RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 129  - Testo della trasmissione di martedì 9 maggio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il messaggio del Papa in occasione dei funerali oggi a Roma dei due alpini uccisi in Afghanistan: hanno sacrificato la loro vita in un’azione di pace fra popolazioni duramente provate

 

Oggi si celebra la Giornata dell’Europa: riascoltiamo le parole di Benedetto XVI sul Vecchio Continente

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi, festa dell’Europa: riuniti simbolicamente i 450 milioni di cittadini dell’Unione Europea. Ai nostri microfoni Pier Virgilio Dastoli e mons. Aldo Giordano

 

Questa sera, al Palazzo di Vetro di New York, l’elezione dei 47 membri del nuovo Consiglio dei diritti umani. Sostituirà la vecchia Commissione ONU: intervista con Kolja Canestrini

 

Convegno a Milano sull’AIDS in Africa: con noi padre Giordano Rigamonti e don Gianni Cesena

 

Il codice delle ambiguità: in arrivo nelle sale cinematografiche il film ispirato al romanzo di Dan Brown. La riflessione dello storico Franco Cardini

 

CHIESA E SOCIETA’:

In occasione dell’odierna Giornata dell’Europa presentato al Parlamento europeo un articolato studio sulla famiglia nel continente più invecchiato del mondo

 

Su Internet un nuovo blog per analizzare l’informazione sulla Chiesa cattolica nei media

 

Inizierà domenica prossima il viaggio in Estremo Oriente di Kofi Annan, segretario generale dell’ONU: prima tappa Corea del Sud, poi Giappone, Cina e Vietnam

 

In memoria di mezzo milione di rom e sinti, vittime in Europa del nazismo, sarà eretto a Berlino un monumento nei pressi del Reichstag

 

Si è chiusa ieri a Torino la diciannovesima edizione della Fiera internazionale del libro

 

24 ORE NEL MONDO:

Continuano per il secondo giorno consecutivo a Gaza gli scontri interpalestinesi tra Hamas e Fatah: una decina i feriti

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 maggio 2006

 

 

IL MESSAGGIO DEL PAPA IN OCCASIONE DEI FUNERALI OGGI A ROMA DEI DUE ALPINI UCCISI IN AFGHANISTAN: HANNO SACRIFICATO LA LORO VITA IN UN’AZIONE DI PACE FRA POPOLAZIONI DURAMENTE PROVATE

 

Profondo cordoglio e vicinanza ai familiari di Manuel Fiorito e Luca Polsinelli, i due alpini morti dell’attentato di venerdì scorso in Afghanistan, è stato espresso oggi dal Papa in un telegramma letto ai funerali di Stato nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma. Benedetto XVI ha assicurato “fervide preghiere perché il Signore accolga nella vita eterna” le giovani vittime “che hanno sacrificato la loro esistenza” ed ha inviato la benedizione apostolica con un “pensiero speciale per i militari feriti”.

 

Presenti alle esequie le massime cariche istituzionali italiane tra le quali il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. E oggi alle 17.00 si terranno nel Duomo di Verona anche i funerali solenni di Enrico Frassanito, il maresciallo dei carabinieri morto in Italia dopo essere stato vittima di un attentato a Nassirya in Iraq. Il servizio è di Massimiliano Menichetti:

 

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(canto)

 

        

Le note del coro, le due bare portate a spalla dagli Alpini, la commozione. E poi, le parole del Papa ad esprimere vicinanza e preghiera ai familiari di Manuel e Luca, i due militari uccisi dalla follia del terrore, venerdì a Kabul.

 

        

Ai funerali di Stato, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, le parole di Benedetto XVI in un telegramma indirizzato a mons. Angelo Bagnasco, Ordinario militare per l’Italia, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, hanno ribadito il suo “sentito cordoglio” per il grave lutto “che colpisce ancora una volta” l’intera nazione italiana, ed in particolare – scrive – le Forze armate “impegnate a sostenere con generosa abnegazione l’azione di pace fra popolazioni duramente provate”.

 

        

E mons. Bagnasco, aprendo l’omelia, ha ricordato anche la recente morte dei militari caduti a Nassiriya:

 

“A distanza di una settimana, la viltà terroristica ha rinnovato il dolore dell’Italia, aprendo nuove ferite. La lucida e ignobile follia di chi non vuole la pace e disprezza i diritti umani, ha stroncato le giovani vite del tenente Manuel Fiorito e del maresciallo Luca Polsinelli, Alpini in servizio di pace a Kabul. Il dolore è grande, sconfinato ma senza panico. Se lo scopo è di seminare confusione e panico attraverso il dolore e la morte, la forza della ragione e dello spirito risponde con ferma saggezza”.

 

        

Evidenziato come il lavoro dei giovani alpini fosse considerato da loro stessi come un servizio agli altri; ricordata anche la volontà dei giovani di cercare esempi di rigore morale, di onestà intellettuale, di sacrificio e di abnegazione per il bene comune. La pace – ha aggiunto mons. Bagnasco – è un bene che tutti gli uomini di buona volontà desiderano fortemente. Sfonda sulla giustizia, valore specificamente morale, e richiede venerazione per l’uomo, immagine e somiglianza di Dio:

 

“Per questo, i nostri militari sono servitori della pace, perché questo istinto dell’uomo è radicato nei loro cuori e li spinge all’amore che, come il Signore Gesù, si dedica con il proprio sacrificio”.

 

        

Grande la commozione durante la lettura della Preghiera dell’Alpino. Poi, il suono della tromba che ha eseguito il silenzio. Quindi, il saluto ai feretri, tra la preghiera e l’applauso dei presenti.

 

(applausi)

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NEL CELEBRARE “LA GIORNATA PER L’EUROPA”, I VESCOVI DEL CONTINENTE

ESORTANO I CITTADINI E LE ISTITUZIONI COMUNITARIE A DARE PIU’ RISALTO

ALL’EREDITA’ CRISTIANA, SULLA SCORTA DI QUANTO AFFERMATO

IN QUESTO PRIMO ANNO DI PONTIFICATO DA BENEDETTO XVI

 

        

Per il Vecchio Continente, oggi è un momento di celebrazioni. Il 9 maggio è stato proclamato dall’Unione “Giornata dell’Europa” e i vescovi della COMECE, la Commissione degli episcopati comunitari, pur apprezzando gli elementi sui quali le istituzioni europee hanno puntato l’attenzione – “democrazia, dialogo e dibattito” – hanno invitato i cittadini del continente a porre al centro del confronto i temi “dell’essere umano e della sua dignità”. Il progetto della nuova Europa, sostengono i presuli, dovrebbe “accordare più attenzione alla fede cristiana e alle convinzioni etiche di numerose persone in Europa”. Di queste convinzioni strenuo assertore è sempre stato Benedetto XVI, fin da prima della sua elezione. In questo servizio, Alessandro De Carolis ripercorre le prese di posizione del Papa sull’Europa durante il suo primo anno di Pontificato.

 

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(musica)      

 

 

Davanti agli occhi del mondo, Benedetto XVI entra fisicamente nel cuore dell’Europa a bordo di un battello. E’ il 18 agosto 2005 e lo scenario è il Reno, che il Papa solca per raggiungere Colonia, teatro della sua prima GMG in veste di Pontefice. A metà del percorso, il Pontefice da poco eletto fa riecheggiare tra i giovani, ma anche in chiunque stia ascoltando il suo primo discorso all’“estero”, un concetto accarezzato da sempre. Nel ringraziare Dio per il dono della fede, esorta i ragazzi a manifestarlo al mondo “da questa terra – dice – posta al centro dell’Europa, di un’Europa che molto deve al Vangelo e ai suoi testimoni lungo i secoli”. Del resto, all’Europa e ai suoi fondamenti spirituali il cardinale Joseph Ratzinger ha dedicato molto spesso in passato alcune delle più belle riflessioni: lezioni magistrali passate agli archivi e che ora fanno da trama alle affermazioni del magistero petrino. E profondamente “europeo” è il nome scelto il 19 aprile 2005, giorno dell’elezione. Otto giorni più tardi, durante la prima udienza generale, il nuovo Papa, ricordando l’“enorme influsso” della predicazione benedettina nel continente, osserva:

 

“Costituisce un fondamentale punto di riferimento per l’unità dell’Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà”.

 

(musica)

 

L’inizio del ministero apostolico ha permesso a Benedetto XVI di approfondire ora questo, ora quell’aspetto di un argomento coltivato con estrema cura. Il 30 settembre 2005, in un Messaggio alla plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, il Papa è reciso nell’affermare che in un continente dove è aumentato il pluralismo religioso e dove è forte la crescita della presenza islamica sia ancora più importante e urgente per i cristiani “prendere coscienza del fatto che il Vangelo non può essere tenuto per sé”. Annunciare Cristo “senza sconti”, dunque: un impegno al quale Benedetto XVI esorta e coinvolge per primi i vescovi. E’ vero che “dobbiamo usare prudenza”, dichiara il 5 novembre 2005 nell’udienza ai presuli austriaci. “Però la prudenza non ci deve trattenere dall’esporre la Parola di Dio in tutta chiarezza, anche i punti che di solito vengono ascoltati meno volentieri”. Le affermazioni si succedono come tasselli su un mosaico. Il 26 gennaio di quest’anno, gli interlocutori sono i delegati di episcopati e organismi ecumenici europei. Il pensiero di Benedetto XVI è questo:

 

Dopo la caduta del Muro, che divideva i Paesi dell’Oriente e dell’Occidente in Europa, è più facile l’incontro tra i popoli; ci sono più opportunità per accrescere la conoscenza e la stima reciproca, con un arricchente mutuo scambio di doni; si avverte il bisogno di affrontare uniti le grandi sfide del momento, a iniziare da quella della modernità e della secolarizzazione. L’esperienza dimostra ampiamente che il dialogo sincero e fraterno genera fiducia, elimina le paure e i preconcetti, scioglie le difficoltà e apre al confronto sereno e costruttivo”.

 

Ai giovani universitari, lo scorso 6 marzo, il Papa chiede la costruzione di un nuovo umanesimo “che riproponga, attualizzandole, le radici cristiane d’Europa”. E il 30 marzo, con i parlamentari del Partito popolare europeo, Benedetto XVI incalza sui “principi non negoziabili” che attengono alla dignità umana:

 

“La protezione della vita in tutte le sue fasi, dal momento del concepimento fino alla morte naturale; il riconoscimento e la promozione della struttura naturale della famiglia, come una unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa dai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme di unione radicalmente diverse che in realtà  le recano danno e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo particolare carattere e il suo insostituibile ruolo sociale; la protezione del diritto dei genitori a educare i loro figli”.

 

  E siamo ai giorni nostri, con il recente incontro - quattro giorni fa – tra il Papa e il presidente della Commissione europea, Manuel Barroso. Un colloquio che Benedetto XVI ha vissuto all’insegna della “fiducia”: fiducia con la quale, “nonostante le ombre” attuali, la Santa Sede e i vertici comunitari guardano “al processo di integrazione e di consolidamento delle istituzioni europee”.

 

(musica)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq con la notizia dell'assassinio di due giornalisti iracheni. Trovata una fossa comune con decine di corpi.

 

Servizio vaticano - L'omelia del cardinale Angelo Sodano durante la Concelebrazione Eucaristica a Lecce per l'apertura del Congresso Eucaristico Diocesano.

 

Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia sulle conclusioni del Convegno, all'Università Gregoriana, dedicato al tema: "Etica dell'informazione nelle relazioni internazionali".

 

Servizio culturale - Un articolo di Luigi Alici dal titolo "La linfa segreta che riconduce al pensiero dell'Ipponate": l'"Introduzione generale a Sant'Agostino" di P. Trapè.  

Per l' “Osservatore libri" un articolo di Danilo Veneruso dal titolo " "Operazione Sunrise". La resa tedesca in Italia: 2 maggio 1945"; una nuova interpretazione storica nel saggio di Elena Aga-Rossi e Bradley F. Smith.

 

Servizio italiano - Quirinale: a vuoto il primo scrutinio. Schieramenti ancora in trattativa.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 maggio 2006

 

OGGI, FESTA DELL’EUROPA: RIUNITI SIMBOLICAMENTE

I 450 MILIONI DI CITTADINI DELL’UNIONE EUROPEA

- Il servizio di Fausta Speranza -

 

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Il 9 maggio di quest’anno, a parte le innumerevoli iniziative in tutti i Paesi membri, si celebra anche con la ratifica della Costituzione europea, proprio oggi, da parte del parlamento dell’Estonia: sale così a 15 il numero degli Stati membri che hanno già approvato il Trattato. E presto saranno 16, visto l’impegno assunto dalla Finlandia che dal primo luglio diventa presidente di turno dell’UE.

 

Dunque, in qualche modo continua il processo di ratificazione nonostante ilno’ di Francia e Olanda ai rispettivi referendum. ‘No’ che ha messo in crisi un po’ tutta l’Unione: ha bloccato il tentativo di revisione delle istituzioni, necessario visto l’allargamento e vista l’urgenza di dare più forza politica a un’Unione che ha marciato finora soprattutto sul binario commerciale e economico. Dal momento di choc per ilno’ di francesi e olandesi è passato un anno, preso come “pausa di riflessione”, che rischia però di diventare immobilismo.

 

Ma non si può dire che tutto sia fermo: ad esempio, ci sono nuove forme di collaborazione in tema di giustizia e sicurezza, annunciate proprio in questi giorni dal commissario europeo Frattini. E poi restano motivi di fondo per festeggiare, come spiega il direttore della Rappresentanza della Commissione europea a Roma, Pier Virgilio Dastoli:

 

R. – Innanzitutto dobbiamo festeggiare una cosa che forse è la cosa più importante: 61 anni di pace tra i nostri Paesi. In un continente che era abituato a risolvere i conflitti fra gli Stati con le guerre, dal 1945 ad oggi i nostri Paesi non sono soltanto amici, ma hanno deciso di condividere la loro sovranità. Ed è qualcosa che si ha tendenza a dimenticare, soprattutto i ragazzi. Il secondo valore raggiunto dall’Europa è il fatto che è uno spazio di libertà: offre non soltanto le libertà classiche, che sono quelle di circolare o di far circolare i capitali o di far circolare le merci, ma in qualche modo ha esteso e ampliato la nostra libertà. La terza cosa che bisogna ricordare è che l’Unione Europea si fonda sul diritto, e si fonda in particolare su una stratificazione diversa di diritti che hanno inciso positivamente sulla vita di tutti i giorni. Prendiamo l’esempio delle leggi per i consumatori: praticamente l’80 per cento di tutte le registrazioni professionali in materia di protezioni dei consumatori deriva da leggi comunitarie. Noi non ce ne rendiamo conto ma anche soltanto quando andiamo a fare la spesa al supermercato, il fatto che sui prodotti alimentari ci sia la data di scadenza o ci siano le indicazioni del contenuto dei prodotti alimentari è qualcosa che deriva da una norma comunitaria. Ho citato soltanto alcuni esempi, che però danno il senso di quanto l’Europa oggi sia un valore aggiunto rispetto agli Stati nazionali.

 

Ma per una riflessione sulla fase che l’Unione dei 25  attraversa, ascoltiamo mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa: 

 

R. – Anch’io vedo che l’Europa è in un momento di passaggio, quasi un po’ sul crinale, con qualche rischio o tentazione di decadere, di cadere all’indietro, ma anche con dei segnali che dicono che è possibile fare un salto di qualità. I segni più tristi di decadenza sono sotto i nostri occhi: ci sono dei segnali di stanchezza … lei citava quelli del Trattato costituzionale, possiamo citare il campo della politica estera o anche la mancanza di una leadership. Dall’altra parte, davanti alle sfide del mondo, mi sembra che l’Europa si stia anche rimettendosi alla ricerca, stia valorizzando le chances che ha. E le sfide che la spingono a questa nuova ricerca sono le sfide del nuovo ordine mondiale, per esempio il confronto con la Cina e con l’India che emergono sui mercati e nella politica, oppure sono le sfide nel campo della bioetica, oppure quelle della pace o quelle dell’ambiente. Ecco: mi sembra che il punto sia che l’Europa debba decidere che lavorare per il bene comune è qualcosa di superiore, di più interessante, di più utile, che non lavorare solo per il bene dei singoli.

 

D. – Noi ci ritroviamo adesso con 450 milioni di cittadini che sono legati, essenzialmente, da un patto di pace. Dunque, è possibile – secondo lei – ripartire da qui?

 

R. – Io credo che sia essenziale ripartire da qui, però ci vuole anche una novità. Abbiamo bisogno, per riscoprire questa radice, in qualche maniera di un supplemento divino, un supplemento di trascendenza, un supplemento di senso, un supplemento di visione e, in sintesi, di amore. Per garantire la vittoria sul terrorismo, deve ritrovare vigore il progetto dell’Unione per garantire che non sprofondiamo in conflitti di civiltà. Credo che un’Europa un po’ più umile sia un’Europa che crede al contributo di una ragione, crede al contributo delle scienze, delle tecniche, crede nelle politiche ma che è più umile e sente che tutto va illuminato da un qualcosa di più profondo. E questo ‘qualcosa’ di più profondo è la visione dell’uomo, del sociale che noi crediamo essere dentro il Vangelo. Questo vale per le Chiese e credo che valga per le società …

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QUESTA SERA AL PALAZZO DI VETRO L’ELEZIONE DEI 47 MEMBRI

DEL NUOVO CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI.

SOSTITUIRA’ LA VECCHIA COMMISSIONE ONU

- Intervista con Kolja Canestrini -

 

“Questa è una grande opportunità per un nuovo inizio”. Così il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha commentato l’elezione di questa sera, in Assemblea generale, dei 47 membri del Consiglio dei diritti umani. La nuova entità giuridica, che avrà sede a Ginevra, sostituirà la vecchia Commissione per i diritti umani, finita più volte al centro delle polemiche per una politica di veti incrociati che ha permesso ad alcuni Paesi di rimanere impuniti. Ma quali sono le differenze tra i due organismi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Kolja Canestrini, docente di Diritti umani e mediazioni nei conflitti, presso l’Università di Ferrara:

 

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R. – Il Consiglio da un punto di vista tecnico manterrà alcuni aspetti e meccanismi già propri della Commissione, ad esempio, il sistema degli esperti indipendenti, ma anche la partecipazione della società civile. Ci sono, invece, delle caratteristiche nuove. Innanzitutto, i membri del Consiglio saranno sottoposti a delle verifiche o a degli esami periodici. Inoltre, l’elezione dei membri del Consiglio richiederà la maggioranza assoluta dell’Assemblea generale, con una votazione segreta. Vi è, peraltro, da segnalare che alcuni, soliti, attori internazionali si sono opposti a questo nuovo organismo, tra cui gli Stati Uniti d’America.

 

D. – La vecchia Commissione per i diritti umani era finita più volte al centro delle polemiche per i veti incrociati che permettevano ad alcuni Paesi di rimanere impuniti. Non c’è il rischio che avvenga di nuovo?

 

R. – Certamente sì. Come si suol dire molto spesso, il diritto internazionale è un diritto che trova la sua legittimazione più profonda nell’accordo degli Stati membri. Il sistema dei veti è un sistema che certamente impedisce, molte volte, una piena attuazione dei diritti umani, ma che nel contempo ci dà la misura di quanto gli Stati stessi - che pure si proclamano esportatori di democrazia o esportatori di diritti umani - non vogliano consentire un’ingerenza altrui nei propri affari domestici.

 

D. – La prima sessione del Consiglio per i diritti umani è stata fissata per il prossimo 19 giugno. Professore, praticamente, di cosa si occuperà? Quali potrebbero essere i primi impegni concreti?   

 

R. – Le situazioni da affrontare ed analizzare certo non mancano. Sappiamo che il nostro pianeta è flagellato da conflitti ad alta o a bassa intensità;  conflitti in cui i diritti umani vengono quotidianamente calpestati. Abbiamo in Africa, ma anche in Asia, delle situazioni di grave pregiudizio, grave rischio dei diritti umani. Alcuni degli Stati più democratici sono essi stessi gravemente imputati di violazione per i diritti umani. Credo che questo sarà il primo banco di prova sul quale si dovrà misurare la reale ed effettiva capacità di incidenza di questo nuovo organismo.

 

D. – Lo ricordava lei in fase di istituzione, il Consiglio per i diritti umani ha incassato il “no”, tra gli altri, di Washington, ma anche di Israele, mentre Iran, Bielorussia e Venezuela si sono astenuti. Come si comporteranno questi Stati da domani in poi?

 

R. – E’ difficile che questi Stati possano negare la legittimità “tout court” di questo nuovo organismo. Quello a cui si assisterà sarà, probabilmente, un’azione di disturbo dei lavori, rifiutando evidentemente ogni loro apporto positivo.

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CONVEGNO A MILANO PER RIPORTARE ALL’ATTENZIONE DELL’OPINIONE PUBBLICA

LA PIAGA DELL’AIDS IN AFRICA

- Interviste con padre Giordano Rigamonti e don Gianni Cesena -

 

Una strage silenziosa che sta cancellando un’intera generazione, creandone un’altra di orfani. Sono gli effetti della pandemia da HIV-AIDS in Africa, a cui un gruppo di associazioni e realtà della Chiesa milanese hanno dedicato, ieri e oggi, una due giorni di iniziative, fra cui convegni per addetti ai lavori, un incontro pubblico ed uno dedicato agli studenti delle scuole medie superiori, che si terrà il 15 maggio prossimo. Da Milano, Fabio Brenna.

 

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La popolazione africana rappresenta il 10 per cento della popolazione umana, ma conta il 60 per cento del numero totale di infettati da HIV-AIDS. Per la fascia di età dai 15 ai 34 anni l’infezione rappresenta la prima causa di morte. Una strage che avviene nell’indifferenza del Nord del mondo, dove sono disponibili quelle cure costose negate ai Paesi in via di sviluppo. Ma perchè prendersi a cuore questa situazione? Risponde padre Giordano Rigamonti, responsabile del Comitato Salute Africa:

 

R. – Primo, l’Africa interessa all’Italia in modo particolare; l’Africa interessa all’Europa. Non c’è dubbio, lo dice chiaramente un esperto politico come Walter Veltroni, che non c’è futuro senza collegare i due continenti. Perchè parlare di Aids? Perché in Africa è una pandemia di proporzioni epocali. Perché siamo di fronte ad una migrazione epocale. C’è un’Africa che si rovescerà sempre di più in Europa ed è un problema di conseguenza, perché non è che con eventuali controlli ai confini noi controlliamo la malattia o quant’altro. Senz’altro, c’è in Africa una disperazione che chiede l’attenzione dell’umanità. Io credo che noi, come Italia ed Europa, abbiamo un dovere, cioè non basta andare in Africa solo a prendere diamanti o quant’altro ci serva per i nostri usi e consumi: dal petrolio, all’oro, all’uranio e così via. Io credo che bisogna avere il coraggio, ancora una volta, di parlare in nome dell’Africa, metterci in ascolto dell’Africa. Credo che sia necessario, perché in Africa non c’è solo disperazione, non c’è solo rassegnazione, ma ci sono anche volontà nuove di costruire prospettive future.

 

D. – Ma c’è qualche segnale di speranza che viene dall’Africa?

 

R. – Ritengo sia veramente molto interessante che il presidente dell’Unione Africana dica: “Noi guardiamo al futuro con grande speranza. Pur consci della tragedia che stiamo vivendo, guardiamo al futuro con una grande speranza, perchè possiamo fare sintesi che forse altri continenti più vecchi di noi non riescono più a fare o non sanno fare”.

 

Sono le donne in Africa a pagare il prezzo maggiore di questa pandemia. Si calcola, infatti, che il 57 per cento degli ammalati sia di sesso femminile. Don Gianni Cesena, responsabile dell’Ufficio di pastorale missionaria della diocesi di Milano:

 

R. – Per quanto riguarda le donne occorre ricordare che le donne hanno minori possibilità di difesa, per tutta una serie di fattori culturali. Evidentemente le donne sono anche quelle più esposte alle fatiche della vita, alle malattie in genere, alla possibilità di diminuire le loro difese immunitarie, ma soprattutto sono le più esposte a quello che è un certo tipo di promiscuità, dovuta anche alla poligamia ed anche ad alcuni retaggi della cultura, che consegnano la donna sempre in potere dell’uomo, chiunque esso sia. Cito un caso qualsiasi: una giovane studentessa che si rechi a studiare in una città, in un’università e che ha uno sponsor è sottoponibile da parte dello stesso sponsor ad azioni di prostituzione o comunque, per esempio, di promiscuità.

 

Il Comitato Salute Africa ha lanciato con queste giornate di Convegno una serie di iniziative destinate a far riflettere sugli aspetti medici, ma non solo, soprattutto su quelli sociali, di questa pandemia da HIV-AIDS in Africa.

 

Da Milano, per la Radio Vaticana, Fabio Brenna.

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IL CODICE DELLE AMBIGUITA’: IN ARRIVO NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE

 IL FILM ISPIRATO AL ROMANZO DI DAN BROWN. LA RIFLESSIONE

DELLO STORICO FRANCO CARDINI

 

“Non ha né credenziali né capacità come storico”: con queste parole, il 7 aprile scorso, il giudice Peter Smith ha assolto il romanziere Dan Brown dall’accusa di avere plagiato Il Santo Graal, saggio pubblicato nel 1982, basato su documenti riconosciuti come falsi. Ora, però, il Codice da Vinci sta per approdare nelle sale cinematografiche di tutto il mondo accompagnato dallo slogan “La verità sarà svelata”. Un’ambiguità che non può essere considerata innocua. Ecco la riflessione dello storico Franco Cardini, intervistato d Alessandro Gisotti:

 

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R. – Non c’è dubbio che il grande modello di Dan Brown è paraletterario e parastorico. Dan Brown fa dell’Opus Dei quello che, a partire dal XVIII secolo, si è fatto della Compagnia di Gesù: la grande associazione di devoti fanatici, che lavorano al servizio cieco della Santa Sede, che non arretrano davanti a nulla, pur di affermare la loro potenza. La Compagnia di Gesù è stata tutt’altro nei secoli, ma dal Settecento in poi la tradizione, prima protestante e poi anticlericale, ne ha fatto questo. La chiave di lettura per capire il discorso di Dan Brown dell’Opus Dei, e la certezza di Dan Brown di avere del successo e di essere, se non compreso, quantomeno inteso quando usava questo escamotage, è appunto il riferimento alla Compagnia di Gesù.

 

D. – C’è anche un richiamo insistito di Dan Brown al cosiddetto principio del “femminino sacro”…

 

R. – Un forte riferimento femminista Dan Brown lo ha preso a livello più basso, perché questo è il livello con cui si fa successo mass-mediale. Riprende così una vecchia tradizione che risale addirittura al libro di Margaret Murray del secolo scorso, “Il Dio delle streghe”, per riciclare la vecchia storiella, antropologicamente destituita, di fondamento del Dio originario femminile, fecondatore, buono, pacifico, sostituito dal Dio degli eserciti, dal Dio dei preti e dei guerrieri, che sarebbe il Dio monoteistico di Abramo, questo Dio violento, repressivo, crudele…

 

D. – Lo spot del film che si ispira al libro annuncia: “Non importa in ciò che credete, ciò che avete letto, il Codice da Vinci svelerà il segreto”. Forse questo è il messaggio che irrita molto i credenti e la Chiesa…

 

R. – Dà l’idea che il film possa essere costruito su un’ipotesi anticattolica. E badate dico anticattolica specificamente. Ciò rende naturalmente tutto più ambiguo. Che vuol dire fare tabula rasa di quello che si crede e andarsi a godere uno spettacolo? Ci si gode poi uno spettacolo nel quale ad un certo punto il credente si sente offeso negli elementi più intimi della propria fede? Evidentemente no. Questo non è un film innocuo e quindi non lo si può accettare come un puro parto della fantasia, anche perché si può chiedere tranquillamente che la fantasia si eserciti su altri oggetti che non offendano i sentimenti più profondi di nessuno. Mi chiedo se veramente la società civile, anche quella laica, sarebbe disposta ad accettare un film che offende profondamente i sentimenti religiosi degli ebrei, dei musulmani, dei buddisti. Ci sarebbe una corale levata di scudi, anche da parte dei laici, nei confronti di questa offesa a sentimenti intimi del credente e così via… Ora, mi chiedo perché contro i cattolici si possano fare cose che nessuno di noi penserebbe concepibile fare nei confronti degli ebrei, dei musulmani o di altri.

 

D. – Cosa rispondere a chi invoca la libertà di critica?

 

R. – La libertà della critica e anche magari della satira e della fantasia la si potrebbe esercitare tranquillamente in molte direzioni. Io mi chiedo: sarebbe possibile fare un film nell’Occidente di oggi che irridesse a quei valori di libertà, di democrazia, nei quali in modo magari diverso tutti crediamo e tutti condividiamo? Sarebbe possibile fare un film che irridesse per esempio alla Shoah o che magari, come frutto della fantasia, si mettesse a dare un’immagine positiva di Adolf Hitler o di Stalin e negativa delle grandi democrazie occidentali? Non lo accetteremmo.

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CHIESA E SOCIETA’

9 maggio 2006

 

 

IN OCCASIONE DELL’ODIERNA GIORNATA DELL’EUROPA,

PRESENTATO AL PARLAMENTO EUROPEO UN ARTICOLATO STUDIO SULLA FAMIGLIA

NEL CONTINENTE PIU’ INVECCHIATO DEL MONDO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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BRUXELLES. = Un Continente invecchiato, dove gli anziani superano i giovani, e la famiglia mostra segni evidenti di crisi se ogni mezz’ora si ‘rompe’ un matrimonio nell’Unione Europea. Sono i dati evidenziati nel rapporto su “l’Evoluzione della famiglia in Europa 2006”. Studio affidato dall'Istituto di politica familiare (IPF), ad una squadra di esperti in diverse aree, per disegnare lo stato della famiglia in Europa negli ultimi 25 anni dal 1980 al 2005. Ad illustrare il rapporto, Lola Velarde, presidente della Rete europea dell’IPF ed Eduardo Hertfelder Aldecoa, presidente della Federazione internazionale dell’IPF. Lo studio segnala che in soli 15 anni tra 1990 e il 2004 si sono sciolti in Europa più di 10 milioni di matrimoni, coinvolgendo nelle separazioni oltre 16 milioni di bambini. Maggior incremento di rotture – quasi il 90 per cento in 10 anni - è in Portogallo, seguito da Italia e Spagna con circa il 60 per cento. Spagna, Portogallo ed Italia sono anche i Paesi più ‘canuti’, dove si è maggiormente allargata la forbice tra i minori di 14 anni gli ultra sessantacinquenni. In 25 anni sono scomparsi dall’Europa 20 milioni di giovani, oggi poco più del 16 per cento della popolazione totale. In controtendenza Irlanda e Cipro con una presenza giovanile superiore al 20 per cento, sopra la media europea. Dati che dimostrano, sottolinea Hertfelder, che l’Europa “si è dimenticata della famiglia e si sono messe in moto politiche aberranti” contro la cellula fondamentale di ogni società.  Per questo l’IPF dedica la terza parte del Rapporto alle proposte per sviluppare politiche pubbliche a favore della famiglia in Europa e creare in tutti i Paesi dell’Unione ministeri per la famiglia. 

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su internet un nuovo blog per analizzare l’informazione

sulla Chiesa cattolica nei media, soprattutto nella stampa. Il suo autore

è il professore spagnolo di analisi e pratica dell’informazione

della Pontificia Università della Santa Croce di Roma, Diego Contreras

 

ROMA. = Un nuovo sito in grado di analizzare il modo in cui la Chiesa cattolica viene trattata e interpretata dai mass media. È il nuovo blog creato da Diego Contreras, professore di analisi e pratica dell’informazione presso la Pontificia   Università della Santa Croce di Roma. Il professore ha spiegato a Zenit, l’agenzia internazionale di notizie cattoliche, di aver deciso di dar vita a questa iniziativa “per condividere con alcuni colleghi brevi commenti e riflessioni su temi legati alla Chiesa e alla stampa, o più in generale alla religione e alla comunicazione”. Secondo il professore spagnolo, contrariamente a quanto succede in altri settori dell’informazione giornalistica, il giornalismo religioso è quello più libero dalle pressioni economiche e di potere. Essere prima di tutto un professionista, capace di dare rilevanza a questioni in cui le sfumature sono importanti, è la prima qualità che deve possedere un giornalista che fa informazione sulla Chiesa. La sua   esperienza di corrispondente a Roma – racconta  il professore – gli ha permesso di rendersi conto della grande importanza che le notizie cattoliche mostrano per le questioni rilevanti per l’essere umano, credente o meno. “Sono temi importanti – osserva ancora Conctreras - con i quali, prima o poi, finiamo per doverci confrontare”. Riconosce poi, “che nell’ambito dei molti mezzi di comunicazione la religione è stata spesso ilfratello povero’. E in parte lo è ancora – continua – anche se mi sembra che stia crescendo l’interesse per i temi umani fondamentali”. “Il giornalismo attuale – ha concluso – è minacciato da vari virus: uno di essi è l’infotaiment, la commistione tra informazione e intrattenimento. In definitiva bisogna riuscire ad essere interessanti senza cadere nella banalità, e questo non è alla portata di tutti”. (V.C.)

 

 

INIZIERA’ DOMENICA PROSSIMA IL VIAGGIO IN ESTREMO ORIENTE DI KOFI ANNAN,

SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU:

PRIMA TAPPA COREA DEL SUD, POI GIAPPONE, CINA E VIETNAM

 

SEUL. = Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, arriverà domenica prossima in Corea del Sud per la prima tappa di un’impegnativa missione in quattro Paesi dell'Estremo  Oriente. Come è stato confermato ieri a Seul, il viaggio, originariamente previsto per lo scorso inverno, comprenderà anche visite in Giappone, Cina e Vietnam. La scelta della prima tappa in Corea del Sud, dove Annan sarà ricevuto dal presidente Roh Moo Hyun, appare particolarmente significativa in relazione alla candidatura dell'attuale ministro degli Esteri, Ban Ki Moon, come nuovo segretario generale dell’ONU. (R.G.) 

 

 

IN MEMORIA DI MEZZO MILIONE DI ROM E SINTI, VITTIME IN EUROPA DEL NAZISMO,

SARA’ ERETTO A BERLINO UN MONUMENTO NEI PRESSI DEL REICHSTAG

 

BERLINO. = Un monumento in memoria dei Sinti e Rom vittime della barbarie nazista sorgerà nel centro di Berlino. Un accordo in tal senso è stato raggiunto dal governo tedesco che finanzierà l’opera e dal Consiglio centrale dei Sinti e Rom in Germania. Il monumento, progettato dall’artista Dani Karavan, verrà    eretto nelle immediate vicinanze del Reichstag (sede del Bundestag, la Camera bassa del Parlamento), avrà le sembianze di una fontana e recherà fra l’altro le scritte dei campi di sterminio nazista, a cominciare da Auschwitz, Treblinka, Buchenwald. Soddisfazione per l’accordo sul monumento - per il quale a lungo si è discusso fra polemiche e contrasti - è stata espressa dal ministro della Cultura Bernd Neumann (CDU) e dal presidente del Consiglio centrale dei Sinti e Rom tedeschi, Romani Rose. Furono circa mezzo milione i Sinti e i Rom sterminati in Europa negli anni del nazionalsocialismo.  (R.G.) 

 

 

BILANCIO TUTTO IN POSITIVO PER LA FIERA INTERNAZIONALE DEL LIBRO,

CHIUSA IERI A TORINO: PRESENZE RECORD DI EDITORI,

DI LIBRI VENDUTI E DI PUBBLICO GIOVANILE

- A cura di Fabrizio Accatino -

 

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TORINO. = 300 mila visitatori, pari al 40% in più rispetto allo scorso anno. La Fiera Internazionale del Libro all’indomani della chiusura tira le somme e scopre cifre da record, le più alte della sua storia quasi ventennale. Lo hanno dimostrato gli 800 incontri in calendario, animati da 2500 relatori, che spesso hanno segnato il tutto esaurito. Moltissimi gli autori presenti, ma la rivelazione dell’anno è stato senza dubbio Enzo Bianchi, che nel suo incontro con i lettori ha registrato una partecipazione di pubblico persino superiore a Paulo Coelho: il suo libro, “La diversità cristiana”, è stato il più venduto di Einaudi e tra i più venduti dell’intera Fiera. L’assalto di bibliofili, che ha messo a dura prova la struttura ospitante del Lingotto, di fatto apre la strada per la prossima edizione all’Oval, il palazzo del ghiaccio delle Olimpiadi, come sede della manifestazione. Per il momento, però, ci sono i numeri di questa edizione su cui festeggiare, come conferma il presidente della Fondazione per il Libro, Rolando Picchioni: “Il successo della Fiera non si può quantificare perché sarebbe fare una classifica che potrebbe essere antipatica. Però, il successo che noi vogliamo veramente sottolineare è stata la presenza dei giovani che quest’anno, alla Fiera, hanno dato qualcosa di più di una visita così, extra-scolastica!”. Alla fine, i più felici sono i 1236 editori – un record anche questo – che hanno visto i loro stand letteralmente saltare in aria: il risultato è stato in media il 30% in più di volumi venduti. Anche il 10% in più di quelli rubati. Gli editori non ne saranno contenti, ma anche questo – a suo modo – è il segno che il pubblico ha gradito.

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24 ORE NEL MONDO

9 maggio 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Sul programma nucleare iraniano manca ancora, nella comunità internazionale, una strategia comune: l’incontro tenutosi ieri, a New York, tra i rappresentanti della Germania e dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è concluso, infatti, senza un accordo. Il nostro servizio:

 

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Le divergenze riguardano, soprattutto, la bozza di risoluzione presentata da Francia e Gran Bretagna e sostenuta dagli Stati Uniti. Al documento si oppongono invece Russia e Cina, contrarie al riferimento al capitolo VII della Carta dell’ONU che prevede un eventuale ricorso a sanzioni economiche o all’uso della forza in caso di “minaccia o violazione della pace e della sicurezza”. La posizione dell’Iran di fronte a questa ipotesi è irremovibile: “Volete trattarci come l’Iraq, usare menzogne per occuparci”, si legge nella lettera inviata ieri, attraverso l’ambasciata svizzera a Teheran, dal presidente della Repubblica islamica, Mahmoud Ahmadinejad, al capo della Casa Bianca, George Bush. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha detto che la lettera non costituisce “un’apertura diplomatica” perché non affronta in modo concreto i nodi centrali della questione. Ieri sera sono cominciati a circolare, intanto, diversi stralci del documento: “La ricerca scientifica – scrive Ahmadinejad – è uno dei diritti fondamentali delle nazioni”. “I valori religiosi universalmente condivisi – aggiunge - dovrebbero aiutare a gestire la vita politica”. Il presidente iraniano traccia, poi, delle analogie tra le motivazioni indicate dagli Stati Uniti per invadere l’Iraq nel 2003 e le attuali accuse contro l’Iran. “Con il pretesto dell’esistenza delle armi di distruzione di massa – sostiene Ahmadinejad - l’enorme tragedia della guerra in Iraq ha intrappolato sia il popolo occupato sia quello occupante”. La lettera, la prima indirizzata dopo 27 anni ad un capo di Stato americano, propone comunque anche alcuni toni concilianti: il presidente iraniano lancia infatti un appello alla cooperazione per individuare “i problemi che stanno alla radice dell’attuale situazione internazionale”.

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In Iraq, il nuovo governo di unità nazionale sarà pronto entro oggi o domani. Lo ha annunciato il premier designato, lo sciita Mouri Al Maliki, precisando che è stata raggiunta un’intesa tra tutti i partiti per l’assegnazione dei cinque dicasteri chiave: Esteri, Difesa, Petrolio, Finanze e Interni. E in vista del nuovo corso politico iracheno, proseguono anche le operazioni di rimpatrio per i militari delle Forze della coalizione. Fonti di stampa sudcoreane hanno rivelato, infatti, che la Corea del Sud ha cominciato a ritirare il proprio contingente dal Paese arabo. Sul terreno, intanto, due civili iracheni sono stati rapiti a Tikrit, roccaforte dell’ex dittatore Saddam Hussein. Un gruppo di guerriglieri ha rivendicato, inoltre, l’abbattimento di un elicottero britannico a Bassora. Nello schianto, avvenuto sabato scorso, sono morti cinque militari britannici, tra cui una donna soldato.

 

In Medio Oriente, almeno dieci persone tra cui 8 bambini sono rimasti feriti nel corso di scontri tra miliziani di Hamas e Fatah, scoppiati per il secondo giorno consecutivo nella Striscia di Gaza. Ieri, sempre in combattimenti tra fondamentalisti appartenenti alle due formazioni, erano morte tre persone. In Israele, intanto, il governo ha sconsigliato con un avviso pubblico i cittadini israeliani a recarsi nel Sinai egiziano in seguito a “concrete minacce”. L’avvertimento giunge due settimane dopo gli attentati che hanno causato la morte di 21 persone nella località egiziana di Dahab.

 

E proprio in Egitto, la polizia ha reso noto che durante un’operazione antiterrorismo è rimasto ucciso il presunto leader del gruppo responsabile degli attacchi compiuti a Dahab nella penisola del Sinai. Secondo gli inquirenti, l’uomo era il capo del sedicente movimento “Unione e Jihad” che ha rivendicato anche gli attentati del 2004 a Taba e del luglio scorso a Sharm el Sheikh.

 

Tragedia nello Yemen: secondo la tv satellitare Al Jazeera, 39 profughi africani sarebbero morti nel golfo di Aden, in seguito al naufragio della loro imbarcazione. Secondo l’emittente araba, i profughi tentavano di entrare clandestinamente nello Yemen.

 

In Italia, non è stato raggiunto neanche nella seconda votazione il quorum per eleggere l’11.mo presidente della Repubblica. L’Unione, che ha candidato alla presidenza il senatore a vita Giorgio Napolitano, ha optato anche in questo caso per la scheda bianca. Il premier uscente Silvio Berlusconi ha ribadito, inoltre, che la Casa delle Libertà è contraria ad una elezione di Napolitano. Nel pomeriggio, è prevista una terza consultazione. Nei primi tre scrutini per essere eletto, è necessaria la maggioranza dei due terzi dell’Assemblea (673 voti). Dalla quarta votazione in poi, è sufficiente la maggioranza assoluta (506 voti).

 

 

 

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