RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 201 - Testo
della trasmissione di giovedì 20 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sarà aperto al pubblico da
ottobre il Museo ecclesiale diocesano di Hong Kong
Iraq: rilasciati
quattro dei 30 membri del comitato olimpico sequestrati
sabato, mentre anche oggi si
contano decine di cadaveri
20 luglio 2006
BENEDETTO
XVI INDICE, PER DOMENICA PROSSIMA,
UNA GIORNATA DI PREGHIERA PER LA PACE IN MEDIO
ORIENTE.
IL PONTEFICE CHIEDE UN IMMEDIATO CESSATE-IL-FUOCO
E L’APERTURA DI CORRIDOI UMANITARI
- Con noi, mons. Vincenzo Paglia -
Domenica
prossima sia un giorno dedicato alla preghiera per la pace in Medio Oriente: è
quanto Benedetto XVI chiede a tutti i fedeli così come a tutti i credenti del
mondo. Dell’appello del Papa, che chiede un immediato cessate-il-fuoco, dà annuncio oggi la Sala Stampa
della Santa Sede. Nella nota, viene anche sottolineato l’auspicio del Papa affinché
si provveda, quanto prima, all’apertura di corridoi umanitari per portare aiuto
alle popolazioni colpite dal conflitto. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
Il Santo Padre “segue con grande
preoccupazione le sorti di tutte le popolazioni” che soffrono a causa del
conflitto in Medio Oriente ed “indice per domenica prossima, 23 luglio, una
speciale giornata di preghiera e di penitenza, invitando i Pastori ed i fedeli
di tutte le Chiese particolari come tutti i credenti del mondo ad implorare da
Dio il dono prezioso della pace”. In particolare, prosegue la nota della Sala
Stampa della Santa Sede, il Papa “auspica che la preghiera si elevi al Signore,
perché cessi immediatamente il fuoco tra le Parti, si instaurino subito
corridoi umanitari per poter portare aiuto alle popolazioni sofferenti e si
inizino poi negoziati ragionevoli e responsabili”. Negoziati volti a “porre
fine ad oggettive situazioni di ingiustizia esistenti in quella regione”, come
già indicato dal Pontefice nell’Angelus di
domenica scorsa. “In realtà – si legge ancora nella nota – i Libanesi hanno
diritto di vedere rispettata l’integrità e la sovranità del loro Paese, gli
Israeliani hanno diritto a vivere in pace nel loro Stato ed i Palestinesi hanno
diritto ad avere una loro Patria libera e sovrana”. Infine, conclude il comunicato
della Sala Stampa vaticana, il Santo Padre rivolge, “in questo doloroso
momento”, “un appello alle organizzazioni caritative, perché aiutino tutte le popolazioni
colpite da questo spietato conflitto”.
**********
Il Papa chiede dunque, ancora una
volta, di scegliere coraggiosamente la via del dialogo per costruire la pace in
Medio Oriente. Sui pressanti appelli di Benedetto XVI e l’importanza del
dialogo tra le religioni per favorire l’incontro tra i popoli, Alessandro Gisotti
ha raccolto la riflessione del vescovo di Terni-Narni-Amelia,
Vincenzo Paglia, presidente della Commissione Ecumenismo e Dialogo della
Conferenza episcopale italiana:
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R. – Credo che, particolarmente nella situazione
mediorientale, il dialogo sia obbligato, perché questi
popoli – uso una parola difficile – sono “obbligati” a convivere e la convivenza
richiede un impegno assolutamente straordinario, soprattutto nei momenti più difficili,
come quello che stiamo vivendo. E’ chiaro che debbono tacere le armi. L’unica
via per bloccare la tragedia delle armi, è quella della ripresa del dialogo a
tutti i livelli.
D. – Quale contributo può offrire, in questo contesto, il
dialogo fra le religioni?
R. – In Medio Oriente, il ruolo delle religioni diventa
sempre più decisivo. Certo c’è un problema politico, c’è un problema di due
popoli che chiedono giustizia e ciascuno pretende l’esistenza. E questo
certamente è un obbligo per tutti. Ma le religioni – in questo caso tre: ebrei,
cattolici e musulmani – debbono trovare le strade, forse con un impegno
maggiore, per ritessere quella trama di rapporti che indubbiamente è l’unica
che può portare una speranza di pace. Ricordiamoci una cosa: tutte e tre queste
religioni si richiamano ad Abramo e tutte tre sono in qualche modo figlie di
Abramo e, quindi, tutti e tre siamo figli dell’unico Padre!
D. – Di fronte alla violenza e alla morte di innocenti,
come può il cristiano testimoniare concretamente il perdono?
R. – Penso che, proprio in Medio Oriente, possiamo
comprendere che il perdono è parte dell’amore e della fraternità! Nel Vangelo è
detto a chiarissime lettere. Ma scavando nelle profondità delle altre due
religioni si nota, anche lì, l’urgenza di superare muri e steccati, perché
altrimenti è impossibile ogni sopravvivenza di fraternità ed ovviamente anche
di pace. Credo che, quel che già diceva Giovanni Paolo II, il perdono – e lui
lo ha anche chiesto per i tanti errori fatti anche dai cristiani – sia parte
essenziale dell’amore ed anche della pace e della tolleranza.
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L’offensiva israeliana in Libano
prosegue senza sosta. Dopo un raid notturno su un presunto bunker Hezbollah a Beirut, sono ripresi sia i bombardamenti
dell’aviazione israeliana che gli scontri a fuoco nella zona di confine.
Secondo i vertici di Israele le forze armate dello Stato ebraico, che hanno
dimezzato la forza degli Hezbollah, devono portare a
termine il proprio lavoro. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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Stamani i caccia israeliani hanno attaccato la città di Baalbek, 70 Km ad est di Beirut. Nel mirino, un presunto
“Comitato per la sicurezza” del movimento degli Hezbollah
e anche altri obiettivi più a Nord, verso la Siria. Aspri scontri si segnalano
poi lungo il confine tra Israele e il Libano. Secondo la radio israeliana, tre
soldati dello Stato ebraico sono rimasti feriti e due Hezbollah
sono morti, mentre quattro civili che viaggiavano a bordo di un’auto nel sud
del Libano hanno perso la vita durante i bombardamenti israeliani. Stamani sono
ripresi anche i lanci di missili Katiuscia da parte
degli Hezbollah verso la Galilea: colpite diverse
città, fra le quali Tiberiade. Non ci sono state vittime. Notizie di
intelligence parlano di un grande movimento di truppe israeliane nell’alta
Galilea, pronte ad entrare in Libano via terra. L’obiettivo – secondo le fonti
– sarebbero i profondi Bunker sotterranei delle milizie sciite, per i quali
l’aviazione israeliana è impotente. Non è ancora chiaro il resoconto del
massiccio attacco condotto questa notte dall’aviazione israeliana su Beirut.
L’obiettivo, in questo caso, era il bunker del numero uno del movimento Hezbollah, lo sceicco Nasrallah, che però non era nella struttura in quel momento. Sul piano
politico il presidente libanese Emile Lahoud ha lanciato un appello per un cessate-il-fuoco “immediato”. Per il premier libanese
Siniora è il mondo intero che deve spingere in questa
direzione. Solo dopo – precisa il premier – si potrà disarmare la rete degli Hezbollah, la cui azione – ammette – risponde “alle agende
politiche di Teheran e Damasco”. Dal canto suo, anche
il presidente siriano, Basahar al-Assad,
per la prima volta, si sarebbe espresso a favore del cessate il fuoco, mentre
ieri il partito Baath, al potere in Siria, ha diffuso
un comunicato in cui si esaminano nuove iniziative per accogliere la massiccia
ondata di profughi in arrivo dal Libano. La diplomazia internazionale è a
lavoro. La crisi libanese oggi sarà al centro dell’incontro tra il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan,
l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera, Javier Solana, e il segretario di
Stato americano, Condoleezza Rice.
L’obiettivo è di mettere a punto i dettagli dell’imminente missione diplomatica
della Rice a Damasco. Infine i raid israeliani proseguono anche a Gaza,
dove almeno due palestinesi sono stati uccisi. Le Forze Armate israeliane hanno
imposto il blocco totale In Cisgiordania fino a
domenica per prevenire possibili attentati da parte degli estremisti
palestinesi.
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La guerra in Libano vede la società israeliana per ora
unita nel difendere la scelta bellica. Anche i maggiori esponenti del mondo
intellettuale israeliano, convinti pacifisti che in passato non hanno mancato
di criticare le azioni delle forze armate di Gerusalemme, si schierano al
fianco del governo. Al microfono di Francesca Sabatinelli,
Alon Altaras, autorevole rappresentante della letteratura israeliana
contemporanea:
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R. – Io non so cosa sia l’uso sproporzionato
della forza. L’esistenza di Israele è minacciata da questo attacco, perché è
orchestrato, non si tratta solo di Hezbollah,
ma è anche Hamas, Jihad islamica ed Iraq. Non si
tratta di un attacco organizzato in un giorno, ma è un piano strategico che
mina l’esisten-za di Israele. Israele non accetterà certo di essere eliminato.
Questa non è occupazione, ma è pura difesa. Non si vede un Hezbollah
più moderato o più aperto, tanto più che non si tratta di partiti politici, ma
sono dei movimenti che hanno dei fondamenti religiosi profondi, fanatici ed
integralisti. Per loro, sedere al tavolo con chi non ha una visione politica
della situazione è molto difficile. Loro – secondo me – hanno una visione
mitica e teologica dell’esistenza di Israele in quella zona e perciò il dialogo
è quasi impossibile.
D. – Ammetterà, però, che è
difficile capire questo tipo di autodifesa con gli attacchi alle infrastrutture
di un Paese e l’uccisione di tantissimi civili?
R. – Hezbollah,
negli ultimi sei mesi, si è armato di 700 missili e finora ha lanciato sulle
città israeliane 1.500 razzi Katiuscia, che
non hanno fatto strage solo per un puro caso. Io sono un uomo di sinistra, ma è
inaccettabile che un partito che sta in un Parlamento democratico o quasi
democratico come quello libanese ha una milizia armata, finanziata dall’Iran e
dalla Siria, che compie attacchi e poi il governo centrale dice “noi con questi
non possiamo fare niente”. Questa miniguerra o vera guerra che abbiamo con gli Hezbollah in terra libanese non è legata, come nel caso
palestinese, ad un territorio o all’esigenza di fondare uno Stato come hanno
giustamente i palestinesi. Mi rammarica molto che questa zona sia lasciata abbandonata a se stessa. L’Europa deve lanciare
un piano di pace, promuovendo il dialogo fra quelle forze che vogliono
dialogare. E ce ne sono tante in Medio Oriente di forze che vogliono dialogare.
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Completamente diversa la posizione di un altro famoso
esponente della cultura ebraica, Moni Ovadia, regista, attore, musicista, grande divulgatore
della tradizione yiddish. Ascoltiamolo al microfono di Francesca Sabatinelli:
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R. – Credo che le uniche guerre che si possano definire
giuste sono delle guerre di pura difesa; qualcuno teorizza che per difendersi,
bisogna andare a bombardare le città degli altri. Io non lo credo. Tuttavia c’è
una cosa incontrovertibile: Israele ha subito il rapimento dei suoi soldati ed
è un atto bellico, perché c’è di mezzo una forza di governo di un Paese
confinante. Il problema vero è che la situazione mediorientale è incandescente.
Ma allora non c’era un altro mezzo? Questa volta Israele non avrebbe potuto
chiedere l’intervento dell’ONU, l’interposizione in modo da evitare di
riattivare le ragioni dell’odio? Io sono molto vicino agli israeliani che
stanno soffrendo e che sono stati bombardati, ma non potrò mai chiudere gli
occhi sulle sofferenze dei palestinesi, né su quelle dei civili libanesi.
Sicuramente questo è stato un gioco di provocazioni per poter riaffermare il
potere egemonico sulla regione da parte di Siria ed Iran. Cadere in questa
trappola era necessario? Non bisogna dimenticare che c’è uno stillicidio di
missili lanciati sia da Gaza, sia dal Libano controllato dagli Hezbollah. Dal punto di vista fantasmatico,
ogni aggressione ad Israele viene vissuta da molti
ebrei in maniera iperreattiva e quasi ipertrofica,
sostenendo: “Ci vogliono sterminare tutti”.
D. – Probabilmente – e questo è quello che è stato più
volte detto da parte israeliana – il profilarsi di una vittoria su Hezbollah, condotta con tutti i mezzi, significa assicurare
la possibile vittoria della pace nella regione, in quanto viene
comunque destabilizzato l’elemento fondamentale del terrorismo?
R. – Dietro c’è tutto il mondo sciita, ma soprattutto c’è
la forza dell’Iran. Cosa si fa, si bombarda Teheran,
dopo? Allora è la guerra totale. Il terrorismo non lo fermi con le guerre. Uno
che si fa saltare in aria con una bomba, come lo spaventi? E’ esattamente
quello che vogliono i terroristi, che tu diventi come uno di loro. Rabin aveva la logica giusta che deve
essere riaffermata oggi: combatto il terrorismo come se non ci fossero le
trattative, tratto come se non ci fosse il terrorismo. Bisogna avere il
coraggio di trattare con i nemici.
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In Libano si stanno disegnando scenari da crimini di
guerra: è l’accusa dell’Alto Commissariato per i diritti umani e della Croce
Rossa Internazionale, secondo cui nessuna delle parti in conflitto si preoccupa
di tutelare i civili e le infrastrutture non militari. Per l’Alto Commissario Louise Arbour, “il bombardamento
indiscriminato” di luoghi in cui si trovano civili innocenti è inaccettabile. Pierre Kraehenbuehl, direttore
delle operazioni della Croce Rossa, ha invece puntato il dito contro Israele,
sollevando “gravi dubbi sul rispetto del principio di proporzionalità nella
condotta delle ostilità”. Intanto, la Commissione europea, chiedendo alle parti
di consentire l’apertura di corridoi umanitari nell’area, ha stanziato 10
milioni di euro per aiuti umanitari urgenti. Dunque, dopo 9 giorni di
bombardamenti, nel Paese dei Cedri la situazione dal punto di vista umanitario
è davvero drammatica. Lo conferma, al microfono di Salvatore Sabatino, Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato ONU per i
rifugiati:
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R. – La situazione è davvero drammatica, perché sta
peggiorando e si aggrava con il prolungarsi dei bombardamenti. L’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, così come anche altre
Agenzie dell’ONU e gli Organismi non governativi che operano nella zona, è
molto preoccupato per le conseguenze di questa azione militare sui civili. Una
stima che è stata fatta parla di circa 500 mila persone sfollate all’interno
del Libano e questo significa gente in fuga dai centri abitati e che sta
andando o è già andata, verso zone di montagna. Molte delle persone che sono
scappate sono presso famiglie, ma ce ne sono anche migliaia che non hanno
proprio un riferimento, un alloggio, un rifugio perché si sono appoggiate negli
edifici pubblici e nelle scuole. Chiaramente, in questa situazione, è immaginabile
che da qui a poco sarà assolutamente necessario ed indispensabile fornire aiuti
di prima necessità a queste persone.
D. – I problemi maggiori sono segnalati alla frontiera con
la Siria, dove molti lavoratori non riescono ad uscire dal Libano. Come avete
deciso di intervenire?
R. – Diciamo che più che altro il problema è per quei
lavoratori di Paesi terzi che non hanno i documenti in regola e che la Siria
non fa entrare nel proprio territorio. Noi stiamo, quindi, lavorando con le
autorità di immigrazione siriane e tentando di trovare una soluzione per
consentire a queste persone di passare. C’è poi un altro problema: in Libano ci
sono circa 20 mila rifugiati e richiedenti asilo, che
sono essenzialmente iracheni, sudanesi e somali e che oggi chiedono di voler uscire
dal Paese. E’ evidente che la cosa non è così semplice, anche perché è
necessario trovare dei Paesi disponibili a prendere questi rifugiati. Abbiamo,
quindi, un problema nel problema.
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I razzi Katiuscia
degli Hezbollah, che ieri nel centro di Nazareth
hanno causato la morte di due bambini, sono caduti a poche decine di metri
dalla Basilica dell’Annunciazione che domina la parte vecchia della città.
Quest’ultimo preoccupante episodio e la recrudescenza del conflitto stanno
causando la fuga dei pellegrini che in questi giorni affollavano i luoghi
santi, come riferisce da Nazareth al microfono di Roberto Piermarini,
il padre custode della Basilica dell’Annun-ciazione, Riccardo Bustos:
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R. – Qui basta poco anche per farli sparire; in soli
quattro giorni sono spariti tutti. Sono pochissimi quelli che ancora sono
rimasti, anche perché – tra l’altro – gli stessi governi cominciano a chiedere
alla gente di lasciare il Paese ed invitano quelli che vorrebbero venire a non
farlo.
D. – Ci
sono rischi per la Basilica dell’Annunciazione?
R. – I rischi ci sono sempre, perché non si può sapere
dove questi missili possono cadere. E’ chiaro che il missile che ha colpito
ieri, a soli 300 metri dalla basilica, era indirizzato verso l’altra parte. E’
chiaro che sono gli obiettivi militari quelli che perseguono, ma questi missili
non hanno una precisione millimetrica: quindi è possibile che stessero tentando
di colpire un altro obiettivo; invece, è caduto qui, in città. La Basilica è a
rischio, come tutto il resto, purtroppo.
D. – Temete un allargamento del conflitto?
R. – Noi speriamo che si possa ridimensionare e che in
breve tempo possa finire. Non conosciamo le intenzioni politiche e strategiche
che sono dietro questo conflitto. L’unica cosa che desideriamo, più di ogni
altra cosa, è che ci sia qualche tipo di intervento, perché finora sembra che
la comunità internazionale stia guardando da un’altra parte. Non c’è nessuna
condanna esplicita, ma solo parole vuote, campate un po’ in aria. Quindi, la nostra
speranza è che la comunità internazionale prenda in mano la situazione, perché
le due parti contendenti in questo momento non sono certo in grado di fermarsi
da sole, né l’una e né l’altra.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Messaggio di Benedetto XVI al
Patriarca Ecumenico Bartolomeo I: “Il Rio delle Amazzoni, sorgente di vita”.
Servizio estero - Medio Oriente: la profanazione
della vita, la profanazione della Terra Santa. Razzi Hezbollah colpiscono Nazareth uccidendo due bambini.
Servizio culturale - Un articolo di Pasquale Tuscano sullo scrittore Corrado Alvaro a cinquant’anni dalla morte.
Servizio italiano - In rilievo la questione degli
incidenti sul lavoro.
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20 luglio 2006
“LA
NOSTRA PREGHIERA È PER IL BENE DI TUTTI”: COSI’ IL CARDINALE
ACHILLE
SILVESTRINI IERI SERA A ROMA ALLA VEGLIA DI PREGHIERA
PER IL MEDIO ORIENTE E IL LIBANO, ORGANIZZATA
DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
-
Intervista con Marco Impagliazzo -
“La nostra preghiera è per il bene di
tutti”: queste le parole del cardinale Achille Silvestrini
che ha presieduto ieri sera a Roma, nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, una veglia di preghiera per la pace in Medio
Oriente e per il Libano, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio.
Il cardinale ha ricordato il groviglio di problemi che attanaglia quest’area
del mondo. Dell’iniziativa di preghiera ci parla, nell’intervista di Debora Donnini, il presidente della comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo:
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R. – La preghiera è stata promossa dalla Comunità di Sant’Egidio, dopo che il Papa ha rivolto l’appello alla
preghiera per il Libano e per la pace in Medio Oriente.
D. – E anche mettere al centro l’importanza di rivolgersi
a Dio e di chiedere a Dio aiuto in questo momento…
R. – Noi della Comunità di Sant’Egidio
preghiamo ogni sera nella Basilica di Santa Maria in Trastevere,
in tanti altri luoghi della città di Roma e di tutto il mondo. La preghiera per
la pace è proprio una delle nostre invocazioni più tipiche. Noi crediamo molto
alla forza della preghiera. Nel domandare la pace al Signore, noi sentiamo
fortemente che la guerra non è inevitabile e che la pace è santa ed è nelle
mani di Dio.
D. – Cosa intendete fare come Comunità di Sant’Egidio?
R. – Noi seguiamo da vicino la situazione. Naturalmente
crediamo che la prima grande opera della Chiesa e di ogni comunità ecclesiale
sia quella della preghiera. Quindi, la grande opera che noi ci impegniamo a
fare in questo tempo è di pregare ogni sera, per il Libano e per la pace in
Medio Oriente. Poi, forse, delle iniziative di solidarietà più concrete per
coloro che sono profughi, per coloro che cercano rifugio da questa guerra e
sono tanti. Noi già tanti anni fa accogliemmo a Roma un gruppo di anziani
cristiani, scampati ad uno dei villaggi colpiti dalla guerra. Ora concretamente
non abbiamo ancora deciso cosa fare, ma ribadisco che la prima opera che
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DALLA BAVIERA AL MONDO: UN LIBRO
RACCONTA
LE ORIGINI BAVARESI DI BENEDETTO
XVI
- Con noi l’autore, Emanuele Roncalli -
Dalla Baviera al mondo: la storia di Benedetto XVI. A
raccontarla è il giornalista Emanuele Roncalli,
parente di Papa Giovanni XXIII, in un libro pubblicato dall’editore Bortolotti. L’autore ripercorre le tappe salienti della
vita del Papa tedesco partendo da un incontro personale avvenuto nel 1986 quando, studente di Giurisprudenza, lavorando alla
stesura di una tesi sulla “Congregazione per la dottrina della fede”, conobbe
l’allora prefetto, il cardinale Joseph Ratzinger. Emanuele Roncalli
ricordata quella giornata nell’intervista di Paolo Ondarza:
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R. – Ricordo che è stato un incontro molto sentito. Io ero
semplicemente un giovane studente, il cardinale Ratzinger
era giunto nell’ottobre 1986 a Sotto il Monte: era l’anniversario dell’elezione
di Papa Giovanni. Lui venne per tenere anche una conferenza al seminario di
studi e allora lo incontrai e gli parlai del mio desiderio di conoscere
maggiormente questa tematica. E’ stato un incontro molto bello!
D. – Che cosa ti ha colpito maggiormente del cardinale Ratzinger, e che oggi ravvisi anche in Benedetto XVI?
R. – Sicuramente questo suo modo di relazionarsi con la
gente. Molti l’hanno definito come il “gendarme della fede”, il “Panzer-Kardinal”. In realtà, è, nei miei ricordi, timido,
un po’ introverso e una persona molto attenta, garbata … Secondo me, questo
tratto ora la gente l’ha capito: più passano i giorni, più la gente ama questo
Papa.
D. – Nel tuo libro ampio spazio è dedicato alle origini
bavaresi di Benedetto XVI …
R. – Credo che queste origini umili di questa popolazione
che abita, che vive la montagna e che ha passione per
le cose molto semplici, per la quotidianità, gli sia rimasta. Penso che le sue
origini vadano ricercate anche al di qua del confine bavarese, cioè in Alta Val
Pusteria: è lì che sostanzialmente vivevano i nonni
materni. Poi, c’è anche una curiosità: proprio in questo paesino di Rio Pusteria, un altro futuro Papa, cioè il Patriarca di
Venezia, cardinale Roncalli, divenuto poi Giovanni
XXIII, ha celebrato qualche volta
D. – A settembre, Benedetto XVI si recherà in Baviera …
R. – Dobbiamo conoscere un po’ quello che lui ha fatto in
terra di Baviera, quindi nelle varie università da Tubinga
a Monaco e così via. C’è stata anche l’azione pastorale … Sarà sicuramente un
ritorno a casa, sarà – come non potrà esserlo? – accolto a braccia aperte,
spalancate, direi.
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20 luglio 2006
“IL SACRIFICIO DI MONS.
LUIGI LOCATI SIA UNO SPRONE ALLA NOSTRA FEDE,
SPERANZA E CARITÀ”: COSÌ IL NUNZIO
APOSTOLICO IN KENYA, MONS. ALAIN LEBEAUPIN, NEL RICORDARE IL PRESULE AD UNA ANNO DALLA SUA SCOMPARSA
NAIROBI.
= Centinaia di fedeli hanno commemorato in Kenya mons. Luigi Locati, vicario
apostolico di Isiolo trucidato il 14 luglio dello
scorso anno nei pressi della sua residenza.
TRE DECESSI E SESSANTANOVE CONTAGI: È IL BILANCIO DELLE
ULTIME 24 ORE DELL’EPIDEMIA DI COLERA REGISTRATO IN ANGOLA
DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
LUANDA. = Nuovi casi di colera in Angola.
Nelle ultime 24 ore, secondo il bilancio dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS), sono stati registrati 69 contagi e 3 decessi. Continua dunque a
mietere vittime l’epidemia nel Paese africano, dove da febbraio, come riferisce
l’agenzia MISNA, si contano 50.315 contagi e 2.065 vittime. Le zone maggiormente colpite
continuano ad essere la provincia di Luanda, da dove si è propagata l’epidemia,
con 23.301 contagi e 298 morti, e quella di Benguela,
che, con 517 decessi, risulta avere il tasso di mortalità più alto del Paese. Le altre province più colpite sono quelle di Malanje, Luanda Norte, Kwanza Sul e Kwanza Norte. (A.Gr.)
DEVE
RIMANERE IN CARCERE ANCHE DOPO MORTO FINO AL TERMINE
DELLA
SUA CONDANNA: IN VIETNAM
DI UN
MONTAGNARD DI SEPPELLIRE IL MARITO CON RITO CRISTIANO
HABONG. = Resterà sepolto nella prigione di Ha Nam, in Vietnam, fino al termine della sua condanna. Siu Lul, incarcerato nel 2004, è
deceduto il 24 aprile scorso; durante la detenzione gli sarebbero stati negati
cibo ed acqua per lunghi periodi e sarebbe stato torturato fino alla morte. La
polizia, riferisce l’agenzia Asianews, ha negato alla
vedova la possibilità di seppellirlo con rito cristiano. Lul
era un montagnard cristiano, un discendente cioè di
quei gruppi aborigeni rifugiatisi nelle montagne del Vietnam e ai quali, con il
trionfo di Ho Chi Minh nel 1975 e la
nazionalizzazione delle terre da loro occupate, non fu riconosciuto nessun
diritto sui territori che abitavano da millenni. Mal sopportati dal governo
comunista, da anni i montagnard subiscono
persecuzioni ed oppressioni.
SARÀ APERTO AL PUBBLICO DA OTTOBRE IL MUSEO ECCLESIALE
DIOCESIANO
DI HONG KONG. IL RESPONSABILE DELL’UFFICIO ARCHEOLOGICO
DELLA DIOCESI:
GLI OGGETTI ESPOSTI VOGLIONO ESSERE TESTIMONIANZA
DELL’AMORE DI DIO
E DELL’IMPEGNO DEI MISSIONARI
HONG
KONG. = Sono testimonianza dell’amore del Signore e dell’impegno dei missionari
i duecento oggetti d’epoca raccolti nel nuovo museo ecclesiale della diocesi di
Hong Kong inaugurato nei giorni scorsi. Le sale espositive, che si trovano al
terzo piano della biblioteca dell’Istituto Teologico e Filosofico del Seminario
dello Spirito Santo della metropoli cinese, saranno aperte al pubblico ad
ottobre. Il museo, scrive l’agenzia Fides, comprende un’area che ripercorre la
storia della diocesi di Hong Kong ed un’altra con una serie di oggetti liturgici
usati nelle celebrazioni eucaristiche prima del Concilio Vaticano II.
L’esposizione delle suppellettili sacre, ha detto il responsabile dell’Ufficio
archeologico diocesano don Thomas Law
Kwok Fai, vuole essere un modo per risvegliare la
spiritualità di ogni uomo. Le collezioni del museo sono costituite da offerte
di sacerdoti e laici, corredi in disuso ritrovati, comprati all’asta o raccolti
durante le missioni. Tra le rarità esposte, il registro dello scambio di
corrispondenza tra l’imperatore cinese della dinastia Ming
con i missionari, una custodia per il Santissimo Sacramento, la mitra e
l’anello del cardinale John Baptist
Wu Cheng-chung e del primo
vescovo cinese di Hong Kong, mons.
Francio Hsu Chen-Ping, e infine, una foto che ricorda la
visita di Papa Paolo VI nell’isola cinese. (A.Gr.)
COMPUTER
IN RETE CONTRO
PER LA
RICERCA NUCLEARE DI GINEVRA NON CHIEDE SOLDI
MA
COLLABORAZIONE SU WEB
GINEVRA. = Unire le capacità dei computer privati per lottare contro la
malaria calcolando le migliori strategie: l’idea porta la firma del CERN, il
Centro europeo per la ricerca nucleare, di Ginevra. Si tratta del progetto
denominato Africa@home che mira a reclutare computer
di casa o negli uffici su base volontaria, addizionare le loro capacità e
integrarli in un complesso programma di simulazione sulla malaria. Veicolata dalle zanzare anophele,
la malaria è responsabile di circa un milione di decessi all’anno,
quasi tutti bambini dei Paesi dell’Africa sub-sahariana. Il programma MalariaControl.net,
messo a punto dall’Istituto Tropicale svizzero, è usato per simulare la
propagazione della malattia. Con il nuovo programma, e dunque migliaia di
computer volontari, sarà possibile compiere calcoli particolarmente complessi.
Per partecipare basta scaricare il software (dal sito www.africa-at-home.org). Finora sono
2.800 i computer che, in circa 80 Paesi, hanno aderito al programma. (F.S.)
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20 luglio 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Truppe etiopi in territorio somalo. Truppe etiopi sono
entrate oggi a Baidoa, sede del governo federale di
transizione somalo e del Parlamento. Si tratta di circa 200 soldati e 23
veicoli armati. Proprio stamani il ministro dell’Informazione dell’Etiopia
aveva riaffermato che il Paese non avrebbe consentito agli islamici che
controllano Mogadiscio e buona parte del Sud della Somalia
di attaccare il governo di transizione somalo. C’è da dire che ieri uomini
delle Corti Islamiche avevano effettuato un blitz in
zone teoricamente controllate dal governo somalo, non lontane da Baidoa.
Ancora una mattinata di sangue in Iraq. Cinque persone,
tra cui un poliziotto, sono morte in due diversi attentati a Baghdad. Sempre
nella capitale, in diverse zone sono stati trovati 38 cadaveri. Quasi tutti i
corpi sono stati giustiziati a sangue freddo con un colpo di arma da fuoco alla
nuca, dopo essere stati torturati. Intanto a Kirkuk,
nel Nord del Paese, un’autobomba ha provocato un morto e sette feriti. A Tikrit, poi, ucciso un agente di polizia a un posto di
blocco. Da segnalare, infine, la liberazione di quattro dei 30 membri del
comitato olimpico iracheno sequestrati sabato scorso a Baghdad. Altri sei erano
stati liberati nei giorni scorsi. Nelle mani dei sequestratori resta, tra gli
ostaggi, il presidente del Comitato, Ahmed al Samarrai.
L’Iran continuerà a arricchire l’uranio sul suo territorio
per produrre combustibile per le sue centrali nucleari. E’ quanto ha affermato
stamani, in una dichiarazione letta alla televisione di Stato, il capo
negoziatore iraniano per il dossier nucleare, Ali Lariani. “Sulla base della
legge – ha dichiarato Lariani – l’Iran ha pianificato di produrre 20 mila
Megawatt di elettricità con l’energia nucleare nei prossimi 20 anni e ha
bisogno di produrre combustibile nucleare all’interno del proprio territorio
per questi reattori”. Il capo negoziatore ha affermato inoltre che l’Iran sta
ancora valutando le proposte in materia di nucleare fatte
a Teheran dalle grandi potenze e desidera negoziati
per risolvere il contenzioso. “Tuttavia – ha concluso Lariani – gli Stati Uniti
stanno cercando di porre ostacoli sulla strada dei negoziati e di una soluzione
diplomatica alla questione.
Afghanistan. Jaap de
Hoop Scheffer e il generale
James Jones,
rispettivamente segretario generale e comandante della NATO,
sono giunti oggi a Kabul per discutere con le autorità locali del prossimo ridispiegamento nel sud del Paese dei militari
dell’Alleanza Atlantica. Nel corso di una visita di due giorni, de Hoop
Scheffer e Jones
incontreranno il presidente afghano, Hamid Karzai, e i responsabili
militari del Paese. Dalla caduta del regime dei taleban nel 2001, la NATO è presente in Afghanistan con una missione
denominata International Security
Assistance Force (ISAF).
Con 549 voti a
favore, compresi quelli dell’opposizione di centrodestra, e 4 contrari,
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Il decreto prevede, tra l’altro, uno stanziamento di 130
milioni di euro in previsione del ritiro dall’Iraq e di 17 milioni e mezzo di
euro da destinare a interventi umanitari in Darfur e
in Afghanistan. A favore ha votato anche l’opposizione di centro-destra.
“L’Italia non può tradire il fronte internazionale e i patti che ha stipulato”,
ha spiegato nel suo intervento in aula l’ex premier Berlusconi, che, però,
chiede a Prodi di prendere atto della crisi della sua maggioranza. Nel
centro-sinistra si è, infatti, registrato lo strappo di quattro deputati di
Rifondazione Comunista e un altro si è dimesso da parlamentare prima del voto.
Ma il premier Prodi si è detto, comunque, soddisfatto
e tranquillo anche in vista del passaggio del provvedimento al Senato, dove
però la situazione è più complicata. Otto senatori di Rifondazione Comunista e
Verdi confermano il loro ‘no’ nella votazione prevista per il 24 luglio. Ma per
il ministro degli Esteri, D’Alema, la maggioranza
deve essere in grado di sostenere da sola le scelte del governo, altrimenti –
dice – si aprirebbe un problema.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Il governo del
nuovo premier polacco Jaroslaw Kaczynski,
fratello gemello del presidente della repubblica Lech
Kaczynski, ha ottenuto ieri sera la fiducia del
parlamento con 240 voti a favore e 205 contrari. Giuseppe D’Amato:
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Lotta alla corruzione e un peso maggiore nell’Unione
Europea: questi, i due spunti principali del programma del nuovo governo,
segnalati nel suo discorso d’insediamento dal premier Jaroslaw Kaczynski. Il precedente governo, presieduto dall’ex primo
ministro Marcinkiewicz,
era entrato in crisi sulla gestione del ministero delle Finanze e sulla politica
da seguire. Questo portafoglio, considerato strategico, è stato ora affidato a Stanislaw Kluza. Le divisioni della
coalizione conservatrice, che detiene la risicata maggioranza in Parlamento,
non essendo riuscita ad accordarsi con i liberali di Piattaforma Civica, riguardano
il come risanare i conti pubblici e il miglior approccio all’euro. Prima della
conquista del potere a Varsavia dei conservatori, le linee guida erano di
adottare la moneta unica europea entro il 2009. Il presidente Lech Kaczynski ha invece
sollevato qualche dubbio e vorrebbe indire un referendum sulla sua adozione o
meno, non rispettando accordi sanciti prima dell’entrata della
Polonia nell’Unione Europea.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Sempre più forte la
collaborazione tra Usa e Giappone in materia di difesa. Oggi, l’annuncio a
Tokyo dell’avvio della realizzazione di un sistema
missilistico terra-aria voluto da Washington, in previsione di un
attacco della Corea del Nord. Entro il mese di agosto
sull’isola di Okinawa si avvieranno i lavori il cui
progetto è iniziato nel ‘99.
Il presidente americano Bush ha annunciato ieri il suo veto ad un testo di legge
teso a favorire la ricerca sulle cellule staminali embrionali. "Superava i confini
morali", ha detto il presidente sul provvedimento varato dal Senato
americano, che ha raccolto ampie maggioranze in entrambe le Camere. Immediate
le reazioni. Da
una parte i gruppi anti-abortisti hanno applaudito la
decisione di Bush, mentre ricercatori e Fondazioni hanno
chiesto al presidente di rivedere la sua posizione.
Si apre oggi, nella città Argentina di Còrdoba
il 30.mo Vertice del Mercosur,
la comunità economica formata da Brasile, Venezuela, Paraguay e Uruguay.
Presenti all’incontro, oltre ai presidenti dei 4 Paesi membri, anche quelli di
Bolivia e Cile. Il servizio di Luis Badilla:
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“L’organizzazione nei suoi primi 15 anni di vita è stata
molto commerciale, ora è giunto il momento di dare spazio ad una dimensione
sociale”: è quanto ha dichiarato alla vigilia del summit il segretario politico
del Mercosur, Carlos Alvarez. “Sono convinto – ha aggiunto - che dal vertice uscirà
un forte impegno per un Mercosur sociale, con l’avvio
di programmi congiunti che permettano di eliminare i forti ritardi che
registrano alcune zone del Sudamerica”. Interrogato,
inoltre, sul progetto in esame al Congresso degli Stati Uniti relativo all’intervento
di una forza dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) nella Triplice
Frontiera tra Argentina, Brasile e Paraguay, dove si sospetta la presenza di
gruppi terroristici, Alvarez ha risposto: “Mi rendo
conto che questo significa che dobbiamo dimostrare di poter garantire da soli
la sicurezza e le potenziali minacce che dal terrorismo provengono ovunque”. Da
sottolineare, infine, che durante il summit sarà firmato un accordo doganale
con Cuba dall’importante significato politico. La presenza di 4.200 agenti a Còrdoba sembra motivata dalla possibilità che nelle
prossime ore giunga nella storica città il presidente
cubano, Fidel Castro, che non ha mai partecipato a
questo genere di eventi.
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E’ di almeno 24 morti il bilancio ancora provvisorio del
crollo, martedì, di un palazzo di quattro piani a Lagos, in Nigeria. Non è noto
quante persone si trovassero nell’edificio al momento
del crollo, ma si teme che fossero un centinaio. Lo stabile comprendeva 36 appartamenti
e numerosi negozi. Il governatore di Lagos ha ordinato l’arresto del responsabile
della costruzione del palazzo.
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