita economica da parte dei Paesi in via di sviluppo, ma, ha
aggiunto, questa “non può avvenire a qualsiasi prezzo”. Infine, ha ribadito che
nessuna nazione può raggiungere da sola l’obbiettivo di uno sviluppo economico ecosostenibile, auspicando perciò una collaborazione internazionale
in questo ambito essenziale per il futuro dell’umanità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Rafforzare
la vostra fedeltà al Successore di Pietro": Benedetto XVI alla comunità
del Collegio di Santa Maria dell'Anima, nel sesto centenario dell'erezione canonica.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata all'ingresso in Diocesi del nuovo Vescovo di Jesi.
Servizio estero - Europa-America Latina: la questione dello sfruttamento
delle fonti energetiche domina il vertice di Vienna.
Servizio culturale - Un
articolo d Danilo Mazzoleni in merito ad una recente
monografia sulla storia religiosa ed artistica della Cattedrale di San Miniato.
Servizio italiano - Tra i temi
in rilievo l'inchiesta sullo scandalo nel calcio.
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12 maggio 2006
DOMANI RICORRE IL 25° ANNIVERSARIO
DELL’ATTENTATO A GIOVANNI PAOLO II.
NUMEROSE
LE MANIFESTAZIONI IN PARTICOLARE A ROMA E A FATIMA:
CON
NOI MONS. LIBERIO ANDREATTA
Poco dopo le cinque del pomeriggio
di 25 anni fa – era il 13 maggio 1981 – la Chiesa nei cinque continenti e non
solo fu scossa da una notizia impensabile: un uomo aveva sparato per uccidere
il Papa. Piazza San Pietro prima e il Policlinico
Gemelli poi, divennero i due luoghi del dramma dell’attentato a Giovanni Paolo
II. A quell’evento fortemente
mediatico - che consegnò alla memoria collettiva
l’incredibile sequenza di un Papa ferito a morte - si legarono successivamente
la storia di un perdono e più ancora di una straordinaria intercessione
mariana, alla quale Giovanni Paolo II attribuì sempre la propria salvezza. La
ricostruzione di quel giorno e di quel periodo, nel servizio di Alessandro De Carolis.
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(musica)
“La Divina Provvidenza mi ha
salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e
della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l’ha
donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui”.
Non finì di stupirsi, Giovanni
Paolo II, per quel che gli accadde il 13 maggio 1981. Le parole appena
ascoltate, scritte il 17 marzo del 2000, sono tratte dal testamento reso noto
dopo la sua morte. Una morte che un soleggiato pomeriggio arrivò a un passo dal
troncare per sempre il respiro del “Vescovo vestito di bianco”, del “Papa
venuto da lontano”.
(musica)
Due reliquie, insolite per un capo
della Chiesa, testimoniano ancora oggi ciò che avvenne in quel giorno di
imprevista follia. Una fascia forata da una pallottola calibro nove nel
Santuario di Jasna Gora. E il proiettile stesso,
passato da oggetto di morte a ex voto, incastonato nella corona posta sul capo
della statua della Madonna di Fatima. Il 13 maggio 1981, il Papa polacco aveva
in cuore di parlare alla folla in Piazza San Pietro dei 90 anni della Rerum Novarum
di Leone XIII e di annunciare la nascita del Pontificio Consiglio per la
Famiglia. Parole passate agli archivi e mai pronunciate. Di quel 13 maggio, un
destino ancora oscuro nella sua trama criminale, ma
compreso con serena meraviglia in seguito, lascia a Giovanni Paolo II immagini
di sorrisi, acclamazioni d’affetto, strette di mano, il bacio ad una bambina. E
una pistola che sbuca sopra le teste:
“La folla è tutta in piedi. Non commenta quasi la scena
tragica cui ha assistito. Sono quasi tutti in silenzio. Aspettano notizie.
Udienza generale troncata da quattro-cinque spari in
rapida successione. Il Santo Padre è stato evidentemente, certamente colpito.
Lo abbiamo visto sdraiato nella vetturetta scoperta che è entrata in velocità
dentro il Vaticano (...)”
Lo sconcerto di Benedetto Nardacci, il cronista della Radio Vaticana quel giorno in
servizio per l’udienza, è lo stesso della folla. L’ora dello sparo, le 17.17, è
passata da pochi secondi e le acclamazioni ammutolite sono diventale sgomento e
lacrime, sopra le quali sfuma la corsa pazza di un’ambulanza.
(suono sirene)
“Per la prima volta si parla di
terrorismo anche in Vaticano. Si parla di terrorismo in una città dove sono sempre
partiti messaggi di amore, messaggi di concordia, messaggi di pacificazione”.
Il giovane Papa, che ha già girato
per mezzo mondo in pochi anni, è moribondo al Policlinico
Gemelli di Roma. Anche per la Chiesa sono cinque ore d’agonia, quelle
dell’intervento, che poi vira in speranza e quindi in
attesa del suo ritorno. Il Papa è salvo. Il tempo del ricovero si prolungherà
per un mese. Ma già quattro giorni dopo l’attentato, domenica 17, Giovanni Paolo
II, vincendo reticenze e ammodernando in un colpo secolari riservatezze
protocollari, chiede un microfono e recita l’Angelus dal suo letto d’ospedale.
Con una sorpresa, o forse no: il Papa ferito trova subito il perdono per Alì Agca, il 22.enne turco dai mandanti
misteriosi, che lo ha costretto in fin di vita:
“Prego per il
fratello che mi ha colpito e al quale ho sinceramente perdonato”.
No, non ha mai finito di stupirsi,
Giovanni Paolo II, per quel che gli accadde il 13
maggio 1981. Il 7 ottobre successivo, quando il filo del suo contatto con la
gente spezzato da quei colpi di pistola si riannoda con la ripresa delle
udienze generali, c’è la prima traduzione di un sentimento del
gratitudine attraverso le parole della Scrittura: “Una preghiera saliva incessantemente a Dio
dalla Chiesa per lui”. Dice il Papa: “Ho sperimentato, cari fratelli e
sorelle, in modo simile a Pietro segregato e destinato alla morte, l’efficacia
delle preghiere della Chiesa”.
Il 13 maggio 1982, un anno dopo
l’attentato, Papa Wojtyla è a Fatima per dire un grazie
speciale. Lui non ha mai avuto dubbi di dovere la salvezza alla Vergine
apparsa ai tre pastorelli nel 1917. “Ho visto in
tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna
– afferma quel giorno dal Santuario portoghese - In questa ora, qui nel
santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - "tutto
tuo" o Madre!”. E ancora, il 13 maggio 1994, in un messaggio ai vescovi
italiani, ricordo, preghiera e filiazione mariana si fondono in un’ulteriore
consapevolezza: “Fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola
e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte ... Il
proiettile mortale si fermò e il Papa vive - vive per servire!”.
Da quel giorno di paura e
rinascita, “il vescovo vestito di bianco” visto cadere come morto ai piedi di
una grande croce – secondo la descrizione della terza parte del segreto di
Fatima resa nota durante il Giubileo del 2000 – ha continuato a vivere altri 24
anni a servire la Chiesa. Nell’assistere alla prima del
fiction televisiva dedicata a Giovanni Paolo II, il 30 marzo scorso,
Benedetto XVI affermò:
“Impietriti, come se
fossimo presenti, abbiamo riudito gli spari del tragico attentato in Piazza San
Pietro del 13 maggio 1981. Dall'insieme è emersa la figura di un instancabile
profeta di speranza e di pace, che ha percorso i sentieri del globo per
comunicare il Vangelo a tutti. Sono tornate alla mente le sue parole vibranti
(…) parole di coraggio e di denuncia verso la società consumistica e la cultura
edonistica, protesa a costruire un benessere semplicemente materiale che non
può soddisfare le attese profonde del cuore umano”.
(musica)
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Sono numerose le manifestazioni che ricorderanno il 25°
anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. In particolare domani mattina il cardinale Stanislao Dziwisz,
già segretario di Papa Wojtyla, presiederà una Messa
solenne nel Santuario di Fatima. E sempre per domani l’Opera Romana
Pellegrinaggi promuove una serie di manifestazioni, tra cui la processione da
Castel Sant’Angelo a San Pietro con la statua pellegrina della Madonna di
Fatima, a partire dalle 14.30. Il cardinale vicario Camillo Ruini
presiederà nella Basilica Vaticana una Messa solenne alle 17.00 seguita da
un’altra manifestazione in Piazza San Pietro. Ma ascoltiamo il promotore di
questa giornata, mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera
Romana Pellegrinaggi. Giovanni Peduto gli ha chiesto cosa gli
resta nel cuore di quel 13 maggio 1981:
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R. – Rimane nel cuore sempre una grande ferita e cioè quel
giorno fu per tutti noi un giorno di grande dolore, di grande sofferenza, di
sbigottimento. Il fatto che poi lui abbia superato quell’attentato
e che sia tornato in maniera forte, energica, profetica a seguire
D. – Cosa è rimasto nel cuore dei fedeli di quel giorno?
R. – Rimane soprattutto il ricordo di un Papa che ha
affidato tutta la sua vita a Maria. Quel “Totus Tuus”, quel ‘io sono tutto tuo’ lo ha manifestato per una vita intera, ma lo ha
soprattutto espresso in quella devozione verso
D. – Cosa si augura per questa Giornata?
R. – L’auspicio è che i pellegrini che vengono tornino a
casa col cuore riempito di gioia e che sappiano che il Vangelo, la devozione a
Maria e che soprattutto la fede in Cristo è una grande risposta di gioia e di
serenità e d’amore in un mondo pervaso da terrorismo, da guerre, da paure, da
forme di solitudine. Vorrei che domani sentissero forte i pellegrini il “non
abbiate paura”, parole che Giovanni Paolo II più volte ha ripetuto, e che
Benedetto XVI ha voluto ricordare nella sua elezione a Pontefice. Sono le
parole del Vangelo: “Non abbiate paura”. Se ci sono tempi bui, se ci sono tempi
tristi, se c’è una grande solitudine, se abbiamo nel cuore la tristezza, se
abbiamo un dolore in famiglia, una sofferenza nel cuore, sappiamo che gli
uomini ci possono abbandonare, Dio no, Maria no, è sempre con noi.
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TREMA L’ITALIA DEL CALCIO: NUMEROSI GLI INDAGATI,
TRA
DIRIGENTI, CALCIATORI, ARBITRI E GIORNALISTI
-
Intervista con mons. Carlo Mazza -
In Italia,
continua la bufera che sta colpendo il mondo del calcio: il presidente dimissionario
della Federazione Italiana Gioco Calcio, Franco Carraro,
è indagato dalla Procura di Napoli. Luciano Moggi, direttore generale
dimissionario della Juventus, sarà interrogato lunedì
prossimo a Roma. E tra gli indagati, c’è anche Antonio Giraudo,
amministratore delegato dimissionario della Juventus.
Sono accusati di presunte irregolarità che riguarderebbero almeno 19 le partite
del campionato di calcio di serie A del 2004-2005. Nell’inchiesta sono
coinvolte, al momento, 4 squadre: Juventus, Milan, Lazio e Fiorentina. E ancora: calciatori, arbitri e
giornalisti. Sull’attuale difficile momento del calcio italiano, ascoltiamo, al microfono di Luca
Collodi, il responsabile dell’Ufficio per lo sport e tempo libero della CEI,
mons. Carlo Mazza:
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R. – Vorrei dire questo: prima di giudicare occorre
valutare, occorre sapere bene ogni cosa, i dettagli. Secondo, da quello che si
legge emerge un sottofondo, diciamo, uno scantinato terribile da un punto di
vista dell’etica sportiva, ma anche della cultura sportiva italiana, e vorrei
dire anche di quella che è la trasparenza economica del nostro calcio, perché,
evidentemente, i profili sono molto diversi, ma tutti si configurano attorno
alla grande parola “etica”. Certamente occorre prendere in mano questo calcio e
valutare attentamente tutti i profili, tutte le situazioni e procedere con grande
coraggio verso una riforma e un’autoriforma, perché
il calcio è in grado, ha le risorse per poter riformarsi.
D. – E’ anche vero, però, che da tempo ormai si parla di
un calcio italiano malato. Da dove si può ripartire?
R. – Anzitutto non bisogna togliere la fiducia e
soprattutto quella che è l’adesione al gioco del calcio, che è una grande avventura, un grande fenomeno culturale, sociale, sportivo.
Dunque i valori ci sono tutti ancora, non è che siamo piombati nel nulla.
Occorre, però, che questi valori siano messi in primo piano, che siano soprattutto
vissuti a tutti i livelli. Occorre anche vedere anche
la complessità del calcio. Allora bisognerebbe mettere in fila un po’ le
priorità. Primo, che ci sia la trasparenza economica e che i bilanci siano veramente
a posto. Secondo, che ci siano le autonomie dei diversi organismi, prima di
tutto con gli arbitri, che non ci siano collusioni tra arbitri e società
sportive. Terzo, occorre che cresca il soggetto di vigilanza e di controllo da
parte della Federazione. I ragazzi hanno bisogno di segni concreti. Laddove c’è
stato lo scandalo, ci vuole un segno contrario di chi invece si dedica con
grande trasparenza, con grande passione a loro.
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CONVEGNO A ROMA DELLE SCUOLE CATTOLICHE,
“UNA GRANDE RISORSA
PER LO
SCILUPPO DEL PAESE E DELLA CHIESA”
-
Intervista con padre Antonio Perrone, Maria Grazia
Colombo
e il cardinale Zenon Grocholewski -
“La scuola cattolica: una grande
risorsa per lo sviluppo del Paese e della Chiesa”: questo il tema del convegno
organizzato ieri a Roma dalla FIDAE - Federazione istituti di attività
educative.
Punto centrale del dibattito: l’urgenza della parità scolastica tra gli istituti
statali e paritari, così da garantire ai genitori la libera scelta del percorso
formativo dei figli. Il servizio di Isabella Piro.
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L’istruzione è un diritto inalienabile di tutti i
cittadini: partendo da questo presupposto, la FIDAE sottolinea l’importanza
della scuola cattolica come luogo di formazione integrale della persona alla
luce dei valori perenni della libertà e della carità. Di fronte al pluralismo
culturale del nostro tempo – aggiunge la Federazione – ogni persona deve poter
scegliere i percorsi educativi più adeguati ai propri convincimenti morali. E
questa possibilità deve essere garantita e finanziata dalle istituzioni, così
che si passi dalla scuola di Stato alla scuola della Società, come spiega il
presidente della FIDAE, padre Antonio Perrone:
“Scuola della società intesa come tantissime altre
attività in cui lo Stato deve controllare, verificare, autorizzare ma poi
lasciar fare. L’intervento finanziario dello Stato dovrebbe essere assicurato a
tutte le scuole pubbliche non nel senso della gestione. Noi siamo scuole di
enti privati ma con valore e funzione pubblica. Allora bisogna che venga riconosciuto questo perché la famiglia soprattutto, i
genitori possano esercitare liberamente la scelta per l’educazione e formazione
dei propri figli”.
Attualmente, sono circa 3000 gli istituti cattolici
primari e secondari presenti in Italia. Un numero che ha subito un calo di
circa 540 unità solo nell’ultimo anno. Ma in questo modo, il Paese va a perdere
una risorsa:
“La scuola cattolica vuole essere un ambiente comunitario,
permeato dello spirito evangelico di libertà e carità. Libertà, per la
liberazione della persona da tanti condizionamenti, e la carità perché le
persone si amino e formino una società migliore”.
La scuola cattolica non deve ridurre l’educazione alla
sola trasmissione di un sapere tecnico. Questo il monito lanciato dal cardinale
Zenon Grocholewski,
prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. La scuola cattolica,
ha aggiunto, deve fare esplicito riferimento alla fede in Gesù Cristo, un
tesoro inestimabile da non svendere di fronte alle sfide della modernità:
“La sfida ad un certo secolarismo, alla mentalità di una
cultura utilitaristica e poi a un certo relativismo, questa negazione di un
verità assoluta che trascende la persona umana”.
Ma un genitore che iscrive il proprio
figlio ad una scuola cattolica, quali valori si aspetta di trovare?
Maria Grazia Colombo, presidente dell’Associazione genitori scuole cattoliche:
“Scegliamo molte volte la scuola cattolica perché ci aiuti
come genitori a dare una concretezza alla parola identità. L’identità è anche
tolleranza. In questo siamo convintissimi”.
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12 maggio 2006
LA
CHIESA DEL BELGIO ESPRIME SOLIDARIETA’ AI COSIDDETTI SANS-PAPIER,
CONFERENZA
STAMPA IERI POMERIGGIO NELL’ARCIVESCOVADO DI MALINES
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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BRUXELLES. = Un problema della società che interpella le
coscienze di ogni cittadino. I vescovi del Belgio con preoccupazione
intervengono sul problema dei sans-papier, gli stranieri residenti da anni nel Paese,
inseriti socialmente, ma ancora privi di un permesso di soggiorno e che da
tempo protestano anche occupando le chiese. I vescovi chiariscono di
pronunciarsi in quanto “responsabili della Chiesa cattolica nel pieno rispetto
della separazione tra Chiesa e Stato”. Ma “questo non impedisce loro di
chiedere ai politici” di “porre ogni impegno per individuare una soluzione
politica a questo dramma umano”, che pure riguarda tutti noi, scrivono in una
nota diffusa alla stampa. Pur consapevoli che si tratta di “un dossier tutt’altro che ovvio da gestire”, i presuli affermano di
non potersi “rifugiare nel silenzio, o peggio nell’indifferenza” e consapevoli
“che alcuni sans-papier
ricorrono all’occupazione delle chiese per portare il loro dramma davanti agli
occhi del grande pubblico”, accettano “che ciò avvenga, a condizione che i
responsabili locali siano d’accordo” e che non si organizzino
scioperi della fame.
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LOTTA PER LO SVILUPPO E
SRADICAMENTO DELLA POVERTA’, ESSENZIALI NELL’ODIERNO MONDO GLOBALIZZATO PER
DEBELLARE MALATTIE
E ASSICURARE LA SALUTE A TUTTI: COSI’ IL CARDINALE RENATO
RAFFAELE MARTINO ALL’INAUGURAZIONE
DEL XXII CONGRESSO INTERNAZIONALE DEI MEDICI CATTOLICI A
BARCELLONA, IN SPAGNA
- A cura di Paolo Scappucci -
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BARCELLONA . = “I medici cattolici
e la sfida della povertà nell’era della globalizzazione”:
è il tema su cui si confrontano a Barcellona, in Spagna, le associazioni dei
medici cattolici del mondo, riuniti dall’11 al 14 maggio per il loro XXII
Congresso internazionale. Aprendone i lavori nel pomeriggio di oggi presso il
Palazzo dei Congressi della capitale catalana, il presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha
rilevato le evidenti diseguaglianze nella
distribuzione su scala mondiale dei benefici e dei costi della globalizzazione, con gravi ripercussioni sulla lotta alle
malattie, specie malaria e AIDS. Gli Obiettivi del Millennio, fissati nel 2000
dall’ONU per l’anno 2015, che comprendevano tra l’altro la sensibile riduzione
della mortalità infantile e il dimezzamento della diffusione dell’HIV e del
flagello della malaria e delle malattie più gravi - ha lamentato il porporato –
sono ben lungi dall’avviarsi a compimento. Se gli aiuti allo sviluppo
continuano al passo attuale (ben sotto il promesso O,7
per cento del PIL) - dicono gli esperti
- ci si arriverà sì e no per il 2150! Nell’attuale mondo globalizzato, secondo gli insegnamenti della dottrina
sociale della Chiesa richiamati dal cardinale Martino, la solidarietà non può
ridursi ad un vano sentimento compassionevole verso l’oltre un miliardo di
persone che vivono nella disumana condizione di estrema povertà, ma deve tradursi
in un serio impegno per il bene comune, che significa lotta per lo sviluppo, debellamento delle malattie, accesso all’acqua potabile,
adeguata assistenza sanitaria per tutti. Ciò presuppone per il presidente di
Giustizia e Pace riaffermare - secondo la Dichiarazione
di Rio del 1992 – la centralità della persona umana, definita il
“carburante” che conduce allo sviluppo in un mondo globalizzato.
Altrimenti i poveri e quanti vivono nei Paesi in via di sviluppo continueranno
ad essere tagliati fuori dai benefici della globalizzazione.
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DOMANI,
SABATO 13 MAGGIO A ROMA, A PALAZZO ROCCAGIOVINE (FORO TRAIANO),
L’ASSOCIAZIONE
CULTURALE “INSIEME PER L’ATHOS”
PROMUOVE
IL SUO QUINTO CONVEGNO NAZIONALE SUL MONTE ATHOS
- A
cura di Giovanni Peduto -
ROMA. =
L’associazione culturale “Insieme per l’Athos”
terrà domani, sabato 13 maggio, il suo quinto Convegno di studi sulla cultura e
la spiritualità del Monte Athos. L’incontro,
intitolato “Dal visibile all’invisibile. Lo splendore delle icone athonite”, si svolgerà nel cuore di Roma, al Foro Traiano (Palazzo Roccagiovine).
L’evento, patrocinato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla
Fondazione Europea Dragan e dalle ambasciate di
Albania, Bulgaria, Grecia, Romania, Serbia e Montenegro ed Ucraina, è promosso
dall’associazione culturale “Insieme per l’Athos”,
costituitasi nel febbraio 2001 con il preciso scopo di riscoprire e divulgare
l’immenso patrimonio spirituale ed artistico dell’Athos
attraverso iniziative di natura molteplice come viaggi, mostre, convegni,
pubblicazioni, ecc. L’appuntamento di domani intende mettere in luce le
profonde valenze spirituali dell’iconografia athonita,
mediante una serie di contributi che si soffermeranno sulle implicazioni in primis teologiche e liturgiche
caratterizzanti le icone della Santa Montagna. Gli interventi, a cura di
insigni studiosi internazionali, coinvolgeranno le più svariate discipline, nel
tentativo di offrire un panorama il più vasto possibile sull’argomento.
SEMPRE PIÙ FIORENTE E SOFISTICATO IL TRAFFICO ILLEGALE DI
ARMI NEL MONDO:
LONDRA.
= Controlli più severi sul trasferimento di armi per fermare un sistema che alimenta
uccisioni, stupri e torture. Questo l’appello di Amnesty International e TransArms, che in un nuovo
Rapporto evidenziano come il traffico di armi nel mondo sia sempre più
sofisticato. Tra i Paesi maggiormente coinvolti, sia come trasportatori che
intermediari, ci sarebbero: Cina, Emirati Arabi, Israele, Olanda, Regno Unito,
USA, Svizzera, Ucraina e Balcani. Questa rete di
mediazione, secondo le due organizzazioni, “agevola l’export dei principali
fornitori di armi verso i Paesi in via di sviluppo”. I controlli alla dogana -
spiega Brian Wood di Amnesty International – sono blandi e solo 35
Paesi al mondo hanno introdotto leggi sull’intermediazioni
di armi. “Tutto questo – aggiunge il ricercatore - rende inevitabili ulteriori
catastrofi”. Il rapporto evidenzia la mancanza di regole verificatasi in
diverse operazioni di irresponsabile trasferimento di armi, prendendo in considerazione
diversi casi. Ad esempio i traffici avvenuti dalla Bosnia Erzegovina all’Iraq,
quelli da una fabbrica brasiliana all’Arabia Saudita e nelle isole Mauritius,
avvenuti attraverso una spedizione olandese britannica e quello avvenuto dalla Cina alla Liberia attraverso un mediatore olandese.
Secondo il Rapporto di Amnesty
e TransArms,
alcune società private coinvolte in trasferimenti e traffici di armi illegali,
sarebbero state perfino utilizzate a sostegno delle missioni di pace delle
Nazioni Unite servendosi di denaro pubblico. Ogni anno, secondo i dati di Amnesty e TransArm, in
tutto il mondo circa mezzo milione di esseri umani vengono
uccisi dalla violenza armata, circa una persona al minuto. Il Rapporto si
conclude con alcune raccomandazioni, rivolte ai vari Paesi, affinché si
ottengano controlli più seri e rigorosi sul commercio delle armi. (V.C)
LA
POVERTÀ, IL MAGGIOR PROBLEMA DEL CONTINENTE ASIATICO.
È
QUANTO DENUNCIA IL PRESIDENTE DELLA BANCA PER LO SVILUPPO ASIATICO.
CIRCA
QUATTRO MILIONI I BAMBINI CHE OGNI ANNO MUOIONO
PRIMA
DI RAGGIUNGERE IL QUINTO ANNO DI ETÀ
NEW
DELHI. = La povertà è il maggior problema dell’Asia e occorre quindi mettere in atto strategie per combatterla ed eliminarla, sostenendo
la crescita economica delle aree svantaggiate. È quanto affermato da Haruhiko Kuroda, presidente della
Banca per lo Sviluppo Asiatico, uno dei maggior istituti
bancari del continente che finanzia i governi di diversi Paesi operando
principalmente per lo sviluppo delle aree più bisognose. Il dirigente della
banca - informa l’agenzia Fides – intervenuto durante l’incontro che si è
tenuto a Hyderabad, ha sottolineato che, nonostante
da un lato oggi in Asia cresca sempre di più la classe media, una persona su
cinque non ha ancora accesso all’acqua potabile, metà della popolazione è priva
di cure sanitarie e sono oltre quattro milioni i bambini che ogni anno muoiono
prima di raggiungere il quinto anno di vita. Tra gli obiettivi del millennio
firmati dall’ONU che Kuroda intende raggiungere,
l’eliminazione delle sacche di povertà è quello principale. In conclusione, il
presidente ha sottolineato che, se da un lato l’influenza di fattori esterni,
come la diffusione dell’AIDS, della SARS, dell’influenza aviaria e di altre
catastrofi come lo Tsunami,
hanno rappresentato degli ostacoli per sconfiggere la povertà, dall’altro sono
riusciti a rafforzare la cooperazione regionale nell’area dell’Asia-Pacifico. (V.C.)
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12 maggio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Decine
di capi di Stato e di governo sono riuniti da ieri, a Vienna, per il quarto
vertice fra Unione Europea, America Latina e Caraibi,
dedicato a commercio, rapporti strategici e soprattutto energia. Partecipano
all’incontro, tra gli altri, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, il presidente
venezuelano Hugo Chavez -
ricevuto ieri in udienza privata dal Papa in Vaticano - e il capo di Stato
boliviano, Evo Morales. Il nostro servizio:
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La
più grande Conferenza internazionale organizzata in Austria dopo il Congresso
di Vienna nel 1815, ruota intorno ad un perno centrale: il consolida-mento
della “cooperazione strategica” tra Unione Europea ed America Latina. Per
migliorare questa sinergia, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha sottolineato
l’urgenza di creare un adeguato sistema occupazionale. “Un lavoro dignitoso per
la nostra gioventù – ha spiegato Annan - è la strada
migliore per un futuro luminoso dei nostri Paesi”. L’alta disoccupazione - ha
proseguito - porta anche alla perdita dei valori democratici poiché i giovani
frustrati, di fronte all'impotenza degli Stati, si ritirano dal processo
politico. Il presidente della Commissione europea, Manuel Durao Barroso, ha poi lanciato
un appello per promuovere “la sicurezza e il benessere mondiale”. E’ un
processo a due regioni: “Crediamo nello sviluppo sostenibile, nel diritto dei
singoli ma anche nel multilateralismo”, ha aggiunto Barroso. Sono state anche espresse preoccupazioni per le
politiche protezionistiche di alcuni Paesi. Il commissario europeo alle
relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner,
ha chiesto in particolare chiarimenti al presidente
boliviano, Evo Morales, sulla nazionalizzazione dei
settori del gas e del petrolio in Bolivia. Questa strategia – ha avvertito il
commissario europeo – può sfociare in pericolose distorsioni quali la perdita
della fiducia internazionale e la fuga degli investitori. Morales
ha replicato ribadendo di non voler indennizzare le compagnie espropriate dei
giacimenti e di voler tutelare i diritti dei popoli indigeni. Ai partecipanti
al Vertice di Vienna è arrivato, infine, anche l’appello della rete
internazionale delle ONG di sviluppo delle Conferenze episcopali di Europa e
Nord America. “I colloqui – ha auspicato Sergio Marelli,
direttore generale della FOCSIV – devono portare al raggiungimento di accordi
giusti tra Europa ed America”.
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E
durante una conferenza stampa tenutasi nell’ambito del vertice, il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan,
ha anche affrontato la delicata questione della crisi nucleare iraniana. Annan ha chiesto agli Stati Uniti di aprire un dialogo
“diretto” con l’Iran. “I negoziati – ha aggiunto - sono la soluzione migliore”.
Poco prima dell’appello lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite,
il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, aveva ribadito
di non temere un eventuale attacco militare da parte degli Stati Uniti.
In Iraq,
è attesa per le prossime ore la presentazione del nuovo governo iracheno,
dopo 5 mesi di vuoto istituzionale, a causa delle difficili trattative tra
sciiti, sunniti e curdi. Sul terreno, intanto,
continuano le violenze: a nord di Baghdad, sono stati trovati i cadaveri di sei
persone. Quattro
soldati statunitensi sono morti nella turbolenta provincia occidentale irachena
di Al-Anbar. Lo ha reso noto, stamani, il comando
americano precisando che i militari sono rimasti uccisi non in scontri armati
con i ribelli, ma in seguito ad un incidente.
“Traggo
dal suo richiamo ai valori umani e cristiani del Popolo Italiano motivo di
incoraggiamento nell’impegno che mi accingo ad assumere”. Così il neopresidente della Repubblica italiana, Giorgio
Napolitano, ha ringraziato Benedetto XVI, per il suo messaggio augurale.
Intanto nel mondo politico italiano si discute sulle parole del Papa a
proposito di famiglia e matrimonio. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Tra Benedetto XVI e Giorgio Napolitano è dunque
immediatamente partito un dialogo sui valori cristiani. Ieri, nel suo
telegramma di felicitazioni per l’elezione a capo dello Stato, il Papa ha
espresso a Napolitano l’augurio di esercitare con ogni buon esito il suo alto
compito, invocando sulla sua persona la costante assistenza divina per una illuminata ed efficace azione di promozione del bene
comune nel solco degli autentici valori cristiani che costituiscono il mirabile
patrimonio del popolo italiano. Immediato, il messaggio di risposta del nuovo inquilino
del Quirinale. Che si dice incoraggiato da questo richiamo, anche - afferma
Napolitano - nella consapevolezza della necessaria unità d’intenti dell’Europa
e dell’intera Comunità internazionale, per l’avanzamento di un ordine mondiale
più stabile ed equo. Uno scambio di messaggi del quale non possono essere
taciute l’importanza e la profondità. E così, ad esempio, lo storico cattolico
Pietro Scoppola sottolinea come questi messaggi smentiscano
e mettano a tacere quanti parlano ancora di interferenze tra Stato e Chiesa. Ma
a far discutere il mondo politico italiano sono anche altre parole pronunciate
ieri dal Santo Padre in occasione del XXV anniversario di Fondazione del
Pontificio Istituto Giovanni Paolo II su Matrimonio e Famiglia. Benedetto XVI ha
nuovamente invitato ad evitare la confusione tra matrimonio e altri tipi di unione.
La Casa delle Libertà ha subito fatto proprio il monito del Pontefice. Mentre
l’Unione si divide tra chi, come ad esempio la Rosa nel Pugno e il diessino Grillini, rilancia
l’urgenza dell’interven-to legislativo a tutela delle unioni civili; e chi,
come la senatrice della Margherita Binetti, difende
il valore della famiglia. Un tema, quello dei cosiddetti PACS, che torna dunque
ad essere motivo di contrasto all’interno della nuova maggioranza, proprio
nelle ore in cui Prodi sta mettendo a punto la squadra di governo, che sarà
pronta quando, martedì o mercoledì prossimo, Prodi riceverà l’incarico da Napolitano.
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Esattamente un anno fa i fatti
di Andijan, in Uzbekistan:
il 12 maggio la popolazione scese in piazza per
protestare contro le politiche repressive del governo del presidente Karimov e la diffusa povertà del Paese centroasiatico.
Il giorno seguente centinaia di persone furono arrestate, molte altre vennero sottoposte a maltrattamenti e torture. Il bilancio
ufficiale fornito da Taskent parla di 187 vittime per
quella che è stata definita un’insurrezione di terroristi islamici. Oggi Amnesty International, in un
rapporto, chiede alla comunità internazionale di non chiudere gli occhi su ciò
che avvenne l’anno scorso ad Andijan. Ce ne
parla Riccardo Noury, portavoce della sezione
italiana dell’organizzazione, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Un massacro di dimensioni forse pari a quello del
1989, in piazza Tienanmen a
Pechino, richiede l’apertura di un’inchiesta internazionale, che i responsabili
siano puniti e che il governo dell’Uzbekistan cessi
una repressione che - proprio perché è rimasta impunita la strage di un anno fa
- continua anche oggi completamente indisturbata.
D. – Il vostro rapporto parla di violazioni dei diritti
umani, uccisioni, torture, processi iniqui. Perché non è partita un’inchiesta
internazionale indipendente?
R. – Perché il governo dell’Uzbekistan
non lo ha consentito. Perché la comunità internazionale - al di là di una
blanda protesta e dello stop ad aiuti di natura militare da parte di alcuni
Paesi - non ha fatto molto altro. E perché c’è uno standard di repressione
all’interno di questa Repubblica centroasiatica che
va avanti da anni e che è consentito dalla posizione strategica del Paese nel
contesto della guerra al terrorismo. Di tutto ciò pagano le conseguenze non
soltanto le famiglie delle centinaia di persone assassinate ad Andijan un anno fa, ma anche coloro che furono testimoni oculari
e che hanno osato sfidare il silenzio ufficiale, denunciando invece cose
successe tra il 12 e il 13 maggio 2005: quando, cioè, le forze di sicurezza
aprirono il fuoco ad altezza d’uomo contro centinaia di persone che si erano
radunate nella città di Andijan, nella valle di Fergana, per protestare contro la crescente povertà e le
politiche repressive del governo, reclamando la scarcerazione di alcuni
detenuti arrestati ingiustamente. E, in base a testimonianze dirette, quello
che è successo dopo è altrettanto chiaro: centinaia di arresti, torture, processi
iniqui, persone che hanno cercato di trovare riparo nei Paesi vicini, in
particolare nel Kirghizistan, sono state catturate
dalle forze di sicurezza uzbeke che hanno sconfinato
indisturbate nel Paese vicino.
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Nello Sri Lanka, prosegue lo scontro
armato tra governo di Colombo e Tigri Tamil.
Provocando una delle più gravi violazioni del cessate-il-fuoco, siglato nel 2002, i ribelli hanno
attaccato, davanti alle coste settentrionali dell’isola, unità navali
cingalesi. L’azione ha provocato oltre 60 morti.
Sono tornati in
libertà, ieri in Nepal, due leader ribelli maoisti, per ordine del nuovo
governo. Il gesto di riconciliazione nazionale fa seguito alle manifestazioni
di piazza che hanno costretto il re Gyanendra a
ripristinare i poteri del Parlamento e dell’Esecutivo. Il rilascio, inoltre,
sarebbe avvenuto per facilitare le trattative tra Kathmandu
e i maoisti per la cessazione della loro insurrezione armata, in corso da oltre
10 anni.
In Nigeria, sono stati rilasciati i tre tecnici
della Saipem, tra cui un italiano, Vito Macrina, e un
indiano, rapiti ieri a Port Harcourt,
nel Sud della Nigeria. I sequestratori avevano chiesto un riscatto. I ribelli
del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger hanno comunque preso le
distanze dal rapimento. Il sequestro è avvenuto ventiquattro ore dopo il
barbaro assassinio di un alto dirigente della compagnia petrolifera texana Baker Huges.
Tragedia senza fine in Somalia.
Ufficialmente, sono oltre 100 i morti provocati dagli scontri tra le milizie delle scuole coraniche
e quelle legate ai ‘signori della guerra’ e ai grandi
commercianti. Nella maggior parte dei casi, le vittime sono civili. Le
ultime notizie che giungono da Mogadiscio parlano di una casa centrata da un
colpo di cannone, in cui avrebbero perso la vita molte
persone, tra cui una donna incinta e tre bambini.
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