RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 198 - Testo
della trasmissione di lunedì 17 luglio 2006
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Cina, 50 vittime ieri in
un’esplosione all’interno di una miniera di carbone
Nell’ambito delle manifestazioni
dei tassisti, aggredito e picchiato a Roma un giornalista
Ennesima carneficina in Iraq: almeno 55 morti e
decine di feriti per un attentato nel mercato di Mahmudia,
a sud di Baghdad
17 luglio 2006
IL PAPA IN PREGHIERA PER IL
MEDIO ORIENTE E CON IL PENSIERO ALLE FAMIGLIE
DOPO L’INCONTRO DI VALENCIA: ALL’INDOMANI DEL PRIMO ANGELUS
A LES COMBES,
IL VESCOVO DI AOSTA, ANFOSSI, RACCONTA IL PERIODO DI RIPOSO
DI BENEDETTO XVI IN TERRA VALDOSTANA.
E SULL’EREDITA’ DELL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE,
LA RIFLESSIONE DELL’ARCIVESCOVO DI VALENCIA, GARCIA-GASCO
VICENTE
Prosegue in Valle d’Aosta il periodo di riposo di
Benedetto XVI, che ieri ha recitato il suo primo Angelus a Les
Combes. Il Papa ha rivolto un accorato appello per la
pace in Medio Oriente. “Né gli atti terroristici né le rappresaglie,
soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile,
possono giustificarsi”, è stato il richiamo del Pontefice. A Les Combes erano in migliaia i
fedeli accorsi da tutta la Valle d’Aosta per ascoltare il Papa. Su questa prima
settimana in terra valdostana di Benedetto XVI, Alessandro Gisotti ha
intervistato il vescovo di Aosta, Giuseppe Anfossi:
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R. – Il Papa è sereno. Certo gode della libertà di non
essere sottoposto al lavoro! Mostra anche di trovare tempo per passeggiare, per
pregare … La conversazione con lui è estremamente semplice, come è
caratteristica del suo carattere. Poi, quando parla è attento a tutti. Abbiamo
visto che la popolazione che si presenta a Les Combes è fatta di persone che gli vogliono bene, i giovani
lo chiamano … Sono molte le famiglie. Ci sono molti papà e mamme con figli
malati; sono venuti anche molti malati.
D. – Ieri il Papa all’Angelus ha detto: “Maria aiuti ogni
cristiano ad incontrare Dio nel silenzio della preghiera”. Sicuramente il luogo
dove Benedetto XVI si trova sollecita anche riflessioni
di questo tipo. Il Papa stesso, qualche giorno fa, ha parlato della bellezza
della natura in cui vede la mano del Creatore …
R. – Se la vacanza è sospendere doveri e diritti, leggi della Chiesa e leggi di Dio, certo la vacanza
non è compatibile con la vita cristiana. Se invece la vacanza è intesa come tempo
per sé e per stare in un ambiente naturale che rende la comunicazione in
generale anche bella, con sé e con gli altri e soprattutto con Dio, evviva la
vacanza!
D. – L’anno scorso ebbe un’ampia eco – ancora oggi se ne
parla – l’incontro del Papa con il clero della Valle d’Aosta, un momento di
grande franchezza da parte dei sacerdoti e del Papa nel rispondere alle domande
anche più pressanti per l’azione pastorale …
R. – L’eco è grande! Quando io sono stato a Colonia per la
Giornata Mondiale della Gioventù, erano presenti i vescovi di tutto il mondo e
quando dicevo che ero vescovo di Aosta, veniva fuori immancabilmente il
riferimento all’incontro del Papa con i sacerdoti che è stato messo in Internet
in cinque lingue …
D. – C’è un aneddoto, un’occasione particolare che può
raccontarci di questi giorni?
R. – Uno di natura molto, molto personale. Appena salito
in macchina per il trasferimento dall’aeroporto alla casa, la prima parola che
il Papa mi ha rivolto è stata per chiedere notizie della salute della mia
mamma. Io francamente non mi aspettavo tanta delicatezza …
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Sempre all’Angelus di ieri, il
Papa è tornato a rivolgere il pensiero al V Incontro Mondiale delle Famiglie di
Valencia, conclusosi domenica 9 luglio. Dal Santo Padre è arrivato
“l’incoraggiamento alle famiglie cristiane, perché sappiano vivere e
trasmettere con gioia la fede alle nuove generazioni”. Proprio sull’eredità
dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, Rafael Alvarez
Taberner ha intervistato l’arcivescovo di Valencia,
mons. Augustin Garcia-Gasco
Vicente:
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R. - COMENZAMOS
OTRA ETAPA …
Adesso comincia un’altra tappa per far sì che la famiglia
sia realmente evangelizzata ed evangelizzatrice, che sia una comunità di fede e
che riesca a trasmetterla anche ai suoi figli. Stiamo usando tutti i mezzi e
credo che sarà una novità la divulgazione e la comunicazione di questa
divulgazione, con una pedagogia adeguata, nel cuore della famiglia. Faremo in
modo, quindi, che la famiglia abbia una sua identità e
costruisca tra i figli, i genitori e i nonni, quella che chiamiamo la ‘Chiesa domestica’. Se ci riusciremo avremo allora tutto quello che
desideriamo, cioè che la famiglia entri nel processo educativo dei figli e
potremo così garantire un’educazione alla fede.
D. – Qual è il messaggio lanciato da Benedetto XVI
all’Incontro Mondiale delle Famiglie di Valencia ?
R. – EN PRIMER LUGAR …
Prima di tutto, il Papa è stato molto chiaro, con una
trasparenza tale che ha motivato tutti noi a fare lo stesso. Non ha perso tempo
a lamentarsi o a fare riferimento alle difficoltà politiche della nostra
società, in questo momento. Ci ha invitato a non guardare indietro, ma avanti,
pensando che in questo momento ciò che è importante è
che siamo in grado di trasmettere una dottrina chiara, profonda. Speriamo che
da questo dialogo escano fuori cose positive. Forse perderemo molto tempo, ma
così faremo in modo che la famiglia abbia l’opportunità di avere questa
identità.
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NOMINE
In Papua Nuova
Guinea, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi
di Mount Hagen, presentata
da mons. Michael Meier,
della Società del Divin Verbo per sopraggiunti limiti
d’età. Il Papa ha nominato a succedergli mons. Douglas
Young, della Società del Divin
Verbo, finora vescovo titolare di Rusubbicari e
ausiliare della medesima arcidiocesi.
In Spagna, il Papa ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Huelva, presentata da
mons. Ignacio Noguer Carmona, per sopraggiunti limiti d’età. Il Santo Padre ha
nominato a succedergli mons. José Vilaplana Blasco, finora vescovo di Santander.
IL CARDINALE ANDREA CORDERO LANZA DI
MONTEZEMOLO
PRENDE
POSSESSO OGGI DELLA DIACONIA
DI SANTA MARIA IN PORTICO, IN PIAZZA
CAMPITELLI A ROMA.
IL
CARDINALE ARCIPRETE
DELLA BASILICA PONTIFICIA
DI SAN PAOLO FUORI LE MURA
-
Intervista col porporato -
Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo prende
possesso oggi della diaconia di Santa Maria in Portico, in Piazza Campitelli a Roma, con una cerimonia prevista alle 18:30. Ma ricordiamo anche che il Papa gli ha affidato il
compito di arciprete della Basilica Pontificia di San Paolo fuori le Mura. Ed è
la prima volta che anche San Paolo ha un cardinale arciprete come le altre
Basiliche papali di San Pietro, San Giovanni in Laterano e Santa Maria
Maggiore. Per capire meglio il significato di questa nuova investitura, Giovanni
Peduto ha intervistato lo stesso cardinale Andrea Cordero
di Montezemolo:
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R. – Anche in questa basilica è stata costituita la figura
di arciprete, che prima non esisteva, con lo scopo di coordinare non soltanto
quello che succede o si attua nella basilica, ma anche nel complesso di San
Paolo. Il complesso ospita,
oltre alla basilica, anche l’abbazia dei monaci benedettini, che sono al
servizio della basilica da 1.300 anni, e diverse altre entità che sono
autonome, che sono nell’ambito degli organismi istituzionali della Santa Sede o
che hanno una gestione piuttosto indipendente. Occorreva, quindi, porre una
figura che coordinasse il tutto, oltre ovviamente ad esercitare le sue funzioni
di diritto nella basilica. E’ stato così costituita questa figura
dell’arciprete, che ha una giurisdizione diretta nella basilica, salvo
evidentemente e con il rispetto del coordinamento della giurisdizione dello
stesso abate della Basilica di San Paolo, che esercita lì tutte le funzioni per
le liturgie ordinarie. L’arciprete deve quindi coordinare tutte le altre
istituzioni che vivono e convivono all’interno del complesso di San Paolo.
Stiamo lanciando il programma per un riordinamento generale, che comporterà la
costruzione di alcune parti nuove per riordinare molti servizi, una
costituzione e una ridefinizione di un’area di museo,
che è intorno al Chiostro, e sarà sotto la giurisdizione dell’arciprete e
dell’abate di San Paolo. Ci saranno poi diverse altre funzioni che dovranno
essere migliorate e potenziate al servizio dei pellegrini, al servizio dei
visitatori e al servizio di tutto quello che è il complesso di San Paolo.
D. - Siamo in tempo di vacanze e numerosi visitatori
affollano anche
R. –
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Pace in Terra Santa e in tutto il
Medio Oriente”: all’Angelus, recitato tra le montagne della Valle d’Aosta,
l’appello del Papa ai responsabli politici affinché
seguano la via della ragione, del dialogo e dell’intesa.
Servizio vaticano - Un articolo di Valentino
Donella sulla musica liturgica di Lorenzo Perosi.
Servizio estero - Il “G-8” esorta a fermare le
violenze tra Israele e Libano.
Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Il mistero della creazione visto ‘in trasparenza’”: in margine ad un saggio sull’ontologia di
Antonio Rosmini.
Servizio italiano – Governo: giorno cruciale in
relazione alla protesta dei taxi. Oggi l’incontro con il Ministro Bersani.
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17 luglio 2006
ALMENO
17 MORTI IN LIBANO PER NUOVI RAID ISRAELIANI,
DOPO I
MISSILI LANCIATI IERI DAGLI HEZBOLLAH CONTRO HAIFA
- Interviste
con padre Pierbattista Pizzaballa
e Camille Eid -
Decine di
persone sono morte in Libano per una nuova ondata di raid israeliani. Sull’altro fronte,
continua il lancio di razzi contro lo Stato ebraico. Intanto, il leader dei
guerriglieri sciiti minaccia nuove stragi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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La risposta
israeliana agli attacchi sferrati ieri dagli Hezbollah
ad Haifa non si è fatta
attendere: sono stati nuovamente colpiti il porto, l’aeroporto ed il quartiere
sciita di Beirut, roccaforte degli Hezbollah. Sono
state bombardate anche l’autostrada per Damasco e diverse località della valle
della Bekaa. Il bilancio è pesante: negli ultimi raid
sono morte 17 persone, tra le quali 8 soldati libanesi. Sale così ad almeno 170
il numero delle vittime, da quando ha avuto inizio
l’offensiva israeliana in Libano. Sull’altro fronte,
razzi lanciati dal territorio libanese hanno raggiunto alcuni villaggi a sud di
Haifa: 6 persone sono rimaste ferite. Intanto, il
ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, ha annunciato la creazione di una zona di sicurezza
nel sud del Libano. Il governo israeliano si è anche detto contrario al
progetto, proposto al G8, teso al dispiegamento di una forza internazionale di
pace lungo il confine meridionale del Paese dei cedri. Un portavoce
dell’esercito israeliano ha riferito, poi, che le azioni militari potrebbero
concludersi nei prossimi giorni. Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha chiesto un
immediato cessate il fuoco. Un accorato appello arriva anche dall’Unione Europea:
i ministri degli Esteri europei hanno chiesto agli Hezbollah
di fermare gli attacchi contro Israele e allo Stato ebraico di evitare “una reazione
sproporzionata”. Ma gli attacchi israeliani continuano e proseguono anche le
azioni e le minacce dei combattenti libanesi. Il leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato ieri sera alla televisione del suo
movimento che lo “scontro è solo all’inizio”. Nasrallah
ha anche aggiunto che i guerriglieri sciiti hanno usato, finora, solo “poche
delle loro armi” precisando che la forza degli Hezbollah
risiede nel fatto che Israele “ignora la vera capacità militare” del movimento
sciita. Secondo i servizi di intelligence israeliani, gli Hezbollah
dispongono di un numero limitato di missili di fabbricazione iraniana che, con
una gittata di oltre 200 chilometri, sono in grado di colpire Tel Aviv. Ieri
sera, alcuni razzi sono caduti per la prima volta nella bassa Galilea,
raggiungendo anche la periferia di Nazareth.
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E dopo il lancio di razzi, ieri contro Nazareth e nei
giorni scorsi nei pressi di Tiberiade, cresce l’apprensione nella comunità
cattolica di Terra Santa. Ma ci sono rischi per la popolazione locale e i
cattolici che vivono nei luoghi Santi? Roberto Piermarini
lo ha chiesto al custode di Terra Santa, padre Pierbattista
Pizzaballa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme:
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R. – In questo momento ancora non siamo in una situazione
di pericolo. Se questa situazione si dovesse protrarre
ancora per un po’ di tempo è possibile, però, che questa escalation possa colpire anche zone mete di pellegrinaggi.
D. – C’è rischio per i pellegrini in questo momento?
R. – La sicurezza assoluta – devo essere sincero – non
c’è; credo, comunque, che i pellegrini siano quasi completamente fuori
pericolo. Non credo che Nazareth sarà un obiettivo dei guerriglieri libanesi
perché è abitata da arabi. Penso, invece, che gli Hezbollah
colpiranno soprattutto zone abitate da israeliani e non da arabi.
D. – Come state vivendo questa situazione che, di ora in
ora, diventa sempre più difficile?
R. – Con molta apprensione, come tutti, naturalmente.
Siamo ancora increduli che la situazione stia degenerando così in fretta e in
questo modo estremamente negativo. Ma speriamo! Ancora ci sono tutte le
possibilità che ci si fermi e che il buon senso prevalga. Però, per il momento
assistiamo ad una violenza che sta esplodendo senza limiti.
D. – La popolazione civile come vive queste ore?
R. – La popolazione civile, soprattutto nel nord, sembra
un po’ rassegnata, spaventata e incredula. La popolazione è divisa tra coloro
che ritengono vicina la fine degli scontri e quanti, invece, sono molto
preoccupati e si stanno preparando al peggio.
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E di fronte
al dramma delle violenze, sono increduli anche molti cittadini libanesi.
Ascoltiamo, al microfono di Eliana Astorri, il giornalista libanese di
Avvenire, Camille Eid:
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R. – In effetti, non lo accettiamo. Non riesco a
spiegarlo. Pensavamo di essere usciti da una situazione in cui il Libano
rappresentava questo spazio di sfogo per tutte le tensioni regionali, e invece
non è così. Ci sono delle volontà regionali, internazionali, – non saprei – che
preferiscono vedere il Libano nella situazione precedente, di guerra e di
tensione.
D. – Secondo lei, il governo libanese avrebbe avuto o
avrebbe il potere di disarmare l’organizzazione Hezbollah?
R. – Non avrebbe militarmente il potere. Potrebbe, però,
trovare una formula di convivenza, se possiamo definirla così, tra la sovranità
dello Stato e il mantenimento di un reparto legato all’esercito regolare.
Penso, comunque, che per disarmare gli Hezbollah bisogna
privarli delle loro armi politiche, prima di quelle militari.
D. – Con questi attacchi al Libano non si colpisce solo
l’organizzazione degli Hezbollah, ma anche la
popolazione, i civili. Tutto questo non dà un ulteriore potere e importanza ad Hezbollah?
R. – Esattamente, gli Hezbollah
riusciranno senz’altro rafforzati da questo braccio di ferro. Stanno
dimostrando di avere la capacità di affrontare militarmente Israele. Usciranno
rafforzati anche politicamente perché adesso hanno una maggiore solidarietà
araba, islamica e ferme prese di posizione. Ciò peserà, dunque, a suo favore.
D. – Prendendo in considerazione il ruolo dell’Iran in
tutto questo, è verosimile che Israele in fondo sia caduto in una sorta di
trappola?
R. – Può darsi. Io posso capire la reazione israeliana,
perchè Israele si è sentito anche umiliato in quanto un partito, una milizia,
ha rapito altri due soldati; questo ha significato per Israele “incassare” uno
schiaffo. Ma la reazione
israeliana è sproporzionata. Se uno prende uno schiaffo, non
distrugge la casa di chi gli ha dato questo schiaffo.
D. – E il ruolo della Siria?
R. – La Siria cerca di strumentalizzare la presenza degli Hezbollah. Lo ha fatto durante tutti gli anni della sua
presenza in Libano e continuerà a farlo. Questa presa di posizione ieri non era
di appoggio al Libano, perchè attualmente il governo libanese non è filosiriano come era fino a poco tempo fa, ma di appoggio
agli Hezbollah.
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DA UNA
SETTIMANA LE CORTI ISLAMICHE HANNO IL PIENO POTERE A MOGADISCIO:
L’ULTIMA OPERAZIONE CONTRO
L’ULTIMO “SIGNORE DELLA GUERRA”
È
COSTATA LA VITA AD
ALMENO 67 PERSONE
-
Intervista con Novella Maifredi -
In Somalia da una settimana le corti islamiche hanno
assunto il pieno controllo della capitale Mogadiscio. L’ultima battaglia contro
l’ultimo “signore della guerra” è costata la vita ad almeno 67 persone. I
fedelissimi dell’anziano leader hanno consegnato le armi ai miliziani islamici.
In questo clima di tensioni, che dura ormai da mesi, continuano a lavorare le
ONG italiane, tra cui il COSV, il comitato di coordinamento delle organizzazioni
per il servizio di volontariato. Antonella Villani ha
chiesto a Novella Maifredi del COSV, da due mesi in
Somalia, in quale stato versa il Paese:
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R. – Le Corti Islamiche hanno, in sostanza,
prevalso ed hanno un controllo quasi totale del territorio somalo, soprattutto
nel centro-sud. Al momento è, quindi, difficile capire che piega potranno
prendere gli eventi. In questo momento, pare che le Corti Islamiche abbiano
prevalso e bisognerà capire in che rapporto si mettano con il governo di transizione,
che al momento è a Baidoa.
D. – Come incide tutto questo sul lavoro di
ONG come la vostra?
R. – Ci sono problemi di sicurezza e il
personale espatriato non può recarsi in Somalia. Chi lavora in Somalia ha la
base anche a Nairobi e ci sono voli umanitari che portano il personale
espatriato dal Kenya alla Somalia e nel caso in cui ci sono problemi di sicurezza,
questi voli non vengono effettuati. E’ anche vero che il COSV lavora molto con
personale somalo e con partner somali, per cui non è
sempre detto che la non presenza di personale espatriato significhi che le attività
siano bloccate.
D. – Voi quali progetti avete in corso?
R. – Stiamo sostenendo due progetti sanitari,
uno relativo alla lotta alla malaria e l’altro alla lotta della TBC,
nell’ospedale di Merka, e in due città che si
chiamano Brava e Coriole. Abbiamo poi un progetto di
supporto alla società civile, che significa sostanzialmente supportare le
associazioni locali che lavorano nella regione. Il sistema sanitario di questi
tre ospedali funziona anche con un sistema di sanità di base che,
sostanzialmente, è costituito da piccoli ambulatori che hanno come sistema di
riferimento gli ospedali più grandi. Da poco, poi, abbiamo iniziato un progetto
in collaborazione con un’altra ONG per la riabilitazione dell’acquedotto della
città di Merka.
D. – Una solidarietà che ha dato, tra l’altro,
ottimi risultati…
R. – Un centro sanitario che il COSV ha
aiutato a supportare, a detta di molti, è uno dei migliori della
Somalia. Fatto molto importante poi è supportare le scuole laiche,
perché si possa avere un’educazione e un’istruzione che non sia solamente
quella islamica. E poi è molto bello lavorare con i partner somali, perchè sono
loro che effettivamente si attivano e lavorano per la propria comunità.
D. – Sono molti anni che passi un periodo in
Somalia. Che cosa ti ha colpito di tutti questi viaggi?
R. – Soprattutto la tenacia dei somali. L’ho
rivista soprattutto in questi ultimi due mesi, in una situazione così
difficile, di tensione così alta e di scontri così pesanti, con morti e con
feriti. La volontà è comunque quella di continuare ad andare avanti e non
lasciarsi andare, continuare a lavorare per la propria comunità e per la
propria popolazione, in un Paese in cui da 16 anni non ci sono sostanzialmente
autorità locali o se ci sono, sono negative, perché spesso sono vessatorie.
D. – C’è anche l’impegno in un continuo stato
di guerra…
R. – Sì, cercano di non accettarlo, cercano di
lavorare per la pace e per avere una vita normale: che i propri figli possano
riuscire ad andare scuola, che ci sia un sistema sanitario che funzioni, che ci
siano delle opportunità di lavoro…
D. – Invece, che cosa ti ha insegnato questa
esperienza?
R. – Pensare alla Somalia
e pensare di riuscire ad avere in qualche modo la pace, effettivamente è
abbastanza utopico, però poi viverci e sperimentare che invece anche le piccole
cose sono possibili è veramente molto bello.
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17 luglio 2006
SI CONTANO 50 VITTIME IN UN’ESPLOSIONE, IERI IN
CINA,
ALL’INTERNO DI UNA MINIERA DI CARBONE.
L’INCIDENTE SAREBBE STATO CAUSATO DA UN USO IMPROPRIO DI ESPLOSIVI
PECHINO. = Sono 50 le vittime dell’esplosione
ieri di una miniera clandestina di carbone a Linjiazhuang,
nella provincia di Shanxi, in Cina. Al momento dello
scoppio 64 operai stavano lavorando sottoterra e solo sei sono riusciti a scappare mentre un altro operaio è stato tratto in salvo.
Secondo la televisione di Stato Cctv, a tutt’ora sono
50 i corpi recuperati. L’incidente sarebbe stato causato dall’uso improprio di
esplosivi in una miniera vicina. La polizia avrebbe messo sotto custodia i
manager di entrambe le miniere e congelato i loro conti correnti. Episodi di
questo tipo accadono quasi ogni giorno nelle miniere di carbone cinesi,
l’industria con il più alto tasso d’incidenti mortali al mondo. L’anno scorso
circa 6mila minatori sono morti in esplosioni, alluvioni e altri incidenti – in
totale 3.300 – causati dalla volontà dei proprietari degli stabilimenti di
spingere la produzione oltre i limiti di sicurezza. (T.C)
PICCHIATO
A ROMA DA ALCUNI TASSISTI UN GIORNALISTA. L’EPISODIO SI AGGIUNGE
AI
DIVERSI INCIDENTI VERIFICATISI NEI GIORNI DI MANIFESTAZIONI DI PROTESTA
PER LA
PROPOSTA DI LIBERALIZZARE LE LICENZE
ROMA. = Increscioso episodio oggi a Roma, teatro in questi
giorni delle proteste dei tassisti, dopo la proposta del ministro allo Sviluppo
Economico Pierluigi Bersani di liberalizzare il
sistema delle licenze. Il giornalista del Corriere della Sera
Paolo Foschi, dopo aver subito minacce nei giorni scorsi, è stato
picchiato questa mattina da alcuni tassisti che, riconoscendolo, lo hanno
chiamato per nome e lo hanno malmenato. “Stavo legando il motorino nei pressi
del Circo Massimo - ha detto il giornalista, con il volto visibilmente tumefatto - quando mi sono sentito chiamare e sono stato
aggredito. Fortunatamente sono riuscito a scappare”. Il
giornalista era già stato minacciato nei giorni scorsi: “Alcuni manifestanti mi
avevano preavvertito, dicendomi: “Sappiamo chi sei e dove vivi” – ha raccontato
– erano contro i miei articoli e contro la linea editoriale della testata per
la quale scrivo”. L’incidente di stamani si aggiunge a quelli denunciati
anche in un comunicato da Adusbef e Federconsumatori. “Picchiano giornalisti ed operatori;
intimidiscono … colleghi che vorrebbero lavorare per adempiere
al compito di servizio pubblico; scaraventano giù dalle auto i
noleggiatori con annessi turisti stranieri che dovrebbero andare all’aeroporto;
si permettono impunemente di minacciare e danneggiare anche le auto dei
ministri della Repubblica”, si legge in una nota delle due associazioni. Al
giornalista aggredito è giunta la solidarietà dell’amministrazione capitolina
che ha diffuso la seguente dichiarazione: “Il rifiuto di ogni violenza e il
rispetto del lavoro degli addetti all’informazione sono condizioni basilari
della convivenza democratica. Chiunque violi questi principi non può che
attirarsi la condanna di tutta la comunità civile”. (T.C.)
RINVIATO IN COSTA D’AVORIO IL
CENSIMENTO IN VISTA DELLE ELEZIONI GENERALI
DEL 31 OTTOBRE. IL FRONTE POPOLARE IVORIANO DENUNCIA POSSIBILI
FRODI
ABIDJAN. = È stato ulteriormente rinviato in Costa
d’Avorio l’inizio del censimento della popolazione previsto
per il 13 luglio. La decisione in seguito alle obiezioni sollevate dal Fronte
popolare ivoriano (Fpi), partito del presidente Laurent Gbagbo, ad Abidjan.
L’accusa lanciata al governo in un comunicato dell’Fpi
diffuso ieri, riferisce l’agenzia MISNA, è di “preparare una frode elettorale”
con “una forzatura”, ossia iniziando senza alcun preavviso le operazioni di
identificazione della popolazione necessarie a stilare le liste degli aventi diritto al voto per le elezioni generali del 31
ottobre. “Ci opporremo con ogni mezzo al censimento condotto dal ministro della
Giustizia, Mamadou Koné”,
ha dichiarato Pascal Affi
N’Guessan, esponente dell’Fpi.
N’Guessan accusa Koné di
avere promosso il censimento senza averlo comunicato al Consiglio dei ministri
per soddisfare le esigenze dei ribelli che tuttora controllano la metà nord del
Paese. Mentre nelle altre località le procedure dovrebbero iniziare lunedì, il
primo ministro di transizione Charles Konan Banny ha comunque
annunciato che malgrado il ritardo le operazioni ad
Abidjan partiranno entro oggi. E ha invitato partiti politici e autorità locali
a vigilare sul loro buon svolgimento. La questione spinosa dell’identità
nazionale è in gran parte all’origine della crisi del settembre 2002 e delle
attuali diatribe tra sostenitori del presidente Gbagbo
e gli ex-ribelli. La posta in gioco infatti è notevole
se si considera che, secondo le stime diffuse, circa 3,5 milioni di persone
vivono in territorio ivoriano senza possedere alcun documento d’identità. La
maggioranza di queste persone non registrate alla nascita è originaria dei
Paesi vicini alla Costa d’Avorio. Secondo le nuove disposizioni giuridiche, tra
l’altro, tutte le persone sopra i 13 anni possono ottenere la nazionalità
ivoriana – e dunque prendere parte alle elezioni una volta raggiunta l’età per
votare – se provano che uno dei loro genitori è nato nel Paese. (T.C.)
LA PIÙ GRANDE DISCARICA DI NAIROBI MINACCIA LA
SALUTE DI
UN MILIONE DI PERSONE. AFFIANCATI DA ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE,
ALCUNI CITTADINI HANNO PRESENTATO UNA PETIZIONE ALLA
COMMISSIONE NAZIONALE PER I DIRITTI UMANI
NAIROBI.=
L’inquinamento a Nairobi, capitale del Kenya, sta minacciando la salute di un
milione di persone. Nella parte orientale della città, nell’area di Dandora, un’enorme discarica raccoglie la maggior parte dei
rifiuti solidi urbani prodotti ogni giorno, oltre 1.500 tonnellate. Notevoli le
conseguenze per le 700 mila persone che vivono intorno all’enorme massa di
spazzatura. La discarica già da 5 anni è stata
dichiarata al limite delle sue capacità e i residenti della zona diverse
volte ne hanno chiesto il trasferimento in un luogo con minore densità di popolazione.
Ora è stata presentata anche una petizione alla Commissione Nazionale per i
Diritti Umani. Il documento, che contiene una descrizione dettagliata della
situazione dell’area, offre anche alcune proposte per il recupero del sito. Tra
i sostenitori dell’istanza vi è pure un gruppo di organizzazioni religiose che
denuncia le conseguenze nocive dell’incontrollato deposito di rifiuti. Montagne
enormi di scarti di natura domestica, industriale e medica, vengono infatti continuamente bruciati provocando la permanenza di
nuvole di fumo sulle abitazioni della zona. (A.Gr.)
DA OGGI A SEUL, IN COREA DEL SUD, SI DISCUTE DI
RELAZIONI ECUMENICHE NEI PAESI ASIATICI. IN UN SEMINARIO PRESIEDUTO DAL
CARDINALE WALTER KASPER
SI AFFRONTERÀ ANCHE IL TEMA DELLA CRESCITA DEI NUOVI MOVIMENTI RELIGIOSI
SEUL. = Vuole dare l’opportunità di riflettere sulle
relazioni ecumeniche nei Paesi asiatici e di sviluppare efficaci approcci
pastorali, specialmente a riguardo del problema del Pentecostalismo,
il seminario sull’ecumenismo che si è aperta oggi a Seul, nella Corea del Sud.
Organizzato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani
e dall’Ufficio per le Questioni Ecumeniche ed Interreligiose
della «Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa» (Federation of Asian Bishops’ Conferences, FABC) e dalla Conferenza Episcopale della Corea, l’incontro sarà
presieduto dal cardinale Walter Kasper. Il seminario,
che si concluderà il 21 luglio, tratterà il tema: «La ricerca dell’unità dei cristiani:
dove siamo giunti oggi». Si tratta di una iniziativa
che rientra nell’ambito di una serie di seminari organizzati dal Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani per i vescovi e altri
responsabili del dialogo ecumenico. I primi due hanno avuto luogo in Africa
(Nairobi, Kenya, 3–9 luglio 2005, e Dakar, Senegal, 10–16 luglio 2005), con
l’intento di presentare i principi dell’ecumenismo e motivare i partecipanti a
rispondere alla complessa situazione ecumenica di quel continente. Un terzo seminario
si è tenuto a São Paulo, in Brasile, dal 19 al 22
settembre 2005, incentrato sulla questione del Pentecostalismo
e della sua crescita. L’iniziativa dei seminari intende rispondere al bisogno,
espresso dagli stessi vescovi, di trovare una risposta pastorale alle sfide
emergenti, in particolare la rapida crescita di nuovi movimenti religiosi
(pentecostali, evangelisti e carismatici). (T.C.)
IL CAPO SUPREMO DEI MAORI DELLA NUOVA
ZELANDA TUMU TE HEUHEU ELETTO
PRESIDENTE DEL COMITATO PER IL PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO
SYDNEY. = È il capo supremo dei maori della Nuova Zelanda Tumu Te Heuheu il nuovo
presidente del Comitato per il patrimonio mondiale dell’Unesco.
Lo riferisce oggi il New Zealand Herald,
sottolineando che si tratta della prima volta che un rappresentante di una
popolazione indigena ricopre tale incarico. La nomina di Te Heuheu
è stata annunciata ieri alla riunione del Comitato per il patrimonio mondiale
dell’Unesco in Lituania,
nel corso della quale sono stati aggiunti alla lista del patrimonio mondiale 18
nuovi siti che si trovano in Africa, Asia, Europa e Sudamerica.
Te Heuheu avrà ora il compito di selezionare,
finanziare e monitorare gli 830 siti dichiarati parte del patrimonio culturale
e naturale di tutto il mondo. Del patrimonio dell’Unesco,
che opera dal 1972, fa parte anche un parco naturale donato al governo della Nuova Zelanda nel 1887 da un antenato di Te Heuheu, il capo Te Heuheu Tukino IV. Si tratta del primo parco nazionale della Nuova Zelanda ed il quarto al mondo in ordine di
tempo. Il dono originario di 2.640 ettari è stato poi ampliato in un parco di
quasi 80 mila ettari, il Tangariro National Park, entrato nella lista Unesco
nel 1990. (T.C.)
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17 luglio 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata -
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Anche i leader dei Paesi emergenti si sono uniti alla
dichiarazione finale del G8 sulla crisi in Medio Oriente. Il livello di
preoccupazione rimane alto. “Una tregua subito per permettere il dislocamento
di una forza internazionale di stabilizzazione nella regione” è l’appello del
segretario dell’ONU, Kofi Annan,
e il britannico Blair ha sottolineato la richiesta
che “il cessate il fuoco avvenga in termini rapidissimi”. “La dichiarazione del
G8 di ieri aiuterà a calmare la situazione” è l’opinione dell’americano Bush, che, però, ha aggiunto che gli Hezbollah,
aiutati dalla Siria e finanziati dall’Iran, intendono fermare il processo di
pace. Si iniziano ad identificare le vere radici del conflitto. Assai più caute
le valutazioni del russo Putin, che ha ottenuto che
nella dichiarazione non si incolpasse alcuna delle parti in causa. Oggi è stata
la giornata dedicata ai Paesi emergenti: fra questi Cina,
Brasile, Messico, India e Sud Africa, che vedono a San Pietroburgo confermato
il loro ruolo crescente nella comunità internazionale. Da tempo gli esperti si
interrogano se sia venuto il momento di far entrare stabilmente anche questi
Stati nel club dei Paesi più industrializzati del mondo. Il pericolo del
terrorismo è stato uno degli argomenti trattati. I recenti attentati di Bombay,
definiti un atto barbaro da tutti i leader presenti, impongono di non abbassare
la guardia. Piena adesione poi ai documenti definiti dal G8 nella sua agenda
“sforzi comuni per terminare le trattative per il patto di Doha”.
Da San Pietroburgo, per la Radio Vaticana, Giuseppe
D’Amato.
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Ennesima carneficina in Iraq. Sono almeno 55 i morti e decine i feriti per un attentato avvenuto oggi in
un mercato di Mahmudia, a sud di Baghdad. Il nostro
servizio:
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Le circostanze dell’attentato non sono ancora del tutto chiare. Fonti ministeriali parlano di un'autobomba
che ha devastato il mercato della piccola cittadina, tuttavia testimoni sul
luogo riportano di colpi di mortaio caduti sulla zona, seguiti da un attacco
violento di uomini armati. L’ultimo bilancio provvisorio è di 55 morti. Mahmudia è situata nel cosiddetto triangolo della morte,
denominato così per l’alto numero di attacchi contro le truppe USA e contro la
popolazione. Lo scorso mese di marzo sei soldati americani sono stati incriminati
per lo stupro di una ragazzina di 14 anni e l’uccisione dei
genitori avvenuto in questa cittadina. Intanto sale a 28 morti il nuovo
bilancio dell’attentato suicida che ieri sera ha colpito un caffè della città
di Touz Khormatu, nel nord
del Paese. E’ sempre di ieri la notizia del rapimento, a Baghdad, del
presidente della compagnia petrolifera North Oil
Company. Si tratta di un grosso colpo contro il settore petrolifero iracheno, vitale
per il Paese. Intanto la Commissione europea ha nominato oggi il capo della neo delegazione europea nel Paese arabo. La nomina rappresenta un
segnale forte dell’impegno europeo al fianco del governo e della popolazione
irachena “nel loro tentativo di ricostruire il Paese”.
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La violenza non si placa in Afghanistan. Un’esplosione,
avvenuta oggi nel dipartimento di giustizia della travagliata provincia di Helmand, ha causato la morte di due dipendenti e ne ha
feriti altri tre. Secondo le prime informazioni non è ancora chiaro se
l’esplosione sia stata causata da un attentatore suicida o da un ordigno. Poco
prima, le forze afghane e statunitensi avevano
comunicato l’uccisione di 4 presunti membri di al
Qaeda e l’arresto di altri tre terroristi, nella provincia di Khost, al confine con il Pakistan. Intanto, il ministro
della Difesa di Kabul, in un’intervista al “Financial Times”, ha affermato che la guerriglia talebana ha i mesi contati perchè non può sopportare
perdite così ingenti. Inoltre, secondo fonti di
intelligence, molti capi sarebbero fuggiti in Pakistan.
E’ indispensabile ricontare i voti scheda per scheda. E’
quanto ribadito ieri in Messico da Lopez Obrador, il candidato del Partito della rivoluzione
democratica uscito sconfitto alle presidenziali del 2 luglio scorso. Di fronte
ad almeno 800 mila persone, radunate nel cuore di Città del Messico, Obrador ha chiesto di “iniziare
la resistenza pacifica per difendere la democrazia” in tutto il Paese al fine
di chiarire i risultati elettorali, che per solo lo 0,58% hanno assegnato la
vittoria al suo rivale, il candidato conservatore Felipe
Calderon. Per ottenere un nuovo spoglio, Obrador ha annunciato l’apertura di una serie di ‘centri
dei cittadini’ nei circa 300 distretti elettorali del
Paese e la nascita di un comitato per lanciare “azioni di resistenza pacifica
civile”, senza precisare però le iniziative alle quali punta. Una nuova manifestazione è stata prevista per il 30 luglio
prossimo.
E’ salito a 156 morti il bilancio delle
vittime del ciclone Bilis, che dopo le Filippine e Taiwan,
si è abbattuto nelle province sud della Cina.
L’agenzia Nuova Cina riferisce che il ciclone ha provocato il collasso del
sistema dei trasporti nel Guangdong, provincia più industrializzata
del Paese. La provincia più colpita è invece quella dell’Hunan,
dove 78 persone sono morte e cento sono ancora date per disperse.
Almeno una ventina di persone sono morte in
inondazioni provocate da piogge torrenziali nella Corea del Sud. Ne ha dato
notizia oggi a Seoul l’Ente di Protezione civile,
precisando che vi sono anche una trentina di dispersi. Le zone più colpite sono
nella parte nordorientale e centrale del Paese, dove
continua a piovere da quattro giorni. In particolare, inondazioni e frane hanno
messo in ginocchio la provincia di Gangwon, dove si
contano 2.500 senzatetto.
Almeno cinque persone sono morte in Indonesia a causa di
onde anomale che stamani hanno investito alcuni edifici sulla costa meridionale
dell’isola di Giava. Lo ha reso noto il presidente
indonesiano. Solo in mattinata, dopo un pesante sisma
di 7.2 gradi della scala Richter, registrato al largo
dell’Indonesia, gli specialisti avevano lanciato l’allarme tsunami
in alcune regioni dell’Indonesia e dell’Australia.
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