RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 188 - Testo della trasmissione di venerdì 7 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Elevato in Africa il numero delle vittime della tratta di esseri
umani
In Messico, appello
all’unità nazionale del neo presidente Calderon dopo la vittoria nelle
presidenziali
7 luglio 2006
VALENCIA
ATTENDE BENEDETTO XVI.
DOMANI
IL PAPA AL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA
- Ai
nostri microfoni il cardinale Jorge Urosa -
Ultimi
preparativi per l’arrivo del Papa, domani, al V Incontro Mondiale delle
Famiglie, in corso a Valencia sul tema “La trasmissione della fede nella
famiglia”. Stasera si conclude il congresso teologico pastorale internazionale
dal medesimo titolo, che dal 4 luglio scorso ha visto succedersi decine di
interventi sui più diversi aspetti della famiglia nella nostra epoca: fede,
bioetica, economia, educazione, morale, pastorale. Ma come la città spagnola
attende l’incontro con Benedetto XVI? Ce ne parla da Valencia il nostro
inviato, Giancarlo
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Nella
sua armonica e appariscente modernità, Valencia è oggi una città ancora
addolorata per il gravissimo incidente avvenuto nei giorni scorsi nella
metropolitana, costato la vita a 42 persone. Sentimenti che, tuttavia, non
impediscono di vivere l’attesa per l’abbraccio a Benedetto XVI, che viene nella
città a salutare le famiglie di tutto il mondo. Lo stesso Pontefice ha
modificato il programma della sua visita e domani, non appena arrivato a
Valencia, prima di recarsi nella Cattedrale e nella Basilica della Virgen de
Los Desamparados, sosterà in preghiera sul luogo del disastro, salutando i
parenti delle vittime. Tutti i palazzi della città espongono bandiere con i
colori bianco e giallo della Santa Sede o striscioni con frasi di saluto per il
Santo Padre.
Già
mobilitati 2000 agenti, affinché tutto proceda per il meglio ed impegnati ben
10 mila volontari che, dall’inizio di questa settimana, provvedono ad aiutare e
a dare consigli utili per le tantissime famiglie che continuano ad arrivare da
tutto il mondo. Per ognuno è stato preparato un kit del pellegrino: uno zaino
con la documentazione necessaria per muoversi a Valencia, maglietta,
cappellino, acqua e ventaglio. Sono indispensabili gli ultimi due in questa
calda stagione: – si superano di gran lunga i
Da
Valencia, Giancarlo
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Trattandosi
di un Incontro delle Famiglie a livello mondiale, cerchiamo di focalizzare
alcune delle problematiche e delle caratteristiche delle realtà familiari oltre
i confini europei.
Guardando
all’America Latina, negli ultimi anni si è registrato un fenomeno di forte
instabilità matrimoniale. 23 milioni di
persone della classe media sono diventati poveri, secondo le cifre della
Commissione Economica per l'America Latina ed i Carabi. Ciò ha aggravato
ulteriormente la situazione familiare in regioni che, da molti decenni, vivono
difficoltà rilevanti. Ma dei problemi e delle sfide che pongono alla Chiesa
latinoamericana, ci parla, nell’intervista di Luis Balilla, l’arcivescovo
di Caracas, in Venezuela, il cardinale Jorge Urosa:
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NOSOTROS
TENEMOS UNA FAMILIA TRADICIONALMENTE DEBIL…
“Abbiamo
una famiglia piuttosto debole per mancanza di legami religiosi, vale a dire
abbiamo poche famiglie santificate con il Sacramento del matrimonio. Mi riferisco
ovviamente a quella abitudine molto latinoamericana di formare coppie senza una
stabilità sicura e duratura che è, a mio avviso, fondamentale affinché una
famiglia si possa sviluppare. Là dove non c’è questa stabilità, ove non c’è un
consolidamento della coppia nel matrimonio, subentra subito una grande
fragilità e coloro che pagano i prezzi più alti sono i figli. E’ evidente che
molte coppie non contraggono matrimonio, non formano una famiglia stabile,
consolidata con il Sacramento e neanche tramite la stessa istituzione civile
del matrimonio, poiché non godono di condizioni socio-economiche sufficienti.
Sarebbe dunque necessario affrontare questi due aspetti: da un lato,
un’evangelizzazione più forte e coraggiosa, più decisa ed entusiasta da parte della
Chiesa; dall’altro saper dare ai giovani le condizioni necessarie affinché
possano formare famiglie stabili”.
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Delle
problematiche che caratterizzano la realtà della famiglia in Asia e in Africa,
ci parla nella nota Luis Badilla:
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Da
molti anni gli episcopati asiatici seguono, con particolare cura, l’evolversi
della crisi dell’istituzione familiare. Recentemente mons. Orlando Quevedo,
arcivescovo di Cotabato, nelle Filippine, ha affermato che “il fenomeno della
globalizzazione rappresenta in Asia la principale sfida alla famiglia. La
globalizzazione opprime i valori. La sua essenza è molto materialista, laica e
neo-liberale o post-moderna. Come tale, è nel migliore dei casi ambivalente,
poiché porta nelle famiglie cose buone e cattive”. Le nazioni povere, che non possono competere
con quelle più sviluppate e potenti, subiscono effetti negativi. Mentre cresce
la povertà, aumenta anche il numero di asiatici che emigrano. Questo crea
problemi interni di separazioni ed inadeguata educazione nelle famiglie che
questi emigranti si lasciano alle spalle.
Nel
caso specifico dell’India, mons. Agnelo Gracias, vescovo ausiliario
dell’arcidiocesi di Mumbai e vescovo di Molicunza ma anche presidente
dell’ufficio per la famiglia della Conferenza episcopale cattolica dell’India,
ha sottolineato: “La vita umana non è più considerata sacra, non solo dagli
abitanti delle città, ma anche da quelli dei villaggi”. E ha aggiunto: “Il
nostro Stato promuove l’aborto e il controllo delle nascite: sui francobolli è
ritratta la famiglia ideale composta da un uomo, una donna e un unico figlio;
sui mezzi pubblici a Mumbai si vedono pubblicità a favore dell’aborto: i
manifesti suggeriscono che conviene spendere per un aborto oggi, piuttosto che
per una dote in futuro”. In totale in India vi sono almeno 12 milioni di aborti
all’anno. Recentemente le autorità indiane si sono dimostrate molto allarmate
per i cosiddetti “aborti mirati”, cioè, quelli effettuati selezionando il sesso
dei nascituri, eliminando le femmine.
Per
quanto riguarda l’Africa, la cosiddetta modernità, che poi alla fine non è
altro che l’occidentalizzazione a tutti i costi, da alcuni anni colpisce
severamente il continente, in particolare, la famiglia, forse l’istituzione
sociale più rilevante tra gli africani. Molti dei valori familiari oggi sono
sotto assedio, non solo per ragioni che riguardano i grandi problemi del
sottosviluppo e dell’arretratezza di vaste regioni del continente, ma anche
perché l’omologazione culturale tende a ribaltare aggressivamente le tradizioni
secolari di molti popoli.
Nell’Esortazione post-sinodale
“Ecclesia in Africa”, Giovanni Paolo II sottolineava: “In Africa, in
particolare, la famiglia rappresenta il pilastro su cui è costruito l'edificio
della società”. Poi, in comunione con i padri sinodali, aggiungeva: "Ecco
perché il Sinodo considera l'evangelizzazione della famiglia africana come una
delle priorità maggiori, se si vuole che essa assuma, a sua volta, il ruolo di
soggetto attivo nella prospettiva dell'evangelizzazione delle famiglie mediante
le famiglie”. Dal punto di vista pastorale, ciò costituisce una vera sfida,
date le difficoltà d'ordine politico, economico, sociale e culturale alle quali
i nuclei familiari in Africa devono far fronte nel contesto dei grandi
mutamenti della società contemporanea. Pur adottando i valori positivi della
modernità, la famiglia africana dovrà pertanto salvaguardare i propri valori
essenziali. Una delle questioni più urgenti e drammatiche che colpisce
l’istituzione familiare africana è la vertiginosa crescita degli anziani.
Certo, la crescita degli anziani non costituisce, necessariamente, un elemento
di crisi per le società ma necessita di pianificazione da parte del governo.
Attualmente le persone oltre i 60 anni sono 38 milioni, ma dovrebbero superare
i 250 milioni entro il
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UDIENZE
E NOMINE
Il Papa ha ricevuto stamani il cardinale Godfried Danneels,
arcivescovo di Mechelen-Brussel e un gruppo di presuli della Conferenza
episcopale della Croazia, in visita "ad Limina”.
In Messico, il Papa ha nominato
vescovo di Ciudad Altamirano padre Maximino Martínez Miranda, del clero della
diocesi di Atlacomulco, vicario generale e parroco della parrocchia di “Santa
María de Guadalupe”.
In Albania, il Pontefice ha
nominato vescovo ausiliare di Tiranë-Durrës padre George Frendo, dei Frati
Predicatori, vicario generale della medesima arcidiocesi, assegnandogli in pari
tempo la sede titolare di Butrinto.
I
FRUTTI DELL’INCONTRO MONDIALE DELLE RELIGIONI A MOSCA,
CHE SI
E’ SVOLTO IN QUESTA SETTIMANA, NELLA RIFLESSIONE
DEL
CARDINALE PAUL POUPARD, DI RITORNO DALLA CAPITALE RUSSA
-
Intervista con il presule -
Il cardinale Poul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio della cultura e del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso, è appena rientrato da Mosca, dove ha partecipato
all’Incontro mondiale delle religioni, che si è svolto in questa settimana dal
3 al 5 luglio. Giovanni Peduto ha
chiesto al presule se l’incontro ha segnato un passo avanti soprattutto nelle
relazioni tra il patriarcato di Mosca e la Chiesa cattolica.
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R. - Un passo in avanti senz’altro
e anche un passo notevole. Perché, come si sa, questo invito era stato fatto da
parte di Sua Santità il Patriarca ortodosso di Mosca Alessio II alla Chiesa cattolica,
e
D. – Eminenza, da parte cattolica
dopo questo incontro di Mosca ci saranno iniziative rivolte ad un ulteriore
avvicinamento tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica?
R. – Sul piano dello scambio tra
le Chiese la competenza è del mio confratello, il cardinale Kasper, che sta
preparando - e questa è la novità molto importante - la ripresa del dialogo tra
Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica, che avrà luogo a Belgrado nell’autunno
prossimo e alla quale parteciperà il Patriarca di Mosca: questa è la cosa più
notevole. Poi da parte mia, del Pontificio Consiglio della cultura, c’è la
continuazione dell’incontro che si è svolto all’inizio di luglio a Vienna su
come dare un’anima all’Europa, sulla responsabilità congiunta delle nostre
Chiese. Si è già prospettato un nuovo incontro che, sempre nella cornice
culturale, coinvolge anche l’Istituto di storia universale dell’Accademia delle
scienze, diretto dal presidente Cjubarjan, a
Mosca all’inizio di giugno del prossimo anno, avendo come tematica esplicita la
cristianità, la cultura e la responsabilità etica.
D. – Eminenza, Lei pensa che la
divisione tra cristiani favorisca i fondamentalismi che oggi vediamo nel mondo?
R.- Questo fatto non favorisce la proclamazione e
la condivisione del messaggio di amore e
di pace dei cristiani, questo è evidente. Ma non si può dire e non si deve dire
che questo di per sé favorisca l’avanzamento dei fondamentalismi. Quello che lo
favorisce, ed è ciò che è stato esposto da quasi tutti gli interventi che hanno
avuto luogo a Mosca - anch’io ho insistito su questo –,è la diffusione di una
cultura che dall’occidente si diffonde un po’ dappertutto: il trionfo
dell’egoismo singolare e collettivo in un clima di edonismo e materialismo, di
assenza di convinzione, insomma mancanza di etica. Allora questo genera una
reazione di salvaguardia di alcuni credenti, che si sentono minacciati in
questo clima di scetticismo. C’è una tendenza a ritirarsi in una roccaforte e
quindi talvolta scoppia il clima di violenza.
D. – Lei ritiene che l’unione tra
le religioni possa favorire la pace, soprattutto in alcune zone del mondo come
Terra Santa, Iraq e diversi Paesi africani?
R. - Senz’altro. Diciamo che era
già una visione di pace, quasi idilliaca, vedere quella grande stanza nella
quale eravamo riuniti a Mosca e vedere alternarci tra cristiani, ortodossi,
cattolici, anglicani, luterani, protestanti e fratelli musulmani ebrei,
buddisti e altri. Questa è la prima cosa. Poi vedere lo scambio di fraternità
tra musulmani e ortodossi della regione del Caucaso, che è una delle regioni
con più forti tensioni. Poi anche tra ebrei e musulmani del Medio Oriente.
Allora questi gesti, congiunti all’appello che abbiamo tutti noi sottoscritto,
cioè l’impegno di tutte le religioni a condannare ogni forma di violenza e di
terrorismo, sono molto importanti perché è la prima volta che viene fatta
questa dichiarazione con totale convinzione da parte di tutti gli esponenti,
senza nessuna eccezione. E poi c’è la volontà di lavorare insieme per
instaurare e consolidare relazioni di pace. Insomma, la presa di coscienza che
la pace tra le diverse religioni è una condizione fondamentale della pace tra
tutti gli uomini, tutte le culture e tutte le nazioni.
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LA COMUNITA’
INTERNAZIONALE RAFFORZI L’IMPEGNO A PROMUOVERE
UN
LAVORO DIGNITOSO PER TUTTI: COSI’ L’ARCIVESCOVO SILVANO
MARIA TOMASI,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’UFFICIO ONU DI GINEVRA,
NELL’INTERVENTO
AL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE DELLE NAZIONI UNITE
E’
necessario promuovere un lavoro dignitoso che rispetti sempre la persona umana,
specie nei Paesi in via di sviluppo: è l’esortazione contenuta nell’intervento
dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni
Unite, a Ginevra. L’Osservatore permanente della Santa Sede all’Ufficio ONU di
Ginevra ha inoltre auspicato una positiva conclusione dei negoziati del “Doha
round” sul commercio mondiale. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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La comunità internazionale
deve rinnovare il suo impegno per eliminare la povertà globale, che
“rappresenta ancora oggi uno scandalo e una minaccia alla pace e alla
sicurezza”. E’ la viva esortazione espressa dall’arcivescovo Silvano Maria
Tomasi, che ha sottolineato come, nonostante cresca la ricchezza a livello
mondiale, persiste il divario tra ricchi e poveri. Per valorizzare gli effetti
della globalizzazione, ha affermato l’osservatore vaticano, serve una
convergenza degli attori internazionali in favore dello sviluppo. In
particolare, c’è bisogno di un “migliore coordinamento delle politiche di
investimento finanziario, di riforme agricole e di accesso ai mercati”.
Conseguenza di questa strategia, ha proseguito, “sarà la progressiva
eliminazione del debito estero”.
Mons. Tomasi ha
poi auspicato una positiva conclusione dei negoziati commerciali di Doha. Se
fallissero, ha avvertito, “i poveri del mondo e gli affamati ne pagherebbero il
prezzo più alto” e le loro possibilità di crescita, di sviluppo, come anche la
ricerca di un lavoro dignitoso, svanirebbero per molto tempo. La Santa Sede, ha
affermato, appoggia l’agenda del Consiglio economico e sociale dell’ONU che
ribadisce come la dignità della persona conferisce al lavoro e allo sviluppo il
loro vero valore. “Il lavoro dignitoso – ha affermato – riguarda la qualità
della vita al di là della produzione: è una dimensione della persona stessa che
dà al lavoro il suo valore più alto”.
Il presule ha
poi affermato che “gli individui e i differenti gruppi” si devono impegnare in
favore di una “salutare sussidiarietà” in campo economico. “Al livello delle
comunità locali – è stata la sua riflessione – la creazione di lavoro può
mettere l’economia in movimento”. E’ così, ha spiegato, che la povertà viene
ridotta passo dopo passo, che l’immigrazione diviene un’opportunità piuttosto
che una necessità. Ha così ribadito che, in un tempo caratterizzato da una
forte interconnessione economica, vanno aiutati i popoli meno sviluppati ad
acquisire quelle conoscenze che gli permettano di competere con gli altri
Paesi. Infine, ha criticato quelle politiche di sviluppo che finiscono per
privilegiare delle corporazioni a danno della democratizzazione.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "A Valencia
le famiglie del mondo accolgono con gioia il Papa": sabato 8 e domenica 9
il pellegrinaggio di Benedetto XVI in terra di Spagna, in occasione del V
Incontro mondiale delle famiglie.
Servizio vaticano - Una
pagina dedicata al 150 di fondazione delle Società delle Missioni Africane.
Servizio estero -
Intervento della Santa Sede sul tema: "La dignità della persona conferisce
al lavoro e allo sviluppo il loro vero valore".
Servizio culturale - Un
articolo di Maria Maggi dal titolo “’Discovery’: rischi ed incertezze di una
navetta ormai da rottamare”: lo Space Shuttle, lanciato il 4 luglio, svolgerà
una missione per rifornire la Stazione spaziale internazionale.
Un articolo di Francesco
Licinio Galati dal titolo “Ancora una volta viene premiato il Caos”: squallide
“performance” nel romanzo vincitore della 60.ma edizione del Premio Strega.
Servizio italiano - In
evidenza la questione degli incidenti sul lavoro.
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7 luglio 2006
HAMAS,
DOPO AVER ORDINATO DI SPARARE CONTRO I SOLDATI ISRAELIANI,
ANNUNCIA
UN POSSIBILE ACCORDO CON ISRAELE SUL RILASCIO DEL SOLDATO RAPITO DA ESTREMISTI
PALESTINESI
-
Intervista con Janiki Cingoli -
In
Medio Oriente, un palestinese è stato ucciso nel nord della Striscia di Gaza, facendo
salire a 25 il numero
dei morti dall’inizio dell’offensiva sferrata per liberare il soldato dello
Stato ebraico. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha duramente condannato gli
attacchi israeliani degli ultimi giorni a Gaza e li ha definiti “un nuovo
crimine contro l’umanità”. Nei Territori, intanto, il ministro dell’Interno ha
ordinato alle forze palestinesi di sparare contro i soldati israeliani. Hamas
ha anche annunciato un possibile accordo con Israele per arrivare al rilascio
del soldato dello Stato ebraico. Su questi ultimi sviluppi della politica
palestinese ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore
del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:
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R. – L’annuncio è una cosa, i
fatti sono un’altra e in Medio Oriente c’è sempre questo doppio livello che va
tenuto presente. Occorre ben capire che il fatto che ci sia un diritto alla
resistenza militare contro l’occupante non significa che questo venga
esercitato; infatti, per oltre un anno, Hamas ha rispettato la tregua che era
stata mediata dagli egiziani. Il problema è che c’è in atto un braccio di
ferro: nessuno vuole perdere la faccia. Io ritengo che, complessivamente,
entrambe le parti stiano lavorando con una certa cautela in questa situazione che
si è venuta a creare.
D. - Quindi siamo di fronte ad un
bivio. La situazione può sfociare in un durissimo confronto militare oppure in
una nuova fase di dialogo…
R. - Il Medio Oriente è
permanentemente davanti a un bivio. La questione reale è che ci sono stati
alcuni elementi significativi. Da un lato, da parte palestinese c’è
l’approvazione di questo cosiddetto documento dei prigionieri che, per la prima
volta, contiene un riconoscimento indiretto dello Stato israeliano. Il testo
dichiara, infatti, che lo Stato palestinese che si vuole costituire è dentro i
confini storici del ’67. L’altro elemento di novità è, da parte israeliana, il
fatto che il ministro degli Esteri ha avanzato, recentemente, l’ipotesi che il
ritiro in Cisgiordania non sia più unilaterale ma un ritiro che crei uno Stato
palestinese provvisorio; poi si tratterebbe, entro un periodo definito di
tempi, sui confini definitivi. Ci sono quindi aperture ma anche limiti da una
parte e dell’altra. Tuttavia, la questione reale è che entrambe le parti hanno
fatto dei passi che sono importanti ma, contemporaneamente, mostrano i muscoli
per dimostrare che non sono deboli quando si siederanno al tavolo delle
trattative.
D.- Quale influenza può avere per
tutta la regione mediorientale l’acuirsi del conflitto nei territori
palestinesi?
R. - Se ci sarà una escalation
delle violenze, ci saranno ripercussioni di destabilizzazione in tutta l’area,
che già è “infettata” dalla permanenza del conflitto iracheno. Ci saranno,
certamente, spinte destabilizzanti e questo potrebbe essere anche uno stimolo
in favore delle frange più estremiste. Va comunque detto che, fino ad oggi,
tutte le avances di Al Qaeda sono
sempre state respinte da Hamas che non è collegata all’organizzazione
terroristica ma si richiama alla fratellanza musulmana egiziana.
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AL VIA OGGI POMERIGGIO, A LORETO, LA NONA EDIZIONE
DEL MEETING
SULLE MIGRAZIONI PROMOSSO DAGLI SCALABRINIANI:
SARANNO
CENTRALI LE QUESTIONI POLITICHE
- Con noi padre Gianni Borin -
Inizia oggi
pomeriggio a Loreto il Meeting internazionale sulle Migrazioni promosso dai
Padri Scalabriniani. Giunto alla nona edizione, il Meeting ha quest’anno per
tema “Il peso politico dei migranti. Per
una democrazia di tutti e per tutti”. L’edizione 2006 pone, dunque,
l’accento sulla necessità di superare l’attuale visione della presenza
straniera legata al solo aspetto economico e al contenimento dell’immigrazione
clandestina e di considerare politiche innovative per l’integrazione
dell’immigrato. La riflessione del responsabile del Meeting, padre Gianni
Borin, raggiunto telefonicamente a Loreto da Alessandro Gisotti:
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R. -
Il tema dell’immigrazione è un tema scomodo, anche se sta cominciando a
diventare un tema che interessa tutti gli ambiti delle decisioni, della
politica in generale e delle politiche in particolare. Gli immigrati,
nonostante siano oggetto di interesse dei politici, tuttavia non hanno peso
politico, un peso riconosciuto da protagonisti. Si trovano decisioni prese da
altri, si trovano a dover subire delle scelte. Tante volte poi ci troviamo ad
avere a che fare con la dignità e i diritti fondamentali della persona.
D. -
In Italia c’è chi propone il diritto di voto agli immigrati. Cosa ne pensate?
R. – Si
parla del diritto di voto amministrativo, naturalmente. Sì, è una realtà
determinante per dare non soltanto dignità ma anche un significato, un senso di
responsabilità e corresponsabilità. All’immigrato giustamente si chiede che
rispetti le leggi del Paese in cui arriva, ma dopo un certo periodo nel quale
diventa parte integrante della realtà a livello economico e sociale, è giusto
che l’immigrato possa sentirsi ascoltato e rappresentato da chi desidera lui.
D. -
Quali sono le aspettative per questa nona edizione del Meeting…
R. -
Le aspettative per questa edizione sono di rinnovare la riflessione e lo
stimolo sia da parte degli immigrati che da parte delle realtà accademiche,
sociali e politiche coinvolte. Vogliamo approfondire e un po’ rimotivarci a dare
il giusto peso politico agli immigrati e riconoscere che, se davvero un peso ce
l’hanno, e ce l’hanno, deve essere un peso attivo, non soltanto un peso di
“rimorchio” o peggio ancora di sfruttamento, perché interessa il voto degli
italiani a favore o contro.
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7 luglio 2006
ALL’INCONTRO
CON LA PRESIDENZA DELL’UE, AFFIDATA PER I PROSSIMI 6 MESI
ALLA
FINLANDIA, LE CHIESE EUROPEE CHIEDONO IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI
E
DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA. SOTTOLINEATA LA NECESSITÀ
DI SVILUPPARE LA POLITICA DELLE MIGRAZIONI
BRUXELLES.
= L’allargamento dell’Unione europea, il dialogo interculturale ed
interreligioso, le questioni antropologiche ed etiche: sono alcuni dei temi che
una delegazione delle Chiese d’Europa ha discusso, il 30 giugno scorso, con
rappresentanti del governo della Finlandia, per i prossimi sei mesi alla
presidenza dell’Unione europea. Della delegazione, guidata dal capo della
Chiesa evangelica luterana finlandese Jukka Paarma, facevano parte anche il metropolita di Finlandia
Ambrosius, Rüdiger Noll, direttore della commissione Chiesa e società della
Kek, la Conferenza delle Chiese europee; William Kenney, vescovo ausiliare di
Stoccolma e membro della Comete, la Commissione degli episcopati della Comunità
europea; il segretario generale di quest’ultima Noel Treanor. Il
ministro finlandese degli Affari Esteri M. Erkki Tuomioja ha affermato che i
futuri negoziati con i Paesi candidati all’ingresso nell’UE – Turchia e Paesi
balcanici – saranno
condotti in base ai criteri di Copenaghen. Per la Turchia le Chiese hanno
ribadito l’importanza del rispetto dei criteri politici, specie in materia di
diritti umani e libertà religiosa. È stato sottolineato l’importante ruolo
della dimensione sociale nell’evoluzione del progetto europeo e la presidenza
finlandese ha riconosciuto la rilevanza del dialogo interculturale e il
contributo del dialogo interreligioso. La delegazione delle Chiese d’Europa ha
inoltre insistito sulla necessità di sviluppare una politica sulle migrazioni
centrata sul rispetto della persona e sull’attenzione da riservare alle
questioni antropologiche, politiche ed etiche sollevate dal 7° programma quadro
di ricerca dell’UE. Da parte sua, Tuomioja ha affermato che la presidenza
finlandese manterrà un contatto regolare con le Chiese durante il semestre
appena iniziato. (T.C.)
AL VIA
IN AUSTRALIA IL BIENNIO DI PREPARAZIONE PER LA GIORNATA MONDIALE
DELLA
GIOVENTÙ CHE SARÀ CELEBRATA A SIDNEY NEL 2008. IN PROGRAMMA MOMENTI DI
FORMAZIONE, PELLEGRINAGGI E SPETTACOLI ITINERANTI
SIDNEY. = Parte in Australia
“Activ8”, il piano pastorale nazionale per i giovani che si preparano alla
Giornata mondiale della Gioventù di Sidney, prevista nel 2008 (15-20 luglio). Sussidi
per diocesi, parrocchie e gruppi, ma anche musica e arte on the road, pellegrinaggi e nuove tecnologie, sono gli strumenti
di cui ci si avvarrà in vista del raduno. Lo slogan del piano pastorale, come
riferisce l’agenzia SIR, richiama direttamente il tema scelto dallo stesso
Benedetto XVI: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi
sarete testimoni”, tratto dagli Atti degli Apostoli, capitolo 1 versetto 8. Da
qui, appunto, “Activ8”. Il cammino di preparazione prevede tre momenti: comunicazione,
formazione e partecipazione. Già a partire da questa settimana saranno
distribuiti un libretto sulla Gmg, un Dvd promozionale - con la storia delle
GmG passate, testimonianze e interviste - intitolato “Get with the spirit”,
disponibile pure on line sul sito ufficiale www.wyd2008.org.
Secondo mons. Anthony Fisher, vescovo coordinatore della Gmg 2008, “la Giornata
è un dono straordinario alla Chiesa in Australia”. Da gennaio 2007 verranno
forniti materiali sulle Scritture, testi di teologia, spiritualità e giustizia
sociale anche nelle scuole. “Uno dei momenti di preparazione più importanti –
ha detto mons. Fisher – sarà il pellegrinaggio della Croce e dell’icona di
Maria, in tutto il Paese, che verrà affiancato da ‘Activ8 national tours’, un
programma di musica e arte on the road con artisti e ospiti
internazionali”. A tenere insieme i momenti di preparazione previsti in questo
biennio sarà una newsletter mensile dal titolo ePilgrimage. (T.C.)
RISULTA
ANCORA ELEVATO IN AFRICA IL NUMERO DELLE VITTIME DELLA TRATTA
DI
ESSERI UMANI. LA DENUNCIA IN UN SUMMIT CHE SI STA SVOLGENDO
IN
QUESTI GIORNI IN NIGERIA
ABUJA. = Il ministro nigeriano
della Giustizia, Bayo Ojo, ha chiesto ai Paesi dell’Africa di porre fine alla
tratta degli esseri umani. Aprendo ad Abuja, capitale della Nigeria, una
conferenza sul traffico di persone, organizzata sotto l’egida della Comunità
economica dell’Africa occidentale (Ecowas-Cedeao) e di quella dell’Africa
centrale (Ceeac/Eccas), Ojo - scrive l’agenzia MISNA - si è rivolto ai
rappresentanti dei diversi Paesi presenti per denunciare i dati registrati
negli ultimi anni. “È deplorevole che otto decenni dopo l’abolizione formale
della schiavitù e di pratiche simili da parte della Società delle Nazioni – ha
detto Ojo – i Paesi in via di sviluppo siano sempre implicati in queste
attività ignobili e vigliacche”. Per il ministro della Giustizia nigeriano la
lotta contro il traffico di esseri umani non può essere davvero intrapresa se i
Paesi non si uniscono per chiarire la natura di questo crimine e se non vengono
trovati i mezzi per combatterla in modo congiunto. In un documento della
Cedeao/Ecowas preparato per il summit si legge: “Nel XXI secolo la tratta di
esseri umani continua ad esistere ma in una nuova forma che priva migliaia di
individui dei loro diritti fondamentali. I trafficanti dei nostri giorni
trattano uomini, donne e bambini come merci, li maltrattano, li sfruttano
sessualmente ed economicamente e gli fanno passare le frontiere come fossero
carichi di droga o partite di armi”. Il documento precisa inoltre che solo otto
Paesi dell’Africa occidentale e centrale hanno ratificato il Protocollo di
Palermo, l’inizio di un processo di revisione delle legislazioni nazionali per
favorire la lotta al fenomeno e adottato dall’assemblea generale dell’ONU nel
novembre 2000. Nel 34 per cento dei Paesi africani i flussi di persone vittime
della tratta risultano diretti in Europa e Medio Oriente. A livello globale,
secondo l’Unicef, è il traffico di bambini a registrare la maggiore crescita.
Ogni anno un milione e 200 mila minori vengono strappati dalle loro famiglie e
venduti per lavori degradanti. (T.C.)
IL
PRESIDENTE DELL’ALL
ALLA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE
MINORANZE PER DENUNCIARE LA PERSECUZIONE LANCIATA DAI FONDAMENTALISTI INDÙ
CONTRO I CRISTIANI DELL’ANDRA
PRADESH
NUOVA DELHI. = La campagna contro
i cristiani dell’Andra Pradesh lanciata dai fondamentalisti indù deve essere
fermata. Lo chiede John Dayal, presidente dell’All India Catholic Union in una lettera al presidente della
Commissione nazionale per le minoranze, Jenab Mohammad Hamid Ansari. La
campagna, afferma Dayal, “si basa su false accuse e presupposti sbagliati” e
“terrorizza la vita di una comunità che ha sempre rispettato la fede di
ognuno”. “Vi sono stati – scrive l’attivista – diversi attacchi contro i
cristiani dello Stato negli ultimi sei mesi, ma i più colpiti sono stati i
pastori e le suore. Questo – ha spiegato Dayal – è il sintomo di uno scenario
pericoloso, perché gli attacchi sono condotti con lo scopo di aizzare la
popolazione all’odio interreligioso”. La zona più colpita da gesti di
intolleranza, scrive l’agenzia Asianews, risulta quella delle colline di
Tirumala, che ospitano uno dei santuari più riveriti dalla maggioranza indù.
“Come cristiani, abbiamo un rispetto assoluto per la fede – sostiene John Dayal
– qualunque essa sia, dei nostri concittadini e delle norme che regolano gli
accessi ai luoghi sacri delle religioni. Nei quali non possiamo però
includere le fermate dell’autobus o le strade dello Stato, dove avvengono gli
attacchi”. Secondo alcuni estremisti indù i cristiani che passano vicino ai
loro luoghi di culto, o la presenza di chiese nei pressi di questi ultimi,
dissacrano la loro religione. “Ci sono chiese e luoghi di culto non indù anche
a Panipat, Kurukshetra, Amritsar e ad Ajmer – scrive Dayal – città sante
rispettate e riverite, e questo non ha mai creato alcun problema”. L’attacco del
25 giugno scorso contro le suore di madre Teresa che facevano visita ad un
ospedale di zona per Dayal “è solo l’ultimo sintomo di un malessere molto
esteso”. Per questo l’attivista chiede di esaminare la costituzionalità delle
leggi statali sui luoghi di culto indù. (T.C.)
SERBIA
E CROAZIA RENDONO OMAGGIO A NIKOLA TESLA, SCIENZIATO POCO NOTO
DEL XX SECOLO AUTORE DI NUMEROSI BREVETTI
NELL’ELETTROTECNICA.
A 150
ANNI DALLA SUA NASCITA, IN CROAZIA, IL 10 LUGLIO,
VIENE
APERTO AL PUBBLICO UN MUSEO A LUI DEDICATO
SMILJAN. = Corrente elettrica
alternata, motore senza spazzole, onde radio, telegrafo senza fili, turbina
idraulica: è lunga la lista delle invenzioni e scoperte frutto - in parte o per
intero - della mente di Nikola Tesla, uno dei geni semi-dimenticati del XX
secolo, che saranno esposte in un museo dal 10 luglio a Smiljan, villaggio
croato dell’entroterra dalmata, che gli diede i natali nel 1856. Serbo di
etnia, Tesla è dunque figlio a un tempo della Serbia e della Croazia e, per la
prima volta, Belgrado e Zagabria sono riunite nel riproporre in grande stile la
sua figura a 150 anni dalla nascita. Una rievocazione che coinvolge anche gli
Usa, terra in cui lo scienziato emigrò. Nikola Tesla si è ritrovato al centro
di un revival alimentato da convegni e intitolazioni di musei e monumenti che
si sta traducendo in una sorta di rivincita postuma. Personalità geniale, ma anche uomo
impulsivo, solitario e incapace di compromessi, Tesla ha lasciato dietro di sè
circa 700 invenzioni, 112 delle quali ritenute oggi brevetti fondamentali nel
campo dell’elettrotecnica. Ma si narra anche di documenti segreti che le
autorità statunitensi avrebbero scovato dopo la sua scomparsa e usato poi, a
decenni di distanza, addirittura per i progetti di scudo spaziale. Tesla,
tuttavia, ebbe in sorte in vita di essere definito “pazzo” da Edison e morì ad
86 anni in completa povertà. A Zagabria, in pieno centro, gli si sta preparando
un grande monumento, quasi in segno di scuse per il rifiuto che
l’amministrazione comunale della città riservò improvvidamente a un suo
progetto di illuminazione pubblica nel 1892: appena tre anni prima che lo
scienziato serbo-croato, ormai in America, trovasse modo di rivoluzionare il
mondo installando i suoi generatori a Niagara Falls. Il primo riscatto
suggellato post mortem dalla comunità scientifica avvenne nel 1960, con
l’attribuzione al suo nome dell’unità di misura dell’induzione magnetica,
simboleggiata da allora con una T. (F.S.)
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6 luglio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, almeno 9 persone sono
rimaste uccise in scontri divampati all’alba nella parte orientale di Baghdad
tra forze americane e miliziani sciiti. Un’autobomba è esplosa, inoltre, nei
pressi di una moschea sunnita di Baghdad, nella parte meridionale della
capitale irachena, subito dopo il termine delle preghiere del venerdì. Lo hanno
riferito fonti di polizia, senza precisare se l’attentato abbia provocato
vittime.
Il test di sette missili da parte
della Corea del Nord “non è un attacco contro qualcuno”. Lo ha detto un
diplomatico nordcoreano presso la sede ONU a Ginevra. Il governo di Pyongyang
ha chiesto, inoltre, la sospensione delle sanzioni decise dal Giappone dopo gli
esperimenti, minacciando severe misure di ritorsione. Intanto, la Corea del Sud
ha deciso che sospenderà, per un tempo indeterminato, gli aiuti alimentari e
agricoli destinati alla Corea del Nord.
Sei
ufficiali dell'esercito e due civili sono stati arrestati questa mattina nelle
Filippine per una presunta partecipazione a tentativi di colpo di Stato. Gli
ufficiali arrestati sono accusati, in particolare, di far parte di un gruppo
sospettato di essere responsabile di un colpo di Stato sventato nel febbraio
scorso. Il presidente filippino, la signora Gloria Arroyo, aveva decretato in
quell’occasione lo stato d'emergenza.
“Le elezioni sono alle
nostre spalle, è tempo di unità tra i messicani”. E’ l’appello lanciato,
stamani, dal conservatore Felipe Calderon, dopo l’ufficializzazione della sua
vittoria alle presidenziali tenutesi in Messico domenica scorsa. Calderon è
stato eletto nuovo capo di Stato dopo aver conquistato lo 0,58 per cento in più
del candidato di sinistra, Manuel Lopez Obrador. Il servizio di Luis Badilla:
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Calderón ha ottenuto il 35,89 per
cento contro il 35,31 per cento di López Obrador, pari ad uno scarto di 243.934
voti su un totale di 41.791.132 suffragi, mentre gli aventi diritto erano circa
71 milioni. Ciò significa che Calderón diventerà presidente con l’appoggio di
appena il 21 per cento di tutti i messicani: un dato politico che inciderà non
poco nell'immediato futuro del Paese. Non per nulla, il presidente eletto,
anche alla luce delle veementi proteste di López Obrador che fin da lunedì
scorso, ha parlato di ''manipolazioni'' dei risultati, oggi si è detto
disponibile ad un inedito ''governo di coalizione''. ''Non possiamo accettare
questi risultati'', ha sottolineato López Obrador. ''Impugneremo il processo
elettorale sulla base di quanto stabilisce la legge”. Intanto, Calderón ha
ripetuto l'offerta di includere figure del Partito della Rivoluzione
democratica in un inedito "governo di coalizione" e si è impegnato a
lavorare per conquistare la fiducia di chi non lo ha votato. Ieri, mons. José
Guadalupe Martín Rábago e mons. Carlos Aguiar Retes, rispettivamente presidente
e segretario della Conferenza episcopale, in un breve comunicato si sono
complimentati per la maturità democratica dei messicani. E prendono atto che,
per ora, il Tribunale elettorale attribuisce la vittoria a Felipe Calderón
anche se con una “differenza di voti stretta”. I presuli chiamano tutti,
politici e cittadini, e in particolare i due candidati, a lavorare insieme in
favore della pace, della giustizia e del progresso lasciandosi alle spalle le
polemiche e le controversie della campagna. “Non ci devono essere vincitori né
vinti. Tutti siamo il Messico. Tutti vogliamo il bene e il progresso per il
nostro Paese”, scrivono i vescovi.
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La
coalizione ‘arancione’ che doveva formare il nuovo governo ucraino si è
disciolta dopo l’elezione, oggi, a presidente del Parlamento del socialista
Aleksander Moroz, membro di una formazione minoritaria. Il partito “Nostra
Ucraina” del presidente, Viktor Iushenko, è uscito dalla coalizione. Il premier designato,
la signora Iuli Timoshenko, ha chiesto, inoltre, al presidente lo scioglimento
della Rada affermando che “non c'è una coalizione di maggioranza” e che “il
parlamento non è legittimo”.
Due
minuti di silenzio a mezzogiorno, scanditi dal suono
delle sirene. Così oggi
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R. – Nessuno aveva capito che
stavano crescendo questi germogli di rabbia e di radicalismo. C’è stato anche
lo shock nei confronti dell’intelligence
e della capacità di prevenzione delle forze di sicurezza britanniche. Ieri è
stato diffuso dalla televisione, dal canale Al Jazeera, un video girato da uno
dei kamikaze prima degli attentati e ascoltarlo con questo fortissimo accento
dello Yorkshire annunciare quello che avrebbe fatto, sicuramente per gli
inglesi è stato di nuovo un colpo duro, qualcosa di assolutamente estraniante.
D. – Ecco: il ragazzo dice: “E’
solo l’inizio di una lunga serie di attentati”. Secondo te, è prospettabile che
ci siano altri attentati simili a quelli dell’anno scorso?
R. – Ci sono state delle retate,
ma poi in realtà non è accaduto nulla. E’ anche possibile che al Qaeda stia
tentando di riacquistare credito e di alimentare nuove tensioni su una vecchia
azione andata a segno. Di sicuro, adesso la polizia è più attrezzata. Bisogna
anche ricordare quello che avvenne subito dopo l’attentato del 7 luglio che
creò una grande polemica in Gran Bretagna: l’uccisione, cioè, di un ragazzo
brasiliano in metropolitana che venne scambiato per un terrorista. La vittima
era assolutamente innocente. Questo mise il Paese in allerta anche sugli errori
che si possono commettere sull’onda dell’emozione e della tensione.
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Nuovo record per il
prezzo del petrolio nelle contrattazioni after
hours di New York, dopo il
normale orario della Borsa. Il barile, riporta l’agenzia Bloomberg, ha
raggiunto i 75,42 dollari, due centesimi in più rispetto al precedente massimo
di 75,40 dollari toccato due giorni fa.
Dopo
una condanna per stupro ed oltre venti anni passati in carcere, un cittadino
americano di 44 anni, Alan Newton, è stato rilasciato ieri dopo che il test del
DNA ha provato la sua innocenza. Il giudice lo aveva condannato a 40 anni di
reclusione ma recentemente, dopo essersi sottoposto ad un nuovo esame, è stata
dimostrata la sua estraneità.
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