RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 195 - Testo della trasmissione di venerdì 14 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dialogo tra le parti, unica via degna per risolvere la crisi in Medio Oriente: così il cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano, ai microfoni della Radio Vaticana. La Santa Sede deplora l’attacco al Libano ed assicura la propria vicinanza alle popolazioni colpite

 

Con un telegramma, Benedetto XVI ricorda il grande amore che il cardinale Angel Suquia Goicoechea ha nutrito per la Chiesa. Il porporato è morto ieri, dopo una lunga malattia, a San Sebastian

 

I Paesi ricchi del mondo si impegnino a promuovere negoziati commerciali che integrino il sud del mondo: è l’appello lanciato alla vigilia del G8 di San Pietroburgo dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Leader religiosi di una cinquantina di Paesi, riuniti nei giorni scorsi a Mosca, chiedono di partecipare al governo del mondo per un futuro migliore: lo fanno nel documento che consegneranno domani ai capi di Stato e di governo del G8, a San Pietroburgo in Russia

 

Con il prezzo del petrolio alle stelle e alla vigilia del G8, inaugurato ieri l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyan. Oltre alla crisi in Medio Oriente, l’energia è tra i temi in discussione al vertice di San Pietroburgo: con noi Luigi Bonanate

 

Entra nel vivo oggi il VI Simposio 'Religione, scienza e ambiente’ promosso in Amazzonia dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I: la navigazione verso la confluenza col Rio delle Amazzoni con dibattiti, sopralluoghi, confronti

 

Etica e problematiche del mondo moderno al centro dei dibattiti del primo Congresso mondiale dei teologi morali cattolici. L’incontro ha riunito in questi giorni a Padova oltre 400 studiosi di diversi Paesi: intervista con James Keenan

 

Da 30 anni accanto ai poveri e alle vittime di violenze e soprusi: insignito della Legion d’Onore il gesuita indiano padre Cedric Prakash. La cerimonia nell’ambasciata francese di New Delhi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Gerusalemme: tredici esponenti religiosi, in rappresentanza di vari riti e confessioni, condannano le violenze di questi giorni in Medio Oriente

 

Venezuela: i vescovi denunciano in un documento il clima di violenza e criminalità, il tentativo di politicizzare l’educazione e il difficile clima delle prossime elezioni presidenziali

 

Cresce in Marocco il tasso di scolarizzazione

 

Oltre 12 mila interventi in 21 lingue sul sito web 'Debate Europe!'

 

La pittura, l’architettura e l’arte di 13 Paesi del Mediterraneo in un volume che mostra il profondo legame dei popoli del “Mare nostrum”

 

24 ORE NEL MONDO:

Per la crisi in Medio Oriente sale ad almeno 60 morti il bilancio delle vittime dell’offensiva israeliana in Libano

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 luglio 2006

 

 

 

IL DIALOGO TRA LE PARTI, UNICA VIA DEGNA PER LA CRISI IN MEDIO ORIENTE:

COSI’ IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO ANGELO SODANO,

AI MICROFONI DELLA RADIO VATICANA. LA SANTA SEDE DEPLORA L’ATTACCO AL LIBANO ED ASSICURA LA PROPRIA VICINANZA ALLE POPOLAZIONI COLPITE

 

Il Papa e la Santa Sede segue con particolare attenzione l’aggravarsi della situazione in Medio Oriente e ribadisce che l’unica via per uscire dalla crisi è un “dialogo sincero fra le parti in causa”. Ad esprimere tale presa di posizione è il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, che stamani ha rilasciato questa dichiarazione ai microfoni della Radio Vaticana:

 

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Le notizie che ci giungono dal Medio Oriente sono certamente preoccupanti. Il Santo Padre Benedetto XVI e tutti i Suoi Collaboratori seguono con particolare attenzione gli ultimi drammatici episodi che rischiano di degenerare in un conflitto con ripercussioni internazionali. Come in passato, anche la Santa Sede condanna sia gli attacchi terroristici degli uni sia le rappresaglie militari degli altri. Infatti, il diritto alla difesa da parte di uno Stato non esime dal rispetto delle norme del diritto internazionale, soprattutto per ciò che riguarda la salvaguardia delle popolazioni civili. In particolare, la Santa Sede deplora ora l’attacco al Libano, una Nazione libera e sovrana, ed assicura la sua vicinanza a quelle popolazioni, che già tanto hanno sofferto per la difesa della propria indipendenza. Ancora una volta appare evidente che l’unica via degna della nostra civiltà sia quella del dialogo sincero fra le Parti in causa.

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E per la difficile situazione in Medio Oriente delle ultime ore bisogna riferire che la crisi che vede contrapposte forze israeliane e le milizie sciite libanesi degli Hezbollah continua a colpire il sud del Libano e il nord di Israele. La città di Beirut è stata nuovamente bombardata e postazioni militari israeliane sono state colpite da razzi lanciati da guerriglieri libanesi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il Libano è un Paese isolato: dopo un nuovo bombardamento contro l’aeroporto internazionale di Beirut, è stata attaccata anche la strada che collega la capitale libanese con Damasco, percorsa ieri da decine di migliaia di persone in fuga verso la Siria. Secondo la televisione araba Al Arabiya, 10 navi da guerra israeliane si stanno dirigendo verso le acque territoriali libanesi. Nella pianura libanese della Bekaa è stata colpita, inoltre, una base di un movimento palestinese filo siriano. Dopo queste nuove incursioni, è salito ad almeno 60 morti il bilancio delle vittime, da quando Israele ha iniziato la sua offensiva in Libano. Sull’altro fronte, la formazione degli Hezbollah ha risposto lanciando razzi contro il quartier generale dell’aviazione israeliana nel nord dello Stato ebraico, sul monte Niron. Ieri, razzi lanciati dal territorio libanese hanno colpito diverse località del nord di Israele provocando la morte di almeno una donna, o secondo alcune fonti 3 civili uccisi, e, per la prima volta, la città di Haifa: l’attacco contro Haifa, smentito però dagli Hezbollah costituisce, secondo l’ambasciatore israeliano a Washington, “una gravissima escalation della crisi”. Commentando la situazione, la presidenza di turno finlandese dell’Unione Europea ha espresso la propria “grande preoccupazione per l’uso sproporzionato della forza di Israele in Libano”. Il presidente americano, George Bush, ha dichiarato, tuttavia, che lo Stato ebraico “ha il diritto di difendersi senza però mettere in pericolo il governo libanese”. Il capo di Stato iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha condannato le azioni israeliane in Libano e ha avvertito che un’eventuale offensiva contro la Siria sarebbe considerata come un attacco all’intero mondo islamico. Il governo libanese ha rivolto, infine, un appello urgente al Consiglio di sicurezza dell’ONU, che si riunirà tra poco, affinché intervenga per un cessate il fuoco “immediato e generalizzato”. Alla riunione parteciperanno, su richiesta del governo di Beirut, rappresentanti di Israele e Libano. Il Consiglio ha bocciato ieri, per il veto americano, una risoluzione proposta dal Qatar in cui si definiva sproporzionato il ricorso israeliano alla forza nella Striscia di Gaza e si chiedeva il ritiro dei militari, oltre alla liberazione del soldato israeliano rapito il 25 giugno.

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Intanto, il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, ha deciso di inviare una delegazione di alto livello in Medio Oriente per mediare nella crisi tra Israele e Libano. L’importante annuncio è stato fatto – ieri pomeriggio - dallo stesso Kofi Annan nel corso di una conferenza stampa all’aeroporto internazionale di Fiumicino. A seguire l’evento per noi c’era Alessandro Gisotti:

 

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Le Nazioni Unite intensificano gli sforzi per risolvere la drammatica crisi in Medio Oriente. Da Roma, Kofi Annan annuncia l’invio di una delegazione ad alto livello nell’area della crisi per tentare di disinnescare l'escalation tra Libano e Israele. Gli inviati di Annan, che si è detto molto allarmato dagli ultimi sviluppi della crisi, andranno al Cairo per incontrare il governo egiziano e i ministri degli esteri della Lega Araba. Di lì passeranno in Israele, nei territori Palestinesi occupati, infine in Libano e in Siria. Annan ha messo l’accento sulle sofferenze subite da civili innocenti. Da entrambe le parti in conflitto, ha avvertito Annan, ci sono minacce di estendere gli atti guerra. Minacce che gettano così nello sconforto la popolazione civile. Il segretario generale dell’Onu ha condannato fermamente ogni azione militare contro civili ed ha chiesto il rispetto del diritto umanitario internazionale. Annan ha lanciato dunque un appello alla moderazione alle parti in conflitto, sottolineando come debba evitarsi che la situazione già grave sfugga di mano. Non ha poi mancato di rivolgere il pensiero alla grave situazione umanitaria in cui si trovano i palestinesi nella Striscia di Gaza, ribadendo ancora una volta che anche in situazioni di guerra non devono mai essere colpiti obiettivi civili o infrastrutture.

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CON UN TELEGRAMMA, BENEDETTO XVI RICORDA IL GRANDE AMORE CHE

IL CARDINALE ANGEL SUQUIA GOICOECHEA HA NUTRITO PER LA CHIESA.

IL PORPORATO E’ MORTO IERI, DOPO UNA LUNGA MALATTIA, A SAN SEBASTIAN

- A cura di Fausta Speranza -

 

Con un telegramma, Benedetto XVI ha espresso il suo cordoglio per la morte del cardinale Angel Suquia Goicoechea, arcivescovo emerito di Madrid, scomparso ieri all’età di 89 anni a san Sebastian,in Spagna. Il Papa sottolinea la particolare carità pastorale con la quale il porporato ha servito l’arcidiocesi di Madrid e ricorda il suo impegno per la causa del Vangelo e il grande amore che ha nutrito verso la Chiesa. Il cardinale Suquia Goicoechea è deceduto nella sua abitazione dopo una lunga malattia. La camera ardente è stata allestita nella Cripta della Cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena di Madrid, dove verrà sepolto. I funerali si terranno domani, 15 luglio, alle ore 12.

 

Compiuti gli studi ecclesiastici nel Seminario di Vitoria, il cardinale Suquia Goicoechea si è specializzato in liturgia in Germania ed ha perfezionato i suoi studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ordinato sacerdote nel 1940, il 17 maggio del 1966 è stato nominato da Paolo VI vescovo di Almeria. Durante gli anni trascorsi nella diocesi ha dedicato speciale attenzione al clero, ha ristrutturato il Seminario secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II, ha istituito il primo Consiglio presbiterale della Diocesi, ha promosso l’azione educativa della Chiesa. E’ stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1985.

 

Con la sua morte il collegio cardinalizio risulta ora composto da 191 cardinali, di cui 120 elettori e 171 non elettori.

 

 

APPELLO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE AL VERTICE

 DEL G8 A SAN PIETROBURGO: I PAESI RICCHI SI IMPEGNINO AD

INTEGRARE IL SUD DEL MONDO NEL COMMERCIO INTERNAZIONALE

 

I Paesi ricchi del mondo si impegnino a promuovere negoziati commerciali che integrino il sud del mondo: è l’appello lanciato alla vigilia del G8 di San Pietroburgo dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che attraverso un comunicato – pubblicato dalla Sala Stampa della Santa Sede, ribadisce la necessità di una maggiore equità negli scambi commerciali. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Le grandi potenze che stanno per riunirsi a San Pietroburgo devono impegnarsi per una piena partecipazione di tutti gli Stati ai negoziati commerciali. E’ il richiamo del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, che, in un documento a firma del presidente del dicastero vaticano, il cardinale Renato Raffaele Martino e del segretario, mons. Giampaolo Crepaldi, ribadisce che bisogna tornare allo spirito di Doha. Quei negoziati di cinque anni fa – si legge nella nota – aprirono un orizzonte di speranza per una maggiore giustizia delle regole del commercio internazionale. La Santa Sede esprime dunque dispiacere per l’impasse registrato all’ultimo meeting dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, il 30 giugno scorso. E ciò nonostante gli impegni presi dai negoziatori.

 

Viene dunque sottolineata la carenza di una visione di giustizia e di equità già lamentata da Paolo VI quarant’anni fa nella Populorum Progressio. Giustizia e Pace chiede dunque ai partecipanti al G8 di San Pietroburgo di trovare un’intesa politica per “trasformare i passaggi tecnici in iniziative concrete”. Le relazioni commerciali – prosegue la nota – “hanno serie conseguenze sugli esseri umani e sulla loro dignità”. La Chiesa cattolica, si legge ancora, sostiene con forza “un sistema multilaterale” anche nell’ambito degli scambi commerciali. E rifiuta la logica secondo la quale il “forte prevale, il debole perisce”. Altri importanti criteri da considerare negli scambi commerciali - conclude il dicastero vaticano - “sono l'imperativo della trasparenza e la garanzia di una piena partecipazione di tutti gli Stati ai negoziati”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Dichiarazione del cardinale Angelo Sodano alla Radio Vaticana in merito alla "preoccupanti" notizie che giungono dal Medio Oriente. 

 

Servizio vaticano - La biografia del compianto porporato Angel Suquia Goicoechea.

Una pagina dedicata alla Chiesa in Oceania.

 

Servizio estero - Nucleare: il cancelliere tedesco, Angela Merkel, sottolinea che l'Iran rischia sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU se non risponderà alle proposte della comunità internazionale.

 

Servizio culturale - Per la rubrica "Incontri", pochi giorni prima della morte lo scrittore Stanislao Nievo intervistato da Claudio Toscani. 

 

Servizio italiano – Governo, taxi: nuova protesta, riprendono i blocchi (sulla proposta di due auto per licenza).

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 luglio 2006

 

LEADER RELIGIOSI DI UNA CINQUANTINA DI PAESI, RIUNITI NEI GIORNI SCORSI

A MOSCA, CHIEDONO DI PARTECIPARE ATTIVAMENTE AL GOVERNO DEL MONDO

 PER COSTRUIRE UN FUTURO MIGLIORE. PER QUESTO CONSEGNANO UN’AGENDA

DI PRIORITA’ AI CAPI DI STATO E DI GOVERNO DEL G8,

ATTESI DA DOMANI A LUNEDI PROSSIMI A SAN PIETROBURGO IN RUSSIA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Un appello ai capi di Stato, alle comunità religiose e a tutte le persone di buona volontà: “Preserviamo la pace”, dichiarano i leader religiosi cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, hindù e scintoisti. Di fronte al “sempre crescente ruolo della fede nella società contemporanea”, i capi religiosi di 49 Paesi – presente a Mosca anche una delegazione della Santa Sede – chiedono attenzione dalla leadership politica internazionale per “costruire un futuro migliore” per l’intera umanità.  Nel documento, sottoscritto a conclusione dell’incontro mondiale dei leader religiosi avvenuto la scorsa settimana a Mosca, ribadiscono anzitutto che la religione “solido fondamento” per il “dialogo tra civiltà”, non può essere usata come “fonte di divisione e conflitto”. Piuttosto dovrebbe “creare legami tra diversi popoli e culture a dispetto della nostra umana fragilità, in particolare nell’odierno contesto di pluralità e diversità”.

 

Nel documento i rappresentanti religiosi chiedono agli esponenti dei Paesi più industrializzati di considerare l’urgenza di alcune tematiche, a partire dalla vita umana, che è “sacro dovere” di tutti preservare dal concepimentp fino alla morte naturale, perché le persone non divengano “né una merce né un oggetto di manipolazione politica o un elemento della macchina di produzione e consumo”. Nel chiedere libertà e diritti per tutti i popoli, anche per le “minoranze etniche e religiose”, i leader religiosi condannano “il terrorismo e l’estremismo in ogni forma”. Pongono poi la questione economica correlata alla giusta ripartizione delle risorse. “Tutte le attività economiche e finanziarie dovrebbero essere portate avanti secondo standard etici”, ammoniscono i capi religiosi. “La concentrazione di massima parte del benessere nelle mani di pochi, mentre un enorme numero di persone, specie bambini, vive in estrema povertà, è una tragedia globale”. Una tragedia che riguarda tutti, governi, comunità religiose e popoli che insieme dovrebbero anche far fronte alle grandi sfide dei nostri tempi: l’Aids, la droga, le armi chimiche.

 

“Noi crediamo – conclude il documento - che sia tempo per una sistematica collaborazione fra i leader religiosi e le Nazioni Unite”, lanciando infine uno “speciale appello a tutti i credenti” perché rispettino ed accettino l’un l’altro le loro religioni, nazionalità o altre differenze.

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CON IL PREZZO DEL PETROLIO ALLE STELLE E ALLA VIGILIA DEL G8,

INAUGURATO IERI L’OLEODOTTO BAKU-TBLISI-CEYAN.

OLTRE ALLA CRISI IN MEDIO ORIENTE, L’ENERGIA E’ TRA I TEMI IN DISCUSSIONE

AL VERTICE DI SAN PIETROBURGO

- Intervista con Luigi Bonanate -

 

In un momento in cui il prezzo del petrolio torna alle stelle e i Paesi più industrializzati, rappresentati dal G8, discuteranno da domani, tra le altre, della questione energia, è stato inaugurato ieri l'oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan (Btc).  La cerimonia è avvenuta nella cittadina portuale mediterranea turca di Ceyhan, alla presenza dei tre capi di Stato, azero, georgianoe turco. Presenti anche il primo ministro turco Erdogan e circa 50 tra ministri ed ambasciatori di vari Paesi. Si tratta di un oleodotto di 1776 chilometri, costato 3,9 miliardi di dollari e che nel 2008  a regime  trasporterà fino a 50 milioni di tonnellate all'anno, cioè 1 milione di barili al giorno di greggio del Caspio, che può rappresentare  circa il 7-8% delle risorse petrolifere globali. Da parte sua il presidente americano George W.  Bush ha parlato di “un progetto molto importante che crea un corridoio di  comunicazione tra Est ed Ovest e che aumenta ulteriormente  l'importanza globale della Turchia”. Fausta Speranza ne ha parlato con Luigi Bonanate, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino:

 

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R. - Non fa altro che prefigurare l’autunno caldo o freddo che ci aspetta. La Russia non è più soltanto il Paese del petrolio e del gas locale, ma è diventato come abbiamo visto l’anno scorso, un protagonista assoluto della questione energia - direi – perchè oltre a possedere i giacimenti fa anche politica. La grande differenza, con i paesi ad esempio, mediorientali è che in passato il Medio Oriente non faceva politica, estraeva solo petrolio. La Russia  è rientrata nel grande gioco mondiale dopo la crisi, dopo la scomparsa dell’Unione sovietica, essenzialmente proprio grazie alla scoperta che ha fatto e cioè che anche il gas è importante, non soltanto il petrolio. Il fatto che l’inaugurazione sia passata in sordina è dovuto al fatto che, in questo momento, ci sono problemi locali più grossi, che sono quelli del Medio Oriente, ed anche perché abbiamo l’inaugurazione e anche perché siamo alla vigilia del nuovo G8, nel quale tutto ciò invece rientrerà in gioco. Se poi aggiungiamo che ieri il prezzo del petrolio al barile è arrivato a 76 dollari, si vede il gioco della finanza mondiale, delle grandi potenze che gestiscono le risorse naturali o le risorse finanziare nel mondo. Non c’è nessuna ragione merceologica che giustifichi questo aumento del prezzo. Immaginiamoci, quindi, quanto possa essere importante oggi un nuovo oleodotto.

 

D. – Parliamo della strategia, ragione geopolitica che c’è dietro la costruzione di questo oleodotto, ma anche dei possibili risvolti, vista appunto la questione dell’energia, tra Europa e Russia?

 

R. – Non è un oleodotto che cambia il mondo ma è la decisione di far passare un oleodotto da una parte all’altra che lo cambia. Il grande problema che si discute da anni e che adesso sembra avviarsi verso una soluzione, è se le grandi condotte dovevano passare dal centro della Russia, dalla Russia asiatica in sostanza, e se nel loro cammino verso l’Occidente dovevano passare da nord o da sud. Questo è un braccio di ferro che dura da anni. In questo momento sembrerebbe vincere la soluzione che passa dal sud. Se capisco bene, non era quella in realtà prediletta dagli occidentali, perché coinvolge di più il Medio Oriente e quindi tende a complicare la situazione, perché si tratta di una zona meno controllata dall’Occidente. Se pensiamo poi che a tutto questo dovrebbe aggiungersi l’ipotesi da molti formulata - che io invece non so dire quanto realmente fosse accreditabile - e cioè che gli Stati Uniti con i due passaggi in Kosovo e in Afghanistan intendessero proprio influire nel determinare le rotte delle condotto del petrolio, allora questo getta una luce ancora un pochino più centrale sugli eventi di questi giorni.  

 

D. – Professore, ricordiamo il progetto Gasprom e cioè il gasdotto direttamente dalla Russia alla Germania

 

R. – Il Gasprom è, appunto, proprio la cosa che ci riguarda più da vicino, perchè bisogna poi vedere come noi compriamo il gas che passerà. Lo scorso inverno abbiamo scoperto, per la prima volta nella nostra storia, che avevamo bisogno di tanto gas in più. E’ chiaro che – questa è l’unica risposta che mi so dare – in tutto ciò c’è molta più politica che non energia pura in quanto tale. Evidentemente sono cambiati i rapporti di potere legati all’approvvigionamento delle materie prime. La Russia ha scoperto che per tornare ad essere uno Stato che conta sulla scena mondiale ha questa straordinaria “arma”, che è in grado di “puntare” contro l’Europa continentale.

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ENTRA NEL VIVO OGGI IL VI SIMPOSIO 'RELIGIONE, SCIENZA E AMBIENTE’ PROMOSSO

E ORGANIZZATO IN AMAZZONIA DAL PATRIARCA ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI,

BARTOLOMEO I: LA NAVIGAZIONE VERSO LA CONFLUENZA COL RIO DELLE AMAZZONI CON DIBATTITI, SOPRALLUOGHI, CONFRONTI

 

Entra nel vivo oggi il VI simposio 'Religione, Scienza e Ambiente", intitolato "Rio delle Amazzoni: sorgente di vita". L'evento è promosso e organizzato dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I. Ieri sera l'accoglienza dei partecipanti a Manaus, capitale dello Stato brasiliano dell'Amazzonia. Il servizio della nostra inviata, Giada Aquilino:

 

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L'Amazzonia ha accolto Sua Santità Bartolomeo I e gli oltre 200 partecipanti al Simposio ‘Religione, Scienza e Ambiente’ accendendo i riflettori sulla propria, personalissima, sorgente di vita: il Rio delle Amazzoni. I delegati, scienziati, ambientalisti, responsabili delle Nazioni Unite e rappresentanti religiosi di tutto il mondo, sono ospitati su 10 battelli, al momento ormeggiati nelle acque del Rio Negro, a Manaus. Nelle prossime ore l'inizio della navigazione verso la confluenza col Rio delle Amazzoni, ma anche il via ai dibattiti, ai sopralluoghi, ai confronti. Temi principali: l'incidenza delle attività umane sull'Amazzonia e sulle popolazioni indigene, i danni della deforestazione, l'importanza del patrimonio idrico del Pianeta. A portare il personale augurio di Papa Benedetto XVI a tutti i partecipanti, il cardinale Etchegaray, presidente emerito dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace e Cor Unum. A rappresentare la Chiesa locale, il presidente della Conferenza episcopale brasiliana, il cardinale Geraldo Majella Agnelo. A testimonianza del profondo spirito ecumenico che pervade il Simposio fortemente voluto dal Patriarca Bartolomeo I.

 

Da Manaus, Giada Aquilino, Radio Vaticana

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ETICA E PROBLEMATICHE DEL MONDO MODERNO AL CENTRO DEI DIBATTITI

DEL PRIMO CONGRESSO MONDIALE DEI TEOLOGI MORALI CATTOLICI.

L’INCONTRO HA RIUNITO IN QUESTI GIORNI A PADOVA

 OLTRE 400 STUDIOSI DI DIVERSI PAESI

- Intervista con James Keenan -

                                                                              

Le sfide del pluralismo, il coinvolgimento dei credenti nel discernimento morale, l’etica familiare: questi i temi più dibattuti al primo congresso mondiale dei teologi morali cattolici che si è svolto in questi giorni a Padova. A confrontarsi sul rapporto tra le problematiche che toccano le società di oggi e la riflessione teologica sono stati oltre 400 studiosi di tutto il mondo. Tiziana Campisi ha chiesto al padre gesuita James Keenan, direttore del comitato organizzatore del congresso, di tracciare un bilancio dell’incontro:

 

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R. – Abbiamo voluto creare un contesto in cui tutti i partecipanti potessero sentire, capire il contesto degli altri. E questo è andato molto, molto bene. C’è stata solidarietà tra i partecipanti di Europa, Asia, Africa. Abbiamo parlato del “sensus fidelium”, della coscienza, della giustizia sociale, dell’ermeneutica, dalla teologia morale ed è stato veramente un esame profondo della nostra tradizione e dell’etica applicata. Abbiamo sentito molte riflessioni sulla guerra, sul terrorismo, sulla globalizzazione, sulla sessualità, sui diritti umani, sull’ambiente; inoltre, ci sono stati 40 relatori che hanno parlato di bioetica.

 

D. – Quali temi hanno sviluppato più dibattiti?

 

R. – Io direi sul “sensus fidelium” e sul magistero. Ho notato una cosa interessante: i partecipanti di lingua inglese sono stati molto più concreti, hanno voluto parlare delle questioni più urgenti, mentre i partecipanti europei, in particolare quelli di lingua francese fuori dall’Europa, hanno voluto parlare di scienza e morale. Dal contesto direi che gli europei pensano più in maniera concettuale.

 

D. – Che cosa vi ha insegnato questo congresso?

 

R. – L’importanza di ascoltare l’altro: senza dubbio questa è stata la cosa più importante. Questo è importante per un moralista: se lui vuole scrivere correttamente, se vuole servire la Chiesa e il mondo, è importante comprendere bene. Abbiamo ascoltato gli altri, veramente. E credo che questo sia importante per la Chiesa: che ognuno abbia la propria posizione, ma è importante anche conoscere gli argomenti dell’altro …

 

D. – Dopo questo primo congresso, come ripartire?

 

R. – Forse tra quattro-cinque anni organizzeremo un altro convegno. Abbiamo rilevato come un aspetto importante che l’assenza delle donne che abbiano studiato teologia morale, in America Latina e Asia, ma in maniera particolare in Africa. Dobbiamo trovare un sistema per appoggiare le donne che, in Africa, vogliono studiare teologia morale …

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DA 30 ANNI ACCANTO AI POVERI E ALLE VITTIME DI VIOLENZE E SOPRUSI:

INSIGNITO DELLA LEGION D’ONORE IL GESUITA INDIANO PADRE CEDRIC PRAKASH.

OGGI LA CERIMONIA NELL’AMBASCIATA FRANCESE DI NEW DELHI

- A cura di Roberta Gisotti -

        

“L’impegno di una vita intera per difendere e promuovere i diritti umani in India”: con questa motivazione il sacerdote gesuita Cedric Prakash è stato insignito a New Delhi della “Legion d’onore”, la più alta onorificenza civile francese. Padre Prakash, 54 anni, è personalità nota a livello internazionale per avere denunciato in svariate occasioni la critica situazione dei diritti umani nel suo Paese, in particolare nella regione del Gujarat, tanto da subire gravi ritorsioni, anche fisiche: duramente percosso e ripetutamente minacciato di morte. Ospitato in numerosi Convegni e dibattiti, nel 2002 ha testimoniato a Washington davanti alla Commissione statunitense per la libertà religiosa sulla “Carneficina del Gujarat”, il massacro consumato per mano di ignoti quello stesso anno contro la comunità musulmana. Oggi, padre Prakash dirige il Centro Prashant per i diritti umani, la giustizia e la pace, da lui fondato nel 2001, ad Ahmedabad, nel nord ovest dell’India. Prima di allora, ha diretto la St. Xavier’s Social Service Society, attiva tra i baraccati di Ahmedabad e nelle aree rurali del Gujarat. Padre Prakash ha già meritato altri prestigiosi Premi, come il “Kabir Puraskar”, assegnatogli nel ‘95 dal presidente dell’India per la promozione della pace tra le comunità.

        

Nell’odierna festa nazionale francese, la Legion d’onore è stato consegnata a p. Prakash, dall’ambasciatore Girard, a nome del presidente Chirac. Saranno presenti alla cerimonia nell’Ambasciata di Francia nella capitale indiana, fra gli altri,  gli arcivescovi Gracias e Fernandes, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (CBCI).

 

Al microfono di Susy Hodges, padre Cedric Prakash spiega con quali sentimenti ha ricevuto l’investitura di ‘Cavaliere della Legion d’Onore’.

 

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R. – I WAS ABSOLUTELY DUMBFOUNDED; I HAD SOME FAINT IDEA …

 “Sono rimasto assolutamente spiazzato; avevo un’idea un po’ vaga del significato di questa onorificenza, ma pensavo di non essere assolutamente degno di un tale riconoscimento. Mi sono sentito molto inadeguato … Ma poi, ripensandoci, in tutta umiltà, ho pensato che fosse necessario che io accettassi questo Premio, perché esso rappresenta un riconoscimento non tanto del mio lavoro, ma del lavoro di tante altre persone che stanno lottando per i diritti umani, per la giustizia e per la pace, qui nel Gujarat ed in altre parti dell’India. Inoltre, è un riconoscimento anche del fatto che le violazioni dei diritti umani esistono realmente, nel Gujarat ed in altre parti dell’India. In realtà, questo riconoscimento è per me uno sprone, lo è per i miei colleghi … Sì, veramente per noi significa molto!

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CHIESA E SOCIETA’

14 luglio 2006

 

GERUSALEMME: TREDICI ESPONENTI RELIGIOSI,

IN RAPPRESENTANZA DI VARI RITI E CONFESSIONI,

CONDANNANO LE VIOLENZE DI QUESTI GIORNI IN MEDIO ORIENTE

 

GERUSALEMME. = I patriarchi e i capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme condannano gli eventi di questi giorni in Medio Oriente. “La violenza e l’aggressione di questo momento è sproporzionata e senza giustificazioni; – affermano in una dichiarazione diffusa ieri – è contro la legge e la ragione andare così incontro alla morte. L’imperativo morale è chiaro: fermare la violenza, le uccisioni, proteggere la vita e la dignità del popolo”. Nel documento diffuso dal Patriarcato latino di Gerusalemme, i 13 esponenti religiosi, in rappresentanza di vari riti e confessioni, condannano il rapimento dei soldati, la morte di un giovane colono, l’uccisione di decine di palestinesi e la detenzione di migliaia di loro nelle carceri. “Israeliani e palestinesi hanno la stessa dignità e devono essere trattati allo stesso modo. Cessi ogni aggressione”, scrivono i patriarchi che invitano la comunità internazionale ad intervenire e ad insistere per la soluzione diplomatica del conflitto così da raggiungere una pace giusta e definitiva. (T.C.)

 

 

VENEZUELA: I VESCOVI DENUNCIANO IN UN DOCUMENTO

 IL CLIMA DI VIOLENZA E CRIMINALITÀ, IL TENTATIVO DI POLITICIZZARE L’EDUCAZIONE E IL DIFFICILE CLIMA DELLE PROSSIME ELEZIONI PRESIDENZIALI

 

CARACAS. = I vescovi venezuelani denunciano con forza l’ambiente di violenza e criminalità che in queste settimane sta dominando il loro Paese. “Pensieri di pace e non di afflizione” è il titolo dell’esortazione che la conferenza episcopale ha firmato al termine della 86ma Assemblea Plenaria Ordinaria celebrata a Caracas dal 6 al 12 luglio. “Tragicamente, ma gradualmente, i venezuelani si stanno abituando ad una cultura o modo di pensare secondo il quale la morte sembra vincere ogni giorno la battaglia contro la convivenza tra i cittadini”, scrivono i presuli. I vescovi ricordano inoltre che, secondo l’UNESCO, il Venezuela è in testa alla lista dei 57 paesi più violenti ed insicuri, con una media di 44 omicidi al giorno. Tra le diverse manifestazioni di questa violenza l’episcopato denuncia: l’estorsione, i sequestri ed il narcotraffico, un’inaudita disumanizzazione attraverso proteste e sanguinosi confronti nelle prigioni, maltrattamenti delle donne e violenze domestiche, clima bellico e militarizzazione della società. “È contraddittorio presentare un discorso contro la violenza e piani di disarmo della popolazione e, contemporaneamente, addestrare all’uso delle armi giovani ed adolescenti”, affermano i vescovi. Davanti a questa situazione l’episcopato chiede “una campagna nazionale nel Paese a favore della cultura della vita e della civiltà dell'amore, che includa l’educazione alla pace e alla riconciliazione che penetri tutti i settori, ambienti ed istituzioni”. Il documento della Conferenza episcopale venezuelana affronta anche il tema dell’educazione. “Il problema fondamentale - si legge nel testo - è il tentativo, raccolto nella bozza di Legge Organica sull’Educazione, di assegnare allo Stato i diritti educativi originari della società ... È inaccettabile – prosegue il testo – perchè incostituzionale ed illegale, come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti umani, il proposito manifestato da funzionari del Governo di ‘politicizzare’ l’educazione e trasformare i docenti in agenti di indottrinamento di un determinato modello politico”. Rispetto all’insegnamento religioso, la Chiesa non chiede privilegi, ribadiscono i vescovi, semplicemente “reclama i diritti degli educandi, dei genitori e della società ed il diritto che essa ed altre comunità religiose hanno di esercitare la loro missione”. I vescovi venezuelani hanno sottolineato inoltre i numerosi punti interrogativi, le preoccupazioni, le incertezze e le paure che stanno generando nella popolazione le prossime elezioni presidenziali. A tal proposito l’episcopato chiede al Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) di compiere tutti gli sforzi necessari affinché “il processo elettorale sia costituzionale, legale, politico ed eticamente irreprensibile, garantendo in questa maniera che tutti i venezuelani possano esercitare il loro diritto al voto senza paura di rappresaglie, con la sicurezza che la decisione della maggioranza sarà rispettata”. Infine i vescovi esortano tutti i venezuelani “a respingere qualsiasi atteggiamento di discriminazione e di intolleranza, a combattere con vigore gli atteggiamenti di indolenza, indifferenza, rassegnazione e scoraggiamento; a difendere la libertà e la dignità della persona umana”. Al governo i presuli chiedono poi di adoperarsi per stimolare “l’unità tra i venezuelani, evitando azioni che favoriscano e rinforzino le divisioni e le discriminazioni”. (T.C.)

 

 

CRESCE IN MAROCCO IL TASSO DI SCOLARIZZAZIONE. 

NELL’ULTIMO ANNO IL 90 PER CENTO DEI BAMBINI GIÀ A SEI ANNI

 FREQUENTA LA SCUOLA DELL’OBBLIGO. IN AUMENTO ANCHE LA PERCENTUALE

DEI GIOVANI ADOLESCENTI TRA I BANCHI CHE SALE AL 54 PER CENTO

 

RABAT. = Il tasso di scolarizzazione dei bambini e degli adolescenti marocchini è in netta crescita e ha raggiunto percentuali di record storico: a dichiararlo è il primo ministro marocchino Driss Jettou, durante un’audizione davanti alla commissione per le Politiche sociali. Secondo il governo di Rabat, riferisce l’agenzia MISNA, nel 2005-2006 il 90 per cento dei bambini, a sei anni, frequenta già la scuola dell’obbligo, contro il 70 per cento del 1970. Il dato cresce al 93 per cento per la fascia d’età 6-11 anni. L’aumento del tasso di scolarizzazione è sinonimo di una grande conquista e di una notevole risorsa per il Marocco, sebbene nelle zone rurali e periferiche del Paese il numero di minori che frequenta la scuola è più basso rispetto alle città, e in particolare rispetto a Rabat. Migliora anche la scolarizzazione degli adolescenti: oggi il 54 per cento dei ragazzi fra i 12 e i 14 anni frequenta regolarmente le attività didattiche, ma nel 2000 erano solo il 35 per cento. Jettou ha espresso inoltre la ferma volontà di migliorare ulteriormente la qualità della scuola e il livello di scolarizzazione, avvalendosi anche delle nuove tecnologie, che dovrebbero diffondersi in gran misura a partire dal 2008. (A.Gr.)

 

 

 

 

OLTRE 12 MILA INTERVENTI IN 21 LINGUE QUESTA SETTIMANA

SUL SITO WEB 'DEBATE EUROPE!'.

A SCRIVERE SONO SOPRATTUTTO GLI INGLESI, SEGUONO FRANCESI E TEDESCHI

 

BRUXELLES. = Facilitare la discussione tra i cittadini europei: è lo scopo del sito web 'Debate Europe!', in linea dal marzo scorso nel contesto del 'Piano D, democrazia, dialogo e dibattito'. Questa settimana sul sito sono stati registrati un milione di visitatori, con una media di 200 mila persone al giorno e 12.700 interventi sul forum, in 21 lingue. Lo ha annunciato ieri, congratulandosi per il traguardo raggiunto, il vicepresidente della Commissione Ue Margot Wallstrom, responsabile per le relazioni istituzionali e la comunicazione. “I cittadini sono interessati alla possibilità di poter dare la loro opinione sull’Europa. Mi auguro che le donne partecipino di più alla discussione sul forum”, ha detto Margot Wallstrom, riferendosi al fatto che il 90 per cento degli interventi è firmato da uomini tra i 18 e i 44 anni. L’Europa via web riesce a suscitare l’interesse soprattutto di inglesi, francesi e tedeschi, autori rispettivamente del 56 per cento, 23 per cento e 7 per cento degli interventi. Il dibattito risulta incentrato su tre temi principali: lo sviluppo economico e sociale dell’Europa; la percezione dell’Ue e la sua missione; le frontiere dell’Europa e il suo ruolo nel mondo. Il sito 'Debate Europe!' offre anche la possibilità di leggere gli interventi dei membri della Commissione e del presidente del comitato delle regioni. (T.C.)

 

 

LA PITTURA, L’ARCHITETTURA E L’ARTE DI 13 PAESI DEL MEDITERRANEO

IN UN VOLUME CHE MOSTRA IL PROFONDO LEGAME DEI POPOLI DEL “MARE NOSTRUM”

 

ROMA. = In 900 pagine la pittura, la scultura e l’architettura contemporanea di 13 Paesi (con un intervento della Santa Sede) dell’area mediterranea. Il volume, frutto di tre anni di lavoro che hanno coinvolto 40 esperti internazionali, mostra un Mediterraneo “profondamente unito”, ha detto il coordinatore dell’opera Guglielmo Giovanni-Centelles, membro della Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. L’opera, intitolata “Arte e cultura del Mediterraneo nel XX secolo”, mostra come l’arte contemporanea del Mediterraneo sia un elemento di incontro e uno strumento di pace tra le diverse culture che ne compongono l’identità. “Ciò che sta accadendo in Medio Oriente non può lasciarci tranquilli – ha detto alla presentazione del libro ieri a Roma il vice sindaco Maria Pia Garavaglia – ma ci sono spiriti liberi come gli artisti che riescono a fare ciò che la politica non riesce”. “Anche nei momenti più difficili arte e cultura possono essere spiragli di luce, - ha sottolineato il sottosegretario al ministero dei Beni culturali, Andrea Marcucci - diventano esse stesse un ponte, si fanno sedi diplomatiche”. Nel libro si scopre, ad esempio, come una certa architettura della Turchia sembri ispirarsi a una “romanità monumentale” o come l’architettura di Tel Aviv abbia analogie con lo stile Bauhaus, nato nell’omonima scuola di arte e architettura tedesca tra il 1919 e il 1933. Promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, il volume sarà inviato a biblioteche, università e centri culturali dei Paesi mediterranei. (T.C.)

 


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24 ORE NEL MONDO

14 luglio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

Cresce la tensione tra India e Pakistan: la stampa indiana ha rivelato che, secondo i servizi di intelligence di Nuova Delhi, gli attacchi compiuti a Mumbay, meglio conosciuta con il precedente nome di Bombay, lo scorso 12 luglio e costati la vita ad oltre 200 persone, sarebbero stati pianificati dai servizi segreti pachistani. Una portavoce del ministero degli Esteri pachistano ha subito respinto questa ipotesi definendola “priva di ogni fondamento”. Intanto, sul fronte delle indagini, le autorità indiane hanno diffuso i nomi di tre persone sospettate di essere coinvolte negli attentati.

In Iraq, ennesimo macabro ritrovamento a nord est di Baghdad. La polizia ha rinvenuto 12 corpi senza vita. Intanto, sul piano politico, il governo iracheno ha ricevuto per la prima volta dall’inizio della presenza straniera nel Paese arabo, il controllo della provincia meridionale di Al Muthan, finora monitorata da truppe inglesi, australiane e giapponesi.

Almeno sei presunti ribelli talebani sono stati uccisi ed altri quattro sono rimasti feriti in conflitti a fuoco scoppiati tra guerriglieri e truppe afghane nel sud dell’Afghanistan. Gli scontri si sono verificati nel distretto di Grashack, nella turbolenta provincia meridionale di Helmand.

Non sembra attenuarsi la tensione politica in Ucraina. Secondo il presidente, Viktor Yushenko, è incostituzionale il “ribaltone” che ha portato al dissolvimento della “coalizione arancione” consegnando virtualmente il governo del Paese nelle mani del filo-russo, Viktor Yanukovic. Il capo dello Stato ucraino ha minacciato, inoltre, di “prendere misure adeguate” quanto prima.

Il prezzo del petrolio resta sopra quota 78 dollari, dopo aver toccato in nottata il nuovo record storico di 78,40 dollari al barile. A far schizzare in alto il greggio sono i timori geopolitici per la crisi mediorientale, dopo l’offensiva israeliana in Libano e la crisi nucleare iraniana.

E la difficilissima situazione in Medio Oriente, le crisi nucleari innescate da Nord Corea e Iran e la sicurezza energetica mondiale sono i temi al centro dei lavori del G8, che si apre domani a San Pietroburgo. Parteciperà all’incontro anche il presidente statunitense, George Bush, arrivato poco fa in Russia dalla Germania, dove ieri ha incontrato la cancelliera Angela Merkel.

 

Consolidare la sicurezza e mettere in atto le condizioni necessarie per permettere il ritorno a casa di quanti sono fuggiti durante gli scontri del mese scorso scoppiati a Timor Est. E’ l’obiettivo indicato dal primo ministro, Ramos Horta, in occasione della cerimonia di insediamento del nuovo governo. Secondo le Nazioni Unite, ci sono ancora più di 150 mila profughi interni, che vivono in campi organizzati dall’ONU e in chiese e scuole cattoliche. L’esecutivo è stato formato dopo le dimissioni, lo scorso 26 giugno, dell’ex premier Mari Alkatiri. Alla sua decisione di licenziare circa 600 soldati, che lamentavano discriminazioni etniche, erano seguite violenze e disordini costati la vita ad almeno 30 persone.

 

La decisione uruguaiana di costruire cartiere non rappresenta “una minaccia immediata per l’ambiente né per gli interessi sociali ed economici di coloro che abitano sulla sponda argentina del fiume Rìo Uruguay”. E’ un passo della sentenza emessa ieri dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia con cui viene respinta la richiesta, presentata dal governo di Buenos Aires, di bloccare la costruzione di due impianti per la produzione di cellulosa in Uruguay. Secondo l’esecutivo argentino, la realizzazione delle due cartiere rischia, invece, di arrecare gravissimi danni all’assetto ecologico della regione. Lo scorso 28 maggio si è celebrata in Argentina e in Uruguay una Giornata congiunta di preghiera, indetta dagli episcopati dei due Paesi per chiedere la protezione del Signore per i due popoli. I presuli avevano espresso, in quell’occasione, le loro forti preoccupazioni per il deterioramento dei rapporti fra argentini e uruguayani proprio in seguito al progetto finalizzato alla costruzione delle fabbriche di cellulosa in Uruguay.

 

Sono state evacuate in Cina almeno 250 mila persone dalla provincia orientale di Fujian in vista dell’arrivo del ciclone Bilis, che si sta dirigendo sullo stretto di Taiwan.  I meteorologi prevedono piogge torrenziali e forti venti.

 

Una bimba indonesiana di tre anni è morta a causa dell’influenza aviaria: è quanto emerge dai test effettuati nel Centro di Atlanta, negli Stati Uniti. Sono così salite a 41, in Indonesia, le vittime del virus.

 

A poco più di due settimane dal voto, continuano i combattimenti nell'est della Repubblica Democratica del Congo. Gli scontri tra le milizie che controllano l’Ituri, la regione nord-orientale al confine con l’Uganda, si sono intensificati e hanno costretto alla fuga almeno 200 mila persone, secondo quanto riferito dall’ONU. Il presidente uscente, Joseph Cabila, ha visitato mercoledì Bunia, capoluogo dell’Ituri, facendo appello al senso di responsabilità della popolazione in occasione delle elezioni, che potrebbero venire seriamente condizionate dai combattimenti in corso. Ufficialmente terminata nel 2003, la guerra nella Repubblica democratica del Congo, che ha provocato finora 4 milioni di morti, continua a sconvolgere la parte orientale del Paese.

 

I colloqui di pace tra governo somalo e Corti islamiche, in programma sabato a Khartoum, in Sudan, sono stati rimandati a data da destinarsi per volere delle autorità somale. Il presidente Abdullahi Yusuf ha infatti accusato le Corti di aver rotto il cessate-il-fuoco, siglato nel precedente incontro, tenutosi sempre in Sudan. Le milizie vicine alle Corti islamiche hanno sostenuto negli ultimi giorni una sanguinosa battaglia con uno degli ultimi ‘signori della guerra’ presenti a Mogadiscio, Abdi Qeybdid, rifugiatosi a Baidoa dopo la sconfitta.

 

 

 

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