RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 212  - Testo della trasmissione di lunedì 31 luglio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Chiesa si unisce al Papa nella preghiera e nell’impegno per la pace in Medio Oriente. Il segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Giovanni Lajolo, a colloquio con il ministro degli Esteri israeliano. Si intensifica lo sforzo delle organizzazioni caritative della Chiesa: con noi, mons. Giovanni Pietro Dal Toso, sottosegretario del Pontificio Consiglio Cor Unum.

 

In Italia, firmata dal presidente Napolitano la legge sull’indulto. Ai nostri microfoni, il cardinale Renato Martino esprime soddisfazione e lancia un appello per il reinserimento sociale di chi lascerà il carcere

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo la strage di Cana, che ha suscitato grande scalpore nel mondo, Israele annuncia la sospensione dei raid aerei per 48 ore: ai nostri microfoni Antonio Ferrari e Hicham Hassan

 

Altissima affluenza alle urne, ieri, per le prime elezioni libere dopo 40 anni nella Repubblica Democratica del Congo. I risultati diffusi fra tre settimane: intervista con don Albino Bizzotto

 

Solenni celebrazioni in Spagna, in Italia e nel mondo per il 450.mo anniversario della morte di Sant’Ignazio di Loyola. Stasera a Roma la Messa presieduta dal preposito della Compagnia di Gesù, padre Peter-Hans Kolvenbach: con noi padre Juan Miguel Arregui

 

CHIESA E SOCIETA’:

        Iniziative di preghiera, in Europa per la pace in Medio Oriente

 

        Vaccinati 9 milioni di bambini contro l’encefalite giapponese in India, che lo scorso anno ha provocato 1.800 vittime

 

        Trovato negli USA un rimedio contro la distrofia miotonia, una delle forme più comuni della distrofia muscolare

 

        Da domani a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Via Lata al Corso, la quindicina di preparazione della solennità dell’Assunta con l’ufficio mariano della Paraclisis particolarmente osservato nelle Chiese d’Oriente

 

24 ORE NEL MONDO:

In Afghanistan, al via oggi la nuova missione delle truppe NATO nel Sud del Paese. Otto i morti in un attentato davanti a una moschea

 

 

                                                  

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 luglio 2006

 

 

LA CHIESA SI UNISCE AL PAPA NELLA PREGHIERA E NELL’IMPEGNO PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE. IL SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI, MONS. GIOVANNI LAJOLO,

A COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI ISRAELIANO.  SI INTENSIFICA LO SFORZO DELLE ORGANIZZAZIONI CARITATIVE DELLA CHIESA: CON NOI, MONS. GIOVANNI PIETRO DAL TOSO, SOTTOSEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM

 

In nome di Dio, deponete le armi: l’accorato appello di Benedetto XVI per la pace in Medio Oriente, all’Angelus di ieri, ha suscitato grande emozione, anche perché è stato levato in un giorno segnato dalla strage di decine di bambini nel villaggio libanese di Cana, colpito da un raid israeliano. Il Papa ha nuovamente esortato tutti i fedeli ad unirsi in preghiera per la pace nella martoriata regione. D’altro canto, quello della Santa Sede per l’immediata cessazione delle ostilità è un impegno a tutto campo. In tale contesto, ieri sera, il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, mons. Giovanni Lajolo, ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri israeliano, Tsipi Livni. E grande è anche il lavoro svolto dalle organizzazioni caritative della Chiesa per i popoli travolti dal conflitto. Ecco la testimonianza di mons. Giovanni Pietro Dal Toso, sottosegretario del Pontificio Consiglio Cor Unum, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Le necessità sono quelle che si creano sempre in questi casi di emergenza, e vanno dalla bottiglia d’acqua alla coperta, al medicinale. Dobbiamo, quindi, renderci conto che ci sono almeno 700 mila persone in movimento che hanno bisogno di essere assistite, nel Libano, e in questa direzione si concentrano gli sforzi della Caritas del Libano, che sta coordinando questo tipo di iniziative. Queste si svolgono a diversi livelli, partendo dalle parrocchie, dai gruppi fino ad arrivare a livello nazionale. Caritas Libano, poi, evidentemente agisce in rapporto anche con altre agenzie e con un coordinamento più alto con Caritas Internationalis e poi con il nostro Pontificio Consiglio.

 

D. – Oltre a questa emergenza, ci sono altri interventi particolari promossi dalla Chiesa cattolica?

 

R. – Vorrei menzionare il fatto che la Chiesa cattolica non sta lavorando solo per i profughi che sono presenti in Libano, ma al momento la Chiesa cattolica, e nello specifico Caritas Libano, sta cercando di intervenire a favore dei lavoratori stranieri che stanno lavorando in Libano e che devono essere rimpatriati. Si tratta in particolare di lavoratori provenienti dallo Sri Lanka, dalle Filippine e dall’Etiopia.

 

D. – Cor Unum porta aiuto al popolo libanese, ma anche agli israeliani colpiti dai razzi degli hezbollah e ai palestinesi della Striscia di Gaza…

 

R. – Vorrei proprio mettere in evidenza questa cosa e cioè che l’attività della Chiesa cattolica al momento non si concentra solamente nell’assistenza al Libano, che in questo momento è molto provato, ma anche alle popolazioni del nord della Galilea. Ci sono degli interventi di Caritas a Gerusalemme, ci sono anche interventi della Custodia di Terra Santa per assistere quelle popolazioni. Evidentemente portiamo aiuti anche a quei palestinesi che vivono nei Territori sottoposti all’autorità palestinese e che si concretano anche in questo caso in aiuti di emergenza e quindi in aiuti alimentari, medicinali e così via.

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FIRMATA DAL CAPO DI STATO ITALIANO LE LEGGE SULL’INDULTO. LA SODDISFAZIONE DEL CARDINALE MARTINO CHE CHIEDE ACCOGLIENZA PER GLI EX DETENUTI

- Intervista con il porporato -

 

In Italia, la dibattuta legge sull’indulto, dopo la definitiva approvazione parlamentare di sabato, è stata firmata questa mattina dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha invitato le forze in campo a superare la contrapposizione tra politica e istituzionI. Anche dalla Santa Sede è stata espressa soddisfazione dal presidente di Giustizia e Pace, il cardinale Renato Martino, che ha lanciato un appello per il reinserimento sociale di chi lascerà il carcere. L’intervista al porporato è di Francesca Sabatinelli:

 

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R. - E’ veramente un bel passo, uno dei primi provvedimenti importanti che questa legislatura ha compiuto con il consenso di molti altri, perché c’è stato un consenso trasversale. E’ essenzialmente un provvedimento di natura umanitaria. Giovanni Paolo II nella visita al Parlamento, 4 anni fa, espresse questo augurio che un gesto di clemenza fosse compiuto. L’anno scorso avevo parlato della situazione dei carcerati con sua Santità Benedetto XVI, il quale ha manifestato grandissima sensibilità. Ha promesso qualche studio che il nostro Consiglio ha in corso di elaborazione.

 

D. – Eminenza, lei ha lanciato un appello affinché i cristiani accolgano i detenuti, molti dei quali poveri, senza casa e senza sostegni familiari. Ritiene che ci sia questa mentalità di accoglienza rispetto a chi delinque?

 

R. – Purtroppo, devo dire che c’è un grande disinteresse generale. Escludo, naturalmente, tutte le associazioni di volontari. Però, il pensiero del pubblico in generale verso chi ha commesso un delitto e che poi va in carcere è quello di dire “giustizia è fatta” e di dimenticare le persone che stanno dietro le sbarre. C’è gente che soffre, c’è gente che è malata, c’è gente che soffre di tanti altri abusi dei diritti umani. Questo è un appello che faccio a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. La pena che i detenuti hanno scontato deve essere rieducativa ma anche il reinserimento nella società deve essere accompagnato da gente e persone di buona volontà. D’altro canto, desidero rivolgermi anche a quelli che presto saranno liberati, di comportarsi in maniera legale, da buoni cittadini e da buoni cristiani.

 

D. – Una mentalità di accoglienza che dovrebbe abbracciare anche le vittime e i familiari delle vittime che potrebbero, forse, sentirsi in qualche modo traditi con questo provvedimento…

 

R. – Questo è il passo che bisogna fare, perché alla giustizia bisogna accompagnare il perdono. E’ evidente che per le famiglie delle vittime è qualcosa addirittura di sovrumano, ma appunto perché siamo cristiani dobbiamo abbracciare questo comando dell’amore, di perdono. Anche le famiglie delle vittime sono invitate a pensare al perdono.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Prima pagina - “Immediatamente, nel nome di Dio, si depongano le armi da ogni parte! Benedetto XVI, nel primo Angelus da Castel Gandolfo, si rivolge a tutti i responsabili della spirale di violenza.

 

Medio Oriente - Israele ferma i bombardamenti per 48 ore dopo la strage di Cana; 60 civili libanesi in gran parte bambini, uccisi in attacco aereo.

 

Servizio vaticano - Un articolo sul 50.mo di ordinazione episcopale del cardinale Fiorenzo Angelini.

 

Servizio estero - Iraq: persistono le sanguinose violenze.

 

Servizio culturale - In evidenza un articolo di Piero Viotto sul dialogo epistolare tra Paul Klaudel e Jacques Maritain.

 

Servizio Italiano - In primo piano un nuovo dramma dell’immigrazione, a largo di Malta.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 luglio 2006

 

 

DOPO LA STRAGE DI CANA, CHE HA SUSCITATO GRANDE SCALPORE NEL MONDO,

 ISRAELE ANNUNCIA LA SOSPENSIONE DEI RAID AREI PER 48 ORE

- Interviste con Antonio Ferrari e con Hicham Hassan -

 

In Libano sono stati trovati, stamani, 26 corpi senza vita nel villaggio meridionale di Srifa, colpito da raid israeliani nei giorni scorsi. Intanto, dopo la strage di Cana costata la vita ieri ad almeno 57 persone tra cui 37 bambini, Israele ha annunciato una momentanea sospensione dei raid aerei. Ma la situazione è comunque molto tesa. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il governo israeliano ha accettato di sospendere per 48 ore gli attacchi aerei nel sud del Libano e di indagare sul bombardamento di ieri a Cana. Ma la temporanea interruzione delle incursioni aeree non sembra, al momento, la premessa per una tregua immediata. Il movimento politico militare degli Hezbollah ha reso noto che gli attacchi contro lo Stato ebraico avranno termine soltanto quando quest’ultimo porrà fine all'intera offensiva oltre confine e richiamerà in patria le proprie truppe. L’esercito israeliano ha reso noto, inoltre, di riservarsi il diritto di attaccare in qualsiasi momento gli Hezbollah in presenza di una minaccia immediata per Israele. Una linea, questa, che Israele sembra aver già seguito. Un portavoce militare ha dichiarato, infatti, che l’aviazione ebraica ha attaccato oggi obiettivi nei pressi di un villaggio del sud del Libano, in appoggio alle truppe di terra. Il ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, ha annunciato, poi, il proseguimento delle operazioni militari in Libano, estendendo  l’area di azione di un’eventuale forza di interposizione multinazionale. Un contingente multinazionale, ha detto Peretz intervenendo al Parlamento, deve essere dislocato non solo sul confine tra Libano ed Israele, ma anche su quello fra Libano e Siria “per impedire ulteriori forniture militari agli Hezbollah”.

 

Le dichiarazioni di Peretz seguono quelle rilasciate, ieri, dal presidente siriano, Bashar al-Assad, che aveva condannato l’attacco israeliano a Cana definendolo “terrorismo di Stato”. Nonostante l’acuirsi delle tensioni nella regione mediorientale e la strage di Cana, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, si dichiara comunque ottimista sul fatto che, entro la settimana, si possa arrivare ad una tregua. In Libano, intanto, il patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, ha denunciato e condannato il massacro compiuto a Cana. “Il Libano – ha detto il patriarca – non è più in grado di sopportare, il nostro popolo è in stato di agonia mentre il mondo sta a guardare”. “Il crimine – ha aggiunto – deve essere condannato da tutti”. Ma le risposte della comunità internazionale non sono, secondo diversi osservatori, così nette. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU, ad esempio, ha approvato una dichiarazione nella quale si esprime “estremo turbamento e angoscia”, senza però condannare esplicitamente l’attacco sul villaggio sciita.

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In Libano, intanto, sembra ormai delinearsi, soprattutto dopo la strage di Cana, un nuovo rischio: quello della compattezza di tutte le componenti libanesi di fronte alle offensive di Israele. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’inviato del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:

 

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R. - Il primo ministro libanese, Fuad Sinora, è arrivato al punto di ringraziare gli Hezbollah,  ieri, dopo la strage di Cana. Ha ringraziato i guerriglieri che stanno lottando e sacrificando la loro vita per l’indipendenza e la sovranità del Libano. Questa mattina, il giornale libanese L’orient le jour ha scritto: “Nessuno è mai riuscito a ricompattare completamente il Paese”. Quindi, ormai, di fronte non c’è soltanto il movimento Hezbollah che è bene radicato nel territorio. Il gruppo sciita è ben più grande di una piccola formazione terrorista come qualcuno ci voleva far credere: sono una forza importante, anche politica, molto radicata che gode anche del rispetto di chi, in fondo, potrebbe esserle politicamente avversario. Quindi, avendo creato una situazione del genere qual è il rischio che si corre?  E’ che l’intero Libano si senta in guerra contro Israele.

 

D. - L’ipotesi di una tregua completa adesso è legata solo all’invio di una forza internazionale o si possono ipotizzare altre soluzioni?

 

R. - E’ chiaro che una forza internazionale adesso non può partire, anche se c’è una tregua di 48 ore che ha l’aria, però, di essere una tregua umanitaria. Se una forza internazionale arriva adesso, quando sono in corso i combattimenti, si corre veramente il rischio dell’aumento esponenziale degli attori: anche di quelli che non vogliono entrare in un conflitto armato ma che cercano di promuovere la pace. Non si può pensare che, a questo punto, ci siano ancora le condizioni per una forza di pace, a meno che il Consiglio di sicurezza dell’ONU e i membri permanenti non si mettano completamente d’accordo tra di loro e non ci sia una richiesta chiara, netta forte e precisa per il cessate-il-fuoco. Allora, se Israele accettasse e se si creassero le condizioni, a quel punto si potrebbe partire o comunque potrebbero cominciare i preparativi per l’invio di una forza di pace.

 

D. - Il conflitto è ancora regionale o è uno scontro che, con il coinvolgimento sullo sfondo di altre potenze, ha già assunto una fisionomia internazionale?

 

R. - C’è il rischio che il conflitto stia assumendo una fisionomia internazionale, se non l’ha già assunta. Fortunatamente, non si è ancora allargato troppo  ma quello che è successo ieri può indebolire quei leader moderati che ancora sono riusciti a tenere le masse. Si possono creare le condizioni per uno scontro più aperto. Non ci siamo ancora arrivati e speriamo di non arrivarci.

 

D. - In Libano, quindi,  è in gioco il futuro del Medio Oriente e forse anche di più…

 

R. - Assolutamente si. Il Libano è il crocevia: lo era prima e, a maggior ragione, lo è oggi. Direi, anzi, che la situazione attuale rischia di essere addirittura peggiore di quella creatasi all’inizio della guerra civile libanese.

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Ma per avere una testimonianza in presa diretta della situazione nel Sud del Libano, la zona più colpita dal conflitto, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente nel Paese dei Cedri, Hicham Hassan, portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa a Beirut:

 

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R. – THE SITUATION REMAIN QUIET DIFFICULT…

Per ora la situazione rimane difficile a causa delle incessanti operazioni militari. Villaggi e famiglie sono tutt’ora isolati, senza la possibilità di essere raggiunte dai soccorsi. In alcuni casi, la gente non ha più accesso ad acqua potabile ed è perciò costretta a bere acqua piovana che ristagna nei pozzi: come può immaginare, non si tratta certo di un’acqua salubre. C’è poi la carenza di cibo e di medicinali. Molte di queste persone sono state isolate nelle loro case per più di 15 giorni, e non sanno nemmeno se i loro vicini di casa siano vivi o morti. In più, c’e grande difficoltà nel quantificare quante famiglie siano rimaste nel sud del Libano. Molti di loro hanno troppo paura di lasciare a piedi le loro case. D’altronde, la situazione è troppo difficile per permettergli un passaggio sicuro. E dunque, è una situazione davvero preoccupante per noi.

 

D. – La tragedia di Cana ha mostrato drammaticamente che le prime vittime di questa, come di tutte le guerre, siano i bambini. Cosa fate per alleviare le loro sofferenze?

 

R. – WE SUPPORT THE LIBANES RED CROSS

Prestiamo anzitutto soccorso alla Croce Rossa del Libano, che è stata la prima ad intervenire a Cana. Il lavoro è consistito, prima di tutto, nel ricercare le persone ed i corpi che sono ancora intrappolati sotto le macerie. Certamente sono morti tanti bambini. Stiamo poi cercando di entrare nei villaggi del Sud del Libano per prestare assistenza e soccorso, ma é davvero molto difficile.

 

D. - Il governo israeliano ha proclamato la sospensione di 48 ore delle operazioni militari. Quanto è importante questo passo per voi?

 

R. – WELL, FOR THE TIME BEING WE NOT HAVE…

In realtà, finora non c’è stata ancora una notifica ufficiale. Noi attendiamo questa tregua. Ma fino ad allora continueremo nel nostro lavoro di sempre. Riguardo l’importanza di un cessate-il-fuoco, sarebbe certamente importantissimo per permettere ad altri mezzi umanitari di poter essere portati laddove c’è più bisogno. Soprattutto dove l’azione militare ha fatto sì che sinora risultasse impossibile arrivare. E’ importante permettere anche un maggiore e più efficiente coordinamento fra le organizzazione umanitarie.

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ALTISSIMA AFFLUENZA ALLE URNE, IERI, PER LE PRIME ELEZIONI LIBERE

DOPO 40 ANNI NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO.

I RISULTATI DIFFUSI FRA TRE SETTIMANE

- Ai nostri microfoni don Albino Bizzotto -

 

Superebbe in media il 70 per cento - con punte di oltre l’80 – secondo quanto riferisce l’agenzia MISNA, l’affluenza alle elezioni presidenziali e legislative di ieri nella Repubblica Democratica del Congo, nel primo voto libero e multipartitico dal 1960. I 50 mila seggi si sono chiusi regolarmente ieri pomeriggio. Solo qualche lieve incidente ha ostacolato lo svolgimento del voto a Mbuji Mayi, capitale del Kasai e roccaforte dell’opposizione, dove riprenderanno oggi le operazioni elettorali in 170 seggi. I primi risultati del voto si conosceranno solo fra tre settimane. Le consultazioni di ieri hanno comunque già fatto segnare una vittoria per la popolazione. Ma perché si è trattato di una giornata storica per i congolesi? Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Bukavu - nell’est dell’ex Zaire, al confine col Rwanda - don Albino Bizzotto, coordinatore degli osservatori internazionali dei “Beati i costruttori di Pace”:

 

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R. – Non solo perché era molto attesa, ma anche e soprattutto perché è stata vissuta con una grande maturità politica: c’è stata una compostezza, un tipo di partecipazione e delle modalità straordinarie. E poi questo profondo senso di coscienza della gente e la consapevolezza che quello che stava avvenendo era veramente molto grande. Posso dirlo, erano felici. Io credo che ieri si sia trattato della più grande festa per molte persone.

 

D. – C’è stato un episodio particolare che ha segnato la giornata del voto?

 

R. – L’ordine e la partecipazione in massa sono state la cosa più particolare della giornata. Difficoltà di irregolarità od altro non si sono notate, se non in piccole cose, magari solo per aiutare la gente a votare e non certo per imbrogliare. Credo che la trasparenza sia stata affermata da tutti i candidati di partito che erano testimoni ai seggi. Ho trovato una donna che aveva in spalla un vecchietto, che avrà pesato sì e no 30-35 chili, e che lo stava portando a votare. Da un’altra parte, ho visto un gruppo di sei persone che portava al seggio una persona con una gamba ingessata direttamente  divano dove si trovata immobilizzata.

 

D. – Ad urne chiuse, il presidente uscente Kabila rimane ancora uno dei favoriti?

 

R. – Nella nostra zona è favoritissimo. In molte urne, qui a Bukavu, ha avuto anche il 95 per cento dei voti. Si tratta di una scelta che i cittadini hanno fatto ed hanno fatto liberamente. Non so quale sia la situazione nelle altre zone del Congo: certo non avrà avuto lo stesso consenso, ma credo che rimanga comunque uno dei favoriti.

 

D. – Da quello che avete potuto riscontrare sul terreno, quale dovrà essere il primo impegno del nuovo presidente congolese, dopo la guerra che ha coinvolto ben sette Paesi africani?

 

R. – Sarà la pacificazione e cercare poi di riuscire, in qualche modo, a contenere tutte le spinte e tutte le tentazioni aggressive che chi non ha avuto il consenso popolare potrebbe avere, essendo dotato sia di mezzi che di uomini armati. Credo che il problema del Congo rimanga questo rapporto forte con la società internazionale per un verso, e questa pacificazione all’interno dall’altro. Ma, naturalmente, facendo anche delle scelte che diano delle risposte alle attese della gente, perché la gente è andata a votare con una grande speranza e con una grande attesa.

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SOLENNI CELEBRAZIONI IN SPAGNA, IN ITALIA E NEL MONDO

PER IL 450.MO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA.

STASERA A ROMA LA MESSA PRESIEDUTA DAL PREPOSITO

DELLA COMPAGNIA DI GESU’, PADRE PETER-HANS KOLVENBACH

- Ai nostri microfoni Juan Michel Arregui -

 

La Chiesa ricorda oggi la figura di Sant’Ignazio di Loyola. Tante le celebrazioni in Spagna, dove il Santo è nato. Quest’anno le celebrazioni di commemorazione assumono un significato particolare perché ricorrono 450 anni dalla morte di Sant’Ignazio e 500 anni dalla nascita di San Francesco Saverio e del Beato Pierre Favre, i tre amici che diedero vita alla Compagnia di Gesù. Era la mattina del 31 luglio del 1556, quando, dopo una nottata molto sofferta, Ignazio di Loyola moriva a Roma, all’età di 65 anni. Questo pomeriggio, nella capitale, alle 19, nella Chiesa del Gesù, presiederà una messa solenne il preposito generale dei Gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenbach. Per la circostanza, sarà esposto il reliquiario contenente parte delle ossa del cranio di Sant’Ignazio. Ma come sarà festeggiato il Santo, in particolare, a Loyola, dove in questi mesi diverse sono le iniziative religiose e culturali? Ce lo spiega, al microfono di Tiziana Campisi, il padre gesuita Juán Míguel Arregui, superiore della Provincia di Loyola:

 

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R.- La festa propria di Sant’Ignazio si celebra in due giornate. Il 31, giorno in cui ricorre la memoria liturgica del Santo, si svolge una celebrazione ad Azpeitia, città vicina a Loyola, e invece il primo agosto si celebra a Loyola con tutte le autorità. C’è una processione che si fa il 31 ad Azpeitia e dopo, il primo d’agosto, con le autorità della regione, si va, dalla parrocchia di Azpeitia, in processione fino a Loyola. I festeggiamenti a Sant’Ignazio durano in genere 5 giorni in tutto

 

D. - La figura di Sant’Ignazio che cosa rappresenta per il popolo basco?

 

R. – Sono due gli aspetti che di Sant’Ignazio emergono in particolare. La sua spiritualità - c’è anche un centro spirituale molto importante a Loyola e sono moltissime le persone che vi si fermano - e poi la crescita di questa nella Compagnia di Gesù. Questa compagnia ha un aspetto universale se guardiamo al suo apostolato, alla sua missione, agli ambiti dell’educazione, del lavoro sociale e del servizio ai più poveri in cui essa opera. Qui, in questa regione, sentiamo molto vicini Sant’Ignazio e anche San Francesco Saverio. Di Sant’Ignazio, ultimamente, si sta recuperando la spiritualità e soprattutto gli esercizi spirituali nel loro senso originario. Adesso si guarda di più alla sua esperienza personale dell’incontro con Dio, del discernimento. Accanto a Sant’Ignazio, poi, la figura di San Francesco Saverio lascia emergere invece l’aspetto missionario della Compagnia di Gesù. Un aspetto che però trova le sue basi sempre in questa spiritualità ignaziana, che dà alla missione una sua specificità. C’è una frase di sant’Ignazio che riesce a far cogliere molto bene la sua spiritualità: “In tutto amare è servire”. Quest’anno, nel recuperare la profondità spirituale di Sant’Ignazio, è utile anche ricordare una petizione assai ricorrente in Ignazio. Lui chiedeva spesso alla Vergine di essere sempre insieme al Figlio di Dio. Credo che questa è un po’ la radice della spiritualità ignaziana: chiedere a Maria di essere posti sempre al fianco di Gesù, suo Figlio, nel mondo e nella nostra missione.

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CHIESA E SOCIETA’

31 luglio 2006

 

 

PARTICOLARI INIZIATIVE DI PREGHIERA, IN EUROPA, PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE.

IN GRAN BRETAGNA, LA DIOCESI DI PAISLEY INVITA I FEDELI

A RIUNIRSI OGNI GIORNO PER PREGARE

 

ROMA. = Sono diverse le iniziative di preghiera che in tutta Europa sono nate per la pace in Medio Oriente. La diocesi di Paisley, suffraganea di Glasgow, in Gran Bretagna, riferisce l’agenzia SIR, si è impegnata a pregare fino alla fine della guerra. Il vescovo della diocesi, mons. Philip Tartaglia, ha invitato tutte le parrocchie “a riunirsi ogni giorno per un momento di preghiera per la pace”. Analoghe iniziative e appelli arrivano anche da altre associazioni e Chiese europee. Pax Christi Francia invoca la mediazione della comunità internazionale nella convinzione che “questo intervento è un dovere umanitario”. La Commissione Giustizia e Affari Sociali della Conferenza episcopale di Irlanda chiede “al governo irlandese di fornire aiuti immediati a coloro che stanno nel bisogno”, esprimendo “la condanna senza riserve delle azioni terroristiche degli Hezbollah e dei Paesi che li sostengono” senza giustificare la risposta militare israeliana dopo il rapimento dei suoi due soldati. Sul conflitto si è espressa anche la Conferenza delle Chiese europee (Cec-Kek) che invita “tutti a pregare per la pace in particolar modo il 6 agosto”, quando ricorreranno 61 anni dallo scoppio della bomba atomica su Hiroshima. (T.C.)

 

 

IN INDIA, VACCINATI 9 MILIONI DI BAMBINI CONTRO L’ENCEFALITE GIAPPONESE. L’INFEZIONE VIRALE, TRASMESSA DA ZANZARE INFETTE,

HA PROVOCATO LO SCORSO ANNO 1.800 VITTIME

 

NEW DELHI. = Nove milioni di bambini sono stati vaccinati nei giorni scorsi, in India, contro l’encefalite giapponese. La campagna di vaccinazione è stata promossa dal governo e mira alla tutela di 11 milioni di bambini che vivono nelle zone ad alto rischio di 11 distretti. La prevenzione medica vuole combattere un’infezione virale, trasmessa da zanzare infette, causa dell’infiammazione delle membrane che circondano il cervello e che ogni anno uccide più di 10 mila bambini in Asia e nel Pacifico. Soltanto nel 2005, scrive l’agenzia Fides, le vittime in India sono state più di 1.800. Coloro che riescono a sopravvivere subiscono invece danni neurologici permanenti. “Il vaccino è l’unica misura seria e attendibile per contrastare la malattia”, spiegano gli operatori sanitari impegnati nelle cure di immunizzazione. La campagna è stata appena completata nella regione del West Bengala. Ed è stata ispirata da un programma pilota avviato dal governo dell’Andhra Pradesh. Secondo le previsioni, la campagna di vaccinazione verrà ultimata entro la fine del mese di agosto. (A.Gr.)

 

TROVATO NEGLI USA UN RIMEDIO CONTRO LA DISTROFIA MIOTONIA,

UNA DELLE FORME PIÙ COMUNI DELLA DISTROFIA MUSCOLARE,

CHE PROVOCA IL DETERIORAMENTO DEI MUSCOLI

 

CHARLOTTESVILLE. = Un rimedio per far regredire una delle più comuni forme di distrofia muscolare, la distrofia miotonia, è stato sperimentato a Charlottesville, negli USA, alla University of Virginia. Il trattamento, che agisce eliminando la molecola tossica presente nei muscoli dei malati, come spiegato sulla rivista Nature Genetics, è in grado di ripristinare completamente la funzionalità dei muscoli scheletrici e del cuore delle cavie trattate. La distrofia miotonia è provocata da una mutazione genetica che causa l’accumulo nel muscolo di un eccesso di una molecola tossica, un composto anormale che nelle versione sana serve per tradurre il codice della vita in proteine, ovvero dell’Rna messaggero (mRNA). Questo eccesso di mRNA porta al progressivo indebolimento muscolare fino al deterioramento completo dei muscoli. Un’equipe ha quindi pensato che, molto semplicemente, rimuovendo l’mRna tossico il problema muscolare potesse regredire. Per testare questa ipotesi sono stati creati topolini con il gene della distrofia ma con la possibilità di un controllo del gene dall’esterno, togliendo o somministrando una sostanza nell’acqua bevuta dalle cavie. Aggiungendo tale sostanza, un antibiotico, il gene distrofico dei topolini funziona e compaiono i sintomi della malattia, ma senza l’antibiotico nell’acqua il gene difettoso rimane spento e i sintomi regrediscono. È la prima dimostrazione in assoluto che, in linea di principio, la distrofia può essere guarita eliminando la molecola che deriva dal difetto genetico. Secondo gli esperti, neutralizzando la sostanza che causa problemi, si potrebbero far scomparire i sintomi della malattia e bloccare la degenerazione muscolare. (T.C.)

 

 

DA DOMANI, A ROMA, NELLA BASILICA DI SANTA MARIA IN VIA LATA AL CORSO,

LA QUINDICINA IN PREPARAZIONE DELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNTA CON L’UFFICIO

MARIANO DELLA PARACLISIS PARTICOLARMENTE OSSERVATO NELLE CHIESE D’ORIENTE

 

ROMA. = A partire da domani, e fino al 14 agosto, a Roma, nella Basilica di Santa Maria in via Lata al Corso, alle 21.30, ha inizio l’ufficio mariano della Paraclisis, un antico rito con invocazioni alla Madre di Dio in preparazione della festa dell’Assunta. Universalmente celebrata fin dall’antichità, l’Assunzione è considerata come la più grande festa mariana. Nelle Chiese d’Oriente, tutto il mese di agosto è dedicato alla Vergine, e nei giorni che precedono la solennità, monaci e fedeli si preparano alle celebrazioni con un austero digiuno.  L’ufficio della Paraclisis, particolarmente osservato nelle Chiese ortodosse e cattoliche bizantine, comprende preghiere e canti in metrica e la recita di salmi. La Quindicina che inizia domani nella chiesa romana culminerà, la sera del 14 agosto, con una veglia che avrà luogo alle 21. (T.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

31 luglio 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

Comincia oggi in Afghanistan la nuova missione delle truppe NATO. Il sud del Paese, infatti, sarà presidiato da 18 mila uomini della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF), che sostituiranno il corpo della coalizione americana Enduring Freedom. Immediata la replica dei guerriglieri talebani, che hanno salutato l’arrivo dell’ISAF con la promessa di centinaia di attentati suicidi. Ma cosa cambia, con questa nuova missione, sul piano strettamente militare? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al generale Luigi Caligaris, esperto di strategie militari:

 

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R. – Cambia nel fatto che gli europei, attraverso la forza NATO nel sud, assumono buona parte degli impegni ad alta intensità. Intendo per alta intensità quelli con maggior rischio e dove c’è anche maggior volume di fuoco e che venivano finora assolti dagli americani. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che in quella zona, che è una zona in cui i talebani hanno ancora radici molto solide, ci sono più probabilità e più possibilità di combattimenti e di scontri a fuoco e ci sono, quindi, rischi maggiori.

 

D. – Cosa si può prevedere, secondo lei, una maggiore tranquillità o più sangue?

 

R. – Le previsioni qui sono tutte possibilità. La cosa più importante è che canadesi, olandesi e britannici si sono addossati delle missioni che sono tutt’altro che facili. Vorrei citare a questo proposito il comportamento dell’Olanda che – direi – è quasi esemplare: c’era un forte dissenso all’interno sia dell’opinione pubblica, sia in Parlamento, sia anche nel governo verso lo schieramento di soldati non a rischio così elevato. C’è stato un dibattito in Parlamento e alla fine tutto il Paese ha deciso di appoggiare la missione.

 

D. – La forza NATO avrà il difficile compito di instaurare la sicurezza nell’area e guadagnare così il sostegno della popolazione. Ci riuscirà, secondo lei?

 

R. – Bisogna cercare di capire che lì c’è un sostegno differenziato, in base alle aree in cui i presidi ISAF si trovano ed acquistare consenso, aree dove ci sono interessi molteplici, tra i quali quello conosciutissimo della droga, e contro questi problemi il sostegno della popolazione può fare molto. Il potere è saldamente in mano ai cosiddetti “signori della guerra”, che hanno sempre fatto quello che volevano.

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Intanto, sul campo, almeno otto persone sono morte e altre 16 sono rimaste ferite stamani per l’esplosione di un’autobomba davanti a una moschea a Jalalabad, nella provincia orientale di Ningarhar. Il bersaglio dell’esplosione doveva essere il governatore locale, Gul Afgha Sherzai, che, rimasto incolume, ha attribuito l’attentato alla guerriglia taleban. Ieri, oltre 30 guerriglieri erano morti in diversi raid delle forze di coalizione nel sud del Paese.

 

Non si spezza la catena di violenze in Iraq. Due commando armati hanno assassinato questa mattina a Baghdad un funzionario dei servizi segreti governativi e il responsabile delle moschee sunnite della capitale. Sempre a Baghdad, 12 dipendenti della Camera di Commercio iracheno-americana sono stati sequestrati da uomini che indossavano divise delle forze di sicurezza irachene. I rapitori hanno costretto gli impiegati a salire sui quindici fuoristrada con cui avevano circondato la sede della Camera di Commercio nel distretto di Arasat. Uccisi, infine, quattro marines durante gli scontri di ieri nella provincia di Anbar, portando così a quasi 1580 il numero dei soldati americani morti in Iraq dall’inizio del conflitto, nel marzo del 2003. Ne danno notizia oggi fonti militari statunitensi a Baghdad.

 

L’Iran risponde al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che in giornata dovrebbe approvare la risoluzione con cui tenterà di imporre a Teheran di interrompere entro il 31 agosto l’arricchimento dell’uranio. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha ribadito ieri sera il diritto del suo Paese a possedere tecnologia nucleare, sottolineando che il conflitto in Libano potrebbe avere delle ricadute di rilievo nella sua decisione di adottare o meno la proposta avanzata dalla grandi potenze sul nucleare.

 

Tre soldati sono morti e altri tre sono rimasti feriti ieri sera in Pakistan per l’esplosione di una mina anticarro lungo una strada nella provincia sudoccidentale del Baluchistan. I sei soldati stavano sminando il territorio in vista dei lavori di asfalto delle strade. Sebbene al momento nessuno abbia rivendicato l’attentato, il governo pakistano ha condannato duramente le rappresaglie delle tribù del Baluchistan, che hanno disseminato di mine il territorio contro le forze di sicurezza che operano nell’area.

 

Grande spargimento di sangue nello Sri Lanka, dopo l’annuncio, da parte di un portavoce dei separatisti Tamil, della fine del quadriennale accordo di cessate il fuoco con il governo di Colombo. Almeno nove soldati cingalesi e 35 ribelli del Movimento per la Liberazione della Patria Tamil (LTTE) sono morti oggi, nel sesto giorno di combattimenti per il controllo di un canale di irrigazione nel distretto nordorientale di Trincomalee. Lo ha riferito il Ministero della difesa. I separatisti hanno accusato i governativi di violare la tregua stabilita nel 2002 e hanno avanzato una accusa formale contro le azioni militari di Colombo, che ieri aveva sottolineato che le sue operazioni militari sono temporanee e non costituiscono una volontà di rompere la tregua.

 

Con il 53 per cento dei consensi, James Michel, è stato confermato ieri capo dello Stato delle isole Seychelles. Michel, leader del Seychelles People’s Progressive Front, si è imposto sul candidato dell’opposizione, il pastore anglicano del Seychelles National Party, Wavel Ramkalawan, con oltre il 6 per cento di scarto.

 

E’ stato riconfermato, per un secondo mandato di cinque anni, il capo di Stato uscente dell’arcipelago africano di Sao Tomè e Principe, Fradique de Menezes, appoggiato dalla coalizione di centrodestra. Alle elezioni presidenziali di ieri, de Menezes ha ottenuto il 60 per cento dei voti, contro il 38 per cento del candidato di centro sinistra, Patrice Trovoada, figlio di un ex presidente dell’ex colonia portoghese. Il terzo candidato, l’uomo d’affari Nilo Guimaraes, ha ottenuto l’un per cento dei consensi.

 

La Serbia non rinuncerà mai alla sovranità sulla vicina provincia del Kosovo, abitata in maggioranza da una comunità di etnia albanese, “neppure in cambio di un ingresso più veloce nell’Unione Europea”: è quanto ha dichiarato stamani in un’intervista al Danas di Belgrado il premier serbo, Vojislav Kostunica, sottolineado che a nessuno Stato è stata posta come condizione per l’adesione alla UE quella di rinunciare a una parte del suo territorio. Kostunica ha poi ribadito l’offerta di una ampia autonomia per il Kosovo, già respinta dagli albanesi-kosovari, che aspirano all’indipendenza.

Per la Russia niente ingresso nel WTO prima del 2008. Lo rende noto, stamani a Tiumen in Siberia, Maksim Medvedkov, capo della delegazione russa incaricata dei negoziati per l’accesso all’Organizzazione mondiale del commercio. Il presidente russo, Vladimir Putin puntava ad ottenere il via libera dagli Stati Uniti per l’ingresso al WTO prima del vertice G8 di metà luglio a San Pietroburgo, ma rimangono ancora numerose divergenze tra Mosca e Washington. Oltre che con gli Stati Uniti, la Russia deve ancora completare i negoziati bilaterali con Costa Rica, Georgia e Moldavia prima di poter ottenere luce verde per l’adesione al WTO.

 

La Russia ha dato l’allarme per un possibile disastro ambientale, dopo la fuoriuscita di petrolio da un oleodotto al confine con Ucraina e Bielorussia. A riferire la notizia è stata la CNN, che nel suo sito internet ha citato fonti del Ministero delle Risorse naturali russo. Il petrolio si è riversato su un’area di circa sei chilometri quadrati nella provincia di Byransk. Sono stati inquinati falde acquifere e boschi.

 

Imponente manifestazione, da ieri a Città del Messico, a sostegno del candidato della sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador, uscito sconfitto dalle elezioni presidenziali dello scorso 2 luglio. Obrador, della coalizione “Per il Bene di Tutti”, guidata dal Partito della rivoluzione democratica (PRD), aveva chiesto ai suoi sostenitori di raddoppiare il milione di partecipanti riuniti a metà luglio nella storica piazza dello Localo per chiedere il riconteggio delle schede elettorali, nella convinzione che si fossero verificati brogli e irregolarità. La protesta si protrarrà per tutta la giornata di oggi. Per l’Istituto federale elettorale (IFE), le elezioni sono state vinte dal candidato del Partito azione nazionale (PAN), Felipe Calderon, con un vantaggio di 244 mila voti su 41 milioni espressi.

 

In Cina, almeno 18 operai che lavoravano alla costruzione di una strada nella provincia meridionale dello Yunnan sono morti il 20 luglio scorso a causa delle inondazioni sviluppatesi al passaggio del tifone Bilis. Lo afferma oggi la stampa cinese, che aggiunge che altri 17 lavoratori sono dati per dispersi. In tutta la Cina, Bilis ha causato la morte di oltre seicento persone. La scorsa settimana, poi, il tifone Kaemi ha colpito le stesse regioni della Cina orientale e meridionale, causando la morte di almeno 35 persone. Kaemi ha perso molta della sua intensità, ma forti piogge continuano a cadere sul territorio.

 

Sarebbero stati rilasciati “sani e salvi” i 16 dipendenti della compagnia petrolifera italiana “Agip” e gli otto soldati nigeriani sequestrati mercoledì scorso nell’area del Delta del Niger. Lo si è appreso da fonti giornalistiche locali. Un gruppo di giovani aveva assaltato gli impianti della società italiana a Ogboinbiri, nello Stato di Bayelsa, chiedendo il rispetto dell’accordo che imporrebbe alle compagnie petrolifere attive nella regione di garantire l’assunzione di un certo numero di giovani locali. Sembra che l’azienda italiana – stando alle notizie riportate dalla stampa – abbia accettato alcune richieste della comunità locale, relative in particolare a posti di lavoro per i giovani e borse di studio per studenti in difficoltà economica. Nel Delta del Niger, tra l’altro, sono attivi gruppi armati che rivendicano una più equa distribuzione delle risorse petrolifere della regione.

 

 

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