RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 126 - Testo della trasmissione di sabato 6 maggio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko
Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Bilancio degli aiuti della
Caritas a sei mesi dal devastante terremoto in Pakistan
4
militari inglesi morti in Iraq, a Bassora, perché è precipitato il loro
elicottero
6 maggio 2006
LE GUARDIE SVIZZERE, UN
MODELLO DI SERVIZIO ALLA CHIESA
TRA CORAGGIO E FEDELTA’: LA GRATITUDINE DI
BENEDETTO XVI ESPRESSA
DURANTE LA MESSA SOLENNE IN S. PIETRO PER IL
CINQUECENTENARIO
DI FONDAZIONE DEL CORPO MILITARE PONTIFICIO
Cinquecento
anni a servizio dei Papi, una storia che parla, da generazioni, di valore umano
e di spirito cristiano. E’ la storia delle Guardie Svizzere Pontificie, che risalta
in questi giorni di festa per i 500 anni dalla loro fondazione. Il culmine
delle celebrazioni è stato toccato questa mattina con la Messa solenne
presieduta da Benedetto XVI nella Basilica di S. Pietro, gremita dalle Guardie,
dai loro familiari e dalle autorità elvetiche. Il servizio di Alessandro De
Carolis:
**********
Fedeltà
e coraggio, che proiettano giovani affascinati dal servizio al Papa in una
dimensione esemplare di “amore per Cristo e per la Chiesa”. Sono qui i
sentimenti che animano, sia pure con sensibilità diverse, i ragazzi dei Cantoni
elvetici che chiedono l’arruolamento nel Corpo della Guardia Svizzera
Pontificia. Giovani laici che diventano modello per altri giovani cristiani,
certamente perché quella divisa da 500 anni rappresenta un esclusivo senso di
appartenenza alla Sede di Pietro.
(canto)
Benedetto
XVI ha celebrato con calore e parole di grande riconoscenza l’anniversario a
cifra tonda della Guardia Svizzera. In una Basilica di S. Pietro oggi dominata
nelle prime file davanti all’altare della Cattedra dal giallo, dal rosso e dal
blu delle uniformi da parata, dallo sventolio delle bandiere con la croce
bianca in campo rosso, il Papa ha ricordato il duplice episodio all’origine del
legame tra la Santa Sede e le Guardie: il 22 gennaio 1506, quando i primi 150
uomini si misero a servizio di Giulio II, e il 6 maggio 1527, giorno del
sacrificio di 147 Guardie in difesa del Papa e del Vaticano, vittime del
saccheggio lanzichenecco. Trentasei anni fa, Paolo VI sciolse tutti gli altri
corpi militari pontifici, ma quello della Guardia Svizzera, ha osservato
Benedetto XVI, “è stato sempre riconfermato nella sua missione”. Per quale
motivo? La risposta il Papa l’ha colta nelle letture della Messa, a partire
dalla sapienza divina che – dice il testo - “forma amici
di Dio” e sprona alle “opere della pace” sull’esempio di Gesù:
“LA PERSONNE QUI A RECONNU EN LUI LA SAGESSE…
Chi ha riconosciuto in Lui
“Ci si
potrebbe chiedere – ha proseguito subito dopo Benedetto XVI - se questa visione
dell’uomo possa costituire un ideale di vita anche per gli uomini del nostro
tempo, in particolare per i giovani”. Quella delle “Guardie del Papa” è
certamente una testimonianza di valore:
“PARMI LES MULTIPLES EXPRESSIONS DE LA PRESENCE…
Tra le molteplici espressioni della presenza dei
laici nella Chiesa cattolica, vi è anche quella del tutto singolare delle
Guardie Svizzera Pontificie, giovani che, motivati dall’amore per Cristo e
E anche
se “il servizio effettivo può cessare”, dentro si rimane sempre Guardie
Svizzere”, ha osservato ancora il Pontefice, che ha mostrato apprezzamento per
la marcia simbolica compiuta dal 7 aprile a 4 maggio da circa ottanta
ex-Guardie tra la Svizzera e Roma, lungo la Via Francigena,
l’antica strada dei pellegrini. Nel salutare le Guardie, i parenti presenti in
Basilica e le autorità elvetiche - tra cui il presidente della Confederazione,
Moritz Leuenberger, ricevuto in udienza privata dopo
la Messa – Benedetto XVI ha riassunto con queste parole la missione e lo
spirito ideale di ciascuna Guardia:
“Alimentatevi del Pane eucaristico e siate in primo
luogo uomini di preghiera, perché la divina Sapienza faccia di voi degli
autentici amici di Dio e servitori del suo Regno di amore e di pace. Nel
Sacrificio di Cristo assume pienezza di significato e di valore il servizio
offerto dalla vostra lunga schiera in questi 500 anni. Facendomi idealmente
interprete dei Pontefici che nel corso dei secoli il vostro Corpo ha fedelmente
servito, esprimo il meritato e sentito ringraziamento, mentre, guardando al
futuro, vi invito ad andare avanti acriter et fideliter, con coraggio e fedeltà”.
(musica)
**********
Dalla
celebrazione di una storia lunga e illustre ad una cerimonia che ne segna il
prolungamento verso il futuro: oggi pomeriggio, Piazza San Pietro sarà il
teatro del Giuramento delle nuove Guardie Svizzere. La nostra emittente seguirà
l’evento in radiocronaca diretta, a partire dalle 16.10, con commenti in lingua
italiana sull’onda media di 585 kHz
e in modulazione di frequenza di 105 MHz, e in lingua
tedesca sull’onda corta di 7.135 kHz.
DOMANI, 43.MA GIORNATA
MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI,
IL PAPA ORDINERA’ 15 NUOVI SACERDOTI PER LA
DIOCESI DI ROMA
IN UNA SOLENNE CELEBRAZIONE NELLA BASILICA
VATICANA
Domani
mattina, in occasione della 43.ma Giornata Mondiale
di Preghiera per le Vocazioni, Benedetto XVI presiederà - a partire dalle ore
9.00, nella Basilica Vaticana - la Santa Messa per l’ordinazione presbiteriale di 15 diaconi della diocesi di Roma. Il Papa
continua dunque la tradizione iniziata da Giovanni Paolo II, nel 1993, in
occasione del Sinodo Romano. La nostra emittente seguirà in diretta l’evento
con commento in lingua italiana, tedesca, francese e spagnola in onda media, in
onda corta e in modulazione di frequenza. Sulla Giornata di Preghiera per le
Vocazioni, il servizio di Alessandro Gisotti:
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Laddove si
prega con fervore, fioriscono le vocazioni: Benedetto XVI lo ribadisce con
forza nel suo messaggio per la giornata di domani. Un documento pubblicato lo
scorso 30 marzo ed incentrato sul tema “Vocazione nel mistero della Chiesa”. Il
Papa ribadisce la missione insostituibile del sacerdote sottolineando che “la
santità della Chiesa dipende essenzialmente dall’unione con Cristo e
dall’apertura al mistero della grazia che opera nel cuore dei credenti”. La
Giornata di preghiera per le Vocazioni cade pochi giorni dopo la pubblicazione
dell’Annuario Statistico del 2004, che offre la dimensione numerica aggiornata
della Chiesa nel mondo. Dal 1978 al 2004, la dinamica delle consistenze
sacerdotali mostra una contrazione di oltre il 3,5% (da circa 421 mila a meno
di 406 mila). In controtendenza rispetto alla media mondiale, il dato in Africa
e in Asia con un +85% e un +74%, rispettivamente, e con un incremento di oltre
2mila unità soltanto dal 2003. Responsabile della contrazione è dunque l’Europa
con una diminuzione di oltre il 20% nel periodo esaminato nell’Annuario. Come
affrontare dunque la crisi delle vocazioni? Giovanni Peduto lo ha chiesto al
rettore del Seminario Romano Maggiore, mons. Giovanni Tani:
R. -
Questo è senz’altro il primo problema della Chiesa oggi. Non ogni regione del
mondo è colpita in modo grave da questo problema, ma certamente, se guardiamo
anche solo all’Italia, ci rendiamo conto che esiste una vera crisi. Il Papa in questa 43.ma
Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni ci guida in uno sguardo di
fede. Nel suo Messaggio, intitolato ‘Vocazione nel mistero della Chiesa’, fra le altre cose dice: “La missione del sacerdote
nella Chiesa è insostituibile. Pertanto, anche se in alcune regioni si registra
scarsità di clero, non deve mai venir meno la certezza che Cristo continua a
suscitare uomini, i quali, come gli Apostoli, abbandonata ogni altra
occupazione, si dedicano totalmente alla celebrazione dei sacri misteri, alla
predicazione del Vangelo e al ministero pastorale”. Quindi, di per sé, non
bisognerebbe parlare di mancanza di chiamata, ma di mancanza di risposta.
D. -
Cosa intende dire?
R. -
Bisogna credere che il Signore sta chiamando. È necessario creare le condizioni
perché i chiamati si rendano conto di essere interpellati da Dio. La prima
condizione è nella fede della Chiesa. Il Papa dice nel suo messaggio: “Non
sorprende che, laddove si prega con fervore, fioriscano le vocazioni”. Una
Chiesa che sente l’urgenza del momento innanzitutto risponde all’invito del
Signore che dice: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque
il padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt
9,37). Di fronte alle esigenze dell’evangelizzazione il primo impulso dovrebbe
essere quello della fede, e quindi della preghiera, per mettersi all’unisono
con i desideri di Dio e volere fortemente, come Lui vuole, che ‘venga il suo Regno’. Se non
preghiamo intensamente per le vocazioni in un certo senso dimostriamo che
questo problema non ci sta veramente a cuore.
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NOMINA DI MEMBRI DEI
DICASTERI DELLA CURIA ROMANA
Il Santo
Padre ha annoverato tra i Membri dei Dicasteri della Curia Romana i seguenti
cardinali, creati e pubblicati nel Concistoro del 24 marzo 2006: nella
Congregazione per
Benedetto XVI, inoltre, ha annoverato tra i Membri della
Pontificia Commissione per l'America Latina il cardinale Jorge
Liberato Urosa Savino.
RINUNCIA E NOMINA
Il Santo
Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Rossano-Cariati (Italia), presentata da monsignor Andrea
Cassone, in conformità al can. 401 §1 del Codice di
Diritto Canonico. Al suo posto ha nominato arcivescovo di Rossano-Cariati
(Italia) mons. Santo Marcianò, del clero
dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, finora
Rettore del Seminario Maggiore della medesima arcidiocesi.
Mons. Santo Marcianò è nato a Reggio
Calabria, il 10 aprile 1960. Attualmente è Vicario Episcopale per il Diaconato
Permanente e i Ministeri; Membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio
Pastorale Diocesano. È autore di libri e numerosi articoli di carattere liturgico-pastorale e vocazionale.
ALTRE UDIENZE
Sempre in mattinata il Papa ha incontrato 5 presuli della Conferenza Episcopale del Canada-Québec, in visita “ad Limina Apostolorum”.
Inoltre,
nel pomeriggio, Benedetto XVI riceverà il cardinale Giovanni Battista Re,
Prefetto della Congregazione per i vescovi.
IERI SERA, NELL’AULA PAOLO VI, LA CERIMONIA
UFFICIALE DELLE CELEBRAZIONI
PER IL V CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DELLA GUARDIA
SVIZZERA PONTIFICIA.
QUATTRO CORI ED UN’ORCHESTRA HANNO ESEGUITO
L’ORATORIO
Quattro
cori ed un’orchestra hanno eseguito ieri sera, nell’aula Paolo VI, un oratorio
per la cerimonia ufficiale del V centenario della Guardia Svizzera Pontificia.
L’esecuzione ha proposto alcune meditazioni sulla Sacra Scrittura. Il servizio
di Tiziana Campisi:
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(Musica)
Il canto
del Te Deum per ringraziare Dio del dono di 5 secoli.
A servizio della Chiesa e fedeli militari al fianco del Papa, le guardie
svizzere pontificie hanno celebrato il loro quinto centenario di fondazione
meditando l’oratorio “Carmen saeculare”, una lectio divina scritta dal monaco benedettino Theo Flury sull’amore: quello che Dio mostra agli uomini
attraverso il creato e quello ferito dal peccato che l’uomo vive in questa
terra. Un amore che solo la risurrezione di Cristo purifica e trasforma in un
canto di gioia. Una cerimonia ufficiale, quella di ieri sera, nell’aula Paolo
VI, dove è intervenuto il Presidente della Confederazione Elvetica, Moritz Leuenberger, che ha voluto ricordare la storia dei militari
elvetici al fianco dei pontefici, un tempo temibili soldati, poi a servizio
della pace, oggi preposti ad una vigilanza più discreta sulla persona del
Vicario di Cristo:
“Il
cambiamento della guardia svizzera ci deve essere di insegnamento, da una
dolorosa storia noi cristiani abbiamo appreso che la forza della fede non
trionfa con l’ausilio della violenza, la violenza non procura mai la pace”.
A
porgere il saluto del Papa è stato delegato il sostituto della Segreteria di
Stato mons. Leonardo Sandri:
“Siamo
invitati a ripensare a questi 500 anni di servizio della guardia svizzera
pontificia come un unico grande e fedele servizio d’amore al Papa e alla Chiesa
e attraverso di loro a Cristo e al Vangelo”.
(Musica)
Ad
accompagnare i solisti nel canto delle letture e delle preghiere, l’orchestra e
il coro del Collegium Musicum
della Chiesa Gesuita di Lucerna, i Luzerner Kantorei, il Coro della Cattedrale di Friburgo e i Vokalensemble 80. Salmi e scritti di Giovanni della Croce e
di Sant’Agostino hanno offerto lo spunto per gli spazi delle meditazioni. E al
termine del concerto ha voluto esprimere il suo pensiero il comandante della
Guardia Svizzera Pontificia Elmar Mäder:
JE SUIS CONVAINCU QUE TOUS LES GARDES SUISSES…
“Sono
convinto che tutte le Guardie Svizzere sono disposte a servire con amore la Chiesa”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Andate avanti, con coraggio e fedeltà":
Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Celebrazione Eucaristica in
occasione del quinto centenario della fondazione del Corpo della Guardia
Svizzera Pontificia.
Servizio vaticano - Tre pagine dedicate alla Giornata Mondiale delle
Vocazioni.
Servizio estero - In evidenza l'articolo dal titolo "Dall'Iraq
all'Afghanistan ancora vittime italiane di una guerra senza nome": due
alpini restano uccisi, dilaniati da un ordigno fatto esplodere a distanza in
una strada ad una quarantina di chilometri da Kabul.
Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli
dal titolo "Il 'maestro del paesaggio'
sospeso tra realtà e fantasia": opere di Jacob van Ruisdael nella mostra alla Royal Academy of Arts di Londra.
Servizio italiano - Quirinale: crescono le
divergenze sulla scelta del candidato. Lunedì le Camere riunite.
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6 maggio 2006
IN AFGHANISTAN, NUOVI ATTACCHI CONTRO LE FORZE
DELLA COALIZIONE:
10 SOLDATI UCCISI PER LO SCHIANTO DI UN ELICOTTERO
AMERICANO. IERI,
DUE MILITARI ITALIANI, MORTI PER UN ATTENTATO
COMPIUTO A KABUL.
ENTRAMBE LE
AZIONI RIVENDICATE DAI TALEBANI
- Interviste con Massimo Leoni e Alessandro Politi
-
Un elicottero americano, impegnato “in una missione di
combattimento” con a bordo
10 soldati delle forze della coalizione, è precipitato in Afghanistan. Lo ha
reso noto un portavoce dell’esercito statunitense aggiungendo che non ci sono
sopravvissuti. Il comando americano, che non ha rivelato la nazionalità delle
vittime, ha precisato che il velivolo non è stato colpito da fuoco nemico. Ma i
Talebani hanno rivendicato di aver abbattuto l’elicottero “con una nuova arma”.
Nello Stato asiatico, intanto, quattro persone sono state arrestate in
relazione all’attentato di ieri, a sud est di Kabul, contro una pattuglia
italiana. Tra i fermati, ci sarebbe anche un uomo ritenuto il probabile
esecutore materiale dell’attacco costato la vita a due soldati italiani, le cui
salme arriveranno domani pomeriggio a Roma. L’azione terroristica è stata
definita stamani dal presidente afghano, Hamid
Karzai, un “abominevole atto di codardia da parte dei nemici dell’Afghanistan”.
Ieri, subito dopo l’attentato, rivendicato dai Talebani, il capo di Stato
italiano, Carlo Azeglio Ciampi, aveva anche espresso sgomento, immenso dolore e
profondo cordoglio alle famiglie delle vittime. Sul ruolo che svolgevano i due
militari italiani uccisi ieri nel Paese asiatico, ascoltiamo al microfono di Paolo Ondarza il capitano
Massimo Leoni, raggiunto telefonicamente a Kabul:
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R. -
Loro svolgevano un semplice servizio di pattugliamento del territorio. Non
c’erano attività particolari. Erano attività di routine. In Afghanistan, la
situazione era piuttosto tranquilla e sotto controllo; nulla ci faceva pensare
ad un attentato nei nostri confronti.
D. -
Quindi non era prevedibile?
R. – Non
era prevedibile. La situazione, le condizioni esterne non sono cambiate
rispetto a quelle dei giorni scorsi o dei mesi scorsi, quindi nulla ci faceva
pensare ad una cosa del genere.
D. -
Quale atteggiamento ha la popolazione locale nei confronti degli italiani?
R. – La
popolazione afghana nei confronti degli italiani ha
un atteggiamento del tutto positivo. Sicuramente, tutti quanti siamo stati
colpiti da quanto è successo. I servizi esterni comunque continuano. Proseguono
le attività di controllo delle pattuglie. Continuano anche le attività esterne.
Siamo stati colpiti umanamente da quanto è successo.
D.- Lei
crede che l’attacco avesse come obiettivo proprio gli italiani?
R. -
Quella è un’area di responsabilità di tutta la Kabul Multinational Brigade, dalla
quale dipendono anche gli italiani. La zona, quindi, non è pattugliata soltanto
da militari italiani, ma anche da soldati di diverse nazioni. Non è semplice
stabilire, quindi, se l’attacco avesse come obiettivo
proprio i soldati italiani.
D. - Solo
otto giorni fa Nassiriya, in Iraq, era stata teatro di un attacco contro altri
militari italiani. Lei crede che ci sia un legame?
R. – E
difficile capire se effettivamente ci sia un legame o meno. Non si può
rispondere in termini assoluti. Non posso né confermare, né smentire una cosa
del genere.
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Sembra comunque certo che l’attentato sia da
attribuire alla ripresa della guerriglia portata avanti dal vecchio regime talebano. Ma che cosa si può fare per rendere più stabile
la situazione in Afghanistan? Massimiliano Menichetti
ne ha parlato con l’esperto di strategia militare, Alessandro Politi:
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R. -
Adesso è in corso la tradizionale offensiva di primavera dei talebani. Dato che
si tratta anche di una guerriglia, l’andamento delle operazioni è di tipo
stagionale. Come coalizione, come ONU, come comunità internazionale, se non
investiamo nettamente di più in termini di risorse politiche, diplomatiche,
economiche e anche militari, noi rischiamo di perdere in Afghanistan.
D. - Ora
ci sono anche le minacce dell’ex premier afghano Hekmatyar,
leader del partito estremista antigovernativo, che si dice vicino ad Osama Bin Laden…
R. – Se
adesso Hekmatyar si dice vicino ad Osama Bin Laden
è semplicemente una dichiarazione politica tattica. Ma Hekmatyar
è stato ostile in tutto questo periodo. E’ semplicemente un nome in più che si
aggiunge ad una lista. Ma anche senza questa sua dichiarazione noi sapevamo che
Hekmatyar era pericoloso.
D. –
Come la popolazione vive la presenza militare per la stabilizzazione del Paese?
R. - La
popolazione oggi è piuttosto sfiduciata rispetto al proprio governo, perché
Karzai è una persona molto presentabile ma al di sotto
c’è moltissima corruzione ed è questo che vede la gente comune. Poi purtroppo
nel gergo popolare afghano, la parola “democrazia” non significa quello che
pensiamo noi. “Democrazia” significa invece occupazione militare. E quindi è
molto difficile aumentare il consenso nella popolazione in modo tale da isolare
definitivamente terroristi e guerriglieri dal punto di vista politico-sociale.
Ed è anche molto facile continuare a perdere consenso.
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ESATTAMENTE 30 ANNI FA IL DRAMMA DEL
TERREMOTO IN FRIULI,
NEL NORD ITALIA: 989 I MORTI DELLA
PRIMA SCOSSA DI QUASI UN MINUTO
- Intervista con mons. Alfredo
Battisti -
6 maggio 1976 ore 21.06: una scossa lunga quasi un minuto, dell’11.mo grado della scala Mercalli,
devasta il Friuli facendo 989 morti, oltre 3000 feriti
e 100 mila senza tetto. Sono passati trent’anni da
quella sera e oggi il Friuli ricorda. Un ricordo
celebrato attraverso incontri, messe, concerti con quanti, e furono molti,
condivisero dall’indomani il dolore della gente. Anche quando il 15 settembre
successivo un’altra scossa, della stessa intensità, fece crollare ciò che era
rimasto in piedi e rischiò di abbattere anche il morale dei friulani che già
avevano messo mano alla ricostruzione. E di coraggio e dignità della gente del
posto, ma anche di solidarietà espressa dalla collettività nazionale scrive
oggi, in un messaggio, il presidente della Repubblica Ciampi. Dall’esperienza
vissuta in Friuli nacque l’attuale sistema di Protezione Civile nazionale. Ma
ripercorriamo quel giorno attraverso la testimonianza dell’allora arcivescovo
di Udine, mons. Alfredo Battisti, intervistato da Adriana Masotti:
**********
R. - Ho
appreso la notizia verso le nove e mezza di sera: ho saputo che era successo
veramente un disastro. Mi sono messo subito in cammino lungo quella via crucis,
dolorosa, e ho ancora nelle orecchie le grida delle persone che erano sepolte
sotto le macerie e chiedevano aiuto. Ho visto portar via nella notte, da un
condominio, un papà morto che teneva fra le braccia una bambina viva. All’indomani,
verso le 6.00, sono ripartito fino a Gemona, capitale
del terremoto. Porto ancora nel cuore il ricordo delle 370 bare che ho visto
davanti al cimitero.
D. – Un’esperienza
di dolore, ma anche un’esperienza, come capita a volte, di vicinanza, di
amicizia e di solidarietà. Questo è stato un elemento forte di quel momento…
R. –
Dopo un iniziale disorientamento, Dio ha rotto diciamo un po’ il suo silenzio
attraverso una manifestazione di solidarietà incredibile. Soldati venuti anche
dall’Austria, tantissimi volontari, alpini in congedo, 90 suore mandate dalle
varie congregazioni. Soprattutto le Caritas: 85 diocesi hanno inviato in Friuli
le caritas a gemellarsi con altrettante comunità colpite. Sono venute in punta
di piedi, quasi nel timore di offendere il nostro dolore e poi sono partite
delle stupende iniziative di solidarietà, quindi siamo stati invasi dalla
bontà.
D. – La
Chiesa è stata sicuramente una dei protagonisti in quel momento, un punto di riferimento.
Vuol dire qualcosa su questo?
R. –
Devo dire che i sacerdoti sono stati vicinissimi alla gente, hanno scavato tra
le macerie, hanno pianto, hanno sostenuto ed aiutato; anche il vescovo ha
dovuto mettersi in questa gara di solidarietà e di vicinanza. Abbiamo detto
“Prima le case e poi le chiese”, perché pensavo che il Signore desiderasse
prima mettere sotto tetto le famiglie che sono le piccole chiese domestiche,
anche se poi sono state rifatte anche le chiese.
D. –
Sono passati 30 anni, la ricostruzione dei paesi, la ricostruzione materiale da
tempo è ultimata. Lei e il vescovo attuale, mons. Brollo,
continuamente avete anche ricordato che c’era un’altra ricostruzione da fare,
quella morale e quella spirituale…
R. –
Certamente morale e spirituale perché dopo 30 anni, il Friuli
si è liberato da certe povertà del passato – l’emigrazione, ecc. – vive un
certo benessere però entra in crisi la struttura familiare. Allora ho ripetuto,
anche recentemente, che un popolo non muore perché crollano le case, un popolo
è vivo finché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima. Ora, il valore
fondamentale del popolo friulano è stato sempre la famiglia, allora ho lanciato
e lanciamo, un messaggio: “Popolo friulano, riscopri la tua identità che ti ha
fatto vincere le mille sfide
della storia. Cerca quindi
di ricostituire questo elemento fondamentale perché se dovesse
oscurarsi la famiglia, il Friuli sarà geograficamente lo stesso ma rischia di
morire il popolo friulano perché avrà perduto la sua anima”. Quindi lancio
continuamente il messaggio: “Anima del Friuli, non
morire”.
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IN UN LUNGOMETRAGGIO D’ANIMAZIONE,
L’ESPERIENZA UMANA E SPIRITUALE DI PADRE PIO.
DA IERI SUGLI SCHERMI ITALIANI
- Intervista con Orlando Corradi
-
Dai ieri
sugli schermi italiani il lungometraggio d’animazione Padre Pio, che
ripercorre in modo semplice e adatto al pubblico dell’infanzia la vita del
Santo ed i tratti salienti della sua esperienza umana e spirituale. Il servizio
di Luca Pellegrini:
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Nel mese
di maggio di sette anni fa, Padre Pio da Pietrelcina
diventava Beato. Cogliendo la gioia che pervadeva il cuore dei tanti fedeli
accorsi in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II ricordava come “questo umile
frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla
preghiera e all'ascolto dei fratelli”. E di quella vita ne metteva in luce la
durissima ascesi, le prove, le incomprensioni, ma anche la sua carità che “si
riversava come balsamo sulle debolezze e sofferenze dei fratelli”. Una vita
santa, dunque, esemplare, eroica, segnata da un carisma straordinario. Per
questo, raccontare a cartoni animati questa vita è un’esperienza singolare per
chi l’ha pensata, realizzata e per chi da ieri, nei cinema italiani, vorrà
ripercorrerla con semplicità e serenità. Sceneggiato da Luciano Scaffa, il lungometraggio d’animazione è stato diretto da
Orlando Corradi, al quale abbiamo chiesto come è nata
l’idea di questo Padre Pio a cartoni:
“Nasce
da una scelta della Mondo tv. La figura di Padre Pio ci è apparsa subito in
tutta la sua grandezza, poi esaminando la sua vita, quello cha ha fatto,
partendo da quando era pastorello
e già aveva fatto una scelta di diventare un uomo di Dio e tutta la sofferenza
della sua vita. Però quello che entusiasma è il suo impegno continuo, veramente
Padre Pio con la sua grande fede è una macchina che non si è mai fermata”.
Quali le
difficoltà maggiori nel raccontare, in soli 88 minuti, la vita del Santo,
costellata da innumerevoli incontri, solitudini, celebrazioni, prove e
testimonianze d’amore?
“Abbiamo
riassunto sempre tenendo molto presente che ci stavamo rivolgendo a dei
bambini. Poi abbiamo cercato di mettere in luce il suo rapporto con i bambini, soprattutto quando ha creato la casa del sollievo della
sofferenza dove lui intuiva che se un bambino doveva essere operato viveva la
gravità di certe situazioni. E abbiamo cercato di sottolineare questa sua
presenza sempre umana e soprattutto santa. Abbiamo seguito Padre Pio in tutta
questa sua sofferenza, fino alla morte in cui ritorna a essere pastorello e molto vicino a Dio,
privo di tutto quel peso che si era caricato in tutta la sua vita un po’ per
tutti quanti”.
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Domani, 7 maggio, 4a Domenica di Pasqua,
“Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la
vita per le pecore. Il mercenario, invece, che non è pastore e al quale le
pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il
lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle
pecore”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita
padre Marko Ivan Rupnik:
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Cristo
non è pastore, lui è il buon pastore, ritiene le pecore più preziose della
propria vita. Offre se stesso, dà la propria vita per le pecore. Con questo
gesto, Cristo diventa un criterio di discernimento infallibile, il suo donarsi
diventa la misura per ogni pastore.
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6 maggio 2006
ALLARME
DELL’ONU PER UNA CRISI UMANITARIA ORMAI PROSSIMA A GAZA,
LA
POPOLAZIONE PALESTINESE SOFFRE DA DUE MESI LE CONSEGUENZE DELL’ISOLAMENTO
INTERNAZIONALE, SCATTATO CON L’INSEDIAMENTO
DEL GOVERNO
DI HAMAS
GAZA. = Allarme a Gaza per decine
di migliaia di palestinesi, colpiti dell'isolamento internazionale, scattato
con l’insediamento del Governo di Hamas, movimento iscritto nelle liste del
terrorismo internazionale, stilate da Unione europea e Stati Uniti. Una crisi
umanitaria nella Striscia è “alle porte”, ha avvertito ieri John Ging, direttore a Gaza dell'UNRWA, l’Agenzia ONU per i
profughi palestinesi, spiegando che “mancano i medicinali negli ospedali” e c'è
“un forte incremento” del numero di palestinesi che si rivolgono all'Agenzia
ONU “per chiedere aiuti alimentari e finanziari”. Nella Striscia, l'area più
povera dei Territori, la situazione è ancora più critica che in Cisgiordania.
Prima della crisi attuale, ha detto Ging, circa 55.000
famiglie di profughi a Gaza vivevano di uno stipendio pagato dall'ANP,
l’Autorità nazionale palestinese: “Senza paga da due mesi, queste famiglie ora
si rivolgono in gran numero ai già saturi centri UNRWA in cerca di aiuto”. Stati Uniti
ed Unione Europea hanno tagliato i crediti diretti all'ANP - ma non gli aiuti
umanitari alla popolazione palestinese - dopo la formazione in marzo del
Governo islamico, chiedendo ad Hamas di rinunciare
alla violenza e di riconoscere Israele.
Il movimento integralista finora ha respinto queste richieste. Le casse dell'ANP sono quindi vuote. Il
Governo islamico non ha pagato gli stipendi di marzo e aprile dei 165.000
dipendenti pubblici,
che fanno vivere - si ritiene - un quarto circa della popolazione palestinese.
Hamas ha affermato di avere raccolto aiuti alternativi per circa 150 milioni di
dollari presso i Paesi arabi ed islamici, accusando gli USA di esercitare
pressioni sulle banche per impedire il loro trasferimento nei Territori.
Continua intanto il braccio di ferro istituzionale fra il Governo di Hamas e il
presidente Abu Mazen sul
controllo della Sicurezza. Il Governo islamico ha dato il via all'addestramento
della nuova Forza di sicurezza formata da 3.000 miliziani dei gruppi armati vicini a Hamas, cui il
presidente ha posto il veto, dichiarandola “illegale” e
“anticostituzionale”. (R.G.)
ACCESA
DISPUTA AMBIENTALE TRA ARGENTINA ED URUGUAY: BUENOS AIRES
CONTESTA
LA DECISIONE DI MONTEVIDEO DI COSTRUIRE DUE CARTIERE
LUNGO
IL FIUME URUGUAY, CHE SEGNA IL CONFINE TRA I DUE PAESI,
TALE
PROGETTO VIOLA IL DIRITTO INTERNAZIONALE
BUENOS AIRES. Il presidente
argentino, Nestor Kirchner,
ha ribadito ieri le sue dure critiche all'Uruguay, che propone di costruire due
fabbriche di cellulosa - affidate a due multinazionali, la finlandese Botnia e la spagnola Ence - lungo
il Rio Uruguay, il fiume che fa da confine tra i due Paesi e che, secondo il
governo di Buenos Aires,
potrebbero sfociare in una catastrofe ambientale. “L'integrazione
regionale non può essere il risultato di un'imposizione unilaterale, in aperta
violazione agli accordi ed al diritto internazionale”, ha sostenuto tra l'altro
il capo dello Stato, in riferimento al fatto che ieri
il governo argentino ha presentato un ricorso contro l'Uruguay al
Tribunale de L'Aia affinché esprima un
parere in merito. Kirchner lo ha affermato nel corso
di un evento svoltosi nella città di Gualeguaychù,
IL
RUOLO DEL LAICO NEL PENSIERO DI DON DIVO BARSOTTI: QUESTO IL TEMA DI UN
CONVEGNO NAZIONALE, APERTO STAMANE A BOLOGNA, DEDICATO AL FONDATORE
DELLA
COMUNITÀ DEI FIGLI DI DIO, SCOMPARSO NEL FEBBRAIO SCORSO
-
Servizio di Stefano Andrini -
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BOLOGNA. = Nel suo intervento, il
cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, è
partito da una lettera del 24 ottobre
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BILANCIO
DEGLI AIUTI DELLA CARITAS A SEI MESI DAL DEVASTANTE TERREMOTO
IN PAKISTAN: RACCOLTI CIRCA QUATTRO MILIONI DI
DOLLARI,
A
SOSTEGNO DI OLTRE 9.200 FAMIGLIE
ISLAMABAD. = Circa quattro milioni di dollari è il
bilancio degli aiuti offerti dalla Caritas per sostenere le vittime del
devastante terremoto che ha colpito, lo scorso 8 ottobre, le regioni del
Kashmir e della Provincia di Frontiera del Nordest Pakistano, lasciando circa
tre milioni di senzatetto e più di 73 mila vittime. Un contributo economico
straordinario che ha permesso di aiutare, secondo Mons.
Joseph Coutts, Direttore
della Caritas Pakistan, oltre 9.200 famiglie, e di distribuire 7.000 tende per
nuclei famigliari e 385 tende di maggiori dimensioni, per scuole da campo. Sono
state distribuite, inoltre, 35.000 coperte, 6.00 cucine da campo, 4.800 set
sanitari per l’igiene. Di peculiare importanza, aggiunge ancora il vescovo,
“l’impegno, nel settore sanitario, teso a prevenire l’insorgere di epidemie e
curare i malati”. Il programma ha permesso infatti la
vaccinazione di 29.000 persone, soprattutto bambini, e la cura di 22.000 persone affette da malattie di diverso
genere. All’opera di ricostruzione del Paese hanno contribuito anche diverse
istituzioni internazionali, che si sono impegnate a devolvere al Pakistan 5,8
miliardi di dollari, di cui 3,5 miliardi utili per ricostruire infrastrutture
locali e case e i restanti impegnati per ripristinare i trasporti, l’energia, i
servizi sanitari e l’istruzione. (V.C.)
SARANNO
PREMIATI IN CAMPIDOGLIO, DAL SINDACO VELTRONI,
GLI
STUDENTI VINCITORI DEL CONCORSO "L'EUROPA ALLA LAVAGNA
2006",
CHE
HANNO REALIZZATO I MIGLIORI SITI INTERNET SULL’EUROPA.
ROMA. = In occasione della Giornata dell'Europa del 9 maggio, si
svolgerà la cerimonia di premiazione del Concorso “L´Europa
alla lavagna”, riservato a tutti gli studenti italiani delle Scuole Superiori,
promosso dalla rappresentanza in
Italia della Commissione europea. L’evento avrà luogo in due sedi: alle ore
10.000 presso il CIDE in via IV Novembre 149, con la
partecipazione del vice presidente
della Commissione europea Franco Frattini, i vice
presidenti del Parlamento europeo Luigi Cocilovo e
Mauro Mauri e il direttore della rappresentanza in Italia della Commissione europea, Pier
Virgilio Dastoli che riceveranno una
delegazione delle classi e degli istituti vincitori; seguirà poi la
visita della Sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio,
luogo dove sono stati firmati i Trattati di Roma nel 1957 ed il progetto di
Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa nel 2004. Saranno quindi
premiati dal Sindaco di Roma
Walter Veltroni gli studenti che hanno realizzato i migliori siti
Internet sull'Unione europea. Le due migliori classi vincitrici sono state
inoltre invitate a visitare la città di Bruxelles, sede delle istituzioni europee, e la città di Vienna, capitale del Paese che ha in
questo semestre la presidenza di turno dell'Unione europea. (R.G.)
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6 maggio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In
Iraq, un elicottero militare britannico è precipitato a Bassora, principale
centro petrolifero della zona meridionale del Paese, sotto il controllo del
contingente del Regno Unito. Testimoni locali hanno riferito che lo schianto ha
provocato la morte di almeno 4 persone. Fonti di polizia hanno rivelato,
inoltre, che non sono ancora chiare le dinamiche dell’accaduto
ma si ritiene molto probabile l’ipotesi di un attacco sferrato da guerriglieri
con un missile terra - aria.
Crisi
finanziaria dell’Autorità nazionale palestinese, dopo il taglio dei fondi da
parte della comunità internazionale, e divisione dei poteri tra il governo
guidato da Hamas e la presidenza affidata al presidente Abu
Mazen, leader di Al Fatah. Sono questi i principali temi al centro del Vertice,
previsto questa sera nella Striscia di Gaza, tra il presidente Abu Mazen ed il premier Ismail Haniyeh. Sul terreno,
intanto, la situazione è sempre più drammatica: ieri almeno 5 palestinesi sono
morti nella Striscia di Gaza per un raid aereo israeliano.
La bozza di risoluzione presentata
da Francia e Gran Bretagna all’ONU sul nucleare iraniano deve essere
profondamente modificata: lo ha detto, stamani, il vice ministro degli Esteri
russo, Serghei Kisliak,
aggiungendo tuttavia che “è ancora troppo presto per dire quali cambiamenti
debbano essere apportati al progetto di risoluzione” per soddisfare il governo
di Mosca. Ma non sono solo le ambizioni atomiche della Repubblica islamica a
preoccupare la comunità internazionale: ieri il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha detto che “il governo di Teheran intende passare dal dollaro all’euro negli scambi
che riguardano il petrolio”. Durante il vertice dell’Organizzazione per la
cooperazione economica fra i Paesi dell’Asia centrale in corso a Bakù, in Azerbaijian, è stato
anche precisato che la nuova quotazione in euro sarà fissata entro due mesi.
Secondo diversi esperti, la decisione iraniana potrebbe incidere sulle
decisioni future di molte banche centrali e far crescere le quote di riserve in
euro a scapito del dollaro.
Negli
Stati Uniti, il generale dell’aeronautica Michael Hayden, sarà molto probabilmente il prossimo direttore
della CIA. Lo hanno rivelato fonti governative statunitensi poco dopo le
dimissioni presentate ieri da Porter Goss, che aveva assunto la carica di direttore dell’Agenzia
nel mese di settembre del 2004. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Le dimissioni di Porter Goss, direttore della CIA,
sono arrivate a sorpresa in un momento molto delicato per l’amministrazione Bush, con la crisi iraniana in discussione all’ONU, le
violenze in Iraq e in Afghanistan e la popolarità del presidente in continuo
calo nei sondaggi. Goss era stato nominato da meno di
due anni e il suo mandato non era in scadenza ma nel
frattempo, il Capo della Casa Bianca già aveva scelto Negroponte
come zar dell’Intelligence nazionale cui lo stesso direttore della CIA doveva
obbedienza. Fonti riservate hanno motivato le dimissioni proprio con gli
attriti avvenuti con Negroponte che voleva
ridimensionare il ruolo dell’Agenzia. L’uscita di scena di Goss
obbliga Bush a colmare un vuoto importante nel
governo proprio mentre l’Intelligence torna al centro
dell’attenzione con la crisi iraniana. Infatti, dopo gli errori commessi con le
armi di distruzione di massa - mai ritrovate in Iraq – tocca ancora ai servizi
segreti di rivelare l’effettiva pericolosità del programma nucleare iraniano e
convincere la comunità internazionale a fermarlo. Francia, Gran Bretagna e
Stati Uniti hanno sollecitato ieri Russia e Cina ad appoggiare la risoluzione
presentata al Consiglio di sicurezza, che chiede a Teheran
di sospendere le attività atomiche sulla base dell’articolo 7 della Carta
dell’ONU, invitando Mosca e Pechino a suggerire alternative se non sono
d’accordo.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Circa 1 milione e 200 mila persone
sono chiamate oggi alle urne a Singapore, per le elezioni legislative. Sembra
scontata una vittoria del partito per l’azione popolare (PAP) che può contare,
attualmente, su 82 degli 84 deputati del Parlamento. L’opposizione, che denuncia un lacunoso
accesso ai mezzi di informazione, ha presentato propri candidati solo in 47
seggi. Il premier uscente
Lee Hsien Loog, leader del PAP, ha chiesto l’appoggio di tutti gli
elettori: “Dateci il vostro sostegno ed assicurateci un mandato
forte”, ha detto ieri Lee, figlio di Lee Kuan Yew,
uno dei fautori dell’indipendenza del piccolo Stato asiatico. “È fondamentale –
ha aggiunto - per muoverci verso il futuro ed andare avanti insieme”. Un futuro
che, dal punto di vista economico, non dovrebbe presentare sorprese negative: i
primi mesi del 2006 hanno fatto registrare una crescita economica di oltre il 9
per cento; la moneta locale è forte e i dati relativi alla disoccupazione e
all’inflazione sono al di sotto dei valori dei Paesi occidentali.
In Nigeria, continuano gli sforzi
diplomatici per promuovere un accordo totale tra tutti i gruppi ribelli e
l’esecutivo di Karthoum sulla martoriata regione sudanese del Darfur. Ieri, il governo sudanese e il principale gruppo
ribelle, il Movimento di liberazione, hanno firmato il piano di pace proposto dall’Unione Africana e dalla
comunità internazionale. Gli altri due gruppi ribelli si sono invece rifiutati,
finora, di siglare l’intesa. Il piano prevede il disarmo delle milizie filo –
governative e il reintegro degli ex combattenti appartenenti agli opposti
schieramenti. L’accordo raggiunto ieri, anche se parziale e provvisorio,
costituisce comunque un importante passo in avanti per trovare una soluzione al
conflitto che dal 2003 ha causato oltre 200 mila morti e più di 2 milioni e
mezzo di profughi.
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