RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 197 - Testo
della trasmissione di domenica 16 luglio
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Bilancio
2005 dell’organizzazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”
16 luglio 2006
- Con
noi Salvatore Mazza -
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Di fronte alla drammatica
escalation di violenza, il Papa esprime la sue “nuove gravi preoccupazioni”, in
particolare - dice - per l’estendersi di azioni belliche in Libano e per le numerose
vittime tra la popolazione civile. Benedetto XVI, nella quiete della montagna,
pronuncia parole forti di viva apprensione e parla di “spietate
contrapposizioni”, spiegando:
“All’origine vi sono purtroppo oggettive situazioni di violazione del
diritto e della giustizia. Ma “né gli atti terroristici né le rappresaglie,
soprattutto quando vi sono tragiche conseguenze per la popolazione civile,
possono giustificarsi”.
Per poi pronunciare parole che sono un monito e un appello: “Come
l’amara esperienza dimostra – sottolinea Benedetto XVI - su simili strade non
si arriva a risultati positivi”.
Concreto l’auspicio: riportare
i responsabili politici sulla via della ragione ed aprire nuove possibilità di
dialogo e di intesa. Ma non è solo un auspicio: nelle parole del Papa si fa
profonda preghiera a “Maria, Regina della Pace, perché impetri da Dio il
fondamentale dono della concordia”.
“In questa prospettiva invito le Chiese locali ad elevare speciali
preghiere per la pace in Terra Santa ed in tutto il Medio Oriente”.
Ricorda che oggi è “giorno
dedicato alla Madonna del Carmelo, Monte della Terra Santa che, a pochi
chilometri dal Libano, domina la città israeliana di Haifa,
anch’essa ultimamente colpita”.
D’altra parte, tutta la
preghiera dell’Angelus è preghiera mariana e proprio
per questa preghiera e per incontrare il Papa si è raccolta una moltitudine di
gente sul prato di Les Combes.
Ai fedeli, prima della preghiera, il Papa innanzitutto esprime la sua “gioia di trascorrere un periodo di
riposo, in Valle d’Aosta, nella casa che tante volte ha ospitato l’amato
Giovanni Paolo II”. Sottolinea di essere immerso in uno stupendo panorama
alpino che aiuta a ritemprare il corpo e lo spirito, e si dice contento di
vivere l’incontro che definisce, e dunque sente, come “familiare”. Saluta,
iniziando dal vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi,
e dal cardinale Severino Poletto,
tutti i sacerdoti, religiosi e religiose sul territorio, e poi le
autorità locali. Con un grazie particolare ai Salesiani che hanno messo a disposizione
la casa dove risiede e sul prato di fronte alla quale recita l’Angelus questa
domenica e poi la prossima.
Per una felice coincidenza – afferma il Papa - l’odierna
domenica cade il 16 luglio, giorno in cui la liturgia ricorda
“Maria aiuti ogni
cristiano a incontrare Dio nel silenzio della preghiera”.
Tra i saluti in diverse lingue, il pensiero “con affetto”
alle persone e ai gruppi italiani, in particolare i partecipanti al corso di
formazione organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana per animatori della
pastorale familiare. “Mentre è ancora vivo il ricordo dell’Incontro Mondiale
delle Famiglie recentemente svoltosi a Valencia, in Spagna, - dice il Papa -
rinnovo l’incoraggiamento alle famiglie cristiane, perché sappiano vivere e
trasmettere con gioia la fede alle nuove generazioni”.
Infine, le parole di saluto del Papa in
'patois', il dialetto francofono che si parla
nelle valli valdostane. “Sono contento di essere di nuovo qui con voi”, ha
detto il Pontefice che poi ha raccomandato i fedeli alla Vergine Maria.
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R. – E’ stato un impatto sicuramente molto forte, anche
per la durezza delle parole del Papa, che ha ribadito come gli atti
terroristici e le rappresaglie possano in nessun modo
giustificarsi e come su queste strade non si arrivi mai a risultati positivi.
Certamente il Papa sta pensando molto in questi giorni alla situazione in Medio
Oriente e ne ha parlato anche l’altro giorno, due minuti, incontrando i
giornalisti. Ne aveva parlato alle suore carmelitane di Quart,
andandole a trovare e affidando alla loro preghiera la pace in Medio Oriente.
D. – D’altra parte, invece, il Papa ha speso parole di
ringraziamento e ha definito familiare l’incontro con
la gente del luogo, ringraziando per lo splendido panorama che lo aiuta nel
riposo e nello studio di questi giorni. Ha avuto parole anche molto affettuose…
R. – Tra l’altro sono state parole improvvisate. Non erano
nel testo, che era stato distribuito poco prima ai giornalisti. Si è visto che
queste parole di ringraziamento venivano proprio dal cuore del Papa, per la
quiete, per la discrezione con cui queste sue vacanze sono state quasi
‘coccolate’ dalla popolazione valdostana. Ci sono veramente mille piccole
attenzioni, oltre a quelle che sono le cose naturali, la quiete naturale che
circonda il Papa, che credo rendano veramente preziose queste giornate di
Benedetto XVI.
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16 luglio 2006
ALMENO 9 MORTI AD HAIFA, IN ISRAELE, PER UN
ATTACCO DEGLI HEZBOLLAH.
MENTRE
A BEIRUT SI SONO REGISTRATI NUOVI RAID ISRAELIANI
-
Intervista con padre Justo Lacunza
-
La
crisi in Medio Oriente continua ad essere segnata da durissimi scontri: le
ultime notizie riferiscono di un attacco degli Hezbollah
ad Haifa e di nuovi raid
israeliani su Beirut. Intanto, il premier libanese, Fuad
Siniora, ha ricevuto una telefonata dal presidente
del consiglio italiano, Romano Prodi, che partecipa al G8 di San Pietroburgo che gli ha riferito le condizioni di Israele
per un cessate il fuoco: la liberazione dei soldati israeliani rapiti dagli Hezbollah mercoledì scorso e il ritiro dei guerriglieri
sciiti dalle aeree di frontiera. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Haifa, terza città di Israele, è stata bombardata dagli Hezbollah: almeno nove persone sono morte in seguito ad
attacchi contro una raffineria e una stazione ferroviaria. Secondo il ministro dei Trasporti israeliano, Shaul Mofaz, i razzi sono stati forniti dalla Siria. Poco dopo l’attacco, il movimento sciita libanese ha annunciato nuove azioni contro Haifa e ha avvertito che le prossime azioni “non
risparmieranno alcun obiettivo”. La reazione israeliana è stata ferma ed
immediata: nuovi bombardamenti hanno scosso Beirut, dove è stato attaccato un
ufficio di rappresentanza di Hamas e, a sud, è stata colpita una
importante centrale elettrica. Secondo fonti locali, almeno 5 civili
libanesi sono morti sotto le macerie di un’abitazione. Le forze armate
israeliane hanno ordinato, poi, alla popolazione libanese di abbandonare il sud
del Libano. Si sospetta anche l’uso di sostanze nocive: secondo un’emittente
privata libanese, Israele avrebbe usato, infatti, sostanze internazionalmente
vietate durante raid contro alcuni villaggi. Sul versante politico, il premier
israeliano Ehud Olmert ha
dichiarato che lo Stato ebraico “non ha alcuna intenzione” di cedere alle
minacce degli Hezbollah, che conducono “una guerra
criminale” contro il popolo israeliano. Olmert ha
anche detto che gli attacchi contro Haifa avranno
“conseguenze di vasta portata” per il Libano. Sull’altro fronte, il premier libanese, Fuad Siniora, ha chiesto alle
Nazioni Unite di imporre un “cessate il fuoco totale e immediato” e ha
annunciato una possibile svolta: il primo ministro libanese si è detto pronto infatti ad estendere, con la cooperazione dell’ONU,
l’autorità dello Stato anche nel sud del Paese, finora roccaforte degli Hezbollah. Ma Israele ha già precisato che la proposta del
premier libanese verrà presa in considerazione solo se
gli Hezbollah rinunceranno ad ogni rivendicazione nel
sud del Libano. Dallo scenario della crisi mediorientale emergono, infine,
altre due nette posizioni: quelle di Iran e Siria. Il governo di Teheran ha avvertito che se la Siria sarà attaccata, Israele
“avrà perdite inimmaginabili”. La guida suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei, ha elogiato gli Hezbollah
aggiungendo che i miliziani non verranno disarmati
perché godono dell’appoggio del popolo libanese. Il presidente siriano, Bashar Al Assad, ha offerto, poi,
il sostegno della Siria al Libano “in termini di aiuto materiale e umanitario”.
Il capo di Stato libanese, il filo siriano Emile Lahoud, ha ringraziato la Siria e ha assicurato che il
Paese dei cedri si “sta impegnando con tutte le sue
forze per opporsi agli attacchi”.
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E
l’aggravarsi della crisi mediorientale monopolizza i lavori del G8 a San Pietroburgo, in Russia. Mentre si attende una dichiarazione
congiunta sulla situazione in Medio Oriente, il presidente
statunitense, George Bush,
e alcuni dei suoi principali interlocutori hanno invitato, pur con toni
diversi, Israele alla moderazione per ridurre le sofferenze dei civili. Gli
“Otto grandi” hanno anche espresso il loro sostegno alla missione delle Nazioni
Unite inviata nella regione per disinnescare la crisi tra Israele e Libano. Il
servizio di Giuseppe D’Amato:
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Moderazione ed un
cessate il fuoco duraturo in Medio Oriente. Questi i due punti che stanno
emergendo dal vertice di San Pietroburgo e su cui
stanno lavorando gli “Otto grandi”. “Israele ha tutto il diritto di difendersi
- ha ripetuto il presidente Bush - ma deve essere cosciente delle conseguenze”. Secondo
l’amministrazione americana, Iran e Siria agiscono come “ostacoli alla pace”.
Il Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, parla di necessità di porre le basi per un “cessate
il fuoco sostenibile”. Un appello alla “moderazione”, è stato, poi, lanciato
dal presidente francese Chirac, che rimarca come sia
necessario difendere “la sicurezza e la sovranità del Libano”. Il ministro
degli Esteri russo, Lavrov, si attende “nuove provocazioni”.
Il britannico Blair chiede agli altri leader una
posizione comune per la crisi e sottolinea che “si devono affrontare le cause
del problema”. Intanto, va avanti l’agenda programmata dei lavori. Il piano per
la sicurezza energetica è stato approvato, ma varie fonti mettono in evidenza
le differenze su argomenti importanti come i cambiamenti climatici e l’energia
nucleare. Gli Otto appoggiano l’idea russa di creare centri per l’arricchimento
dell’uranio per scopi civili sotto il controllo dell’Agenzia atomica
internazionale.
Da San Pietroburgo, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Sulla
crisi mediorientale, gravemente alimentata dall’apertura del fronte libanese,
ascoltiamo al microfono di Luca Collodi padre Justo Lacunza, del Pontificio istituto di studi arabi e islamistica.
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R. – Per me era quasi scontato che in una situazione di
grave crisi in Medio Oriente, le provocazioni di Hamas avrebbero portato ad
un’alleanza tra il gruppo radicale palestinese e gli Hezbollah.
Un’alleanza segnata, poi, da un chiaro collegamento con la Repubblica islamica
dell’Iran. La situazione è molto preoccupante perché si sono aperti, ormai,
diversi fronti in Medio Oriente: a quello tra Gaza e Israele si è aggiunto il
fronte tra il Libano e lo Stato ebraico. E questo è uno scenario nel quale sono
in pericolo non soltanto il progresso di ogni tentativo di pace, ma quello
della convivenza civile. C’è un’altra riflessione da fare: la sovranità dello
Stato del Libano non ha permesso tuttavia al governo libanese, il cui
Parlamento è composto da 125 deputati, di cui 36
membri Hezbollah, di neutralizzare la formazione
sciita. Non è stato impedito agli Hezbollah di
costituire uno Stato indipendente all’interno del Libano. Questo è preoccupante.
Si tratta, da una parte, del diritto all’esistenza da parte dello Stato di
Israele e anche da parte dei palestinesi: colpire Israele significa colpire
indirettamente i palestinesi e tutto il Medio Oriente.
E’ questo che noi dobbiamo capire. Il riconoscimento dello Stato d’Israele
significa riconoscere i diritti dei palestinesi, non il contrario, significa
riconoscere l’indipendenza e la sovranità del Libano, riconoscere
l’indipendenza e la sovranità della Giordania e della Siria. Partendo da queste
premesse, penso che dovremmo vedere la situazione.
D. – Padre Lacunza, quali le
eventuali responsabilità iraniane in questa crisi?
R. – Il movimento degli Hezbollah
è nato qualche anno dopo la nascita formale della Repubblica islamica. Senza
l’Iran, gli Hezbollah non avrebbero ricavato tre
importanti spazi: un ambito politico costituzionale in Libano; uno spazio
religioso islamico nel quadro del Libano e del Medio Oriente e un ruolo di
interlocutore internazionale. Questo, dunque, non sarebbe stato possibile senza
il legame profondo e storicamente provato degli Hezbollah
con l’Iran.
D. – Padre Lacunza, ci sono
precise colpe della comunità internazionale per quanto sta avvenendo in Medio
Oriente?
R. – Mi ferisce moltissimo e mi lascia molto perplesso
l’indifferenza e, in molti casi, l’apatia della comunità internazionale. Si
fanno delle grandi dichiarazioni per un bisogno di dialogo, di pace, di
sviluppo. Ma per fare dei passi concreti bisogna conoscere quali siano le vere motivazioni, le vere ragioni di tutto quello
che accade in Medio Oriente. Purtroppo, non siamo molto aggiornati. C’è
un’altra questione che mi preoccupa molto. Adesso abbiamo almeno tre grandi
zone di guerra: quella irachena, afghana e
mediorientale. Questo vuol dire meno sicurezza, un aumento dei prezzi del
petrolio; i nostri occhi punteranno verso il Medio Oriente, visto non come la
regione della Terra Santa, ma come un teatro di guerra. Tali questioni sono
molto preoccupanti, perchè non si intravede una via d’uscita. Io mi auguro che
la comunità, le nazioni indipendenti si impegnino con tutte le loro forze per
risolvere le questioni del Medio Oriente. E dobbiamo parlare in continuazione
del Medio Oriente, perchè da questa terra, dalla pace di questa terra, dipende
il nostro futuro.
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I
PARTECIPANTI AL VI SIMPOSIO 'RELIGIONE, SCIENZA E AMBIENTE',
IN
CORSO IN BRASILE, HANNO LASCIATO IERI LA CITTÀ DI MANAUS PER SPOSTARSI
PIÙ A
EST, NEL CUORE DELLA FORESTA AMAZZONICA
Il VI Simposio 'Religione, Scienza e Ambiente',
in corso in Brasile, ha lasciato ieri la città di Manaus per spostarsi più a
est, nel cuore della foresta amazzonica. A guidare i 200 delegati, il Patriarca
ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Il servizio della nostra inviata in Amazzonia, Giada Aquilino:
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Da Manaus a Santarém
e da qui nel cuore della Foresta nazionale amazzonica. Un viaggio in aereo
lungo il corso del Rio delle Amazzoni, là dove tra acqua e bosco non c'è
confine, e sorvolando le zone della deforestazione, quelle in cui un giorno
c'era vegetazione selvaggia e oggi solo sterpaglia.
Poi l'arrivo a Santarém, con la calorosa accoglienza
del vescovo locale, Dom Lino Vomboemmel,
e dell'arcivescovo di Belém, mons. Orani João Tempesta, riservata al
Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Con loro, ancora una
volta, il cardinale Etchegaray, presidente emerito
dei Pontifici Consigli della Giustizia e della Pace e Cor Unum, e il cardinale
Geraldo Majella Agnelo,
presidente della Conferenza episcopale brasiliana. Infine il trasferimento a Maguarì, un centinaio di km più a sud. Qui, dove la foresta
si lascia scoprire con difficoltà, sono arrivati Bartolomeo I e i 200
partecipanti al Simposio, per incontrare le comunità indigene della foresta
pluviale, a pochi metri dal Rio delle Amazzoni. In un'area in cui in un anno le
stagioni sono solo due, quella delle piogge e quella del caldo, con un 95% di
umidità, la gente si procura da vivere lavorando il lattice che ricava dagli
alberi e producendo materiale in ecopelle.
All'insegna di una civiltà e di una cultura così lontane dal mondo moderno,
quello globalizzato, che in Amazzonia
ha creato più danni che progressi. Poco fuori Manaus,
intanto, si prepara la cerimonia, a cui parteciperanno tutti gli esponenti
religiosi presenti, per la benedizione del Rio Negro e del Rio Solimoes, nel punto in cui le loro acque si incontrano,
dando vita al grande Rio delle Amazzoni.
Da Santarém, Giada Aquilino, Radio Vaticana.
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I
DRAMMI E LE POTENZIALITA’ DELL’AFRICA NEL RACCONTO DI PADRE JEAN ILLUDO,
DA 20
ANNI IN MISSIONE TRA CAMERUN, COSTA D’AVORIO E KENYA E
DA DIVERSO
TEMPO
CONSULENTE PER IL CONTINENTE AFRICANO DELLA COMPAGNIA DI GESU’
E’ definito il terzo mondo, eppure possiede una ricchezza
naturale senza uguali. E’ uno dei territori più antichi della terra e la razza
umana ha iniziato la sua evoluzione proprio qui, eppure la sua popolazione è
stata oggetto di tratte e schiavitù. Stiamo parlando dell’Africa, un continente
pieno di contraddizioni e con una storia molto travagliata, in cui a dominare è
soprattutto la povertà. Padre Jean Illudo all’Africa
ha dedicato la sua vita. Nato in Burkina Faso, è stato 20 anni in
missione tra il Camerun,
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R. – In questi 40 anni
ci sono stati molti cambiamenti in Africa: si è passati dal periodo coloniale
agli anni Sessanta, gli anni dell’indipendenza caratterizzati da un forte
desiderio di sviluppo; fino ad arrivare ai giorni d’oggi segnati dal problema
dei rifugiati e dei conflitti in diversi Paesi dell’Africa e dalla continua
sfida alla malattia dell’AIDS. I problemi maggiori del continente africano
sono, infatti, la lotta all’AIDS, la povertà e i conflitti, che hanno portato
molti a lasciare le proprie case per fuggire da queste situazioni di guerra.
Questo sono le situazioni che, purtroppo, viviamo in Africa.
D. – Quanto hanno
inciso in tutte queste guerre, i governi, la povertà della popolazione e,
invece, la ricchezza naturale che hanno molti Paesi e molte zone dell’Africa?
R. – Queste ricchezze
non possono certamente aiutare la popolazione quando
manca una stabilità politica e una visione di sviluppo di questi stessi Paesi.
Prendiamo, ad esempio, il caso dell’Angola, caratterizzata per più di 20 anni
da una guerra civile. Si tratta di un Paese molto ricco, che ha però una grande
povertà, proprio perché durante la guerra non è possibile nessun tipo di
sviluppo. Prendiamo il caso del Congo Democratico che
ha una ricchezza grande, ma anche in questo Paese non ci sono strade, perché ha
un governo che per molti anni non ha avuto una visione di sviluppo del Paese e,
quindi, tutte queste ricchezze non sono certo riuscite ad aiutare la gente nel
suo insieme.
D. - Quanto possono
fare e quanto hanno fatto la Chiesa e le Organizzazioni uma-nitarie per aiutare
lo sviluppo del continente?
R. – Già negli anni
dell’indipendenza,
D. – Quindi, aiuti
mirati a seconda delle necessità?
R. – Sì, come in Burkina Faso, dove una ONG ha realizzato il progetto di costruire 100 pozzi per
l’acqua potabile, riuscendo così a coprire l’82 per cento del fabbisogno di
acqua potabile in questa regione. Certo che sono necessari aiuti mirati soprattutto
riguardo alla salute, all’educazione, all’agricoltura, perché questi
rappresentano veramente dei grandi bisogni. La popolazione soltanto così vede
dei reali cambiamenti e questi aiuti mirati fanno sì che la popolazione cominci
a prendersi cura di quello che viene realizzato, come
nel caso del Burkina Faso,
dove sono stati formati dei giovani per prendersi cura di questi pozzi.
D. - In base alla sua
esperienza, quali sono i problemi di questo continente che lo fanno rimanere un ‘terzo mondo’?
R. - La mancanza di
un’educazione, di salute, e dunque anche di slancio dei giovani per la
costruzione e la realizzazione di un qualcosa: tutto questo fa sì che rimaniamo
un continente povero.
D. – A questo punto
cosa prevede per il futuro?
R. – Se in Africa un
certo numero di persone, coscienti della situazione, con una certa creatività
ed un certo slancio si impegnano, allora sì avremmo una possibilità di sviluppo.
Un altro punto importante di sviluppo che io vedo è quello del campo delle
comunicazioni e di Internet: l’Africa, anche nella sua povertà, non è
completamente tagliata fuori. Sono molti i giovani che sono in contatto con
l’Europa e con il resto del mondo attraverso l’utilizzo di Internet. I giovani
vogliono dunque imparare delle cose e fanno tutto in loro possesso per essere
in contatto con il resto del mondo.
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IL
SECOLO DEL BAROCCO E I SUOI CAPOLAVORI A ROMA, TRA ARCHITETTURA
E
DECORAZIONI: NELLA MOSTRA ALLESTITA A CASTEL SANT’ANGELO
- Intervista con Paolo Portoghesi e Claudio Strinati -
Sarà visitabile fino ad ottobre, a Castel
Sant’Angelo, la mostra “Roma Barocca”. Un binomio, quello tra
il Barocco e
ragioni storiche e culturali sembra davvero indissolubile. L’esposizione
esplora i più significativi luoghi della città, così come si venne plasmando
lungo il corso del ‘600: un secolo che per lo sviluppo
urbanistico di Roma fu davvero decisivo. Il servizio di Andrea Rustichelli:
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Furono in particolare tre i Papi
del Barocco: Urbano VIII Barberini, Innocenzo X Pamphilj e Alessandro VII Chigi.
I loro nomi rilanciano quelli di una triade celeberrima: Bernini,
Borromini e Pietro da Cortona,
che fece del Barocco romano l’emblema ineguagliato dell’arte intesa come
meraviglia, spettacolo e invenzione continua.
Oltre ai capolavori architettonici e ai grandi cicli decorativi, la mostra
documenta aspetti meno noti: è il caso della sperimentazione del cosiddetto
“barocco interrotto”, opere, cioè, rimaste sulla carta per scelta dei
committenti o per mancanza di risorse.
E se il Barocco è anche e soprattutto un sistema culturale, sono utili alla sua
comprensione le sezioni che fanno luce sulle arti decorative, sulla musica e
sulla scienza. Sentiamo Paolo Portoghesi, che con
Marcello Fagiolo ha curato la mostra:
R. – Il Barocco è l’arte della meraviglia e quindi la
meraviglia non si estingue, direi anzi che resiste al tempo. Quello che è
rimasto e che dà ancora una forte emozione a noi contemporanei è, per esempio,
questa armonia con la natura, raggiunta attraverso l’invenzione. Una scoperta
della natura non come dominio assoluto dell’uomo, ma come qualcosa nei
confronti della quale l’uomo deve scegliere un rapporto.
Sentiamo ora Claudio Strinati,
sovrintendente al Polo museale romano,
sull’importanza del mecenatismo papale per lo sviluppo del Barocco:
R. – Il Barocco nasce proprio a seguito di certe
committenze papali e quindi la spinta a far sì che nascesse
una struttura architettonica, fino a qual momento non praticata, viene proprio
dall’impulso del Papato: un Papato che è ancora umanistico e che soprattutto
con Urbano VIII vede sul trono di Pietro un grandissimo intellettuale e un
grandissimo studioso. E’ proprio dall’elaborazione che avviene all’interno
della Curia che nasce l’esigenza di una riproposta della grande prospettiva
umanistica, trasformata però in un flusso vivente di energia, di potenza e di
magnificenza, che poi noi chiameremo solo successivamente ‘barocco’.
D. – C’è un’essenza accomunante, al di là di tutte le
opere sublimi che il barocco ci ha lasciato? Come, lei personalmente,
definirebbe il Barocco?
R. – La immissione nel tessuto
della città antica di una energia che reclama la presenza e la potenza della
contemporaneità. Il barocco è una grande struttura di immagini che si è calata
su una città antica, facendolo però in modo organico: non ha contraddetto la
città, ma l’ha esaltata.
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16 luglio 2006
L’ITALIA ORGANIZZERA' UN FORUM MONDIALE SU
EDUCAZIONE E RICERCA:
E’ UNA
DECISIONE PRESA NELL’AMBITO DEL G8, CHE HA DOVUTO OCCUPARSI
SOPRATTUTTO
DELLA CRISI IN MEDIO ORIENTE, MA CHE AVEVA IN AGENDA ANCHE ALTRI TEMI
IMPORTANTI COME QUELLO DELL’EDUCAZIONE E DELL’ENERGIA
SAN PIETROBURGO. = L'Italia organizzerà un Forum mondiale
con l'obiettivo di individuare le linee centrali per uno sviluppo efficace dei
sistemi educativi nelle società avanzate. E’ quanto si legge nel documento
finale sull’educazione approvato oggi dal G8 di san Pietroburgo.
Il Forum mondiale sarà organizzato in collaborazione con l'UNESCO sul tema:
“Educazione, innovazione e ricerca, una nuova partnership per uno sviluppo
sostenibile”. Il lungo documento sul futuro del sistema educativo si apre con
la sottolineatura che “l’educazione è il cuore del progresso umano” e ricorda
che “una società innovativa prepara la sua gente ad affrontare i cambiamenti”.
Gli Otto grandi si impegnano a “sviluppare e integrare” tutti e tre gli
elementi “del triangolo della conoscenza”, cioè educazione, ricerca ed
innovazione. Ricordano inoltre che l’educazione crea “reciproca comprensione”;
bisogna quindi creare “networks di ricerca” e “più
alti livelli educativi” per i quali vale la pena fare forti investimenti. E c’è
poi l’altra importante questione sulla quale i Paesi del G8 si sono pronunciati
con un documento, l’energia. Il mondo sta affrontando sfide di natura globale
con una “crescente interdipendenza” nel settore dell'energia – si legge – e
servono “partnership rafforzate” tra produttori, consumatori e Paesi di
transito per raggiungere una “sicurezza energetica globale”. Gli otto Grandi
affermano anche che lo sviluppo di un mercato dell'energia globale
“trasparente, efficiente e competitivo” è la strada migliore da seguire per
raggiungere l'obiettivo della sicurezza. (F.S.)
In India il cardinale toppo, dopo il 5° Incontro
mondiale delle famiglie,
invita i fedeli ad una maggiore condivisione del
tempo in famiglia e spera
in un più ricco contributo asiatico al prossimo
raduno
RANCHI. = L’apostolato della
famiglia “dovrebbe essere uno degli argomenti al primo posto dell’agenda
pastorale della Chiesa”. Lo ha affermato in questi giorni il cardinale Toppo,
arcivescovo di Ranchi, che, di ritorno in India dal
5° Incontro mondiale delle famiglie di Valencia, in Spagna, ha precisato come
la Chiesa nel Paese asiatico debba impegnarsi di più ad assistere le famiglie.
Secondo quanto riporta l’agenzia Asia News, il porporato ha anche auspicato un
maggiore contributo asiatico per arricchire il prossimo raduno. Per il
cardinale Toppo, l’incontro di Valencia ha suggerito, tra l’altro, che il tempo
è vita e non denaro, come comunemente si pensa. Molte volte però, i genitori,
presi dai ritmi della vita quotidiana, non hanno tempo per loro stessi o per i
figli, come a volte capita che i figli stessi non partecipino alla vita
familiare. Questo – osserva il porporato – “è una sindrome che indebolisce le
nostre famiglie”. Tuttavia, il cuore della vita familiare è l’amore. “Se
l’amore si perde – precisa - il futuro della nostra società e quello della
Chiesa sono in pericolo”. La famiglia, del resto, è la scuola dove si apprende
la fede e “nelle nostre famiglie - conclude - le generazioni più giovani
dovrebbero essere più coinvolte nella fede e spinte a condividerla con altri”.
(E.B.)
circa 6 mila PROGETTI di sostegno IN 145 PAESI.
Questo il bilancio 2005 dell’organizzazione “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE”
ROMA. = Edilizia religiosa, formazione teologica, aiuti pastorali, sostegno al clero e ai missionari, emergenze
umanitarie. Sono le principali destinazioni dei fondi raccolti da “Aiuto alla
Chiesa che Soffre” (ACS), che ha presentato nei giorni scorsi il bilancio 2005.
Grazie ai 74 milioni di euro raccolti tra i benefattori di Europa, America del
Nord e del Sud e Australia, è stato possibile realizzare 5.852 progetti in 145
Paesi del mondo. ACS – come ricorda l’agenzia SIR - è un’opera di diritto
pontificio, fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten (conosciuto come
“padre lardo” perché iniziò raccogliendo questo alimento per famiglie povere
dell’Europa centrale) per sostenere la Chiesa perseguitata e sofferente. Il
bilancio 2005 è considerato “estremamente positivo” con un incremento del 6,5%
rispetto all’anno precedente. Tra i progetti segnalati, la costruzione del
seminario greco-cattolico dello Spirito Santo a Leopoli, in Ucraina, destinato a 250 seminaristi. Ma anche
il dono di 500 mila statuine di Gesù per il Natale alle famiglie della Chiesa
cubana. In Nigeria, dove i cristiani sono spesso oggetto di aggressioni da
parte degli estremisti islamici, saranno destinate 100 mila copie della Bibbia
del Fanciullo ‘Dio parla ai Suoi figli’. Infine, per
la formazione teologica sono state messe a disposizione 400 borse di studio. (E.B.)
Un campo estivo per bambini musulmani e cattolici. E’
l’impegno della chiesa Nella zona di Toba Tek Singh, una delle più povere del Pakistan
Toba Tek Singh. = Il Centro per lo sviluppo
umano di Faisalabad, in Pakistan, ha organizzato un
campo estivo per oltre 70 bambini cristiani e musulmani che studiano nella
scuola della parrocchia di Toba Tek Singh e che non possono permettersi di pagare una
villeggiatura estiva. I ragazzi musulmani, che sono 15, vanno al campo solo di
giorno, mentre i 63 cristiani alloggiano all’interno di due scuole cattoliche
della zona. La parrocchia si prende cura della popolazione di una delle zone
più povere del Punjab pakistano, dove, nel tempo, si
sono formati 70 piccoli villaggi, in cui vivono circa sette mila cattolici. La
creazione del campo estivo è stata realizzata anche da molti residenti che hanno
volontariamente offerto il loro aiuto. Vengono qui per
aiutare i bambini, dare loro da mangiare ed anche per tenere delle piccole
lezioni. Ashfaq Masih,
preside della scuola superiore San Pietro, all’agenzia Asia News ha precisato
che nel campo “si insegnano sia cose pratiche sia, soprattutto, valori
importanti per la crescita di una persona”. Dal canto loro, gli studenti
cristiani si dicono “molto felici”, non solo di poter passare l’estate
imparando cose nuove, ma anche perché si sentono più liberi “di
pensare ai valori del Vangelo e di poter assistere ogni giorno alla Messa”, che
nelle loro zone di provenienza non viene celebrata con regolarità. Gli organizzatori
sono riusciti anche a far vedere la finale della Coppa del Mondo di calcio.
Un’esperienza giudicata emozionante da molti giovani ospiti del centro. (E.B.)
l'Unione delle comunità ebraiche italiane ha eletto
oggi QUALE nuovo
presidente
Renzo Gattegna, che prenderà il posto di
Claudio Morpurgo
ROMA. = L’avvocato romano Renzo Gattegna
è il nuovo presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, UCEI. Lo ha
eletto oggi a Roma il consiglio dell’Unione. Gattegna prende il posto di Claudio Morpurgo.
Gattegna era consigliere uscente con delega
sull’informazione nel precedente consiglio e per molti anni è stato consigliere
nella comunità ebraica romana. Sposato con due figli Gattegna,
67 anni, è avvocato civilista. Nel recente congresso è stato eletto consigliere
nella lista moderata 'Per Israele'. Claudio Morpurgo, che era diventato presidente dopo le dimissioni
per salute di Amos Luzzatto, è tornato alla
vicepresidenza dell'UCEI, carica che copriva nella precedente presidenza. (E.B.)
CON UN
CONCERTO CHE VUOLE LANCIARE UN MESSAGGIO DI PACE E DI FRATELLANZA, PARTE
STASERA A RAVENNA LA DECIMA EDIZIONE DELLA RASSEGNA
“LE VIE DELL’AMICIZIA”. DOMANI LO STESSO
CONCERTO SI SVOLGERÀ IN MAROCCO
RAVENNA. = Per lanciare un messaggio di pace e fratellanza
che risuoni attraverso i valori universali della musica, stasera Riccardo Muti
dirige l’Orchestra e il coro del Maggio Fiorentino al Ravenna
Festival, mentre domani lo stesso concerto sarà proposto in Marocco. Si rinnova così, per il decimo anno, la
tradizione dei concerti delle “Vie dell’Amicizia”. L’entusiasmo e le
motivazioni di Muti e dei suoi musicisti, in tutti questi anni, fin dal primo
viaggio che condusse il Festival sull’altra sponda
dell’Adriatico, a Sarajevo, non sono mai venuti meno. Dal Cairo, a Damasco, a
Tunisi - per citare solo le ultime tappe - il doppio concerto è sempre stato un
dono di arte e di pace molto apprezzato. Il Marocco è una meta coerente con ciò
che il Festival, diretto da Cristina Mazzavillani
Muti, vuole esprimere. Il Paese infatti, grazie a
recenti segnali di apertura e di cambiamento, sembra incarnare la speranza di
un futuro di pace, attingendo al suo secolare ruolo di ‘porta verso
l’Occidente’ per l'intero continente africano. L’appuntamento con il pubblico
marocchino, realizzato ancora una volta insieme al Progetto Italia di Telecom, sarà nell’immensa piazza Lahdim di Meknes. Tutto verdiano il programma, a cominciare dalla ‘Vergine degli angeli’, affidata alle voci di Barbara Frittoli, Sonia Ganassi e Ferruccio Furlanetto.
Ed è a lei che si rivolge il canto commosso del coro che chiude l’Atto II della
‘Forza del destino’.
La famosa scena corale, ha notato il maestro Muti,
è uno dei tanti, possibili, esempi di incontro tra culture e religioni diverse.
(T.C.)
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16 luglio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
La Corea del Nord risponde con una guerra di parole alla
risoluzione dell’ONU che la condanna per gli esperimenti missilistici del 5
luglio scorso. Una dichiarazione del ministero degli Esteri nordcoreano
accusa infatti il Consiglio di sicurezza di aver agito
'irresponsabilmente' nell’adottare la risoluzione. Nel testo, approvato ieri
all’unanimità. le Nazioni Unite intimano a Pyongyang di “sospendere tutte le attività collegate al suo
programma di missili balistici”. Tutti i Paesi sono stati invitati inoltre a
sospendere il commercio di materiale bellico con la Corea del Nord, nonchè di finanziamenti che possano
essere usati per la costruzione di armi di sterminio.
In Afghanistan un attentato suicida ha provocato in mattinata la morte di 4 civili nel sudest del Paese.
Altre 23 persone sono rimaste ferite. Intanto è salito a 37 il numero di talebani morti ieri in diversi scontri a fuoco con le forze
della coalizione, nel sud del Paese. Lo rendono noto fonti
militari statunitensi, precisando che altri 14 presunti miliziani sono
stati arrestati. Gli scontri sono avvenuti nella provincia di Uruzgan e in quella di Helmand,
dove è in corso una massiccia offensiva condotta dalle forze della coalizione internazionale
e dell’esercito regolare afghano.
In Iraq 5 dipendenti del comitato olimpico iracheno,
rapiti ieri a Baghdad durante una conferenza, sono stati rilasciati stamani.
Tuttavia restano ancora nelle mani dei rapitori il presidente dell’organismo ed
altre 23 persone. Il CIO, il comitato internazionale olimpico, ha chiesto
l’immediata liberazione degli ostaggi. Ieri durante il sequestro sono morte
anche due guardie del corpo. Intanto oggi sul terreno almeno 13 persone hanno
perso la vita in seguito a diversi attacchi della guerriglia nel Paese. In mattinata anche un soldato britannico è rimasto ucciso durante
un’operazione che ha portato alla cattura di due sospetti terroristi nella
città meridionale di Bassora.
In Italia, proseguono senza sosta gli sbarchi di
clandestini sulle coste siciliane. Un altro barcone con 25 immigrati, tra cui
sette donne, è stato soccorso a 20 miglia a sud di Lampedusa da una motovedetta
della Guardia di Finanza. Nel centro di prima accoglienza (CPT) dell’isola si
trovano in questo momento circa 400 extracomunitari, rispetto a una capienza
massima di 180 persone. Ieri circa 200 immigrati sono stati trasferiti nel CPT
di Crotone con un ponte aereo; altri voli, predisposti dalla prefettura di
Agrigento, sono previsti per oggi.
Le autorità maltesi hanno negato il permesso ad un peschereccio
spagnolo di sbarcare 50 immigranti clandestini soccorsi ieri nel Canale di
Sicilia. Le autorità de La Valletta hanno fornito provviste e mandato un medico
sul natante, cui però è stato intimato di fermarsi a 18 miglia dalla costa. Il ministro
degli Esteri maltese ha spiegato che il peschereccio, non essendo in pericolo,
non aveva alcun motivo di portare i clandestini sull’isola. A causa dei
ripetuti arrivi di clandestini, avvenuti in settimana, il centro di detenzione
di Safì è giunto al collasso.
Il ministro degli Esteri del governo
separatista ceceno, Akhmed Zakayev, si è detto pronto a rinunciare all’indipendenza
della Cecenia e a trovare la pace con la Russia. La
dichiarazione è contenuta in una lettera inviata agli otto “grandi” del mondo
riuniti a San Pietroburgo. Dall’altro lato, il capo
dei servizi segreti russi, Nikolai Patrushev, ha dichiarato che i guerriglieri hanno due
settimane di tempo per consegnare le armi ed essere quindi ammessi ad un’amnistia.
In Belgio ieri è stato ritrovato il bambino che era
scomparso venerdì scorso nella cittadina di Verviers.
Il piccolo, di nove anni, è stato ritrovato legato, imbavagliato e con molte
ferite alla testa, da un contadino, lungo un sentiero di campagna. Il bambino,
in stato di choc è stato subito trasferito in ospedale. Nel Paese, a poco più
di un mese dal rapimento e dalla barbara uccisione delle due bambine a Liegi, è
rientrato dunque l’incubo pedofilia. Tuttavia non si è ancora fatta piena luce
su questo episodio. La procura belga terrà nel pomeriggio una conferenza stampa
per fornire ulteriori dettagli sulla vicenda.
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