RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 124  - Testo della trasmissione di giovedì 4  maggio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il “profondo dispiacere” del Papa per le ordinazioni episcopali avvenute nella Cina continentale senza il mandato pontificio. Grave violazione della libertà religiosa: intervista con il dott. Joaquín Navarro-Valls

 

Combattere il laicismo dilagante nel Canada con la rievangelizzazione e il dialogo interreligioso ed ecumenico: è l’obiettivo dei vescovi del Canada impegnati nella visita ad Limina

 

Benedetto XVI saluterà questo pomeriggio dalla finestra del suo studio privato le ex guardie svizzere che da Bellinzona sono giunte a Roma per la “Marcia commemorativa" in occasione del quinto centenario della Guardia Svizzera Pontificia

 

Buddisti e cristiani al servizio dell’umanità: è quanto auspica il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in un messaggio ai buddisti per la festa di Vesakh

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Le lettere inviate da migliaia di persone durante la Seconda Guerra Mondiale a Pio XII in un libro toccante e ricco di testimonianze che conferma l’aiuto dato dal Pontefice a ebrei e a quanti hanno sofferto per il nazismo: con noi suor Margherita Marchione

 

Fermare l’AIDS in Malawi. Prosegue la missione della Comunità di Sant’Egidio in Africa: intervista con Paola Germano

 

CHIESA E SOCIETA’:

Rapporto negli Stati Uniti sulla libertà religiosa nel mondo

 

Messaggio del Patriarca di Mosca Alessio II all’incontro, aperto ieri a Vienna, sul tema “Ridare un’anima all’Europa. La missione e la responsabilità delle Chiese”

 

Oggi ricorre il 9° anniversario della beatificazione di Zeffirino Gimenez Malla, primo Beato gitano

 

Si è aperta ieri a Torino la manifestazione “Guardare la Sindone: 500 anni di liturgia sindonica

 

Si è aperta oggi a Ciampino l’assemblea generale ordinaria delle Pontificie Opere Missionarie

 

Apprezzamento della Chiesa cattolica in Australia per la decisione annunciata dal governo federale di sostenere la ricerca sulle cellule staminali adulte

 

24 ORE NEL MONDO:

All’ONU si lavora ad una soluzione diplomatica della questione nucleare iraniana

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 maggio 2006

 

IL PROFONDO DISPIACERE DEL PAPA PER LE ORDINAZIONI EPISCOPALI AVVENUTE

NELLA CINA CONTINENTALE SENZA IL MANDATO PONTIFICIO:

GRAVE VIOLAZIONE DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA

- Intervista con il dott. Joaquin Navarro-Valls -

 

Il Papa ha appreso “con profondo dispiacere” la notizia dell’ordinazione episcopale di due sacerdoti avvenuta nei giorni scorsi nella Cina continentale “senza mandato pontificio”. E’ quanto si legge in una dichiarazione resa nota oggi dal direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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“Si tratta di una grave ferita all’unità della Chiesa – afferma la nota -   per la quale  sono previste severe sanzioni canoniche”, tra cui la “scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica”, (vi s’incorre “per il fatto stesso d'aver commesso il delitto”), sia per chi “senza mandato pontificio consacra qualcuno vescovo” sia per chi  riceve tale consacrazione (Canone 1382 del Codice di Diritto Canonico). La dichiarazione si riferisce alle ordinazioni episcopali dei sacerdoti Giuseppe Ma Yinglin e Giuseppe Liu Xinhong, che hanno avuto luogo, rispettivamente il 30 aprile scorso a Kunming (nella provincia dello Yunnan) e il 3 maggio a Wuhu (nella provincia dell’Anhui). Ma ascoltiamo il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls:

 

“Secondo le informazioni ricevute, vescovi e sacerdoti sono stati sottoposti - da parte di organismi esterni alla Chiesa - a forti pressioni e a minacce, affinché prendessero parte a ordinazioni episcopali che, essendo prive del mandato pontificio, sono illegittime ed, inoltre, contrarie alla loro coscienza. Vari presuli hanno opposto un rifiuto a simili pressioni, mentre alcuni non hanno potuto fare altro che subirle con grande sofferenza interiore. Episodi di questo genere producono lacerazioni non soltanto nella comunità cattolica ma anche all’interno stesso delle coscienze. Si è, quindi, di fronte a una grave violazione della libertà religiosa, nonostante che si sia cercato pretestuosamente di presentare le due ordinazioni episcopali come un atto doveroso per provvedere il Pastore a diocesi vacanti”.

 

“La Santa Sede  - prosegue la nota - segue con attenzione il travagliato cammino della Chiesa cattolica in Cina e, pur consapevole di alcune peculiarità di tale cammino, pensava e sperava che simili episodi deplorevoli appartenessero ormai al passato. Essa considera ora suo preciso dovere dare voce alla sofferenza di tutta la Chiesa cattolica, in particolare a quella della comunità cattolica in Cina e specialmente a quella dei Vescovi e dei sacerdoti, che si vedono obbligati contro coscienza a compiere o a partecipare a ordinazioni episcopali, che né i candidati né i Vescovi consacranti vogliono effettuare senza avere ricevuto il mandato pontificio”. Ascoltiamo ancora Navarro-Valls:

 

“Se corrisponde a verità la notizia secondo cui dovrebbero aver luogo altre ordinazioni episcopali secondo le medesime modalità, la Santa Sede ribadisce la necessità del rispetto della libertà della Chiesa e dell'autonomia delle sue istituzioni da qualsiasi ingerenza esterna, e si augura, perciò, vivamente che non vengano ripetuti tali inaccettabili atti di violenta e  biasimevole costrizione. La Santa Sede ha, in varie occasioni, ribadito la propria disponibilità a un dialogo onesto e costruttivo con le competenti autorità cinesi per trovare soluzioni, che soddisfino le legittime esigenze di entrambe le parti”.

 

Ma iniziative come queste – conclude la nota della Sala Stampa vaticana – “non soltanto non favoriscono tale dialogo, ma creano anzi nuovi ostacoli contro di esso”.

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COMBATTERE IL LAICISMO DILAGANTE NEL CANADA CON

LA RIEVANGELIZZAZIONE E IL DIALOGO INTERCONFESIONALE ED ECUMENICO:

E’ L’OBIETTIVO DEI VESCOVI DEL CANADA IMPEGNATI NELLA VISITA AD LIMINA

 

Sono iniziati questa mattina, in Vaticano, gli incontri dei vescovi del Canada con Benedetto XVI. La visita ad Limina dei presuli nordamericani durerà fino al 15 maggio e consentirà di presentare al Papa il panorama ecclesiale e sociale di una nazione grande e molto diversificata, al cui interno la Chiesa deve operare tra non poche difficoltà. Il servizio di Alessandro De Carolis.

     

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Rimettere Cristo nel cuore del Canada perché il Canada sta dimenticando Cristo. Da qualche tempo, è questo l’imperativo dei vescovi del grande Paese nordamericano. Trenta milioni di abitanti in un territorio di 10 milioni di chilometri quadrati: l’83% dei canadesi si professa cristiano, la metà cattolico. Ma la quotidianità sociale parla d’altro. C’è un laicismo diffuso e crescente del quale i presuli locali riferiranno in questi giorni a Benedetto XVI, dopo aver messo a punto la visita ad Limina in un incontro di un mese fa. L’emblema della secolarizzazione che avanza è la scuola canadese, che si appresta a sostituire l’insegnamento religioso confessionale con un corso di etica e cultura religiosa. Anche il sistema dei valori di riferimento è stato contagiato dalla scristianizzazione, dilagante specialmente fra i giovani. Un processo iniziato negli anni Sessanta, in particolare nell’Ontario ma anche nella cattolica Québec. Oggi, si preme da alcune parti per il riconoscimento legale delle coppie di fatto mentre si vorrebbe “ridefinire” il matrimonio. E si discute sulla liceità della procreazione assistita o della clonazione umana.

 

La Chiesa canadese vive e testimonia in questo panorama, composito come la provenienza dei suoi abitanti. Poco più della metà sono inglesi, figli dei colonizzatori del “Grande Nord” insieme ai francesi, a loro volta oggi un terzo della popolazione totale. Ma sono una ventina le nazionalità del Canada del 21.mo secolo, con forti presenze di tedeschi, italiani, polacchi, olandesi. Senza contare, inoltre, la massiccia immigrazione che ogni anno riversa in Canada decine di migliaia di persone, dall’Asia alle Antille, nonostante le decise politiche di contenimento del governo federale. Una simile geografia “umana” comporta necessariamente una propensione al dialogo, che la Chiesa cattolica, soprattutto dal 1997, coltiva con la sua presenza in seno al Consiglio canadese delle Chiese, a fianco di altre denominazioni protestanti.

 

Dai pionieri della fede - i Gesuiti francesi che a metà del Seicento portarono il Vangelo e competenze di agronomi nelle terre selvagge abitate dagli Uroni – fino ai vescovi e ai teologi che un mese fa, a Ottawa, hanno preso posizione contro l’eutanasia in difesa della vita umana, la Chiesa in Canada ha messo tra le priorità i suoi giovani, molti dei quali sanno poco o nulla del Vangelo. Una grande occasione di evangelizzazione viene ricordata con la GMG di Toronto, nel 2002. Ora, con grandi speranze si guarda, e già si lavora, al prossimo Congresso Eucaristico Internazionale di Quebéc 2008. In un Paese-mosaico di culture e religioni, valgono le parole sull’Eucaristia pronunciate da Benedetto XVI il 29 maggio 2005, al termine del Congresso eucaristico di Bari. “L’Eucaristia – disse il Papa in quell’occasione – è sacramento dell’unità. Ma purtroppo i cristiani sono divisi, proprio nel sacramento dell’unità. Tanto più dobbiamo, sostenuti dall’Eucaristia, sentirci stimolati a tendere con tutte le forze a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. (…) Sono cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo”.

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BENEDETTO XVI SALUTERA’ QUESTO POMERIGGIO DALLA FINESTRA DEL SUO STUDIO PRIVATO LE EX GUARDIE SVIZZERE CHE DA BELLINZONA SONO GIUNTE A ROMA PER COMMEMORARE L’INGRESSO DEI PRIMI MILITARI ELVETICI IN VATICANO 500 ANNI FA

 

Questo pomeriggio, alle 17 il Papa si affaccerà dalla finestra del suo studio privato per salutare le ex-guardie pontificie che hanno marciato da Bellinzona a Roma per commemorare l’ingresso in Vaticano dei primi militari svizzeri. Era il 1506 quando un gruppo di soldati elvetici giurò fedeltà a Giulio II ricevendo la sua benedizione. Ieri sera, nell’aula Paolo VI si è svolta la prima delle manifestazioni per il V centenario della Guardia Svizzera Pontificia: il concerto della Swiss Army Band. Stasera alle 21, nella chiesa di Sant’Ignazio, l’esecuzione della leggenda drammatica “Nicolas de Flue”. Gli eventi più significativi si svolgeranno domani sera, nell’Aula Paolo VI, dove ci sarà la cerimonia ufficiale delle celebrazioni del Giubileo della Guardia Svizzera, e sabato: di mattina la Messa in San Pietro presieduta da Benedetto XVI e nel pomeriggio il giuramento delle reclute.

 

 

ALTRE UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto, nel corso della mattinata, il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Nel pomeriggio, il Papa riceverà un nuovo gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Canada-Québec, in visita ad Limina.

 

 

BUDDISTI E CRISTIANI AL SERVIZIO DELL’UMANITÀ:

E’ QUANTO EMERGE DAL MESSAGGIO AI BUDDISTI

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

PER LA FESTA DI VESAKH 2006

- Servizio di Fausta Speranza -

 

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         I migliori auguri per il Vesakh: è quanto esprime il messaggio del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in occasione della festa dei buddisti che sarà il 14 maggio. Ricordiamo che la festa del Vesakh è la principale ricorrenza buddhista, in cui si ricordano tre momenti fondamentali della vita del Buddha storico. Sempre durante la luna piena del mese di maggio la tradizione vuole che egli sia nato, abbia ottenuto l’illuminazione e sia scomparso con l’entrata nel Nirvana.

        

         Guardando al testo del messaggio, si legge l’augurio che “in questo mondo, nel quale si usa e si abusa tanto della parola amore i buddisti ed i cristiani riscoprano il suo significato originale a partire dalle proprie rispettive tradizioni e lavorino insieme per costruire delle relazioni basate sull’amore e sulla verità, per promuovere il reciproco rispetto, per portare avanti il dialogo ed un’ulteriore collaborazione a servizio dei bisognosi”. Ricordando che la prima Enciclica di Benedetto XVI ai cattolici di tutto il mondo, la Deus caritas est, esamina la natura dell’amore, si ribadisce che il Papa parla di due tipi di amore: il primo, l’eros, l’amore fra un uomo ed una donna, un amore che cerca la propria soddisfazione personale; il secondo, l’agape, un amore che ricerca il bene dell’altro, anche se quest’altro può non piacere o addirittura essere sconosciuto. Per poi sottolineare che “attraverso il dialogo il mondo cristiano ha potuto apprezzare l’importanza che i buddisti danno “all’amore verso il prossimo che si esprime nel concetto di metta, un amore privo del desiderio di possesso ma volto ad aiutare gli altri. Esso viene considerato come un amore che è pronto a sacrificare i propri interessi a beneficio dell’umanità”. “Metta”viene spiegato nel messaggio - secondo l’insegnamento buddista,non si limita ad un pensiero benevolo, ma si estende all’adempimento di opere di carità, al servizio di ognuno e di tutti. E’ davvero una benevolenza universale”. E poi si cita l’altra virtù, “karuna, attraverso la quale si manifesta compassione amorevole verso tutti gli esseri viventi. Dunque l’augurio è che la festa di Vesakh “possa essere un tempo nel quale l’amicizia fra buddisti e cristiani si consolidi e si rafforzi la collaborazione”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il nucleare: Stati Uniti e Germania auspicano una soluzione

diplomatica sull’Iran.

   
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Oceania.

 

Servizio estero - Gran Bretagna: elezioni amministrative cariche di rilievo politico; si vota in 176 località.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo “Turner, Monet, Pollock: la linea romantica dell'arte contemporanea”: a Ravenna una mostra dedicata a Francesco Arcangeli.

 

Servizio italiano - Quirinale - Un articolo dal titolo “L’entusiasmo del Paese per Ciampi può far superare il suo rifiuto”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 maggio 2006

 

LE LETTERE INVIATE DA MIGLIAIA DI PERSONE

DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE A PIO XII

IN UN LIBRO TOCCANTE E RICCO DI TESTIMONIANZE

CHE CONFERMA L’IMPEGNO DEL PONTEFICE PER AIUTARE EBREI

E QUANTI HANNO SOFFERTO PER IL NAZISMO

- Intervista con suor Margherita Marchione -

 

 

Su Pio XII ha scritto dieci libri da quando ha scoperto che, per sua disposizione, anche le sue consorelle, negli anni Quaranta, hanno ospitato a Roma, diversi ebrei in cerca di aiuto. Suor Margherita Marchione, della Congregazione delle Maestre Pie Filippini, ora ha ultimato una raccolta di cento lettere, solo una minima parte degli innumerevoli scritti inviati a Pio XII da migliaia di persone alla ricerca dei loro cari dispersi durante la Seconda Guerra Mondiale. “Pio XII e i prigionieri di guerra” questo il titolo del libro curato dalla religiosa di origine statunitense che sarà pubblicato in italiano a novembre. Tiziana Campisi ha incontrato suor Margherita Marchione e le ha chiesto com’è nato questo suo lavoro:

 

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R. – Io sono venuta in Italia nel 1995 e ho saputo dalle nostre suore anziane che loro avevano ospitato 114 ebrei nei tre conventi di Roma. Dopo la guerra alcune donne ebree sono andate a trovarle per ringraziarle.

 

D. – Scoprire che le sue consorelle negli anni Quaranta avevano ospitato degli ebrei a che cosa l’ha portata?

 

R. – Mi ha ispirato a fare delle ricerche. Ho intervistato tanti ebrei grati a Pio XII, per aver disposto che conventi e monasteri aprissero le porte, anche nella clausura, per ebrei e persone  che avevano bisogno d’aiuto.

 

D. – Lei da allora ha cominciato degli studi e delle ricerche sulla figura di Pio XII…

 

R. – Ho scoperto un uomo, un Papa, che è riuscito a salvare circa 860 mila ebrei dalle mani dei nazisti.

 

D. – Lei è stata all’Archivio Segreto Vaticano e ha letto diverse missive inviate a Pio XII da persone che lo imploravano di essere aiutate per la ricerca di soldati dispersi e di prigionieri di guerra. Ci racconta qualche storia?

 

R. – Ci sono 20 milioni di lettere nell’Archivio Segreto Vaticano. Queste lettere esprimono i valori più importanti del genere umano: la religiosità, la pace, l’amore. Tutti i diplomatici e i rappresentanti vaticani furono invitati dal Papa a visitare i campi di prigionia, ad andare nei campi di concentramento, cercare queste persone che erano disperse. Loro poi riferivano queste notizie all’Ufficio Informazioni del Vaticano. E persino Pio XII rispondeva. Il Papa mandava ai delegati apostolici il nome di un prigioniero e diceva: “Bisogna cercare questo prigioniero”. Allora, come hanno fatto? Non solo queste persone sono andate in questi posti, in questi campi, ma la Radio Vaticana ha svolto anche un servizio importante, perché annunciava i nomi di  prigionieri e dispersi per trovarli.

 

D. – Fra le lettere che lei ha consultato quale le è rimasta particolarmente impressa?

 

R. – Ognuna di queste lettere mi ha fatto piangere, perché sono lettere di famiglie disperate. C’è per esempio una famiglia ebrea che scrive a Pio XII e dice: “Santità, il cuore è stracciato dal dolore. Siamo giunti alla fine delle ricerche. Santo Padre, aiutateci a ritrovare questi cari. Quale che sia la risposta, l’aspettiamo da lei”.

 

D. – Attraverso i suoi studi, che cosa è possibile conoscere di Pio XII che ancora i più non sanno?

 

R. – Emerge dalle lettere la figura di un Papa che voleva consolare, voleva aiutare. Una mamma australiana, per esempio, gli ha scritto: “Io non sono cattolica, ma sono sicura che voi che siete così buono vi adopererete ugualmente per farmi ritrovare mio figlio”.

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FERMARE L’AIDS IN MALAWI. PROSEGUE LA MISSIONE

 DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO IN AFRICA

 

Fermare l’AIDS in Malawi. E’ questo l’intento della Comunità di Sant’Egidio che assieme a Save the Children e le associazioni Scout locali ha adattato ai bisogni del Paese il protocollo sanitario “Dream” creato in Mozambico per arrestare il contagio da HIV tra madre e figlio al momento del parto. La scelta del Paese non è casuale. La nazione è infatti tra le più povere del continente africano, con un reddito medio di 30 centesimi al giorno. Il 65% della popolazione è denutrita, il 17% è sieropositiva e l’aspettativa di vita è di 37 anni. Antonella Villani ha sentito in proposito Paola Germano, coordinatrice generale del programma Sant’Egidio per l’Africa:

 

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R. – Il Malawi è un Paese molto piccolo in cui un intervento radicale può avere dei grossi risultati su tutta la popolazione. Per il programma noi usiamo soltanto personale locale. Il nostro è solo un ruolo di supervisione.

 

D. – Com’è strutturato il progetto?

 

R. – Ha come obiettivo principale la prevenzione e la cura delle donne in gravidanza, ed essendo un Paese piccolo, un Paese molto rurale, noi pensiamo di arrivare a curare tutte le donne in gravidanza, in modo che nasca una generazione di bambini sani. Il progetto prevede tre laboratori di biologia molecolare per il monitoraggio della cura, a cui si ha accesso gratuitamente, a disposizione dell’intero Paese e poi numerosi centri in cui invece verranno curate le donne in gravidanza, i bambini e le loro famiglie.

 

D. – Il Malawi è anche uno dei Paesi più poveri dell’Africa …

 

R. – Nonostante sia un Paese piccolissimo, densamente abitato, ha una popolazione rurale dell’80 per cento. Si presenta come un Paese che ha molti problemi, a cominciare dalla carestia, che è endemica, ha avuto una dittatura fino al ’92 che li ha isolati completamente dal resto dell’Africa. E dopo il ’92 non è riuscito a tirarsi su. Quindi, è un Paese molto povero, in cui basta che piova un po’ meno per esasperare la crisi.

 

D. – Tra l’altro si è assistito ad una fuga dei cervelli. Chi può va all’estero e vi rimane …

 

R. – La facoltà di medicina in Malawi esiste soltanto da cinque anni. Quindi, ancora non ci sono medici laureati nel Paese. In passato, chi aveva le possibilità economiche andava a studiare a Londra, ma molti sono rimasti lì. Questo è anche normale, in un Paese da una parte che non ti offre la possibilità di studiare, ma non solo: una volta che uno ha investito per studiare e diventare medico non torna in un Paese in cui lavora con uno stipendio molto basso e anche in condizioni di insicurezza totale. Molti del personale sanitario sono malati di AIDS, perché si contagiano facilmente. Non ci sono siringhe a perdere, non ci sono guanti. Le strutture sanitarie sono delle strutture abbastanza obsolete, si lavora in condizioni di spazio molto anguste. Capisco che una persona non voglia tornare. Infatti, la sfida del nostro programma non è soltanto quella di curare, ma soprattutto di formare il personale locale, formarlo in loco, dargli le possibilità di lavorare con standard buoni.

 

D. – Lei sono tanti anni che vive in Africa: cosa serve a questo continente per risorgere?

 

R. – Si crede che ad aiutare l’Africa siano gli aiuti economici. E questo in parte è determinante. Mi sembra però che la vera sfida dell’Africa sia comunicare quel know-how che noi abbiamo e che permette di creare infrastrutture, di formare quadri per il Paese.

 

D. – Un’immagine che si porta dentro …

 

R. – Le donne che arrivano nei nostri centri, malate di AIDS, magrissime, che non riescono a camminare con una marea di figli dietro, disperate, che chiedono aiuto e non sanno neanche che aiuto chiedere. Arrivano lì, si seggono … E’ un’immagine triste, ma è anche un’immagine al tempo stesso di speranza, perché comunichiamo anche che è possibile curarsi. Questo cambia la loro vita in maniera radicale, fisicamente ma non solo: riacquistano una dignità sociale, lavorano loro stesse al programma, aiutano altre donne, malate come loro, a curare i bambini.

 

D. – Quindi, fermare tutto questo si può?

 

R. – Fermare tutto questo si può.

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CHIESA E SOCIETA’

4 maggio 2006

 

RAPPORTO NEGLI STATI UNITI SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA NEL MONDO: 

NELLA LISTA ‘NERA’ DEGLI STATI CHE VIOLANO IL DIRITTO

DI PROFESSARE LA PROPRIA FEDE ANCHE DIVERSI PAESI ALLEATI DEGLI USA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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WASHINGTON. = Arabia Saudita, Pakistan, Egitto, tra i più importanti alleati degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, macchiati dall’onta di comparire nella lista nera dei Paesi che maggiormente violano il diritto fondamentale alla libertà di religione. Non è notizia che fa scalpore tra gli attivisti dei diritti umani, che ben conoscono la mancanza di libertà religiosa che accomuna massima parte dei Paesi arabi, o a maggioranza musulmana. Ma il Rapporto presentato ieri a Washington al Congresso americano e al presidente Gorge W. Bush, dalla “Commissione sulla libertà religiosa internazionale” ha creato imbarazzo a Washington. I Paesi che destano maggiore preoccupazione per sistematiche violazioni sono 11, in ordine alfabetico: Birmania, Corea del Nord, Eritrea, Iran, Pakistan, Cina, Arabia Saudita, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Altri 7 Paesi, sotto osservazione, per episodi ripetuti sono: Afghanistan, Bangladesh, Bielorussia, Cuba, Egitto, Indonesia e Nigeria. Segnalazione a parte merita l’Arabia Saudita dove – denuncia testualmente il Rapporto - ''la libertà di religione non esiste'' e il Governo finanzia ''intolleranza e odio religioso in tutto il mondo''. Anche la Cina nel mirino per ''serie e continue violazioni della libertà religiosa e dei relativi diritti''. La Commissione stigmatizza inoltre l’incremento delle persecuzione a sfondo religioso in Iraq e Afghanistan, nonostante gli interventi statunitensi a riportare la democrazia, tanto da allegare al Rapporto una Lettera ad hoc indirizzata al segretario di Stato USA, Condoleeza Rice. La Commissione, creata dal Congresso USA nel 1988, per assicurare che la libertà religiosa sia obiettivo strategico nella politica estera americana, ogni anno redige un Rapporto, che purtroppo resta in gran parte disatteso nei suoi richiami al rispetto della libertà religiosa.

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ORTODOSSI E CATTOLICI DEVONO DIFENDERE INSIEME I VALORI CRISTIANI

DI FRONTE ALLE SFIDE DELLA MODERNITA’ : MESSAGGIO DEL PATRIARCA ALESSIO II

ALL’INCONTRO, APERTO IERI A VIENNA, SUL TEMA “RIDARE UN’ANIMA ALL’EUROPA”

 

VIENNA. = Proseguono a Vienna i lavori del primo incontro di cultura in Europa, promosso da cattolici ed ortodossi, sul tema “Ridare un’anima all’Europa. La missione e la responsabilità delle Chiese”. Il Simposio, organizzato dal Pontificio Consiglio per la Cultura e dal Patriarcato di Mosca, si è aperto ieri sotto gli auspici di Benedetto XVI, che ha rivolto un messaggio ai partecipanti - esperti, laici e religiosi di tutto il Continente - perché conducano insieme “una coraggiosa e rinnovata azione evangelizzatrice nell’Europa del terzo millennio”. Nota augurale per l’iniziativa - di cui riporta l’agenzia Sir - è giunta anche dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II. “È mia convinzione - scrive il Patriarca - che le nostre Chiese, fedeli alla tradizione apostolica riguardo ai fondamenti della visione cristiana, dovrebbero impegnarsi oggi insieme a difendere i fondamentali valori della cristianità”. Secondo Alessio II, ortodossi e cattolici “possono dare speranza ai cuori di milioni di persone che sinceramente ricercano il Regno di Dio e che non si accontentano dei fini utilitaristici che propone la società dei consumi”. Il primate della Chiesa ortodossa russa ribadisce che “la civiltà europea è costruita sui valori cristiani” e che ciò è un fatto indiscutibile. Ecco perché – prosegue la nota- “il popolo della fede deve sempre ricordare ai suoi contemporanei che la vera fonte delle più nobili aspirazioni dell'Europa, come il rispetto per la libertà umana e la tolleranza verso ogni opinione, proviene dal messaggio cristiano dell'amore per Dio e per l'essere umano, creato a Sua immagine". In questo senso, "togliere dalla loro fonte primaria ogni valore e ideale, sebbene luminosi, significa far perdere loro significato" e addirittura correre il rischio che questi stessi valori possano essere usati contro il disegno di Dio sull'umanità. La storia europea - conclude Alessio II - è piena di questi errori e i cristiani dell'Est e dell'Ovest devono aiutare i popoli di questo continente a non ripetere gli stessi errori del passato. Quando si è dimenticato l'insegnamento di Cristo, "gli europei hanno generato tragedie nella storia". (R.G.)

 

 

OGGI CADE IL 9° ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI ZEFFIRINO GIMENEZ MALLA, PRIMO BEATO GITANO

- A cura di Giancarlo La Vella -

 

ROMA. = Nove anni fa, il 4 maggio 1997, in Piazza San Pietro Papa Giovanni Paolo II elevava alla gloria degli altari il martire gitano, Zeffirino Gimenez Malla. Fu un evento che le comunità gitane vissero con profonda commozione, sottolineato dalle parole del Santo Padre: “Con la nostra autorità concediamo che il venerabile Servo di Dio, Zeffirino Gimenez Malla, sia chiamato Beato e che se ne possa celebrare la festa nei luoghi e secondo le regole stabilite, ogni anno il 4 maggio”. Anche in questo 2006, dunque, guidati da Don Bruno Nicolini, da sempre impegnato nella pastorale delle comunità Rom e Sinti, gli zingari, soprattutto di Roma, si riuniranno oggi pomeriggio nello spazio sacro dedicato al Beato Zeffirino, presso il Santuario della Madonna del Divino Amore, per rendere grazie e lode al Signore che ha donato loro questo fulgido esempio cristiano, luce nel cammino di Fede, potente intercessore e guida per i loro passi. Proprio il Divino Amore, santuario caro alla devozione dei romani, è stato sede della visita di Benedetto XVI, il 1° maggio scorso, in occasione dell’inaugurazione del mese mariano. Fin dalla giovane età Zeffirino, nato in Catalogna nel 1861, si distinse tra i suoi per la sua dedizione al prossimo. Nel corso della persecuzione della Chiesa cattolica, durante la guerra civile spagnola scoppiata nel 1936, fu arrestato per aver preso le difese di un sacerdote malmenato da facinorosi. In carcere, malgrado le minacce a privarsene, tenne sempre con sé il Rosario, col quale pregava continuamente. Morì fucilato stringendolo nelle mani e gridando: “Viva Cristo Re!”.

 

 

SI È APERTA IERI A TORINO, CON UN CONCERTO DI MUSICA CLASSICA IN CATTEDRALE, LA MANIFESTAZIONE “GUARDARE LA SINDONE: 500 ANNI DI LITURGIA SINDONICA”

- A cura di Fabrizio Accatino -

 

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TORINO. = Sono trascorsi esattamente cinque secoli quando, nel 1506, Papa Giulio II concesse alla Sindone una liturgia propria. Istituì un giorno di celebrazione, come per i santi, e fissò un’introduzione di preghiera specificatamente dedicata nel breviario e nella Messa. Da allora il culto del sacro lino cessò di essere devozione privata e diventò parte integrante della preghiera di tutta la Chiesa. Per celebrare il cinquecentenario di tale ricorrenza, la Commissione per la Sindone della diocesi di Torino ed il Centro internazionale di sindonologia, organizzano la manifestazione “Guardare la Sindone: 500 anni di liturgia sindonica”. Fulcro di quattro giorni di celebrazioni è la festa del 4 maggio, come spiega mons. Giuseppe Ghiberti, della Commissione diocesana per la Sindone: “La festa della Sindone è proprio il 4 di maggio ed è il momento per manifestare la nostra soddisfazione perché la Santa Sede ha concesso alla Basilica Cattedrale di Torino di celebrare questa ricorrenza non solo più come memoria obbligatoria ma come festa”. Aperta da un concerto in Cattedrale dell’orchestra sinfonica RAI di Torino, la manifestazione prosegue con la celebrazione eucaristica officiata in Duomo dal cardinale Severino Poletto e da una tavola rotonda dal titolo “Sindone, liturgia, teologia e pastorale” che si terrà venerdì e sabato all’auditorium della Banca Popolare di Novara, in Piazza San Carlo, nel cuore di Torino. Si tratta del primo convegno interamente dedicato all’aspetto liturgico della Sindone, destinato a costituire un precedente di studio unico e importantissimo.

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SI Ẻ APERTA OGGI L’ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA

DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE OSPITATA PRESSO IL PALA CAVICCHI

 DI CIAMPINO, NEI PRESSI DI ROMA, E TERMINERÀ IL 12 MAGGIO

 

ROMA.= Si è aperta oggi, presso il Pala Cavicchi di Ciampino, vicino Roma, l’Assemblea generale ordinaria delle Pontificie Opere Missionarie. L’incontro, che si svolge ogni anno nel mese mariano e che riunisce i 114 direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie, è stato aperto dal presidente del Comitato Supremo delle Pontificie Opere Missionarie, cardinale Crescenzio Sepe, nonché prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. L’assemblea si svolge in due parti: la prima, che terminerà il 6 maggio, approfondirà il tema dell’Incul-turazione interculturale, mentre la seconda parte, che si terrà dall’8 al 12 maggio, valuterà le relazioni dei segretari generali delle quattro Pontificie Opere Missionarie riguardanti l’attività svolta nell’ultimo anno, prendendo in esame le richieste di sussidio pervenute. All’Assemblea generale verrà convocata e presieduta dall’arcivescovo Hanryk Hoser, presidente delle Pontificie Opere Missionarie. (V.C.)

 

 

APPREZZAMENTO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUSTRALIA PER LA SCIENZA

CHE RISPETTA L’ETICA: DOPO LA DECISIONE ANNUNCIATA DAL GOVERNO FEDERALE

DI SOSTENERE LA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI ADULTE,

CON UN FINANZIAMENTO DI 22 MILIONI DI DOLLARI

 

SYDNEY. = Il Governo federale australiano ha deciso di finanziare la ricerca scientifica sull’utilizzo e le possibilità curative delle cellule staminali adulte. La decisione - che si concretizza attraverso un finanziamento di 22 milioni di dollari ai laboratori della Griffith University - ha generato soddisfazione all’interno della comunità cattolica, contraria alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, in quanto essa produce la distruzione degli embrioni stessi. “E’ un momento meraviglioso, un forte incoraggiamento per la scienza che rispetta una matrice etica”, ha sottolineato mons. Eugene Hurley, vescovo di Port Pirie e responsabile della Commissione per la Famiglia e per la Vita, in seno alla Conferenza episcopale australiana. Il presule - riferisce l’agenzia Fides - ha dichiarato che i fondi governativi “costituiscono un riconoscimento per l’ottimo lavoro già compiuto dalla Griffith University, che potrà continuare a studiare le possibilità delle cellule staminali adulte”. Presso l’Ateneo opera “l’Istituto per le Cellule e le terapie molecolari”, che già lo scorso anno ha presentato e divulgato i risultati di una linea di ricerca sulle cellule staminali adulte. La ricerca ha mostrato che queste possono trasformarsi in numerosi tipi di altre cellule, come quelle del tessuto cardiaco, muscolare, di organi interni come i reni, o anche del sangue. Possono dunque essere utilizzate nella cura di malattie di diverso genere, fra le quali il morbo di Parkinson, disturbi motori, o malattie celebrali. “Il sostegno dato dal Governo a questa linea di ricerca potrà aiutare altri scienziati, in tutto il mondo, a dedicarsi allo studio delle cellule staminali adulte, piuttosto che a quelle embrionali”, ha detto mons. Hurley. “Non possiamo che congratularci con il Governo federale per questa scelta, che riconosce e incoraggia una ricerca scientifica rispettosa dell’etica della vita”, ha concluso il presule. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 maggio 2006

 

- A cura di  Amedeo Lomonaco -

 

In primo piano, il caso “Iran”: dopo la presentazione ieri all’ONU di una nuova bozza per una risoluzione sul programma nucleare iraniano, la Repubblica islamica ha smentito, stamani, le voci di un piano per un attacco contro Israele. Il nostro servizio:

 

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Le forze armate iraniane hanno smentito l’ipotesi di un attacco contro Israele, lanciata nei giorni scorsi dalle Guardie della rivoluzione - i Pasdaran - in caso di eventuali azioni americane contro la Repubblica islamica. Il premier dello Stato ebraico, Ehud Olmert, ha comunque ribadito che l’Iran “rappresenta una minaccia per la pace nel mondo”. Se saremo attaccati – ha aggiunto – ci difenderemo. Ieri, intanto, Francia e Gran Bretagna hanno presentato al Consiglio di sicurezza dell’ONU una nuova bozza di risoluzione sull’Iran, chiedendo la sospensione, entro una data ancora da fissare, di qualsiasi attività di arricchimento dell’uranio, comprese quelle di ricerca e di sviluppo. Il testo, che sottolinea la necessità di trovare una soluzione diplomatica, presenta una novità rilevante. Per la prima volta, infatti, la richiesta rivolta all’Iran di sospendere le proprie attività atomiche è vincolante: in caso di mancato adempimento da parte della Repubblica islamica, il Consiglio potrà prendere “ulteriori misure”. L’istanza è stata avanzata sulla base del capitolo VII della carta delle Nazioni Unite, che permette di imporre sanzioni e ricorrere alla forza per tutelare la sicurezza internazionale. La risposta di Teheran è stata secca ed immediata: “L’Iran – ha dichiarato il portavoce del Ministero degli esteri della Repubblica islamica – non si piegherà alle pressioni o alle minacce”. E l’intricata questione nucleare iraniana è stata anche al centro del vertice, tenutosi ieri alla Casa Bianca, tra il presidente americano, George Bush, ed il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Bush ha chiesto a Teheran di rinunciare alle sue ambizioni nucleari “in nome della pace nel mondo”. La signora Merkel ha auspicato il coinvolgimento del maggior numero possibile di partner nel processo diplomatico.

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Il  futuro di Israele risiede nella spartizione del territorio fra  israeliani e palestinesi. E’ il nodo centrale del discorso con cui il premier israeliano, Ehud Olmert, ha presentato il suo nuovo governo al Parlamento. Ma lo Stato ebraico – ha aggiunto Olmert - fisserà in modo unilaterale i propri confini se l’Autorità nazionale palestinese non coopererà con lo Stato ebraico. Secondo il quotidiano “Ha’aretz”, il premier è intenzionato anche ad avviare, entro 18 mesi, il piano di convergenza per la Cisgiordania. Il piano prevede lo smantellamento di diversi insediamenti ed il ridispiegamento dei coloni israeliani in quattro nuove aree da annettere ad Israele. Nei Territori, intanto, il presidente palestinese Abu Mazen Hamas ha chiesto all’Autorità monetaria palestinese, una sorta di banca centrale indipendente dall’esecutivo, un prestito di 100 milioni di dollari per attenuare la crisi finanziaria in cui versa il governo guidato dal gruppo radicale.

 

Nuovo raid americano in Iraq: almeno 13 persone, secondo fonti mediche, sono morte stamani a Ramadi, nella turbolenta provincia occidentale di Al Anbar, per un’azione condotta dall’aviazione statunitense nella città sunnita. Sempre questa mattina, un’ennesima strage ha scosso Baghdad: una bomba è esplosa davanti ad un tribunale, in un quartiere sciita, provocando la morte di almeno 9 persone. Secondo gli inquirenti, l’episodio si inserisce nella drammatica serie di rappresaglie incrociate tra estremisti sciiti e sunniti innescate dall’attentato compiuto lo scorso 22 febbraio contro il mausoleo sciita di Samarra. La capitale irachena è stata teatro, inoltre, di due distinti attacchi condotti da ribelli. Il Ministero della difesa ha reso noto che le azioni hanno causato la morte di un generale e di un funzionario iracheni.

 

Condanna all’ergastolo per Zacarias Moussaoui, accusato di essere coinvolto negli attentati dell’11 settembre del 2001. La giuria del tribunale di Alexandria, in Virginia, non ha raggiunto l’unanimità sulla pena di morte per il terrorista francese di origine marocchina, unico processato per gli attacchi, che si era dichiarato colpevole. Dopo la lettura della sentenza, Zacarias Moussaoui, che era stato arrestato un mese prima delle azioni terroristiche dell’11 settembre, ha lasciato l’aula della Corte federale gridando: “America, hai perso, io ho vinto”. Il presidente statunitense, George Bush, ha dichiarato che il verdetto rappresenta “la fine del caso ma non della nostra lotta contro il terrorismo”. Nello Yemen, intanto, la Corte di Sicurezza ha condannato ieri a 3 anni e 1 mese Mohammad Hamdi al-Ahdal, accusato di essere uno dei capi di Al Qaeda nel Paese arabo.

 

In Italia sono in corso da parte dei Carabinieri numerose perquisizioni in diverse città, nell’ambito di indagini sul terrorismo internazionale di matrice islamica. Sull’operazione, tuttora in corso, gli inquirenti mantengono il massimo riserbo.

 

Restiamo in Italia, dove è in corso a Palazzo Chigi un incontro tra il candidato premier dell’Unione, Romano Prodi, ed il capo dell’esecutivo uscente, Silvio Berlusconi, per trovare un’intesa sull’elezione del presidente della Repubblica. Ieri il capo di Stato, Carlo Azeglio Ciampi, il cui mandato scade il prossimo 18 maggio, aveva detto di “no” ad una sua rielezione. La votazione per designare il nuovo presidente della Repubblica italiana è stata fissata per il prossimo 8 maggio. Il presidente del Senato, Franco Marini, ha indicato nel presidente dei DS, Massimo D’Alema, uno sbocco unitario per gli opposti schieramenti. Ma c’è realmente la possibilità di un accordo tra il centrosinistra, che ha vinto le recenti elezioni politiche, e l’opposizione di centrodestra sulla nomina del prossimo capo di Stato? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al leader dell’Unione, Romano Prodi.

 

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R. – E’ chiaro che non c’è nessuna chiusura ad accordi con l’opposizione. L’ideale sarebbe avere un presidente che sia espressione di una larga maggioranza, la più larga possibile.

 

D. – Una proposta di legge sui PACS – Patto civile di solidarietà – è stata immediatamente presentata all’apertura della nuova legislatura, sia alla Camera sia al Senato. I PACS non erano esplicitamente citati nel programma. Ma quale sarà la posizione del governo su questo tema?

 

R. – La posizione del governo è quella del programma. Noi abbiamo parlato di proteggere i diritti civili che conseguono ad unioni di fatto, e su questo noi staremo. Nessuna confusione con il matrimonio. Non abbiamo usato la terminologia “PACS” dopo lunghissime discussioni proprio per non creare equivoci o confusioni e continueremo su questa linea perché è la linea decisa insieme da tutti i partiti della coalizione, esclusa la Rosa nel Pugno: la maggioranza ha preso questa decisione.

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Gran Bretagna al voto oggi per le amministrative. Si tratta di un importante test elettorale per il premier Tony Blair, dato nei sondaggi in caduta libera sul fronte delle preferenze. Ad aver infiammato la campagna elettorale, una serie di scandali, che hanno coinvolto anche il ministro degli Interni, Charles Clarke,  per la liberazione, nel giro di cinque anni, di oltre mille stranieri condannati per reati gravi e passibili di espulsione.

 

L’Unione Europea ha interrotto i negoziati di avvicinamento con la Serbia-Montenegro per la mancata collaborazione nell’arresto dell’ex generale Mladic, accusato di genocidio dal tribunale ONU per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia.

 

Vanno avanti ad oltranza, in queste ore, i negoziati di pace per il Darfur, in corso ad Abuja, in Nigeria. La scadenza era prevista per domenica scorsa, ma i mediatori dell’Unione Africana hanno prorogato le trattative almeno fino a domani. I gruppi ribelli ed il governo di Karthoum dovranno dare una risposta alla proposta di accordo contenuta nella bozza di intesa messa a punto dall’Unione Africana. Il documento prevede il disarmo delle milizie filo-governative e il reintegro degli ex combattenti appartenenti agli opposti schieramenti.

 

Elezioni presidenziali fortemente contestate dalle opposizioni, ieri in Ciad. Favorito alle urne, praticamente in assenza di concorrenti, il capo di Stato uscente, Idriss Deby, al potere dal 1990. L’esito della consultazione sarà reso noto il prossimo 14 maggio prossimo. Nelle scorse settimane, il Paese africano è stato teatro di violenti scontri tra ribelli, che hanno tentato un assalto alla capitale N’Djamena, e forze governative. Ma il presidente Deby ha comunque mantenuto invariata la data delle elezioni.  

 

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