RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 1910 - Testo della trasmissione di lunedì 10 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Madonna di Pompei in Canada da oggi al 20 luglio: ce
ne parla don Antonio Marrese
CHIESA E SOCIETA’:
Si
discute di migranti e sviluppo oggi e domani a Rabat, in Marocco
Strage nei cieli del Pakistan: tutti morti i 45
passeggeri dell’aereo precipitato stamane in una zona centrale del Paese
10 luglio 2006
DA VALENCIA APPUNTAMENTO A CITTA’ DEL MESSICO PER
IL PROSSIMO INCONTRO
MONDIALE DELLE FAMIGLIE: IL MESSAGGIO DI SPERANZA,
PACE E GIOIA LANCIATO
DA BENEDETTO XVI PERCHE’ TUTTI COMPRENDANO IL
RUOLO INSOSTITUIBILE
DELL’ALLEANZA MATRIMONIALE PER IL BENE DELL’INTERA
UMANITA’
- A cura di Roberta Gisotti -
Da Valencia, dove si è concluso
ieri il V Incontro mondiale delle famiglie un messaggio di speranza, di pace,
di gioia. La famiglia – ha detto Benedetto XVI è “un bene necessario per i
popoli, un fondamento per la società”, “niente può supplirla totalmente”.
Parole chiare, semplici, ferme quelle del Papa rivolte a tutti, compresi “i
governanti ed i legislatori” perché comprendano “che l’Alleanza matrimoniale,
per la quale l’uomo e la donna stabiliscono un vincolo permanente, è un grande
bene per l’intera umanità”. Milioni e milioni di persone in ogni angolo della
Terra hanno ascoltato la voce del Santo Padre levarsi da Valencia per infondere
serenità e coraggio agli sposi, ai genitori, ai figli, ai nonni e pregare per
il futuro delle famiglie, perché aumenti “l’amore e la fedeltà in tutti i
matrimoni, specialmente in quelli che attraversano momenti di sofferenza o
difficoltà”. Con quali sentimenti ripartire da Valencia? Davide Dionisi lo ha
chiesto al cardinale spagnolo Julián Herranz, presidente del Pontificio
Consiglio per i Testi Legislativi:
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R. - Dobbiamo essere sempre
pieni di gioia, di sicurezza e di speranza, perché le istituzioni che sono
naturali e sono aperte sempre al futuro, mai possono sparire. Invece il futuro
non è molto buono per quelle istituzioni che sono innaturali.
D. – Come continuare a rendere
ancora più fruttuosa l’esperienza maturata in questi giorni?
R. – Con questa pastorale delle
famiglie di cui si è parlato molto per quanto riguarda l’ambito della Chiesa
cattolica. Per quanto riguarda l’umanità come tale, credo sia una battaglia
culturale molto importante, molto interessante ed anche affascinante. Può
esserci una rinascita culturale e direi anche un recupero di libertà, perché ci
sono intere società ed anche intere nazioni che sono oggi sotto l’influsso di
lobby ideologiche che hanno nelle loro mani - perché sono poteri economici
molto forti - dei media che condizionano la società e danno un’immagine di
quella società che non corrisponde alla società. Questo succede in Italia,
succede in Spagna, non mi sto inventando nazioni dell’altro mondo… Queste lobby
danno delle immagini, fanno delle inchieste sociologiche, manipolate molte
volte, che non corrispondono alla società. La società è molto più sana e le
famiglie godono di uno stato di salute molto superiore a quello che non appare
nelle fiction televisive dove ci sono delle famiglie disastrate, ma che non
sono la maggioranza delle famiglie. La maggioranza delle famiglie avrà problemi
economici, di salute. Ma sono problemi, quando si sanno affrontare, con i quali
matura l’amore umano, perché c’è un amore forte tra i due coniugi.
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Dopo Valencia lo sguardo si volge a Città del Messico che
ospiterà nel 2009 il VI Incontro mondiale delle famiglie. Un annuncio che è
stato dato ieri da Benedetto XVI, alla presenza dell’arcivescovo della capitale
mexicana, il cardinale Norberto Ribera, che è salito sull’altare per
ringraziare personalmente il Santo Padre per aver fatto questa scelta. Molte le
attese per questo raduno che si aprono sin d’ora in America Latina. Il servizio
di Luis Badilla:
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Il cardinale Norberto Ribera, alla fine della Santa
Messa, ha dichiarato alla catena radiofonica spagnola COPE che “l’intero popolo
messicano, i cattolici e con loro i vescovi, sono molto emozionati per questa
decisione del Papa” e, poi ha aggiunto: “Il modo migliore di ringraziare il
Pontefice è quello di cominciare da subito il lavoro e la catechesi
preparatoria per questo evento ecclesiale di così alta rilevanza sociale,
spirituale, morale e pastorale”. Tale rilevanza, aggiungiamo noi, sarà
ugualmente significativa fra 3 anni per l’intera America Latina, come oggi
Valencia lo è stato per l’Europa e in passato le Filippine per l’Asia. Vale a
dire, questi incontri, che mettono al centro della loro attenzione
l’universalità, per così dire, della grande problematica familiare, consentono
al tempo stesso di approfondire poi le dimensioni più regionali delle questioni
familiari. Dunque questo pellegrinaggio riflessivo sulla famiglia, da oggi in
poi, si prepara a far tappa nel continente americano, dove la crisi della
famiglia - insieme con tutti gli aspetti che caratterizzano la disgregazione
familiare nel mondo intero - presenta delle caratteristiche specifiche. Lo
scorso 3 dicembre Benedetto XVI diceva ai presidenti delle Commissioni
episcopali per la famiglia e per la vita dell’America Latina: "Desidero
ringraziarvi in modo particolare per la vostra sollecitudine pastorale
nell'intento di salvaguardare i valori fondamentali del matrimonio e della
famiglia, minacciati dal fenomeno attuale della secolarizzazione, che impedisce
alla coscienza sociale di scoprire adeguatamente l'identità e la missione
dell'istituzione familiare, e ultimamente minacciati dalla pressione di leggi
ingiuste che ignorano i suoi diritti fondamentali. Di fronte a questa
situazione, osservo con piacere come cresce e si consolida l'opera delle Chiese
particolari a favore di questa istituzione umana, che affonda le sue radici nel
disegno amoroso di Dio e rappresenta il modello insostituibile per il bene
comune dell'umanità".
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BENEDETTO
XVI NOMINA PADRE GIANFRANCO GARDIN NUOVO
SEGRETARIO
DELLA CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI
DI
VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA.
SOSTITUISCE
MONS. PIERGIORGIO SILVANO NESTI
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Il Papa ha accolto la rinuncia presentata,
per raggiunti limiti di età, da mons. Piergiorgio Silvano Nesti all’incarico di
segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società
di Vita Apostolica ed ha nominato segretario della stessa Congregazione padre
Gianfranco Gardin, dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, elevandolo in pari
tempo alla dignità di arcivescovo.
Nato a San Polo di Piave, in
provincia di Treviso, 62 anni fa, padre Gardin è stato ordinato sacerdote nel
1970. E’ laureato in teologia morale. Dal 1995 al 2001 è stato Ministro
Generale dell’Ordine. Nel 2000 è stato eletto
presidente dell'Unione Superiori Generali. Dal 2005 è direttore generale del Messaggero
di Sant’Antonio di cui è stato redattore dal 1978 al 1988.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Nel
dettaglio il resoconto del viaggio apostolico di Benedetto XVI a Valencia, in
Spagna, in occasione del quinto Incontro mondiale delle famiglie.
Servizio estero - In
evidenza l'Iraq: Baghdad insanguinata dalle perduranti violenze settarie.
Servizio culturale - Un
articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "Da Costantino l'impulso alle
'domus ecclesiae'": le origini degli edifici di culto dove si riunivano i
cristiani dei primi secoli.
Servizio italiano - Sempre
in rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
La notizia dell'Italia
campione del mondo di calcio.
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10 luglio 2006
LA
VITTORIA DEL GRUPPO: L’ITALIA CONQUISTA LA SUA
QUARTA
COPPA DEL MONDO BATTENDO LA FRANCIA AI CALCI
DI RIGORE.
IL
SUCCESSO DEGLI AZZURRI E UN BILANCIO SUI MONDIALI DI GERMANIA
NEL
COMMENTO DI MONS. ALDO GIORDANO E MONS. CARLO MAZZA
Sono serviti i
calci di rigore, ma alla fine la nazionale italiana ha prevalso sulla Francia
aggiudicandosi così la sua quarta coppa del mondo. A Berlino, lo stadio era
gremito di tifosi e di alte personalità: da Napolitano a Chirac, da Clinton a
Thabo Mbeki presidente del Sud Africa, dove si disputeranno i prossimi Mondiali
di calcio nel 2010. Zidane e Materazzi sono stati i realizzatori nei tempi
regolamentari, poi la lotteria dei rigori che ha regalato all’Italia un trofeo
che mancava dal 1982. Agli Azzurri di Lippi gli auguri anche della Commissione
europea: secondo il suo portavoce Laitenberger i mondiali hanno trasmesso
“l'immagine dell'Europa dei risultati”. La vittoria ha letteralmente mandato in
visibilio l’intero Paese e non sono mancati, purtroppo, eccessi ed incidenti.
Ma è stata soprattutto una lunga emozionante notte azzurra, come racconta
Alessandro Gisotti:
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(INNO
DI MAMELI)
Campioni
del Mondo! Campioni del Mondo! E’ il grido che, in questa notte magica, riecheggia
nelle vie e nelle piazze d’Italia. Gli Azzurri di Marcello Lippi battono la
Francia di Raymond Domenech ed esplode la gioia. Da Milano a Palermo è tutto
uno sventolio di tricolori, strombazzar di clacson e trombette da stadio. Gli
occhi attenti e i cuori palpitanti di oltre un miliardo di telespettatori hanno
visto l’Italia compiere l’impresa dopo l’avvincente sfida ai rigori. Ad
applaudire gli Azzurri all’Olympiastadium di Berlino anche il presidente della
Repubblica, Giorgio Napoletano. Si rivivono dunque le emozioni di 24 anni fa
quando Dino Zoff e compagni conquistarono la coppa in terra spagnola. Stavolta
gli eroi si chiamano Buffon, Materazzi, Grosso, Cannavaro, Gattuso. Ma è
soprattutto la vittoria del gruppo, del grande cuore azzurro. All’inizio dei
Mondiali di Germania, in molti avevano pronosticato che l’Italia non sarebbe
andata lontano. Il campo li ha smentiti clamorosamente. Brasiliani e argentini
sono tornati a casa già da un pezzo. I francesi ci tornano ora. A mani vuote.
L’Italia, invece, rientra in patria con la coppa del mondo, la quarta della sua
storia. La festa è appena cominciata.
Da una
Roma dipinta d’azzurro, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana
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E la festa continua perché gli Azzurri
alle ore 19,30 saranno ricevuti a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio,
Romano Prodi. Poi li aspetta il bagno di folla a Circo Massimo dove la
Nazionale italiana riceverà l’abbraccio di migliaia di tifosi. Dall’allenatore
Lippi al presidente Napolitano tutti hanno messo l’accento sullo spirito di
gruppo dell’Italia campione del mondo. Una coesione sottolineata anche da mons.
Carlo Mazza, responsabile dell’ufficio sport della CEI, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. - In sé questo gruppo ha dimostrato veramente la sua
grandezza proprio perché è un gruppo coeso, è un gruppo che mette in pratica il
motto “uno per tutti, tutti per uno”. E questo dice bene anche il senso del
risultato finale: si arriva sempre, a questi grandi risultati, se c’è questa
coesione profonda, di intenti, di indirizzo e di obiettivi.
D. – Il presidente della Repubblica italiana, Napolitano,
ha messo l’accento su questo elemento unificante della vittoria dell’Italia ai
Mondiali. Come è possibile che uno sport riesca dove a volte anche la politica,
la cultura, non riescono ad arrivare?
R.- Perché lo sport
ha queste energie supplementari! Il nostro presidente ha fatto molto bene a
sottolineare questi aspetti che sono poi di ordine dinamico. Guardando avanti rispetto
ai bisogni, alle necessità del nostro Paese è necessario all’Italia avere
questa mentalità: la cultura dell’unità, dell’essere insieme. Credo che sia
molto importante accogliere questo insegnamento dell’unità che vince.
D. - In una partita di grandi emozioni, davvero di grande
tensione, una macchia, ovvero questa reazione scomposta di Zidane,
probabilmente provocata verbalmente dall’azzurro Materazzi. Che cosa si deve
fare ancora per promuovere la cultura del fair play?
R. – Dobbiamo rafforzare il nostro auto-controllo,
personale e di gruppo: esser capaci di passare sopra, di passare oltre quelle
che possono essere offese, per poter in qualche modo raggiungere le mete, gli
obiettivi, possibilmente nella pacificazione. Occorre che il nostro animo sia
pacificato!
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“Una
delle migliori edizioni dei Mondiali mai organizzate”. E’ il commento del segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ieri era allo stadio di Berlino
per la finale. In questi Mondiali si è registrato anche un impegno particolare
della Chiesa che ha colto l’occasione di un grande evento sportivo per promuovere
il dialogo tra i popoli e lo spirito di accoglienza. Ecco la riflessione di
mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali
d’Europa, intervistato da Luca Collodi:
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D. - Ho visto che il desiderio delle chiese che questo
evento del Campionato fosse una festa di popoli in realtà è avvenuto, c’è un
bilancio positivo. C’è stato un grande coinvolgimento in ogni angolo della
terra; ci ha sorpreso, per esempio, il coinvolgimento perfino della Cina. Anche
l’atmosfera che si è creata in Germania è stata assolutamente un’atmosfera
molto positiva. Mi hanno detto amici tedeschi che, forse per la prima volta
dopo la guerra, la Germania si è sentita libera di affermare il proprio
patriottismo senza evocare pagine molto tristi della storia.
D. – Ampio l’impegno della Chiesa tedesca per il Mondiale.
Che bilancio possiamo trarre?
R. - Ho sentito dai vescovi tedeschi e dal presidente
della conferenza, il cardinale Lehmann, che hanno fatto un bilancio positivo.
Innanzitutto ci sono stati degli eventi, tipo la festa dei popoli di inizio
Campionato o la celebrazione ecumenica, che hanno avuto una grande
partecipazione fino a 20 o 30 mila persone e lì subito si è respirato il
desiderio di fare, appunto, di questo evento, un incontro tra le diverse
culture e le diverse religioni. Un secondo aspetto è stato quello ecumenico. Ci
sono state molte iniziative ecumeniche e c’è stato anche tutto uno sforzo di
assistenza pastorale. Chi è andato in Germania è stato colpito dall’ospitalità.
I vescovi tedeschi avevano molto insistito che doveva essere un’esperienza di
accoglienza e di ospitalità e questo è avvenuto.
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ENTRO
E’ LA
DECISIONE PIÙ IMPORTANTE PER
DI
PACE DI DAYTON CHE HA DIVISO IL PAESE IN DUE ENTITA’.
MA
RESTANO ALTRE RIFORME IMPORTANTI DA FARE
-
Intervista con Giuseppe Bettoni -
Entro la fine del 2007,
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R. - L’unificazione del comando militare è sicuramente un
buon segno, ma non deve farci pensare che tutto vada nella migliore delle
direzioni. Resta da dire, leggendo la cosa al contrario, che ci sono voluti ben
11 anni dagli accordi di Dayton del ’95 per arrivare a questo punto. Le due
entità che danno vita alla Bosnia restano da un punto di vista etnico molto
molto separate. I serbi sono da una parte, i bosniaci e i musulmani sono
dall’altra parte. Restano da fare una gran quantità di riforme. La grande
perplessità è che 11 anni non sono serviti ancora ad unificare tutta la
struttura ministeriale, tutta la struttura di controllo, tutta la struttura
dell’educazione e così via. Potremmo addirittura andare oltre nella riflessione
critica aggiungendo che il controllo militare sia stato fatto veramente perché
D. - Proprio
R.- Rappresenta l’elemento più importante, il progetto
bandiera, se così possiamo definirlo, di tutta una serie di altri piccoli
progetti. Per esempio fino a che la popolazione bosniaca resterà così separata,
100% dei serbi da una parte e gli altri da un’altra, ci sarà un problema. Oltre tutto, la questione montenegrina e la
questione kosovara ne dipendono. Allargando lo sguardo, consideriamo che
D. - Guardando in prospettiva, i Balcani sono dentro
l’Unione Europea ma è una prospettiva molto lunga…
R. - Sicuramente sì. Salvo strategie politiche diverse,
sicuramente sarà una strategia di lungo periodo. Immaginare oggi
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TANTI
BAMBINI VITTIME DI DIVERSI DRAMMI IN DIVERSI PAESI
DEL MONDO:
E’
QUANTO EMERGE DALLE FOTOGRAFIE DI FRANCESCO ZIZOLA IN MOSTRA A ROMA
NELLA
PARTICOLARE RASSEGNA “BORN SOMEWHERE – NATO IN QUALCHE POSTO”
-
Intervista con l’autore -
Decimati dalle guerre, resi orfani dall’Aids o vittime
dello sfruttamento: sono i bambini protagonisti delle fotografie di Francesco
Zizola, esposte a Roma fino al 24 settembre. Intitolata “Born somewhere – Nato
in qualche posto”, la mostra vuole dar voce ai tanti minori che avrebbero
urgente bisogno di aiuto in Paesi martoriati, come l’Angola, il Sudan o l’Iraq.
Ma del significato di questi scatti, al microfono di Isabella Piro, parla
l’autore stesso, Francesco Zizola:
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R. – Pongono questioni, pongono domande e la domanda
principale è sul futuro. E’ una domanda che si chiude naturalmente con un punto
interrogativo e simbolicamente anche una richiesta di certezze e di maggiore
giustizia.
D. – Perché la scelta del bianco e nero?
R. – Il bianco e nero aiuta a intraprendere anche una
seconda lettura, quella in cui ci si allontana leggermente dalla realtà per
occupare un territorio, quello dell’immaginazione e dell’emozione, che può
aiutare ad avvicinare realtà anche molto lontane.
D. – In tredici anni di lavoro, in 30 diversi Paesi, lei
ha fotografato moltissimi bambini. Con quale criterio allora ha scelto i 90
scatti esposti nella mostra?
R. – Io privilegio le fotografie colte di sorpresa, quelle
che fanno vedere quegli aspetti della loro vita in cui la presenza del
fotografo è ininfluente. Poi ci sono altre fotografie, dove i drammi sono
sempre ineludibili - drammi pesanti, forti e intensi che questi bambini sono
costretti a vivere – ma dove la presenza del fotografo è quasi interpellata: si
sente nello sguardo del bambino, dentro l’obiettivo, una richiesta d’aiuto.
D. – Cosa l’ha segnata maggiormente di questa esperienza?
R. – Una frase di un bambino che ho incontrato durante uno
dei miei primi reportage in Brasile, un bambino di strada, che fece l’invito di
continuare a fotografare lui piuttosto che altri e aggiunse: “Perché io sono
come una foglia al vento. Oggi sono qui, domani potrei non esserci più”.
D. – Il suo compito come fotografo, quindi, qual è?
R. – A questi bambini cerco di restituire una dignità, che
troppo spesso viene a loro negata.
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IL
VESCOVO LIBERATI INCONTRERÀ GLI ITALIANI RESIDENTI
NEL
PAESE NORDAMERICANO
-
Intervista con don Antonio Marrese -
E’ grande l’attesa nelle regioni canadesi del Quebec e
dell’Ontario per l’inizio oggi della Missione Mariana del Rosario che
proseguirà fino al 20 di questo mese. Dell’iniziativa Giovanni Peduto ha
parlato con don Antonio Marrese della Prelatura di Pompei, delegato per le
missioni:
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R. - L’icona della Madonna di Pompei (copia dell’originale)
già l’anno scorso è stata portata pellegrina in Australia, dove ha avuto una
grande accoglienza: basti pensare che alla celebrazione conclusiva nello stadio
del Club Marconi di Sidney c’erano più di quindicimila persone. Questa volta in
Canada visiterà sei parrocchie dello sterminato Paese nordamericano. La
delegazione, guidata dal vescovo-prelato e delegato pontificio di Pompei, mons.
Carlo Liberati, é formata da due sacerdoti, un missionario ardorino, un
diacono, due suore domenicane ‘Figlie del Santo Rosario di Pompei’, fondate dal
Beato Bartolo Longo; otto giovani laici, tra cui due ragazze, che hanno già
partecipato alle analoghe Missioni svoltesi in Italia. Assieme ai parroci e
alle autorità locali abbiamo predisposto un programma molto dettagliato per
permettere alle centinaia di migliaia di devoti della Madonna di Pompei,
presenti in Canada, di pregare ai piedi della Vergine del Rosario. A questo
scopo abbiamo contattato tutte le associazioni di italo-canadesi e gli organi
di informazione del Paese nordamericano.
D. – Qual è la finalità di questa iniziativa?
R. - La visita, nata a seguito dell’ospitalità da noi
offerta ai giovani canadesi in viaggio verso Colonia nell’estate 2005, vuole
essere un segno di attenzione e benevolenza del Santuario di Pompei verso
quanti da decenni sono ad esso legati e soprattutto nutrono una devozione
filiale verso
D. – Con quali sentimenti i devoti canadesi aspettano lo
svolgimento della Missione?
R. – Se ne è fatto interprete padre Vito Marziliano, del
Comitato organizzatore, che ha scritto a mons. Liberati: “È con grande gioia e
forte emozione che i fedeli di Toronto e di Montreal attendono l’arrivo del
quadro della Vergine di Pompei. È l’arrivo della Mamma nella casa dei figli
radunati come nel Cenacolo, per ricevere da Lei il conforto, la pace, l’amore e
la forza di continuare il cammino, sorretti dalla forza dello Spirito, nella
sequela del Figlio. Non c’è famiglia italiana residente in Canada che non abbia
in qualche modo un’immagine della Madonna di Pompei nella propria casa. O un
quadro, o un’immaginetta, o una medaglia… Ovunque troneggia Maria, che assieme
a suo figlio Gesù dispensa le sue grazie. Raccolte in preghiera, le comunità
cristiane di Toronto e Montreal aspettano con fede ed entusiasmo l’arrivo di
Maria”.
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IL
CINEMA E IL MONDIALE DI CALCIO, STRUMENTO DI SENSIBILIZZAZIONE
POPOLARE
SU TEMI SERI E IMPORTANTI COME L’AIDS: ACCADE
IN MOZAMBICO, GRAZIE AL PROGRAMMA “CINEMARENA”
DELLA
COOPERAZIONE ITALIANA, CHE PROSEGUIRÀ FINO A TUTTO IL 2007
-
Intervista con Fabrizio Falcone -
Il cinema come veicolo di sensibilizzazione popolare sulla
problematica dell’AIDS e di altre malattie infettive: è quanto sta accadendo in
Mozambico tramite il programma “Cinemarena” della cooperazione italiana, che
proseguirà fino a tutto il 2007. Tutte le sere in ogni villaggio vengono
radunate davanti allo schermo centinaia di famiglie per assistere alla
proiezione di film, e da un mese, anche al campionato mondiale di calcio. Al microfono
di Paolo Millefiorini spiega i particolari dell’iniziativa il coordinatore
della spedizione, Fabrizio Falcone:
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R. – In Africa esiste un problema reale, molto forte, che
è quello di riuscire a comunicare con le popolazioni locali. E sembra che il
cinema sia uno strumento talmente forte e talmente magnetico che riesca a
superare questa barriera di diffidenza nei confronti di messaggi che arrivano
da persone che sono al di fuori del territorio e della realtà locale.
D. – Quali sono i risultati ottenuti finora dal vostro
programma?
R. – Il miglioramento della conoscenza sulla malattia del
30-35 per cento. Chiaramente parliamo soltanto di miglioria a livello cognitivo
e non di cambiamento comportamentale, perché purtroppo questo è un aspetto più
complicato. In ogni caso, c’è ovviamente ancora da lavorare moltissimo.
D. – Come è nata l’idea di proiettare anche le partite del
Mondiale di calcio?
R. – Il calcio in Mozambico è uno sport molto conosciuto:
tutti i villaggi hanno un campo di calcio, ma non hanno palloni per poter
giocare. Tutti sono informati attraverso le radioline, solo che non hanno mai
visto una partita trasmessa in televisione. Noi abbiamo trasformato, quindi,
l’idea fantastica di una partita ascoltata alla radio in un concetto reale,
perché l’hanno potuta vedere dal vivo. La gente è, quindi, attirata dalla
proiezione del Mondiale di calcio, permettendoci così di fargli ricevere le
informazioni sanitarie e in questo caso relative all’AIDS.
D. – Qual è l’auspicio che riponete nel messaggio da
trasmettere?
R. – Se il Mozambico sogna un giorno di arrivare ai
Mondiali di Calcio, ha bisogno di un popolo sano e libero dall’AIDS. In ogni
caso il messaggio molto chiaro che noi lanciamo rappresenta un tentativo di
spingere il popolo mozambicano verso una cultura un po’ più seria nei confronti
dei rapporti di coppia.
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10 luglio 2006
FILIPPINE: AL TERMINE DELLA 93.MA
ASSEMBLEA PLENARIA I VESCOVI SCRIVONO
UNA LETTERA PASTORALE
PRONUNCIANDOSI SULLA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
E DICHIARANDO DI NON ESSERE INCLINI
AD UN NUOVO IMPEACHMENT
CONTRO LA PRESIDENTE ARROYO
MANILA. = In una lettera pastorale pubblicata oggi, la
Conferenza episcopale delle Filippine sostiene di non essere “incline, al
momento, a sostenere un nuovo procedimento di messa in stato d’accusa nei
confronti della presidente Gloria Macapagal Arroyo”. Il pronunciamento dei
vescovi, riferisce l’agenzia AsiaNews, è giunto al termine della 93ma Assemblea
plenaria guidata dall’arcivescovo di Jaro mons. Angel Lagdameo. Il documento si
inserisce in una situazione politica di nuovo in agitazione: sta per scadere il
termine di un anno previsto dalla legge per consentire all’opposizione di
mettere di nuovo in stato d’accusa la massima autorità del Paese. Il primo
impeachment è nato alla fine di giugno dello scorso anno, quando alcuni
parlamentari di sinistra hanno accusato il marito, il figlio e il cognato della
Arroyo di avere ricevuto soldi da organizzazioni clandestine di giocatori
d’azzardo. La presidente stessa è stata accusata di brogli nelle elezioni
presidenziali del 2004. Dopo la presentazione della prima istanza, il marito ed il figlio della Arroyo si sono
auto-esiliati “per garantire la tranquillità della nazione”. I vescovi dicono
di rispettare la posizione dei singoli o dei gruppi che vogliono continuare ad
usare l’impeachment per arrivare alla verità”, ma aggiungono che se il processo
e le sue regole e se tutte le parti in causa, pro o contro, non sono guidate da
una genuina preoccupazione per il bene comune, questo strumento diviene solo un
inutile esercizio che peggiora la percezione della popolazione nei confronti
delle forze politiche nazionali. I presuli aggiungono inoltre che “non dovrebbe
essere messa da parte con leggerezza” la possibilità di chiedere le dimissioni
o incriminare i membri della Commissione elettorale accusati di corruzione.
Chiedono inoltre una “riforma completa” dello stesso organismo, l’unico modo
per “ristabilire la fiducia di tutti nei confronti del processo elettorale”. I
presuli si sono anche pronunciati sulla “difesa dei diritti dell’uomo, che
dovrebbe essere imparziale e viene invece messa a dura prova dall’atteggiamento
di entrambi i protagonisti della guerriglia nel sud del Paese, l’esercito ed i
ribelli”. “Ci uniamo ai gruppi che denunciano l’aumento del numero degli
omicidi extragiudiziari – scrivono i vescovi – e non possiamo chiudere gli
occhi su avvenimenti che danneggiano la nostra nazione e vanno condannati”.
(T.C.)
AMNESTY INTERNATIONAL
DENUNCIA IN UN RAPPORTO SUL GIAPPONE ESECUZIONI
DELLA PENA CAPITALE
SENZA PREAVVISO E DOPO ANNI DI DURA DETENZIONE
ROMA. = In un rapporto pubblicato nei giorni scorsi,
secondo Amnesty International, ci sono prigionieri anziani e con disturbi
mentali tra coloro che attendono decenni nei bracci della morte del Giappone,
prima dell’esecuzione della pena capitale. Le loro condanne sono spesso emesse
al termine di processi iniqui, basati su ‘confessioni’ di crimini mai commessi
e rese dopo interrogatori estenuanti, minacce e violenze intitolato‘Sarà il mio
ultimo giorno?’, il documento di Amnesty afferma che il Giappone è uno dei
pochi Paesi industrializzati che ancora compie omicidi di Stato e che abolendo
la pena capitale invece darebbe un segnale di leadership nella regione
Asia-Pacifico, che non sta procedendo al passo con la tendenza globale verso
l’abolizione. A giugno la pena di morte è stata abolita nelle Filippine, mentre
segnali positivi si registrano nella Corea del Sud, dove il parlamento sta
esaminando una proposta di legge abolizionista. “Come primo passo, chiediamo al
governo giapponese di porre fine al segreto che attualmente avvolge
l’applicazione della pena di morte – scrive Amnesty International – le autorità
di Tokyo non possono giustificare questa pena inumana
trincerandosi dietro l’opinione pubblica, quando di fatto nascondono la realtà
della pena di morte, ostacolando in questo modo il dibattito nella società
civile”. In Giappone non vi sono mai proteste di fronte alle prigioni il giorno
di un’esecuzione, si legge ancora nel documento, poiché questo è noto solo alle
autorità. Il prigioniero viene informato solo la mattina del giorno in cui
verrà ucciso. In alcuni casi, non c’è neanche questo preavviso. Tale segretezza
significa che i prigionieri vivono, in isolamento e sotto un regime carcerario
durissimo, nella costante paura di essere messi a morte. Le procedure legali,
inoltre, sono talmente lente che gli appelli durano decenni e i prigionieri
trascorrono anni in attesa dell’esecuzione. Nei bracci della morte del Giappone
si troverebbero attualmente 87 prigionieri. L’ultima esecuzione ha avuto luogo
il 16 settembre dello scorso anno, quando Kitagawa Susumu è stato impiccato per
aver commesso due omicidi. Le esecuzioni dal 2000 sono state 11, tutte tramite
impiccagione. (T.C.)
SENZA ALCUN AIUTO QUASI META’ DEI
VILLAGGI DI JAVA COLPITI DAL TERREMOTO NEL MAGGIO SCORSO. CORRUZIONE E
BUROCRAZIA RALLENTANO I SOCCORSI
WEDI. = Nessun programma di soccorso per quasi metà dei
villaggi di Java, in Indonesia, colpiti dal terremoto del 27 maggio scorso. Il
governo locale, riferisce l’agenzia Asianews, non ha ancora studiato piani per
158 dei 386 villaggi devastati dal sisma nei sottodistretti di Wedi e
Gantiwarno. Corruzione e una burocrazia macchinosa ostacolano la distribuzione
degli aiuti economici promessi dal governo alle vittime. Dopo oltre un mese dal
disastro, i terremotati vivono ancora in tende provvisorie e denunciano i forti
ritardi sulle consegne dei pacchetti di aiuti governativi. Subito dopo il
sisma, il vice presidente indonesiano Jusuf Kalla aveva promesso di distribuire
denaro e beni per la sussistenza quotidiana, ma migliaia di sfollati dicono di
essere ancora in attesa. Il piano di Jakarta prevede la consegna di 2.500
dollari per la riparazione delle case, l’acquisto di 10 Kg di riso e un
sussidio di 8 dollari al mese per ogni famiglia. La scorsa settimana circa 200
senza tetto provenienti da diversi villaggi hanno protestato nel centro di
Klaten affermando di sentirsi “dimenticati” e sopraffatti dall’incertezza del
futuro. Intanto un gruppo di volontari sta distribuendo aiuti a diversi senza
tetto che ricevono assistenza grazie alla campagna di intervento promossa dalla
parrocchia Santa Vergine Maria, Madre di Dio, di Wedi. “Al momento – dice il
parroco, padre Francio Xavier Supriyono – stiamo distribuendo cemento e legno
per ricostruire case, come anche cibo; la gente è felice ed è un continuo
ringraziarci”. (T.C.)
SI DISCUTE DI MIGRANTI E SVILUPPO
OGGI E DOMANI A RABAT, IN MAROCCO.
CINQUANTASETTE I PAESI CHE PRENDONO
PARTE AD UNA CONFERENZA
PER ADOTTARE SOLUZIONI PER I
PROBLEMI LEGATI AL FENOMENO MIGRATORIO
RABAT. = Adottare una strategia globale per fare fronte
all’immigrazione clandestina: è questo l’obiettivo della Conferenza
ministeriale euro-africana sulla migrazione e lo sviluppo, che si apre oggi a
Rabat, la capitale del Marocco. I 57 Paesi presenti (30 europei e 27 africani),
scrive l’agenzia MISNA, cercheranno di trovare una soluzione alle radici del fenomeno
migratorio, a cominciare dalla povertà che spinge centinaia di migliaia di
persone ogni anno a lasciare le loro case, con gravi rischi personali, per
cercare illegalmente migliori condizioni di vita in Europa. È la prima volta
che un’iniziativa internazionale riunisce tutti i Paesi di partenza, transito e
arrivo dell’area euro-africana, seppure con una significativa assenza. Alla
conferenza non partecipa infatti l’Algeria, che ha giustificato la sua scelta
protestando per il fatto che l’appuntamento è stato organizzato da Francia,
Spagna e Marocco e non dall’Unione africana. Secondo Algeri, l’UA sarebbe
l’unica istituzione autorizzata ad organizzare una conferenza sull’emigrazione
dall’Africa. Secondo alcune fonti, Algeri potrebbe aver preferito evitare il
confronto con Rabat, che da tempo accusa l’Algeria di non controllare
adeguatamente le sue frontiere. Attraverso queste ultime, ogni anno, decine di
migliaia di migranti clandestini giungono in Marocco, da dove poi tentano di
imbarcarsi per l’Europa. (T.C.)
DIVERSE TRIBU’ DI NOMADI HANNO
FESTEGGIATO IERI A GERANO,
IN PROVINCIA DI ROMA, LA LORO
PATRONA SANT’ANATOLIA.
IL CULTO ALLA SANTA RISALIREBBE AL
X SECOLO
ROMA. = Per festeggiare la loro patrona Sant’Anatolia,
tribù di nomadi provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero si sono
ritrovate ieri a Gerano, in provincia di Roma, nella Valle del Giovenzano. La
morte della giovane martire cristiana risale al 9 luglio del 251 d.C., a Tora
in Sabina, in provincia di Rieti. A Gerano, nella piccola chiesa rurale del IX
secolo, dedicata proprio alla santa, i nomadi, vestiti con i loro
caratteristici costumi, hanno reso omaggio all’immagine della loro patrona,
partecipando poi ad un solenne rito religioso. Secondo la tradizione,
risalirebbe all’anno 932 dopo Cristo il culto dei nomadi per Sant’Anatolia,
quando cioè fu deciso di trasportarne il corpo da Tora in Sabina al monastero
di Santa Scolastica, a Subiaco. Sarebbero stati proprio il lungo tragitto e le
ripetute soste del corteo al seguito del feretro, a dar vita al culto dei
nomadi per la santa, poi scelta come patrona. (T.C.)
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10 luglio 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata -
Strage nei cieli del Pakistan. Un aereo della compagnia
Pakistan international airlines (PIA) si è schiantato stamani subito dopo il
decollo dall’aeroporto di Multan, nella zona centrale del Paese. Tutte le 45
persone a bordo sono morte. Alle operazioni di soccorso prendono parte militari
dell’esercito pakistano, lavoratori dell’Autorità per l’aviazione civile e
quelli dell’associazione umanitaria Edhi. Per la polizia locale l’incidente
sarebbe stato causato da “ragioni tecniche”. L’aereo era diretto a Lahore.
Israele non negozierà uno scambio di prigionieri con
Hamas: nella Striscia di Gaza le operazioni continueranno quindi ad oltranza.
E’ quanto ribadito dallo Stato ebraico che oggi ha condotto l’ennesimo raid
nell’area, provocando la morte due miliziani palestinesi. Dal canto suo, il
presidente palestinese, Abu Mazen, ha inviato due suoi emissari a Damasco per
convincere Khaled Meshaal, il leader di Hamas all’estero, ad intervenire nella
liberazione del soldato israeliano. Intanto, dopo le Nazioni Unite, anche
l’Unione Europea, preoccupata per la situazione dei civili palestinesi, ha chiesto
ad Israele di permettere l’intervento umanitario. Il premier israeliano Olmert
ha invece respinto le critiche di Bruxelles per la “sproporzionata” reazione
militare impiegata contro i palestinesi.
In Iraq gli attentati continuano incessantemente. All’indomani
della sanguinosa strage che ha provocato la morte di 42 sciiti, oggi almeno 10
persone sono morte in due diverse esplosioni nel quartiere sciita di Sadr City,
a Baghdad. Sempre nella capitale, è di quattro vittime il bilancio
dell’esplosione di una bomba nei pressi della Banca centrale irachena. Altre
quattro persone sono morte anche a Kirkuk, nel nord del Paese. Intanto, stamani
è ripreso il processo contro Saddam Hussein e altri sette coimputati per la
strage di Dujail. L’udienza è stata boicottata da Saddam e da gran parte degli
avvocati della difesa, che, dopo l’uccisione di tre loro colleghi, protestano
per la scarsa protezione fornita dalle forze di sicurezza.
La violenza non conosce sosta neanche in Afghanistan. Più
di quaranta ribelli sono stati uccisi oggi in seguito ad una vasta operazione
condotta dalle forze di coalizione internazionale, nel sud del Paese. Intanto,
secondo la stampa britannica, Londra annuncerà nelle prossime ore il
rafforzamento del contingente militare nel Paese asiatico.
Il Consiglio di sicurezza dell’ONU sarà chiamato in
giornata a votare su una risoluzione di condanna della Corea del Nord per i
suoi esperimenti missilistici della settimana scorsa. Lo ha annunciato
l’agenzia giapponese ‘Kyodo’, precisando che la Cina, contraria a sanzioni, è
impegnata sul fronte diplomatico per convincere la Corea del Nord ad aderire al
tavolo delle trattative. Da parte sua, il premier nipponico, Koizumi, ha
precisato che il Giappone non ha alcuna intenzione di insistere per un’immediata
risoluzione di condanna. Questa decisione, che incontra il favore della Cina,
attenua le istanze manifestate in questi giorni.
Il nuovo premier di Timor Est è ufficialmente il premio Nobel per
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R. – Ramos Horta viene indicato come primo ministro, non
esprime il partito di maggioranza che è il Fretilin, di cui era invece
espressione Mari Alkatiri, che si è
dimesso dopo un lungo braccio di ferro
sia con Horta che con il presidente Gusmao e che era stato eletto in maniera -
qualcuno dice quasi bulgara - dal
partito della guerriglia. Ci sono una serie di dissidi interni direi di visione
del mondo: tra l’asse Horta-Gusmao e gli uomini che si stringono attorno ad
Alkatiri sul destino delle risorse, soprattutto energetiche, di Timor Est.
Quella di Horta-Gusmao è giudicata una linea diciamo filo-occidentale, quella
di Mari Alkatiri più aperta ad altri soggetti, ad esempio la Cina ma anche
l’italiana ENI e anche società di altri Paesi.
D.- Ma questo incarico potrebbe porre fine alla crisi
politica e all’ondata di violenza che ha scosso il Paese per diverse settimane?
R. – C’è naturalmente questo desiderio da tutte le parti,
dalle varie anime del Paese, dalla comunità internazionale, ma finché non
andremo alle elezioni, cioè finché il popolo direttamente non potrà esprimersi,
in realtà non sapremo se la crisi è definitivamente chiusa. Certo, con la
nomina di Horta si risolve la crisi istituzionale di questi giorni e questo è
sicuramente importante.
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Un guasto al sistema dei freni. Questa la causa più
accreditata dell’incidente aereo di ieri in Siberia. Sono 140 le vittime
accertate, e non 150 come si affermava nelle prime notizie. Secondo i dati
della Protezione civile locale, i sopravvissuti sono 68, 53 dei quali sono
rimasti feriti. Tra i 193 passeggeri anche 14 bambini, diretti ad una vacanza
nella regione del lago Baikal. Otto di loro sono morti.
Come annunciato in questi giorni, il premier
polacco, Kazimierz Marcinkiewicz, oggi rassegna ufficialmente le sue dimissioni
nelle mani del presidente, Lech Kaczynski. La decisione di Marcinkiewicz
sarebbe maturata in seguito alle crescenti tensioni con il partito di
maggioranza relativa Diritto e Giustizia (PiS). Non è ancora chiaro quando il
parlamento sarà chiamato a votare la nomina del nuovo premier. Tuttavia,
il consiglio politico del PIS ha già dato il via libera alla proposta di
affidare l’incarico di primo ministro al presidente del partito, Jaroslaw Kaczynski,
fratello gemello del capo dello Stato. Jaroslaw Kaczynski nei giorni scorsi ha
fatto sapere che se verrà confermato
come primo ministro cederà il posto di sindaco di Varsavia a
Marcinkiewicz.
L’Iran auspica maggiori scambi commerciali con l’Italia.
E’ quanto ribadito dal capo negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Larijani,
che oggi a Roma incontra il capo della
Farnesina, Massimo D’Alema e il presidente del consiglio, Romano Prodi.
“Le consultazioni con l’Italia - ha aggiunto il diplomatico iraniano - sono
molto importanti per l’Iran, su argomenti bilaterali, regionali e
internazionali”.
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