RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 132  - Testo della trasmissione di venerdì 12 maggio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI riceve la comunità del Collegio di Santa Maria dell’Anima, fondato 600 anni fa da Innocenzo VII, punto di riferimento per i cattolici di lingua tedesca a Roma

 

Maggiore cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo e nella promozione di uno sviluppo ecosostenibile: è l’esortazione dell’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, mons. Celestino Migliore, in due interventi al Palazzo di Vetro

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Domani ricorre il 25° anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. Numerose le manifestazioni in particolare a Roma e a Fatima: con noi mons. Liberio Andreatta

 

Trema l’Italia del calcio: indagati numerosi dirigenti, calciatori, arbitri e giornalisti per presunte irregolarità. La riflessione di mons. Carlo Mazza

 

Convegno a Roma delle scuole cattoliche, “una grande risorsa per il Paese e la Chiesa”: interviste con il cardinale Zenon Grocholewki, padre Antonio Perrone e Maria Grazia Colombo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Inaugurazione del XXII Congresso internazionale dei medici cattolici a Barcellona, in Spagna

 

Domani a Roma l’associazione culturale “Insieme per l’Athos” promuove il suo quinto Convegno nazionale sul Monte Athos

 

La Chiesa del Belgio esprime solidarietà ai cosiddetti sans-papier, gli stranieri che, pure da tempo residenti nel Paese e inseriti socialmente, sono ancora privi di un permesso di soggiorno

 

Sempre più sofisticato il traffico di armi nel mondo: la denuncia di Amnesty International e Transarms che chiedono controlli più severi per fermare uccisioni e stupri

 

La povertà, il maggior problema del continente asiatico. E’ quanto denuncia il presidente della Banca per lo sviluppo asiatico

 

24 ORE NEL MONDO:

Creare un adeguato sistema occupazionale: è quanto auspica Kofi Annan intervenendo a Vienna al Vertice fra Unione Europea, America Latina e Caraibi

 

Il presidente eletto Giorgio Napolitano ringrazia il Papa per il messaggio di auguri: dalle sue parole – scrive – traggo motivo di incoraggiamento

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 maggio 2006

 

 

BENEDETTO XVI RICEVE LA COMUNITA DEL COLLEGIO DI SANTA MARIA DELL’ANIMA, FONDATO 600 ANNI FA DA INNOCENZO VII,

PUNTO DI RIFERIMENTO PER I CATTOLICI DI LINGUA TEDESCA A ROMA

 

Date “sempre la precedenza alla vita sacramentale … rispetto alle altre attività”. Solo se Gesù sarà posto al centro della vita di una comunità, questa diventerà sempre più “apostolica e missionaria”. E’ quanto ha detto stamane il Papa ricevendo in Vaticano la comunità del Collegio di Santa Maria dell’Anima, creato 600 anni fa a Roma da Innocenzo VII per i cattolici di lingua tedesca. L’istituzione pontificia, che Benedetto XVI ha definito “tedesca ma contemporaneamente romana”, è diventata lungo i secoli il punto di riferimento per tutti i cattolici di lingua tedesca che vivono a Roma o vengono come pellegrini nella Città eterna: qui – ha detto il Pontefice - possono  “pregare, cantare e ricevere i sacramenti della Chiesa nella propria lingua”. Il Papa ha sottolineato che “fin dall’inizio, due sono state le caratteristiche fondamentali del Collegio: la devozione alla Madre di Dio ed un vincolo particolare dell’istituzione con la Sede Apostolica”.

 

In particolare il Papa si è riferito al titolo di “Santa Maria dell’Anima”, che pone in rilievo due aspetti importanti: il fatto che “Maria protegge le anime pellegrine, quelle tante anime che sono in cammino nel pellegrinaggio della vita e per le quali Roma è divenuta una stazione importante, in molti casi determinante”. E il fatto poi che questo titolo ricorda i defunti, “la cui memoria ci richiama il nostro essere mortali e anche la nostra eterna vocazione ad una vita nella luce e nell’amore infinito di Dio”.

 

I sacerdoti ed i seminaristi che abitano nel Collegio – ha concluso il Pontefice – “hanno la possibilità di imparare a conoscere la grandezza e la bellezza della Chiesa universale”, nonché la “romanitas Ecclesiae”.

 

 

UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza Jacques Diouf, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (F.A.O.), il cardinale José T. Sanchéz, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, l’arcivescovo Fernando Filoni, nunzio apostolico nelle Filippine; Sua Altezza Reale il duca Franz di Baviera con il seguito. Il Papa riceverà questo pomeriggio, in udienza, il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

 

BENEDETTO XVI NOMINA MONS. GEORGES PONTIER,

ARCIVESCOVO METROPOLITA DI MARSIGLIA

 

In Francia, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Marsiglia, presentata dal cardinale Bernard Panafieu, per sopraggiunti limiti di età e ha nominato a succedergli mons. Georges Pontier, finora vescovo di La Rochelle. Mons. Georges Pontier è nato nel 1943 a Lavaur, nell’arcidiocesi francese di Albi. E’ stato ordinato sacerdote nel 1966. Dopo l’ordinazione, ha svolto il ministero soprattutto nell’ambito del seminario minore diocesano, come professore ed animatore spirituale e poi come rettore. Eletto vescovo di Digne, nel 1988 è stato trasferito alla sede di La Rochelle nel 1996. E’ attualmente vice-presidente della Conferenza episcopale francese.

 

 

MAGGIORE COOPERAZIONE INTERNAZIONALE NELLA LOTTA AL TERRORISMO E NELLA PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO ECOSOSTENIBILE: E’ L’ESORTAZIONE DELL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE,

MONS. CELESTINO MIGLIORE, IN DUE INTERVENTI AL PALAZZO DI VETRO

 

Serve maggiore collaborazione tra gli Stati per contrastare il terrorismo. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di New York, che è intervenuto ieri alla consultazione informale dell’Assemblea Generale sulle strategie contro il terrorismo. Il presule ha anche preso la parola alla riunione della Commissione ONU sullo sviluppo sostenibile dove ha lanciato la proposta della creazione di un nuovo organismo per la difesa dell’ambiente. Il servizio di Alessandro Gisotti:

        

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Non c’è alcuna causa che “possa scusare o legittimare” il terrorismo: è quanto ribadito con forza dall’arcivescovo Celestino Migliore che, nel suo intervento al Palazzo di Vetro, ha garantito il sostegno della Santa Sede all’ONU nel ricercare “una base comune sulla quale le nazioni possano costruire un’efficace strategia contro il terrorismo”. Il presule ha ricordato l’appello di Benedetto XVI rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, affinché intensifichino gli sforzi “di riflessione, cooperazione, dialogo e preghiera” per sconfiggere il terrorismo, in vista dell’edificazione di una “pacifica coesistenza nella famiglia umana”. Quando si analizza il fenomeno terrorismo, ha affermato l’osservatore vaticano, non bisogna fermarsi a motivi di carattere politico e sociale. Bisogna invece guardare alle “più profonde motivazioni culturali, religiose ed ideologiche”.

 

 Non c’è dubbio, ha constatato, “che la religione ha un potenziale positivo enorme, se le viene data una possibilità”. La Santa Sede sostiene perciò “quelle iniziative che fanno dei credenti degli agenti di pace”. Quando le religioni sono davvero comprese, ha detto ancora, allora “possono diventare parte della soluzione del problema, piuttosto che il problema stesso”. La vera natura della religione, ha avvertito, sta nel “rispetto della dignità umana”. Un principio, ha proseguito, al quale si lega “il concetto di reciprocità” nel diritto internazionale. Mons. Migliore ha messo l’accento sull’importanza di misure volte a contrastare con vigore quanti “finanziano l’odio religioso, etnico e l’intolleranza”.

 

 D’altro canto, ha sottolineato che l’antiterrorismo deve caratterizzarsi per il suo “negare ogni giustificazione morale ai terroristi”. “Per questo – ha dichiarato – il trattamento dei terroristi deve essere sempre in accordo alle norme umanitarie internazionali”. Si tratta, infatti, “in ultima istanza di una battaglia per la conquista dei cuori e delle menti”. Quindi, ha rilevato che anche se la frustrazione dei giovani immigrati ha portato in alcuni casi alla violazione dell’ordine, “la domanda di una giusta soluzione” per le questioni sociali ed economiche “rimane legittima”. Risolvendo tali questioni “in modo equo e veloce”, ha aggiunto, “le nazioni possono togliere ai terroristi l’ossigeno dell’odio”. Ha poi espresso preoccupazione per la possibilità che i terroristi entrino in possesso di armi di distruzione di massa, avvertendo che la minaccia bioterroristica è ancora sottostimata.

 

E sempre in questi giorni, mons. Migliore è intervenuto alla Commissione ONU sullo sviluppo sostenibile. Il presule ha affermato che bisogna promuovere urgentemente “il senso dell’umana responsabilità nei confronti della Terra”, tanto a livello di nazioni quanto a livello individuale. Va dunque favorita “un’ecologia che metta l’essere umano al centro delle preoccupazioni ambientaliste”. L’osservatore vaticano ha inoltre proposto che il Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite diventi una “più robusta Organizzazione dell’ONU per l’Ambiente”. Si è così soffermato su alcuni punti riguardanti lo stato di salute del pianeta. Innanzitutto, l’acqua: l’arcivescovo Migliore ha ricordato che oggi un miliardo e mezzo di essere umani non ha accesso ad acqua pulita e tale piaga è causa ogni giorno della morte di 34 mila persone. Per far fronte a questa tragedia, ha detto, va incoraggiato “un cambiamento nei consumi e un aumento delle forniture di acqua pulita”.

 

 Sull’energia, il presule ha esortato i responsabili delle nazioni a rafforzare gli investimenti nelle fonti rinnovabili. L’accesso ad energie affidabili e pulite, ha proseguito, è una delle principali sfide per lo sradicamento della povertà. Per questo, va incoraggiata la ricerca in questo settore. Il presule si è anche soffermato sull’inquinamento generato dai mezzi di trasporto, in particolare con l’emissione dei gas serra, causa del surriscaldamento globale. Riecheggiando l’Agenda 21 dell’ONU, mons. Migliore ha riconosciuto la legittimità della ricerca di una crescita economica da parte dei Paesi in via di sviluppo, ma, ha aggiunto, questa “non può avvenire a qualsiasi prezzo”. Infine, ha ribadito che nessuna nazione può raggiungere da sola l’obbiettivo di uno sviluppo economico ecosostenibile, auspicando perciò una collaborazione internazionale in questo ambito essenziale per il futuro dell’umanità.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "Rafforzare la vostra fedeltà al Successore di Pietro": Benedetto XVI alla comunità del Collegio di Santa Maria dell'Anima, nel sesto centenario dell'erezione canonica.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata all'ingresso in Diocesi del nuovo Vescovo di Jesi.

 

Servizio estero - Europa-America Latina: la questione dello sfruttamento delle fonti energetiche domina il vertice di Vienna.

 

Servizio culturale - Un articolo d Danilo Mazzoleni in merito ad una recente monografia sulla storia religiosa ed artistica della Cattedrale di San Miniato.

 

Servizio italiano - Tra i temi in rilievo l'inchiesta sullo scandalo nel calcio.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 maggio 2006

 

DOMANI RICORRE IL 25° ANNIVERSARIO DELL’ATTENTATO A GIOVANNI PAOLO II.

NUMEROSE LE MANIFESTAZIONI IN PARTICOLARE A ROMA E A FATIMA:

CON NOI MONS. LIBERIO ANDREATTA

 

Poco dopo le cinque del pomeriggio di 25 anni fa – era il 13 maggio 1981 –  la Chiesa nei cinque continenti e non solo fu scossa da una notizia impensabile: un uomo aveva sparato per uccidere il Papa. Piazza San Pietro prima e il Policlinico Gemelli poi, divennero i due luoghi del dramma dell’attentato a Giovanni Paolo II. A quell’evento fortemente mediatico - che consegnò alla memoria collettiva l’incredibile sequenza di un Papa ferito a morte - si legarono successivamente la storia di un perdono e più ancora di una straordinaria intercessione mariana, alla quale Giovanni Paolo II attribuì sempre la propria salvezza. La ricostruzione di quel giorno e di quel periodo, nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(musica)

 

“La Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l’ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui”.

 

Non finì di stupirsi, Giovanni Paolo II, per quel che gli accadde il 13 maggio 1981. Le parole appena ascoltate, scritte il 17 marzo del 2000, sono tratte dal testamento reso noto dopo la sua morte. Una morte che un soleggiato pomeriggio arrivò a un passo dal troncare per sempre il respiro del “Vescovo vestito di bianco”, del “Papa venuto da lontano”.

 

(musica)

 

Due reliquie, insolite per un capo della Chiesa, testimoniano ancora oggi ciò che avvenne in quel giorno di imprevista follia. Una fascia forata da una pallottola calibro nove nel Santuario di Jasna Gora. E il proiettile stesso, passato da oggetto di morte a ex voto, incastonato nella corona posta sul capo della statua della Madonna di Fatima. Il 13 maggio 1981, il Papa polacco aveva in cuore di parlare alla folla in Piazza San Pietro dei 90 anni della Rerum Novarum di Leone XIII e di annunciare la nascita del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Parole passate agli archivi e mai pronunciate. Di quel 13 maggio, un destino ancora oscuro nella sua trama criminale, ma compreso con serena meraviglia in seguito, lascia a Giovanni Paolo II immagini di sorrisi, acclamazioni d’affetto, strette di mano, il bacio ad una bambina. E una pistola che sbuca sopra le teste:

 

“La folla è tutta in piedi. Non commenta quasi la scena tragica cui ha assistito. Sono quasi tutti in silenzio. Aspettano notizie. Udienza generale troncata da quattro-cinque spari in rapida successione. Il Santo Padre è stato evidentemente, certamente colpito. Lo abbiamo visto sdraiato nella vetturetta scoperta che è entrata in velocità dentro il Vaticano (...)”

 

Lo sconcerto di Benedetto Nardacci, il cronista della Radio Vaticana quel giorno in servizio per l’udienza, è lo stesso della folla. L’ora dello sparo, le 17.17, è passata da pochi secondi e le acclamazioni ammutolite sono diventale sgomento e lacrime, sopra le quali sfuma la corsa pazza di un’ambulanza.

 

(suono sirene)

 

“Per la prima volta si parla di terrorismo anche in Vaticano. Si parla di terrorismo in una città  dove sono sempre partiti messaggi di amore, messaggi di concordia, messaggi di pacificazione”.

 

Il giovane Papa, che ha già girato per mezzo mondo in pochi anni, è moribondo al Policlinico Gemelli di Roma. Anche per la Chiesa sono cinque ore d’agonia, quelle dell’intervento, che poi vira in speranza e quindi in attesa del suo ritorno. Il Papa è salvo. Il tempo del ricovero si prolungherà per un mese. Ma già quattro giorni dopo l’attentato, domenica 17, Giovanni Paolo II, vincendo reticenze e ammodernando in un colpo secolari riservatezze protocollari, chiede un microfono e recita l’Angelus dal suo letto d’ospedale. Con una sorpresa, o forse no: il Papa ferito trova subito il perdono per Alì Agca, il 22.enne turco dai mandanti misteriosi, che lo ha costretto in fin di vita:

 

“Prego per il fratello che mi ha colpito e al quale ho sinceramente perdonato”.

 

No, non ha mai finito di stupirsi, Giovanni Paolo II, per quel che gli accadde il 13 maggio 1981. Il 7 ottobre successivo, quando il filo del suo contatto con la gente spezzato da quei colpi di pistola si riannoda con la ripresa delle udienze generali, c’è la prima traduzione di un sentimento del gratitudine attraverso le parole della Scrittura: “Una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui”. Dice il Papa: “Ho sperimentato, cari fratelli e sorelle, in modo simile a Pietro segregato e destinato alla morte, l’efficacia delle preghiere della Chiesa”. 

 

Il 13 maggio 1982, un anno dopo l’attentato, Papa Wojtyla è a Fatima per dire un grazie speciale. Lui non ha mai avuto dubbi di dovere la salvezza alla Vergine apparsa ai tre pastorelli nel 1917. “Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna – afferma quel giorno dal Santuario portoghese - In questa ora, qui nel santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - "tutto tuo" o Madre!”. E ancora, il 13 maggio 1994, in un messaggio ai vescovi italiani, ricordo, preghiera e filiazione mariana si fondono in un’ulteriore consapevolezza: “Fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte ... Il proiettile mortale si fermò e il Papa vive - vive per servire!”.

 

Da quel giorno di paura e rinascita, “il vescovo vestito di bianco” visto cadere come morto ai piedi di una grande croce – secondo la descrizione della terza parte del segreto di Fatima resa nota durante il Giubileo del 2000 – ha continuato a vivere altri 24 anni a servire la Chiesa. Nell’assistere alla prima del fiction televisiva dedicata a Giovanni Paolo II, il 30 marzo scorso, Benedetto XVI affermò:

        

“Impietriti, come se fossimo presenti, abbiamo riudito gli spari del tragico attentato in Piazza San Pietro del 13 maggio 1981. Dall'insieme è emersa la figura di un instancabile profeta di speranza e di pace, che ha percorso i sentieri del globo per comunicare il Vangelo a tutti. Sono tornate alla mente le sue parole vibranti (…) parole di coraggio e di denuncia verso la società consumistica e la cultura edonistica, protesa a costruire un benessere semplicemente materiale che non può soddisfare le attese profonde del cuore umano”.

 

(musica)

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Sono numerose le manifestazioni che ricorderanno il 25° anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II. In particolare domani mattina il cardinale Stanislao Dziwisz, già segretario di Papa Wojtyla, presiederà una Messa solenne nel Santuario di Fatima. E sempre per domani l’Opera Romana Pellegrinaggi promuove una serie di manifestazioni, tra cui la processione da Castel Sant’Angelo a San Pietro con la statua pellegrina della Madonna di Fatima, a partire dalle 14.30. Il cardinale vicario Camillo Ruini presiederà nella Basilica Vaticana una Messa solenne alle 17.00 seguita da un’altra manifestazione in Piazza San Pietro. Ma ascoltiamo il promotore di questa giornata, mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Giovanni Peduto gli ha chiesto cosa gli resta nel cuore di quel 13 maggio 1981:

 

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R. – Rimane nel cuore sempre una grande ferita e cioè quel giorno fu per tutti noi un giorno di grande dolore, di grande sofferenza, di sbigottimento. Il fatto che poi lui abbia superato quell’attentato e che sia tornato in maniera forte, energica, profetica a seguire la Chiesa questo ci rallegra molto. Noi lo vogliamo ricordare domani sera, proprio più o meno alla stessa ora, nel luogo dove è avvenuto l’attentato, con la presenza della statua della Madonna di Fatima. Lui era molto legato alla Vergine di Fatima e a Lei ha attribuito la grazia  per aver avuto salva la vita: ricordiamo le parole del Papa: una mano ha colpito e un’altra ha deviato la pallottola.

 

D. – Cosa è rimasto nel cuore dei fedeli di quel giorno?

 

R. – Rimane soprattutto il ricordo di un Papa che ha affidato tutta la sua vita a Maria. Quel “Totus Tuus”, quelio sono tutto tuo’ lo ha manifestato per una vita intera, ma lo ha soprattutto espresso in quella devozione verso la Madonna e in quel riconoscimento che lui ha voluto dare alla Vergine di Fatima, l’intervento veramente divino e misterioso di Dio attraverso l’intercessione di Maria, Madre di Dio, Madre della Chiesa, che lui sentiva veramente sua Madre.

 

D. – Cosa si augura per questa Giornata?

 

R. – L’auspicio è che i pellegrini che vengono tornino a casa col cuore riempito di gioia e che sappiano che il Vangelo, la devozione a Maria e che soprattutto la fede in Cristo è una grande risposta di gioia e di serenità e d’amore in un mondo pervaso da terrorismo, da guerre, da paure, da forme di solitudine. Vorrei che domani sentissero forte i pellegrini il “non abbiate paura”, parole che Giovanni Paolo II più volte ha ripetuto, e che Benedetto XVI ha voluto ricordare nella sua elezione a Pontefice. Sono le parole del Vangelo: “Non abbiate paura”. Se ci sono tempi bui, se ci sono tempi tristi, se c’è una grande solitudine, se abbiamo nel cuore la tristezza, se abbiamo un dolore in famiglia, una sofferenza nel cuore, sappiamo che gli uomini ci possono abbandonare, Dio no, Maria no, è sempre con noi.

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TREMA L’ITALIA DEL CALCIO: NUMEROSI GLI INDAGATI,

TRA DIRIGENTI, CALCIATORI, ARBITRI E GIORNALISTI

- Intervista con mons. Carlo Mazza -

 

In Italia, continua la bufera che sta colpendo il mondo del calcio: il presidente dimissionario della Federazione Italiana Gioco Calcio, Franco Carraro, è indagato dalla Procura di Napoli. Luciano Moggi, direttore generale dimissionario della Juventus, sarà interrogato lunedì prossimo a Roma. E tra gli indagati, c’è anche Antonio Giraudo, amministratore delegato dimissionario della Juventus. Sono accusati di presunte irregolarità che riguarderebbero almeno 19 le partite del campionato di calcio di serie A del 2004-2005. Nell’inchiesta sono coinvolte, al momento, 4 squadre: Juventus, Milan, Lazio e Fiorentina. E ancora: calciatori, arbitri e giornalisti. Sull’attuale difficile momento del calcio italiano, ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, il responsabile dell’Ufficio per lo sport e tempo libero della CEI, mons. Carlo Mazza:  

 

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R. – Vorrei dire questo: prima di giudicare occorre valutare, occorre sapere bene ogni cosa, i dettagli. Secondo, da quello che si legge emerge un sottofondo, diciamo, uno scantinato terribile da un punto di vista dell’etica sportiva, ma anche della cultura sportiva italiana, e vorrei dire anche di quella che è la trasparenza economica del nostro calcio, perché, evidentemente, i profili sono molto diversi, ma tutti si configurano attorno alla grande parola “etica”. Certamente occorre prendere in mano questo calcio e valutare attentamente tutti i profili, tutte  le situazioni e procedere con grande coraggio verso una riforma e un’autoriforma, perché il calcio è in grado, ha le risorse per poter riformarsi.

 

D. – E’ anche vero, però, che da tempo ormai si parla di un calcio italiano malato. Da dove si può ripartire?

 

R. – Anzitutto non bisogna togliere la fiducia e soprattutto quella che è l’adesione al gioco del calcio, che è una grande avventura, un grande fenomeno culturale, sociale, sportivo. Dunque i valori ci sono tutti ancora, non è che siamo piombati nel nulla. Occorre, però, che questi valori siano messi in primo piano, che siano soprattutto vissuti a tutti i livelli. Occorre anche vedere anche la complessità del calcio. Allora bisognerebbe mettere in fila un po’ le priorità. Primo, che ci sia la trasparenza economica e che i bilanci siano veramente a posto. Secondo, che ci siano le autonomie dei diversi organismi, prima di tutto con gli arbitri, che non ci siano collusioni tra arbitri e società sportive. Terzo, occorre che cresca il soggetto di vigilanza e di controllo da parte della Federazione. I ragazzi hanno bisogno di segni concreti. Laddove c’è stato lo scandalo, ci vuole un segno contrario di chi invece si dedica con grande trasparenza, con grande passione a loro.

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CONVEGNO A ROMA DELLE SCUOLE CATTOLICHE, “UNA GRANDE RISORSA

PER LO SCILUPPO DEL PAESE E DELLA CHIESA”

- Intervista con padre Antonio Perrone, Maria Grazia Colombo

e il cardinale Zenon Grocholewski -

 

“La scuola cattolica: una grande risorsa per lo sviluppo del Paese e della Chiesa”: questo il tema del convegno organizzato ieri a Roma dalla FIDAE - Federazione istituti di attività educative. Punto centrale del dibattito: l’urgenza della parità scolastica tra gli istituti statali e paritari, così da garantire ai genitori la libera scelta del percorso formativo dei figli. Il servizio di Isabella Piro. 

 

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L’istruzione è un diritto inalienabile di tutti i cittadini: partendo da questo presupposto, la FIDAE sottolinea l’importanza della scuola cattolica come luogo di formazione integrale della persona alla luce dei valori perenni della libertà e della carità. Di fronte al pluralismo culturale del nostro tempo – aggiunge la Federazione – ogni persona deve poter scegliere i percorsi educativi più adeguati ai propri convincimenti morali. E questa possibilità deve essere garantita e finanziata dalle istituzioni, così che si passi dalla scuola di Stato alla scuola della Società, come spiega il presidente della FIDAE, padre Antonio Perrone:

 

“Scuola della società intesa come tantissime altre attività in cui lo Stato deve controllare, verificare, autorizzare ma poi lasciar fare. L’intervento finanziario dello Stato dovrebbe essere assicurato a tutte le scuole pubbliche non nel senso della gestione. Noi siamo scuole di enti privati ma con valore e funzione pubblica. Allora bisogna che venga riconosciuto questo perché la famiglia soprattutto, i genitori possano esercitare liberamente la scelta per l’educazione e formazione dei propri figli”.

 

Attualmente, sono circa 3000 gli istituti cattolici primari e secondari presenti in Italia. Un numero che ha subito un calo di circa 540 unità solo nell’ultimo anno. Ma in questo modo, il Paese va a perdere una risorsa:

 

“La scuola cattolica vuole essere un ambiente comunitario, permeato dello spirito evangelico di libertà e carità. Libertà, per la liberazione della persona da tanti condizionamenti, e la carità perché le persone si amino e formino una società migliore”. 

 

La scuola cattolica non deve ridurre l’educazione alla sola trasmissione di un sapere tecnico. Questo il monito lanciato dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. La scuola cattolica, ha aggiunto, deve fare esplicito riferimento alla fede in Gesù Cristo, un tesoro inestimabile da non svendere di fronte alle sfide della modernità:

 

“La sfida ad un certo secolarismo, alla mentalità di una cultura utilitaristica e poi a un certo relativismo, questa negazione di un verità assoluta che trascende la persona umana”.

 

Ma un genitore che iscrive il proprio figlio ad una scuola cattolica, quali valori si aspetta di trovare? Maria Grazia Colombo, presidente dell’Associazione genitori scuole cattoliche:

 

“Scegliamo molte volte la scuola cattolica perché ci aiuti come genitori a dare una concretezza alla parola identità. L’identità è anche tolleranza. In questo siamo convintissimi”.

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CHIESA E SOCIETA’

12 maggio 2006

 

LA CHIESA DEL BELGIO ESPRIME SOLIDARIETA’ AI COSIDDETTI SANS-PAPIER,

CONFERENZA STAMPA IERI POMERIGGIO NELL’ARCIVESCOVADO DI MALINES

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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BRUXELLES. = Un problema della società che interpella le coscienze di ogni cittadino. I vescovi del Belgio con preoccupazione intervengono sul problema dei sans-papier, gli stranieri residenti da anni nel Paese, inseriti socialmente, ma ancora privi di un permesso di soggiorno e che da tempo protestano anche occupando le chiese. I vescovi chiariscono di pronunciarsi in quanto “responsabili della Chiesa cattolica nel pieno rispetto della separazione tra Chiesa e Stato”. Ma “questo non impedisce loro di chiedere ai politici” di “porre ogni impegno per individuare una soluzione politica a questo dramma umano”, che pure riguarda tutti noi, scrivono in una nota diffusa alla stampa. Pur consapevoli che si tratta di “un dossier tutt’altro che ovvio da gestire”, i presuli affermano di non potersi “rifugiare nel silenzio, o peggio nell’indifferenza” e consapevoli “che alcuni sans-papier ricorrono all’occupazione delle chiese per portare il loro dramma davanti agli occhi del grande pubblico”, accettano “che ciò avvenga, a condizione che i responsabili locali siano d’accordo” e che non si organizzino scioperi della fame. La Chiesa cattolica belga ribadisce quindi la propria solidarietà ai sans-papier, già espressa durante una manifestazione sotto il motto “Speranza di ottenere il permesso” dello scorso febbraio ad Anversa. L’occupazione delle chiese, spiegano i vescovi, “intende dare un segnale forte ed è dunque temporanea. Non può essere certamente interpretata come una forma di ricatto morale della Chiesa sui politici”. I vescovi quindi “non consentiranno di essere per questo strumentalizzati o manipolati da qualsivoglia partito”, ma “intendono conservare la propria libertà d’espressione”. (R.G.)

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LOTTA PER LO SVILUPPO E SRADICAMENTO DELLA POVERTA’, ESSENZIALI NELL’ODIERNO MONDO GLOBALIZZATO PER DEBELLARE MALATTIE

E ASSICURARE LA SALUTE A TUTTI: COSI’ IL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO ALL’INAUGURAZIONE

DEL XXII CONGRESSO INTERNAZIONALE DEI MEDICI CATTOLICI A BARCELLONA, IN SPAGNA

- A cura di Paolo Scappucci -

 

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BARCELLONA . = “I medici cattolici e la sfida della povertà nell’era della globalizzazione”: è il tema su cui si confrontano a Barcellona, in Spagna, le associazioni dei medici cattolici del mondo, riuniti dall’11 al 14 maggio per il loro XXII Congresso internazionale. Aprendone i lavori nel pomeriggio di oggi presso il Palazzo dei Congressi della capitale catalana, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, ha rilevato le evidenti diseguaglianze nella distribuzione su scala mondiale dei benefici e dei costi della globalizzazione, con gravi ripercussioni sulla lotta alle malattie, specie malaria e AIDS. Gli Obiettivi del Millennio, fissati nel 2000 dall’ONU per l’anno 2015, che comprendevano tra l’altro la sensibile riduzione della mortalità infantile e il dimezzamento  della diffusione dell’HIV e del flagello della malaria e delle malattie più gravi - ha lamentato il porporato – sono ben lungi dall’avviarsi a compimento. Se gli aiuti allo sviluppo continuano al passo attuale (ben sotto il promesso O,7 per cento del PIL) - dicono gli esperti  - ci si arriverà sì e no per il 2150! Nell’attuale mondo globalizzato, secondo gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa richiamati dal cardinale Martino, la solidarietà non può ridursi ad un vano sentimento compassionevole verso l’oltre un miliardo di persone che vivono nella disumana condizione di estrema povertà, ma deve tradursi in un serio impegno per il bene comune, che significa lotta per lo sviluppo, debellamento delle malattie, accesso all’acqua potabile, adeguata assistenza sanitaria per tutti. Ciò presuppone per il presidente di Giustizia e Pace riaffermare - secondo la Dichiarazione di Rio del 1992 – la centralità della persona umana, definita il “carburante” che conduce allo sviluppo in un mondo globalizzato. Altrimenti i poveri e quanti vivono nei Paesi in via di sviluppo continueranno ad essere tagliati fuori dai benefici della globalizzazione.

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DOMANI, SABATO 13 MAGGIO A ROMA, A PALAZZO ROCCAGIOVINE (FORO TRAIANO),

L’ASSOCIAZIONE CULTURALE “INSIEME PER L’ATHOS”

PROMUOVE IL SUO QUINTO CONVEGNO NAZIONALE SUL MONTE ATHOS

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. =  L’associazione culturale “Insieme per l’Athos” terrà domani, sabato 13 maggio, il suo quinto Convegno di studi sulla cultura e la spiritualità del Monte Athos. L’incontro, intitolato “Dal visibile all’invisibile. Lo splendore delle icone athonite”, si svolgerà nel cuore di Roma, al Foro Traiano (Palazzo Roccagiovine). L’evento, patrocinato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali, dalla Fondazione Europea Dragan e dalle ambasciate di Albania, Bulgaria, Grecia, Romania, Serbia e Montenegro ed Ucraina, è promosso dall’associazione culturale “Insieme per l’Athos”, costituitasi nel febbraio 2001 con il preciso scopo di riscoprire e divulgare l’immenso patrimonio spirituale ed artistico dell’Athos attraverso iniziative di natura molteplice come viaggi, mostre, convegni, pubblicazioni, ecc. L’appuntamento di domani intende mettere in luce le profonde valenze spirituali dell’iconografia athonita, mediante una serie di contributi che si soffermeranno sulle implicazioni in primis teologiche e liturgiche caratterizzanti le icone della Santa Montagna. Gli interventi, a cura di insigni studiosi internazionali, coinvolgeranno le più svariate discipline, nel tentativo di offrire un panorama il più vasto possibile sull’argomento.

 

 

SEMPRE PIÙ FIORENTE E SOFISTICATO IL TRAFFICO ILLEGALE DI ARMI NEL MONDO:

LA DENUNCIA DI AMNESTY INTERNATIONAL E TRANSARMS

 

LONDRA. = Controlli più severi sul trasferimento di armi per fermare un sistema che alimenta uccisioni, stupri e torture. Questo l’appello di Amnesty International e TransArms, che in un nuovo Rapporto evidenziano come il traffico di armi nel mondo sia sempre più sofisticato. Tra i Paesi maggiormente coinvolti, sia come trasportatori che intermediari, ci sarebbero: Cina, Emirati Arabi, Israele, Olanda, Regno Unito, USA, Svizzera, Ucraina e Balcani. Questa rete di mediazione, secondo le due organizzazioni, “agevola l’export dei principali fornitori di armi verso i Paesi in via di sviluppo”. I controlli alla dogana - spiega Brian Wood di Amnesty International – sono blandi e solo 35 Paesi al mondo hanno introdotto leggi sull’intermediazioni di armi. “Tutto questo – aggiunge il ricercatore - rende inevitabili ulteriori catastrofi”. Il rapporto evidenzia la mancanza di regole verificatasi in diverse operazioni di irresponsabile trasferimento di armi, prendendo in considerazione diversi casi. Ad esempio i traffici avvenuti dalla Bosnia Erzegovina all’Iraq, quelli da una fabbrica brasiliana all’Arabia Saudita e nelle isole Mauritius, avvenuti attraverso una spedizione olandese britannica e quello avvenuto dalla Cina alla Liberia attraverso un mediatore olandese. Secondo il Rapporto di Amnesty e TransArms, alcune società private coinvolte in trasferimenti e traffici di armi illegali, sarebbero state perfino utilizzate a sostegno delle missioni di pace delle Nazioni Unite servendosi di denaro pubblico. Ogni anno, secondo i dati di Amnesty e TransArm, in tutto il mondo circa mezzo milione di esseri umani vengono uccisi dalla violenza armata, circa una persona al minuto. Il Rapporto si conclude con alcune raccomandazioni, rivolte ai vari Paesi, affinché si ottengano controlli più seri e rigorosi sul commercio delle armi. (V.C) 

 

 

LA POVERTÀ, IL MAGGIOR PROBLEMA DEL CONTINENTE ASIATICO.

È QUANTO  DENUNCIA  IL PRESIDENTE DELLA BANCA PER LO SVILUPPO ASIATICO.

CIRCA QUATTRO MILIONI I BAMBINI CHE OGNI ANNO MUOIONO

PRIMA DI RAGGIUNGERE IL QUINTO ANNO DI ETÀ

 

NEW DELHI. = La povertà è il maggior problema dell’Asia e occorre quindi mettere in atto strategie per combatterla ed eliminarla, sostenendo la crescita economica delle aree svantaggiate. È quanto affermato da Haruhiko Kuroda, presidente della Banca per lo Sviluppo Asiatico, uno dei maggior istituti bancari del continente che finanzia i governi di diversi Paesi operando principalmente per lo sviluppo delle aree più bisognose. Il dirigente della banca - informa l’agenzia Fides – intervenuto durante l’incontro che si è tenuto a Hyderabad, ha sottolineato che, nonostante da un lato oggi in Asia cresca sempre di più la classe media, una persona su cinque non ha ancora accesso all’acqua potabile, metà della popolazione è priva di cure sanitarie e sono oltre quattro milioni i bambini che ogni anno muoiono prima di raggiungere il quinto anno di vita. Tra gli obiettivi del millennio firmati dall’ONU che Kuroda intende raggiungere, l’eliminazione delle sacche di povertà è quello principale. In conclusione, il presidente ha sottolineato che, se da un lato l’influenza di fattori esterni, come la diffusione dell’AIDS, della SARS, dell’influenza aviaria e di altre catastrofi come lo Tsunami, hanno rappresentato degli ostacoli per sconfiggere la povertà, dall’altro sono riusciti a rafforzare la cooperazione regionale nell’area dell’Asia-Pacifico. (V.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 maggio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Decine di capi di Stato e di governo sono riuniti da ieri, a Vienna, per il quarto vertice fra Unione Europea, America Latina e Caraibi, dedicato a commercio, rapporti strategici e soprattutto energia. Partecipano all’incontro, tra gli altri, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, il presidente venezuelano Hugo Chavez - ricevuto ieri in udienza privata dal Papa in Vaticano - e il capo di Stato boliviano, Evo Morales. Il nostro servizio:

 

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La più grande Conferenza internazionale organizzata in Austria dopo il Congresso di Vienna nel 1815, ruota intorno ad un perno centrale: il consolida-mento della “cooperazione strategica” tra Unione Europea ed America Latina. Per migliorare questa sinergia, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha sottolineato l’urgenza di creare un adeguato sistema occupazionale. “Un lavoro dignitoso per la nostra gioventù – ha spiegato Annan - è la strada migliore per un futuro luminoso dei nostri Paesi”. L’alta disoccupazione - ha proseguito - porta anche alla perdita dei valori democratici poiché i giovani frustrati, di fronte all'impotenza degli Stati, si ritirano dal processo politico. Il presidente della Commissione europea, Manuel Durao Barroso, ha poi lanciato un appello per promuovere “la sicurezza e il benessere mondiale”. E’ un processo a due regioni: “Crediamo nello sviluppo sostenibile, nel diritto dei singoli ma anche nel multilateralismo”, ha aggiunto Barroso. Sono state anche espresse preoccupazioni per le politiche protezionistiche di alcuni Paesi. Il commissario europeo alle relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner, ha chiesto in particolare chiarimenti al presidente boliviano, Evo Morales, sulla nazionalizzazione dei settori del gas e del petrolio in Bolivia. Questa strategia – ha avvertito il commissario europeo – può sfociare in pericolose distorsioni quali la perdita della fiducia internazionale e la fuga degli investitori. Morales ha replicato ribadendo di non voler indennizzare le compagnie espropriate dei giacimenti e di voler tutelare i diritti dei popoli indigeni. Ai partecipanti al Vertice di Vienna è arrivato, infine, anche l’appello della rete internazionale delle ONG di sviluppo delle Conferenze episcopali di Europa e Nord America. “I colloqui – ha auspicato Sergio Marelli, direttore generale della FOCSIV – devono portare al raggiungimento di accordi giusti tra Europa ed America”.

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E durante una conferenza stampa tenutasi nell’ambito del vertice, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha anche affrontato la delicata questione della crisi nucleare iraniana. Annan ha chiesto agli Stati Uniti di aprire un dialogo “diretto” con l’Iran. “I negoziati – ha aggiunto - sono la soluzione migliore”. Poco prima dell’appello lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, aveva ribadito di non temere un eventuale attacco militare da parte degli Stati Uniti.

 

In Iraq, è attesa per le prossime ore la presentazione del nuovo governo iracheno, dopo 5 mesi di vuoto istituzionale, a causa delle difficili trattative tra sciiti, sunniti e curdi. Sul terreno, intanto, continuano le violenze: a nord di Baghdad, sono stati trovati i cadaveri di sei persone. Quattro soldati statunitensi sono morti nella turbolenta provincia occidentale irachena di Al-Anbar. Lo ha reso noto, stamani, il comando americano precisando che i militari sono rimasti uccisi non in scontri armati con i ribelli, ma in seguito ad un incidente.

 

“Traggo dal suo richiamo ai valori umani e cristiani del Popolo Italiano motivo di incoraggiamento nell’impegno che mi accingo ad assumere”. Così il neopresidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, ha ringraziato Benedetto XVI, per il suo messaggio augurale. Intanto nel mondo politico italiano si discute sulle parole del Papa a proposito di famiglia e matrimonio. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Tra Benedetto XVI e Giorgio Napolitano è dunque immediatamente partito un dialogo sui valori cristiani. Ieri, nel suo telegramma di felicitazioni per l’elezione a capo dello Stato, il Papa ha espresso a Napolitano l’augurio di esercitare con ogni buon esito il suo alto compito, invocando sulla sua persona la costante assistenza divina per una illuminata ed efficace azione di promozione del bene comune nel solco degli autentici valori cristiani che costituiscono il mirabile patrimonio del popolo italiano. Immediato, il messaggio di risposta del nuovo inquilino del Quirinale. Che si dice incoraggiato da questo richiamo, anche - afferma Napolitano - nella consapevolezza della necessaria unità d’intenti dell’Europa e dell’intera Comunità internazionale, per l’avanzamento di un ordine mondiale più stabile ed equo. Uno scambio di messaggi del quale non possono essere taciute l’importanza e la profondità. E così, ad esempio, lo storico cattolico Pietro Scoppola sottolinea come questi messaggi smentiscano e mettano a tacere quanti parlano ancora di interferenze tra Stato e Chiesa. Ma a far discutere il mondo politico italiano sono anche altre parole pronunciate ieri dal Santo Padre in occasione del XXV anniversario di Fondazione del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II su Matrimonio e Famiglia. Benedetto XVI ha nuovamente invitato ad evitare la confusione tra matrimonio e altri tipi di unione. La Casa delle Libertà ha subito fatto proprio il monito del Pontefice. Mentre l’Unione si divide tra chi, come ad esempio la Rosa nel Pugno e il diessino Grillini, rilancia l’urgenza dell’interven-to legislativo a tutela delle unioni civili; e chi, come la senatrice della Margherita Binetti, difende il valore della famiglia. Un tema, quello dei cosiddetti PACS, che torna dunque ad essere motivo di contrasto all’interno della nuova maggioranza, proprio nelle ore in cui Prodi sta mettendo a punto la squadra di governo, che sarà pronta quando, martedì o mercoledì prossimo, Prodi riceverà l’incarico da Napolitano.

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Esattamente un anno fa i fatti di Andijan, in Uzbekistan: il 12 maggio la popolazione scese in piazza per protestare contro le politiche repressive del governo del presidente Karimov e la diffusa povertà del Paese centroasiatico. Il giorno seguente centinaia di persone furono arrestate, molte altre vennero sottoposte a maltrattamenti e torture. Il bilancio ufficiale fornito da Taskent parla di 187 vittime per quella che è stata definita un’insurrezione di terroristi islamici. Oggi Amnesty International, in un rapporto, chiede alla comunità internazionale di non chiudere gli occhi su ciò che avvenne l’anno scorso ad Andijan. Ce ne parla Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana dell’organizzazione, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Un massacro di dimensioni forse pari a quello del 1989, in piazza Tienanmen a Pechino, richiede l’apertura di un’inchiesta internazionale, che i responsabili siano puniti e che il governo dell’Uzbekistan cessi una repressione che - proprio perché è rimasta impunita la strage di un anno fa - continua anche oggi completamente indisturbata.

 

D. – Il vostro rapporto parla di violazioni dei diritti umani, uccisioni, torture, processi iniqui. Perché non è partita un’inchiesta internazionale indipendente?

 

R. – Perché il governo dell’Uzbekistan non lo ha consentito. Perché la comunità internazionale - al di là di una blanda protesta e dello stop ad aiuti di natura militare da parte di alcuni Paesi - non ha fatto molto altro. E perché c’è uno standard di repressione all’interno di questa Repubblica centroasiatica che va avanti da anni e che è consentito dalla posizione strategica del Paese nel contesto della guerra al terrorismo. Di tutto ciò pagano le conseguenze non soltanto le famiglie delle centinaia di persone assassinate ad Andijan un anno fa, ma anche coloro che furono testimoni oculari e che hanno osato sfidare il silenzio ufficiale, denunciando invece cose successe tra il 12 e il 13 maggio 2005: quando, cioè, le forze di sicurezza aprirono il fuoco ad altezza d’uomo contro centinaia di persone che si erano radunate nella città di Andijan, nella valle di Fergana, per protestare contro la crescente povertà e le politiche repressive del governo, reclamando la scarcerazione di alcuni detenuti arrestati ingiustamente. E, in base a testimonianze dirette, quello che è successo dopo è altrettanto chiaro: centinaia di arresti, torture, processi iniqui, persone che hanno cercato di trovare riparo nei Paesi vicini, in particolare nel Kirghizistan, sono state catturate dalle forze di sicurezza uzbeke che hanno sconfinato indisturbate nel Paese vicino.

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Nello Sri Lanka, prosegue lo scontro armato tra governo di Colombo e Tigri Tamil. Provocando una delle più gravi violazioni del cessate-il-fuoco, siglato nel 2002, i ribelli hanno attaccato, davanti alle coste settentrionali dell’isola, unità navali cingalesi. L’azione ha provocato oltre 60 morti.

 

Sono tornati in libertà, ieri in Nepal, due leader ribelli maoisti, per ordine del nuovo governo. Il gesto di riconciliazione nazionale fa seguito alle manifestazioni di piazza che hanno costretto il re Gyanendra a ripristinare i poteri del Parlamento e dell’Esecutivo. Il rilascio, inoltre, sarebbe avvenuto per facilitare le trattative tra Kathmandu e i maoisti per la cessazione della loro insurrezione armata, in corso da oltre 10 anni.

 

In Nigeria, sono stati rilasciati i tre tecnici della Saipem, tra cui un italiano, Vito Macrina, e un indiano, rapiti ieri a Port Harcourt, nel Sud della Nigeria. I sequestratori avevano chiesto un riscatto. I ribelli del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger hanno comunque preso le distanze dal rapimento. Il sequestro è avvenuto ventiquattro ore dopo il barbaro assassinio di un alto dirigente della compagnia petrolifera texana Baker Huges.

 

Tragedia senza fine in Somalia. Ufficialmente, sono oltre 100 i morti provocati dagli scontri tra le milizie delle scuole coraniche e quelle legate ai ‘signori della guerra’ e ai grandi commercianti. Nella maggior parte dei casi, le vittime sono civili. Le ultime notizie che giungono da Mogadiscio parlano di una casa centrata da un colpo di cannone, in cui avrebbero perso la vita molte persone, tra cui una donna incinta e tre bambini.

 

 

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