RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 210 - Testo della trasmissione di sabato 29 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Almeno sette morti stamani in Iraq e la notizia
dell’uccisione, giovedì, di quattro marines
americani. Intanto, in Afghanistan, le forze di coalizione USA uccidono una
ventina di guerriglieri taleban
29 luglio 2006
DA
IERI SERA, BENEDETTO XVI E’ A CASTEL GANDOLFO,
DOVE
DOMANI RECITERA’ L’ANGELUS. PRIMA DELLA PARTENZA DALLA VALLE D’AOSTA,
UN
NUOVO APPELLO PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE.
AI
NOSTRI MICROFONI, IL VESCOVO DI ALBANO, MARCELLO SEMERARO,
RACCONTA I PRIMI MOMENTI DEL PAPA NELLA SUA
RESIDENZA ESTIVA
Il Papa è
vicino ai popoli travolti dalla guerra. Ieri pomeriggio congedandosi dalla
Valle d’Aosta, dove ha trascorso un periodo di riposo, è tornato a chiedere a
tutti i fedeli di pregare per la pace in Medio Oriente. Un appello che ha
preceduto la partenza dall’aeroporto di Aosta alla volta di Roma. Di qui, il
Papa si è trasferito in auto al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Domani,
dunque, il Pontefice reciterà l’Angelus dalla sua residenza estiva. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
**********
Pace, pace per il Medio
Oriente. E’, questo, un pensiero che non abbandona mai Benedetto XVI, che pur
in un periodo caratterizzato dal riposo, non manca di farsi prossimo alle
sofferenze di chi è travolto da uno “spietato conflitto”. Così anche ieri,
salutando le autorità valdostane e i giornalisti, all’aeroporto di Aosta, il
Papa è tornato ad esprimere il suo pensiero sulla pace in Medio Oriente:
“Il nostro strumento
principale è la preghiera naturalmente e' un grido non solo a Dio ma agli
uomini. Non taciamo, facciamo il possibile per
arrivare alle orecchie dei potenti”.
Dunque, Benedetto XVI è da
ieri sera nella sua residenza di Castel Gandolfo. Il Papa è arrivato a
Castello, come la località laziale viene usualmente
chiamata dai suoi abitanti, attorno alle 19. Subito ha voluto rivolgere un primo
affettuoso saluto ai fedeli, accorsi per dargli il benvenuto:
“Cari amici, vorrei soltanto salutarvi di tutto cuore.
Sono felice di essere nella vostra bellissima città, in questo Palazzo che ha
una facciata rinnovata, di una bellezza straordinaria. Resterò alcune
settimane con voi e speriamo di vivere bene in queste settimane: in pace e con
la benedizione del Signore, in pegno della quale vi do ora la mia benedizione.
Vi benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Un augurio di
buona cena a tutti voi; ci vediamo domenica se Dio vuole”.
Per una
testimonianza sulle emozioni dei fedeli nell’accogliere il Papa nella propria
diocesi, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Albano, Marcello Semeraro:
R. - Lo abbiamo accolto con un senso di gioia. Ci
stringiamo attorno a lui con affetto, soprattutto in questi giorni in cui
aderiamo alla preghiera del Papa per la pace nel Medio Oriente. C’è anche un
senso di orgoglio e di soddisfazione per essere in un territorio nel quale il
Papa dimora e ci pare che dimori con soddisfazione. Attendiamo di vivere con
lui gli appuntamenti domenicali ma soprattutto già
guardiamo alla celebrazione dell’Assunzione della Beata Vergine giacché, è
ufficiale, come lo scorso anno e come i Papi predecessori, Benedetto XVI - alle
8 del mattino - celebrerà la Santa Messa nella chiesa parrocchiale di San
Tommaso da Villlanova in Castel Gandolfo.
D. – Il Papa ha subito voluto salutare i fedeli. Come è
stato accolto questo gesto?
R. – Il Papa si è fermato, ha fatto un percorso inusuale
quest’anno perché desideravamo fargli vedere il lavoro di restauro, di
ripulitura dell’intera facciata del Palazzo Apostolico e dell’antico portone.
Ha voluto egli stesso, salendo nell’appartamento, affacciarsi alla finestra per
dare almeno una parola di saluto ed esprimere la sua
soddisfazione. I fedeli erano oltre modo contenti.
D. - Domani, il primo Angelus del Papa a Castel Gandolfo.
C’è qualche iniziativa particolare della sua diocesi?
R. – Nella serata di oggi ci sarà nella piazza di Castel
Gandolfo un concerto in onore del Santo Padre. Il comune di Castel Gandolfo ha
rimandato alla domenica successiva un tradizionale
gesto di omaggio al Santo Padre, con l’offerta di frutta in occasione della Festa
delle pesche. Le comunità parrocchiali della diocesi hanno già programmato
delle presenze alternate nelle domeniche.
D. – La sua diocesi è nota al mondo per Castel Gandolfo,
la residenza estiva del Papa; può dirci qualcosa in più sulla sua diocesi?
R. –
E’ una diocesi la cui caratteristica credo di poterla
sintetizzare con la parola “crescita”, una crescita numerica innanzitutto. E’
una diocesi che, nell’arco di mezzo secolo, è passata da 80 mila abitanti a
oltre mezzo milione. Questa crescita accelerata crea ovviamente dei problemi.
Io sono da appena un anno e mezzo qui, in questa diocesi, e ho potuto davvero
sperimentare il senso dell’entusiasmo, il senso della progettazione, soprattutto
in alcuni ambiti come quello del primo annuncio, della pastorale della salute.
Ancora, la vicinanza alle persone più emarginate, il progetto riguardo ai
giovani e alla famiglia, una realtà che a me dà tanto
conforto e piana soddisfazione. E’ una diocesi che si
estende pastoralmente in tre zone molto diverse tra
loro ma armoniche: la zona antica dei Castelli, la zona centrale, industriale
con Aprilia e Pomezia, e
poi la zona turistica con chilometri di litorale sul mare, articolata in sei
vicarie, dove ci sono circa 80 parrocchie.
**********
LA
CHIESA CELEBRA OGGI
QUESTA
SERA, NEI GIARDINI VATICANI, IL TRADIZIONALE ROSARIO
Oggi
=======ooo========
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Medio Oriente: le Nazioni Unite chiedono ai belligeranti
in Libano almeno 72 ore di tregua.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in
Italia.
Servizio estero - Nucleare: accordo al Consiglio di Sicurezza dell'ONU
per una risoluzione sul dossier iraniano.
Servizio culturale - Un elzeviro, a firma di Mario Gabriele Giordano,
dal titolo "Nulla può essere sano se la cultura è corrotta".
Servizio italiano - Farmacie: intesa raggiunta, fine delle serrate.
======ooo========
29 luglio 2006
IL
SEGRETARIO DI STATO AMERICANO, CONDOLEEZZA RICE, DI NUOVO
IN
MEDIO ORIENTE PER RILANCIARE LA POSSIBILITÀ DI UN CESSATE-IL-FUOCO.
LA
RICHIESTA DI UNA TREGUA UMANITARIA DI 72 ORE AVANZATA DALL’ONU
-
Intervista con don Vittorio Pozzo -
Diplomazia al lavoro per trovare una soluzione alla crisi
libanese: il segretario di Stato americano, la signora Condoleezza
Rice, è partita per il Medio Oriente per promuovere
un cessate-il-fuoco tra Israele e il movimento
politico e militare degli Hezbollah. Sono previsti incontri con il premier
israeliano, Ehud Olmert, e
con il primo ministro libanese, Fuad Sinora. Ma gli
sforzi non sembrano, al momento, trovare terreno fertile: Israele ha respintola
richiesta di una tregua umanitaria di 72 ore, avanzata dall’ONU, per dare la
possibilità di portare aiuti di emergenza. Secondo il governo dello Stato
ebraico, non c’è bisogno di un cessate-il-fuoco perché
sono già stati aperti corridoi verso il Libano. La situazione sembra, però,
molto critica: ieri, attacchi israeliani hanno colpito anche due convogli
umanitari a sud di Beirut. Almeno tre persone sono rimaste ferite. Ma come
procedono adesso, in Libano, l’organizzazione e la distribuzione degli aiuti?
Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al missionario salesiano della casa Don Bosco di El Houssoun, padre Vittorio
Pozzo, in Medio Oriente da 54 anni e da 30 in Libano:
*********
R. – La distribuzione degli aiuti umanitari, soprattutto
nel sud del Libano, è praticamente paralizzata a causa di questi bombardamenti
e gli stessi corridoi umanitari che erano stati – in
teoria – autorizzati da Israele, praticamente non vengono rispettati: tutti i
ponti e le strade, da Beirut in giù, sono distrutte; riuscire ad organizzare
convogli in quelle zone è estremamente difficoltoso.
D. – Avete potuto portare aiuti nella vostra zona?
R. – Grazie ad alcuni aiuti che stiamo già ricevendo, per
adesso maggiormente in denaro, abbiamo potuto organizzare degli interventi
rapidi. Nella nostra zona, nella provincia di Jbeil,
sono radunati da 30 a 50 mila sfollati. Sono in stragrande
maggioranza sciiti, ma c’è anche una piccola minoranza di cristiani.
Noi, come Salesiani, abbiamo due case nella zona: una casa in montagna, che è
occupata da 150 sfollati, prevalentemente sciiti insieme con alcune famiglie
cristiane. Poi, c’è una casa sulla costa, in una scuola tecnica. Siamo in tre
ed abbiamo mobilitato i nostri animatori ed alcuni volontari. Ogni giorno
visitiamo uno dei centri con i quali siamo in contatto.
D. – Come sostenete in concreto la popolazione?
R. – Quel poco che possiamo raccogliere, lo portiamo.
Portiamo, tra le varie cose, sempre dei palloni per i ragazzi, perché è un
oggetto molto amato e richiesto per potersi divertire un po’: organizziamo
un’ora di animazione per i bambini e i ragazzi, per distrarli da questa
situazione veramente tragica. Oggi abbiamo in programma di andare in montagna,
nella zona di Annaya, dove sorge il Monastero di San Charbel, il Santo nazionale libanese, nel cui perimetro
sono accampate centinaia di persone. Stiamo raccogliendo tutto ciò che è possibile
e porteremo loro quello che possiamo.
D. – La comunità internazionale è al lavoro per trovare
una soluzione alla crisi. La popolazione confida in questi sforzi?
R. – Non sembra che tali sforzi saranno molto
entusiasmanti per il Libano, non dico per tutto il Libano, ma soprattutto per
una parte, quella degli Hezbollah. Se il movimento degli Hezbollah e i membri
del governo che sono legati agli Hezbollah rifiutano queste proposte o ne
propongono di alternative, considerate inaccettabili da Stati Uniti ed Israele, i
combattimenti dovrebbero continuare. Per adesso, non ci facciamo molte
illusioni su una rapida soluzione della crisi, su un immediato cessate-il-fuoco.
D. - Voi Salesiani avete sentito responsabili Hezbollah?
Cosa dicono?
R. – Adesso sono preoccupati per la drammatica situazione
umanitaria. Non entriamo in questioni di strategia o discussioni di carattere
politico e militare. A noi interessa l’intervento umanitario.
**********
E la crisi in Libano, dove nuovi raid israeliani hanno
provocato la morte di almeno 8 persone, è stata al centro ieri del vertice a
Washington tra il presidente americano, George Bush,
ed il premier britannico, Tony Blair. I due leader
hanno sottolineato la necessità della creazione di una forza
multinazionale di interposizione e annunciato nuovi, importanti
appuntamenti per cercare di trovare una soluzione alla crisi libanese. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
**********
Lunedì, all’ONU, si terrà una riunione per definire la
forza internazionale, che dovrebbe aiutare il governo
di Beirut a presidiare le regioni meridionali del suo territorio. Quindi, forse
nel corso della prossima settimana, il Palazzo di Vetro potrebbe approvare una
risoluzione per confermare le intese e giungere ad una tregua stabile. Questi
sono i punti del piano su cui hanno concordato il presidente americano, George Bush e il premier britannico, Tony Blair,
durante il loro incontro alla Casa Bianca. Finora, Washington si è opposta ad
un cessate-il-fuoco, perché vuole una via di uscita
duratura al conflitto, che applichi la Risoluzione 1559 e porti al disarmo gli
Hezbollah. Blair non ha chiesto a Bush
la tregua immediata, voluta dagli altri Paesi europei. I due leader hanno
concordato sul fatto che la responsabilità primaria della crisi ricade sulla
formazione degli Hezbollah e che quindi è necessario fermarla e ristabilire la
sovranità del governo libanese su tutto il proprio territorio. Ogni giorno che
passa senza la cessazione delle ostilità aumenta, però, il risentimento degli
arabi verso Israele e i suoi alleati occidentali, complicando la situazione di
lungo termine della questione mediorientale e aumentando la popolarità dei
terroristi. Washington non ha ancora accettato di premere su Israele affinché termini la sua offensiva, ma da oggi la Rice
sarà nella regione per cercare l’intesa che chiuda le ostilità.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
STORICA
VIGILIA ELETTORALE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:
DOMANI,
25 MILIONI DI ELETTORI ALLE URNE PER ELEGGERE
PRESIDENTE
E PARLAMENTO,
IN UN
CLIMA ARROVENTATO DA TENSIONI E VIOLENZE
- Ai
nostri microfoni don Albino Bizzotto e Marina Piccone
-
La Repubblica Democratica del Congo si prepara alle storiche elezioni generali di
domani. Purtroppo, è teso il clima che sta caratterizzando la vigilia del voto.
Ieri a Goma, nel Kivu, due
persone sono rimaste uccise durante una manifestazione. Inoltre, un piccolo
aereo da ricognizione senza pilota, in forza agli osservatori internazionali, è
caduto forse per un incidente ferendo 5 persone. Nonostante le difficoltà, gli
osservatori europei sono convinti che le violenze non riusciranno ad impedire
la svolta democratica nel Paese. Il servizio di Giulio Albanese:
**********
Oltre 25 milioni gli aventi diritto chiamati domani, per la prima volta, alle
urne nella Repubblica democratica del Congo per scegliere il capo dello Stato
(33 i candidati in corsa alla presidenza), e un nuovo Parlamento (poco meno di
10 mila i pretendenti in lizza per i 500 seggi dell’Assemblea popolare). I
partiti politici presenti nelle liste sono 213 e 50 mila i seggi elettorali in
una nazione ricca di risorse minerarie, dall’oro ai diamanti, ma
paradossalmente povera a causa di devastazioni, corruzione e malgoverno. Per il Congo, messo a ferro e fuoco da una guerra regionale
esplosa il 2 agosto del ’98, che ha provocato oltre 4 milioni di morti, quello
di domani è un appuntamento che segna la fine della transizione politica,
avviata nel 2003, dopo la storica intesa di Sun City,
in Sudafrica. Una sfida politica e logistica, inedita per l’Africa, sia per
l’estensione del Paese, sia per la mancanza di infrastrutture. Il rischio dei
brogli è reale, come però è innegabile la voglia di democrazia da parte della
gente. La Repubblica Democratica del Congo – è bene
ricordarlo – è uno dei tre Paesi al mondo che registra i peggiori tassi di
mortalità infantile: secondo l’Agenzia Fides, vi muoiono ogni anno più bambini
con meno di 5 anni che in Cina, nonostante il Paese del Drago abbia una popolazione
ben tre volte superiore rispetto a quella del Congo. Il che la dice lunga sulle
problematiche il prossimo governo di Kinshasa dovrà affrontare.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
**********
Dopo
l’indipendenza ottenuta nel 1960, in questi ultimi otto anni il
Congo ex Zaire è stato teatro di una guerra
civile che ha causato 4 milioni di vittime. Il voto dei circa 25 milioni di
elettori sarà seguito da gruppi di osservatori internazionali. Tra loro, nella
turbolenta regione orientale del Kivu, al confine con
il Rwanda, è presente anche un gruppo dell’associazione “Beati i costruttori di
pace”, il cui fondatore, don Albino Bizzotto, spiega
al microfono di Roberto Piermarini se esistano rischi concreti di brogli o irregolarità nel voto:
**********
R. – La Commissione elettorale indipendente e le altre
istituzioni, qui, hanno sollecitato una forte presenza internazionale per
l’importanza dell’evento, per la credibilità del processo elettorale del voto –
che, come si sa, è in mezzo ad una notevole turbolenza - e anche per fare in
parte da deterrente per chi volesse manipolare o agire
con violenza o altro…
D. – C’è il rischio di brogli o di irregolarità per questo
voto?
R. – Sì, ci sono queste paure, però devo dire che c’è
quasi un miracolo per quanto riguarda la preparazione e la formazione a questo
appuntamento. Tutte le Chiese, non soltanto la Chiesa cattolica,
ma tutte le confessioni religiose hanno fatto un grande sforzo per
l’educazione civica degli elettori. E’ una cosa commovente, vedere come stiano lavorando attivamente con tutti i tabelloni, con le fotografie,
con i numeri, con i candidati, sulla strada, e tutta la gente attorno che
guarda, che ascolta… Si lavora all’interno di una realtà abbastanza complessa però,
tutto sommato, con grande buona volontà e anche con una grande preparazione.
Pensate che le schede sono state stampate in
Sudafrica, per evitare i brogli, e vanno portate in aereo dalla Missione delle
Nazioni Unite per la RDC (MONUC) nelle varie zone, nei vari centri di voto, e
quindi, quello che è possibile si fa.
D. – I congolesi
cosa si aspettano da questo voto?
R. – Ci sono due grandi attese. La prima attesa è quella
della popolazione. La popolazione lo vede come un evento “messianico”, nel senso
che è la prima volta dopo 45 anni, in cui hanno sopportato guerre, fame,
disoccupazione, distruzione delle infrastrutture e allora è chiaro che la
popolazione in questo vede un progresso enorme. C’è una grande attesa. Diversa
l’attesa invece di coloro che in qualche modo hanno sempre manovrato
all’interno del potere, magari anche con le loro forze armate, i vari signori
della guerra: stanno gestendo ormai una transizione al governo attuale e non
vorrebbero essere delegittimati dalle elezioni ma mantenere una loro posizione
di privilegio, di potere, senza dover rendere conto, poi, ai cittadini. C’è
questa contraddizione e c’è questa sofferenza, anche, ma spero che alla fine a
livello internazionale, oltre all’attenzione e all’impegno per arrivare alle elezioni,
ci sia anche una volontà di rimanere all’interno dei risultati. Un altro
segnale della presenza internazionale viene dalle forze armate che non sono
ancora integrate nell’esercito del generale N’kumba e
di altre personalità: mi pare che la comunità internazionale stia premendo
perché si arrivi magari a degli accordi per la gestione del potere, ma che non
si vadano a falsare i risultati delle elezioni.
**********
L’impegno della comunità
internazionale, tuttavia, viene visto con sospetto
nella Repubblica Democratica del Congo. Lo spiega, al microfono di Roberto Piermarini, Marina Piccone, che si trova nella regione del Kivu come osservatrice elettorale per conto
dell’associazione “Beati i costruttori di pace”:
**********
R. – Si
comincia sin dalle 6.00 di mattina a gridare slogan, con musiche di sottofondo,
da macchine tappezzate di manifesti di questo o di quel candidato.
D. –
Marina, lì nella regione del Kivu chi è il favorito?
R. – Qui il presidente uscente, a capo del governo di
transizione, Joseph Kabila,
è il più favorito.
D. – Per queste elezioni, quale sarà lo sforzo della
Comunità internazionale?
R. – Si calcola che la comunità internazionale spenderà
circa 400 milioni di euro per la gestione della consultazione, su un territorio
pari a due terzi dell’Europa. L’impegno della comunità internazionale, secondo
alcuni, rischia di trasformarsi però in un’ingerenza dettata dai forti
interessi per le risorse naturali dell’ex Zaire, già
saccheggiate durante la guerra ed ancora oggi sfruttate senza beneficio diretto
dei congolesi.
D. – Il voto di domenica è stato preceduto da un
importante referendum costituzionale. Quanto è servita agli elettori questa
consultazione popolare?
R. – E’ stata un’occasione utile anche per compilare le
liste elettorali. Il Congo, infatti, non ha
un’anagrafe e il referendum costituzionale è stata l’occasione per registrare
gli aventi diritto al voto e rilasciare loro la tessera elettorale. Qualcuno ci
raccontava che nel momento in cui le persone hanno ricevuto la tessera elettorale,
hanno pianto: era la prima volta che si sentivano depositari di un diritto che
non avevano mai potuto esercitare.
***********
GIOVANI
DA TUTTA ITALIA A PIEDI VERSO ASSISI
PER LA
26.MA MARCIA FRANCESCANA
- Intervista
con il frate Francesco Piloni -
E’ in corso in questi giorni la 26.ma edizione della Marcia francescana sul tema
“Illumina il mio cuore”: migliaia i partecipanti provenienti da realtà diverse
per raggiungere insieme la stessa meta: il santuario della Porziuncola
di Assisi per la festa del Perdono, il prossimo 2 agosto. Ma perché è
importante riscoprire oggi la dimensione del pellegrinaggio a piedi? Paolo Ondarza lo ha chiesto a frate Francesco Piloni, tra gli
organizzatori della marcia:
**********
R. – E’ un tipo di pellegrinaggio che ti mette nella
condizione della precarietà: non c’è un posto sicuro per dormire, un posto
gradevole, un posto sicuro dove poterti lavare, ti accontenti di mangiare su un
vassoio e c’è quindi un senso del limite che viene
riscoperto, e questo anche da un punto di vista educativo e formativo è molto
prezioso…
D. – Le centinaia di giovani che partecipano e che
percorrono circa 20 chilometri al giorno, cercano
proprio questo?
R. – Sì, sì. E’
basato molto sulla fiducia, nel senso che loro ci contattano, ci chiedono delle
informazioni; normalmente, usiamo molto la parola del Vangelo: “Vieni e vedi”.
E già da subito, al primo contatto, puntiamo molto sul “guarda e fidati” se
vuoi fare un’esperienza che è fuori schema, che ti mette anche nella condizione
della precarietà e forse anche di debolezza, perché è la condizione che poi fa
paura a tutti. Diversi poi si ritirano, hanno paura, all’ultimo momento non
vengono…
D. – Il tema di riflessione di quest’anno è “Illumina il
mio cuore” …
R. – Ricorrono proprio in questo 2006,
gli 800 anni del colloquio tra Francesco di Assisi e il famosissimo Crocifisso
di San Damiano. Francesco è entrato in un momento di desolazione forte, di
tenebre del suo cuore a San Damiano e ha fatto quella che noi adesso diciamo “La
preghiera al Crocifisso di San Damiano”. In realtà, è un urlo, un grido, dice:
“Alto e glorioso Iddio, illumina le tenebre del cuore mio!”. Non è entrata una
persona, davanti al Crocifisso, una persona pacificata: non chiede che gli vengano distrutte le sue tenebre, ma chiede la luce nelle tenebre.
Questa è l’intuizione geniale. E quindi, tutta la marcia sarà
puntata su questo, su come arrivi tu, oggi, davanti a quel crocifisso: il
Crocifisso, dicono le fonti francescane, mosse le labbra e disse: “Francesco
va, ripara la mia casa – la Chiesa – come vedi è tutta in rovina”.
Quindi, momento tuo di incontro e momento di ascolto del Crocifisso.
**********
CHIUDE
DOMANI, NEL BRACCIO DI CARLO MAGNO, LA MOSTRA
DEDICATA AL
GIUBILEO
DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA, NATA 500 ANNI FA.
MIGLIAIA
LE PERSONE IN VISITA NEI QUATTRO MESI DI ESPOSIZIONE
-
Intervista con il capitano Roman Fringeli
-
Dipinti, miniature, medaglie, ma anche uniformi, corazze e
armi: tra questi oggetti, in gran parte antichi e
antichissimi, circa 30 mila adulti, giovani e bambini si sono aggirati
con curiosità e interesse per quattro mesi. Domani, con un bilancio più che
soddisfacente dunque, si chiude nel Braccio di Carlo Magno della Basilica
Vaticana la mostra dedicata ai 500 anni di vita della Guardia Svizzera Pontificia.
Promossa dalla Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e dal
Comando della Guardie, con il contributo dei Musei
Vaticani, la mostra ha raccontato mezzo millennio di “storia, arte e vita”
della Guardia Svizzera, ma anche l'ordine, il cerimoniale e l'abilità di un
gruppo di uomini legati al Pontefice da un particolare vincolo di fedeltà. Ma
qual è stato l’oggetto che ha riscosso maggiore interesse? Marta Vertse, responsabile incaricato del Programma ungherese
della nostra emittente, lo ha domandato al capitano Roman
Fringeli:
**********
R. - In generale tutta la mostra è piaciuta a gran parte
dei visitatori, forse per le divise ma anche per le vecchie bandiere della
Svizzera, dei Cantoni Svizzeri che sono stati mandati e poi hanno ringraziato
per tutta la collaborazione dei miei colleghi che hanno aiutato le persone.
D. – Lei, oltre che responsabile della mostra, è stato
anche uno degli organizzatori che ha contribuito personalmente
all’arricchimento del materiale esposto. Ha pubblicato anche il volume con il
titolo “La Guardia Svizzera Pontificia. Stampe ed acquerelli dal ‘500 al ‘900…
R. – Io ho potuto contribuire dando la mia divisa come
ufficiale della Guardia Svizzera e poi 19 stampe della mia collezione privata.
Io ho un po’ la mania di raccogliere vecchie stampe delle Guardie Svizzere in
servizio dei Papi già dal 1974 e ormai sono arrivato a quasi 300 antiche stampe
diverse delle Guardie Svizzere nei luoghi del Vaticano con il Santo Padre.
Questo è un piccolo contributo che ho potuto dare per questa mostra.
D. – A Roma, con la chiusura della mostra, terminano anche
i festeggiamenti ma l’anno giubilare della Guardia Svizzera continua?
R. – Continua con alcuni pezzi della mostra del Vaticano
che andranno alla mostra a New Haven, negli Stati
Uniti.
D. – Capitano Fringeli, lei ha
lasciato la Guardia dopo 26 anni di servizio. Qual è il suo ricordo più bello
di questo lungo periodo?
R. – Il ricordo più bello è stato probabilmente,
l’elezione del Papa Giovanni Paolo II. In quel momento, quando ho saputo che il
Papa veniva dalla Polonia, ho pensato che fosse la
miglior cosa che ci poteva succedere per la libertà del mondo, per la pace nel
mondo. Allora io ho pensato che quella sarebbe stata una “rivoluzione” avendo
un Papa proveniente da un Paese dell’Est.
**********
=======ooo=======
Domani, 30 luglio, 17a Domenica del Tempo Ordinario,
“Questi è davvero il profeta che
deve venire nel mondo!”.
Ma Gesù,
sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritira di nuovo
sulla montagna, tutto solo.
Su questo
brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
**********
(musica)
“Dove possiamo comprare il pane, perché costoro abbiano da
mangiare?”: diceva così per mettere alla prova Filippo, che difatti ragiona ancora con la logica commerciale, con un pensiero
rinchiuso al di qua, contando i soldi e facendo calcoli. L’altro discepolo,
Andrea, corre qua e là per vedere se tra la gente qualcuno avesse
qualcosa da mangiare. Cristo fa sedere tutti sull’erba per richiamare
l’immagine descritta dal Salmo: “Su pascoli
erbosi mi fa riposare. Davanti a me
tu prepari una mensa”. Ma la gente, inclusi gli apostoli, non coglie il
messaggio, non scopre la stupenda verità che Cristo è la Parola che crea e il
pane che dà la vita. Il loro sguardo e la loro conoscenza si fermano
sull’aspetto esterno e si accontentano di saziarsi e subito pensano a come
sarebbe comodo e bello se Lui diventasse re, perché darebbe gratuitamente da
mangiare il cibo che - di per sé - non salva la vita. Ma Cristo si ritira da
loro, perché vorrebbe che scoprissero che Lui dà ed è un altro cibo.
(musica)
**********
=======ooo=======
29 luglio 2006
ATTENTA AL DIRITTO FONDAMENTALE
DELLA VITA FIN DAI PRIMI STADI
ROMA. = “La decisione del Consiglio dei ministri
dell’Unione Europea di prevedere, nell’ambito del 7° programma quadro di
ricerca, finanziamenti che agevolano ricerche sulle linee cellulari staminali
di origine embrionale, la cui produzione comporta e continuerà a comportare la
soppressione di embrioni umani, è moralmente inaccettabile”. Si è espressa con
queste parole, in un comunicato,
CINA: IL VESCOVO DI HONG KONG, IL CARDINALE JOSEPH ZEN ZE-KIUN,
HA ACCOLTO IN UNA MESSA I RAGAZZI
CHE PARTECIPERANNO ALLA
IV GIORNATA ASIATICA DELLA GIOVENTÙ.
ALLE FAMIGLIE CHE LI OSPITERANNO
IL PORPORATO HA RIVOLTO UN PARTICOLARE
GRAZIE
HONG KONG. = Con una Messa celebrata ad
Hong Kong, in Cina, il vescovo della diocesi, il cardinale Joseph
Zen Ze-kiun, ha accolto gli oltre mille ragazzi che
prenderanno parte alla IV Giornata asiatica della gioventù. L’iniziativa, sul
tema “Gioventù, speranza delle famiglie dell’Asia”, è stata promossa dalla FABC
(Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia). “
LO RIVELA UN RAPPORTO PRESENTATO A GINEVRA
GINEVRA. = Secondo il Rapporto “Affari e malaria: una
minaccia dimenticata”, diffuso dal Forum economico mondiale (WEF, istituzione
privata con sede a Ginevra costituita dalle mille imprese private più grandi
del mondo.), la malaria in Africa causa più danni che in qualsiasi altro
continente. Nel 2004, riferisce l’agenzia MISNA, sono stati registrati oltre il
54 per cento dei casi di malaria monitorati in tutto mondo. Circa il 90 per
cento dei decessi si sono verificati in Africa e ogni anno l’area subsahariana perde circa lo 0,6 per cento del suo prodotto
interno lordo a causa della malattia. Si calcola che nel continente siano fra i
350 e i 500 milioni i casi di malaria e che ogni anno muoia per la malattia un
milione di persone. Provocata dalla zanzara anofele, l’infezione causa il 9 per
cento delle morti di bambini sotto i cinque anni. Circa le ripercussioni della
malaria sull’economia, il rapporto rivela che su 8 mila dirigenti di aziende
africane intervistati, il 72 per cento ha affermato che sradicare la malaria
promuoverebbe efficienza e produttività; il 39 per cento ha detto che la essa
ha “effetti gravi sui loro affari”. Il Rapporto invita in particolare i
dirigenti ad “assumere un ruolo più attivo nella lotta alla malaria, a partire
dai posti di lavoro”. Nel passare in rassegna varie misure anti-malaria, lo
studio rivela che il solo uso di reti trattate con l’insetticida ha sinora
aiutato a ridurre la mortalità infantile del 18 per cento nell’Africa subsahariana. (T.C.)
IN MISSIONE PER ANIMAZIONE ESTIVA, IN BRASILE, PALESTINA, ALBANIA,
BOSNIA E KOSOVO, DUECENTO
VOLONTARI ITALIANI DELLE ACLI
ROMA. = Quest’estate Duecento volontari italiani
animeranno quest’estate comunità in Brasile, Palestina, Albania, Bosnia e Kosovo. Il programma, scrive l’agenzia SIR, è stato
presentato dall’Ipsia-Acli con lo slogan “Giochiamo
per la pace”. Si tratta di iniziative già proposte negli anni scorsi e la
novità del 2006 consiste nel viaggio in Brasile dei volontari Ipsia che collaboreranno con le Acli
di San Paolo. A Salvador, sarà impegnata una equipe
mista composta da giovani provenienti dall’Italia e giovani brasiliani
provenienti da San Paolo, impegnati in attività di animazione e sostegno. Il
progetto è stato finanziato dal Ministero degli esteri italiano
ed è stato realizzato con una serie di partner locali tra i quali Acopamec, Cepam, Piccola
Fraternità e Università di San Bento di Salvador. “Terre
e Libertà” è invece il nome del progetto che ormai da 6 anni collega i Balcani e l’Italia con iniziative di animazione giovanile.
A Ribnik, nella Repubblica serba di Bosnia, ad esempio,
una collaborazione tra Ipsia e Unione Sportiva Acli prevede la presenza di una equipe
mista di volontari, composta da giovani allenatori del posto, giovani
provenienti dall'Italia, e giovani di Bosanska Krupa, nella Federazione croato musulmana. In Kosovo, è invece previsto un “viaggio di turismo responsabile”
nel periodo 20-27 settembre. (T.C.)
FESTA DI SALUTO STASERA A ROMA PER
L’EX DIRETTORE DELLA SALA STAMPA
VATICANA JOAQUĺN
NAVARRO-VALLS. ALLA SERATA ANCHE IL SEGRETARIO
PARTICOLARE DEL PAPA MONS. GEORG GÄNSEWEIN E IL NUOVO
DIRETTORE PADRE FEDERICO LOMBARDI
ROMA. = Una festa per salutare il dott. Joaquín Navarro-Valls, ex
direttore della Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo questa sera, alle 19,
a Roma, a Palazzo Cesi, in via della Conciliazione,
proprio di fronte agli uffici della Sala Stampa Vaticana. Navarro-Valls
lascia il suo posto al nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, nominato
nell’incarico da Benedetto XVI l’11 luglio scorso. La serata segue a quella organizzata
lo scorso 26 luglio in Val D’Aosta nella colonia salesiana di Les Combes, alla quale ha preso
parte anche il Papa. A salutare il dottor Navarro-Valls,
per 22 anni in Vaticano, ci saranno stasera anche il segretario particolare del
Santo Padre, mons. Georg Gänswein,
e il nuovo direttore della Sala Stampa Vaticana. (A.Gr.)
=======ooo=======
29 luglio 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Resta tesa la situazione in
Iraq, dove almeno sette persone sono rimaste uccise questa mattina in diversi
attentati. Sempre stamani, il comando statunitense ha dato notizia della morte,
giovedì scorso, di quattro marines in un combattimento
nella provincia orientale di Al Anbar,
portando dunque a oltre 2570 il numero dei soldati americani morti dall’inizio
della guerra in Iraq, nel marzo del 2003. Da segnalare, infine, l’arresto di
circa 60 sospetti terroristi nelle ultime 24 ore in diverse zone del Paese.
Almeno 18 guerriglieri taleban
sono morti tra ieri e la scorsa notte in Afghanistan, nel corso di diversi
scontri con le forze di coalizione nelle province di Helmand
e Kapisa. Uccisi anche quattro poliziotti afghani.
Intanto, stamani, quattro persone sospettate di appartenere alla rete
terroristica di Al Qaida
sono state arrestate dalle truppe statunitensi nel corso di un’operazione a Sal Kalay, un villaggio nella
provincia orientale di Khost.
Possibile svolta
concreta nella delicata questione del nucleare iraniano. I cinque membri
permanenti del Consiglio di sicurezza, insieme con
Sconcerto, in Somalia, all’indomani dell’assassinio del
ministro per gli Affari Costituzionali e Federali, Abdallah
Deerow Isaqia’s, a Baidoa, sede del governo di transizione e del Parlamento
somalo, occupata da truppe etiopi. Il primo ministro, Ali Mohamed
Gedi, ha collegato l’omicidio al “terrorismo
internazionale”, accusando Libia, Egitto, Iran ed Eritrea di fomentare
l’estremismo nel Paese. Intanto, per consentire lo svolgimento del funerale, il
Parlamento somalo ha deciso di rimandare alla prossima settimana il voto di
sfiducia nei confronti dello stesso Gedi, previsto
per oggi. Giovedì, almeno 18 esponenti del governo ad interim tra cui lo stesso Deerow si
erano dimessi per protestare contro la linea dura del primo ministro, che ha
deciso di interrompere i colloqui con le Corti islamiche, che da giugno
controllano Mogadiscio e gran parte del Sud del Paese. Alcuni ministri avevano
manifestato con le dimissioni anche il dissenso per la presenza delle truppe
etiopi nel Paese.
Ennesimo “no” del
presidente sudanese, Omar el Beshir,
al dispiegamento nel Darfour di una forza di
interposizione delle Nazioni Unite. “Non daremo mai il Darfour
a forze internazionali – ha detto ieri – la regione diventerebbe un cimitero di
caschi blu”. La comunità internazionale ha deciso di sostituire l’attuale
missione dell’Unione Africana, troppo debole, con una forza ONU, capace di
proteggere i civili del Darfour, che subiscono gli attacchi
di miliziani filo-governativi e dei gruppi ribelli.
Della grave situazione in
Libano, ma anche di sicurezza internazionale si è parlato ieri nella capitale
della Malaysia, Kuala Lumpur,
nel vertice ASEAN, l’Associazione dei Paesi dell’Asia sudorientale.
Al tavolo dei lavori, anche il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, che oggi è
tornato nell’area mediorientale per proseguire i colloqui iniziati con le
autorità israeliane e libanesi all’inizio di questa settimana. Maurizio Pascucci:
**********
Prima di lasciare Kuala Lumpur alla volta del Medio Oriente, il segretario di Stato
americano, Condoleezza Rice,
ha esortato
Maurizio Pascucci, per
**********
Quarto giorno di bombardamenti
aerei dell’esercito nel nordest dello Sri Lanka
contro le posizioni separatiste Tamil nella regione
di Trincomalee. Obiettivo dell’offensiva sarebbe il ripristino delle rete idrica bloccata dai ribelli – che negano ogni
responsabilità – per non far giungere acqua ai contadini cingalesi nei
territori sotto il controllo governativo. Non vi sono bilanci ufficiali
dell’attacco, mentre i ribelli parlano di sei dirigenti tamil
uccisi e nove feriti, tra cui cinque ribelli e quattro civili. Intanto, il
governo di Colombo ha criticato oggi la decisione di Finlandia e Danimarca,
annunciata ieri, di ritirare il loro personale dalla Missione internazionale
per il monitoraggio della tregua (SLMM) entro il prossimo primo settembre, come
intimato dai ribelli. “In base all’accordo di cessate-il-fuoco, ogni decisione
di cambiamenti nella missione deve essere presa dopo consultazioni tra tutte le
parti”, ha detto il portavoce del governo in materia di Difesa, Keheliya Rambukwella, aggiungendo
che le autorità non hanno ancora ricevuto una comunicazione ufficiale riguardo il ritiro degli osservatori.
Sono 32, finora, le vittime accertate del tifone Kaemi nella Cina sudorientale. Nella provincia dello Jiangxi,
i dispersi sono 65, mentre in quella confinante dell’Anhui,
Kaemi ha causato il crollo di quasi 2700 case e la
devastazione di 21 mila ettari di coltivazioni. Colpite violentemente, con
raffiche di pioggia e forti venti, anche le province del Fujian
e del Guangdong. Dal territorio, gia martoriato a
metà luglio dal tifone Bilis, che ha fatto oltre 600
morti e circa 200 dispersi, sono state evacuate circa 700 mila persone.
A 16 anni dalla sua
prima, discussa esperienza da capo di Stato, Alan Garcia Perez ha varcato ieri la
soglia di Palazzo Pizarro a Lima per insediarsi per
la seconda volta come presidente della Repubblica del Perù. “Mi propongo – ha
dichiarato Garcia Perez nel
suo discorso di insediamento, davanti a otto suoi colleghi sudamericani – di
rifondare il sistema politico e ricostruire lo Stato, imponendo una severa
austerità all’amministrazione pubblica, riducendo da subito gli stipendi, dal
mio a quelli dei parlamentari e dei sindaci, e adoperandomi perchè tutto ciò
serva a far fronte ai problemi dei 13 milioni di peruviani dimenticati”.
Sparatoria in un centro ebraico a Seattle, negli Stati
Uniti. Una donna è morta e altre cinque persone sono rimaste ferite nella notte
da un uomo – un cittadino americano di origine pakistana – che ha aperto il
fuoco nella sede della Jewish Federation
of Greater Seattle. “Sono un musulmano americano – ha
gridato l’aggressione, prima di sparare – e sono arrabbiato con Israele”. La
polizia, subito accorsa sul posto, ha arrestato l’uomo, che non ha opposto
resistenza.
Ennesimo viaggio
della speranza finito in tragedia nelle acque del Mediterraneo. Secondo il
racconto di alcuni dei 14 clandestini soccorsi ieri sera dalla Marina militare
italiana a largo di Lampedusa, in Sicilia, altri 13
compagni di viaggio sarebbero morti durante la traversata dalla Libia e gettati
in mare. Da segnalare, inoltre, nelle ultime ore, altri tre sbarchi di
clandestini, due a Lampedusa e uno in provincia di Siracusa.
Grande
attesa in Italia per il voto del Senato sul provvedimento di indulto presentato
dal governo. La conclusione dei lavori è prevista nel tardo pomeriggio.
Contrario al provvedimento il partito dell’Italia dei Valori, che sta
manifestando davanti a Palazzo Madama.
Era dovuta a una fuga di gas l'esplosione
avvenuta stamani in una caserma turca nella provincia sud-orientale di Van, in cui sono rimasti feriti sei soldati. Lo hanno riferito
fonti della sicurezza di Ankara. Inizialmente si era pensato a un attentato,
perchè nella zona sono attivi i separatisti curdi del
PKK, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, che nelle ultime settimane ha
intensificato la sua campagna militare contro le forze armate turche.
=======ooo=======