RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 209 - Testo della trasmissione di venerdì 28 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il Senato italiano ha dato
il via libera definitivo al rifinanziamento
delle missioni italiane all’estero, sulle quali il governo aveva chiesto la
fiducia. Ieri, il “sì” della Camera sull’indulto
28 luglio 2006
ULTIMO
GIORNO DI BENEDETTO XVI IN VALLE D’AOSTA. DA STASERA
IL
PONTEFICE E’ A CASTEL GANDOLFO. AI NOSTRI MICROFONI, IL GRAZIE
DEL VESCOVO DI AOSTA, GIUSEPPE ANFOSSI, CHE
AUSPICA IL RITORNO
DEL PAPA A LES COMBES, IL PROSSIMO ANNO
Ultima giornata di Benedetto XVI
in Valle d’Aosta. Questo pomeriggio il Papa lascerà la villetta di Les Combes, nella quale dall'11
luglio ha trascorso un periodo di studio, riposo e soprattutto di preghiera per
la pace in Medio Oriente. La partenza in aereo – informa una nota della Sala
Stampa vaticana – è prevista alle ore 17.30 e l’arrivo all’aeroporto di Ciampino per le 18.30. Subito dopo, Benedetto XVI
raggiungerà il Palazzo apostolico di Castel Gandolfo.
A partire da domenica
prossima, 30 luglio, il Papa reciterà la preghiera mariana dell’Angelus dalla
sua residenza estiva. Le udienze generali riprenderanno regolarmente da
mercoledì 2 agosto. Intanto, il Papa sta vivendo con serenità queste ultime ore
in terra valdostana, come sottolinea l’inviato di Avvenire a Les Combes, Salvatore Mazza, al
microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – Ieri, il Papa è rimasto tutto
il giorno a Les Combes. Ha
fatto una breve passeggiata verso le 6 del pomeriggio, nel parco che circonda lo chalet dove abita e lo stesso ha fatto questa mattina. E’
il momento del congedo e quindi il momento di fare i bagagli, di rimettere in
ordine tutto e prepararsi al ritorno. Non sono previste grandi cerimonie, sarà un
congedo molto familiare.
D. – Ecco, quindi, un congedo che
- se vogliano - rispetta nello stile quella che è stata la vacanza, il periodo
di riposo e di studio di Benedetto XVI?
R. – Sì, assolutamente. Il Papa,
come abbiamo detto nei giorni scorsi, ha approfittato di questo periodo per
riposare, per studiare. Certamente il suo programma è stato anche un po’
travolto dagli eventi della crisi del Medio Oriente, lo si
è visto e lo si è sentito in tante occasioni. Un dramma che lo ha coinvolto sia
da un punto di vista umano che, proprio, in veste di Pontefice, in maniera
veramente molto forte.
D. – C’è qualche gesto, qualche
atteggiamento del Papa che ha colpito in particolare il cronista, un
osservatore peraltro come te che lo ha già visto l’anno scorso a Les Combes?
R. – Ha lasciato quattro volte
soltanto il pianoro di Les Combes,
in direzione del fondo valle e in tutte queste
occasioni, lui che ha un carattere – lo conosciamo – timido e molto riservato,
si è fatto quasi incontro ai giornalisti. E’ sembrato quasi cercarli o comunque
non sottrarsi in alcun modo all’“assedio” cui tante volte tendiamo a
sottoporlo, rispondendo alle domande, per parlare del Medio Oriente, per
manifestare le sue preoccupazioni, per lanciare i suoi appelli e i suoi inviti.
Questa mi sembra una cosa che rilevi la profondità del suo coinvolgimento in
questo dramma.
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Dunque,
Benedetto XVI sta per lasciare la Valle d’Aosta. Ma cosa resta ai fedeli
valdostani di questo soggiorno del Papa nella loro terra? Alessandro Gisotti lo
ha chiesto al vescovo d’Aosta, mons. Giuseppe Anfossi:
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R. – La qualità della persona, il
suo modo di relazionarsi: quando saluta, ti guarda in volto e avendo la
possibilità di incontrare genitori con figli si è fermato di sua iniziativa.
Direi che questo aspetto umano, la sua serenità e anche la sua umiltà, perché la si vede bene, sono stati confermati, dopo la prima
impressione data lo scorso anno.
D. – Il Papa ha mostrato in ogni
occasione – dagli Angelus alle visite ai conventi e ai santuari vicino a Les Combes
– che il suo pensiero era fisso sulla pace in Medio Oriente per cui tanto ha
pregato. Secondo lei, è questo l’aspetto che più ha caratterizzato questi
giorni di Benedetto XVI a Les Combes?
R. – Sì, il fatto di mettere
insieme un tempo di riposo con delle preoccupazioni, proprio come il Vangelo di
domenica scorsa che diceva: Gesù ha compassione per le folle, ma dice agli
Apostoli “andiamo un momento in disparte”. Ci insegna che la dimensione del
riposo e la dimensione dell’approfondimento della fede e della preghiera più
intensa sono compatibili con la preoccupazione propria di un pastore, quando ci
sono grossi problemi che coinvolgono il proprio gregge.
D. – L’anno scorso si poteva
pensare che Benedetto XVI avesse scelto Les Combes per un gesto di cortesia verso la terra che tante
volte ha accolto Giovanni Paolo II. Si può dire che il suo ritorno dimostra
quanto il Papa apprezzi i luoghi e la gente della Valle d’Aosta?
R. – Sì, perché questo luogo, che
abbiamo messo in piedi nel giro di circa 20 anni, ha delle caratteristiche
molto particolari e tali che consentono al Papa di non essere disturbato e che
consentono alla polizia e alla gendarmeria di avere un facile controllo della
situazione. Diciamo che si verificano delle condizioni che il Papa apprezza molto… ma ciò che più apprezza è avere del tempo per sé in
un luogo di silenzio, bello, dove può leggere, scrivere e pregare. Questo è
molto importante, perché il Papa può fare le vacanze come desidera, in un luogo
che glielo permette.
D. – C’è, tra i tanti, un momento
che ricorda in particolare di questo periodo di riposo, studio e preghiera di
Benedetto XVI in Valle d’Aosta?
R. – Direi l’intenzione, così
chiaramente manifestata, di avere del tempo da dedicare a ciò che gli stava a cuore e in particolare a leggere e a scrivere.
Intenzione che si è anche accompagnata a quelle iniziative del Papa, per la
pace soprattutto, e alle visite ai due monasteri contemplativi, che hanno
rappresentato, secondo me, un messaggio molto chiaro: la dimensione verticale,
la dimensione che deve attraversare tutte le preoccupazione
del mondo. E’ una dimensione di fede molto ben sottolineata. Il senso della
trascendenza di Dio e della sua presenza sono, mi sembra, dei messaggi molto
chiari che lui dà.
D. – Mons.
Anfossi, un’ultima domanda, ma è una domanda
d’obbligo. Il Papa tornerà a Les Combes
il prossimo anno?
R. – Penso di sì, perché le
reazioni del Papa e di chi lo accompagna sembrano mostrare questa gradevolezza
dell’esperienza fatta. Per cui tutto sembra dire che la vorremmo continuare.
Certo non è una decisione che prendo io, né il Papa l’ha manifestata a me.
Tutto, però, sia le condizioni che si sono create, sia lo stato d’animo delle
persone, parlano di continuità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - Apre la
prima pagina il Medio Oriente: l'ombra di Al Qaeda
sulla crisi nella regione; gravi minacce lanciate in un video dal "numero
due" della rete terroristica.
Servizio vaticano - Una
pagina dedicata al cammino della Chiesa in Asia.
Servizio estero - Iraq:
le Nazioni Unite ed il Governo di Baghdad si accordano per un piano
quinquennale finalizzato a sostenere l'opera di ricostruzione.
Servizio culturale - Un articolo
di Franco Patruno dal titolo "L'
'altro Rinascimento' di Gentile da
Fabriano": una recente mostra ha riaperto il dibattito sull'originalità
dell'arte marchigiana.
Servizio italiano -
Governo; Afghanistan: via libera anche dal Senato. La Cdl
non ha votato per protesta.
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28 luglio 2006
IN LIBANO, SI INTENSIFICANO LE AZIONI MILITARI
ISRAELIANE:
NELLA NOTTE, OLTRE 60 RAID AEREI
NEL SUD E NELLA VALLE DELLA BEKAA.
E IL BILANCIO E’ SEMPRE PIU’
PESANTE: OLTRE 600 MORTI LIBANESI
E PIU’ DI 50 ISRAELIANI
DALL’INIZIO DELL’OFFENSIVA DELLO STATO EBRAICO
- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -
In
Libano si è aperta, come annunciato dal governo dello Stato ebraico
all’indomani del summit di Roma, una nuova, intensa fase delle azioni militari
israeliane: nella notte, Israele ha condotto oltre 60 raid aerei e continuato a
martellare il sud del Libano e la valle della Bekaa. Secondo fonti dei Servizi di sicurezza libanesi, sono morte
in questi ultimi attacchi almeno 11 persone. Ed il conflitto non risparmia
neanche i bambini: un neonato partorito prematuramente in un taxi in fuga da
Tiro, a sud di Beirut, e i suoi due fratellini sono morti durante un raid.
Sulla situazione in Libano, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Le
ultime operazioni israeliane hanno colpito 130 obiettivi in Libano ed almeno 14
razzi sono stati lanciati, stamani, dagli Hezbollah
contro diverse aree della Galilea. E dopo questo ormai consueto e drammatico alternarsi
di raid e attacchi, il bilancio delle vittime, da quando ha avuto inizio
l’offensiva israeliana, si fa sempre più pesante: il Ministero della salute di
Beirut ha rivelato che sono oltre 600 i libanesi rimasti uccisi. Secondo fonti di stampa israeliane, sono invece più di 50 i
civili e i militari dello Stato ebraico morti. La tensione è alta, poi, anche
al confine tra Israele e Siria. Secondo un’emittente televisiva libanese,
l’esercito siriano ha iniziato a scavare trincee in una vasta aerea nel timore
di un attacco israeliano. Subito dopo, la radio israeliana ha affermato che lo
Stato ebraico non intende attaccare
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Alle
sofferenze della popolazione civile si aggiungono, poi, le gravi condizioni di
migliaia di lavoratori migranti presenti in Libano. Sulla loro situazione si è
soffermato, in un
documento pubblicato in occasione della Conferenza di Roma sul Libano, il Pontificio Consiglio della Pastorale per
i migranti e gli itineranti, invocando l’intervento delle istituzioni
internazionali. Ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande,
il segretario del dicastero vaticano, l’arcivescovo Agostino Marchetto:
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R. – Noi desideriamo attirare
l’attenzione sulla situazione di migliaia di lavoratori emigranti, che sono
rimasti intrappolati nel conflitto. La nostra speciale preoccupazione è proprio
per coloro che provengono dai Paesi dell’Africa e dell’Asia, che sono i più
abbandonati. In Libano, sono poi presenti circa 20 mila persone sudanesi ed
iracheni che hanno ricevuto asilo in Libano e che stanno ora affrontando con
particolare difficoltà le conseguenze delle ostilità. Abbiamo anche lanciato un
appello alla Siria per facilitare le procedure di ingresso in Siria sia per i
libanesi, sia per i migranti ed i rifugiati. C’è, poi, tutta la grande
questione della situazione dei palestinesi. Sono diverse realtà che vanno
analizzate insieme, specialmente se consideriamo che i palestinesi sono,
attualmente, più o meno del 10 per cento della popolazione del Libano.
D. – Mons.
Marchetto, Israele ha annunciato la creazione di corridoi umanitari verso il
Libano ed ha dato la possibilità di usare l’aeroporto di Beirut per veicolare
gli aiuti. Sono passi importanti?
R. – Io credo siano certamente
segni di una buona volontà, almeno in relazione con ai
civili, che sono le vittime innocenti di questo conflitto. Quindi, i corridoi
umanitari e la disponibilità ad aprirli sono certamente importanti. D’altra
parte, però, anche se gli aiuti possono giungere all’aeroporto di Beirut, la
questione che rimane riguarda la distribuzione. Come sappiamo, i bombardamenti
israeliani hanno colpito gravemente il sistema viario e gli stessi aeroporti
del Libano. Il problema che si pone è quindi quello della distribuzione degli
aiuti.
D. – Lei quali passi diplomatici
si augura per il futuro?
R. – Di avere un dialogo che possa
essere avviato, forse con un legame tra il cessate-il-fuoco
e la liberazione dei soldati israeliani rapiti dagli Hezbollah.
Questo credo sia il punto di difficoltà, perché alcuni vogliono una cosa, gli
altri una diversa: bisognerebbe, forse, cercare di mettere insieme le due cose
come segno di buona volontà. Naturalmente, ci vuole poi un negoziato globale
che tenga conto del futuro di Israele, del Libano e
della Palestina. Sono urgenti quindi un riconoscimento di Israele, la
possibilità di uno Stato per i palestinesi e il rispetto della sovranità e
della libertà del Libano.
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LUNGA E
TESA VIGILIA ELETTORALE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,
TRA EPISODI DI VIOLENZA E UCCISIONI.
PRESENTATA IERI A ROMA UN’INIZIATIVA BENEFICA
PROMOSSA DAL CARDINALE FIORENZO ANGELINI
IN FAVORE DEI CONGOLESI DEL NORD KIVU
- Intervista con il presidente dei vescovi congolese, Laurent
Monsengwo Pasinya -
La Repubblica Democratica del Congo si prepara, domenica, alle elezioni. Teso il clima
che sta caratterizzando queste ore. Ieri, a Kinshasa, sono stati uccisi 3
poliziotti ed un civile, con 22 feriti, dopo uno scontro fra alcuni sostenitori
del candidato Jean-Pierre Bemba
con la polizia. Sono stati presi d’assalto i locali dell’Alta autorità per i
mass-media ed è stata saccheggiata una stazione di polizia. Mentre Bemba si rivolgeva ai suoi sostenitori, inoltre, è
scoppiato un incendio, nella sua residenza. L’incidente sarebbe divampato dal
deposito di munizioni accanto alla casa del candidato. Due bambini sarebbero
rimasti carbonizzati e i feriti sarebbero una dozzina. Intanto,
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R. – Quando abbiamo denunciato il
sospetto di alcune frodi, ci sono state date delle spiegazioni. Allora noi
abbiamo fatto una nostra inchiesta e siamo arrivati a delle nostre conclusioni.
Ci sono alcune spiegazioni che ci hanno fornito che ci soddisfano, mentre ce ne
sono altre che non ci soddisfano affatto. Ma abbiamo preso una decisione: vista
l’importanza di queste elezioni per la situazione globale del Paese, e viste le
sfide relative a questo scrutinio, abbiamo deciso di chiedere a tutti di andare
a votare, ricordando però di votare chi abbia un
profilo alto ed onesto, una moralità integra, che abbia dato prova di
competenza in passato nella gestione: persone cioè che diano una certa garanzia
per la ricerca del bene comune e che vogliano realmente ricostruire il Paese.
Invitiamo quindi tutti ad andare a votare, perché chi si astiene non solo non
manifesta la sua volontà, ma permette anche al governo di passare senza
incontrare difficoltà.
D. – Lei ha parlato di aspetti che
preoccupano la Chiesa…
R. – Noi vogliamo andare alle
elezioni in un clima pacifico, senza violenza e senza alcuna imposizione
esterna, ma nella piena responsabilità del popolo congolose
in questa materia. Adesso abbiamo preso una decisione: invece di lamentarci,
cerchiamo di prendere
delle misure, affinché le cose siano così. Ci lamentiamo però di una cosa: non
avendo ascoltato la nostra richiesta di avere delle concertazioni che ci
permettessero di assumere tutte le decisioni necessarie per affrontare il
problema della violenza, lo Stato si trova ora davanti al grave problema della
violenza e della tensione che si è creata nel Paese. Noi naturalmente invitiamo
tutti ad evitare qualsiasi tipo di violenza.
D. – Il documento da lei firmato
dice che la Conferenza episcopale si riserva, sulla base dei rapporti degli
osservatori, il diritto di giudicare la validità dello scrutinio…
R. – Se per caso constateremo che
si sono verificate delle manipolazioni relative al numero degli elettori e se
anche gli osservatori nazionali ed internazionali, appartenenti sia alla Chiesa
che alle ONG, in base alla relazione che redigono, constateranno che lo
scrutinio non è stato del tutto trasparente e credibile e ci potrebbe essere la
reale possibilità che tutto questo sia vero e che quindi si siano verificate
delle manipolazioni: allora sì, noi faremo la nostra denuncia per dire che lo
scrutinio non è stato trasparente e che ci sono stati dei brogli.
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Nel Congo che si appresta con molte
apprensioni a questo passaggio elettorale, la solidarietà continua ad operare
per alleviare il peso di un dramma sociale che parla, secondo gli ultimi dati
della Caritas italiana, di 1200 vittime al giorno,
metà dei quali bambini. Tra i protagonisti di iniziative benefiche nel Paese
africano è il cardinale Fiorenzo Angelini, prossimo ai 90 anni di vita, che
domani festeggerà i 50 anni di episcopato. Grazie al porporato e alla
Fondazione Merk Sharp and Dohome, un intero reparto di medicina generale verrà donato all’Università cattolica del Graben, che sorge a Butembu, nel
nord Kivu, una delle aree più “calde” dello Stato. L’
iniziativa, presentata ieri a Roma, ha visto anche la partecipazione delle
suore della congregazione del Santo Volto, da tempo attive
nelle opere sanitarie della diocesi di Butembo Beni.
Il servizio di Marina Tomarro.
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(musica e canti)
Un nuovo reparto di medicina con
tanti posti letto, macchinari per le analisi e laboratori specializzati. Da
oggi gli abitanti di Butembu, località ad est del Congo, non dovranno più andare in città lontane per
usufruire di un buon servizio sanitario. Il cardinale Fiorenzo Angelini,
sostenitore dell’iniziativa:
“Questo aiuto è la testimonianza
che ci sono delle forze che vanno aiutate doverosamente da chi, come noi, ha
avuto dalla Provvidenza una sorte molto, molto migliore, senza meritare – forse
– sempre i doni che abbiamo ricevuto”.
E questa struttura si va a
collocare all’interno dell’Università Cattolica del Graben,
fondata nel 1989 dall’allora vescovo di Butembo Beni,
Emmanuel Katalico, per aiutare i ragazzi del posto ad
avere una formazione universitaria in settori fondamentali per lo sviluppo del Paese,
come l’agraria, la veterinaria e la medicina. Ascoltiamo l’attuale vescovo,
mons. Melchissendech Sikuli
Paluku:
“Questa Università è stata fondata
dal mio predecessore, che aveva il desiderio di realizzare un’Università
vicina, essendo noi lontani dalle città universitarie e avendo una forte
crescita del numero di giovani, che non aveva dove andare proprio a causa della
distanza. Il mio predecessore ha, quindi, avuto questa bellissima idea ed è
stata la sua ultima opera, dedicata proprio allo sviluppo e all’aiuto del
popolo che gli è stato affidato”.
E grande è la gioia delle
popolazioni locali, che vivono in mezzo a numerosi disagi, per l’apertura di
questo nuovo reparto. Ascoltiamo ancora Mons. Paluku:
“Noi speriamo di riuscire a
rispondere a tanti bisogni e di riuscire a farlo in un Paese dove molti muoiono
ancora perché non sanno dove poter andare o non hanno soldi per arrivare a
Kampala o a Nairobi, perché finora per riuscire a farsi curare bene era
necessario andare lì. Adesso abbiamo questa struttura e pensiamo e speriamo di
riuscire ad aiutare la popolazione della regione, perché finalmente avranno un
luogo dove potersi curare. E’ un miracolo per tutti noi!”.
Quindi, diventa fondamentale
l’impegno e la solidarietà di tutti, affinché per questi nostri
fratelli africani la malattia non sia più forte della vita.
(musica e canti)
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PRESENTATO
IL 63.MO FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA CHE APRIRÀ IL 30
AGOSTO CON UN’EDIZIONE PARTICOLARMENTE RICCA DI TITOLI E AUTORI
-
Ai nostri microfoni Marco Müller –
Presentata ieri a Roma la 63.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia, che aprirà il 30 agosto con l’atteso film, in concorso, di Brian De Palma “The Black Dalia”. Un’edizione ricca di
titoli e autori, che coniuga cultura e spettacolo, punto di riferimento per la
cinematografia di tutto il mondo. Il Leone d’Oro alla carriera assegnato al
regista americano David Lynch. Il servizio di Luca
Pellegrini:
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Festa del cinema e fasti dello
spettacolo. In Laguna torna una grande Mostra fatta d’autori, opere, presenze e
numeri. Basti sottolineare che tutti e 21 i titoli in concorso quest’anno sono,
per la prima volta nella storia della Mostra dal dopoguerra ad oggi, film in
assoluta prima mondiale, così come i 19 della sezione Orizzonti. E tra queste
prime, ben 11 sono americane, segno evidente di una rinata fiducia della
cinematografia più potente del mondo per la manifestazione veneziana. Due gli
italiani in gara: Emanuele Crialese e Gianni Amelio, ma dieci le pellicole italiane disseminate nelle
sezioni. Sei quelle giapponesi, vitalità di un cinema asiatico sempre ben
rappresentato, e tra i 27 paesi che portano al lido le loro opere, ecco per la
prima volta presenti il Ciad, Cipro e l’Indonesia. Le Nazioni del cinema, il passato
del cinema: con una Storia Segreta del Cinema Russo, una retrospettiva dedicata
ad uno dei “padri” del cinema brasiliano, Joaquim Pedro de Andrade, e le
celebrazioni per tre centenari più che illustri, quelli di Rossellini,
Soldati e Visconti. Giuria presieduta da Catherine Deneuve e presenza tradizionale della Chiesa con il Premio Robert Bresson dell’Ente dello
Spettacolo che sarà conferito, il 5 settembre, da Mons.
John P. Foley, presidente
del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.
Il direttore della Mostra, Marco Müller, ai nostri microfoni ricorda come quella di Venezia
sia e voglia restare una Mostra Internazionale di Arte Cinematografica, un
“non-festival”. In quale senso?
R. – Nel senso di un qualcosa che
non è soltanto il punto di arrivo di una campagna promozionale di marketing
iniziata altrove, in altri tempi, a seconda delle
esigenze che non sono, appunto, quelle di una mostra d’arte cinematografica.
Noi dobbiamo, in qualche modo, abituarci a considerare che a Venezia devono
arrivare soprattutto quei film molto meno “tossici”
degli altri, vale a dire quei film che non hanno bisogno di rapportarsi ad uno
spettatore già assuefatto in precedenza. Quei film che affermano ancora una
vitalità del cinema, che ha ovviamente le sue radici nell’etica e nell’estetica
che, a questo punto, ci può riconciliare con un qualche cosa
che è il cinema in tutti i suoi stati, così come vorremmo fosse rispecchiato
dalle selezioni della 63.ma
Mostra.
“Parabole della visione planetaria
ed avventure dell’occhio”: così descrive la mostra che lei firma quest’anno per
la terza volta. Quali avventure e quali parabole?
R. – Innanzitutto, avventure della
testa ma anche del cuore, perché poi credo molto che si debba spendere anche
molto cuore quando ci si chiede a cosa serve il cinema, perché il cinema serve
anche a questo: poter ritornare al vecchio patto che c’era con gli spettatori.
Gli spettatori sono coloro che, quando si spengono le luci, devono accettare di
essere “un altro”, di vedere il mondo con gli occhi di un altro e perché no,
anche sognare con gli occhi di un altro, però condividendo con lui anche una
parte delle pene che lui ha sofferto. E quando si riaccendono le luci, quando
ci si risveglia, si scopre di essere in parte cambiati, si scopre di essersi
aperti ad una consapevolezza che ci rende meglio cittadini del mondo. Soltanto
il cinema ci porta delle notizie del mondo inteso come Paesi lontani, non
soltanto geograficamente ma anche culturalmente da noi. Soltanto il cinema ci
dà la possibilità di capire perché un’emozione, ci ha resi più vicini.
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28 luglio 2006
SI
DIANO RISPOSTE AI GRANDI BISOGNI E ALLE MOLTEPLICI ASPETTATIVE DEI
PERUVIANI:
COSÌ I VESCOVI DEL PERÙ IN UN MESSAGGIO AL NUOVO CAPO DELLO
STATO,
CHE
OGGI PRESTA GIURAMENTO, ALL’ESECUTIVO E AL PARLAMENTO APPENA ELETTI
LIMA. =
Dare riposte ai grandi bisogni e alle molteplici aspettative del popolo
peruviano, ma, soprattutto, prendere coscienza del fatto che la gente non ha
fiducia nelle istituzioni dello Stato e nella classe politica. È l’invito che
mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale
peruviana, ha rivolto in un messaggio al nuovo capo dello Stato Alan Garcia - già presidente tra
il 1985 e il 1990 e che oggi a Lima presta giuramento - al governo e al
parlamento, eletti con un voto popolare trasparente. Per la prima volta nella
storia del Perù, sei donne fanno parte del consiglio dei ministri che sarà
guidato da Jorge del Castello. Mons.
Cabrejos Vidarte esorta ad
una gestione esemplare della cosa pubblica per fare sì che la corruzione,
l’impunità, gli interessi di parte e dei partiti lascino il posto al buon
governo del bene comune. Se “è vero che nell’ambito della democrazia formale ci
sono stati grandi progressi – si legge nel documento della Conferenza
episcopale – per quanto riguarda la democrazia sostanziale c’è ancora molto fa
fare”. Per l’episcopato un Paese come il Perù, con la metà della sua
popolazione in situazione di povertà, con gran parte della gioventù che pensa
solo ad emigrare, con professionisti altamente qualificati che non trovano
lavoro, “non si può permettere esperimenti sociali o collaudi temerari”. Occorre
invece gettare basi solide per uno sviluppo integrale sostenuto e sostenibile e
per consolidare le istituzioni democratiche. Mons. Cabrejos Vidarte chiede al nuovo
governo di ascoltare gli emarginati e i più poveri e ancora quanti temono che
il Trattato di libero commercio con gli USA (firmato tra il governo uscente di Alejandro Toledo e Washington) possa condurre a nuove
ineguaglianze sociali tra abbienti e meno abbienti. Il presule raccomanda di
evitare la crescita di sperequazioni sociali, economiche, regionali e culturali
e di risolvere i molti problemi sociali urgenti (salute, educazione, cibo,
alloggi, infanzia …) con “scelte e politiche di Stato, con equità e qualità”.
Per le riforme istituzionali i vescovi prospettano studi e analisi, ampi consensi
politici e sociali, soprattutto sui temi che riguardano il diritto alla vita –
suo concepimento alla sua fine naturale - i diritti umani, il sistema
democratico, la convivenza solidale e la pace. Il comunicato della Conferenza
episcopale si conclude con un appello diretto al presidente Alan
García Pérez, dal quale i
vescovi si aspettano i migliori sforzi per una buona gestione del Paese che
risponda alle circostanze e ai bisogni del popolo. (T.C.)
BOLIVIA: IL PRESIDENTE EVO MORALES CHIEDE UN INCONTRO CON LA
CONFERENZA
EPISCOPALE PER DISCUTERE DELLA RIFORMA DELL’EDUCAZIONE
NO
DELLE ASSOCIAZIONI EDUCATIVE E FAMILIARI, IN
SPAGNA, ALL’INTRODUZIONE NELLE SCUOLE DELLA “EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA”:
POTREBBE CREARE CONFUSIONE TRA FAMIGLIE E COPPIE DI FATTO. ANNUNCIATA
L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
MADRID. =
Associazioni educative e familiari protestano in Spagna contro l’introduzione
nelle scuole della nuova materia “Educazione alla cittadinanza”. A loro avviso,
scrive l’agenzia SIR, si tratterebbe di un tentativo “di indottrinamento” da
parte del governo sulle nuove tipologie di famiglia. In questo insegnamento si presenterebbero
ai bambini le famiglie monoparentali e le cosiddette
“famiglie omosessuali”. Le associazioni hanno preparato una guida per spiegare
ai genitori i contenuti di questa nuova materia prevista nella Legge organica
sull’istruzione (Loe). Il movimento “Hazte Oir”, che guida la
protesta, ribadisce che questo insegnamento rivela “l’intento del governo di
inculcare valori morali decisi dai politici di turno”. Ramón
Novella, uno dei sostenitori dell’iniziativa, sottolinea l’urgenza di “fornire
spiegazioni dettagliate ai genitori sulle conseguenze di questa decisione che
finirà per dare agli alunni conoscenze ideologiche opposte ai valori che vengono insegnati loro dai genitori”. Le associazioni
cattoliche hanno annunciato che faranno “obiezione di coscienza” a questo
insegnamento la cui entrata in vigore é prevista per il prossimo anno
scolastico. (T.C.)
MUSULMANI ED INDÙ CONDANNANO IL TERRORISMO. AD UN INCONTRO TENUTOSI
IERI A MUMBAI, IN INDIA, L’INVITO
DEI LEADER RELIGIOSI AD UN IMPEGNO DI
PACE COMUNE. ONOREFICENZE A 150
CITTADINI PER L’AIUTO OFFERTO
ALLE VITTIME DELL’ATTENTATO DEL 11
LUGLIO
MUMBAI.=
“Condannare il terrorismo che vuole collegarsi alla religione”: è l’appello
lanciato ieri da un gruppo di leader religiosi, indù e musulmani, all’incontro
di pace organizzato a Mumbai, in India, da un gruppo
di volontari chiamati “Cittadini per la giustizia e per la pace”. Alla
conferenza, secondo quanto riportato dall’agenzia AsiaNews,
è intervenuto il leader del tempio di Sankat Mochan a Vanarasi, Vee Bhadra Mishra.
“Bisogna essere uniti per combattere il terrorismo – ha detto – nulla dovrebbe essere mirato a
creare odio e paura fra le persone, in special modo in nome della religione. I
mali creati con questa scusa non hanno nulla a che fare con il senso
religioso”. Il mufti Fuzail-ur-Rahman
Hilal Usmani, del Centro
islamico Darus Salam, nel Punjab, ha affermato, invece, che “la jihad
islamica ed il terrorismo non sono collegabili in alcun modo”. “Il concetto di
guerra santa nell’Islam – ha spiegato – è una sorta di ultimo stadio, quando
l’uomo lotta con tutte le sue forze per liberare se stesso ed il mondo intero
dalla schiavitù”. Il terrorismo non è questo, ha precisato il mufti, esso vuole solo creare paura e un clima di
terrore per impedire alla gente di vivere la propria vita. “La vita umana
è preziosa per l’Islam – ha concluso Hilal Usmani – e l’uccisione di innocenti è un crimine
paragonabile al massacro dell’umanità intera. Per noi, come per
tutti, il terrorismo è solamente un crimine da condannare senza
esitazione”. L’incontro si è concluso con un riconoscimento assegnato a 150
cittadini di Mumbai, distintisi per aver prestato
aiuti e soccorsi alle vittime degli attentati dell’11 luglio scorso. Tali atti terroristici, lo ricordiamo, hanno provocato circa 200
vittime ed oltre 800 feriti. (A.Gr.)
ALLA
NOSTRA COLLEGA ROBERTA GISOTTI
DEL
“PREMIO DI CULTURA - CITTA’ DI SANTA MARINELLA” PER IL SUO LIBRO
“
SANTA MARINELLA.
= Quattro anni fa il suo libro suscitò il clamore che provoca
lo schierarsi nettamente contro una qualsiasi istituzione, ente o persona che
sia. Con il volume “La favola dell’Auditel”,
pubblicato nel 2002 da Editori Riuniti, Roberta Gisotti, giornalista della
Radio Vaticana, attaccava con dovizia di dati, molti inediti, il sistema di
rilevamento degli ascolti radiotelevisivi in Italia, riportandolo a ciò per cui era stato creato – sostanzialmente un mezzo per dare
un prezzo alla pubblicità in tv – e smontando invece ciò di cui si era col
tempo appropriato: il potere di decretare la qualità dei programmi e quindi, di
fatto, condizionando il successo o la morte di alcuni di essi nonché i
palinsesti di intere stagioni mediatiche. Dopo quattro anni di dibattiti, convegni, polemiche, che ne hanno
decretato il successo, la versione aggiornata del libro, “La favola dell’Auditel – parte seconda: fuga dalla prigione di vetro”,
edito da Nutrimenti, ha ottenuto ora un importante riconoscimento: quello del
Premio di cultura “Città di Santa Marinella” per il settore “Comunicazione”.
Il premio verrà consegnato a Roberta Gisotti questa
sera, durante la cerimonia in programma al Castello Odescalchi
di Santa Marinella, sul litorale del Lazio. Molte le personalità della cultura
che prenderanno parte alla cerimonia, a partire dal presidente del Premio, il
prof. Gian Piero Orsello, il presidente della Giuria,
la scrittrice Giovanna Caratelli, il prof. Tullio De Mauro, lo storico Lucio Villari, il giornalista Giulietto Chiesa, autore della
prefazione. (A.D.C.)
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28 luglio 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Ancora una mattinata di sangue in Iraq, dove almeno 17 persone, tra cui
un soldato salvadoreño, sono rimaste uccise in
diversi attentati. Fonti del Pentagono riferiscono, poi, dell’uccisione, ieri
nella provincia orientale di Al-Anbar, di un marine
americano, portando così a 2.566 il numero dei soldati statunitensi morti in
Iraq dall’inizio della guerra, nel marzo del 2003. E, intanto, il ministro
della Difesa USA, Donald Rumsfeld,
ha prorogato ieri di altri quattro mesi la ferma per circa 4 mila militari di
stanza in Iraq da un anno, per cercare di far fronte alla violenza in aumento a
Baghdad. Rumsfeld avrebbe inoltre già individuato
ulteriori quattro brigate, che saranno inviate nel Paese arabo entro i primi
mesi del 2007. Da segnalare, infine, il raggiungimento di un accordo tra le
Nazioni Unite ed il governo di Baghdad circa un piano quinquennale per la
ricostruzione dell’Iraq, sostenuto dalla Banca mondiale.
Non si
allenta la tensione in Somalia. Il ministro per gli Affari Costituzionali e
Federali del governo di transizione somalo, Abdallah Deerow Isaq, è stato ucciso
stamani a Baidoa con un colpo d’arma da fuoco alla
testa, sede delle istituzioni somale, occupata da truppe etiopi. Intanto, ieri
almeno 18 esponenti del governo transitorio – tra cui 11 ministri e otto
vice-ministri – hanno presentato le dimissioni, denunciando esplicitamente la linea
dura del premier, Ali Gedi, che ha deciso di
interrompere il dialogo con le Corti islamiche, che da giugno controllano
Mogadiscio e gran parte del Sud del Paese. Alcuni ministri hanno manifestato
con le dimissioni anche il dissenso per la presenza delle truppe etiopi nel
Paese.
Il Comitato dell’ONU sui Diritti umani, incaricato di verificare il
rispetto dei Patti sui diritti civili e politici, ha chiesto oggi agli Stati
Uniti “l’abolizione immediata delle detenzioni segrete”. L’organismo delle
Nazioni Unite – riunito in sessione a Ginevra – ha richiesto inoltre, per i
delegati del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), che possono
entrare in contatto con “tutte le persone detenute in relazione a un conflitto
armato”. Richiesto inoltre agli USA di non espellere o estradare individui
verso Paesi nei quali rischino la tortura o
trattamenti inumani. Dura la replica di Washington, che ha definito “deludenti”
le conclusioni del Rapporto ONU. “Il Comitato – si legge in un comunicato
diffuso del governo americano – perde prospettiva e credibilità quando impiega
il suo tempo a criticare più gli Stati Uniti che i Paesi in cui non ci sono né
diritti civili né politici”.
Nella riunione informale dei cinque membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza dell’ONU – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina –
insieme con la Germania, è stato trovato un accordo
sul dossier nucleare iraniano, un progetto che dovrà essere messo a punto nel
Consiglio di Sicurezza dell’ONU di oggi. Se la soluzione dovesse
essere accolta, si potrà adottare il testo già dalla prossima settimana.
Il presidente venezuelano Hugo Chavez arriva oggi in Iran, dove si fermerà tre giorni,
dopo essere stato in Russia per l’acquisto di aerei e materiale bellico. Chavez firmerà con il presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, una serie di accordi di cooperazione e verrà insignito di un riconoscimento ufficiale della
Repubblica islamica.
Ci trasferiamo in Italia, dove
nella tarda mattinata il Senato ha dato il via libera
definitivo al decreto legge per il rifinanziamento
delle missioni italiane all’estero, sul quale il governo ha posto la fiducia.
Il ddl, che riguarda, in particolare, l’impegno della
forza italiana in Afghanistan, è passato con 161 voti a favore su 162 presenti.
La Casa delle Libertà non ha partecipato al voto in segno di protesta. Lo
stanziamento finale ammonterà complessivamente a circa 488 milioni di euro, dei
quali poco più di 58 destinati ad interventi umanitari diretti e quasi 430
finalizzati al finanziamento della cornice militare e di sicurezza. Intanto, ieri, dopo mesi di polemiche e dibattiti, la
Camera ha approvato anche il provvedimento sull’indulto. Critica la posizione
del ministro Antonio Di Pietro, che ha definito l’atto un “voto di scambio
politico-parlamentare con cui l'Unione ha svenduto la propria dignità politica
cedendo al ricatto della Cdl”. Il testo, che ora
passa al Senato, prevede uno sconto di pena di 3 anni anche per reati
amministrativi commessi fino al 2 maggio 2006. Esclusi dal provvedimento, i
reati gravi, tra cui quelli mafiosi e legati alla pedofilia. Ma ascoltiamo, al
microfono di Stefano Lesczcynski, il commento di don
Sandro Spriano, cappellano del carcere di Rebibbia:
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R. –
Personalmente, sono felice ma interpreto sicuramente
la felicità di molte persone “dentro”, che hanno necessità di beneficiare di
questo gesto di clemenza. Rimango con la preoccupazione, ora, di far sì che
quelli che usciranno e che sono tra i più poveri possano trovare un’accoglienza
adeguata…
D. – L’indulto,
come ogni provvedimento di clemenza, è un qualcosa di molto importante per la
società. Tuttavia, la bagarre
politica di questi ultimi giorni forse ha un po’ danneggiato
la solennità del provvedimento…
R. –
L’importante è il risultato. Certo, da quello che si legge, si è data
dimostrazione che l’interesse va sempre su certi personaggi che dobbiamo tener
dentro o metter fuori. Quindi, è un po’ deludente da questo punto di vista ed è
deludente il fatto che si parli sempre di provvedimenti concomitanti che
possano rendere l’uscita dal carcere un’uscita che non sia traumatica e che non
sia fonte di ritorno immediato. Però su questa traccia poi, alla fine, non si
cammina: questo è il vero problema.
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Tensione
tra Abkhazia e Georgia: la dirigenza separatista
dell’Abkhazia, forte dell’appoggio della Russia, ha
minacciato oggi l’uso della forza, se il presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, insedierà il
“governo abkhazo in esilio”, a lui fedele, nella
vallata di Kodori. La vallata è ritornata soltanto
ieri sotto il pieno controllo di Tbilisi, grazie
all’invio di un piccolo corpo di spedizione che aveva l’obiettivo di disarmare
una milizia privata agli ordini di Emzar Kvitsiani, uomo forte della zona e in odore di
secessionismo.
Nella capitale della Malaysia, Kuala Lumpur, dov’è in corso il vertice del
Paesi dell’ASEAN, l’Associazione delle nazioni dell’Asia sudorientale, circa 2 mila
persone hanno partecipato a una manifestazione di protesta contro gli attacchi
aerei israeliani in Libano. I manifestanti hanno cercato di fare irruzione nel
Centro Congressi dove si sta svolgendo il summit, ma sono stati fermati da
centinaia di agenti in assetto antisommossa. L’incontro, sulla sicurezza
nella regione, è caratterizzato dalla partecipazione del segretario di Stato
americano, Condoleezza Rice,
che ha assicurato la disponibilità degli Stati Uniti a riprendere “in qualsiasi
momento” i negoziati a sei con la Corea del Nord sul suo programma nucleare.
Per
“ragioni di sicurezza”, la Finlandia farà rientrare i suoi osservatori dallo Sri Lanka prima dello scadere
d’’ultimatum lanciato dalle Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE) all’Unione Europea per concludere la sua
missione di sorveglianza nel Paese. Il termine è fissato per il prossimo primo
settembre. Intanto, non si ferma la violenza sul campo. E’ di sei ribelli morti
e di altri otto feriti il bilancio dell’offensiva aerea ingaggiata stamani
dall’esercito cingalese contro una base dei separatisti nei pressi di Trincomalee, nel nord-est del Paese.
È stato rilasciato, dopo due anni di prigione,
l’ex-primo ministro di Haiti, Yvon Neptune, arrestato nel 2004 con l’accusa di essere
implicato in un massacro di oppositori dell’ex-presidente, Jean-Bertrand
Aristide. Neptune, da poco uscito da uno sciopero
della fame che ha deteriorato le sue condizioni fisiche, è stato trasportato in
un ospedale gestito dalla Missione di stabilizzazione dell’ONU ad Haiti (MINUSTAH) per ricevere cure mediche.
Arrestati ieri in India altri due uomini in relazione agli attentati
dello scorso 11 luglio nella stazione ferroviaria di Bombay, in cui hanno perso
la vita oltre 180 persone. Nei giorni scorsi, erano state fermate altre 6
persone. Secondo fonti giornalistiche, i due uomini
arrestati, Faizal Sheikh e
suo fratello, Muzammil, apparterrebbero al gruppo
militante pakistano, Lashkar-e-Tayyaba. Finora, il
Pakistan ha sempre negato ogni legame con gli attentati di Bombay.
Evacuate
circa 4 mila persone dall’isola di Siau,
nell’Indonesia orientale, per l’eruzione del vulcano Karangetang.
Attivo già da alcune settimane, stamani il vulcano ha iniziato a
lanciare in cielo una spessa coltre di fumo, mentre un misto di cenere e lava
ha ricoperto tutta l’area intorno alla montagna per
un raggio di 2 chilometri e mezzo. Al momento, le autorità locali non hanno
notizia di feriti.
Un
terremoto di 6,1 gradi sulla scala Ritcher ha
investito oggi il nord di Taiwan, facendosi sentire con forza nella capitale, Taipei. L’epicentro del sisma, a cinque chilometri di
profondità sotto il livello del mare, è stato localizzato 82 chilometri a
sudest del distretto nordorientale di Ilàn. Non si hanno notizie di eventuali danni o vittime. La
terra ha tremato stamani anche nell’arcipelago di Okinawa,
in Giappone. L’epicentro del sisma, dell’intensità di 5,9 gradi sulla scala Ritcher, è localizzato a circa 40 chilometri di profondità
in una zona adiacente all’isola di Yoyakumi, vicina a
Taiwan.
In Myanmar (ex Birmania), due funzionari del governo sono
stati uccisi e altri cinque sono rimasti feriti per l’esplosione di una mina al
passaggio del veicolo su cui viaggiavano in un villaggio della regione
orientale di Bago. Lo ha reso noto stamani il
quotidiano ufficiale,
New Light of Myanmar, attribuendo l’imboscata a un gruppo di ribelli. A
febbraio, l’esercito governativo ha portato avanti nel territorio un’importante
offensiva contro i guerriglieri dell’Unione Nazionale Karen
(KNU), attiva da mezzo secolo nel Paese per ottenere l’indipendenza della
regione, vicina alla frontiera con la Thailandia.
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