RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 186 - Testo
della trasmissione di mercoledì 5 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Urne aperte in Macedonia, per il rinnovo del Parlamento:
intervista con Luca Zanoni
CHIESA E SOCIETA’:
Costituita in Africa la Corte dei diritti dell’uomo e dei popoli
Nei
giorni scorsi a Lovanio, in Belgio, l’incontro del
Servizio europeo per le vocazioni
Una serie di attentati stamani a Kabul: almeno un
morti e 40 feriti
Ancora non precisato il numero delle vittime
dell’autobomba esplosa a Kirkuk di fronte a un
ospedale
5 luglio 2006
DOBBIAMO ESSERE SEMPRE PRONTI, A DICHIARARE
DEL
SUO VIAGGIO A VALENCIA SABATO E DOMENICA PROSSIMA
La fede supera ogni umano interesse, ha sottolineato
Benedetto XVI, nell’ultima udienza generale, stamane,
prima delle vacanze estive, in Valle d’Aosta, a Les Combes, dall’11 al 28 luglio. E prima del viaggio a
Valencia, in Spagna, sabato e domenica prossimi, per partecipare al V Incontro
mondiale delle famiglie. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Decine di migliaia di pellegrini, nonostante il caldo
torrido, hanno accolto Benedetto XVI in Piazza San Pietro per ascoltare la sua
catechesi dedicata oggi alla figura di Giovanni, figlio di Zebedeo
e fratello di Giacomo. Secondo la tradizione, “il discepolo prediletto”, colui
che “poggia il capo sul petto del Maestro durante
l'Ultima Cena, si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù ed è
infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto”.
Giovanni, occupa “un posto di rilievo” nella Chiesa di Gerusalemme e Paolo lo
annovera tra le ‘colonne’ della prima comunità di cristiani. “Insieme con Pietro, davanti al Sinedrio che li sta
processando”, dichiara: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e
ascoltato”. Un modello per la nostra vita, ha sottolineato Benedetto XVI.
“Proprio
questa franchezza nel
confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere
sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a
Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse”.
Il Papa ha quindi rievocato l’importanza di questo
apostolo per
“Il Signore ci aiuti
a metterci alla scuola di Giovanni per imparare la grande lezione dell’amore
così da sentirci amati da Cristo ‘fino alla fine’ e
spendere la nostra vita per Lui”.
Dopo la catechesi durante i saluti nelle varie lingue, il
Santo Padre ha ricordato ai pellegrini polacchi che nel mese di luglio si
venera il preziosissimo Sangue di Cristo. Ma “nel mondo – ha deprecato
Benedetto XVI - viene continuamente sparso il sangue
umano innocente. Nei cuori degli uomini, invece dell’amore evangelico, dimora
spesso l’odio, invece della cura per l’uomo, il disprezzo e la sopraffazione”.
Da qui la richiesta di preghiere “affinché l’umanità contemporanea sperimenti
la forza del Sangue di Cristo versato sulla Croce per la nostra salvezza”.
Poi, rivolto ai fedeli sloveni, l’invito ad onorare la
memoria dei santi Cirillo e Metodio, festeggiati oggi
in Slovacchia, “esempio sublime … dell’unità della fede”. Ed ancora rivolto ai
giovani, l’incoraggiamento ad imitare la “coraggiosa testimonianza evangelica”
del beato Piergiorgio Frassati, ricordato ieri.
Infine l’augurio del Papa in vista del Simposio sulla
salvaguardia del Creato, che si terrà in Brasile dal 13 al 20 luglio, promosso
dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Benedetto XVI ha auspicato che
“tale importante iniziativa contribuisca a promuovere un rispetto sempre più
grande per la natura, affidata da Dio alle mani operose e responsabili
dell’uomo”.
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LA
RELIGIONE STA DALLA PARTE DELLA PACE E DELL’AMICIZIA FRA GLI UOMINI:
E’
QUANTO RIBADITO AL SUMMIT DEI LEADER RELIGIOSI
CHE SI
E’ CONCLUSO STAMANI a Mosca
- Con
noi il cardinale Walter Kasper -
Si è concluso stamane il dibattito al Summit dei leader religiosi che si
è aperto lunedì pomeriggio a Mosca. Cristiani, islamici, ebrei, buddisti,
scintoisti e fedeli di varie denominazioni – più di 200 delegati di oltre 40
Paesi – si sono confrontati nella capitale russa su come tutelare i valori
morali e spirituali e costruire un mondo migliore. L’incontro è stato
organizzato dal Consiglio interreligioso della Russia e della Comunità di Stati
Indipendenti, in prossimità del Vertice del G8 che si terrà a San Pietroburgo
dal 15 al 17 luglio. Il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Abbiamo cercato di rispondere in modo schematico a quei
problemi che preoccupano la gente. Questo uno dei passaggi più significativi
della conferenza stampa, a conclusione del Summit dei rappresentanti religiosi.
Il messaggio lanciato da Mosca è chiaro: la religione non va usata per
giustificare la violenza. Le guerre hanno sempre ragioni politiche. E’ stato
bello il colpo d’occhio nella sala: i rabbini ebrei seduti a fianco dei
rappresentanti dell’Islam. Noi abbiamo correnti rapporti con gli ayatollah
iraniani, ha svelato il rabbino David Rosen. Le
possibilità d’incontro sono però poche. Al suo fianco l’ayatollah Al Taskin ha avuto parole non solo di
circostanza. Corre la proposta di creare un meccanismo in sede ONU che permetta un dialogo attivo fra leader religiosi e politici.
Il documento finale di questo summit verrà consegnato
ai leader del G8 i quali si incontreranno a San Pietroburgo fra il 15 e il 17
luglio.
Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato
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Della ricchezza degli scambi e
dell’importanza dell’incontro ci parla, nell’intervista di Giuseppe D’Amato, il
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:
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R. – Penso che questo incontro
internazionale sia andato molto bene. Abbiamo incontrato non soltanto Chiese e
comunità cristiane, ma soprattutto musulmani, buddisti, ebrei e molti altri.
C’è stato uno spirito molto amichevole, aperto. Si è parlato dei problemi del
dialogo interreligioso. E c’è stato consenso, molto importante, sul fatto di
non poter usare il nome di Dio per usare violenza, per uccidere uomini
innocenti. Si è detto che la religione sta dalla parte della pace e
dell’amicizia fra gli uomini. Per questo c’è stato il consenso universale. E
penso che sia stato molto importante per noi ma anche che sia stato un
messaggio al G8 e alle comunità religiose.
D. – Come sono i rapporti
adesso fra
R. – Ci sono stati dei
problemi negli anni scorsi, ma abbiamo migliorato il nostro rapporto e ciò è
stato visibile durante questo Summit. Il metropolita Kirill
qualche settimana fa a Roma è stato in udienza dal Papa ed io ho parlato con
lui. Noi vogliamo continuare questo riavvicinamento fra le due Chiese. Penso
che adesso abbiamo un nuovo spirito, soprattutto grazie alla partecipazione del
Patriarcato di Mosca al dialogo internazionale, che avrà luogo a settembre a
Belgrado.
D. – Tutti gli anni è
possibile organizzare un incontro, un Convegno mondiale e inviare ai leader del
G8 ogni anno un messaggio, in maniera tale da creare un meccanismo di collaborazione
fra leader religiosi e leader politici…
R. – Si ha bisogno certamente
di un incontro regolare fra i leader religiosi. Abbiamo ancora tanti altri problemi da
discutere, ma si potrà fare - se sarà possibile - anche la prossima volta e si
vedrà.
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ENTRA
NEL VIVO DI DIBATTITI E SCAMBI DI ESPERIENZE
IL V
INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
CHE
SABATO ACCOGLIERA’ BENEDETTO XVI.
L’APERTURA
IERI POMERIGGIO, SEGNATA DALLA PREGHIERA
PER LE VITTIME DELLA SCIAGURA DELLA
METROPOLITANA
Entra nel vivo oggi il Congresso teologico pastorale
dedicato alla famiglia, che si è aperto ieri a Valencia, con la preghiera per
le vittime della sciagura della metropolitana. I giorni di dibattiti e di
scambio di esperienze nell’ambito del V Congresso mondiale delle famiglie e in attesa dell’arrivo del Papa, certamente non potranno non
essere accompagnati dal pensiero di quanti hanno perso la vita al centro della
città che già si era riempita di molte delle famiglie partecipanti, provenienti
dai diversi continenti. Da Valencia
l’inviato dell’Osservatore Romano, Gianluca Biccini:
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L’intervento del Primate di Spagna, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, sugli aspetti pastorali della
trasmissione della fede nella famiglia ha caratterizzato, questa mattina, la
seconda giornata dei lavori del Congresso in corso a Valencia, nell’ambito del
V Incontro mondiale delle famiglie. Il cardinale ha rivendicato la sacralità
del vincolo coniugale tra uomo e donna, dinanzi alle politiche del governo
spagnolo. Sono seguite le testimonianze di iniziatori e di rappresentanti di
movimenti ecclesiali e associazioni che operano in difesa della famiglia. Tra
questi don Julio Carrón,
successore di don Giussani alla guida della
fraternità di Comunione e Liberazione. In contemporanea – novità assoluta di
questo incontro mondiale – venivano inaugurate le
assemblee dedicate ai figli e ai nonni. Ieri pomeriggio l’apertura ufficiale
dei lavori con l’introduzione del cardinale Alfonso Lopez
Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la
Famiglia, e con un applauditissimo intervento del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, sul rapporto tra laicità
dello Stato e famiglia. Intanto ieri sera l’arcivescovo di Valencia, mons. Augustín García-Gasco, ha
celebrato le solenni esequie delle vittime dell’incidente della metropolitana.
“Non siete soli nel vostro dolore. Sono con voi le famiglie del mondo intero”,
ha detto mons. García-Gasco ai familiari delle
vittime raccoltisi nella cattedrale di Valencia. L’intero Paese era
rappresentato ai più alti livelli, dai reali di Spagna al presidente del governo.
Da Valencia, Gianluca Biccini,
per la Radio Vaticana.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell'udienza generale.
Servizio estero - Nucleare: la Corea del Nord
effettua numerosi test missilistici. Il Giappone chiede la
convocazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Servizio culturale - In occasione dei novant’anni di Manlio Cancogni, un articolo di Claudio Toscani dal titolo “L’eclettica
ispirazione di uno scrittore innamorato del Manzoni”.
Servizio italiano - In rilievo l’articolo dal
titolo “I tassisti al muro contro muro. Il Garante: ‘blocchi illegittimi’”.
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5 luglio 2006
FORTI TIMORI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DOPO I TEST
MISSILISTICI
EFFETTUATI, IERI, DALLA COREA DEL NORD
- Intervista con Luca D’Ammora -
Crescono
i timori della comunità internazionale dopo una serie di test missilistici
effettuati, ieri, dalla Corea del Nord. In Giappone è
stato alzato il livello di allerta e negli Stati Uniti, il Comando di difesa
aereo americano continua a monitorare la situazione. Per discutere sulla crisi
innescata dagli esperimenti nordcoreani, si riunirà inoltre, nel pomeriggio, il
Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il capo
di stato maggiore russo e fonti sudcoreane hanno reso
noto che sono stati lanciati, in tutto, dieci missili. Un razzo
intercontinentale, in grado di raggiungere l’Alaska, è precipitato subito dopo
il lancio. Gli altri erano a medio e corto raggio. Si è innescata, a questo
punto, una crisi dagli effetti imprevedibili? Ascoltiamo Luca D’Ammora, coordinatore di Amnesty International Italia per
la Corea del Nord:
R. -
Dobbiamo dire che questa non è una situazione completamente nuova. In realtà,
ci sono state già situazioni analoghe anni fa. Dal 2002, da quando si è aperta
questa nuova fase della crisi internazionale nei rapporti tra Corea del Nord e
Stati Uniti in primis, si susseguono
fasi di provocazione - definiamole così - fasi in cui sembra, invece, prevalere
la diplomazia.
In
Corea del Nord, il governo non ha ufficialmente confermato gli esperimenti ma sul quotidiano del partito comunista si legge
che il Paese ha “una potenza militare invincibile”. Proprio l’apparato militare
nord coreano sembra costituire uno strumento di pressione...
R. -
L’apparato militare nord-coreano è un apparato che indubbiamente è in grado di
fare paura a molti, soprattutto a Paesi vicini come a Corea del Sud e Giappone.
E’ un apparato che ha beneficiato, in passato, di molti investimenti, sostenuti
dall’ex-Unione Sovietica, precedentemente, e poi, in parte, anche dalla Cina e da risorse interne…
Ma come spiegare l’alta spesa militare in un Paese
gravemente colpito dalla miseria? Ascoltiamo ancora Luca D’Ammora:
R. – Il governo della Corea del Nord non ha mai dimostrato
di preoccuparsi particolarmente della propria popolazione; la minaccia militare
è l’arma che viene utilizzata per giocare un ruolo
sulla scena internazionale e ottenere le risorse necessarie per il sostentamento
del governo. Chi ci rimette, evidentemente, è in primo luogo proprio la popolazione
nordcoreana, 20 milioni di cittadini che soffrono di
una condizione di estrema indigenza. Si stima che siano circa due milioni le
vittime della carestia che, dalla metà degli anni Novanta, affligge il Paese.
Ci sono, poi, moltissimi bambini che soffrono per malnutrizione cronica e se a
questo si aggiunge una situazione di violazione diffusa anche dei più
elementari diritti umani, si ha il quadro complessivo della vita della
popolazione nordcoreana.
Dalla comunità internazionale sono già arrivate ferme
condanne. L’Unione Europea ha condannato gli esperimenti, la Russia ha definito
i test “una provocazione”, la NATO esprime
preoccupazione e la Casa Bianca parla di “sfida alla comunità internazionale”.
Il governo giapponese ha minacciato, poi, sanzioni contro la Corea del Nord e
il premier Koizumi ha comunque ribadito l’urgenza di
mantenere uno spazio per il dialogo. In una nota
governativa della Corea del Sud si legge, poi, che “l’esecutivo di Pyongyang si troverà ancora più isolato sulla scena
internazionale”. Il ministro degli Esteri cinese ha espresso, infine, la
speranza che “tutte le parti interessate mantengano la calma”.
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URNE
APERTE IN MACEDONIA, PER IL RINNOVO DEL PARLAMENTO
Urne aperte oggi in Macedonia per il rinnovo dei 120
deputati del Parlamento di Skopje. Oltre un milione e 600 mila cittadini sono chiamati alle urne
nell’ex Repubblica Jugoslava, teatro negli anni scorsi di scontri tra la
maggioranza macedone e la minoranza albanese. Emiliano Bos:
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Lo scontro questa volta è tutto interno alla componente
albanese, che costituisce oltre un quarto dei due milioni di abitanti. Da un
lato, gli ex guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale, che nel 2001
si scontrarono con le forze armate governative e che oggi sono nel governo con
i Socialdemocratici macedoni; dall’altro, il Partito Democratico di Arber Xhaferri, che accusa la
mancata applicazione degli accordi di Ocri, voluti
dall’Unione Europea e con cui – 5 anni fa – si evitò l’ennesima guerra civile
nell’ex-Jugoslavia. In mezzo c’è stata una campagna
elettorale violenta, con sparatorie e scontri fra i due gruppi albanesi.
Stamani alle 7.00 quasi tremila seggi hanno avviato le operazioni di voto e
saranno aperti fino a questa sera alle 19.00. 2.620 i candidati in 33 liste,
raccolti soprattutto intorno alla coalizione socialdemocratica e a quella
nazionalista. Contraria quest’ultima, per ragioni diverse rispetto agli
albanesi, agli accordi di pace. Il presidente Branko Crvenkovski ha sollecitato i suoi concittadini a
partecipare al voto, sul quale vigileranno oltre 6 mila osservatori locali e
quasi 500 stranieri. Dall’esito delle urne dipenderà la velocità di marcia
verso l’integrazione europea.
Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.
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Per un commento sulla campagna elettorale in Macedonia,
Eugenio Bonanata ha intervistato Luca Zanoni, del
sito internet ‘Osservatorio
sui Balcani’:
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R. – E’ stata senz’altro una campagna elettorale, durata
circa 20 giorni, connotata da parecchi incidenti. Ci sono stati circa una
ventina di incidenti abbastanza gravi e in alcuni casi addirittura con
l’impiego di armi da fuoco. In modo particolare gli incidenti si sono
verificati tra i due blocchi di partiti albanesi. E’ quindi stata portata
all’estremo una campagna elettorale che, dal punto di vista della Comunità
internazionale e in particolare dell’Unione Europea, doveva essere una prova di
democrazia.
D. – E’ difficile fare previsioni, ma
questo voto come potrà influire sul cammino europeo della Macedonia?
R. – La difficoltà consisterà proprio nel vedere come
uscirà il nuovo governo da queste elezioni. E questo perché i sondaggi – non
molti, peraltro – vedono una sorta di parità tra i due blocchi. Potrebbe
verificarsi questa situazione e quindi dovranno formare un’ampia coalizione, a
prescindere da chi sarà il vero vincitore, in termini di percentuale, delle elezioni.
Comunque è necessario tenere ben presente che dovranno portare il Paese verso
l’Unione Europea. Anche nel caso di una vittoria delle forze nazionaliste e
quindi del blocco attualmente all’opposizione si dovrebbe comunque tenere ben
presente questo, anche perché la Macedonia è uno di quei Paesi, di quei pochi
Paesi dell’area dei cosiddetti Balcani Occidentali che ha lo status di candidato.
D. – Sul fronte interno, quali sono le emergenze che il
nuovo governo dovrà affrontare?
R. – Sicuramente ci sono dei grandi problemi a livello
sociale, come quello relativo alla disoccupazione, che è veramente molto alta,
e la necessità di un rilancio dell’economia. In particolare, il premier attuale
Buckovski viene accusato
dall’opposizione di non aver fatto avanzare le riforme economiche in modo adeguato.
D. – Rimanendo al livello sociale, come possiamo definire
la convivenza fra macedoni ed albanesi?
R. – Si tratta di una convivenza che si studia – diciamo -
di giorno in giorno. Gli albanesi dopo il conflitto armato nel 2001, terminato
per l’appunto con gli Accordi di Ocri nell’agosto
dello stesso anno, sono riusciti a far valere tutta una serie di diritti, che
vanno dalla considerazione del popolo costituente sono il 25 per cento della
popolazione complessiva di circa 2 milioni di abitanti e quindi all’avere le
proprie bandiere, una autonomia locale, i diritti di
lingua. Ci sono poi delle aree che sono a maggioranza albanese e per il momento
abbiamo visto, anche durante la campagna elettorale, che gli scontri non sono
stati su una linea etnica, ma su una linea esclusivamente politica. Gli scontri
maggiori sono stati, infatti, tra partiti albanesi.
D. – Come potrà cambiare il ruolo del Paese nello
scacchiere balcanico?
R. – Diciamo che la Macedonia, in un certo senso, è
abbastanza avanti rispetto alla Serbia, al Montenegro, che si sono recentemente
separati. La Macedonia è un Paese con lo status di candidato, benché non sia
stata ancora determinata una data certa per avviare i negoziati per l’adesione
all’Unione Europea. Potrebbe essere anche un punto di riferimento anche per gli
altri Paesi, anche se si parla di un Paese molto piccolo, con due milioni di
abitanti. E’ sicuramente diversa, invece, la posizione rispetto alla Croazia o
alla Serbia che hanno un peso politico anche a livello regionale molto più determinante.
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UNA
MOSTRA A CAMERINO NEL CONVENTO DI SAN DOMENICO
DEDICATA AI MAESTRI DEL LEGNO TRA
MARCHE E UMBRIA
Una pagina della storia dell’arte tutta da scoprire è
quella presentata nella mostra “rinascimento scolpito. Maestri del legno tra
Marche e Umbria, in programma a Camerino, nel convento di San Domenico, fino al
5 novembre. Le 57 opere esposte, tutte a carattere sacro, offrono al visitatore
uno sguardo inedito sulla scultura lignea del ‘400,
nascosta per secoli nei piccoli santuari dell’Appennino centrale. Il servizio
di Isabella Piro:
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(musica)
Racconta una leggenda che, nel 1359, alcuni pellegrini
furono costretti a fermarsi a Macereto, a metà strada tra Assisi e Loreto,
poiché i loro muli si rifiutarono di proseguire. Interpretato come un fatto
miracoloso, l’evento portò alla costruzione di un santuario e soprattutto alla
venerazione di un’immagine sacra, la Madonna di Macereto, probabile opera di
Domenico Indivini, un famoso intarsiatore, le cui
creazioni hanno ispirato tutta la mostra, come ci spiega
la curatrice Maria Giannatiempo:
R. – La grande novità e la proposta di questa mostra è il
voler ricostruire l’attività di scultore di questo artista, finora noto solo
come intarsiatore e quindi come realizzatore di grandi manufatti lignei – i
cori - che, a partire dalla metà del ‘400, nelle
Marche e nel maceratese vengono richiesti dai vari
Ordini.
Seria e
pensosa, ma anche teneramente affettuosa con il piccolo Gesù, la Madonna di
Macereto attira l’osservatore proprio per la sua semplicità. Ancora Maria Giannatiempo:
R. – Colpisce questa composizione, quasi una mandorla, in
cui la Madonna e il Bambino sono raccolti ed inseriti in questa forma geometria
e poi questa tenerezza del Bambino che si aggrappa al manto della Madre.
Il lavoro di
ricerca delle opere esposte è cominciato nel 1995 e ha portato alla scoperta di
vere rarità, come la Madonna di Collescille, in
provincia di Perugia, recuperata in modo fortuito da Raffaele Casciaro, curatore del catalogo:
R. – Entrando in chiesa non la si
vedeva, perché l’altare ha una nicchia chiusa da un pannello ligneo. C’è un
meccanismo – una vera e propria manovella che bisogna azionare da dietro
l’altare – che fa scendere questo pannello che rivela l’immagine della Madonna
di Collescille.
(musica)
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5 luglio 2006
IN UN
DOCUMENTO DELL’EPISCOPATO SVIZZERO, DELLA CARITAS E DELLA COMMISSIONE MIGRATIO
IL ‘NO’ ALLA REVISIONE DELLE LEGGI
SULL’ASILO
E SUGLI STRANIERI.
SULLA
NORMATIVA È PREVISTA UNA CONSULTAZIONE POPOLARE IL 24 SETTEMBRE
BERNA. = La Conferenza episcopale svizzera, in
collaborazione con la Caritas Svizzera e la Commissione Migratio,
ha redatto un documento in cui chiede la tutela dei diritti di quanti domandano
asilo. “No alla revisione delle leggi sull’asilo e sugli stranieri. Uno sguardo
differente”: questo il titolo della pubblicazione in cui i presuli sottolineano
che ogni azione politica e sociale deve garantire a tutti gli esseri umani una
vita dignitosa. “Auspichiamo dunque – spiegano in una nota i vescovi – una
politica d’asilo basata su fatti concreti e che tenga conto della realtà
mondiale nella quale viviamo”. L’episcopato, riferisce l’agenzia SIR, ha
ribadito la propria opposizione, già espressa in diverse circostanze, alla
legge approvata dal parlamento nel dicembre 2005 e che sarà sottoposta a
consultazione popolare il 24 settembre. La nota sottolinea che in gioco vi sono
i valori fondamentali della società: la dignità umana e i diritti che ne
conseguono. Con le misure restrittive previste dalla normativa approvata -
avvertono i presuli - la dignità di ognuno non è più rispettata. “Le richieste
di protezione, infatti – spiega il documento – possono venire
rifiutate sulla base di criteri prettamente formali che in nessun modo tengono
conto delle ragioni che hanno spinto una persona sulla via dell’esilio”.
“L’amore per il prossimo, la giustizia globale e considerazioni etiche –
concludono i vescovi – debbono guidarci nel nostro agire”. (T.C.)
COSTITUITA
IN AFRICA LA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEI POPOLI. AVRÀ
IL COMPITO DI DIFENDERE I DIRITTI UMANI E VI
SI POTRANNO RIVOLGERE
I
PAESI DELL’UNIONE AFRICANA
BANJUL. = Nasce la “Corte africana dei diritti dell’uomo e
dei popoli” per preservare, proteggere e difendere i diritti umani in Africa.
L’organismo è stato presentato a margine del Vertice dell’Unione africana (Ua) a Banjul, in Gambia. La Corte,
come riferisce l’agenzia MISNA, era già prevista dalla ‘Carta africana dei
diritti dell’uomo e dei popoli’, in vigore dal 1986.
Varata di fatto due anni fa, con la nomina in questi giorni di 11 esperti
legali, ora è diventata pienamente operativa e avrà sede ad Arusha,
in Tanzania. La tutela dei diritti umani a livello sopranazionale è stata
compito, finora, della Commissione africana dei diritti dell’uomo e della
Conferenza dei capi di Stato e di governo dell’UA, e proprio
questi due organismi hanno nominato i componenti della nuova Corte. Vi
si potranno rivolgere i 53 Paesi dell’Unione africana e le organizzazioni
intergovernative dell’Africa. Gli individui e le organizzazioni non governative
potranno farlo soltanto se lo Stato chiamato in causa per una violazione dei
diritti umani abbia riconosciuto tale possibilità. “Questa Corte rafforza la
giurisprudenza e contribuisce alla promozione e alla protezione dei diritti
umani nel continente”, ha detto Julina Joiner, commissario dell’Unione africana per le questioni
politiche. Secondo quanto si legge nella stampa africana, il problema
dell’impunità si sta ponendo con sempre crescente urgenza in alcuni scenari del
continente: gli ultimi due casi sono quello dell’ex-presidente del Ciad Hissan Habré, che sarà processato
in Senegal con l’accusa di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e
tortura, e l’ex-capo ribelle e presidente della Liberia Charles
Taylor, di recente trasferito presso la struttura
della Corte penale internazionale dove sarà giudicato sul ruolo avuto nella guerra
della confinante Sierra Leone. (T.C.)
LA
CRISI VOCAZIONALE UNA PROVA DA VIVERE CON FEDE E DA AFFRONTARE
CON IL
COINVOLGIMENTO DELL’INTERA COMUNITÀ CRISTIANA. È QUANTO È EMERSO
NEI
GIORNI SCORSI A LOVANIO, IN BELGIO, ALL’INCONTRO DEL SERVIZIO EUROPEO
PER LE
VOCAZIONI
LOVANIO. = La crisi attuale delle vocazioni è come una
prova paragonabile a quella vissuta dal Popolo di Dio durante l’esilio
babilonese. Ha usato queste parole il cardinale Godfried
Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles,
a Lovanio, in Belgio, all’Incontro annuale del
Servizio europeo per le vocazioni (EVS), per descrivere la realtà vocazionale
di questi ultimi anni. Conclusosi nei giorni scorsi, l’incontro, dal titolo
“Quando le comunità cristiane diventano comunità che chiamano”, ha riunito i
rappresentanti dei centri nazionali delle vocazioni di 17 Conferenze episcopali
d’Europa. Svariate le problematiche analizzate durante i dibattiti, ma è
emersa, in diversi Paesi, la medesima preoccupazione di un annuncio del Vangelo
che tocchi il cuore di una cultura spesso indifferente al cristianesimo.
Tuttavia, note comuni sono il dinamismo e l’entusiasmo di quanti sono impegnati
nella pastorale vocazionale. Padre Amedeo Cencini,
docente della Pontificia Università Salesiana di Roma, ha affermato che solo
vivendo concretamente l’abbondanza dei carismi e dei differenti ministeri
l’intera comunità cristiana può offrire un valido aiuto per il riconoscimento
delle diverse chiamate di Dio e per rispondervi. L’‘idea povera’
della vocazione in cui il prete è il solo attore deve essere superata – ha
suggerito il prof. Cencini – occorre invece guardare
ad un profilo globale in cui tutti sono attori della propria vocazione e si sentano responsabili della felicità degli altri membri della
comunità cristiana. “Per tale motivo – ha detto il sacerdote canossiano – è necessario che i cristiani divengano adulti
nella fede, cioè responsabili del bene di tutti e pronti a testimoniare la
propria esperienza”. L’incontro dell’EVS si è concluso con la revisione degli
statuti e con il rinnovo delle cariche direttive. Come nuovo coordinatore è
stato eletto l’abbate Jean-Pierre
Leroy. (T.C.)
DOTTORATO HONORIS CAUSA AL PATRIARCA MARONITA NASRALLAH
SFEIR DALL’UNIVERSITÀ GESUITA DI SAINT LUOIS, NEL MISSOURI. INCONTRANDO
I GIORNALISTI IL CARDINALE HA CHIESTO AGLI
AMERICANI
CHE VENGA
FACILITATO IL PROCESSO DI PACE IN MEDIO ORIENTE
SAINT LOUIS. = In visita
negli Stati Uniti il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha ricevuto la settimana scorsa un dottorato “Honoris
Causa” nella prestigiosa università gesuita di Saint Louis.
Durante la cerimonia, riferisce l’agenzia Asianews,
il cardinale Sfeir ha ribadito “la posizione perenne
della Chiesa maronita e la sua fedeltà ai principi già vissuti e predicati
anche dai suoi predecessori”, insistendo sul ruolo fondamentale dei maroniti
nella nascita del Libano. Alla conferenza stampa – prima della sua partenza,
lunedì scorso, per Chicago, seconda tappa della visita – ha parlato poi
dell’attuale situazione in Medio Oriente e del Libano. In particolare ha fatto
appello ai responsabili americani perché facilitino il cammino del processo di
pace in Medio Oriente. “La causa palestinese è la spada permanente che trafigge
il cuore della regione – ha detto il cardinale Sfeir
– una volta raggiunta una soluzione del problema palestinese, molti problemi e
conflitti nella regione saranno risolti”. Quindi il patriarca ha ribadito il
suo pieno appoggio al ristabilimento della piena sovranità del Libano, libero
da ogni presenza armata non governativa. Poi ha espresso la sua gratitudine
alla comunità internazionale che, grazie alle risoluzioni dell’ONU, sta
proteggendo i diritti dei libanesi. A Chicago il cardinale Sfeir
ha presieduto l’incontro annuale dei maroniti degli Stati Uniti (NAN).
Quest’anno l’evento coincideva con la ricorrenza del 40° anniversario
dell’erezione della prima diocesi maronita negli USA e con la nomina del primo
arcivescovo maronita, mons. Francis El Zayek. Il patriarca ha illustrato ai partecipanti il
significato della sua visita negli Stati Uniti, come “applicazione immediata
delle decisioni prese durante l’ultimo Sinodo maronita sulla necessità di
fortificare i legami tra i maroniti del Libano e quelli della diaspora”. Il suo
intervento si è concluso con un “invito forte” a contribuire alla rinascita del
Libano, patria comune dei cristiani e dei musulmani. (L.Z. - T.C.)
ROMANIA: RISCHIA IL CROLLO LA CATTEDRALE
DI BUCAREST AL FIANCO
DELLA QUALE È STATA AUTORIZZATA LA
COSTRUZIONE DI UN ENORME EDIFICIO. L’ARCIVESCOVO DI BUCAREST IOAN
ROBU: È IN PERICOLO LA DIGNITÀ
DEL
LUOGO SACRO, SI VIOLANO I DIRITTI DEI FEDELI
BUCAREST. = Scioperi della
fame, azioni pacifiche di protesta, lettere alle autorità, interventi di
cattolici, ortodossi ed ebrei a nulla sono serviti, finora, per salvaguardare
la cattedrale cattolica San Giuseppe di Bucarest, in pericolo di crollo per la
costruzione, al suo fianco, di un edificio di 75 metri d’altezza. Si tratta del
“Cathedral Plaza”,
progettato su un terreno instabile e con falda freatica superficiale, e per il
quale sono previsti 19 piani e 4 livelli sotterranei. “Vivo accanto ai cattolici
della Romania un sentimento di profonda tristezza e impotenza – ha dichiarato l’arcivescovo di
Bucarest Ioan Robu – di
fronte all’indifferenza delle autorità romene rimaste impassibili alle
innumerevoli memorie e proteste, contro l’illegale costruzione che mette in
grave pericolo l’incolumità e la dignità del luogo sacro e impedisce lo
svolgimento normale delle funzioni religiose”. Mons. Robu ha anche detto che autorizzando la costruzione
dell’enorme edificio le autorità hanno inferto un grave colpo alla Chiesa
cattolica romena e che i fedeli sentono i loro diritti violati ed i loro valori
calpestati. Autorizzando una costruzione
gigantesca nei pressi della cattedrale – spiegano dall’arcidiocesi di Bucarest
– la legge romena 422/2001 per la protezione dei monumenti storici è
palesemente violata; inoltre, nel modo irregolare e difettoso con cui si
svolgono i lavori, altre 24 leggi sono parzialmente o totalmente violate. (A.M. – T.C.)
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5 luglio 2006
- A cura di
Eugenio Bonanata -
Continua a restare alta la tensione anche in Medio
Oriente, a causa degli sviluppi del rapimento del soldato israeliano da giorni
nelle mani di miliziani radicali palestinesi. Dopo la scadenza dell’ultimatum
dei sequestratori allo Stato ebraico, a Gaza è ancora violenza. Ma il gabinetto
di sicurezza israeliano ha decretato poco fa l’istituzione di una zona cuscinetto
nel nord della Striscia per impedire i tiri di mortaio palestinesi. Il nostro
servizio:
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La decisione è in linea con le affermazioni del premier
israeliano Olmert che ha definito estremamente
‘grave’ il lancio del razzo palestinese che ieri ha colpito una scuola israeliana.
Non si hanno notizie di vittime, tuttavia, mai fino ad ora un proiettile palestinese
si era addentrato così tanto in territorio israeliano. “Se il sangue
palestinese viene versato a Gaza, il sangue degli israeliani
scorrerà nelle loro città”. Questa la minaccia, diffusa via internet, dalle
Brigate Ezzedin al-Qassam,
il braccio armato di Hamas, mentre proseguono le
operazioni delle forze armate palestinesi che in un raid aereo hanno bombardato
un'abitazione a Gaza provocando, secondo testimoni, almeno una vittima. In nottata invece l’aviazione aveva colpito la sede del
ministero degli Interni palestinese, provocandone la quasi totale distruzione.
Sul fronte Palestinese la Lega araba ha inviato 50 milioni di dollari al
presidente Abu Mazen per
alleviare la crisi finanziaria delle autorità. I soldi, offerti tra gli altri
da Libia, Siria e Quatar, sono stati versati
direttamente sul conto del presidente e non passeranno per il governo guidato
da Hamas. Non ci sono novità sulla sorte del soldato
israeliano rapito nei giorni scorsi che, secondo la stampa israeliana, si troverebbe
a Gaza in un bunker, sorvegliato da 7 sequestratori. Nel tentativo di rompere
la situazione di stallo il padre del giovane caporale ha lanciato un appello ai
rapitori chiedendo di precisare meglio le loro richieste. Nel messaggio dei
miliziani di Hamas divulgato oggi si chiede invece
l’intervento delle “persone sagge nel mondo” per risolvere la crisi. In quanto
– precisa il braccio armato di Hamas - “la linea rigida di Olmert rischia di avere conseguenze disastrose per la intera
Regione”.
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Il governo iracheno ha fatto sapere di aver avviato “aperto
canali di dialogo” con una ventina di gruppi armati d'insorti dopo che il
premier al-Maliki ha presentato il suo piano di
riconciliazione nazionale. Lo hanno reso noto fonti governative,
senza tuttavia fornire ulteriori particolari. Intanto sul terreno la violenza
non si ferma: l’esplosione di un'autobomba di fronte a un ospedale di Kirkuk ha provocato, secondo un bilancio ancora provvisorio,
la morte di un civile e il ferimento di altri due. Infine il primo ministro iracheno
al-Maliki, intende chiedere un'indagine indipendente
del suo governo sul presunto stupro e omicidio di una minorenne, e dello
sterminio della sua famiglia, compiuti il mese scorso da militari statunitensi.
Una serie di attentati, hanno scosso questa mattina Kabul,
la capitale dell’Afghanistan. L’esplosione più grave ha preso di mira un
autobus dell’esercito afgano provocando la morte di una persona e il ferimento,
non grave, di 40 ufficiali. Intanto da Tokio, dove si è svolta una conferenza
sul disarmo in Afghanistan, il presidente Karzai è tornato a condannare l’insurrezione
dei taleban chiedendo alla Comunità internazionale maggiori
sforzi per contrastarla.
Il negoziatore iraniano sul nucleare,
Ali Lariani, sarà domani a Bruxelles. Lo ha annunciato un comunicato
dell'Unione Europea. Larijani avrebbe dovuto incontrare
oggi l’Alto rappresentante UE per la politica estera, Solana,
ma non si è presentato. Il rappresentante europeo attendeva almeno una prima
risposta parziale su un pacchetto di incentivi offerti dalla Comunità
internazionale a Teheran per trovare una soluzione
negoziata al braccio di ferro sul nucleare. Dal canto suo il presidente russo Putin, ha sollecitato l’Iran ad accettare il più
rapidamente possibile la proposta fatta un mese fa dalle grandi potenze.
In
Italia: duplice arresto oggi, a Milano, nell’ambito dell’inchiesta sul rapimento
di Abu Omar, l’imam della
moschea di Via Quaranta sospettato di connivenza con
il terrorismo internazionale. In manette Marco Mancini, direttore della prima
divisione del Sismi, il controspionaggio militare, e
agli arresti domiciliari una seconda
persona, il generale dei carabinieri, Gustavo Pignero.
Misure di custodia cautelare anche nei confronti di altre persone, al momento
latitanti, e di quattro cittadini americani. Perquisita, in
mattinata, anche la redazione del quotidiano “Libero”. Dure critiche da parte del senatore a vita
Francesco Cossiga: “Dopo l’arresto di Mancini – ha
detto - ora ci si attende un messaggio
di ringraziamento da parte di Osama Bin Laden per il contributo alla Jihad islamica”. Sull’arresto del direttore della prima
divisione del Sismi, è intervenuto l’avvocato difensore
che ha definito Mancini “un servitore dello Stato”, che ha compiuto “il suo
dovere correttamente e nel rispetto della legge”. Paolo Ondarza
ha intervistato Maurizio Calvi, presidente del Centro
Alti Studi per la Lotta al terrorismo.
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R. - Se
ci sono state regole che sono state sciolte liberamente, questo è gravissimo
sul piano istituzionale. Non possiamo consentire scorribande nel nostro paese
da rappresentanti di altri stati che vengono in Italia prendono, impacchettano
una persona, la portano fuori dal nostro paese, lo
torturano, e chi ha acconsentito che questo avvenisse si è messo contro le
nostre regole. Non possiamo consentire che queste regole vengano
infrante per ragioni, anche se importanti, di sicurezza.
D. - E’
di meno di un mese fa la relazione di Dick Martin, membro del Consiglio di Europa, in cui si
denunciava una rete di paesi coinvolti nelle detenzioni e trasferimenti di
presunti terroristi da parte della CIA e tra questi c’era anche l’Italia.
L’arresto di oggi potrebbe essere una diretta conseguenza di questa relazione?
R. – E’
anche una diretta conseguenza e quindi sia il sistema di difesa delle nostre
regole e sia l’alto livello politico da cui proviene questa relazione determina
che chi infrange le regole ovviamente viene colpito.
L’Europa pone come elemento di fondo la difesa della democrazia e dei suoi
diritti di libertà, l’America sacrifica i diritti di libertà al processo di
sicurezza pur di ottenere il risultato. Guantanamo è
come dire l’esempio più eclatante dal punto di vista politico. Io ancora una
volta sottolineo l’esigenza invece che le regole della democrazia vadano tenute ad ogni costo.
D.- Premesso questo, resta in ballo la dubbia
estraneità di Abu Omar nei confronti del terrorismo internazionale.
Come è giusto muoversi nella lotta al terrorismo in casi come questi?
R. – E’
evidente che lo Stato può avere anche la libertà di emettere provvedimenti di espulsione
nei confronti di chi professa ideologicamente e sorregge ideologicamente Bin Laden e la sua rete. Io
capisco che il livello di sicurezza nel mondo deve aumentare
ma questo deve essere coniugato con la difesa dei principi delle democrazie
moderne.
D. –
Ecco, di questa giusta difesa di libertà e democrazia, secondo lei, non potranno
approfittarsi in termini negativi gli integralisti islamici?
R. –
Noi abbiamo sconfitto il terrorismo interno rispettando le regole. Noi siamo
l’esempio più chiaro con cui la difesa dei diritti inviolabili ha assicurato lo
stesso una parziale sconfitta del terrorismo interno.
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I rapporti della Serbia con l’Unione Europea, lo status
del Kossovo, la mancata consegna degli ultimi
criminali di guerra degli anni '90. Sono i temi centrali dell’incontro a Roma
fra il primo ministro della Serbia, Vojislav Kostunica, e il ministro degli Esteri
italiano, Massimo D’Alema.
E’ l’Italia la prima finalista dei Mondiali di calcio 2006.
Battendo a Dortmund i padroni di casa della Germania
per 2 a 0 dopo una sofferta partita finita ai supplementari, gli azzurri volano
ora a Berlino, dove il 9 luglio incontreranno la vincente di Francia-Portogallo.
Guerriglieri separatisti ceceni
hanno attaccato ieri un convoglio militare nel distretto di Shali,
con un bilancio di almeno sei morti e oltre dieci feriti. Lo ha riferito
l’agenzia Interfax. Proprio ieri il presidente russo Vladimir Putin, rispondendo a domande dei giornalisti, aveva detto
che nella regione caucasica “non ci sono più
combattimenti, solo episodi di terrorismo”.
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