RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 203  - Testo della trasmissione di sabato 22 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa chiama i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà ad unirsi domani in preghiera per la pace in Medio Oriente e chiede una tregua immediata tra le parti in conflitto. Con noi Salvatore Mazza mons. Giuseppe Anfossi e mons. Aldo Giordano

 

Il Pontificio Consiglio Cor Unum invia aiuti, a nome del Santo Padre, per le popolazioni colpite dal conflitto in Medio Oriente

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Per fermare la guerra nel Paese dei Cedri si attiva la diplomazia: mercoledì prossimo a Roma Conferenza internazionale di pace. Interviste a Stefano Silvestri, George Poulides e William Nakhle

 

Oggi la Chiesa celebra la memoria di Santa Maria Maddalena: a lei Gesù affidò il compito di annunciare la sua Resurrezione: ce ne parla mons. Bruno Forte

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Domani, nella Basilica di San Pietro, sarà celebrata una Messa per la pace in Libano

 

Tutti i Centri di detenzione in Kosovo, gestiti dalla NATO e dall’ONU, saranno ispezionati da esperti del Consiglio d’Europa per verificare il rispetto dei diritti umani dei detenuti

 

Studenti marxisti attaccano le scuole cattoliche nello Stato indiano del Kerala

 

Nascerà a Bari nel mese di settembre, dopo quattro anni di preparativi, la Federazione dei parchi del Mediterraneo

 

L’urbanizzazione ha creato in Cina un nuovo sottoproletariato

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuovi scontri armati stamane anche in Irak: almeno 15 i morti

 

 

 

 

                                                  

IL PAPA E LA SANTA SEDE

22 luglio 2006

 

 

IL PAPA CHIAMA I FEDELI E TUTTI GLI UOMINI DI BUONA VOLONTA’ AD UNIRSI

DOMANI IN PREGHIERA PER LA PACE IN MEDIO ORIENTE

E CHIEDE UNA TREGUA IMMEDIATA TRA LE PARTI IN CONFLITTO

- Con noi, Salvatore Mazza, mons. Giuseppe Anfossi e mons. Aldo Giordano -

 

 

La Chiesa si prepara a vivere con intensità la Giornata di preghiera e di penitenza indetta da Benedetto XVI, domani, per implorare da Dio il dono prezioso della pace in Medio Oriente. Iniziativa che unirà i fedeli di tutto il mondo in un corale abbraccio ai popoli che soffrono a causa di questo nuovo “spietato conflitto”. Ieri, Benedetto XVI è tornato a chiedere con forza una tregua tra le parti ed ha rinnovato l’invito a tutti gli uomini di buona volontà, senza distinzione di credo religioso, a raccogliersi in preghiera per la pace. Il Santo Padre ha espresso questo auspicio, ieri sera, parlando con i giornalisti che lo attendevano al suo rientro alla colonia salesiana di Les Combes dove sta trascorrendo un periodo di riposo. Tra loro c’era anche l’inviato di Avvenire, Salvatore Mazza, raggiunto telefonicamente in Valle d’Aosta da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Il Papa ha dimostrato, una volta di più, la sua voglia di parlare, in qualche modo sul Medio Oriente. Si è fatto lui incontro ai giornalisti che quasi non ci speravano, anche perché l’ora era tarda. Invece si è fatto incontro a noi ed ha ribadito che questo momento di preghiera è un momento importante; ha detto: “è un gesto che noi compiamo davanti a Dio ma che è importante per gli uomini e spero che sia importante anche per i politici”. E’ tornato poi ad auspicare l’apertura di un corridoio umanitario come primo passo positivo per arrivare ad una tregua, che dovrebbe seguire subito questo primo passo. Poi, ha aggiunto anche una cosa molto bella, proprio parlando di questo periodo che sta trascorrendo in Valle d’Aosta. Ha racontato: “Oggi sono stato in una località bellissima e proprio vedendo questa bellezza che mi dà il Signore, questa pace, mi colpisce tanto più la sofferenza di tanti altri”. Credo che questa sia un po’ la chiave per capire come il Papa stia vivendo questo dramma.

 

D. – Benedetto XVI, per altro, ha invitato ad unirsi a questa Giornata di preghiera, anche gli ebrei e i musulmani, come a sottolineare l’impegno corale delle religioni per la pace…

 

R. – Certo, lui ha ribadito: “questo è un invito a pregare, certamente rivolto ai cattolici ma è un invito a tutti, a chi vuole, a chi può pregare”. Tra l’altro, è significativo il fatto che lui abbia detto di aver tenuto i contatti, in questi giorni, con le comunità cristiane del Medio Oriente, soprattutto con il Libano. Ha sottolineato di aver avuto contatti con queste persone e di aver avuto la misura di quanto questa iniziativa della Giornata di preghiera fosse quasi un qualcosa di atteso da queste persone che imploravano un’iniziativa.

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La Giornata di preghiera e di penitenza, voluta dal Papa, verrà vissuta in modo particolare dai fedeli della Valle d’Aosta che, a migliaia, si recheranno domani al pianoro di Les Combes per la recita dell’Angelus del Santo Padre. Sull’attesa di questo momento forte per la Chiesa valdostana, Alessandro Gisotti ha intervistato il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi:

 

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R. – Credo che il Papa sia la dimostrazione concreta della profondità della relazione con Cristo Gesù, quindi della preghiera e del momento meditativo che può stare benissimo accanto ad una presa in carico appassionata di un gregge che è diviso da una guerra, che mette molto timore anche sul futuro e che uccide tante persone innocenti. Il messaggio che il Papa ci dà ha queste due componenti: la componente dell’interiorità, della fede in Gesù Cristo, della preghiera, e dall’altra parte, la compassione dolorosa per ciò che vive il popolo.

 

D. – Lei che, in questi giorni, è stato più volte vicino al Papa, ha potuto vedere la sua costante preoccupazione, attenzione per quanto succede in Medio Oriente …

 

R. – Sì. Quando io ne ho parlato in apertura dell’Angelus di domenica scorsa, il Santo Padre ha avuto immediatamente un’espressione nel volto di tensione e di preoccupazione con gli occhi che guardavano al Cielo, quando ho fatto riferimento al momento di guerra che stiamo vivendo.

 

D. – Quindi, i fedeli della Valle d’Aosta insieme ai fedeli di tutto il mondo si uniranno domani al Papa per questo momento forte di preghiera e di penitenza …

 

R. – Proprio così. L’unione, per noi, è proprio sapere che il Papa è a pochi chilometri di distanza da casa nostra, sentirlo come una presenza benedicente ma anche che ci richiama alle esigenze forti del Vangelo.

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Con il passare delle ore, si moltiplicano le adesioni alla Giornata di preghiera e penitenza. In prima linea - in questo impegno per il dialogo e la pace – gli episcopati e i fedeli dell’Europa, come sottolinea mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – La mia impressione è che l’appello del Papa chieda al mondo, in particolare anche all’Europa, di metterci in un’altra dimensione che in realtà consideriamo troppo poco, cioè mettersi in una dimensione che sia un guardare a Dio, un gridare a Dio! Dobbiamo convincerci che l’umanità deve riferirsi a Dio perché se perde questo riferimento, rischia di cadere in baratri tremendi. Inoltre la preghiera è certamente un modo per esprimere la nostra vicinanza a tutti coloro che soffrono, e speriamo che sia una grande spinta anche alla diplomazia internazionale; sia una spinta ai politici di trovare una convergenza per una soluzione politica dei problemi.

 

D. – C’è qualche iniziativa particolare, oltre all’adesione ovviamente, da parte degli Episcopati europei, a questa Giornata di preghiera e di penitenza?

 

R. – Sì, c’è l’impressione che si stia creando una grande onda, una grande rete. In Europa ci sono delle lettere, posizioni, appelli da parte delle Conferenze episcopali; possiamo pensare alla Francia, all’Italia, alla Svizzera, al Belgio, all’Inghilterra. Ci sono appelli di numerosissimi vescovi e di organismi diocesani, per cui si può pensare che quasi tutte le parrocchie del mondo cattolico domenica prossima dedicheranno una preghiera speciale durante tutte le Messe che verranno celebrate. In Europa, c’è anche la dimensione ecumenica che viene sottolineata. Ci sono dei segnali: le Chiese ortodosse, come la Chiesa della Serbia o la Chiesa in Grecia, o in Russia, parteciperanno anche a questa preghiera. E ciò vale anche per le altre religioni, sia per quelle che sono più direttamente toccate come gli ebrei ed i musulmani. Ci sarà una partecipazione a questo, specialmente nella realizzazione di veglie, di incontri o anche di pellegrinaggi. Per esempio, abbiamo saputo che un gruppo di sacerdoti spagnoli sta facendo un pellegrinaggio in Turchia e ciò diventa un’occasione per questa preghiera. A Liverpool si è già fatta una Veglia di preghiera in cui erano invitati anche aderenti ad altre religioni.

 

D. – Quale può essere la testimonianza che l’Europa e gli episcopati europei possono offrire ai popoli del Medio Oriente?

 

R. – L’Europa ha molte esperienze di cosa significhi non intraprendere vie di dialogo. Recentemente abbiamo avuto la tragedia dei Balcani e già in questa occasione, anche Giovanni Paolo II aveva fatto un forte appello per Giornate di preghiera e penitenza simili a quello che ha fatto adesso Benedetto XVI. Di recente abbiamo celebrato la fine della Seconda Guerra Mondiale, la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ecc., quindi l’Europa sa cosa significhi non dialogare ma L’Europa sa anche cosa significhi dialogare perché se le guerre sono nate, per esempio, da una serie di lotte tra Francia e Germania, poi siamo anche stati capaci di riconciliazione. Pensiamo ai conflitti, per esempio, tra Polonia e Germania: abbiamo visto come i cristiani si sono impegnati per superare queste barriere. Pensiamo anche al fatto stesso del progetto dell’Unione Europea; sappiamo che il progetto dell’Unione Europea è nato per evitare la tragedia della guerra. In questo senso penso che l’Europa abbia una vocazione speciale.

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IL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM INVIA AIUTI, A NOME DEL SANTO PADRE,

PER LE POPOLAZIONI COLPITE DAL CONFLITTO IN MEDIO ORIENTE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Di fronte al perdurare del conflitto in Medio Oriente e delle gravissime sofferenze delle popolazioni interessate, il Pontificio Consiglio Cor Unum manifesta a nome del Santo Padre la vicinanza a quanti soffrono inviando un primo aiuto per sostenere l’accoglienza alle migliaia di sfollati. Tale aiuto - informa una nota del dicastero vaticano - è diretto a sostenere un progetto promosso da Caritas Libano, Custodia di Terra Santa, Fondazione AVSI e altre organizzazioni presenti sul territorio, per fornire materiali ai centri di accoglienza (materassi, coperte, lenzuola), acqua potabile, kit alimentari e igienici, medicine.

 

Cor Unum fa, dunque, propria la preoccupazione del Papa che ha chiesto alle organizzazioni caritative di aiutare tutte le popolazioni “colpite da questo spietato conflitto”. Per quanto riguarda il Libano il progetto mira a dare assistenza a circa 60 mila famiglie sfollate in diverse regioni del Paese. L'azione proposta sarà la fornitura a 90 mila persone di materiale o di servizi di prima emergenza. Per quanto riguarda Israele, invece, l’intervento avrà luogo nell’area di Nazareth in collaborazione con la Custodia di Terra Santa e alcune realtà sociali operanti sul territorio. Anche qui verranno forniti generi di prima necessità, in particolare per le strutture che ospitano anziani e bambini che anche in questa crisi sono i soggetti più vulnerabili.

 

A questo proposito si segnala che si possono indirizzare donativi per questa raccolta straordinaria sul c/c postale n. 603035 intestato a Pontificio Consiglio COR UNUM – causale: per Libano.

 

 

NOMINA

 

In Uganda, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Gulu il reverendo Sabino Odoki, rettore del Seminario Maggiore Nazionale di Filosofia di Alokolum, Gulu, assegnandogli la sede titolare vescovile di Sabrata.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “In ginocchio per la pace”: 23 luglio, la Chiesa in comunione con il Papa rivolge a Dio la voce disarmata e potente della preghiera.

Annunciata per mercoledì 26 una Conferenza internazionale a Roma per fermare la guerra e per cercare soluzioni alla crisi. 

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Oceania.

 

Servizio estero - Corea del Nord: centinaia di vittime per il maltempo. Interi villaggi rasi al suolo.

 

Servizio culturale - Un articolo di Piero Amici dal titolo “Le immani sofferenze inflitte all’uomo nell’età delsocialismo realizzato’”: tradotto in italiano “Le Manual de Gulag” di Jacques Rossi.

 

Servizio italiano - In rilievo sempre il dibattito politico sulla missione in Afghanistan.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

22 luglio 2006

 

 

Per fermare la guerra in Libano si attiva la diplomazia: mercoledì prossimo a Roma un vertice internazionale di pace. Sul terreno libanese prosegue l’offensiva israeliana, mentre cipro offre le sue strutture

per il corridoio umanitario

- Interviste con Stefano Silvestri, George Poulides e William Nakhle -

 

In Libano prosegue l’offensiva dell’aviazione israeliana, che, nelle ultime 24 ore, ha colpito 150 obiettivi. Per fermare la guerra si attiva però la diplomazia: mercoledì prossimo a Roma si terrà una Conferenza internazionale di pace, a cui parteciperà il segretario di Stato USA, Condoleeza Rice, e i rappresentati di Paesi arabi ed europei. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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La notizia è giunta ieri sera. L’incontro si svolgerà a Roma, presso la sede del ministero degli Esteri. Saranno presenti i leader di Russia, Francia, Gran Bretagna, Germania e della Commissione europea, e alcuni esponenti arabi (Egitto, Arabia Saudita e Giordania). Sarà presente anche un rappresentante dell'ONU e della Banca mondiale. La Rice ha annunciato che domani, insieme a Bush, a Washington, incontrerà il ministro degli Esteri saudita, al Faisal. Poi, in serata, il segretario di Stato americano partirà alla volta del Medio Oriente, dove incontrerà il premier israeliano Olmert, il presidente Palestinese, Abu Mazen, ed esponenti politici libanesi. La Rice non chiederà uncessate il fuoco’ immediato che – ha affermato - sarebbe “una falsa speranza”, se ristabilisse lo status quo precedente. Si attiverà invece per creare un quadro politico che consenta, nel lungo periodo, una pace duratura nell’area mediorientale. Gli sforzi della diplomazia ruotano attorno alla risoluzione delle Nazioni Unite numero 1559 che prevede: il disarmo delle milizie Hezbollah, il ristabilimento del governo di Beirut nel sud del Paese e l’invio di una forza di pace internazionale. Sul terreno libanese, intanto, non cambia lo scenario rispetto ai giorni scorsi. Intensi bombardamenti da parte israeliana sono in corso da questa mattina su diversi villaggi del Sud del Libano. Colpiti anche un villaggio cristiano ad est della capitale, alcune istallazioni petrolifere nel porto di Tripoli e poi antenne e ripetitori dei telefoni cellulari. Gli Hezbollah hanno riposto con lanci di razzi verso località della Galilea. Da parte sua Israele continua a far affluire nuove truppe lungo il confine, forse in previsione di un attacco terrestre. Un’ipotesi questa condannata dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, che – ha avvertito – rischierebbe di “intensificare la resistenza”. Infine, la Conferenza episcopale della Chiesa cattolico-maronita libanese ha lanciato ieri un appello all’ONU perché si mobiliti per uncessate il fuoco’ immediato.

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Ma torniamo all’importante annuncio della Conferenza di pace che si terrà a Roma nei prossimi giorni. Quali sono gli strumenti che possiede la diplomazia internazionale per trovare una strategia d’uscita al conflitto in Libano, e che possibilità ci sono che il Vertice si concluda in modo positivo? Andrea Cocco ne ha parlato con Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali:

 

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R. – Per il successo della riunione di Roma, molto dipenderà da quello che dirà e riuscirà a raccogliere in Medio Oriente Condoleezza Rice; bisognerà sapere se le parti sono disponibili per lasciare uno spazio alla comunità internazionale. Per raggiungere questi obiettivi, si tenterà ogni tipo di pressione: forse, promesse di aiuti, forse accenni su possibili sanzioni … Dopodiché, bisognerà vedere se il risultato minimo che si otterrà sarà semplicemente quello, per esempio, di consolidare un corridoio umanitario, oppure se si andrà oltre e se sarà possibile stabilire una presenza internazionale – per esempio – ai confini tra Israele, Libano e forse Siria, tale da creare un fatto nuovo.

 

D. – A Roma si discuterà della possibilità di raggiungere un accordo per ilcessate-il-fuoco’, come richiesto dall’ONU. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha però dichiarato che l’obiettivo del Vertice non è ilcessate-il-fuoco’ ma il raggiungimento di una pace duratura …

 

R. – Ilcessate-il-fuoco’ è sempre un’operazione di impatto limitato. Certamente utile per avviare un dialogo diplomatico tra le parti, se c’è un’effettiva intenzione di usare il dialogo. Comunque, al di là delcessate-il-fuoco’ subito, è importante chiarire quali siano le intenzioni di Israele, cioè se intende condurre – come ha detto finora – un’operazione relativamente limitata ad alcuni obiettivi oppure se, nella difficoltà di raggiungere l’obiettivo – per esempio, la liberazione dei soldati – questo non lo trascini in un’operazione di maggiore importanza e di maggiore lunghezza, anche di tempo, come sarebbe l’invasione del Sud del Libano.

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Il sud del Libano resta ancora inaccessibile alle agenzie umanitarie che ieri a Ginevra hanno ribadito l’urgenza di stabilire dei canali sicuri per l’avvio degli aiuti. Nonostante il premier israeliano, Olmert, abbia dato il suo assenso per un corridoio umanitario tra Libano e Cipro, garantito dalla Marina di Israele, sul terreno non si registrano ancora azioni concrete. Il Programma Alimentare Mondiale (PAM) e la Croce Rossa Internazionale hanno sottolineato che il problema chiave è la distribuzione degli aiuti sul territorio, devastato dai bombardamenti. Intanto Cipro, raggiunta in questi giorni da migliaia di sfollati, ha offerto la sua disponibilità per essere utilizzata come base del corridoio umanitario, con l’appoggio dell’Unione Europea. Lo conferma, al microfono di Luca Collodi, Georgios Poulides,  ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede:

 

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R. - Noi abbiamo aperto, dal primo momento, tutti i nostri porti, aeroporti, aiutando al massimo l’evacuazione dei cittadini dell’Unione Europea e di altri cittadini del resto del mondo, dal Libano, transitando a Cipro verso i loro Paesi. Stiamo dando anche un’assistenza tecnica a coloro che sono feriti e anche un’assistenza psicologica mentre si aspettano gli aerei che rimpatriano. Abbiamo dato il nostro assenso anche al Governo di Beirut perché Cipro sia utilizzata come il corridoio umanitario per gli aiuti alla popolazione libanese.

 

D. – Anche la stessa Santa Sede ha fatto questa richiesta di un corridoio umanitario. Quindi Cipro è in prima linea su questo fronte per aiutare la popolazione civile?

 

R. – Daremo tutte le nostre risorse, pur essendo un piccolo Paese, per aiutare al massimo la popolazione libanese e tutti gli altri cittadini che provengono dal Libano.

 

D. – Ambasciatore Poulides, qual è in questo momento l’emergenza maggiore che sta cercando di affrontare, nell’aiutare le popolazioni libanesi, Cipro?

 

R. – L’emergenza maggiore è il grandissimo numero di profughi che arrivano dal Libano, che noi stiamo cercando di smistare il più presto possibile con aerei che ci stanno mandando i vari governi per rimandarli nelle loro case.

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In seguito ai frequenti lanci di missili da parte delle milizie Hezbollah, la popolazione delle città della Galilea è costretta a vivere nei rifugi. Secondo molti cronisti, vivere ad Haifa, il terzo centro israeliano, è un azzardo. Nella città portuale, dove ha sede anche un monastero di Carmelitane, risiede una vivace comunità di arabi cristiani appartenenti a parrocchie che seguono diversi riti. Adriana Masotti ha parlato della situazione in cui versa la popolazione con William Nakhle, arabo cristiano, sposato e padre di due figli.

 

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R. – Qui si respira un’aria di tristezza, di preoccupazione, di paura e di incertezza. Ci sentiamo sospesi per aria, per quanto riguarda ogni aspetto della nostra vita: economico, sociale, turistico. Il pellegrinaggio stava, infatti, appena cominciando a riprendersi, dopo alcuni anni di depressione. C’è tanta paura che questa guerra si sviluppi e continui a fare danni più grandi. Io ho due bambini a casa. Abitiamo all’ultimo piano - al quarto piano - e siamo entrati nel panico. Abbiamo preso il necessario e siamo andati dai miei genitori, che vivono in un appartamento più basso, per stare più sicuri.

 

D. – Il fatto che si sia aperto questo nuovo fronte del conflitto, tra Israele e Libano, come viene commentato tra le persone?

 

R. – Ci sentiamo fratelli dei nostri vicini libanesi. Ci sentiamo molto legati a loro. Sentiamo i bombardamenti in Libano, perchè non siamo molto lontani. Preghiamo e chiediamo anche a tutti i governatori del mondo che invitino tutte le parti al dialogo, per cessare subito il fuoco. Contiamo sulle preghiere di tutti i cristiani nel mondo e del Santo Padre, affinché in Medio Oriente possa regnare veramente la pace e l’armonia.

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OGGI LA CHIESA CELEBRA LA MEMORIA DI SANTA MARIA MADDALENA:

A LEI GESÙ AFFIDÒ IL COMPITO DI ANNUNCIARE LA SUA RESURREZIONE

- Intervista con mons. Bruno Forte -

 

La Chiesa ricorda oggi Santa Maria Maddalena. Nel passato si è fatta spesso confusione tra Maria di Betania, sorella di Lazzaro e di Marta, l’innominata peccatrice menzionata da Luca “cui molto è stato perdonato perché molto ha amato”, e Maria Maddalena, cioè nativa di Magdala. Erroneamente l’identificazione delle tre donne è stata facilitata dal nome Maria, comune a due di loro, e dalla sentenza di San Gregorio Magno che ritenne si trattasse della medesima donna. Ma cerchiamo di sapere di più della figura di Maria Maddalena da mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, intervistato da Tiziana Campisi.

 

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R. – E’ una delle donne che accompagnavano e servivano Gesù. A giudicare dal soprannome, era nativa di Magdala, che si trova sulla riva occidentale del Lago di Tiberiade. Questa donna, da cui Gesù aveva scacciato sette demoni è quella che, con altre donne, sta ai piedi della croce, assiste alla sepoltura di Gesù e soprattutto il mattino del primo giorno di Pasqua della settimana, va da sola al sepolcro e vede ricompensata questa sua dedizione, questo suo amore incondizionato al Maestro con apparizione del Risorto che fa di lei l’apostola degli apostoli, la testimone – appunto – della Risurrezione anche ai discepoli increduli. E’ straordinario il racconto dell’angelo di Giovanni: Maria va nel giardino del sepolcro, ecco che il Signore si presenta a lei, lei inizialmente non lo riconosce ed è a quel punto che Gesù la chiama per nome e lei gli risponde:rabbunike’, un possessivo, ‘Maestro mio’, dunque dice questa relazione di fede, di amore, di appartenenza. La risposta di Gesù non è “non mi toccare”, come normalmente si traduce, ma è “non mi trattenere”, cioè: il tuo amore e la tua fede devono essere così grandi che tu devi andare, adesso, dagli altri e dire loro che io sono vivo, risorto e vi precedo.

 

D. – Perché la figura di questa donna è così controversa?

 

R. – Ma … perché la lettura del rapporto d’amore che lei, come peraltro tutti i discepoli, hanno con Gesù, viene facilmente fraintesa da una concezione che contrappone eros e agape. La grande forza del messaggio di Benedetto XVI nella Deus caritas est è di farci capire che eros e agape, cioè l’amore cosiddetto passionale, possessivo e l’amore oblativo, l’amore che accoglie il dono da Dio, non devono essere contrapposti. E’ solo un eros malato che si chiude su se stesso; ma un eros aperto all’agape è un eros che porta nell’amore vero, nell’amore puro di Dio, tutta la verità, la passione, la ricchezza dell’essere umano. Così i discepoli hanno seguito Gesù. Gesù ha portato nel rapporto con la donna un’autentica rivoluzione. Possiamo dire che fino a lui, la donna era subordinata all’uomo; con Gesù, invece, donne e uomini entrano nello stesso rapporto di parità, di reciprocità – certo – ma nella pari dignità.

 

D. – Si è tanto romanzato sulla figura di Maria Maddalena. Come recuperare allora l’autentica immagine di questa donna?

 

R. – Semplicemente, tornando al Vangelo, a quello che il Vangelo veramente dice e non alle fantasie un po’ malate che vogliono elaborarlo a proprio piacimento, e poi cogliendo nel Vangelo questo straordinario messaggio di fede e di amore che rende la sequela di Gesù bella, viva, realizzante per ognuno che giochi la vita per Lui.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani 23 luglio, 16a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui i discepoli tornano da Gesù, che li aveva inviati ad annunciare il Vangelo alle folle. La fatica dei discepoli è grande. Il Signore allora dice:

 

 “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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(musica)

 

Gesù è circondato dai discepoli, che gli raccontano ciò che hanno vissuto durante la missione: è una bellissima immagine della preghiera. Già gli antichi padri dicevano che una delle preghiere è quella di aprire al Salvatore tutto ciò che si vive e si sperimenta. Raccontare a Cristo la propria vita, la propria giornata, dalle cose che stiamo facendo alle cose che ci accadono, a ciò che si sente, ciò che si pensa. Cristo suggerisce agli Apostoli di ritirarsi un po’ in disparte e riposare perché il viavai della gente è ormai esagerato, ma quando giungono al posto solitario trovano una gran folla che li precede e lì Cristo si commuove e cambia il suo progetto. Invece di riposare, si dona alla gente. La compassione e la commozione del Signore sono sentimenti e atteggiamenti che suscitiamo noi in Dio, con l’autentico desiderio di Lui, con una sincera ricerca di incontrarlo.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

22 luglio 2006

 

DOMANI, NELLA BASILICA DI SAN PIETRO, SARÀ CELEBRATA UNA MESSA PER LA PACE

IN LIBANO. CONTINUANO INTANTO A GIUNGERE MESSAGGI DI ADESIONE ALL’APPELLO

DI PREGHIERA LANCIATO DAL PAPA E NUMEROSE SONO LE INIZIATIVE

NELLE DIOCESI DI TUTTO IL MONDO

 

ROMA. = Una Santa Messa per la pace in Libano sarà officiata domani alle 10.30 nella Basilica di San Pietro. Le intenzioni di preghiera saranno particolarmente dedicate alla situazione del Medio Oriente e una sarà espressa in lingua araba. Continuano intanto le adesioni all’invito di preghiera di Benedetto XVI. L’arcivescovo di Buenos Aires, in Argentina, il cardinale Jorge Bergoglio, ha suggerito ai sacerdoti di scegliere nella celebrazione della Messa, la Preghiera eucaristica sulla riconciliazione e la pace. Diversi anche i vescovi del Paese che stanno sollecitando i fedeli a pregare per la pace. La Conferenza episcopale del Cile esorta i cattolici a chiedere alla “Vergine Maria, Regina della Pace, che implori da Dio il dono fondamentale della concordia che illumini le autorità delle Nazioni affinché prevalga la ragione e si aprano nuove possibilità di dialogo e di intesa”. Numerosi i comunicati e i messaggi che stanno giungono da diocesi di tutto il mondo. Anche in Tunisia la comunità cattolica pregherà secondo le intenzioni del Papa. All’agenzia Fides il missionario padre Eugenio Elías, dell’Istituto del Verbo Incarnato, riflettendo sull’importanza della preghiera in questi momenti, ha detto che essa è un mezzo indispensabile “per suscitare il desiderio della giustizia e della riconciliazione nei cuori: è lì che incomincia a formarsi il dono divino della pace. È lì che si può arrivare a discernere, perfino nel nemico, un volto umano”. L’arcivescovo Angel Lagdameo, presidente della Conferenza episcopale filippina ha invocato in particolare l’intercessione della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, che si venera in un Santuario della città di Haifa. Il Movimento di Comunione e Liberazione infine ha invitato “i propri aderenti a partecipare - nelle diocesi e nelle parrocchie - alla speciale Giornata di preghiera e di penitenza”. Tra le altre iniziative, a Palermo, in tanti si sono impegnati ad animare momenti di preghiera nelle parrocchie ed un sacerdote, padre Antonio Garau, ne ha organizzato anche uno sulla spiaggia di Guidaloca, nel trapanese, dove un terreno confiscato alla mafia è diventato uno spazio balneare educativo per i bambini. (T.C.)

 

 

TUTTI I CENTRI DI DETENZIONE IN KOSOVO, GESTITI DALLA NATO E DALL’ONU,

SARANNO ISPEZIONATI DA ESPERTI DEL CONSIGLIO D’EUROPA PER VERIFICARE

IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI DEI DETENUTI

 

BRUXELLES. = Saranno ispezionati a breve da esperti del Consiglio d'Europa tutti i centri di detenzione in Kosovo, della NATO e dell’ONU, per verificare se “rispettano la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti”. La missione ispettiva – rende noto un comunicato – sarà condotta in base all’accordo siglato con l’Amministrazione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo, (UNMIK), che risale al 2004 ma non era stato messo in pratica, in attesa dell’esito di contatti con la NATO allo stesso scopo. Per quanto riguarda la visita ai centri di detenzione gestiti dall’Alleanza Atlantica, il Consiglio d’Europa sottolinea che le modalità sono state definite in uno scambio di lettere fra il segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, e quello del Consiglio d’Europa, Terry Davis. “Siamo riusciti a risolvere una anomalia di lunga data nell’applicazione dei diritti umani in Europa - ha affermato  Davis. Questa conclusione ci permetterà di assicurarci che non ci sono eccezioni al divieto assoluto di tortura o di trattamenti inumani o degradanti in tutti i 46 Paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa. E’ una buona notizia per i diritti umani in Europa”. (R.G.)

 

 

STUDENTI MARXISTI ATTACCANO LE SCUOLE CATTOLICHE

NELLO STATO INDIANO DEL  KERALA.

LA CHIESA DENUNCIA UNA “VENDETTA VIOLENTA” 

PER LA SENTENZA DI UN TRIBUNALE LOCALE,

GIUDICATA A FAVORE DEGLI ISTITUTI PROFESSIONALI PRIVATI

 

KERALA. = Esponenti della Federazione studenti India, affiliati ai marxisti al potere in Kerala, hanno attaccato mercoledì scorso le istituzioni scolastiche cattoliche danneggiando edifici e distruggendo veicoli per il trasporto degli alunni, registri e arredi. Quattro sono state le persone arrestate e poi subito scarcerate su cauzione. Gli atti di vandalismo - riferisce l’agenzia Asia News - sono strettamente collegati alle tensioni insorte nel Paese a seguito della nuova Legge sugli Istituti professionali del Kerala, approvata all’unanimità dal Governo, contro la quale le amministrazioni di diverse Scuole private hanno presentato istanza d’appello, ritenendo la norma lesiva dei loro diritti costituzionali. In attesa di un pronunciamento della Corte d’Appello, previsto la prossima settimana, un Tribunale locale ha emesso una direttiva provvisoria, permettendo alle stesse Scuole di applicare la normativa dello scorso anno. La sentenza ha però provocato le reazioni violente di alcune frange di studenti. “Un tentativo di sostituire lo stato di diritto con la legge della giungla”: ha commentato mons. Joseph Powathil, arcivescovo di Changanassery e presidente della Commissione istruzione del Consiglio dei vescovi del Kerala, avuta notizia degli attacchi alle scuole cattoliche. Secondo il presule si è trattato di una “vendetta violenta” e di un’azione “non democratica” per una sentenza non gradita. Anche l’arcivescovo di Verapoly, mons. Daniel Acharuparambil, ha espresso preoccupazione per gli episodi di intolleranza contro gli istituti scolastici privati in Kerala. “Attaccare le nostre scuole, - spiega - non è la risposta ai problemi relativi all’ammissione degli studenti”.(A.Gr.)

 

 

UNA RETE AMBIENTALE PER TUTELARE LA NATURA, INCENTIVARE LO SVILUPPO

ECONOMICO E PROMUOVERE LA PACE TRA I POPOLI: NASCERA' A BARI NEL MESE

DI SETTEMBRE, DOPO QUATTRO ANNI DI PREPARATIVI,

LA FEDERAZIONE DEI PARCHI DEL MEDITERRANEO

 

BARI. = Sarà Bari, ad ospitare l’Assemblea costitutiva della Federazione dei Parchi del Mediterraneo, nell’ambito della Fiera del Levante che riterrà nel capoluogo pugliese dal 27 settembre al primo ottobre. Ad annunciare l’evento è stato Matteo Fusilli, presidente della Federparchi, l’organismo che riunisce in Italia oltre mille tra parchi nazionali e regionali, riserve naturali e aree marine protette. “Nel Mediterraneo - ha detto Fusilli - ci sono oltre 600 parchi e più di cento aree marine protette: una realtà importante che sta dando un contributo non solo per la tutela del patrimonio naturalistico ma anche per lo sviluppo economico”. “Ci sono voluti quattro anni - ha aggiunto - per tessere i rapporti e arrivare al risultato di una Federazione. Mettere in rete i Parchi del Mediterraneo significa condividere esperienze, realizzare buone pratiche comuni in un momento in cui l’Unione europea con l’allargamento ai Paesi al Nord-est può marginalizzare il Mediterraneo, luogo storico di incontro e mediazione tra i popoli. Una collaborazione tra parchi di Paesi che sono anche in guerra, come ha suggerito Mandela con i suoi Parks for Peace, è un segnale che la pace è possibile”. Per Fusilli, “i parchi sono una metafora dello sviluppo possibile, sono il luogo in cui si svolgono attività di laboratorio che possono essere esportate”. (R.G.)

 

 

CINA: LA VELOCE URBANIZZAZIONE HA CREATO UN NUOVO SOTTOPROLETARIATO.

NEGLI ULTIMI 20 ANNI LA PERCENTUALE DELLE COSTRUZIONI URBANE

È SALITA DAL 20 AL 40 PER CENTO ED OLTRE 100 MILIONI DI CONTADINI

SONO EMIGRATI NELLE GRANDI CITTÀ

 

PECHINO. = Il rapido sviluppo delle aree urbane e industrializzate della Cina ha determinato la formazione di un nuovo sottoproletariato: oltre 100 milioni i contadini emigrati nelle città negli ultimi anni. I migranti lavorano anche 12 ore al giorno per 7 giorni settimanali e per paghe minime; sono per tutto l’anno lontani dalle famiglie e vivono ammassati o dormono sul luogo del lavoro. Inoltre le famiglie urbane non residenti non hanno diritto alla scuola gratuita o ad altri servizi sociali. Secondo Lu Dadao, esperto dell’Accademia delle Scienze cinese, nell’im-menso Paese asiatico si profilano gravi rischi di nuove povertà e di instabilità sociale in caso di recessione economica. Lu, ricorda che in 20 anni la percentuale delle costruzioni urbane in Cina è salita dal 20 al 40 per cento. Identico cambiamento in Gran Bretagna è avvenuto in 120 anni e negli Stati Uniti in 80 anni. Nonostante il basso reddito pro capite cinese, sono sempre in costante aumento nel Paese le costruzioni in quartieri poveri di uffici pubblici di lusso, di piazze importanti, di grandi università e di aree industriali portatrici di inquinamento. Le autorità locali hanno sottratto intere zone agricole per cedere la terra a basso prezzo a costruttori di palazzi e ad industriali. Gran parte delle oltre 87 mila proteste di piazza del 2005 sono state causate proprio da espropri forzati e contrasti dei contadini con industriali e governi locali. I dati ufficiali mostrano che dal 1996 al 2003 in Cina i terreni agricoli sono diminuiti di quasi 7 milioni di ettari. La nuova problematica sociale, portata dall’urbanizzazione - dicono altri esperti - può essere risolta solo con riforme strutturali che aumentino i servizi pubblici sia a favore della popolazione agricola che per i cittadini non residenti.(A.Gr.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

22 luglio 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

        

 

Ancora in primo piano la violenza in Iraq. Almeno 22 morti stamani in diversi attentati, mentre c’è attesa per l’incontro, martedì alla Casa Bianca, tra il premier iracheno, Nouri al Maliki, e il presidente americano, George W. Bush. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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Un commando armato ha fatto irruzione, stamani, a bordo di due auto nel cantiere di una casa in costruzione nella parte occidentale di Baghdad, dove ha aperto il fuoco sui muratori uccidendone 7 e ferendone un altro. Sempre nella capitale, un civile è morto per l’esplosione di una bomba al passaggio della sua autovettura, mentre fonti della polizia riferiscono di due attentati analoghi contro convogli militari statunitensi. Intanto, in un mercato della città sunnita di Baquba, 65 km a nord di Baghdad, dove ieri le Forze americane hanno effettuato diversi raid per catturare sospetti militanti affiliati ad Al Qaeda, quattro poliziotti e tre civili sono rimasti uccisi in seguito all’esplosione di una mina. Sempre nella mattinata, un kamikaze a bordo di un’auto si è fatto saltare in aria a un posto di blocco della polizia a Falluja, uccidendo 5 agenti e ferendo 13 persone. Da segnalare, infine, oltre all’uccisione a colpi di arma da fuoco di un civile a Mosul, quella di un soldato per l’esplosione di una mina al passaggio di un convoglio di militari iracheni a Kut. Intanto, sul fronte politico, in vista dell’incontro, martedì alla Casa Bianca, tra premier iracheno, al Maliki, e il presidente americano, Bush, per discutere di nuove misure di sicurezza a Baghdad, dopo una recrudescenza degli scontri tra sciiti e sunniti nel territorio, si è riunita stamani a Baghdad, per la prima volta, la Commissione per la riconciliazione nazionale. Forti le dichiarazioni del presidente del Parlamento iracheno, Mahmoud al-Machhadani, che ha chiesto agli americani di “non interferire negli affari dell’Iraq e del Medio Oriente”, perché la situazione possa risolversi positivamente.

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In Afghanistan, 19 sospetti guerriglieri talebani sono rimasti uccisi in questi giorni in diversi scontri con le truppe afghane, appoggiate da elicotteri delle Forze di coalizione. Lo hanno diffuso stamani fonti ufficiali, precisando che i combattimenti sono avvenuti nel distretto di Garam Sair, nella provincia meridionale di Helmand. Feriti anche un’altra quindicina di miliziani, che però sono riusciti a fuggire.

 

Sempre alta la tensione in Somalia, dopo l’arrivo, giovedì, di truppe etiopi a Baidoa, sede del Governo transitorio e del Parlamento somalo, per impedire che il territorio finisca sotto il controllo delle Corti Islamiche, che già controllano Mogadiscio e buona parte del Sud del Paese. Oggi testimoni riferiscono che circa 200 soldati etiopi avrebbero raggiunto nella notte anche la città sudoccidentale di Wajid, occupandone l’aeroporto. Intanto, le Corti Islamiche hanno annunciato la “guerra santa” contro l’Etiopia, rifiutando colloqui con il governo transitorio somalo, sostenuto dal Paese confinante.

 

Almeno 15 persone sono state uccise durante intensi combattimenti registrati ieri nel sud del Sudan, tra l’esercito e miliziani del Sudan People Liberation Movement (SPLM). Lo scorso anno il governo di Karthoum e lo SPLM avevano raggiunto uno storico accordo di pace ponendo fine ad un conflitto ultra decennale nelle regioni meridionali del Paese. Secondo diversi osservatori, gli scontri di ieri, che si sommano a una serie di incidenti accaduti nell’ultima settimana, rappresentano una seria minaccia per la pace.

 

E’ di almeno 19 morti e una sessantina di feriti il bilancio del terremoto che in mattinata ha investito la provincia sud-occidentale cinese dello Yunnan, colpendo in particolare l’altopiano di Guizhou, nella contea di Yanjin. L’epicentro del sisma, dell’intensità di 5,1 gradi sulla scala Richter, è localizzato a una novantina di chilometri dalla città di Zhaotong. Sul posto stanno dirigendosi squadre di emergenza per i primi soccorsi. Secondo fonti ufficiali, il terremoto ha raso al suolo centinaia di case e provocato grosse frane.

 

Sono circa 520 le vittime del tifone Bilis, che ha colpito nei giorni scorsi la Cina meridionale. Fortemente colpite le province dell’Hunan, Fujian, Zhejiang, Guandong e Guangxi. Con un comunicato diffuso alla televisione di Stato, il ministero degli Affari Civili ha ammonito le autorità locali a non cercare di nascondere il numero delle vittime e le proporzioni della tragedia.

 

E’ salito a circa 670 morti il bilancio delle vittime dello ‘tsunami’ che lunedì ha investito la costa meridionale dell’isola di Giava, in Indonesia. Secondo i dati ufficiali diffusi questa mattina dalle autorità locali, sono circa 980 i feriti, almeno 329 i dispersi e 110 mila gli sfollati. L’incremento di circa cento unità nella conta ufficiale delle vittime è dovuto al ritrovamento di nuovi cadaveri nei distretto di Ciamis e Tasikmalaya e Garut, provincia di Giava Occidentale. Tra i decessi anche 5 stranieri asiatici, mentre resta disperso un europeo di nazionalità francese.

 

Con un accorato appello per la pace in Medio Oriente e la richiesta di una tregua immediata e dell’apertura di negoziati politici, si è concluso ieri a Cordoba, in Argentina, il 30.mo Vertice del MERCOSUR, la comunità economica formata da Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e – da quest’anno – Venezuela. Ovviamente i principali accordi, illustrati in un Comunicato finale di 43 articoli, riguardano materie squisitamente economiche e commerciali. Ce ne parla Luis Badilla:

 

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In concreto, il MERCOSUR chiede all’Unione Europea di prendere in considerazione le sue richieste di maggiore flessibilità commerciale nella prospettiva di un accordo di associazione. I capi di Stato e di governo sudamericani ribadiscono “la necessità che la UE prenda in considerazione le richieste del gruppo in materia di flessibilità e di trattamento più favorevole, al fine di riprendere nel più breve tempo possibile il negoziato, con l'obiettivo di raggiungere un accordo che porti benefici ad entrambi i blocchi”. Inoltre, il MERCOSUR saluta il recente ingresso del Venezuela e, al tempo stesso, ufficializza il suo appoggio alla candidatura del Venezuela quale membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il periodo 2007-2008. Nel campo della sicurezza energetica, i governanti hanno deciso di avviare un piano comune di prospezioni petrolifere nella conca venezuelana dell’Orinoco. Il progetto ha un valore di quattro miliardi di dollari. Dall’altra parte, il Messico ha chiesto di poter essere riconosciuto entro la fine del 2006 come “Paese associato” (insieme con il Cile e la Bolivia). La creazione di una Banca per lo Sviluppo del MERCOSUR, proposta argentina, ha ricevuto un pieno sostegno con la richiesta di accelerazione della fase preparatoria. Infine, i capi di Stato salutano l’accordo doganale ed economico firmato con Cuba e l’apertura di negoziati per un accordo di libero scambio commerciale col Pakistan, augurandosi una rapida conclusione delle trattative di libero commercio con i Paesi arabi del Golfo Persico.

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Sarà ricordato come il “Summit degli assenti”, il Vertice delle ex Repubbliche sovietiche della CSI che si è aperto ieri a Mosca. Per motivi diversi non sono giunti infatti nella capitale russa né il presidente ucraino, Yushenko, né quello georgiano, Saakashvili. Da Mosca, Giuseppe D’Amato:

 

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Vladimir Putin voleva tirare un po’ le somme dell’attività fin qui svolta dalla CSI, raccontare del Summit del G8 di San Pietroburgo e definire nuovi progetti per una comunità che stenta a decollare: si dovrà rimandare ad altra data. Lo stesso vale per il georgiano Sakashvili, che avrebbe voluto discutere con il capo del Cremlino delle crisi in Ossezia e in Abkhazia. Il Parlamento di Tblisi ha chiesto tre giorni fa il ritiro delle Forze russe di interposizione e di pace dalla regione: per alcuni osservatori neutrali, dietro alno’ americano all’adesione immediata di Mosca al WTO c’è proprio la Georgia.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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L’Europa nella morsa del caldo. In Francia, le alte temperature – tra i 34 e i 38 gradi – hanno provocato negli ultimi giorni almeno 20 morti, tra i quali un bimbo di 15 mesi deceduto a Parigi. La metà delle vittime avevano oltre 80 anni di età. Dalla prima settimana di luglio in Olanda si sono registrati circa 170 decessi in più rispetto alla media per questo periodo. Temperature decisamente al di sopra della norma anche in Germania, Gran Bretagna e Italia.

 

 

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