RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 210  - Testo della trasmissione di sabato 29 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Da ieri sera, Benedetto XVI è a Castel Gandolfo, dove domani reciterà l’Angelus. Prima della partenza dalla Valle d’Aosta, un nuovo appello per la pace in Medio Oriente. Ai nostri microfoni, il vescovo di Albano, Macello Semeraro, racconta i primi momenti del Papa nella sua residenza estiva

 

La Chiesa celebra oggi la memoria di Santa Marta. Questa sera, nei Giardini Vaticani, il tradizionale Rosario per meditare sugli aspetti della vita cristiana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, di nuovo in Medio Oriente per rilanciare la possibilità di cessate-il-fuoco. ma Israele respinge, intanto, la richiesta di una tregua umanitaria di 72 ore avanzata dall’ONU: la testimonianza di don Vittorio Pozzo

 

Storica vigilia elettorale nella Repubblica Democratica del Congo: domani, 25 milioni di elettori alle urne per eleggere presidente e Parlamento, in un clima arroventato da tensioni e violenze: don Albino Bizzotto e Marina Piccone

 

Giovani da tutta Italia a piedi verso Assisi per la 26.ma marcia francescana: ce ne parla frate Francesco Piloni

 

Chiude domani, nel Braccio di Carlo Magno, la Mostra dedicata al Giubileo della Guardia Svizzera Pontificia, nata 500 anni fa. Migliaia le persone in visita nei quattro mesi di esposizione: ai nostri microfoni il capitano Roman Fringeli

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

La CEI definisce moralmente inaccettabile la decisione dell’UE che riguarda la ricerca sulle cellule staminali embrionali. L’episcopato spagnolo: attenta al diritto fondamentale della vita fin dai primi stadi

 

Cina: il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, ha accolto in una Messa i ragazzi che parteciperanno alla IV Giornata asiatica della Gioventù. Alle famiglie che li ospiteranno il porporato ha rivolto un particolare grazie

 

La malaria provoca un maggior numero di conseguenze negative in Africa. Lo rivela un Rapporto presentato a Ginevra

 

In missione per animazione estiva, in Brasile, Palestina, Albania, Bosnia e Kosovo, duecento volontari italiani delle ACLI

 

Festa di saluto stasera a Roma per l’ex direttore della Sala Stampa Vaticana, Joaquĺn Navarro-Valls. Alla serata anche il segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänsewein e il nuovo portavoce di Benedetto XVI padre Federico Lombardi

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno sette morti stamani in Iraq e la notizia dell’uccisione, giovedì, di quattro marines americani. Intanto, in Afghanistan, le forze di coalizione USA uccidono una ventina di guerriglieri taleban

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 luglio 2006

 

 

DA IERI SERA, BENEDETTO XVI E’ A CASTEL GANDOLFO,

DOVE DOMANI RECITERA’ L’ANGELUS. PRIMA DELLA PARTENZA DALLA VALLE D’AOSTA,

UN NUOVO APPELLO PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE.

AI NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO DI ALBANO, MARCELLO SEMERARO,

 RACCONTA I PRIMI MOMENTI DEL PAPA NELLA SUA RESIDENZA ESTIVA

 

Il Papa è vicino ai popoli travolti dalla guerra. Ieri pomeriggio congedan­dosi dalla Valle d’Aosta, dove ha trascorso un periodo di riposo, è tornato a chie­dere a tutti i fedeli di pregare per la pace in Medio Oriente. Un appello che ha preceduto la partenza dall’aeroporto di Aosta alla volta di Roma. Di qui, il Papa si è trasferito in auto al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Domani, dunque, il Pontefice reciterà l’Angelus dalla sua residenza estiva. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

**********

Pace, pace per il Medio Oriente. E’, questo, un pensiero che non abban­dona mai Benedetto XVI, che pur in un periodo caratterizzato dal riposo, non manca di farsi prossimo alle sofferenze di chi è travolto da uno “spietato con­flitto”. Così anche ieri, salutando le autorità valdostane e i giornalisti, all’aeroporto di Aosta, il Papa è tornato ad esprimere il suo pensiero sulla pace in Medio Oriente:

 

“Il nostro strumento principale è la preghiera naturalmente e' un grido non solo a Dio ma agli uomini. Non taciamo, facciamo il possibile per arrivare alle orecchie dei potenti”.

Dunque, Benedetto XVI è da ieri sera nella sua residenza di Castel Gan­dolfo. Il Papa è arrivato a Castello, come la località laziale viene usualmente chiamata dai suoi abitanti, attorno alle 19. Subito ha voluto rivolgere un primo affettuoso saluto ai fedeli, accorsi per dargli il benvenuto:

 

“Cari amici, vorrei soltanto salutarvi di tutto cuore. Sono felice di essere nella vostra bellissima città, in questo Palazzo che ha una facciata rinno­vata, di una bellezza straordinaria. Resterò alcune settimane con voi e speriamo di vivere bene in queste settimane: in pace e con la benedizione del Signore, in pegno della quale vi do ora la mia benedizione. Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Un augurio di buona cena a tutti voi; ci vediamo domenica se Dio vuole”.

 

Per una testimonianza sulle emozioni dei fedeli nell’accogliere il Papa nella propria diocesi, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Albano, Marcello Semeraro:

 

R. - Lo abbiamo accolto con un senso di gioia. Ci stringiamo attorno a lui con affetto, soprattutto in questi giorni in cui aderiamo alla preghiera del Papa per la pace nel Medio Oriente. C’è anche un senso di orgoglio e di sod­disfazione per essere in un territorio nel quale il Papa dimora e ci pare che dimori con soddisfazione. Attendiamo di vivere con lui gli appuntamenti domenicali ma soprattutto già guardiamo alla celebrazione dell’Assunzione della Beata Vergine giacché, è ufficiale, come lo scorso anno e come i Papi predecessori, Benedetto XVI - alle 8 del mattino - celebrerà la Santa Messa nella chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villlanova in Castel Gandolfo.

 

D. – Il Papa ha subito voluto salutare i fedeli. Come è stato accolto questo gesto?

 

R. – Il Papa si è fermato, ha fatto un percorso inusuale quest’anno perché desi­deravamo fargli vedere il lavoro di restauro, di ripulitura dell’intera facciata del Palazzo Apostolico e dell’antico portone. Ha voluto egli stesso, salendo nell’appartamento, affacciarsi alla finestra per dare almeno una parola di sa­luto ed esprimere la sua soddisfazione. I fedeli erano oltre modo contenti.

 

D. - Domani, il primo Angelus del Papa a Castel Gandolfo. C’è qualche iniziativa particolare della sua diocesi?

 

R. – Nella serata di oggi ci sarà nella piazza di Castel Gandolfo un concerto in onore del Santo Padre. Il comune di Castel Gandolfo ha rimandato alla do­menica successiva un tradizionale gesto di omaggio al Santo Padre, con l’offerta di frutta in occasione della Festa delle pesche. Le comunità parroc­chiali della diocesi hanno già programmato delle presenze alternate nelle domeniche.

 

D. – La sua diocesi è nota al mondo per Castel Gandolfo, la residenza estiva del Papa; può dirci qualcosa in più sulla sua diocesi?

 

R. –  E’ una diocesi la cui caratteristica credo di poterla sintetizzare con la parola “crescita”, una crescita numerica innanzitutto. E’ una diocesi che, nell’arco di mezzo secolo, è passata da 80 mila abitanti a oltre mezzo milione. Questa crescita accelerata crea ovviamente dei problemi. Io sono da appena un anno e mezzo qui, in questa diocesi, e ho potuto davvero sperimentare il senso dell’entusiasmo, il senso della progettazione, soprattutto in alcuni ambiti come quello del primo annuncio, della pastorale della salute. Ancora, la vici­nanza alle persone più emarginate, il progetto riguardo ai giovani e alla fami­glia, una realtà che a me dà tanto conforto e piana soddisfazione. E’ una dio­cesi che si estende pastoralmente in tre zone molto diverse tra loro ma ar­moniche: la zona antica dei Castelli, la zona centrale, industriale con Aprilia e Pomezia, e poi la zona turistica con chilometri di litorale sul mare, articolata in sei vicarie, dove ci sono circa 80 parrocchie.

**********

 

 

LA CHIESA CELEBRA OGGI LA MEMORIA DI SANTA MARTA.

QUESTA SERA, NEI GIARDINI VATICANI, IL TRADIZIONALE ROSARIO

 

Oggi la Chiesa ricorda Santa Marta e questa sera, alle 20, si rinnova il tradizionale appuntamento nei Giardini Vaticani per la recita del Rosario. Una processione, accompagnata da fiaccole, farà tappa, per la meditazione dei misteri, dinanzi alle edicole dedicate alla Madonna di Czestochowa, di Guadalupe, di Fatima, di Lourdes e della Guardia. La preghiera, che vuole ricordare le due dimensioni - attiva e contemplativa - della vita cristiana, si concluderà dinanzi all’effige della Madonna della Misericordia voluta da Giovanni Paolo II. In collegamento, tramite la nostra emittente, ci saranno le suore di clausura del monastero che si trova in Vaticano. La figura di Marta, nel Vangelo, viene presentata in un episodio che racconta di una visita di Gesù alle sorelle di Lazzaro, Maria e Marta appunto. Mentre quest’ultima emerge come una donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, della prima viene evidenziata la preferenza per l’ascolto della Parola. “Signore, non t’importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”, dirà Marta a Gesù. Per tutta risposta la donna riceve dal Maestro un insegnamento: “Marta, Marta, tu t'inquieti e ti affanni per molte cose, ma una sola è necessaria, Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Qualcuno legge nelle parole di Gesù un rimprovero a Marta, ma Sant’Agostino commenta: “Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te… Molte sono le cose create, ma uno solo è il loro Creatore… Chi potrebbe contarle?… Chi le ha fatte? Le ha fatte tutte Dio; ed ecco: tutte le cose sono molto buone. Se sono molto buone le cose ch’egli ha fatto, quanto migliore sarà lui che le ha fatte?”. La lezione impartita a Marta da Gesù non riguarda, evidentemente, la sua encomiabile laboriosità, ma l’eccesso di affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. I primi a dedicare una celebrazione liturgica a Santa Marta furono i francescani, nel 1262, il 29 luglio, cioè otto giorni dopo la festa di Santa Maria Maddalena, impropriamente identificata con sua sorella Maria.

 

 

=======ooo========

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Medio Oriente: le Nazioni Unite chiedono ai belligeranti in Libano almeno 72 ore di tregua.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - Nucleare: accordo al Consiglio di Sicurezza dell'ONU per una risoluzione sul dossier iraniano.

 

Servizio culturale - Un elzeviro, a firma di Mario Gabriele Giordano, dal titolo "Nulla può essere sano se la cultura è corrotta".

 

Servizio italiano - Farmacie: intesa raggiunta, fine delle serrate.

 

 

======ooo========

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

29 luglio 2006

 

IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO, CONDOLEEZZA RICE, DI NUOVO

IN MEDIO ORIENTE PER RILANCIARE LA POSSIBILITÀ DI UN CESSATE-IL-FUOCO.

MA ISRAELE RESPINGE, INTANTO,

LA RICHIESTA DI UNA TREGUA UMANITARIA DI 72 ORE AVANZATA DALL’ONU

- Intervista con don Vittorio Pozzo -

 

Diplomazia al lavoro per trovare una soluzione alla crisi libanese: il segretario di Stato americano, la signora Condoleezza Rice, è partita per il Medio Oriente per promuovere un cessate-il-fuoco tra Israele e il movimento politico e militare degli Hezbollah. Sono previsti incontri con il premier israeliano, Ehud Olmert, e con il primo ministro libanese, Fuad Sinora. Ma gli sforzi non sembrano, al momento, trovare terreno fertile: Israele ha respintola richiesta di una tregua umanitaria di 72 ore, avanzata dall’ONU, per dare la possibilità di portare aiuti di emergenza. Secondo il governo dello Stato ebraico, non c’è bisogno di un cessate-il-fuoco perché sono già stati aperti corridoi verso il Libano. La situazione sembra, però, molto critica: ieri, attacchi israeliani hanno colpito anche due convogli umanitari a sud di Beirut. Almeno tre persone sono rimaste ferite. Ma come procedono adesso, in Libano, l’organizzazione e la distribuzione degli aiuti? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al missionario salesiano della casa Don Bosco di El Houssoun, padre Vittorio Pozzo, in Medio Oriente da 54 anni e da 30 in Libano:

 

*********

R. – La distribuzione degli aiuti umanitari, soprattutto nel sud del Libano, è praticamente paralizzata a causa di questi bombardamenti e gli stessi corridoi umanitari che erano stati – in teoria – autorizzati da Israele, praticamente non vengono rispettati: tutti i ponti e le strade, da Beirut in giù, sono distrutte; riuscire ad organizzare convogli in quelle zone è estremamente difficoltoso.

 

D. – Avete potuto portare aiuti nella vostra zona?

 

R. – Grazie ad alcuni aiuti che stiamo già ricevendo, per adesso maggiormente in denaro, abbiamo potuto organizzare degli interventi rapidi. Nella nostra zona, nella provincia di Jbeil, sono radunati da 30 a 50 mila sfollati. Sono in stragrande maggioranza sciiti, ma c’è anche una piccola minoranza di cristiani. Noi, come Salesiani, abbiamo due case nella zona: una casa in montagna, che è occupata da 150 sfollati, prevalentemente sciiti insieme con alcune famiglie cristiane. Poi, c’è una casa sulla costa, in una scuola tecnica. Siamo in tre ed abbiamo mobilitato i nostri animatori ed alcuni volontari. Ogni giorno visitiamo uno dei centri con i quali siamo in contatto.

D. – Come sostenete in concreto la popolazione?

 

R. – Quel poco che possiamo raccogliere, lo portiamo. Portiamo, tra le varie cose, sempre dei palloni per i ragazzi, perché è un oggetto molto amato e richiesto per potersi divertire un po’: organizziamo un’ora di animazione per i bambini e i ragazzi, per distrarli da questa situazione veramente tragica. Oggi abbiamo in programma di andare in montagna, nella zona di Annaya, dove sorge il Monastero di San Charbel, il Santo nazionale libanese, nel cui perimetro sono accampate centinaia di persone. Stiamo raccogliendo tutto ciò che è possibile e porteremo loro quello che possiamo.

 

D. – La comunità internazionale è al lavoro per trovare una soluzione alla crisi. La popolazione confida in questi sforzi?

 

R. – Non sembra che tali sforzi saranno molto entusiasmanti per il Libano, non dico per tutto il Libano, ma soprattutto per una parte, quella degli Hezbollah. Se il movimento degli Hezbollah e i membri del governo che sono legati agli Hezbollah rifiutano queste proposte o ne propongono di alternative, considerate inaccettabili da Stati Uniti ed  Israele, i combattimenti dovrebbero continuare. Per adesso, non ci facciamo molte illusioni su una rapida soluzione della crisi, su un immediato cessate-il-fuoco.

 

D. - Voi Salesiani avete sentito responsabili Hezbollah? Cosa dicono?

 

R. – Adesso sono preoccupati per la drammatica situazione umanitaria. Non entriamo in questioni di strategia o discussioni di carattere politico e militare. A noi interessa l’intervento umanitario.

**********

 

         E la crisi in Libano, dove nuovi raid israeliani hanno provocato la morte di almeno 8 persone, è stata al centro ieri del vertice a Washington tra il presidente americano, George Bush, ed il premier britannico, Tony Blair. I due leader hanno sottolineato la necessità della creazione di una forza multinazionale di interposizione e annunciato nuovi, importanti appuntamenti per cercare di trovare una soluzione alla crisi libanese. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

**********

Lunedì, all’ONU, si terrà una riunione per definire la forza internazionale, che dovrebbe aiutare il governo di Beirut a presidiare le regioni meridionali del suo territorio. Quindi, forse nel corso della prossima settimana, il Palazzo di Vetro potrebbe approvare una risoluzione per confermare le intese e giungere ad una tregua stabile. Questi sono i punti del piano su cui hanno concordato il presidente americano, George Bush e il premier britannico, Tony Blair, durante il loro incontro alla Casa Bianca. Finora, Washington si è opposta ad un cessate-il-fuoco, perché vuole una via di uscita duratura al conflitto, che applichi la Risoluzione 1559 e porti al disarmo gli Hezbollah. Blair non ha chiesto a Bush la tregua immediata, voluta dagli altri Paesi europei. I due leader hanno concordato sul fatto che la responsabilità primaria della crisi ricade sulla formazione degli Hezbollah e che quindi è necessario fermarla e ristabilire la sovranità del governo libanese su tutto il proprio territorio. Ogni giorno che passa senza la cessazione delle ostilità aumenta, però, il risentimento degli arabi verso Israele e i suoi alleati occidentali, complicando la situazione di lungo termine della questione mediorientale e aumentando la popolarità dei terroristi. Washington non ha ancora accettato di premere su Israele affinché termini la sua offensiva, ma da oggi la Rice sarà nella regione per cercare l’intesa che chiuda le ostilità.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

**********

 

 

STORICA VIGILIA ELETTORALE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:

DOMANI, 25 MILIONI DI ELETTORI ALLE URNE PER ELEGGERE

PRESIDENTE E PARLAMENTO,

IN UN CLIMA ARROVENTATO DA TENSIONI E VIOLENZE

- Ai nostri microfoni don Albino Bizzotto e Marina Piccone -

 

La Repubblica Democratica del Congo si prepara alle storiche elezioni generali di domani. Purtroppo, è teso il clima che sta caratterizzando la vigilia del voto. Ieri a Goma, nel Kivu, due persone sono rimaste uccise durante una manifestazione. Inoltre, un piccolo aereo da ricognizione senza pilota, in forza agli osservatori internazionali, è caduto forse per un incidente ferendo 5 persone. Nonostante le difficoltà, gli osservatori europei sono convinti che le violenze non riusciranno ad impedire la svolta democratica nel Paese. Il servizio di Giulio Albanese:

 

**********

Oltre 25 milioni gli aventi diritto chiamati domani, per la prima volta, alle urne nella Repubblica democratica del Congo per scegliere il capo dello Stato (33 i candidati in corsa alla presidenza), e un nuovo Parlamento (poco meno di 10 mila i pretendenti in lizza per i 500 seggi dell’Assemblea popolare). I partiti politici presenti nelle liste sono 213 e 50 mila i seggi elettorali in una nazione ricca di risorse minerarie, dall’oro ai diamanti, ma paradossalmente povera a causa di devastazioni, corruzione e malgoverno. Per il Congo, messo a ferro e fuoco da una guerra regionale esplosa il 2 agosto del ’98, che ha provocato oltre 4 milioni di morti, quello di domani è un appuntamento che segna la fine della transizione politica, avviata nel 2003, dopo la storica intesa di Sun City, in Sudafrica. Una sfida politica e logistica, inedita per l’Africa, sia per l’estensione del Paese, sia per la mancanza di infrastrutture. Il rischio dei brogli è reale, come però è innegabile la voglia di democrazia da parte della gente. La Repubblica Democratica del Congo – è bene ricordarlo – è uno dei tre Paesi al mondo che registra i peggiori tassi di mortalità infantile: secondo l’Agenzia Fides, vi muoiono ogni anno più bambini con meno di 5 anni che in Cina, nonostante il Paese del Drago abbia una popolazione ben tre volte superiore rispetto a quella del Congo. Il che la dice lunga sulle problematiche il prossimo governo di Kinshasa dovrà affrontare.

 

         Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

**********

 

Dopo l’indipendenza ottenuta nel 1960, in questi ultimi otto anni il Congo ex Zaire è stato teatro di una guerra civile che ha causato 4 milioni di vittime. Il voto dei circa 25 milioni di elettori sarà seguito da gruppi di osservatori internazionali. Tra loro, nella turbolenta regione orientale del Kivu, al confine con il Rwanda, è presente anche un gruppo dell’associazione “Beati i costruttori di pace”, il cui fondatore, don Albino Bizzotto, spiega al microfono di Roberto Piermarini se esistano rischi concreti di brogli o irregolarità nel voto:

 

**********

R. – La Commissione elettorale indipendente e le altre istituzioni, qui, hanno sollecitato una forte presenza internazionale per l’importanza dell’evento, per la credibilità del processo elettorale del voto – che, come si sa, è in mezzo ad una notevole turbolenza - e anche per fare in parte da deterrente per chi volesse manipolare o agire con violenza o altro…

 

D. – C’è il rischio di brogli o di irregolarità per questo voto?

 

R. – Sì, ci sono queste paure, però devo dire che c’è quasi un miracolo per quanto riguarda la preparazione e la formazione a questo appuntamento. Tutte le Chiese, non soltanto la Chiesa cattolica, ma tutte le confessioni religiose hanno fatto un grande sforzo per l’educazione civica degli elettori. E’ una cosa commovente, vedere come stiano lavorando attivamente con tutti i tabelloni, con le fotografie, con i numeri, con i candidati, sulla strada, e tutta la gente attorno che guarda, che ascolta… Si lavora all’interno di una realtà abbastanza complessa però, tutto sommato, con grande buona volontà e anche con una grande preparazione. Pensate che le schede sono state stampate in Sudafrica, per evitare i brogli, e vanno portate in aereo dalla Missione delle Nazioni Unite per la RDC (MONUC) nelle varie zone, nei vari centri di voto, e quindi, quello che è possibile si fa.

 

D. – I congolesi cosa si aspettano da questo voto?

 

R. – Ci sono due grandi attese. La prima attesa è quella della popolazione. La popolazione lo vede come un evento “messianico”, nel senso che è la prima volta dopo 45 anni, in cui hanno sopportato guerre, fame, disoccupazione, distruzione delle infrastrutture e allora è chiaro che la popolazione in questo vede un progresso enorme. C’è una grande attesa. Diversa l’attesa invece di coloro che in qualche modo hanno sempre manovrato all’interno del potere, magari anche con le loro forze armate, i vari signori della guerra: stanno gestendo ormai una transizione al governo attuale e non vorrebbero essere delegittimati dalle elezioni ma mantenere una loro posizione di privilegio, di potere, senza dover rendere conto, poi, ai cittadini. C’è questa contraddizione e c’è questa sofferenza, anche, ma spero che alla fine a livello internazionale, oltre all’attenzione e all’impegno per arrivare alle elezioni, ci sia anche una volontà di rimanere all’interno dei risultati. Un altro segnale della presenza internazionale viene dalle forze armate che non sono ancora integrate nell’esercito del generale N’kumba e di altre personalità: mi pare che la comunità internazionale stia premendo perché si arrivi magari a degli accordi per la gestione del potere, ma che non si vadano a falsare i risultati delle elezioni.

**********

 

L’impegno della comunità internazionale, tuttavia, viene visto con sospetto nella Repubblica Democratica del Congo. Lo spiega, al microfono di Roberto Piermarini, Marina Piccone, che si trova nella regione del Kivu come osservatrice elettorale per conto dell’associazione “Beati i costruttori di pace”:

 

**********

R. – Si comincia sin dalle 6.00 di mattina a gridare slogan, con musiche di sottofondo, da macchine tappezzate di manifesti di questo o di quel candidato.

 

D. – Marina, lì nella regione del Kivu chi è il favorito?

 

R. – Qui il presidente uscente, a capo del governo di transizione, Joseph Kabila, è il più favorito.

 

D. – Per queste elezioni, quale sarà lo sforzo della Comunità internazionale?

 

R. – Si calcola che la comunità internazionale spenderà circa 400 milioni di euro per la gestione della consultazione, su un territorio pari a due terzi dell’Europa. L’impegno della comunità internazionale, secondo alcuni, rischia di trasformarsi però in un’ingerenza dettata dai forti interessi per le risorse naturali dell’ex Zaire, già saccheggiate durante la guerra ed ancora oggi sfruttate senza beneficio diretto dei congolesi.

 

D. – Il voto di domenica è stato preceduto da un importante referendum costituzionale. Quanto è servita agli elettori questa consultazione popolare?

 

R. – E’ stata un’occasione utile anche per compilare le liste elettorali. Il Congo, infatti, non ha un’anagrafe e il referendum costituzionale è stata l’occasione per registrare gli aventi diritto al voto e rilasciare loro la tessera elettorale. Qualcuno ci raccontava che nel momento in cui le persone hanno ricevuto la tessera elettorale, hanno pianto: era la prima volta che si sentivano depositari di un diritto che non avevano mai potuto esercitare.

***********

 

 

GIOVANI DA TUTTA ITALIA A PIEDI VERSO ASSISI

PER LA 26.MA MARCIA FRANCESCANA

- Intervista con il frate Francesco Piloni -

 

E’ in corso in questi giorni la 26.ma edizione della Marcia francescana sul tema “Illumina il mio cuore”: migliaia i partecipanti provenienti da realtà diverse per raggiungere insieme la stessa meta: il santuario della Porziuncola di Assisi per la festa del Perdono, il prossimo 2 agosto. Ma perché è importante riscoprire oggi la dimensione del pellegrinaggio a piedi? Paolo Ondarza lo ha chiesto a frate Francesco Piloni, tra gli organizzatori della marcia:

 

**********

R. – E’ un tipo di pellegrinaggio che ti mette nella condizione della precarietà: non c’è un posto sicuro per dormire, un posto gradevole, un posto sicuro dove poterti lavare, ti accontenti di mangiare su un vassoio e c’è quindi un senso del limite che viene riscoperto, e questo anche da un punto di vista educativo e formativo è molto prezioso…

 

D. – Le centinaia di giovani che partecipano e che percorrono circa 20 chilometri al giorno, cercano proprio questo?

 

R. – Sì, sì.  E’ basato molto sulla fiducia, nel senso che loro ci contattano, ci chiedono delle informazioni; normalmente, usiamo molto la parola del Vangelo: “Vieni e vedi”. E già da subito, al primo contatto, puntiamo molto sul “guarda e fidati” se vuoi fare un’esperienza che è fuori schema, che ti mette anche nella condizione della precarietà e forse anche di debolezza, perché è la condizione che poi fa paura a tutti. Diversi poi si ritirano, hanno paura, all’ultimo momento non vengono…

 

D. – Il tema di riflessione di quest’anno è “Illumina il mio cuore” …

 

R. – Ricorrono proprio in questo 2006, gli 800 anni del colloquio tra Francesco di Assisi e il famosissimo Crocifisso di San Damiano. Francesco è entrato in un momento di desolazione forte, di tenebre del suo cuore a San Damiano e ha fatto quella che noi adesso diciamo “La preghiera al Crocifisso di San Damiano”. In realtà, è un urlo, un grido, dice: “Alto e glorioso Iddio, illumina le tenebre del cuore mio!”. Non è entrata una persona, davanti al Crocifisso, una persona pacificata: non chiede che gli vengano distrutte le sue tenebre, ma chiede la luce nelle tenebre. Questa è l’intuizione geniale. E quindi, tutta la marcia sarà puntata su questo, su come arrivi tu, oggi, davanti a quel crocifisso: il Crocifisso, dicono le fonti francescane, mosse le labbra e disse: “Francesco va, ripara la mia casa – la Chiesa – come vedi è tutta in rovina”. Quindi, momento tuo di incontro e momento di ascolto del Crocifisso.

**********

 

 

CHIUDE DOMANI, NEL BRACCIO DI CARLO MAGNO, LA MOSTRA DEDICATA AL

GIUBILEO DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA, NATA 500 ANNI FA.

MIGLIAIA LE PERSONE IN VISITA NEI QUATTRO MESI DI ESPOSIZIONE

- Intervista con il capitano Roman Fringeli -

 

Dipinti, miniature, medaglie, ma anche uniformi, corazze e armi: tra questi oggetti, in gran parte antichi e antichissimi, circa 30 mila adulti, giovani e bambini si sono aggirati con curiosità e interesse per quattro mesi. Domani, con un bilancio più che soddisfacente dunque, si chiude nel Braccio di Carlo Magno della Basilica Vaticana la mostra dedicata ai 500 anni di vita della Guardia Svizzera Pontificia. Promossa dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e dal Comando della Guardie, con il contributo dei Musei Vaticani, la mostra ha raccontato mezzo millennio di “storia, arte e vita” della Guardia Svizzera, ma anche l'ordine, il cerimoniale e l'abilità di un gruppo di uomini legati al Pontefice da un particolare vincolo di fedeltà. Ma qual è stato l’oggetto che ha riscosso maggiore interesse? Marta Vertse, responsabile incaricato del Programma ungherese della nostra emittente, lo ha domandato al capitano Roman Fringeli:

 

**********

R. - In generale tutta la mostra è piaciuta a gran parte dei visitatori, forse per le divise ma anche per le vecchie bandiere della Svizzera, dei Cantoni Svizzeri che sono stati mandati e poi hanno ringraziato per tutta la collaborazione dei miei colleghi che hanno aiutato le persone.

 

D. – Lei, oltre che responsabile della mostra, è stato anche uno degli organizzatori che ha contribuito personalmente all’arricchimento del materiale esposto. Ha pubblicato anche il volume con il titolo “La Guardia Svizzera Pontificia. Stampe ed acquerelli dal500 al ‘900…

 

R. – Io ho potuto contribuire dando la mia divisa come ufficiale della Guardia Svizzera e poi 19 stampe della mia collezione privata. Io ho un po’ la mania di raccogliere vecchie stampe delle Guardie Svizzere in servizio dei Papi già dal 1974 e ormai sono arrivato a quasi 300 antiche stampe diverse delle Guardie Svizzere nei luoghi del Vaticano con il Santo Padre. Questo è un piccolo contributo che ho potuto dare per questa mostra.

 

D. – A Roma, con la chiusura della mostra, terminano anche i festeggiamenti ma l’anno giubilare della Guardia Svizzera continua?

 

R. – Continua con alcuni pezzi della mostra del Vaticano che andranno alla mostra a New Haven, negli Stati Uniti.

 

D. – Capitano Fringeli, lei ha lasciato la Guardia dopo 26 anni di servizio. Qual è il suo ricordo più bello di questo lungo periodo?

 

R. – Il ricordo più bello è stato probabilmente, l’elezione del Papa Giovanni Paolo II. In quel momento, quando ho saputo che il Papa veniva dalla Polonia, ho pensato che fosse la miglior cosa che ci poteva succedere per la libertà del mondo, per la pace nel mondo. Allora io ho pensato che quella sarebbe stata una “rivoluzione” avendo un Papa proveniente da un Paese dell’Est.

**********

 

=======ooo=======

 

 

IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 30 luglio, 17a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù moltiplica i pani e i pesci. La gente, visto il segno che ha compiuto, comincia a dire:

 

“Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”.

 

Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritira di nuovo sulla montagna, tutto solo.

 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

**********

(musica)

 

“Dove possiamo comprare il pane, perché costoro abbiano da mangiare?”: diceva così per mettere alla prova Filippo, che difatti ragiona ancora con la logica commerciale, con un pensiero rinchiuso al di qua, contando i soldi e facendo calcoli. L’altro discepolo, Andrea, corre qua e là per vedere se tra la gente qualcuno avesse qualcosa da mangiare. Cristo fa sedere tutti sull’erba per richiamare l’immagine descritta dal Salmo: “Su pascoli erbosi mi fa riposare. Davanti a me tu prepari una mensa”. Ma la gente, inclusi gli apostoli, non coglie il messaggio, non scopre la stupenda verità che Cristo è la Parola che crea e il pane che dà la vita. Il loro sguardo e la loro conoscenza si fermano sull’aspetto esterno e si accontentano di saziarsi e subito pensano a come sarebbe comodo e bello se Lui diventasse re, perché darebbe gratuitamente da mangiare il cibo che - di per sé - non salva la vita. Ma Cristo si ritira da loro, perché vorrebbe che scoprissero che Lui dà ed è un altro cibo.

 

(musica)

**********

 

=======ooo=======

 

CHIESA E SOCIETA’

29 luglio 2006

 

LA CEI DEFINISCE MORALMENTE INACCETTABILE LA DECISIONE DELL’UE CHE RIGUARDA LA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI. L’EPISCOPATO SPAGNOLO:

ATTENTA AL DIRITTO FONDAMENTALE DELLA VITA FIN DAI PRIMI STADI

 

ROMA. = “La decisione del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea di prevedere, nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca, finanziamenti che agevolano ricerche sulle linee cellulari staminali di origine embrionale, la cui produzione comporta e continuerà a comportare la soppressione di embrioni umani, è moralmente inaccettabile”. Si è espressa con queste parole, in un comunicato, la Conferenza episcopale italiana a proposito della ricerca sugli embrioni umani. Nel messaggio, l’episcopato ribadisce la propria posizione sull’argomento definendo inammissibile la visione antropologica che considera l’esistenza umana non come fine, bensì come mezzo per raggiungere altri scopi, pur nobili, come la cura delle malattie e la conoscenza scientifica. “La scienza deve servire l’uomo e non servirsi di lui – scrivono i presuli – soprattutto quando egli è nella condizione della sua massima fragilità, un embrione nei primi giorni della sua vita”. La presidenza della CEI fa appello ai politici italiani e a “quanti ancora possono fermare questa deriva etica, che riduce l’embrione umano a possibile fornitore di materiale biologico. Chiede inoltre che “l’Unione Europea in nessun modo agevoli, con propri finanziamenti, questo grave attentato alla dignità dell’uomo che tradisce il valore fondamentale della vita umana, senza il quale ogni altro valore individuale e sociale perde la propria consistenza”. La Conferenza episcopale spagnola, in una nota, ha voluto, invece, precisare che la Chiesa approva la ricerca scientifica a favore dell’essere umano, ma si affianca a quanti, in nome dell’etica, denunciano programmi scientifici che attentano alla vita umana. Per i vescovi spagnoli la decisione dell’UE è eticamente inaccettabile, poiché, se è vero che non sarà finanziata la distruzione degli embrioni, tuttavia la ricerca sulle cellule embrionali-madri comporterà ugualmente la distruzione degli embrioni. L’episcopato sostiene inoltre che la normativa UE è gravemente ingiusta poiché attenta al diritto fondamentale della vita fin dai primi stadi della sua esistenza. In una ulteriore nota, i presuli hanno voluto esprimere le loro perplessità sulla diagnostica genetica preimpiantazionale, che consente di valutare se un embrione sia sano o meno. Per i vescovi non è accettabile lo scarto degli embrioni “malati” e non si può presentare come un progresso scientifico la nascita di un bambino in seguito alla scelta di un embrione “sano”. (T.C.)

 

 

 

CINA: IL VESCOVO DI HONG KONG, IL CARDINALE JOSEPH ZEN ZE-KIUN,

HA ACCOLTO IN UNA MESSA I RAGAZZI CHE PARTECIPERANNO ALLA

IV GIORNATA ASIATICA DELLA GIOVENTÙ. ALLE FAMIGLIE CHE LI OSPITERANNO

IL PORPORATO HA RIVOLTO UN PARTICOLARE GRAZIE

 

HONG KONG. = Con una Messa celebrata ad Hong Kong, in Cina, il vescovo della diocesi, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ha accolto gli oltre mille ragazzi che prenderanno parte alla IV Giornata asiatica della gioventù. L’iniziativa, sul tema “Gioventù, speranza delle famiglie dell’Asia”, è stata promossa dalla FABC (Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia). “La Chiesa è una famiglia – ha detto il porporato alle 200 famiglie che stanno offrendo ospitalità ai giovani giunti da 20 nazioni asiatiche – è grazie alla tolleranza reciproca ed alla buona volontà che noi possiamo arrivare a capire il piano di Dio per noi ed il suo disegno. Vi invito ad essere come il patriarca Abramo ed offrire a questi giovani la migliore ospitalità possibile”. Il cardinale Zen Ze-kiun, riferisce l’agenzia Asianews, ha sottolineato che l’ospitalità è proprio una delle virtù che caratterizzano i popoli asiatici e al termine della celebrazione eucaristica ha consegnato ad un rappresentante per ogni famiglia una piccola targa in ricordo dell’impegno assunto con i ragazzi. Sono 32 le parrocchie locali responsabili dell’incontro giovanile che, per celebrare il raduno, hanno organizzato diversi eventi. La cerimonia di apertura della Giornata si terrà domani al Jockey Club di Satin. (T.C.)

 

 

LA MALARIA PROVOCA UN MAGGIOR NUMERO DI CONSEGUENZE NEGATIVE IN AFRICA.

LO RIVELA UN RAPPORTO PRESENTATO A GINEVRA

 

GINEVRA. = Secondo il Rapporto “Affari e malaria: una minaccia dimenticata”, diffuso dal Forum economico mondiale (WEF, istituzione privata con sede a Ginevra costituita dalle mille imprese private più grandi del mondo.), la malaria in Africa causa più danni che in qualsiasi altro continente. Nel 2004, riferisce l’agenzia MISNA, sono stati registrati oltre il 54 per cento dei casi di malaria monitorati in tutto mondo. Circa il 90 per cento dei decessi si sono verificati in Africa e ogni anno l’area subsahariana perde circa lo 0,6 per cento del suo prodotto interno lordo a causa della malattia. Si calcola che nel continente siano fra i 350 e i 500 milioni i casi di malaria e che ogni anno muoia per la malattia un milione di persone. Provocata dalla zanzara anofele, l’infezione causa il 9 per cento delle morti di bambini sotto i cinque anni. Circa le ripercussioni della malaria sull’economia, il rapporto rivela che su 8 mila dirigenti di aziende africane intervistati, il 72 per cento ha affermato che sradicare la malaria promuoverebbe efficienza e produttività; il 39 per cento ha detto che la essa ha “effetti gravi sui loro affari”. Il Rapporto invita in particolare i dirigenti ad “assumere un ruolo più attivo nella lotta alla malaria, a partire dai posti di lavoro”. Nel passare in rassegna varie misure anti-malaria, lo studio rivela che il solo uso di reti trattate con l’insetticida ha sinora aiutato a ridurre la mortalità infantile del 18 per cento nell’Africa subsahariana. (T.C.)

 

 

IN MISSIONE PER ANIMAZIONE ESTIVA, IN BRASILE, PALESTINA, ALBANIA,

BOSNIA E KOSOVO, DUECENTO VOLONTARI ITALIANI DELLE ACLI

 

ROMA. = Quest’estate Duecento volontari italiani animeranno quest’estate comunità in Brasile, Palestina, Albania, Bosnia e Kosovo. Il programma, scrive l’agenzia SIR, è stato presentato dall’Ipsia-Acli con lo slogan “Giochiamo per la pace”. Si tratta di iniziative già proposte negli anni scorsi e la novità del 2006 consiste nel viaggio in Brasile dei volontari Ipsia che collaboreranno con le Acli di San Paolo. A Salvador, sarà impegnata una equipe mista composta da giovani provenienti dall’Italia e giovani brasiliani provenienti da San Paolo, impegnati in attività di animazione e sostegno. Il progetto è stato finanziato dal Ministero degli esteri italiano ed è stato realizzato con una serie di partner locali tra i quali Acopamec, Cepam, Piccola Fraternità e Università di San Bento di Salvador. “Terre e Libertà” è invece il nome del progetto che ormai da 6 anni collega i Balcani e l’Italia con iniziative di animazione giovanile. A Ribnik, nella Repubblica serba di Bosnia, ad esempio, una collaborazione tra Ipsia e Unione Sportiva Acli prevede la presenza di una equipe mista di volontari, composta da giovani allenatori del posto, giovani provenienti dall'Italia, e giovani di Bosanska Krupa, nella Federazione croato musulmana. In Kosovo, è invece previsto un “viaggio di turismo responsabile” nel periodo 20-27 settembre. (T.C.)

 

 

FESTA DI SALUTO STASERA A ROMA PER L’EX DIRETTORE DELLA SALA STAMPA

VATICANA JOAQUĺN NAVARRO-VALLS. ALLA SERATA ANCHE IL SEGRETARIO

PARTICOLARE DEL PAPA MONS. GEORG GÄNSEWEIN E IL NUOVO

DIRETTORE PADRE FEDERICO LOMBARDI

 

ROMA. = Una festa per salutare il dott. Joaquín Navarro-Valls, ex direttore della Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo questa sera, alle 19, a Roma, a Palazzo Cesi, in via della Conciliazione, proprio di fronte agli uffici della Sala Stampa Vaticana. Navarro-Valls lascia il suo posto al nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nominato nell’incarico da Benedetto XVI l’11 luglio scorso. La serata segue a quella organizzata lo scorso 26 luglio in Val D’Aosta nella colonia salesiana di Les Combes, alla quale ha preso parte anche il Papa. A salutare il dottor Navarro-Valls, per 22 anni in Vaticano, ci saranno stasera anche il segretario particolare del Santo Padre, mons. Georg Gänswein, e il nuovo direttore della Sala Stampa Vaticana. (A.Gr.)

 

 

 

=======ooo=======

 

24 ORE NEL MONDO

29 luglio 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

           

 

Resta tesa la situazione in Iraq, dove almeno sette persone sono rimaste uccise questa mattina in diversi attentati. Sempre stamani, il comando statunitense ha dato notizia della morte, giovedì scorso, di quattro marines in un combattimento nella provincia orientale di Al Anbar, portando dunque a oltre 2570 il numero dei soldati americani morti dall’inizio della guerra in Iraq, nel marzo del 2003. Da segnalare, infine, l’arresto di circa 60 sospetti terroristi nelle ultime 24 ore in diverse zone del Paese.

 

Almeno 18 guerriglieri taleban sono morti tra ieri e la scorsa notte in Afghanistan, nel corso di diversi scontri con le forze di coalizione nelle province di Helmand e Kapisa. Uccisi anche quattro poliziotti afghani. Intanto, stamani, quattro persone sospettate di appartenere alla rete terroristica di Al Qaida sono state arrestate dalle truppe statunitensi nel corso di un’operazione a Sal Kalay, un villaggio nella provincia orientale di Khost.

 

Possibile svolta concreta nella delicata questione del nucleare iraniano. I cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, insieme con la Germania, hanno raggiunto ieri sera un accordo su un progetto di risoluzione. Il testo originale, presentato dalla Francia con l’appoggio di Stati Uniti e Gran Bretagna, è stato ammorbidito per avere l’avallo di Russia e Cina. Resta, tuttavia, l’ipotesi di sanzioni se Teheran non sospendesse le operazioni di arricchimento di uranio.

 

Sconcerto, in Somalia, all’indomani dell’assassinio del ministro per gli Affari Costituzionali e Federali, Abdallah Deerow Isaqia’s, a Baidoa, sede del governo di transizione e del Parlamento somalo, occupata da truppe etiopi. Il primo ministro, Ali Mohamed Gedi, ha collegato l’omicidio al “terrorismo internazionale”, accusando Libia, Egitto, Iran ed Eritrea di fomentare l’estremismo nel Paese. Intanto, per consentire lo svolgimento del funerale, il Parlamento somalo ha deciso di rimandare alla prossima settimana il voto di sfiducia nei confronti dello stesso Gedi, previsto per oggi. Giovedì, almeno 18 esponenti del governo ad interim tra cui lo stesso Deerow si erano dimessi per protestare contro la linea dura del primo ministro, che ha deciso di interrompere i colloqui con le Corti islamiche, che da giugno controllano Mogadiscio e gran parte del Sud del Paese. Alcuni ministri avevano manifestato con le dimissioni anche il dissenso per la presenza delle truppe etiopi nel Paese.

 

Ennesimo “no” del presidente sudanese, Omar el Beshir, al dispiegamento nel Darfour di una forza di interposizione delle Nazioni Unite. “Non daremo mai il Darfour a forze internazionali – ha detto ieri – la regione diventerebbe un cimitero di caschi blu”. La comunità internazionale ha deciso di sostituire l’attuale missione dell’Unione Africana, troppo debole, con una forza ONU, capace di proteggere i civili del Darfour, che subiscono gli attacchi di miliziani filo-governativi e dei gruppi ribelli.

 

Della grave situazione in Libano, ma anche di sicurezza internazionale si è parlato ieri nella capitale della Malaysia, Kuala Lumpur, nel vertice ASEAN, l’Associazione dei Paesi dell’Asia sudorientale. Al tavolo dei lavori, anche il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, che oggi è tornato nell’area mediorientale per proseguire i colloqui iniziati con le autorità israeliane e libanesi all’inizio di questa settimana. Maurizio Pascucci:

 

**********

Prima di lasciare Kuala Lumpur alla volta del Medio Oriente, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha esortato la Corea del Nord a riprendere i negoziati sul proprio programma nucleare. Tuttavia, tra i rappresentanti dei dieci Paesi che hanno preso parte a questo Forum internazionale dell’ASEAN, era indicativa proprio l’assenza dei diplomatici del regime comunista di Pyongyang. Tra i temi in discussione, anche l’adozione di misure radicali per ridurre rischi di attacchi alle strutture informatiche nella regione, ritenuta particolarmente vulnerabile all’azione di eventuali terroristi in questo settore. Anche a Kuala Lumpur, però, il conflitto libanese è immancabilmente riemerso, seppure ai margini dei lavori. I ministri degli Esteri dei Paesi islamici del gruppo – Indonesia, Malaysia, Pakistan e Bangladesh – hanno affrontato la questione nel corso di un separato vertice con il ministro degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki. Quest’ultimo era stato invitato dal responsabile della diplomazia malese, Syed Hamid Albar. Secondo voci trapelate ieri, l’obiettivo dell’incontro sarebbe stato la finalizzazione di un vertice straordinario dell’Organizzazione della Conferenza islamica che potrebbe aver luogo ancora a Kuala Lumpur il prossimo 3 agosto.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

**********

 

Quarto giorno di bombardamenti aerei dell’esercito nel nordest dello Sri Lanka contro le posizioni separatiste Tamil nella regione di Trincomalee. Obiettivo dell’offensiva sarebbe il ripristino delle rete idrica bloccata dai ribelli – che negano ogni responsabilità – per non far giungere acqua ai contadini cingalesi nei territori sotto il controllo governativo. Non vi sono bilanci ufficiali dell’attacco, mentre i ribelli parlano di sei dirigenti tamil uccisi e nove feriti, tra cui cinque ribelli e quattro civili. Intanto, il governo di Colombo ha criticato oggi la decisione di Finlandia e Danimarca, annunciata ieri, di ritirare il loro personale dalla Missione internazionale per il monitoraggio della tregua (SLMM) entro il prossimo primo settembre, come intimato dai ribelli. “In base all’accordo di cessate-il-fuoco, ogni decisione di cambiamenti nella missione deve essere presa dopo consultazioni tra tutte le parti”, ha detto il portavoce del governo in materia di Difesa, Keheliya Rambukwella, aggiungendo che le autorità non hanno ancora ricevuto una comunicazione ufficiale riguardo il ritiro degli osservatori.

 

Sono 32, finora, le vittime accertate del tifone Kaemi nella Cina sudorientale. Nella provincia dello Jiangxi, i dispersi sono 65, mentre in quella confinante dell’Anhui, Kaemi ha causato il crollo di quasi 2700 case e la devastazione di 21 mila ettari di coltivazioni. Colpite violentemente, con raffiche di pioggia e forti venti, anche le province del Fujian e del Guangdong. Dal territorio, gia martoriato a metà luglio dal tifone Bilis, che ha fatto oltre 600 morti e circa 200 dispersi, sono state evacuate circa 700 mila persone.

 

A 16 anni dalla sua prima, discussa esperienza da capo di Stato, Alan Garcia Perez ha varcato ieri la soglia di Palazzo Pizarro a Lima per insediarsi per la seconda volta come presidente della Repubblica del Perù. “Mi propongo – ha dichiarato Garcia Perez nel suo discorso di insediamento, davanti a otto suoi colleghi sudamericani – di rifondare il sistema politico e ricostruire lo Stato, imponendo una severa austerità all’amministrazione pubblica, riducendo da subito gli stipendi, dal mio a quelli dei parlamentari e dei sindaci, e adoperandomi perchè tutto ciò serva a far fronte ai problemi dei 13 milioni di peruviani dimenticati”.

Sparatoria in un centro ebraico a Seattle, negli Stati Uniti. Una donna è morta e altre cinque persone sono rimaste ferite nella notte da un uomo – un cittadino americano di origine pakistana – che ha aperto il fuoco nella sede della Jewish Federation of Greater Seattle. “Sono un musulmano americano – ha gridato l’aggressione, prima di sparare – e sono arrabbiato con Israele”. La polizia, subito accorsa sul posto, ha arrestato l’uomo, che non ha opposto resistenza.

 

Ennesimo viaggio della speranza finito in tragedia nelle acque del Mediterraneo. Secondo il racconto di alcuni dei 14 clandestini soccorsi ieri sera dalla Marina militare italiana a largo di Lampedusa, in Sicilia, altri 13 compagni di viaggio sarebbero morti durante la traversata dalla Libia e gettati in mare. Da segnalare, inoltre, nelle ultime ore, altri tre sbarchi di clandestini, due a Lampedusa e uno in provincia di Siracusa.

 

Grande attesa in Italia per il voto del Senato sul provvedimento di indulto presentato dal governo. La conclusione dei lavori è prevista nel tardo pomeriggio. Contrario al provvedimento il partito dell’Italia dei Valori, che sta manifestando davanti a Palazzo Madama.

 

Era dovuta a una fuga di gas l'esplosione avvenuta stamani in una caserma turca nella provincia sud-orientale di Van, in cui sono rimasti feriti sei soldati. Lo hanno riferito fonti della sicurezza di Ankara. Inizialmente si era pensato a un attentato, perchè nella zona sono attivi i separatisti curdi del PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, che nelle ultime settimane ha intensificato la sua campagna militare contro le forze armate turche.

 

 

 

 

 

=======ooo=======