RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 205  - Testo della trasmissione di lunedì 24 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Signore ha vinto la violenza con la croce, con un amore senza fine: così si è espresso, ieri sera, Benedetto XVI nella parrocchia valdostana di Rhemes, dove si è raccolto in preghiera per la pace in Medio Oriente. Ce ne parla don Paolo Curtaz

 

La Chiesa del Burundi inaugura domani un monumento alla memoria dell’arcivescovo Michael Courtney, il nunzio apostolico assassinato nel Paese africano nel 2003

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Appello del segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, per un-cessate-il-fuoco in Libano a condizioni giuste. Ma sul terreno si continua a combattere: almeno due soldati israeliani uccisi e due miliziani sciiti catturati nel Sud del Libano. Ai nostri microfoni, Giulio Andreotti ed Ernesto Olivero

 

Sollecitare una cooperazione internazionale per la salvaguardia del Creato e in particolare dell’Amazzonia: è la conclusione del VI Simposio “Religione, scienza e ambiente”, promosso in Brasile dal Patriarcato ortodosso di Costantinopoli. ai nostri microfoni, il Patriarca Bartolomeo I.

 

Il futuro della Somalia: negoziato tra governo di transizione e Corti islamiche. Intervista con il prof. Gian Paolo Calchi Novati

 

Cinquant’anni fa nascevano in Ungheria i “Volontari di Dio”, dal più vasto Movimento dei Focolari, laici impegnati negli anni bui seguiti all’invasione sovietica del ’56: ce ne parla Iole Mucciconi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le parole del Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Nasrallah Sfeir, e del Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, nella Giornata di preghiera e penitenza per il Medio Oriente indetta dal Papa

 

Documento della Conferenza episcopale della Zambia, in occasione delle prossime legislative

 

I vescovi della Repubblica democratica del Congo preoccupati per le presunte irregolarità riscontrate nelle liste e nelle campagne elettorali

 

In visita al quartiere Scampia, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, si rivolge ai camorristi: basta con la violenza

 

24 ORE NEL MONDO:

Sbloccare le trattative sul futuro status del Kosovo. Con questo obiettivo si riunisce oggi a Vienna il vertice tra i leader serbi e kosovari

 

 

                                                  

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 luglio 2006

                                                                            

 

IL SIGNORE HA VINTO LA VIOLENZA CON LA CROCE, CON UN AMORE SENZA FINE:

COSI’, BENEDETTO XVI, IERI SERA, NELLA PARROCCHIA VALDOSTANA DI RHEMES,

DOVE SI E’ RACCOLTO IN PREGHIERA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE

- Con noi don Paolo Curtaz -

 

La violenza dell’uomo ha un limite: l’amore di Cristo. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha lanciato con forza ieri, nella Giornata di preghiera e penitenza per la pace in Medio Oriente. Iniziativa, questa, fortemente voluta dal Papa e che ha unito in un corale abbraccio i fedeli di tutto il mondo ai popoli che soffrono a causa della guerra. Dopo l’Angelus, recitato a Les Combes, il Papa nel pomeriggio si è recato nella parrocchia valdostana di Rhemes Saint Georges, dove si è raccolto in preghiera. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Cristo è la nostra pace”, perché morendo sulla Croce “ha superato l’inimicizia” e ci “ha uniti tutti nella sua pace”. Il Papa lo ha ribadito con forza in un momento di dura prova per popoli innocenti, travolti da un nuovo spietato conflitto. Commentando la lettera di San Paolo agli Efesini, il Pontefice si è fatto interprete dello sconforto che si può provare di fronte alla violenza degli uomini contro i propri fratelli:

 

“C’è ancora guerra tra cristiani, musulmani, ebrei; e sono altri che fomentano la guerra e tutto è ancora pieno di inimicizia, di violenza. Dove è rimasta l’efficacia del Tuo sacrificio? Dove è nella storia questa pace della quale ci parla il Tuo Apostolo?”

 

Ma proprio la Riconciliazione del Signore è la risposta, “il suo sacrificio non è rimasto senza efficacia”. E qui il Papa ha sottolineato “la grande realtà della comunione della Chiesa universale”. E poi, ha parlato delle “isole di pace nel corpo di Cristo”. Il Papa ha citato i Santi della carità “che hanno creato oasi della pace di Dio nel mondo”. E poi i martiri, che hanno dato “questa testimonianza della pace, dell’amore che mette un limite alla violenza”. Proprio questo amore illimitato è il modo nuovo di vincere del Signore:

 

“Il Signore ha vinto sulla Croce. Non ha vinto con un nuovo impero, con una forza più potente per distruggere gli altri; ha vinto non in modo umano, come noi immaginiamo, con un impero più forte dell’altro.  Ha vinto con un amore che va fino alla morte. Questo è il nuovo modo di vincere di Dio: alla violenza non oppose una violenza più forte. Alla violenza oppone proprio il contrario: l’amore fino alla fine, la Sua Croce”.   

        

Dobbiamo affidarci a questo amore divino, è stata l’esortazione del Papa, dobbiamo partecipare a questo “lavoro di pacificazione” ed essere costruttori di pace. Ancora, ha aggiunto, dobbiamo portare il nostro amore a tutti i sofferenti sapendo che il Giudice del Giudizio Ultimo si identifica con i sofferenti. Quindi, ha messo l’accento sull’importanza del cuore del messaggio cristiano, del Dio che è amore. Una Verità che non va offuscata ma valorizzata nel dialogo con le altre religioni:

 

“Oggi in un mondo multiculturale e multireligioso, molti sono tentati di dire: Meglio per la pace nel mondo tra le religioni, le culture, non parlare troppo delle specificità del Cristianesimo, cioè di Gesù, della Chiesa, dei Sacramenti. Lasciamo le cose che possono essere più o meno comuni... Ma non è vero. Proprio in questo momento abbiamo bisogno del Volto di Cristo, per conoscere il vero Volto di Dio e per portare così riconciliazione e luce a questo mondo”.

 

“Insieme con l’amore, con il messaggio dell’amore con tutto quanto possiamo fare per i sofferenti in questo mondo – ha concluso Benedetto XVI – deve andare anche la testimonianza per questo Dio, per la vittoria di Dio proprio nella non violenza della Sua Croce”.

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Il momento di preghiera con il Papa è stato vissuto con particolare emozione da parte dei fedeli di Rhemes Saint Georges. Ecco la testimonianza del parroco di Introd, delle valli di Rhemes e Savarenche, don Paolo Curtaz, raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Fabio Colagrande:

 

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R. – Innanzitutto è stata una sorpresa anche per noi. Il giorno prima, il segretario, don Georg, ha fatto un giro fra le varie valli che sono adiacenti a Les Combes e ha visto che quella chiesetta poteva essere adatta per questo momento di preghiera che il Papa stesso ha chiesto a tutta la Chiesa. Per noi è stata un po’ una sorpresa, un’improvvisata, nel senso che sabato sera, mons. Georg mi ha chiamato e ha detto: “Domani verremo a pregare lì da voi” e così è andata. Il Santo Padre è arrivato intorno alle 17.15 e ha presieduto questo momento di preghiera durato una ventina di minuti, molto semplice, molto biblico, insieme ai parrocchiani di Rhemes Saint Georges e alcuni amici turisti.

 

D. – Quale è stata la reazione dei parrocchiani che hanno potuto pregare assieme al Papa?

 

R. – Molto bella, nel senso che Rhemes Saint Georges, in particolare, è una parrocchia piccolissima, non arriva a 200 persone quindi una parrocchia che mai e poi mai avrebbe pensato di avere la gioia di ospitare Pietro tra le sue

 

mura. C’era una bella e tipica euforia, però valdostana, che non è mai troppo espressa…

 

D.-  Il Papa ha scelto la comunità di Rhemes Saint Georges per pronunciare parole molto importanti. “C’è la tentazione”, ha detto, “di dire che sia meglio non parlare della specificità del cristianesimo”…

 

R. – Credo sia stato estremamente interessante per due ragioni. La prima è che parli a braccio, come ci ha già abituato lo scorso anno, sempre in una delle mie chiese, nell’incontro con il clero valdostano; stupisce un po’ tutti ma è molto bello il fatto che il Santo Padre parli a braccio. In una situazione così importante lui, rivelando ovviamente di essere anche un grande teologo, ha parlato a braccio e ha fatto anche un intervento “a misura di parrocchia”. E qui, di nuovo, ha tirato fuori molti temi che sicuramente fanno parte di questa forza, mi sembra, che in questo momento Papa Benedetto sta mettendo nel suo Pontificato: l’identità cristiana, in un mondo in cui la multiculturalità rischia poi di mettere tutti sullo stesso piano. Le religioni, che in questo momento vengono un po’ accusate, come ha detto anche il Papa ieri, di essere fomentatrici di violenza, in realtà, soprattutto il cristianesimo, e le religioni sono qui a pregare per la pace.

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LA CHIESA DEL BURUNDI INAUGURA DOMANI UN MONUMENTO

ALLA MEMORIA DELL’ARCIVESCOVO MICHAEL COURTNEY, IL NUNZIO APOSTOLICO

ASSASSINATO NEL PAESE AFRICANO NEL 2003

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Sarà un monumento a ricordare alla Chiesa del Burundi l’estremo sacrificio dell’arcivescovo Michael Aidan Courtney, il nunzio apostolico ucciso nel Paese africano il 29 dicembre di tre anni fa e definito da Benedetto XVI un esempio di “coraggio” e di “fedeltà”. Eretto nel punto in cui il presule fu colpito a morte, il monumento verrà inaugurato domani da mons. Simon Ntamwana, arcivescovo di Gitega nonché amministratore apostolico della sede vacante di Bururi, diocesi cha ha il merito dell’iniziativa insieme con la Conferenza episcopale burundese e la locale Nunziatura apostolica. Alla cerimonia interverrà anche l’arcivescovo Paul Gallagher - che ha raccolto l’eredità del compianto mons. Courtney nelle vesti di nunzio apostolico. Inoltre, alla memoria del presule assassinato è anche dedicata la prossima Conferenza internazionale della Rete cattolica per l’edificazione della pace nella Regione dei Grandi Laghi, in programma a Bujumbura dal 26 al 28 luglio.

 

In una lettera di risposta alla Nunziatura apostolica in Burundi, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, riporta i sentimenti di Benedetto XVI nei confronti della Chiesa e del popolo burundese. Il Papa, si legge nel documento, auspica che tutti gli abitanti del Burundi, “senza eccezione”, guardino a quello stesso coraggio e a quella stessa fedeltà testimoniati da mons. Courtney “per contribuire efficacemente al consolidamento dei vincoli di dialogo e di fraternità sempre più profondi tra le persone, tra le comunità e le religioni, invitando specialmente i giovani ad essere artigiani della pace”.  La Chiesa, assicura Benedetto XVI, continuerà a servire la causa del bene comune, “lottando contro tutte le forme di discriminazione etnica o di corruzione”.

 

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Servizio vaticano – “Cessi il fuoco”: all'Angelus Benedetto XVI rinnova con forza l'appello alle parti in conflitto durante la speciale Giornata di preghiera e di penitenza per la pace in Medio Oriente.

 

Servizio estero - Il febbrile impegno della comunità internazionale non ferma ancora la nuova guerra che devasta il Medio Oriente.

 

Il Segretario di Stato Usa, Condoleeza Rice, a Beirut.

 

Servizio culturale - In evidenza un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “La rinnovata necessità della concezione ‘personalistica e comunitaria’ nel contesto della società contemporanea”.

 

Servizio italiano - In rilievo sempre il dibattito politico sulla missione in Afghanistan.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 luglio 2006

 

 

APPELLO DEL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO, CONDOLEEZZA RICE,

PER UN-CESSATE-IL-FUOCO IN LIBANO A CONDIZIONI GIUSTE.

MA SUL TERRENO SI CONTINUA A COMBATTERE: ALMENO DUE SOLDATI ISRAELIANI

UCCISI E DUE MILIZIANI SCIITI CATTURATI NEL SUD DEL LIBANO

- Interviste con Giulio Andreotti e con Ernesto Olivero -

 

In primo piano, la crisi in Libano dove si moltiplicano gli sforzi della comunità internazionale per arrivare ad una tregua. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, è arrivata a sorpresa a Beirut, dando il via ad un tour diplomatico, e ha chiesto un cessate il fuoco nel Paese dei cedri. Ma sul terreno continuano gli scontri. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, giunta oggi a sorpresa nella capitale libanese, ha lanciato un appello urgente per “un cessate il fuoco a condizioni giuste” e ha espresso la disponibilità degli Stati Uniti ad operare con la Siria, per risolvere la crisi nel Medio Oriente.  Ma quella di una tregua imminente sembra ancora una prospettiva lontana: il leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato che i guerriglieri sciiti non fermeranno gli attacchi missilistici contro lo Stato ebraico. Ed il premier israeliano, Ehud Olmert, ha affermato che la crisi tra Israele ed Hezbollah “sarà molto lunga”. Sul terreno, poi, si continua a combattere: la televisione araba “Al Jazeera” ha rivelato che sono stati uccisi due soldati israeliani. Un portavoce dell’esercito israeliano ha riferito, inoltre, che due guerriglieri sciiti sono stati catturati nel sud del Libano. Le autorità ebraiche hanno anche reso noto che due piloti sono rimasti uccisi in un incidente e non in seguito ad un attacco, come sostenuto dagli Hezbollah. Ma in questo scenario dominato dalle violenze, prende comunque corpo l’ipotesi del dispiegamento di una forza internazionale in Libano sotto l’egida dell’ONU. Il rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha definito questo progetto “una possibilità reale”, che sarà discussa mercoledì prossimo durante la Conferenza per la pace in Medio Oriente. Da parte israeliana, sono già arrivati importanti segnali di apertura: il primo ministro israeliano si è detto infatti favorevole all’arrivo, nel sud del Libano, di truppe inviate da Paesi dell’Unione Europea. E ieri, il governo israeliano aveva anche dato il proprio consenso all’eventuale dispiegamento di una forza di interposizione della NATO lungo il confine meridionale del Libano.

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Sulla crisi in Libano e sui fattori che rendono instabile la situazione nel Paese dei Cedri ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, il senatore a vita Giulio Andreotti:

 

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R. – Finora, vedo che non si mette l’accento sul punto essenziale di tutta questa crisi, cioè l’esistenza in Libano di circa 500 mila rifugiati palestinesi che non hanno una prospettiva. Questi palestinesi sono, invano, in attesa di qualcuno che dia una soluzione. Ma nessuno, finora, garantisce loro un’alternativa che darebbe un segnale chiaro agli altri palestinesi. Per esempio, dentro Hamas c’è chi crede solo alla violenza e chi è disponibile per soluzioni politiche. Ma se a questi ultimi non si offre il motivo di avere un’ipotesi effettiva in questa direzione, gli altri avranno terreno facile.

 

D. – Lei pensa che Hezbollah accetti un ritiro dal Sud del Libano?

 

R. – E’ tutto collegato, perché se si troverà una soluzione per la massa dei rifugiati palestinesi, allora saranno loro stessi non solo ad isolare quelli che sono per la violenza, ma anche a togliere loro l’argomento principale su cui gli odi hanno avuto una posizione fertile.

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Sono molteplici, nel mondo, le iniziative per sostenere le popolazioni colpite dal conflitto in Libano tra forze israeliane e miliziani Hezbollah. In Italia, in particolare, il Servizio missionario giovani (SERMIG) allestirà nel pomeriggio, a Torino, la Tenda della pace per raccogliere fondi, generi di prima necessità e sottolineare un’urgenza: l’opzione per la pace e il ripudio di ogni forma di violenza. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il fondatore del SERMIG, Ernesto Olivero:

 

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R. – Oggi a Torino, il SERMIG alzerà la propria grande tenda della pace per dire “no” alla guerra, “no” a tutte le guerre che ci sono in questo momento, “no” ai campi profughi.  Però il nostro “no” diventa immediatamente una proposta per chiedere alla gente di aiutarci per comprare dei medicinali e portare viveri in Libano, in Giordania, in Israele, a Gaza . E’ necessario portare immediatamente un aiuto come ci suggeriscono il Santo Padre e la nostra coscienza.

 

D. – Quindi, il vostro scopo è portare soccorso alle popolazioni colpite senza dimenticare le cause delle violenze e delle ingiustizie e impegnandovi in una cultura di pace, che dia dignità alle persone e promuova anche lo sviluppo…

 

R. – Esatto, è la nostra filosofia di sempre, soccorrere immediatamente. Noi, però, questa volta vogliamo ribadire, ancora con più forza, che adesso bisogna rimuovere le cause dei conflitti: la guerra esiste perché c’è un egoismo, la guerra esiste perché i grandi organismi mondiali non fanno il loro dovere, la guerra esiste perché la coscienza di tanta gente è assopita e sta diventando sempre più indifferente. Se da Torino e da tante città del mondo non viene fuori un’indignazione, questa grande guerra avrà tanto presente e tanto futuro. Noi dobbiamo convincere il mondo arabo che Israele esiste e dobbiamo convincere il mondo israeliano che il mondo arabo esiste e dobbiamo incontrarci nel campo della giustizia.

 

D. - Spedizioni umanitarie del SERMIG hanno raggiunto vari Paesi del Medio Oriente. C’è, in particolare, un progetto che vorreste realizzare?

 

R.- Noi abbiamo un grande desiderio: ci piacerebbe aprire un Arsenale della pace al confine tra Israele e Palestina. Ci piacerebbe poter accogliere disabili musulmani, israeliani e cristiani per partire dalla sofferenza e trovare un po’ di unità.

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E in Libano, i religiosi cattolici, impegnati nell’assistere i profughi e dare aiuto alla popolazione, descrivono una situazione ai limiti della criticità. “La popolazione civile è terrorizzata e demoralizzata”, ha detto all’Agenzia FIDES padre Elias Aghaei, che chiede alla comunità internazionale e ai leader politici di porre fine al conflitto. Si unisce all’appello anche fratel Georg Absi, superiore in Libano della Congregazione dei Fratelli delle scuole cristiane. “Ci chiediamo – ha detto padre Georges – perché sia stata provocata tanta sofferenza per le persone innocenti coinvolte nelle conseguenze di questo conflitto”.

 

 

SOLLECITARE UNA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO E IN PARTICOLARE DELL’AMAZZONIA: E’ LA CONCLUSIONE DEL VI SIMPOSIO “RELIGIONE, SCIENZA E AMBIENTE”, PROMOSSO

 IN BRASILE DAL PATRIARCATO ORTODOSSO

DI COSTANTINOPOLI. AI NOSTRI MICROFONI, IL PATRIARCA BARTOLOMEO I.

 

Ricercare e sollecitare una cooperazione internazionale, per preservare e difendere l’Amazzonia, ultimo grande polmone della Terra, il cui ruolo è centrale nel mantenimento della stabilità climatica, dei cicli idrogeologici e della biodiversità. Questo l’appello dei 200 partecipanti al VI Simposio “Religione, Scienza e Ambiente”, dal titolo “Rio delle Amazzoni: sorgente di vita”, conclusosi la scorsa settimana in Brasile. Ad organizzare e a seguire personalmente i lavori, Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli. La nostra inviata a Manaus, Giada Aquilino, ha chiesto proprio al Patriarca quanto sia stato importante portare il Simposio in Amazzonia:

 

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R. – Capiamo la necessità e l’urgenza che esiste oggi di proteggere l’ambiente, la Creazione di Dio, e siamo felicissimi perché la Chiesa sorella di Roma, sin dal tempo di Papa Giovanni Paolo II di venerata memoria, ha voluto collaborare con noi. Voglio ricordare la Dichiarazione comune che abbiamo firmato con Giovanni Paolo II alla fine del nostro IV Simposio dedicato al Mar Adriatico. Adesso, Papa Benedetto XVI ha inviato un messaggio pieno di amore e di solidarietà al Simposio appena svoltosi in Amazzonia. Anche lui ha sottolineato l’urgenza di salvaguardare la Creazione di Dio.

 

D. – Che bilancio si può tracciare dei lavori svolti al Simposio sul Rio delle Amazzoni?

 

R. – I risultati sono soddisfacenti per noi tutti. Abbiamo avuto il contributo di uomini di scienza, dei media, delle autorità locali. Ciascuno, dal proprio punto di vista, ha sottolineato l’urgenza di salvaguardare l’Amazzonia, un territorio di più di cinque milioni di chilometri quadrati, una fonte di vita, una regione che influisce su tutto il mondo ed una zona che affronta molti problemi economici, sociali, morali, ecologici. Perciò, abbiamo deciso di sollecitare tutti ad intervenire, per aiutare la popolazione locale e impedire l’abuso della regione amazzonica. Preghiamo che questo nostro Simposio possa dare un contributo agli sforzi comuni di aiutare il Creato in genere e in particolare questa parte del nostro Pianeta.

 

D. – L’impegno del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli non si ferma all’Amazzonia: a quali iniziative si pensa?

 

R. – Pensiamo e speriamo di organizzare il nostro VII Simposio ecologico al Polo Nord, nella regione artica, nell’estate del 2007. Ciò che ci incoraggia è di avere la solidarietà della Chiesa cattolica e del Papa. Perché tutti i credenti sono chiamati a collaborare per la salvaguardia del Creato.

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IL FUTURO DELLA SOMALIA

NEGOZIATO TRA GOVERNO DI TRANSIZIONE E CORTI ISLAMICHE

- Intervista con il prof. Gian Paolo Calchi Novati -

 

Rimane incerta la situazione in Somalia, dove il governo di transizione ha dato il via libera ai colloqui di pace con le Corti islamiche, movimento che da più di un mese controlla la capitale Mogadiscio. Nel fine settimana, le notizie di un ingresso di truppe etiopiche, che si sarebbero attestate a Baidoa dove ha sede il governo di transizione, aveva contribuito ad accrescere notevolmente la tensione, con i guerriglieri islamici che si erano dichiarati pronti a una guerra santa contro l’Etiopia. Ma che conseguenze potrebbe avere la presenza delle truppe di Addis Abeba nella difficile situazione somala? Andrea Cocco ne ha parlato con Gian Paolo Calchi Novati, docente di Storia dell’Africa all’Università di Pavia:

 

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R. - Dipende dall’entità dell’intervento etiopico. L’Etiopia alla lunga se volesse impegnare tutte le sue capacità militari ha ovviamente più possibilità di qualsiasi forza militare somala. Il governo somalo può trarre vantaggio dalla presenza delle forze armate etiopiche dal punto di vista militare della sicurezza, ma sicuramente ne trae svantaggio dal punto di vista della sua credibilità politica, perché l’Etiopia, essendo tradizionalmente – la parola è brutta – il “nemico” della Somalia, finisce per proiettare sul governo di transizione un’immagine sgradita e questo politicamente è uno svantaggio e può tornare utile alle corti islamiche che delegittimano ulteriormente il governo di transizione.

 

D. – Oltre agli scontri tra Corti islamiche e governo di transizione continuano a giungere notizie sulla possibilità di un accordo tra le due entità. Crede che oggi le Corti islamiche siano disposte a raggiungere un compromesso?

 

R. – Le Corti islamiche hanno preso quel tanto di potere con l’offensiva nella capitale tradizionale, cioè a Mogadiscio, soprattutto sulla base di un consenso maturato in precedenza, perchè in varie parti del paese queste Corti, questa struttura di potere ha riempito dei vuoti. Quindi, al limite, più per demerito altrui che non per le proprie capacità di governo sono apparse - ad una parte almeno della popolazione somala - come un rimedio, un’alternativa al cattivo governo dei cosiddetti signori della guerra. La situazione chiaramente è fluida, la Somalia da quindici anni e più non ha una struttura unitaria e sarebbe impensabile che una struttura come quella delle Corti islamiche possa da sola e in poco tempo risolvere tutti i problemi. Certo la situazione auspicabile - in termini pratici, istituzionali - è questa saldatura fra una struttura a Corti islamiche, che hanno un forte ascendente sulla popolazione somala, e dall’altra il governo di transizione che è appoggiato dalla diplomazia internazionale, che non ha in effetti un vero e proprio controllo del territorio, però le due debolezze e le due semi-forze potrebbero forse rappresentare una via d’uscita.

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50 ANNI FA NASCEVANO IN UNGHERIA I “VOLONTARI DI DIO”,

DAL PIU’ VASTO MOVIMENTO DEI FOCOLARI, GRUPPO DI LAICI

IMPEGNATI NEGLI ANNI BUI SEGUITI ALL’INVASIONE SOVIETICA DEL ’56

- Intervista con Iole Mucciconi -

 

Il 1956 è l’anno dell’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati russi, l’inizio di lunghi anni di buio, di mancanza di libertà, di persecuzioni nei confronti della Chiesa. Paradossalmente, da quel tragico evento prese il via a Budapest un movimento di laici cristiani impegnati, diffusosi poi in tutto il mondo. Si tratta del movimento dei “Volontari di Dio”, diramazione del più vasto Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich. Per celebrare i primi 50 anni della loro storia, i Volontari si ritroveranno in almeno 10 mila, proprio a Budapest, dal 14 al 16 settembre prossimo. Ma chi sono i “Volontari di Dio”? Adriana Masotti lo ha chiesto a Iole Mucciconi, funzionario della Pubblica amministrazione, appartenente al Movimento:

 

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R. – Rappresenta una delle vocazioni sorte appunto nel Movimento dei Focolari, la più laica, che chiama uomini e donne di ogni razza, nazionalità, estrazione sociale e cultura a seguire Dio, con radicalità ma nella libertà. E’ una vocazione che non richiede materialmente di lasciare padre, madre, figli, campi, ma certo lo richiede spiritualmente, per poter restare immersi nel mondo, senza essere del mondo. I volontari vivono la spiritualità comunitaria del Movimento dei Focolari e ne condividono anche il fine, quello dell’unità del genere umano.

 

D. – Per celebrare l’anniversario dalla fondazione dei volontari si sta organizzando un grosso evento che si terrà a Budapest, un ritorno alle origini. Perché?

 

R. – Dobbiamo risalire al 1956, ai giorni noti come “i fatti di Ungheria”, quando il Papa Pio XII lanciò al mondo un appello accorato con queste parole: “Dio, questo nome fonte di ogni diritto, di ogni giustizia, di ogni libertà, risuoni nei Parlamenti, nelle piazze, nelle abitazioni, nelle officine”. In risposta proprio a questo appello, su ispirazione di Chiara Lubich, nacquero i Volontari, che ebbero come indicazione programmatica proprio quella di riportare Dio in tutti i luoghi: nei Parlamenti, nelle fabbriche, nelle case. Ecco, quindi, che si torna naturalmente a Budapest, con dietro però l’esperienza di 50 anni di vita.

 

D. – Cinquant’anni anni di vita che non sono facili da riassumere. Ma qual è oggi la realtà dei Volontari?

 

R. – I Volontari, in maniera silenziosa, si sono diffusi su tutto il pianeta. Animano movimenti a largo raggio, che aggregano persone di buona volontà in ogni campo della vita sociale, soprattutto laddove per miserie non solo materiali, si vivono situazioni di disunità. E’ un’esperienza che si fa, quella di far penetrare il divino nelle varie realtà, spesso anche cambiandole. Vista la diffusione mondiale, si possono immaginare i vari contesti, in cui negli angoli del mondo, i Volontari vivono: dal contesto africano, a quello dell’Estremo Oriente, dappertutto, fino alle nostre ricche e disorientate società dell’Occidente.

 

D. – I Volontari sono per vocazione impegnati in tutti i campi dell’agire umano, ma che cosa vuol dire vivere da Volontario di Dio nella professione oppure nei diversi compiti di cittadino?

 

R. – Sì, in effetti, la vita del volontario va vista nel suo quotidiano. Il nostro modello è Maria, che Chiara Lubich ha definito “Sede della Sapienza e Madre di casa”. Quindi, questo ci dà l’ordine di grandezza della grande sfida che abbiamo davanti. Certamente, tutte le situazioni straordinarie richiamano il nostro impegno. Guerre, disastri ci mobilitano dappertutto nel mondo, ma è la levatura della vita normale quella che deve connotare il Volontario, una vita in cui vogliamo vivere quell’arte di amare che proviene dal Vangelo.

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CHIESA E SOCIETA’

24 luglio 2006

 

 

“IL LIBANO DEVE RESTARE UNO SPAZIO DI PACIFICA CONVIVENZA TRA RELIGIONI DIFFERENTI”: COSÌ IL PATRIARCA DI ANTIOCHIA DEI MARONITI, NASRALLAH SFEIR,

NELLA GIORNATA DI PREGHIERA E PENITENZA PER IL MEDIO ORIENTE INDETTA

 DAL PAPA. IL RABBINO CAPO DI ROMA RICCARDO DI SEGNI:

LA PREOCCUPAZIONE DEL PAPA CI CONFORTA

                                                                           

ROMA. = “Bisogna dimenticare, in queste circostanze drammatiche, tutto ciò che ci può dividere e serrare i ranghi per fare fronte a questa crisi con dei cuori puri, con buone intenzioni e spiriti vigili, affinché possiamo proteggere il nostro Paese che è e che deve restare uno spazio di convivenza pacifica fra genti di religioni differenti”. Sono le parole giunte dal Libano ieri, Giornata di preghiera e penitenza per la pace in Medio Oriente indetta da Benedetto XVI, dal patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Nasrallah Sfeir. Al termine della Messa, ricevendo il mufti di Tiro, Sayyed Ali el-Amine, il vescovo maronita, Maroun Sader e il vescovo greco-cattolico della città Georges Bakaouni, il cardinale Sfeir ha chiesto aggiornamenti sull’evoluzione degli eventi nel sud del Paese. “Che Dio venga in aiuto del governo - ha detto il patriarca – affinché possa riunire intorno a sé tutti i libanesi di tutte le confessioni, in modo che il Libano resti il Paese della libertà, dell’amore e della pace”. Da Roma il rabbino capo Riccardo Di Segni ha fatto sapere che, da giorni, la comunità ebraica sta pregando per tutte le vittime innocenti del conflitto. E commentando l’iniziativa di Benedetto XVI ha detto: “Questo Papa ha conosciuto personalmente gli orrori della guerra. Ci conforta la sua preoccupazione ed il suo invito a pregare che porta tanti, senza distinzioni di fede, ad unirsi oggi alla nostra preghiera perché crediamo che quando la preghiera nasce dall’unica preoccupazione della sofferenza umana è certamente gradita ed ascoltata”. Diverse ieri in Italia le località, anche turistiche, dove, per rispondere all’appello del Papa, sacerdoti e vescovi hanno dato vita a svariate celebrazioni e momenti di riflessione. Numerose anche le chiese dove sono stati raccolti aiuti per rendere concreta e generosa la solidarietà verso le popolazioni colpite dal conflitto. La partecipazione alla Giornata di preghiera è stata diffusa e corale anche tra le comunità religiose non cattoliche. (T.C.)

 

 

ZAMBIA: IN UN DOCUMENTO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE LE INDICAZIONI

PER UN VOTO INFORMATO E RESPONSABILE IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI

 

LUSAKA. = “La verità vi renderà liberi”: è questo il titolo della Nota Pastorale che i vescovi della Zambia hanno voluto scrivere sull’importanza delle prossime elezioni per il futuro della democrazia nel Paese. “Le elezioni – esordisce il documento – saranno un’occasione per scegliere quei leader che hanno le qualità necessarie e una visione politica per costruire un futuro migliore” e quindi per fare un bilancio dell’attuale situazione del Paese a più di 15 anni dal ripristino del multipartitismo. Un bilancio, secondo i vescovi, fatto di luci, ma anche di molte ombre che potrebbero incidere negativamente sullo svolgimento della tornata elettorale. Deludenti, ad esempio, sarebbero stati i tentativi di riforma costituzionale ed elettorale, realizzati in questi anni dalle oligarchie politiche, che non hanno visto un effettivo coinvolgimento dei cittadini. Un’esclusione che sarebbe stata riscontrata anche nella selezione dei candidati, scelti dai vertici partitocratici in base alle vecchie logiche di spartizione di potere. I presuli zambiani lamentano poi la perdurante lentezza del sistema di registrazione dei nuovi aventi diritto al voto, che rischia di escludere molti cittadini dalle urne. “Un’elezione a cui possono partecipare solo poche persone – rilevano – perde di senso e valore”. Pur riconoscendo che le elezioni di questi anni si sono svolte in un clima “relativamente pacifico”, il documento denuncia il persistere di pratiche corruttive come il voto di scambio, il controllo esercitato sui media e su altri strumenti di conservazione del potere da parte del partito al governo. L’episcopato si rivolge quindi agli elettori, in particolare ai cristiani, con un invito ad un voto informato e responsabile. “Il voto – affermano i vescovi – non è solo un diritto, ma anche un dovere verso il Paese per aiutare a individuare e incaricare persone credibili in grado di fare funzionare lo Stato per il bene comune”. Per questo, afferma il documento, i cittadini devono informarsi sulle priorità del Paese sulle quali i candidati sono chiamati ad esprimere una posizione. “Questioni come lo sviluppo rurale, la sicurezza alimentare, l’occupazione giovanile, l’educazione e la salute dovrebbero essere al centro della campagna elettorale”, si legge nel documento della conferenza episcopale. Quanto ai candidati, si afferma che essi “devono essere competenti, sensibili alla giustizia sociale, avere il coraggio di dire la verità, la volontà di lavorare per il bene comune e di esercitare il potere in particolare per il servizio dei poveri e degli svantaggiati”. Partiti e leader politici, da parte loro, secondo l’episcopato, dovrebbero condurre la loro campagna elettorale con “amore e rispetto reciproco”, in sintonia con lo spirito di una democrazia pluralista, mentre il governo deve assicurare un clima elettorale sereno perché i risultati siano credibili e accettati da tutti i contendenti. (T.C.)

 

 

I VESCOVI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO,

PREOCCUPATI DA PRESUNTE IRREGOLARITÀ CHE SAREBBERO STATE RILEVATE,

IN QUESTE SETTIMANE, NELLE LISTE E NELLE CAMPAGNE ELETTORALI

 

KINSHASA. = Presunte irregolarità nella preparazione delle liste elettorali, intimidazioni e campagne illegali stanno allarmando i vescovi della Repubblica democratica del Congo, che in un documento, invitano la popolazione ad una attenta osservazione di quanto sta accadendo nel Paese. Ci si prepara al primo appuntamento democratico con le urne e i presuli esortano al rispetto della normativa sulle elezioni. Solo qualche giorno fa, scrive l’agenzia MISNA, i vescovi avevano osservato che non erano ancora state raggiunte tutte le condizioni per lo svolgimento di un voto davvero trasparente, libero e democratico e che un insieme di elementi inducevano a pensare a manipolazioni, inganni e frodi. Nel messaggio dal titolo “La fine della transizione nella concordia nazionale”, l’episcopato aveva espresso inquietudine per le irregolarità e il clima di tensione del processo elettorale. I presuli del Congo hanno partecipato attivamente alla preparazione di questo voto (il primo da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza), promuovendo educazione civica nelle diocesi e sul territorio. (T.C.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI NAPOLI CRESCENZIO SEPE AI CAMORRISTI:

BASTA CON LA VIOLENZA. IN VISITA NELLA PARROCCHIA DEL BUON RIMEDIO,

 NEL QUARTIERE DI SCAMPIA, IL PORPORATO, ACCOLTO CON GRANDE CALORE,

HA ANCHE RACCOMANDATO AI NAPOLETANI DI AVERE CURA DELLA LORO CITTÀ

 

NAPOLI. = Applausi ed ovazioni per il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, che ieri ha celebrato una Messa nella parrocchia di Maria Santissima del Buon Rimedio, nel rione don Guanella, all’interno del quartiere di Scampia. Centinaia i fedeli che hanno accolto il porporato: molti i bambini. Durante la celebrazione eucaristica il porporato è stato interrotto svariate volte dagli applausi, e tanti si sono alzati in piedi sventolando fazzoletti bianchi. Nella sua omelia il cardinale Sepe ha lanciato un appello ai camorristi chiedendo loro di smetterla con la violenza, l’odio e il sangue. “Non lasciatevi impressionare – ha detto ai fedeli – dalle ricchezze possedute da chi compie il male, da chi vive alimentando la violenza. L’unica ricchezza che conta è quella interiore, che possedete tutti voi in questo quartiere”. L’arcivescovo ha anche parlato del volto della città di Napoli, una bella città, ha detto, ma deturpata da troppi rifiuti. “È inutile dire siamo belli dentro quando invece si è sporchi fuori – ha commentato il porporato – prego tutti i responsabili: puliamo Napoli anche dal di fuori. Ridiamo dignità a questa città”. La parrocchia del Buon Rimedio da mesi non ha un parroco, ma il cardinale Sepe ha assicurato che entro il 15 agosto i fedeli potranno contare su un nuovo sacerdote. Poi ha aggiunto: “Qualche tempo fa qualcuno ha rubato il calice di questa chiesa e ne ha sparso le ostie dappertutto. È stato un gesto riprovevole e oltraggioso. Ma io, adesso, ve ne regalo uno più bello”. Al termine della Messa una grande folla ha trattenuto l’arcivescovo di Napoli che ha abbracciato e baciato bambini e posato per foto ricordo. (T.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 luglio 2006

 

- A cura di Andrea Cocco -

           

Sbloccare le trattative sul futuro status del Kosovo, la provincia serba a maggioranza albanese, al centro di una difficile controversia internazionale. Con questo obiettivo si riunisce oggi a Vienna il vertice tra i leader di Belgrado e di Pristina, promosso dalla comunità internazionale. Ma quante possibilità di successo ha questo inedito summit? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica:

 

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R.- C’è stato un ammorbidimento delle posizioni dei leader albanesi con un certo realismo,  e c’è stato anche un rafforzamento delle posizioni serbe grazie alla positiva posizione presa in occasione del referendum del Montenegro per la collaborazione con l’Unione Europea, nell’ambito del processo di stabilizzazione e associazione. Le due parti quindi sono più forti e ragionevoli, speriamo che il negoziato possa portare a delle soluzioni.

 

D. - Quali conclusioni ci si può attendere?

 

R. - La comunità internazionale formulò lo scorso anno quel tipo di soluzione che rispondeva alla formula “Less then full indipendency”, sostanzialmente riconoscendo che il Kosovo avrebbe raggiunto uno status particolare ma non si sarebbe giunti alla piena indipendenza. Perché, comunque, la presenza internazionale sarebbe e sarà significativa con la protezione dei monasteri, legata anche al controllo dei traffici che si svolgono nella provincia, e perché le Nazioni Unite manterranno un presidio in termini di controllo del territorio.

 

D. - Questa volta la comunità internazionale rimane a guardare ma sempre con la possibilità di intervenire diplomaticamente?

 

R. - La comunità internazionale è presente con diversi organismi nella regione. Le Nazioni Unite si sono confermate purtroppo legate ad uno strano destino con l’area balcanica, per cui Umnik non gode oggi della credibilità sufficiente per poter mantenere una presenza. In realtà, l’attore principale diventerà l’Unione Europea. E’ molto probabile che, come è successo per la Bosnia e come potrebbe anche succedere per l’Afghanistan nel medio periodo, sarà l’Unione Europea a rilevare la missione militare. Questo sarebbe un segnale importantissimo, per l’area innanzitutto, perché l’Unione Europea potrebbe avere quella sensibilità per comprendere, per esempio, le profonde divisioni all’interno del fronte kosovaro, per comprendere le esigenze della minoranza serba e per comprendere l’importanza di un processo di adesione che riguardi l’intera nazione serba, da Belgrado fino a Pristina.

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Nuova serie di attentati messi a segno dalla guerriglia talebana in Afghanistan. In mattinata, 3 poliziotti sono morti a seguito di un attacco con colpi di granata nella zona occidentale del Paese, mentre sono due i civili uccisi in un attentato suicida nella provincia di Khost. Un terzo agguato ha invece avuto luogo nei pressi di Kandhar, a sud del Paese, dove un ordigno è stato fatto esplodere al passaggio di un convoglio militare statunitense, provocando il ferimento di due militari.

 

La polizia indiana ha arrestato un quarto uomo nel quadro delle indagini sugli attentatati che lo scorso 11 luglio a Bombay hanno provocato oltre 180 morti. Tanvir Ansari, di professione medico, è stato formalmente arrestato domenica a seguito di un interrogatorio durato diversi giorni, Secondo gli inquirenti si tratterebbe di un militante del movimento islamico radicale Lashkar-e-Tabi, che ha diverse sedi operative in Pakistan. Nessuna delle quattro persone arrestate fino ad ora dalle autorità indiane avrebbe tuttavia un ruolo diretto negli attentati. “Stiamo ancora cercando le persone che hanno fabbricato e piazzato le bombe sui treni” ha dichiarato domenica il prefetto della polizia di Bombay.

 

Riprende oggi il processo a Saddam Hussein per l’uccisione di 148 sciiti compiuta dal regime iracheno nel 1982. L’ex rais non sarà tuttavia presente davanti all'Alto tribunale penale iracheno. In sciopero della fame da 17 giorni, Saddam Hussein è stato ricoverato ieri in un ospedale di Baghdad, dove secondo i medici, dovrà restare alcuni giorni. Sono stati rilasciati intanto i nove membri del comitato olimpico iracheno, rapiti giorni fa da un commando armato. In visita ufficiale a Londra, il premier iracheno Nuri al-Maliki, ha dichiarato che non si può parlare di guerra civile per l’Iraq, nonostante l’elevato numero di vittime che insanguina il Paese quasi ogni giorno.

 

E’ attesa per oggi l’approvazione da parte dell’Unione europea di norme riguardo il finanziamento della ricerca sulle cellule staminali. Presente alla riunione il ministro italiano per la Ricerca, Fabio Mussi, che propone la possibilità di usare gli embrioni a fini di ricerca fissando una data limite per la loro impiantabilità. Dall’Italia è giunta immediata la reazione dell’opposizione. Il leader dell’UDC, Rocco Buttiglione ha parlato del tentativo di fissare “una data arbitraria a partire della quale considerare l’embrione come morto, autorizzandone l’uccisione a fini di ricerca”. In Europa, le norme riguardo la ricerca sulle cellule staminali differiscono profondamente da Paese a Paese. Lo scorso mese, il Parlamento Europeo ha tuttavia votato a favore di fondi per questo tipo di ricerca.

 

E’ di almeno due morti e 36 feriti il bilancio di nuovi scontri, in Costa d’Avorio tra sostenitori del presidente Laurent Gbagbo e militanti dell’opposizione. Gli incidenti sono scoppiati nella città di Divo, nel sud del Paese, mentre erano in atto le operazioni, previste dagli accordi di pace, necessarie alla preparazione delle elezioni. I nazionalisti del presidente Gbagbo stanno tentando di ostacolare in tutto il Paese il rilascio di nuove carte di identità che, come previsto dal processo di pace, dovranno servire a compilare le liste elettorali. Secondo i militanti del partito di governo, noto per le sue posizioni xenofobe, le nuove carte d’identità consentirebbero infatti l’iscrizione alle liste elettorali di migliaia di stranieri. 

 

Falliti i colloqui per tentare di portare avanti gli accordi all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). A Ginevra, si è chiusa oggi la riunione tra i rappresentanti del G6, che comprende i Paesi con maggiori interessi nel negoziato: Stati Uniti, Unione europea, Giappone, Australia, Brasile, India. Ma ancora una volta, nessun accordo è stato raggiunto sulla questione-chiave dei sussidi statali all’agricoltura, elargiti da Stati Uniti e Unione Europea ai propri produttori. In mancanza di un’intesa tra i sei Stati, il segretario dell’OMC, Pascal Lamy, aveva minacciato la sospensione definitiva dell’agenda di Doha, approvata nel 2001, con l’obiettivo di raggiungere ulteriori accordi per le liberalizzazioni nel settore dei servizi, dell’agricoltura e dell’industria.

 

Un commando delle Tigri Tamil ha aperto il fuoco e ucciso in Sri Lanka un politico di origini tamil considerato troppo vicino al governo. Appartenente al Partito popolare democratico, Mark Kanapathipilla era schierato su posizioni opposte a quelle del movimento separatista delle Tigri, che lottano per l’indipendenza delle regioni a maggioranza tamil nel nord del Paese.

 

Due persone morte e 13 ricoverate d’urgenza. Questo il bilancio riscontrato dalle autorità spagnole dopo l’ennesima imbarcazione di migranti intercettata al largo delle isole Canarie. A causare i decessi, secondo la Croce rossa, l’ipotermia dovuta alle terribili condizioni del viaggio. La barca, con a bordo 48 persone, era partita dalle coste dell’Africa occidentale alcuni giorni prima. Sono 120, invece, i migranti giunti nell’isola italiana di Lampedusa, nella serata di ieri.

 

E’ previsto per martedì notte, o al più tardi mercoledì mattina, l’arrivo sulle coste di Taiwan del tifone Kaemi, il quinto della stagione. Le autorità locali stanno organizzando un piano di intervento per ridurre al minimo i danni ed hanno avvertito le popolazioni delle zone maggiormente a rischio di prepararsi all’evacuazione. Il tifone sta viaggiando a una velocità tra i 15 e 20 chilometri orari. I metereologi si aspettano violente piogge e temporali nel sud est della Cina. Intanto, è arrivato a 612 morti il bilancio delle vittime del tifone Bilis, che ha colpito le province meridionali della Cina a partire dal 14 luglio.

 

I guerriglieri delle Forze rivoluzionarie armate della Colombia (FARC) hanno liberato ieri le nove persone sequestrate lo scorso giovedì al confine con il Venezuela. Del gruppo facevano parte cinque membri di una organizzazione non governativa che si occupa di ambiente. Sabato scorso, era stato liberato Juan Carlos Lizcano, il figlio di un noto parlamentare colombiano a sua volta nelle mani della guerriglia. Da tempo, le FARC hano stilato una lista di 60 prigionieri eccellenti che intendono scambiare con guerriglieri che attualmente si trovano nelle carceri colombiane.

 

Il 26 luglio 1956 la nazionalizzazione del Canale di Suez annunciata dal presidente egiziano Nasser, segnava una svolta decisiva nelle relazioni tra Paesi in via di sviluppo e le ex potenze coloniali. Sfidando apertamente Francia e Gran Bretagna, che fino a quella data avevano gestito il canale, il nazionalista Nasser metteva per la prima volta in discussione gli interessi europei sul Medio Oriente. “La povertà non è una cosa di cui vergognarsi”, dichiarava Nasser in un discorso pronunciato ad Alessandria e divenuto storico. “E’ lo sfruttamento dei popoli che lo è”. Si calcola che almeno 120 mila operai egiziani sono morti nella costruzione della monumentale opera, iniziata nel 1869. La nazionalizzazione scatenò una dura reazione da parte di Francia, Gran Bretagna e Israele, con l’invasione del Sinai, l’occupazione militare del Canale e una serie di raid aerei sull’Egitto. Ma la vittoria diplomatica sarebbe spettata all’Egitto. Nel 1957, Stati Uniti e Russia avrebbero infatti imposto un cessate il fuoco, costringendo le truppe europee e gli israeliani a ritirarsi. Gli storici sono unanimi nel considerare le vicende del ‘56 come la fine delle pretese europee sul Medio Oriente. Oggi, la gestione del Canale di Suez dà lavoro a 25 mila egiziani e costituisce la terza fonte di reddito per l’Egitto.

 

 

 

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