RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 190 - Testo della trasmissione di domenica 9  luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Aiutare la famiglia”: una necessità per il bene dell’intera umanità. Benedetto XVI ha lanciato il suo monito da Valencia, in Spagna, dove oggi ha celebrato la Messa conclusiva del V Incontro mondiale delle famiglie. Oltre un milione i partecipanti al raduno, durato una settimana. Prossimo appuntamento per le famiglie di tutto il mondo a Città del Messico nel 2009. Il rientro del Papa a Roma previsto alle 15.00.

 

Il cordoglio del Papa per la tragedia in Siberia. Un aereo si è schiantato in fase di decollo: almeno 150 le vittime.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Proseguono i raid israeliani nella Striscia di Gaza. Israele rifiuta il cessate il fuoco proposto dal governo palestinese. Kofi Annan chiede l’immediato sblocco per gli aiuti umanitari alle popolazioni: la testimonianza Meri Calvelli

 

La proposta del neopresidente messicano per un governo di unità nazionale: ce ne parla il prof. Marco Bellingeri

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nulla di fatto alla Conferenza sulle armi leggere organizzata dall’ONU: dopo due settimane di lavori,  accordo impossibile tra  i delegati su un documento finale

 

Libertà di insegnamento e apertura della formazione ai valori trascendenti: è l’auspicio dei vescovi argentini per riformare la legge sull’educazione nel Paese sudamericano

 

In Etiopia, emergenza sociale per malattie alla vista, che colpiscono 5 milioni di abitanti. A lanciare l’allarme è la Orbis International, centro oftalmogico con sede a New York

 

Passeggiata nello spazio di oltre 7 ore per l’equipaggio dello Shuttle ‘Discovery’: operazione conclusa con successo. La missione verrà prolungata di un giorno per consentire altri esperimenti

 

Assegnato all’oculista giapponese Kanai il Premio Nansen per i rifugiati 2006

 

24 ORE NEL MONDO:

La Corea del Nord minaccia “guerra totale” se ostacolata nel suo programma nucleare

 

Ancora sangue in Iraq: più di 40 le vittime in un attentato a Baghdad, nel quartiere sunnita di Jihad.

 

I presidenti delle due parti in cui è divisa l’isola di Cipro hanno raggiunto un accordo per riavviare il processo di pace, interrotto dal 2004

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 luglio 2006

 

“AIUTARE LA FAMIGLIA”: UNA NECESSITÀ PER IL BENE DELL’INTERA UMANITÀ.

BENEDETTO XVI LANCIA IL SUO MONITO DA VALENCIA, IN SPAGNA,

 DOVE OGGI HA CELEBRATO LA MESSA CONCLUSIVA

DEL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Con un grande abbraccio di pace” Benedetto XVI si è unito stamani a tutte le famiglie del mondo, presenti a Valencia e collegate attraverso i mezzi di comunicazione sociale da ogni angolo della Terra per seguire in diretta la Messa presieduta dal Papa, in chiusura del V Incontro mondiale delle famiglie. Un evento di grande rilevanza non solo per la Chiesa cattolica ma per l’intera umanità chiamata a difendere e tramandare i valori della famiglia “un bene necessario per i popoli, un fondamento indispensabile per la società”, ha sottolineato il Santo Padre durante la Veglia celebrata ieri sera nella città delle Arti e delle Scienze, che ha ospitato l’intero raduno, raccogliendo oltre un milione di persone nella città spagnola.

 

“Aiutare la famiglia”, ha ribadito oggi Benedetto XVI “è uno dei più importanti servizi che si possono rendere al bene degli uomini e della società”. Poi all’Angelus un importante annuncio: si svolgerà a Città del Messico nel 2009 il prossimo VI Incontro mondiale delle famiglie.

        

Ieri pomeriggio la visita del Papa ai Reali di Spagna e poi l’incontro con il capo del governo Zapatero, contestato platealmente dalla folla, dopo aver anticipato la sua assenza alla celebrazione eucaristica odierna. Messa cui hanno partecipato oltre al Re Juan Carlos e la regina Sofia, i ministri degli Esteri e della Giustizia in rappresentanza del governo spagnolo, il presidente della Generalitat di Valencia ed il Sindaco della città. Il Rito è stata officiato da oltre 50 cardinali, 450 vescovi e 3 mila sacerdoti.

        

Diamo dunque la parola al nostro inviato a Valencia, Giancarlo La Vella, per la cronaca di questo terzo viaggio internazionale di Benedetto XVI, il primo in terra spagnola, appena concluso.

        

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(canto)

 

“Un messaggio di speranza che da Valencia voglio lanciare a tutte le famiglie del mondo”. Con queste parole Benedetto XVI ha concluso il V Incontro mondiale delle famiglie di Valencia, dando a tutti appuntamento tra tre anni a Città del Messico, per continuare un cammino di fede iniziato da Giovanni Paolo II nel 1994. Nella Santa Messa presieduta nella vasta area della Città delle Arti e delle Scienze di fronte ad oltre 500 mila fedeli, così come nella Veglia della sera precedente, il Papa, che ha utilizzato – come fece già il suo predecessore – il Sacro Calice custodito nella Cattedrale, la stessa coppa utilizzata da Gesù nell’istituzione dell’Eucaristia nell’Ultima Cena, ha tirato le somme di una intensa settimana di dialogo tra le famiglie di tutto il mondo, cominciata con il Congresso teologico pastorale su “La trasmissione della fede nella famiglia”. Alla presenza della effigie della Virgen de Los Desamparados, tanto venerata dalla città di Valencia, l’omelia del Santo Padre ha evidenziato ancora una volta che la famiglia fondata sul matrimonio indissolubile tra uomo e donna è l’ambito ideale in cui la persona può crescere e svilupparsi in modo integrale. E i genitori hanno il diritto e dovere inalienabile di trasferire ai figli il dono della vita e il patrimonio d’esperienza, introducendoli nella vita sociale alla luce dell’esperienza di reciproco amore e, soprattutto, dell’incontro con Dio. Il Santo Padre descrive in qualche modo la presenza nella famiglia di una continuità ispirata alla fede e all’amore, che garantisce il trasferimento di quelle tradizioni che rappresentano il collante di ogni comunità. Su tutti, antenati, presenti e posteri, la mano paterna del Signore:

 

EN EL ORIGEN DE TODO HOMBRE Y, PORT TANTO, EN TODA PATERNIDAD …

“Nell’origine di ogni uomo e, pertanto, in ogni paternità e maternità umana è presente Dio Creatore. I coniugi devono accogliere il bambino che nasce, come figlio non solo loro, ma anche di Dio che lo ama per quello che è – ricorda il Papa –. Ogni atto generativo, ogni paternità e maternità, ogni famiglia ha il proprio principio in Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo”.

 

I genitori cristiani – continua il Santo Padre – sono chiamati a dare un’attestazione credibile della loro fede e speranza, in modo che la chiamata di Dio e la Buona Novella di Cristo arrivino ai figli con grande chiarezza e autenticità, attraverso l’insegnamento della preghiera comune e avvicinandoli ai sacramenti: introducendoli, in pratica nella vita della Chiesa. E la famiglia è anche il luogo della vera libertà e del sostegno reciproco. Richiamando gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI afferma che i coniugi e i genitori cristiani per tutta la vita devono sorreggersi a vicenda nella grazia con amore fedele e istruire nella dottrina cristiana e nelle virtù evangeliche la prole ricevuta con amore da Dio. Per avanzare in questo cammino di maturità umana – dice ancora Benedetto XVI – la Chiesa ci insegna a rispettare e a promuovere la meravigliosa realtà del matrimonio indissolubile tra uomo e donna, origine della famiglia. E poi continua:

 

POR ESO, RECONOCER Y AYUDAR A ESTA INSTITUCIÓN ES UNO DE LOS …

“Per questo riconoscere e aiutare questa istituzione è uno dei più importanti servizi che si possono rendere oggi al bene comune e allo sviluppo autentico degli uomini e della società, così come la migliore garanzia per assicurare la dignità, l’uguaglianza e la vera libertà della persona umana”. 

 

Nella Veglia, appena dodici ore prima, la definizione della famiglia come “Chiesa domestica e santuario della vita”, unione fondata sul matrimonio, esperienza d’amore e di responsabilità per genitori e figli, bene necessario per i popoli e fondamento indispensabile per la società. L’essere umano – dice Benedetto XVI – si realizza pienamente solo quando fa dono sincero di sé agli altri e la famiglia rappresenta proprio l’ambito privilegiato dove ogni persona impara a dare e ricevere amore.

 

Nella calda notte valenciana rischiarata dalla imponente croce luminosa di 35 metri accanto all’altare, c’è l’entusiasmo, gli applausi, i canti, le testimonianze, la preghiera, il saluto al Papa del cardinale Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia che ha promosso l’evento. L’affettuoso calore dei presenti quando il Papa ricorda le parole di Giovanni Paolo II: “L’uomo è immagine e somiglianza di Dio non tanto nella solitudine, quanto nel momento della comunione”. Poi aggiunge:

 

LA FAMILIA ES UNA INSTITUCIÓN INTERMEDIA ENTRE EL INDIVIDUO …

“La famiglia è un’istituzione intermediata individuo e società e niente può supplirla totalmente. Essa si fonda sulla profonda relazione interpersonale tra marito e moglie, sostenuta dall’affetto e dalla mutua comprensione. Il sacramento del matrimonio – dice il Papa – comporta una vera vocazione alla santità. L’amore tra il padre e la madre offre ai figli una grande sicurezza ed insegna loro la bellezza dell’amore fedele e duraturo”.

 

Ma nella società attuale le famiglie non possono essere lasciate sole di fronte alla difficoltà, laddove c’è bisogno di stimoli spirituali per fortificare la coesione del nucleo familiare. Fondamentale, dunque, la parrocchia, le associazioni ecclesiali. Quindi, l’esortazione del Papa ad avviare politiche sociali a favore della famiglia.

 

INVITO, PUES, A LOS GOBERNANTES Y LEGISLADORES A REFLEXIONAR…

“Invito, dunque, i governanti e i legislatori a riflettere sul bene che i focolari domestici in pace e armonia assicurano all’uomo, alla famiglia, centro nevralgico della società. Oggetto delle leggi è il bene integrale dell’uomo, la risposta alle sue necessità alle sue aspirazioni. Dunque, la famiglia è un aiuto alla società di cui non ci si può privare”.

 

In conclusione l’affettuoso accenno del Papa ai nonni, garanti dell’affetto e della tenerezza che ogni essere umano ha bisogno di dare e di ricevere. Per nessuna ragione siano esclusi dall’ambito familiare. Essi – dice ancora il Santo Padre – sono un tesoro che non possiamo strappare alle nuove generazioni, soprattutto quando danno testimonianza di fede all’avvicinarsi della morte. L’ultimo caloroso abbraccio dei fedeli al Papa all’aeroporto di Valencia, prima di ripartire. Salutando le autorità civili e religiose Benedetto XVI ha auspicato che questo incontro continui a risuonare come un canto gioioso d’amore, di vita e di fede condivisa nelle famiglie, aiutando il mondo di oggi a comprendere che l’alleanza matrimoniale, vincolo permanente tra l’uomo e la donna, è un grande bene per tutta l’umanità. Un cammino, dunque, per le famiglie da percorre con consapevolezza e intensità. Il prossimo abbraccio al Papa nel 2009 in terra messicana.

 

Da Valencia, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.

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Benedetto XVI ha lasciato Valencia circa un’ora fa e in questo momento è in viaggio verso Roma, dove giungerà all’aeroporto di Ciampino intorno alle 15.00. Come è consuetudine il Papa ha trasmesso un telegramma di commiato al Re di Spagna, esprimendo “profondo riconoscimento” a tutte le autorità e “all’amato popolo” di questo Paese “per le tante prove di vicinanza e affetto”, mostrate in ogni momento, e confidando “con l’aiuto dell’Onnipotente” che questa “Nazione prosegua il suo cammino di prosperità e pace in consonanza con le sue nobili tradizioni e radici cristiane, che hanno caratterizzato i suoi figlie durante i secoli”. Da parte sua il Re Juan Carlos ha ringraziato il Papa, in partenza all’aeroporto, per “le parola amabili e sentite, cariche di affetto dedicate alla Spagna e agli spagnoli” oltre al conforto offerto di fronte alla tragedia vissuta recentemente a Valencia nell’incidente nella metropolitana, dichiarando l’orgoglio del suo Paese di ospitare “giornate ed incontri della Chiesa con indubbio significato e proiezione universali”

        

Un altro telegramma il Papa ha inviato al capo di Stato italiano, Giorgio Napolitano, in vista del suo rientro a Roma, rivolgendo un pensiero particolare a quanti anche in questo Paese “con generosità e spirito di servizio operano per difendere la famiglia fondata sul matrimonio dalle molteplici insidie che ne minano la stabilità”. Ricordiamo che stamani - nei saluti dopo l’Angelus ai fedeli di lingua italiana presenti a Valencia -  il Papa ha reiterato l’appello a tutti gli italiani perché non disperdano “il patrimonio morale, spirituale e sociale del Paese”.

 

Torniamo a Valencia con uno sguardo a Città del Messico, meta del prossimo Incontro mondiale delle famiglie, una tradizione che si rinnova dal 1993 per volontà di Giovanni Paolo II. Quale bilancio di questa esperienza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana.

 

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R. – E’ una tradizione continua, una tradizione ancora giovane, ma già piena di significato. Non soltanto si vede il popolo delle famiglie, ma si vede anche l’attenzione che la Chiesa nel mondo intero ha verso la famiglia, la consapevolezza che intorno alla famiglia si giochi una questione decisiva non solo per la Chiesa, ma per l’umanità. La riuscita molto felice di questa manifestazione è di buon auspicio per il futuro.

 

D. – Come vede la situazione della famiglia italiana?

 

R. – La famiglia italiana sta meglio comparativamente ad altre famiglie in altri Paesi del mondo, anche a noi vicini. Anch’essa, però, deve affrontare gravi difficoltà sia interne che esterne ed è importante per questo che cresca nei coniugi la consapevolezza della loro missione.

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Da Valencia un messaggio di speranza per la famiglia, che richiede però consapevolezza ed impegno da parte di tutti. Ce ne parla il nostro direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi, al seguito del Papa:

 

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Le architetture modernistiche – diciamo pure: futuristiche – della Città delle Arti e delle Scienze, hanno fatto da sfondo al grande spazio inondato dal sole dove si è celebrata questa grande riunione di fede e di preghiera intorno al Papa. Le famiglie cattoliche che testimoniano la loro fede: famiglie normali, di tutte le età e di tutte le parti del mondo, famiglie di persone che si vogliono bene, credono che Dio abbia fatto loro un grande dono, quello di un amore fedele, capace di donarsi e di donare la vita, capace di accoglienza e di solidarietà, e si impegnano a custodirlo e pregano perché Dio lo conservi.

 

Queste famiglie, per fortuna, sono molto numerose, e l’incontro di Valencia lo dice. Dice che l’amore cristiano è possibile. Anche coloro che non hanno conosciuto questo dono o lo hanno visto fallire sono oggi molto numerosi; spesso ne soffrono profondamente. Molti di loro pensano anche che l’affermazione della priorità della libertà individuale corrisponda meglio alla situazione della società di oggi e di domani, piuttosto che l’insistenza controcorrente sul valore della fedeltà e della stabilità. Quando era stata scelta Valencia per questo incontro, non si poteva immaginare che la Spagna sarebbe diventata uno dei luoghi più drammaticamente espressivi di questa situazione di alternativa davanti al futuro, per la compresenza di una tradizione cattolica antica e di una legislazione orientata in direzione profondamente diversa.

 

Le parole del Papa sono state chiare e serene. Dire ciò in cui si crede è un dovere, per il Papa una missione. Non c’è intento polemico: si tratta di far capire che cosa è veramente in gioco. E’ in gioco uno dei luoghi fondamentali, anzi, il luogo più originario dell’esperienza dell’amore e quindi della qualità e della bontà dei rapporti umani. E questo è un bene troppo grande per tutti, per poterlo trascurare. Un bene da proteggere per oggi e per domani, perché purtroppo la società può anche perderlo o vederlo diventare così raro da considerarlo eccezionale e non più un punto di riferimento comune.

 

La Chiesa, le famiglie cattoliche, tutte le persone di buona volontà di ogni confessione e fede devono fare la loro parte. Al di là della proclamazione di principio, c’è la pastorale quotidiana e la testimonianza della vita. Quella, appunto, che nonostante le grandi difficoltà permette di trasmettere valori positivi da una generazione all’altra, da una persona all’altra.

 

Ci auguriamo che Valencia sia un messaggio di speranza per tutti coloro che umilmente e concretamente, in ogni parte del mondo, si impegnano perché l’amore trovi le vie per mantenersi e manifestarsi.

 

E’ questo, infatti, il segno che la persona umana è immagine di Dio.

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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA TRAGEDIA IN SIBERIA.

UN AEREO SI È SCHIANTATO IN FASE DI DECOLLO: ALMENO 150 LE VITTIME.

 

Il Papa in un telegramma si è detto “profondamente rattristato” per la grave sciagura aerea accaduta a Irkutsk, in Siberia, dove un aereo della compagnia russa ‘Sibir Air’ è uscito di pista in fase di atterraggio, schiantandosi contro un muro prima di prendere fuoco. Il Santo Padre ha espresso la “sua spirituale vicinanza” alle famiglie delle 150 vittime colpite dal “luttuoso avvenimento”. A bordo dell’aereo, proveniente da Mosca, c’erano 200 passeggeri fra cui – secondo alcune fonti – diversi bambini. Dalle prime informazioni, una quarantina di persone con ustioni di diversa entità sono state ricoverate negli ospedali dalla zona. A questi il Papa auspica “una pronta guarigione”. Il ministro dei Trasporti russo, Igor Levitin, inviato sul posto dal presidente Putin, ha indicato come possibile causa dell’incidente le cattive condizioni della pista di atterraggio, bagnata per la pioggia. Le ipotesi della procura sono di un guasto tecnico o un errore umano. Le due scatole nere del velivolo, ritrovate intatte, verranno analizzate nelle prossime ore.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 luglio 2006

 

 

ISRAELE RIFIUTA PROPOSTA DI TREGUA DEL GOVERNO PALESTINESE.

KOFI ANNAN, PRECCCUPATO PER LA SORTE DEI CIVILI,

CHIEDE L’IMMEDIATO INGRESSO DEGLI AIUTI UMANITARI NELL’AREA

- La testimonianza di Meri Calvelli -

 

Proseguono anche oggi le operazioni delle Forze armate israeliane nella Striscia di Gaza. E mentre ieri il premier israeliano, Olmert, ha rifiutato la proposta palestinese per un cessate il fuoco, il segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, ha chiesto l’accesso immediato degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite nell’area. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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E’ difficile stabilire con esattezza quante siano finora le vittime palestinesi e quante di esse siano civili. La stampa israeliana parla di 50-70 vittime, quasi tutti terroristi, mentre fonti palestinesi precisano che solo 20 erano coinvolti in azioni militari. Intanto, sul piano politico, gode del pieno sostegno dei ministri israeliani la linea dura adottata dal premier Olmert, che ieri ha rifiutato la proposta dal premier palestinese, Haniyeh, per un cessate il fuoco reciproco nella Striscia. Per Olmert la parola d’ordine è una sola:  proseguire fino alla liberazione del soldato rapito due settimane fa. Da parte palestinese per risolvere la crisi occorre invece un accordo globale in cui anche Israele deve concedere qualcosa ai palestinesi. Il governo di Hamas, che ha annunciato un’intesa di principio fra il premier Haniyeh e le fazioni armate, vuole soprattutto conoscere se e con quali condizioni Israele ha intenzione di liberare i detenuti palestinesi. Sulla crisi è intervenuto anche il Segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, che si è detto estremamente  preoccupato per la popolazione, ha chiesto ieri ad Israele di garantire l’ingresso immediato di viveri e aiuti umanitari: un’azione urgente e necessaria per fermare l’offensiva che colpisce i civili ormai da molti giorni.

 

Ma per un quadro sulla tragica situazione che vive la popolazione palestinese, Francesca Sabatinelli ha intervistato Meri Calvelli, operatrice umanitaria del Centro regionale di intervento per la cooperazione (CRIC), che da quattro anni si trova a Gaza:

 

R. – E’ un’emergenza grandissima: è dal 25 giugno che siamo completamente sigillati dentro quest’area con attacchi, bombardamenti eccetera. Non c’è assolutamente elettricità in tutta l’area. Io sono tornata da una visita appunto a Betlaya, dove l’Esercito si è ritirato; le famiglie mi hanno raccontato che in questi tre giorni l’Esercito si era insediato nelle loro case, tutte le famiglie erano state chiuse dentro un’unica stanza, senza elettricità, acqua e cibo praticamente per tre giorni con – tra l’altro – decine di bambini, e con l’Esercito sopra il tetto che si era creato delle postazioni per sparare su chi si muoveva nell’area intorno.

 

D. – La popolazione civile come sta reagendo?

 

R. – Sembra incredibile, ma questa popolazione purtroppo ormai è abituata da tantissimi anni a vivere in queste condizioni di attacchi, riprese, attacchi e riprese. Quindi, stamattina dentro questa zona completamente disastrata ho trovato la popolazione che stava per l’ennesima volta all’opera per ricostruire, per riprendere una vita “normale”. Certo, nel momento in cui vengono attaccati fortemente lo leggi negli occhi dei bambini, lo leggi negli occhi della gente che comunque è un continuo stress, è una continua paura e un continuo terrore di quello che può loro accadere. Basti pensare che ieri tutti i giovani dell’area che era sotto invasione sono stati rastrellati e messi dentro una fossa in attesa delle perquisizioni e poi della distruzione delle loro case.

 

D. – Per quanto riguarda la richiesta del premier Haniyeh di un cessate-il-fuoco congiunto, ci sono i presupposti?

 

R. – Ci potrebbero essere se smettessero con le operazioni militari: bombardano senza preavviso dal cielo, dal mare e poi da terra, entrando con i carri armati, quindi direi che comunque dovrebbe essere più da una parte, prima di tutto, il cessate-il-fuoco. Dopo di che, effettivamente, la popolazione lo ha sempre voluto, lo ha sempre dichiarato. Purtroppo, i presupposti potrebbero esserci se ci fosse soprattutto la volontà di non voler distruggere completamente questa popolazione.

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In messico il nuovo presidente, felipe Calderon,

propone un governo di unità nazionale mentre i sostenitori di obrador, sconfitto alle elezioni presidenziali di domenica scorsa,

scendono in piazza per contestare i risultati dello scrutinio

- Con noi il prof Marco Bellingeri -

 

In Messico, alla luce dell’esito delle Elezioni presidenziali di domenica scorsa,  più di 200 mila sostenitori del candidato sconfitto, Lopez Obrador, del Partito della rivoluzione democratica (PRD), hanno manifestato nel cuore della capitale, Città del Messico, contestando i risultati che hanno assegnato, con un margine minimo, la vittoria al candidato del Partito Azione Nazionale (PAN), Felipe Calderon. Obrador, che ha ribadito l’intenzione di chiedere un nuovo conteggio dei voti, ha chiamato i suoi elettori a una “marcia  nazionale per la democrazia” che si concluderà nella capitale il 16 luglio. Sono 900 mila le schede considerate nulle dal Tribunale elettorale che avrà tempo fino al 6 settembre per proclamare ufficialmente il Presidente eletto. Cosa ci dobbiamo aspettare dunque nei prossimi mesi? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Marco Bellingeri, docente di storia dell’America Latina presso l’Università di Torino:

 

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R. - Un risultato di questo tipo ovviamente apre uno scenario pieno di incognite. Bisognerà aspettare per vedere quali saranno le posizioni che prenderà il PRD, il partito di López Obrador. Sicuramente ci sarà un ricorso al tribunale elettorale, all’Istituto Federale Elettorale.

 

D. - Caldéron ha proposto un governo di unità nazionale. Secondo lei ci sono le condizioni per farlo?

 

R. – Si. Credo che le condizioni ci siano, ma sono molto particolari. La Gordillo che è la dirigente del Partido Revolucionario Institucional (PRI) sembra accettare questa proposta di Caldéron. Giustamente Ester Gordillo ha detto che in realtà il grande vincitore di queste elezioni è proprio il PRI perché evidentemente si mette come centro delle alleanze politiche: tra l’altro l’alleanza fra PRI e PAN è indispensabile perché ricordiamoci che queste elezioni vedono vincitore Caldéron con una percentuale molto molto bassa. Il Messico non ha mai attuato una riforma costituzionale che permettesse un secondo turno nel momento in cui il candidato vincitore non avesse raggiunto il 51%, per cui è una situazione, che, anche dal punto di vista costituzionale,  è molto ambigua. Il presidente, a conti fatti, è stato eletto con il  20% delle preferenze dei votanti e non ha neanche la maggioranza nelle camere.

D. - L’obiettivo comunque è quello di rilanciare la competitività, la stabilità economica del Paese. Quali saranno le prime mosse di Caldéron in questo senso?

 

R. - Per rilanciare la competitività del Messico e farlo emergere da questa situazione di impasse in cui si è trovato negli ultimi anni, secondo me c’è un piano di riforme fondamentale da attuare. Ci sono deficit di infrastrutture, c’è da intervenire sul settore elettrico, modernizzare il settore petrolifero. Non credo che si parli di privatizzazione, di Pemex, il monopolio pubblico del petrolio, che è l’asso portante poi dell’economia estera del Messico.

 

D. - Il Messico avrebbe le potenzialità per assumere a livello mondiale il ruolo di Paese emergente a fianco di Cina, India e Brasile?

 

R. - E’ già la decima potenza industriale del mondo. Per cui assolutamente non marginale. In realtà i problemi del Messico sono quelli di una crescita molto differenziata, molto disequilibrata, e non tanto di una mancanza di crescita. Questo è un problema di tutti i Paesi emergenti in generale. Certo le entrate petrolifere, che si manterranno sicuramente molto alte per tutti i prossimi anni, permettono anche di attuare politiche sociali che non sono solo quelle annunciate magari in chiave un po’ populista, da Lopez Obrador. Le manovre poi riguardano 7,5 miliardi di euro, che è una cifra assolutamente accettabile per un Paese come il Messico. Ma Caldéron dovrà agire anche per rafforzare il mercato interno.

 

D. - Quale sarà la politica messicana rispetto ai suoi vicini? Penso a Venezuela, Bolivia Cuba, ma anche agli Stati Uniti…

 

R. – Sicuramente, come il Venezuela di Chavez, le relazioni si manterranno abbastanza tese. Anche per l’aggressività che aveva dimostrato Chavez con il governo di Fox e con il Messico in generale. Ricordiamoci che il Messico è un Paese fortemente nazionalista. Credo comunque che Caldéron dovrà rinegoziare con l’Amministrazione Bush tutta una serie di problemi, specialmente quelli relativi all’immigrazione. Questo non credo che lo avvicini particolarmente ad alcune posizioni nordamericane che si sono dimostrate fondamentalmente incapaci di affrontare i grandi nodi di questo ingombrante vicino, che però per loro è fondamentale.

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CHIESA E SOCIETA’

9 luglio 2006

 

 

NULLA DI FATTO ALLA CONFERENZA SULLE ARMI LEGGERE ORGANIZZATA DALL’ONU:

 DOPO DUE SETTIMANE DI LAVORI, ACCORDO IMPOSSIBILE TRA I DELEGATI

 SU UN DOCUMENTO FINALE

 

NEW YORK. = Si è conclusa con un nulla di fatto e senza alcun accordo su un documento finale la Conferenza delle Nazioni Unite sulle armi leggere. Svoltosi al Palazzo di Vetro di New York dal 26 giugno al 7 luglio, l’incontro puntava a rinnovare gli sforzi per combattere il traffico illegale di armi di piccolo taglio, ma le divisioni tra le Nazioni si sono rivelate troppo profonde e i delegati hanno rinunciato a trovare un accordo su un documento finale che elencasse le minacce più serie legate al traffico di pistole, fucili e mitra e indicasse i modi per combattere un commercio illecito che sfiora il miliardo di dollari. Tra gli obiettivi della Conferenza, c’era anche la valutazione dei progressi compiuti in questa direzione negli ultimi 5 anni, cioè da quando è stato varato un programma d’azione per ridurre la vendita di piccole armi. Ma la scelta di trovare un accordo unanime su ogni punto del documento finale si è rivelata fatale, poiché molti membri dell’ONU si sono rifiutati di discutere la portata del mercato di armi nel loro Paese. In particolare, ad opporsi alle proposte di meccanismi internazionali che regolino la compravendita di armi sono stati Cina, India, Iran e Pakistan, mentre gli Stati Uniti si sono detti scettici, poiché il diritto alla difesa armata è previsto dalla Costituzione americana. I delegati, comunque, torneranno a discutere le stesse tematiche di fronte alla Commissione disarmo dell’ONU, dove non è richiesto il consenso per un accordo, nella prospettiva di riuscire a redigere un trattato che vincoli la comunità internazionale. (I.P.)

 

 

LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO E APERTURA DELLA FORMAZIONE AI VALORI TRASCENDENTI: È L’AUSPICIO DEI VESCOVI ARGENTINI PER RIFORMARE

 LA LEGGE SULL’EDUCAZIONE NEL PAESE SUDAMERICANO

 

BUENOS AIRES. = Vivo dibattito, in questi giorni, in Argentina per riformare la Legge sull’educazione. La Chiesa cattolica del Paese, informa l’agenzia Fides, sta discutendo la proposta presentata dal governo nazionale e spera che la futura normativa rispetti la libertà di insegnamento, il ruolo sussidiario dello Stato e l’apertura dei contenuti educativi ai valori trascendenti. Durante la relazione sulle “Problematiche educative attuali”, presentata al Consiglio professionale di Scienze economiche di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo della città, ha ribadito che i cambiamenti nel campo dell’educazione non possono venire dalla carta, ma da “una rivoluzione del cuore, un cuore che vede”. Se ciò non accade, ha aggiunto il porporato, “si cambiano anche le cose, ma per il male”; per questo è quanto mai urgente “ricostruire il patto educativo”. Gli ha fatto eco mons. Josè Maria Arancedo, arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz: “Questa Legge – ha detto – dovrà facilitare e garantire il pieno sviluppo dell’uomo come persona, nella sua dignità, tanto nella dimensione fisica, spirituale e culturale, quanto in quella religiosa”. Secondo il presule, l’educazione “deve essere un servizio di perfezionamento integrale dell’uomo. Deve creare le condizioni che assicurino lo sviluppo di una società più giusta e solidale, basata sui valori della pace, della libertà, dell’uguaglianza di opportunità e capace di preparare i cittadini al servizio del bene comune”. In questo contesto, ha sottolineato mons. Arancedo, un ruolo fondamentale deve essere riconosciuto alla famiglia “come agente naturale e primario dell’educazione, cioè prima di ogni legislazione. Questo spiega il diritto dei genitori a decidere ed a contare sulle possibilità di educare i loro figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose”. “La nuova legge – ha concluso il presule – deve proteggere il futuro dei nostri giovani nel rispetto della libertà, nello sviluppo della loro responsabilità e nella formazione di nuovi valori”. (I.P.)

 

 

IN ETIOPIA, Emergenza sociale per malattie alla vista

che colpiscono 5 milioni di abitanti.

A LANCIARE L’ALLARME è la Orbis International,

centro oftalmologico con sede a New York

 

NEW YORK. = Nella popolazione etiope, composta da circa 75 milioni di abitanti, sono quasi un milione le persone che hanno perso la vista ed altri 4 milioni sono ipovedenti a causa di malattie che avrebbero potuto o potrebbero essere curate facilmente. I dati, diffusi da ‘Orbis International’, un Centro oftalmologico con sede a New York, descrivono l’Etiopia come uno dei Paesi al mondo con la più alta percentuale di malattie dell’apparato visivo. La carenza di vitamina A, le pessime condizioni igienico-sanitarie, l’impossibilità di curare infezioni sono i fattori principali che determinano l’aggravarsi delle condizioni oftalmologiche della popolazione. Sono i campi rurali e le aree periferiche le zone più colpite dalle malattie. In questi luoghi, infatti, avere un medico a disposizione e usufruire di un’adeguata educazione sanitaria di base sono cose molto difficili da ottenere. Secondo un’indagine Orbis, la cataratta, il glaucoma e il tracoma sono le principali malattie di cui soffrono gli etiopi: tutte hanno come conseguenza la cecità. Gli esperti di Orbis hanno deciso di offrire il loro aiuto alle popolazioni dei 70 Paesi colpiti dal male oculare e visivo, diventato ormai una vera emergenza sociale. (A.G.)

 

 

PASSEGGIATA NELLO SPAZIO DI OLTRE 7 ORE

PER L’EQUIPAGGIO DELLO SHUTTLE ‘DISCOVERY’:

OPERAZIONE CONCLUSA CON SUCCESSO. LA MISSIONE VERRÀ PROLUNGATA

DI UN GIORNO PER CONSENTIRE ALTRI ESPERIMENTI

 

WASHINGTON. = Si è conclusa con successo, ieri, la prima delle tre passeggiate spaziali previste nel corso della missione delDiscovery’, lo shuttle della Nasa in orbita da martedì. A percorrere le vie del cielo, sono stati i due astronauti Mike Fossum e Piers Sellers, che sono rimasti fuori dalla navetta per 7 ore e 31 minuti, un’ora in più rispetto al programma. Gli obiettivi della passeggiata, perfettamente raggiunti, erano due: fare alcune riparazioni agli apparati della ISS, la Stazione spaziale internazionale a cui il Discovery è attraccato da giovedì; e sperimentare se il braccio robot dello shuttle, allungato fino a circa 30 metri grazie ad una sorta di protesi, può servire a raggiungere le parti della navetta più nascoste. Visti i risultati positivi, la NASA ha già deciso di prolungare da 12 a 13 giorni la missione del Discovery, così da consentire a Fossum e Sellers di compiere, mercoledì prossimo, un’ulteriore passeggiata e, forse, mettere in pratica una nuova tecnica di riparazione delle piccole fessure che potrebbero prodursi sullo scudo termico. (I.P.)

 

 

ASSEGNATO ALL’OCULISTA GIAPPONESE KANAI IL PREMIO NANSEN PER I RIFUGIATI 2006. IN OLTRE 20 ANNI DI PROFESSIONE,

 IL MEDICO HA AIUTATO PIÙ DI 100 MILA SFOLLATI IN TUTTO IL MONDO

 

BERNA. = Grazie a lui, oltre 100 mila rifugiati in tutto il mondo hanno migliorato la qualità della loro vita: si tratta del dottor Akio Kanai, un oculista giapponese che da oltre 20 anni si dedica al controllo della vista e alla fornitura degli occhiali per gli sfollati. Per questo, l’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha deciso di assegnargli il Premio Nansen per i Rifugiati 2006. Istituito nel 1954 e intitolato a Fridtjof Nansen, il celebre esploratore norvegese e primo Commissario internazionale per i rifugiati, il Premio viene assegnato ogni anno ad individui od organizzazioni che si sono distinte nel loro impegno in favore dei richiedenti asilo. “Il dono della vista è prezioso – ha affermato l’Alto Commissario ONU per i Rifugiati, António Guteress – la sua cura costituisce un’enorme differenza nella vita delle persone, rendendo possibile a bambini ed adulti avere un’istruzione e uscire dalla marginalità”. Il dottor Kanai, riferisce l’agenzia Fides, ha iniziato la propria attività umanitaria di oculista in Thailandia nel 1983 con i rifugiati indocinesi, molti dei quali avevano rotto o perso i propri occhiali durante la fuga dal loro Paese d’origine. La collaborazione del medico giapponese con l’UNHCR, invece, è cominciata l’anno successivo e da allora l’uomo ha svolto oltre 24 missioni umanitarie per aiutare rifugiati e sfollati in Nepal, Thailandia, Azerbaijan e Armenia, durante le quali ha donato più di 108 mila paia di occhiali, ha fornito equipaggiamento ottico, versato contributi in denaro e svolto attività di formazione del personale medico locale. Il Premio Nansen prevede l’assegnazione, da parte di Norvegia e Svizzera, di una somma di 100 mila dollari da utilizzare per un progetto in favore dei rifugiati scelto dal vincitore, e sarà consegnato ufficialmente all’inizio di ottobre a Ginevra, durante la riunione annuale dell’ExCom, il Comitato esecutivo dell’UNHCR. (I.P.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 luglio 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata-

        

La Corea del Nord è pronta ad una ‘guerra totale’ se ostacolata nel suo programma nucleare. E’ la nuova minaccia del leader del Paese asiatico, Kim Jong-Il, che ha precisato: “Non faremo alcuna concessione agli Stati Uniti”, dopo i test missilistici dei giorni scorsi. Intanto, in caso di minaccia nucleare diretta, il Giappone ha rivendicato il diritto di attaccare la Corea del Nord al fine di garantire la sicurezza alla popolazione. Il ministro degli Esteri di Tokyo, Taro Aso, ha sostenuto questa possibilità nonostante la costituzione pacifista giapponese vieti il ricorso alla forza militare. Dal canto suo la Corea del Sud ha invitato invece il Giappone ad un atteggiamento più cauto. Infine, mentre il Consiglio di sicurezza dell'ONU lavora ad una risoluzione di condanna di Pyongyang per i lanci missilistici, la Flotta statunitense ha rafforzato la sua presenza nel mare giapponese.

 

L’India ha effettuato oggi il lancio-prova di un missile nucleare a media gittata capace di raggiungere le città cinesi di Pechino e Shanghai. Lo hanno annunciato i responsabili della Difesa indiani, precisando che il test è stato effettuato a circa 200 chilometri a nord-est della capitale dello Stato di Orissa.

 

Non si arresta la spirale di violenza in Afghanistan. Un soldato della coalizione internazionale e 10 ribelli taleban sono rimasti uccisi tra ieri e oggi nel corso di diversi scontri nel sud del Paese. In questo modo sale a 50 il numero dei soldati della coalizione uccisi nel Paese dall’inizio del 2006.

 

In Iraq, sono almeno 42 i morti nell’attentato avvenuto stamani a Baghdad, nel quartiere sunnita di Jihad. L’attacco è scattato dopo che, la notte scorsa, un’autobomba lanciata contro una moschea sciita aveva ucciso tre persone. Per rappresaglia, i guerriglieri sciiti hanno organizzato un finto posto di blocco ed hanno colpito a morte 20 persone. Subito dopo, si è scatenata una battaglia che ha provocato altre 20 vittime. Intanto, secondo fonti militari irachene, sarebbe stato catturato il numero due dell’Esercito islamico, l’organizzazione terroristica che nel 2004 rivendicò l’uccisione del giornalista italiano Enzo Baldoni. L’uomo, Alì Najm Abdallah è stato arrestato stamattina dalle Forze speciali irachene nei pressi di Kirkuk.

 

I presidenti delle due parti in cui è divisa l’isola di Cipro, il greco-cipriota, Tassos Papadopoulos, ed il turco-cipriota Mehmet Ali Talat, hanno raggiunto un accordo per riavviare il processo di pace, interrotto dal 2004. L’incontro di ieri, svoltosi sotto l’egida dell’ONU, ha stabilito che i colloqui partiranno a fine luglio ed avranno un primo periodo di bassa intensità, in cui sarà toccata una serie di problemi preliminari legati al conflitto, con la prospettiva di sfociare in trattative di pace vere e proprie. I due leader non si incontravano dall’aprile del 2004, quando un piano di riunificazione graduale dell’Isola, proposto dal segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, fu sottoposto a referendum in tutta l’Isola e approvato solo dalla parte turca. L'esito del referendum fece entrare nell’Unione europea una Cipro divisa (entrò infatti solo la parte greca), lasciando aperta una vecchia ferita nel cuore dell'Europa. La questione si erge come un serio ostacolo nelle trattative per l’ingresso della Turchia nell’UE, avviate lo scorso ottobre, nelle quali è cresciuta la pressione su Ankara affinché riconosca il governo greco-cipriota e apra i suoi porti e aeroporti alle merci greco-cipriote.

 

La magistratura messicana ha prosciolto l’ex presidente, Luís Echeverría, accusato di genocidio per il suo ruolo nella strage di Tlatelolco, avvenuta a Città del Messico, il 2 ottobre 1968. L’ex presidente, ora 84enne, era stato accusato una settimana fa del massacro degli studenti nella capitale messicana e posto agli arresti domiciliari per ragioni di età e di salute. Secondo il suo legale, il magistrato ha sentenziato che l’ex presidente messicano non può essere processato perché il crimine di genocidio è “caduto in prescrizione”. Nel Paese Latinoamericano il termine per la prescrizione di questo reato è di 30 anni, tuttavia l’accusa sosteneva che Echeverría aveva goduto dal 1968 al 1976 di uno stato di immunità, per cui la scadenza del termine doveva essere posticipata.

 

In Somalia è di almeno 12 morti il bilancio delle vittime causate dagli scontri a fuoco scoppiati oggi a Mogadiscio, tra miliziani delle corti islamiche e uomini fedeli agli sconfitti Signori della guerra. Lo riferiscono testimoni e fonti dei miliziani. Si tratta degli scontri più pesanti da quando il 5 giugno scorso gli islamici hanno strappato il controllo di Mogadiscio  ai Signori della guerra appoggiati dagli Stati Uniti. 

 

Un fallimento della giustizia. Così il governo del Rwanda definisce la sentenza del Tribunale internazionale che ieri ha dimezzato in appello la pena contro l’ex comandante, Samuel Imanishimwe, accusato di crimini contro l’umanità durante il genocidio del 1994, quando furono sterminati 800 mila tra Tutsi e Hutu. L’ex comandante, dovrà scontare 12 anni di carcere anziché 27, come stabilito dalla prima sentenza.

 

Nella Repubblica democratica del Congo, sono stati liberati i cinque caschi blu nepalesi tenuti in ostaggio da cinque settimane da miliziani nella regione dell’Ituri, nel nord est del Paese. Lo ha reso noto la Commissione ONU presente nell’area. Intanto nella capitale Kinshasa un giornalista congolese è stato ucciso da sconosciuti armati ieri nella sua abitazione. Il giornalista, che aveva da poco pubblicato un articolo molto critico nei confronti del governo, aveva già subito un attentato a marzo. L’omicidio è avvenuto a meno di un mese dalle prime elezioni libere, politiche e presidenziali, nel Paese. Solo pochi giorni fa gli ambasciatori dei Paesi donatori in visita in Congo avevano chiesto ufficialmente al governo di rispettare la libertà di stampa nel Paese.

 

In Italia, altri inviti a comparire saranno emessi presto dalla Magistratura milanese che indaga sul sequestro dell’ex imam di Milano, Abu Omar. Si tratta di altri appartenenti al SISMI, dopo Mancini e Ciorra, ai quali verrebbe contestato il concorso nel sequestro. Indagati anche i funzionari Maurizio Regondi, Lorenzo Pillinini e Marco Jodice, all'epoca dei fatti capi centro a Milano, Padova e Trieste. Il ministro della Difesa, Parisi, ha precisato che non è in discussione il vertice del SISMI. 

 

C’è grande attesa per la finalissima di stasera a Berlino fra Italia e Francia che conclude i Mondiali 2006. Il Presidente della repubblica italiana, Giorgio Napolitano, è giunto in mattinata nella capitale tedesca. Il presidente parteciperà ad un ricevimento insieme con i politici che stasera saranno presenti allo stadio di Berlino: il presidente francese, Jaques Chirac, l’omologo sud africano, Thabo Mbeki, quello tedesco Horst Köhler e il numero uno del palazzo di Vetro, Kofi Annan.

 

 

 

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