RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 209  - Testo della trasmissione di venerdì 28 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ultimo giorno di Benedetto XVI in Valle d’Aosta. Da stasera, il Pontefice sarà a Castel Gandolfo. Ai nostri microfoni, il grazie del vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi, che auspica il ritorno del Papa a Les Combes, il prossimo anno

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si intensifica l’offensiva militare israeliana in Libano: nella notte, oltre 60 raid aerei nel Sud e nella Valle della Bekaa. Sempre più pesante il bilancio: oltre 600 morti libanesi e più di 50 israeliani dall’inizio del conflitto: una riflessione di mons. Agostino Marchetto

 

Lunga e tesa vigilia elettorale nella Repubblica Democratica del Congo, tra episodi di violenze e uccisioni. Ai nostri microfoni, l’arcivescovo di Kisangani, Laurent Monsengwo Pasinya

 

Presentato ieri a Roma il 63.mo Festival del cinema di Venezia che aprirà il 30 agosto con un’edizione ricca di titoli e autori. Intervista con Marco Müller

 

CHIESA E SOCIETA’:

Messaggio dei vescovi peruviani al nuovo capo dello Stato, che oggi presta giuramento all’esecutivo e al Parlamento appena eletti

 

Il presidente della Bolivia chiede un incontro con la Conferenza episcopale del Paese per discutere della riforma sull’educazione

 

Le associazioni educative e familiari in Spagna si oppongono all’introduzione nelle scuole della “educazione alla cittadinanza”, perché potrebbe creare confusione tra famiglie e coppie di fatto

 

In un incontro di ieri a Mumbai, in India, leader religiosi hanno invitato ad un impegno comune per la pace condannando il terrorismo

 

Alla collega  Roberta Gisotti, la quarta edizione del “Premio di cultura – città di Santa Marinella” per il suo libro “La favola dell’Auditel – parte seconda: fuga dalla prigione di vetro”

 

24 ORE NEL MONDO:

Il Senato italiano ha dato il via libera definitivo al rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, sulle quali il governo aveva chiesto la fiducia. Ieri, il “sì” della Camera sull’indulto

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 luglio 2006

 

 

ULTIMO GIORNO DI BENEDETTO XVI IN VALLE D’AOSTA. DA STASERA

IL PONTEFICE E’ A CASTEL GANDOLFO. AI NOSTRI MICROFONI, IL GRAZIE

 DEL VESCOVO DI AOSTA, GIUSEPPE ANFOSSI, CHE AUSPICA IL RITORNO

 DEL PAPA A LES COMBES, IL PROSSIMO ANNO

 

Ultima giornata di Benedetto XVI in Valle d’Aosta. Questo pomeriggio il Papa lascerà la villetta di Les Combes, nella quale dall'11 luglio ha trascorso un periodo di studio, riposo e soprattutto di preghiera per la pace in Medio Oriente. La partenza in aereo – informa una nota della Sala Stampa vaticana – è prevista alle ore 17.30 e l’arrivo all’aeroporto di Ciampino per le 18.30. Subito dopo, Benedetto XVI raggiungerà il Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. A partire da domenica prossima, 30 luglio, il Papa reciterà la preghiera mariana dell’Angelus dalla sua residenza estiva. Le udienze generali riprenderanno regolarmente da mercoledì 2 agosto. Intanto, il Papa sta vivendo con serenità queste ultime ore in terra valdostana, come sottolinea l’inviato di Avvenire a Les Combes, Salvatore Mazza, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Ieri, il Papa è rimasto tutto il giorno a Les Combes. Ha fatto una breve passeggiata verso le 6 del pomeriggio, nel parco che circonda lo chalet dove abita e lo stesso ha fatto questa mattina. E’ il momento del congedo e quindi il momento di fare i bagagli, di rimettere in ordine tutto e prepararsi al ritorno. Non sono previste grandi cerimonie, sarà un congedo molto familiare.

 

D. – Ecco, quindi, un congedo che - se vogliano - rispetta nello stile quella che è stata la vacanza, il periodo di riposo e di studio di Benedetto XVI?

 

R. – Sì, assolutamente. Il Papa, come abbiamo detto nei giorni scorsi, ha approfittato di questo periodo per riposare, per studiare. Certamente il suo programma è stato anche un po’ travolto dagli eventi della crisi del Medio Oriente, lo si è visto e lo si è sentito in tante occasioni. Un dramma che lo ha coinvolto sia da un punto di vista umano che, proprio, in veste di Pontefice, in maniera veramente molto forte.

 

D. – C’è qualche gesto, qualche atteggiamento del Papa che ha colpito in particolare il cronista, un osservatore peraltro come te che lo ha già visto l’anno scorso a Les Combes?

 

R. – Ha lasciato quattro volte soltanto il pianoro di Les Combes, in direzione del fondo valle e in tutte queste occasioni, lui che ha un carattere – lo conosciamo – timido e molto riservato, si è fatto quasi incontro ai giornalisti. E’ sembrato quasi cercarli o comunque non sottrarsi in alcun modo all’“assedio” cui tante volte tendiamo a sottoporlo, rispondendo alle domande, per parlare del Medio Oriente, per manifestare le sue preoccupazioni, per lanciare i suoi appelli e i suoi inviti. Questa mi sembra una cosa che rilevi la profondità del suo coinvolgimento in questo dramma.

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Dunque, Benedetto XVI sta per lasciare la Valle d’Aosta. Ma cosa resta ai fedeli valdostani di questo soggiorno del Papa nella loro terra? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al vescovo d’Aosta, mons. Giuseppe Anfossi:

 

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R. – La qualità della persona, il suo modo di relazionarsi: quando saluta, ti guarda in volto e avendo la possibilità di incontrare genitori con figli si è fermato di sua iniziativa. Direi che questo aspetto umano, la sua serenità e anche la sua umiltà, perché la si vede bene, sono stati confermati, dopo la prima impressione data lo scorso anno.

 

D. – Il Papa ha mostrato in ogni occasione – dagli Angelus alle visite ai conventi e ai santuari vicino a Les Combes – che il suo pensiero era fisso sulla pace in Medio Oriente per cui tanto ha pregato. Secondo lei, è questo l’aspetto che più ha caratterizzato questi giorni di Benedetto XVI a Les Combes?

 

R. – Sì, il fatto di mettere insieme un tempo di riposo con delle preoccupazioni, proprio come il Vangelo di domenica scorsa che diceva: Gesù ha compassione per le folle, ma dice agli Apostoli “andiamo un momento in disparte”. Ci insegna che la dimensione del riposo e la dimensione dell’approfondimento della fede e della preghiera più intensa sono compatibili con la preoccupazione propria di un pastore, quando ci sono grossi problemi che coinvolgono il proprio gregge.

 

D. – L’anno scorso si poteva pensare che Benedetto XVI avesse scelto Les Combes per un gesto di cortesia verso la terra che tante volte ha accolto Giovanni Paolo II. Si può dire che il suo ritorno dimostra quanto il Papa apprezzi i luoghi e la gente della Valle d’Aosta?

 

R. – Sì, perché questo luogo, che abbiamo messo in piedi nel giro di circa 20 anni, ha delle caratteristiche molto particolari e tali che consentono al Papa di non essere disturbato e che consentono alla polizia e alla gendarmeria di avere un facile controllo della situazione. Diciamo che si verificano delle condizioni che il Papa apprezza molto… ma ciò che più apprezza è avere del tempo per sé in un luogo di silenzio, bello, dove può leggere, scrivere e pregare. Questo è molto importante, perché il Papa può fare le vacanze come desidera, in un luogo che glielo permette.

 

D. – C’è, tra i tanti, un momento che ricorda in particolare di questo periodo di riposo, studio e preghiera di Benedetto XVI in Valle d’Aosta?

 

R. – Direi l’intenzione, così chiaramente manifestata, di avere del tempo da dedicare a ciò che gli stava a cuore e in particolare a leggere e a scrivere. Intenzione che si è anche accompagnata a quelle iniziative del Papa, per la pace soprattutto, e alle visite ai due monasteri contemplativi, che hanno rappresentato, secondo me, un messaggio molto chiaro: la dimensione verticale, la dimensione che deve attraversare tutte le preoccupazione del mondo. E’ una dimensione di fede molto ben sottolineata. Il senso della trascendenza di Dio e della sua presenza sono, mi sembra, dei messaggi molto chiari che lui dà.

 

D. – Mons. Anfossi, un’ultima domanda, ma è una domanda d’obbligo. Il Papa tornerà a Les Combes il prossimo anno?

 

R. – Penso di sì, perché le reazioni del Papa e di chi lo accompagna sembrano mostrare questa gradevolezza dell’esperienza fatta. Per cui tutto sembra dire che la vorremmo continuare. Certo non è una decisione che prendo io, né il Papa l’ha manifestata a me. Tutto, però, sia le condizioni che si sono create, sia lo stato d’animo delle persone, parlano di continuità.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Apre la prima pagina il Medio Oriente: l'ombra di Al Qaeda sulla crisi nella regione; gravi minacce lanciate in un video dal "numero due" della rete terroristica. 

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.

 

Servizio estero - Iraq: le Nazioni Unite ed il Governo di Baghdad si accordano per un piano quinquennale finalizzato a sostenere l'opera di ricostruzione. 

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo "L' 'altro Rinascimento' di Gentile da Fabriano": una recente mostra ha riaperto il dibattito sull'originalità dell'arte marchigiana.

 

Servizio italiano - Governo; Afghanistan: via libera anche dal Senato. La Cdl non ha votato per protesta. 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 luglio 2006

 

 

IN LIBANO, SI INTENSIFICANO LE AZIONI MILITARI ISRAELIANE:

NELLA NOTTE, OLTRE 60 RAID AEREI NEL SUD E NELLA VALLE DELLA BEKAA.

E IL BILANCIO E’ SEMPRE PIU’ PESANTE: OLTRE 600 MORTI LIBANESI

E PIU’ DI 50 ISRAELIANI DALL’INIZIO DELL’OFFENSIVA DELLO STATO EBRAICO

- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -

 

In Libano si è aperta, come annunciato dal governo dello Stato ebraico all’indomani del summit di Roma, una nuova, intensa fase delle azioni militari israeliane: nella notte, Israele ha condotto oltre 60 raid aerei e continuato a martellare il sud del Libano e la valle della Bekaa. Secondo fonti dei Servizi di sicurezza libanesi, sono morte in questi ultimi attacchi almeno 11 persone. Ed il conflitto non risparmia neanche i bambini: un neonato partorito prematuramente in un taxi in fuga da Tiro, a sud di Beirut, e i suoi due fratellini sono morti durante un raid. Sulla situazione in Libano, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Le ultime operazioni israeliane hanno colpito 130 obiettivi in Libano ed almeno 14 razzi sono stati lanciati, stamani, dagli Hezbollah contro diverse aree della Galilea. E dopo  questo ormai consueto e drammatico alternarsi di raid e attacchi, il bilancio delle vittime, da quando ha avuto inizio l’offensiva israeliana, si fa sempre più pesante: il Ministero della salute di Beirut ha rivelato che sono oltre 600 i libanesi rimasti uccisi. Secondo fonti di stampa israeliane, sono invece più di 50 i civili e i militari dello Stato ebraico morti. La tensione è alta, poi, anche al confine tra Israele e Siria. Secondo un’emittente televisiva libanese, l’esercito siriano ha iniziato a scavare trincee in una vasta aerea nel timore di un attacco israeliano. Subito dopo, la radio israeliana ha affermato che lo Stato ebraico non intende attaccare la Siria. Sul versante politico, il presidente statunitense, George Bush, ha ribadito ieri il suo “no” ad “una pace ingannevole”, ovvero ad una tregua che non affronti le cause del conflitto tra Israele e gli Hezbollah. Da Israele arrivano, inoltre, critiche verso la forza dell’ONU dispiegata, dal 1978, nella zona di cuscinetto tra Libano e lo Stato ebraico. I caschi blu – ha dichiarato l’ambasciatore israeliano all’ONU, Dan Gillerman – “non sono stati capaci di prevenire attacchi contro Israele”.  L’ambasciatore ha anche escluso che le Nazioni Unite possano svolgere un ruolo di primo piano nel comando di un’eventuale forza internazionale in Libano, spiegando che servono truppe più addestrate per una situazione delicata come quella in atto nella regione. Sono state respinte, inoltre, le richieste di aprire un’inchiesta congiunta Israele – Nazioni Unite sulla morte di 4 osservatori dell’ONU in seguito ad un’incursione israeliana condotta, martedì scorso, nel sud del Libano. Su questo episodio, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato un documento nel quale non esprime parole di condanna nei confronti di Israele e si dichiara “profondamente scioccato”. Grande preoccupazione, viene espressa infine, dall’UNICEF per la situazione degli sfollati in Libano. Secondo l’agenzia dell’ONU, i profughi sono oltre 700 mila e, tra questi, quasi la metà sono bambini.

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Alle sofferenze della popolazione civile si aggiungono, poi, le gravi condizioni di migliaia di lavoratori migranti presenti in Libano. Sulla loro situazione si è soffermato, in un documento pubblicato in occasione della Conferenza di Roma sul Libano, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, invocando l’intervento delle istituzioni internazionali. Ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, il segretario del dicastero vaticano, l’arcivescovo Agostino Marchetto:

 

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R. – Noi desideriamo attirare l’attenzione sulla situazione di migliaia di lavoratori emigranti, che sono rimasti intrappolati nel conflitto. La nostra speciale preoccupazione è proprio per coloro che provengono dai Paesi dell’Africa e dell’Asia, che sono i più abbandonati. In Libano, sono poi presenti circa 20 mila persone sudanesi ed iracheni che hanno ricevuto asilo in Libano e che stanno ora affrontando con particolare difficoltà le conseguenze delle ostilità. Abbiamo anche lanciato un appello alla Siria per facilitare le procedure di ingresso in Siria sia per i libanesi, sia per i migranti ed i rifugiati. C’è, poi, tutta la grande questione della situazione dei palestinesi. Sono diverse realtà che vanno analizzate insieme, specialmente se consideriamo che i palestinesi sono, attualmente, più o meno del 10 per cento della popolazione del Libano.

 

D. – Mons. Marchetto, Israele ha annunciato la creazione di corridoi umanitari verso il Libano ed ha dato la possibilità di usare l’aeroporto di Beirut per veicolare gli aiuti. Sono passi importanti?

 

R. – Io credo siano certamente segni di una buona volontà, almeno in relazione con ai civili, che sono le vittime innocenti di questo conflitto. Quindi, i corridoi umanitari e la disponibilità ad aprirli sono certamente importanti. D’altra parte, però, anche se gli aiuti possono giungere all’aeroporto di Beirut, la questione che rimane riguarda la distribuzione. Come sappiamo, i bombardamenti israeliani hanno colpito gravemente il sistema viario e gli stessi aeroporti del Libano. Il problema che si pone è quindi quello della distribuzione degli aiuti.

 

D. – Lei quali passi diplomatici si augura per il futuro?

 

R. – Di avere un dialogo che possa essere avviato, forse con un legame tra il cessate-il-fuoco e la liberazione dei soldati israeliani rapiti dagli Hezbollah. Questo credo sia il punto di difficoltà, perché alcuni vogliono una cosa, gli altri una diversa: bisognerebbe, forse, cercare di mettere insieme le due cose come segno di buona volontà. Naturalmente, ci vuole poi un negoziato globale che tenga conto del futuro di Israele, del Libano e della Palestina. Sono urgenti quindi un riconoscimento di Israele, la possibilità di uno Stato per i palestinesi e il rispetto della sovranità e della libertà del Libano.

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LUNGA E TESA VIGILIA ELETTORALE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,

TRA EPISODI DI VIOLENZA E UCCISIONI.

PRESENTATA IERI A ROMA UN’INIZIATIVA BENEFICA

PROMOSSA DAL CARDINALE FIORENZO ANGELINI

IN FAVORE DEI CONGOLESI DEL NORD KIVU

- Intervista con il presidente dei vescovi congolese,  Laurent Monsengwo Pasinya -

 

La Repubblica Democratica del Congo si prepara, domenica, alle elezioni. Teso il clima che sta caratterizzando queste ore. Ieri, a Kinshasa, sono stati uccisi 3 poliziotti ed un civile, con 22 feriti, dopo uno scontro fra alcuni sostenitori del candidato Jean-Pierre Bemba con la polizia. Sono stati presi d’assalto i locali dell’Alta autorità per i mass-media ed è stata saccheggiata una stazione di polizia. Mentre Bemba si rivolgeva ai suoi sostenitori, inoltre, è scoppiato un incendio, nella sua residenza. L’incidente sarebbe divampato dal deposito di munizioni accanto alla casa del candidato. Due bambini sarebbero rimasti carbonizzati e i feriti sarebbero una dozzina. Intanto, la Conferenza episcopale, ieri, ha reso noto un documento in cui raccomanda alla popolazione di recarsi alle urne. Nelle scorse settimane, si è parlato di brogli e sono state denunciate frodi nelle procedure elettorali. Tiziana Campisi ha chiesto al presidente dell’episcopato congolese, l’arcivescovo di Kisangani, Laurent Monsengwo Pasinja, qual sia la situazione alla vigilia delle elezioni:

 

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R. – Quando abbiamo denunciato il sospetto di alcune frodi, ci sono state date delle spiegazioni. Allora noi abbiamo fatto una nostra inchiesta e siamo arrivati a delle nostre conclusioni. Ci sono alcune spiegazioni che ci hanno fornito che ci soddisfano, mentre ce ne sono altre che non ci soddisfano affatto. Ma abbiamo preso una decisione: vista l’importanza di queste elezioni per la situazione globale del Paese, e viste le sfide relative a questo scrutinio, abbiamo deciso di chiedere a tutti di andare a votare, ricordando però di votare chi abbia un profilo alto ed onesto, una moralità integra, che abbia dato prova di competenza in passato nella gestione: persone cioè che diano una certa garanzia per la ricerca del bene comune e che vogliano realmente ricostruire il Paese. Invitiamo quindi tutti ad andare a votare, perché chi si astiene non solo non manifesta la sua volontà, ma permette anche al governo di passare senza incontrare difficoltà.

 

D. – Lei ha parlato di aspetti che preoccupano la Chiesa…

 

R. – Noi vogliamo andare alle elezioni in un clima pacifico, senza violenza e senza alcuna imposizione esterna, ma nella piena responsabilità del popolo congolose in questa materia. Adesso abbiamo preso una decisione: invece di lamentarci, cerchiamo di  prendere delle misure, affinché le cose siano così. Ci lamentiamo però di una cosa: non avendo ascoltato la nostra richiesta di avere delle concertazioni che ci permettessero di assumere tutte le decisioni necessarie per affrontare il problema della violenza, lo Stato si trova ora davanti al grave problema della violenza e della tensione che si è creata nel Paese. Noi naturalmente invitiamo tutti ad evitare qualsiasi tipo di violenza.

 

D. – Il documento da lei firmato dice che la Conferenza episcopale si riserva, sulla base dei rapporti degli osservatori, il diritto di giudicare la validità dello scrutinio…

 

R. – Se per caso constateremo che si sono verificate delle manipolazioni relative al numero degli elettori e se anche gli osservatori nazionali ed internazionali, appartenenti sia alla Chiesa che alle ONG, in base alla relazione che redigono, constateranno che lo scrutinio non è stato del tutto trasparente e credibile e ci potrebbe essere la reale possibilità che tutto questo sia vero e che quindi si siano verificate delle manipolazioni: allora sì, noi faremo la nostra denuncia per dire che lo scrutinio non è stato trasparente e che ci sono stati dei brogli.

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Nel Congo che si appresta con molte apprensioni a questo passaggio elettorale, la solidarietà continua ad operare per alleviare il peso di un dramma sociale che parla, secondo gli ultimi dati della Caritas italiana, di 1200 vittime al giorno, metà dei quali bambini. Tra i protagonisti di iniziative benefiche nel Paese africano è il cardinale Fiorenzo Angelini, prossimo ai 90 anni di vita, che domani festeggerà i 50 anni di episcopato. Grazie al porporato e alla Fondazione Merk Sharp and Dohome, un intero reparto di medicina generale verrà donato all’Università cattolica del Graben, che sorge a Butembu, nel nord Kivu, una delle aree più “calde” dello Stato. L’ iniziativa, presentata ieri a Roma, ha visto anche la partecipazione delle suore della congregazione del Santo Volto, da tempo attive nelle opere sanitarie della diocesi di Butembo Beni. Il servizio di Marina Tomarro.

 

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(musica e canti)

 

Un nuovo reparto di medicina con tanti posti letto, macchinari per le analisi e laboratori specializzati. Da oggi gli abitanti di Butembu, località ad est del Congo, non dovranno più andare in città lontane per usufruire di un buon servizio sanitario. Il cardinale Fiorenzo Angelini, sostenitore dell’iniziativa:

 

“Questo aiuto è la testimonianza che ci sono delle forze che vanno aiutate doverosamente da chi, come noi, ha avuto dalla Provvidenza una sorte molto, molto migliore, senza meritare – forse – sempre i doni che abbiamo ricevuto”.

 

E questa struttura si va a collocare all’interno dell’Università Cattolica del Graben, fondata nel 1989 dall’allora vescovo di Butembo Beni, Emmanuel Katalico, per aiutare i ragazzi del posto ad avere una formazione universitaria in settori fondamentali per lo sviluppo del Paese, come l’agraria, la veterinaria e la medicina. Ascoltiamo l’attuale vescovo, mons. Melchissendech Sikuli Paluku:

 

“Questa Università è stata fondata dal mio predecessore, che aveva il desiderio di realizzare un’Università vicina, essendo noi lontani dalle città universitarie e avendo una forte crescita del numero di giovani, che non aveva dove andare proprio a causa della distanza. Il mio predecessore ha, quindi, avuto questa bellissima idea ed è stata la sua ultima opera, dedicata proprio allo sviluppo e all’aiuto del popolo che gli è stato affidato”.

 

E grande è la gioia delle popolazioni locali, che vivono in mezzo a numerosi disagi, per l’apertura di questo nuovo reparto. Ascoltiamo ancora Mons. Paluku:

 

“Noi speriamo di riuscire a rispondere a tanti bisogni e di riuscire a farlo in un Paese dove molti muoiono ancora perché non sanno dove poter andare o non hanno soldi per arrivare a Kampala o a Nairobi, perché finora per riuscire a farsi curare bene era necessario andare lì. Adesso abbiamo questa struttura e pensiamo e speriamo di riuscire ad aiutare la popolazione della regione, perché finalmente avranno un luogo dove potersi curare. E’ un miracolo per tutti noi!”.

 

Quindi, diventa fondamentale l’impegno e la solidarietà di tutti, affinché per questi nostri fratelli africani la malattia non sia più forte della vita.

 

(musica e canti)

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PRESENTATO IL 63.MO FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA CHE APRIRÀ IL 30 AGOSTO CON UN’EDIZIONE PARTICOLARMENTE RICCA DI TITOLI E AUTORI

- Ai nostri microfoni Marco Müller

 

Presentata ieri a Roma la 63.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che aprirà il 30 agosto con l’atteso film, in concorso,  di Brian De Palma “The Black Dalia”. Un’edizione ricca di titoli e autori, che coniuga cultura e spettacolo, punto di riferimento per la cinematografia di tutto il mondo. Il Leone d’Oro alla carriera assegnato al regista americano David Lynch. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Festa del cinema e fasti dello spettacolo. In Laguna torna una grande Mostra fatta d’autori, opere, presenze e numeri. Basti sottolineare che tutti e 21 i titoli in concorso quest’anno sono, per la prima volta nella storia della Mostra dal dopoguerra ad oggi, film in assoluta prima mondiale, così come i 19 della sezione Orizzonti. E tra queste prime, ben 11 sono americane, segno evidente di una rinata fiducia della cinematografia più potente del mondo per la manifestazione veneziana. Due gli italiani in gara: Emanuele Crialese e Gianni Amelio, ma dieci le pellicole italiane disseminate nelle sezioni. Sei quelle giapponesi, vitalità di un cinema asiatico sempre ben rappresentato, e tra i 27 paesi che portano al lido le loro opere, ecco per la prima volta presenti il Ciad, Cipro e l’Indonesia. Le Nazioni del cinema, il passato del cinema: con una Storia Segreta del Cinema Russo, una retrospettiva dedicata ad uno dei “padri” del cinema brasiliano, Joaquim Pedro de Andrade, e le celebrazioni per tre centenari più che illustri, quelli di Rossellini, Soldati e Visconti. Giuria presieduta da Catherine Deneuve e presenza tradizionale della Chiesa con il Premio Robert Bresson dell’Ente dello Spettacolo che sarà conferito, il 5 settembre, da Mons. John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

 

Il direttore della Mostra, Marco Müller, ai nostri microfoni ricorda come quella di Venezia sia e voglia restare una Mostra Internazionale di Arte Cinematografica, un “non-festival”. In quale senso?

 

R. – Nel senso di un qualcosa che non è soltanto il punto di arrivo di una campagna promozionale di marketing iniziata altrove, in altri tempi, a seconda delle esigenze che non sono, appunto, quelle di una mostra d’arte cinematografica. Noi dobbiamo, in qualche modo, abituarci a considerare che a Venezia devono arrivare soprattutto quei film molto meno “tossici” degli altri, vale a dire quei film che non hanno bisogno di rapportarsi ad uno spettatore già assuefatto in precedenza. Quei film che affermano ancora una vitalità del cinema, che ha ovviamente le sue radici nell’etica e nell’estetica che, a questo punto, ci può riconciliare con un qualche cosa che è il cinema in tutti i suoi stati, così come vorremmo fosse rispecchiato dalle selezioni della 63.ma Mostra.

 

“Parabole della visione planetaria ed avventure dell’occhio”: così descrive la mostra che lei firma quest’anno per la terza volta. Quali avventure e quali parabole?

 

R. – Innanzitutto, avventure della testa ma anche del cuore, perché poi credo molto che si debba spendere anche molto cuore quando ci si chiede a cosa serve il cinema, perché il cinema serve anche a questo: poter ritornare al vecchio patto che c’era con gli spettatori. Gli spettatori sono coloro che, quando si spengono le luci, devono accettare di essere “un altro”, di vedere il mondo con gli occhi di un altro e perché no, anche sognare con gli occhi di un altro, però condividendo con lui anche una parte delle pene che lui ha sofferto. E quando si riaccendono le luci, quando ci si risveglia, si scopre di essere in parte cambiati, si scopre di essersi aperti ad una consapevolezza che ci rende meglio cittadini del mondo. Soltanto il cinema ci porta delle notizie del mondo inteso come Paesi lontani, non soltanto geograficamente ma anche culturalmente da noi. Soltanto il cinema ci dà la possibilità di capire perché un’emozione, ci ha resi più vicini.

 

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CHIESA E SOCIETA’

28 luglio 2006

 

 

SI DIANO RISPOSTE AI GRANDI BISOGNI E ALLE MOLTEPLICI ASPETTATIVE DEI

PERUVIANI: COSÌ I VESCOVI DEL PERÙ IN UN MESSAGGIO AL NUOVO CAPO DELLO STATO,

CHE OGGI PRESTA GIURAMENTO, ALL’ESECUTIVO E AL PARLAMENTO APPENA ELETTI

 

LIMA. = Dare riposte ai grandi bisogni e alle molteplici aspettative del popolo peruviano, ma, soprattutto, prendere coscienza del fatto che la gente non ha fiducia nelle istituzioni dello Stato e nella classe politica. È l’invito che mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale peruviana, ha rivolto in un messaggio al nuovo capo dello Stato Alan Garcia - già presidente tra il 1985 e il 1990 e che oggi a Lima presta giuramento - al governo e al parlamento, eletti con un voto popolare trasparente. Per la prima volta nella storia del Perù, sei donne fanno parte del consiglio dei ministri che sarà guidato da Jorge del Castello. Mons. Cabrejos Vidarte esorta ad una gestione esemplare della cosa pubblica per fare sì che la corruzione, l’impunità, gli interessi di parte e dei partiti lascino il posto al buon governo del bene comune. Se “è vero che nell’ambito della democrazia formale ci sono stati grandi progressi – si legge nel documento della Conferenza episcopale – per quanto riguarda la democrazia sostanziale c’è ancora molto fa fare”. Per l’episcopato un Paese come il Perù, con la metà della sua popolazione in situazione di povertà, con gran parte della gioventù che pensa solo ad emigrare, con professionisti altamente qualificati che non trovano lavoro, “non si può permettere esperimenti sociali o collaudi temerari”. Occorre invece gettare basi solide per uno sviluppo integrale sostenuto e sostenibile e per consolidare le istituzioni democratiche. Mons. Cabrejos Vidarte chiede al nuovo governo di ascoltare gli emarginati e i più poveri e ancora quanti temono che il Trattato di libero commercio con gli USA (firmato tra il governo uscente di Alejandro Toledo e Washington) possa condurre a nuove ineguaglianze sociali tra abbienti e meno abbienti. Il presule raccomanda di evitare la crescita di sperequazioni sociali, economiche, regionali e culturali e di risolvere i molti problemi sociali urgenti (salute, educazione, cibo, alloggi, infanzia …) con “scelte e politiche di Stato, con equità e qualità”. Per le riforme istituzionali i vescovi prospettano studi e analisi, ampi consensi politici e sociali, soprattutto sui temi che riguardano il diritto alla vita – suo concepimento alla sua fine naturale - i diritti umani, il sistema democratico, la convivenza solidale e la pace. Il comunicato della Conferenza episcopale si conclude con un appello diretto al presidente Alan García Pérez, dal quale i vescovi si aspettano i migliori sforzi per una buona gestione del Paese che risponda alle circostanze e ai bisogni del popolo. (T.C.)

 

 

 

BOLIVIA: IL PRESIDENTE EVO MORALES CHIEDE UN INCONTRO CON LA

CONFERENZA EPISCOPALE PER DISCUTERE DELLA RIFORMA DELL’EDUCAZIONE

 

LA PAZ. = Dopo le polemiche e le accuse contro la Chiesa cattolica in merito alla riforma dell’educazione, il presidente della Bolivia Evo Morales ha affermato di voler dialogare sulla delicata materia con i membri della Conferenza episcopale. Nei giorni scorsi sono state diverse le dichiarazioni da parte del governo e dello stesso capo dello Stato dopo che l’episcopato si era espresso sull’istruzione religiosa nel sistema scolastico. I presuli hanno criticato l’ipotesi di eliminare l’ora di religione cattolica nelle scuole e di sostituirla con una di storia delle religioni e l’insegnamento di principi del credo religioso delle popolazioni indigene. Morales ha chiesto ai vescovi un “incontro il più presto possibile” prospettando la data di domani. Il capo dello Stato ha voluto sottolineare che, a suo avviso, il dialogo è importante. “Siamo disponibili ad ascoltare”, ha aggiunto. Il ministro della Pubblica Istruzione, Félix Patzi, che giorni fa era stato molto duro con l’episcopato, ha ribadito che “l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole non è in discussione e che nulla sarà cambiato”. (T.C.)

 

 

NO DELLE ASSOCIAZIONI EDUCATIVE E FAMILIARI, IN SPAGNA, ALL’INTRODUZIONE NELLE SCUOLE DELLA “EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA”: POTREBBE CREARE CONFUSIONE TRA FAMIGLIE E COPPIE DI FATTO. ANNUNCIATA L’OBIEZIONE DI COSCIENZA

 

MADRID. = Associazioni educative e familiari protestano in Spagna contro l’introduzione nelle scuole della nuova materia “Educazione alla cittadinanza”. A loro avviso, scrive l’agenzia SIR, si tratterebbe di un tentativo “di indottrinamento” da parte del governo sulle nuove tipologie di famiglia. In questo insegnamento si presenterebbero ai bambini le famiglie monoparentali e le cosiddette “famiglie omosessuali”. Le associazioni hanno preparato una guida per spiegare ai genitori i contenuti di questa nuova materia prevista nella Legge organica sull’istruzione (Loe). Il movimento “Hazte Oir”, che guida la protesta, ribadisce che questo insegnamento rivela “l’intento del governo di inculcare valori morali decisi dai politici di turno”. Ramón Novella, uno dei sostenitori dell’iniziativa, sottolinea l’urgenza di “fornire spiegazioni dettagliate ai genitori sulle conseguenze di questa decisione che finirà per dare agli alunni conoscenze ideologiche opposte ai valori che vengono insegnati loro dai genitori”. Le associazioni cattoliche hanno annunciato che faranno “obiezione di coscienza” a questo insegnamento la cui entrata in vigore é prevista per il prossimo anno scolastico. (T.C.)

 

 

MUSULMANI ED INDÙ CONDANNANO IL TERRORISMO. AD UN INCONTRO TENUTOSI

IERI A MUMBAI, IN INDIA, L’INVITO DEI LEADER RELIGIOSI AD UN IMPEGNO DI

PACE COMUNE. ONOREFICENZE A 150 CITTADINI PER L’AIUTO OFFERTO

ALLE VITTIME DELL’ATTENTATO DEL 11 LUGLIO

 

MUMBAI.= “Condannare il terrorismo che vuole collegarsi alla religione”: è l’appello lanciato ieri da un gruppo di leader religiosi, indù e musulmani, all’incontro di pace organizzato a Mumbai, in India, da un gruppo di volontari chiamati “Cittadini per la giustizia e per la pace”. Alla conferenza, secondo quanto riportato dall’agenzia AsiaNews, è intervenuto il leader del tempio di Sankat Mochan a Vanarasi, Vee Bhadra Mishra. “Bisogna essere uniti per combattere il terrorismo – ha detto – nulla dovrebbe essere mirato a creare odio e paura fra le persone, in special modo in nome della religione. I mali creati con questa scusa non hanno nulla a che fare con il senso religioso”. Il mufti Fuzail-ur-Rahman Hilal Usmani, del Centro islamico Darus Salam, nel Punjab, ha affermato, invece, che “la jihad islamica ed il terrorismo non sono collegabili in alcun modo”. “Il concetto di guerra santa nell’Islam – ha spiegato – è una sorta di ultimo stadio, quando l’uomo lotta con tutte le sue forze per liberare se stesso ed il mondo intero dalla schiavitù”. Il terrorismo non è questo, ha precisato il mufti, esso vuole solo creare paura e un clima di terrore per impedire alla gente di vivere la propria vita. “La vita umana è preziosa per l’Islam – ha concluso Hilal Usmani – e l’uccisione di innocenti è un crimine paragonabile al massacro dell’umanità intera. Per noi, come per tutti, il terrorismo è solamente un crimine da condannare senza esitazione”. L’incontro si è concluso con un riconoscimento assegnato a 150 cittadini di Mumbai, distintisi per aver prestato aiuti e soccorsi alle vittime degli attentati dell’11 luglio scorso. Tali atti terroristici, lo ricordiamo, hanno provocato circa 200 vittime ed oltre 800 feriti. (A.Gr.)

 

 

ALLA NOSTRA COLLEGA ROBERTA GISOTTI LA QUARTA EDIZIONE

DEL “PREMIO DI CULTURA - CITTA’ DI SANTA MARINELLA” PER IL SUO LIBRO

LA FAVOLA DELL’AUDITEL - PARTE SECONDA: FUGA DALLA PRIGIONE DI VETRO”

 

SANTA MARINELLA. = Quattro anni fa il suo libro suscitò il clamore che provoca lo schierarsi nettamente contro una qualsiasi istituzione, ente o persona che sia. Con il volume “La favola dell’Auditel”, pubblicato nel 2002 da Editori Riuniti, Roberta Gisotti, giornalista della Radio Vaticana, attaccava con dovizia di dati, molti inediti, il sistema di rilevamento degli ascolti radiotelevisivi in Italia, riportandolo a ciò per cui era stato creato – sostanzialmente un mezzo per dare un prezzo alla pubblicità in tv – e smontando invece ciò di cui si era col tempo appropriato: il potere di decretare la qualità dei programmi e quindi, di fatto, condizionando il successo o la morte di alcuni di essi nonché i palinsesti di intere stagioni mediatiche. Dopo quattro anni di dibattiti, convegni, polemiche, che ne hanno decretato il successo, la versione aggiornata del libro, “La favola dell’Auditel – parte seconda: fuga dalla prigione di vetro”, edito da Nutrimenti, ha ottenuto ora un importante riconoscimento: quello del Premio di cultura “Città di Santa Marinella” per il settore “Comunicazione”. Il premio verrà consegnato a Roberta Gisotti questa sera, durante la cerimonia in programma al Castello Odescalchi di Santa Marinella, sul litorale del Lazio. Molte le personalità della cultura che prenderanno parte alla cerimonia, a partire dal presidente del Premio, il prof. Gian Piero Orsello, il presidente della Giuria, la scrittrice Giovanna Caratelli, il prof. Tullio De Mauro, lo storico Lucio Villari, il giornalista Giulietto Chiesa, autore della prefazione. (A.D.C.)

 

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 luglio 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

           

 

Ancora una mattinata di sangue in Iraq, dove almeno 17 persone, tra cui un soldato salvadoreño, sono rimaste uccise in diversi attentati. Fonti del Pentagono riferiscono, poi, dell’uccisione, ieri nella provincia orientale di Al-Anbar, di un marine americano, portando così a 2.566 il numero dei soldati statunitensi morti in Iraq dall’inizio della guerra, nel marzo del 2003. E, intanto, il ministro della Difesa USA, Donald Rumsfeld, ha prorogato ieri di altri quattro mesi la ferma per circa 4 mila militari di stanza in Iraq da un anno, per cercare di far fronte alla violenza in aumento a Baghdad. Rumsfeld avrebbe inoltre già individuato ulteriori quattro brigate, che saranno inviate nel Paese arabo entro i primi mesi del 2007. Da segnalare, infine, il raggiungimento di un accordo tra le Nazioni Unite ed il governo di Baghdad circa un piano quinquennale per la ricostruzione dell’Iraq, sostenuto dalla Banca mondiale.

 

Non si allenta la tensione in Somalia. Il ministro per gli Affari Costituzionali e Federali del governo di transizione somalo, Abdallah Deerow Isaq, è stato ucciso stamani a Baidoa con un colpo d’arma da fuoco alla testa, sede delle istituzioni somale, occupata da truppe etiopi. Intanto, ieri almeno 18 esponenti del governo transitorio – tra cui 11 ministri e otto vice-ministri – hanno presentato le dimissioni, denunciando esplicitamente la linea dura del premier, Ali Gedi, che ha deciso di interrompere il dialogo con le Corti islamiche, che da giugno controllano Mogadiscio e gran parte del Sud del Paese. Alcuni ministri hanno manifestato con le dimissioni anche il dissenso per la presenza delle truppe etiopi nel Paese.

 

Il Comitato dell’ONU sui Diritti umani, incaricato di verificare il rispetto dei Patti sui diritti civili e politici, ha chiesto oggi agli Stati Uniti “l’abolizione immediata delle detenzioni segrete”. L’organismo delle Nazioni Unite – riunito in sessione a Ginevra – ha richiesto inoltre, per i delegati del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), che possono entrare in contatto con “tutte le persone detenute in relazione a un conflitto armato”. Richiesto inoltre agli USA di non espellere o estradare individui verso Paesi nei quali rischino la tortura o trattamenti inumani. Dura la replica di Washington, che ha definito “deludenti” le conclusioni del Rapporto ONU. “Il Comitato – si legge in un comunicato diffuso del governo americano – perde prospettiva e credibilità quando impiega il suo tempo a criticare più gli Stati Uniti che i Paesi in cui non ci sono né diritti civili né politici”.

 

Nella riunione informale dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina – insieme con la Germania, è stato trovato un accordo sul dossier nucleare iraniano, un progetto che dovrà essere messo a punto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU di oggi. Se la soluzione dovesse essere accolta, si potrà adottare il testo già dalla prossima settimana.

 

Il presidente venezuelano Hugo Chavez arriva oggi in Iran, dove si fermerà tre giorni, dopo essere stato in Russia per l’acquisto di aerei e materiale bellico. Chavez firmerà con il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, una serie di accordi di cooperazione e verrà insignito di un riconoscimento ufficiale della Repubblica islamica.

 

Ci trasferiamo in Italia, dove nella tarda mattinata il Senato ha dato il via libera definitivo al decreto legge per il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, sul quale il governo ha posto la fiducia. Il ddl, che riguarda, in particolare, l’impegno della forza italiana in Afghanistan, è passato con 161 voti a favore su 162 presenti. La Casa delle Libertà non ha partecipato al voto in segno di protesta. Lo stanziamento finale ammonterà complessivamente a circa 488 milioni di euro, dei quali poco più di 58 destinati ad interventi umanitari diretti e quasi 430 finalizzati al finanziamento della cornice militare e di sicurezza. Intanto, ieri, dopo mesi di polemiche e dibattiti, la Camera ha approvato anche il provvedimento sull’indulto. Critica la posizione del ministro Antonio Di Pietro, che ha definito l’atto un “voto di scambio politico-parlamentare con cui l'Unione ha svenduto la propria dignità politica cedendo al ricatto della Cdl”. Il testo, che ora passa al Senato, prevede uno sconto di pena di 3 anni anche per reati amministrativi commessi fino al 2 maggio 2006. Esclusi dal provvedimento, i reati gravi, tra cui quelli mafiosi e legati alla pedofilia. Ma ascoltiamo, al microfono di Stefano Lesczcynski, il commento di don Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia:

 

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R. – Personalmente, sono felice ma interpreto sicuramente la felicità di molte persone “dentro”, che hanno necessità di beneficiare di questo gesto di clemenza. Rimango con la preoccupazione, ora, di far sì che quelli che usciranno e che sono tra i più poveri possano trovare un’accoglienza adeguata…

 

D. – L’indulto, come ogni provvedimento di clemenza, è un qualcosa di molto importante per la società. Tuttavia, la bagarre politica di questi ultimi giorni forse ha un po’ danneggiato la solennità del provvedimento…

 

R. – L’importante è il risultato. Certo, da quello che si legge, si è data dimostrazione che l’interesse va sempre su certi personaggi che dobbiamo tener dentro o metter fuori. Quindi, è un po’ deludente da questo punto di vista ed è deludente il fatto che si parli sempre di provvedimenti concomitanti che possano rendere l’uscita dal carcere un’uscita che non sia traumatica e che non sia fonte di ritorno immediato. Però su questa traccia poi, alla fine, non si cammina: questo è il vero problema.

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Tensione tra Abkhazia e Georgia: la dirigenza separatista dell’Abkhazia, forte dell’appoggio della Russia, ha minacciato oggi l’uso della forza, se il presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, insedierà il “governo abkhazo in esilio”, a lui fedele, nella vallata di Kodori. La vallata è ritornata soltanto ieri sotto il pieno controllo di Tbilisi, grazie all’invio di un piccolo corpo di spedizione che aveva l’obiettivo di disarmare una milizia privata agli ordini di Emzar Kvitsiani, uomo forte della zona e in odore di secessionismo.

 

Nella capitale della Malaysia, Kuala Lumpur, dov’è in corso il vertice del Paesi dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni dell’Asia sudorientale, circa 2 mila persone hanno partecipato a una manifestazione di protesta contro gli attacchi aerei israeliani in Libano. I manifestanti hanno cercato di fare irruzione nel Centro Congressi dove si sta svolgendo il summit, ma sono stati fermati da centinaia di agenti in assetto antisommossa. L’incontro, sulla sicurezza nella regione, è caratterizzato dalla partecipazione del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che ha assicurato la disponibilità degli Stati Uniti a riprendere “in qualsiasi momento” i negoziati a sei con la Corea del Nord sul suo programma nucleare.

 

Per “ragioni di sicurezza”, la Finlandia farà rientrare i suoi osservatori dallo Sri Lanka prima dello scadere d’’ultimatum lanciato dalle Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE) all’Unione Europea per concludere la sua missione di sorveglianza nel Paese. Il termine è fissato per il prossimo primo settembre. Intanto, non si ferma la violenza sul campo. E’ di sei ribelli morti e di altri otto feriti il bilancio dell’offensiva aerea ingaggiata stamani dall’esercito cingalese contro una base dei separatisti nei pressi di Trincomalee, nel nord-est del Paese.

 

È stato rilasciato, dopo due anni di prigione, l’ex-primo ministro di Haiti, Yvon Neptune, arrestato nel 2004 con l’accusa di essere implicato in un massacro di oppositori dell’ex-presidente, Jean-Bertrand Aristide. Neptune, da poco uscito da uno sciopero della fame che ha deteriorato le sue condizioni fisiche, è stato trasportato in un ospedale gestito dalla Missione di stabilizzazione dell’ONU ad Haiti (MINUSTAH) per ricevere cure mediche.

 

Arrestati ieri in India altri due uomini in relazione agli attentati dello scorso 11 luglio nella stazione ferroviaria di Bombay, in cui hanno perso la vita oltre 180 persone. Nei giorni scorsi, erano state fermate altre 6 persone. Secondo fonti giornalistiche, i due uomini arrestati, Faizal Sheikh e suo fratello, Muzammil, apparterrebbero al gruppo militante pakistano, Lashkar-e-Tayyaba. Finora, il Pakistan ha sempre negato ogni legame con gli attentati di Bombay.

 

Evacuate circa 4 mila persone dall’isola di Siau, nell’Indonesia orientale, per l’eruzione del vulcano Karangetang. Attivo già da alcune settimane, stamani il vulcano ha iniziato a lanciare in cielo una spessa coltre di fumo, mentre un misto di cenere e lava ha ricoperto tutta l’area intorno alla montagna per un raggio di 2 chilometri e mezzo. Al momento, le autorità locali non hanno notizia di feriti.

 

Un terremoto di 6,1 gradi sulla scala Ritcher ha investito oggi il nord di Taiwan, facendosi sentire con forza nella capitale, Taipei. L’epicentro del sisma, a cinque chilometri di profondità sotto il livello del mare, è stato localizzato 82 chilometri a sudest del distretto nordorientale di Ilàn. Non si hanno notizie di eventuali danni o vittime. La terra ha tremato stamani anche nell’arcipelago di Okinawa, in Giappone. L’epicentro del sisma, dell’intensità di 5,9 gradi sulla scala Ritcher, è localizzato a circa 40 chilometri di profondità in una zona adiacente all’isola di Yoyakumi, vicina a Taiwan.

 

In Myanmar (ex Birmania), due funzionari del governo sono stati uccisi e altri cinque sono rimasti feriti per l’esplosione di una mina al passaggio del veicolo su cui viaggiavano in un villaggio della regione orientale di Bago. Lo ha reso noto stamani il quotidiano ufficiale, New Light of Myanmar, attribuendo l’imboscata a un gruppo di ribelli. A febbraio, l’esercito governativo ha portato avanti nel territorio un’importante offensiva contro i guerriglieri dell’Unione Nazionale Karen (KNU), attiva da mezzo secolo nel Paese per ottenere l’indipendenza della regione, vicina alla frontiera con la Thailandia.

 

 

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