RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 186 - Testo della trasmissione di mercoledì 5  luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sempre pronti a dichiarare la nostra adesione a Cristo: così Benedetto XVI alle migliaia di fedeli presenti oggi in Piazza San Pietro per l’udienza generale

 

La religione sta dalla parte della pace e dell’amicizia fra gli uomini: è quanto ribadito al Summit dei leader religiosi, che si è concluso stamani a Mosca: con noi il cardinale Walter Kasper

 

Entra nel vivo di dibattiti e scambi di esperienze il V Incontro mondiale delle Famiglie, che sabato accoglierà Benedetto XVI. L’apertura ieri pomeriggio segnata dalla preghiera per le vittime della sciagura della metropolitana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Forti timori della comunità internazionale dopo i test missilistici effettuati, ieri, dalla Corea del Nord: ai nostri microfoni Luca D’Ammora

 

Urne aperte in Macedonia, per il rinnovo del Parlamento: intervista con Luca Zanoni

 

Una mostra a Camerino nel convento di San Domenico dal titolo “rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria“: ce la illustrano Maria Giannatiempo e Raffaele Casciaro

 

CHIESA E SOCIETA’:

In un documento dell’episcopato svizzero, della Caritas e della Commissione Migratio ilno’ alla revisione delle leggi sull’asilo e sugli stranieri

Costituita in Africa la Corte dei diritti dell’uomo e dei popoli

 

Nei giorni scorsi a Lovanio, in Belgio, l’incontro del Servizio europeo per le vocazioni

 

Dottorato Honoris Causa al Patriarca maronita Nasrallah Sfeir dall’Università gesuita di Saint Louis, nel Missouri

 

Romania: rischia il crollo la cattedrale di Bucarest al fianco della quale è stata autorizzata la costruzione di un enorme edificio

 

24 ORE NEL MONDO:

Una serie di attentati stamani a Kabul: almeno un morti e 40 feriti

 

Ancora non precisato il numero delle vittime dell’autobomba esplosa a Kirkuk di fronte a un ospedale

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 luglio 2006

 

DOBBIAMO ESSERE SEMPRE PRONTI, A DICHIARARE LA NOSTRA ADESIONE A CRISTO: COSI’ BENEDETTO XVI ALLE MIGLIAIA DI FEDELI, OGGI IN PIAZZA SAN PIETRO, ALL’ULTIMA UDIENZA GENERALE PRIMA DELLE SUE VACANZE ESTIVE E ALLA VIGILIA

DEL SUO VIAGGIO A VALENCIA SABATO E DOMENICA PROSSIMA

 

La fede supera ogni umano interesse, ha sottolineato Benedetto XVI, nell’ultima udienza generale, stamane, prima delle vacanze estive, in Valle d’Aosta, a Les Combes, dall’11 al 28 luglio. E prima del viaggio a Valencia, in Spagna, sabato e domenica prossimi, per partecipare al V Incontro mondiale delle famiglie. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Decine di migliaia di pellegrini, nonostante il caldo torrido, hanno accolto Benedetto XVI in Piazza San Pietro per ascoltare la sua catechesi dedicata oggi alla figura di Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo. Secondo la tradizione, “il discepolo prediletto”, colui che “poggia il capo sul petto del Maestro durante l'Ultima Cena, si trova ai piedi della Croce insieme alla Madre di Gesù ed è infine testimone sia della Tomba vuota che della stessa presenza del Risorto”. Giovanni, occupa “un posto di rilievo” nella Chiesa di Gerusalemme e Paolo lo annovera tra le ‘colonne’ della prima comunità di cristiani. “Insieme con Pietro, davanti al Sinedrio che li sta processando”, dichiara: “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. Un modello per la nostra vita, ha sottolineato Benedetto XVI.

 

Proprio questa franchezza nel confessare la propria fede resta un esempio e un monito per tutti noi ad essere sempre pronti a dichiarare con decisione la nostra incrollabile adesione a Cristo, anteponendo la fede a ogni calcolo o umano interesse”.

 

Il Papa ha quindi rievocato l’importanza di questo apostolo per la Chiesa orientale, dove il culto di Giovanni si affermò a partire dalla città di Efeso, dove, avrebbe a lungo operato morendovi infine in età molto avanzata, e dove restano ancora oggi le rovine di una grande Basilica a lui intitolata, costruita dall’imperatore Giustiniano nel VI secolo. Infine l’invocazione per tutti i seguaci di Cristo:

 

“Il Signore ci aiuti a metterci alla scuola di Giovanni per imparare la grande lezione dell’amore così da sentirci amati da Cristo ‘fino alla fine’ e spendere la nostra vita per Lui”.

 

Dopo la catechesi durante i saluti nelle varie lingue, il Santo Padre ha ricordato ai pellegrini polacchi che nel mese di luglio si venera il preziosissimo Sangue di Cristo. Ma “nel mondo – ha deprecato Benedetto XVI - viene continuamente sparso il sangue umano innocente. Nei cuori degli uomini, invece dell’amore evangelico, dimora spesso l’odio, invece della cura per l’uomo, il disprezzo e la sopraffazione”. Da qui la richiesta di preghiere “affinché l’umanità contemporanea sperimenti la forza del Sangue di Cristo versato sulla Croce per la nostra salvezza”.

        

Poi, rivolto ai fedeli sloveni, l’invito ad onorare la memoria dei santi Cirillo e Metodio, festeggiati oggi in Slovacchia, “esempio sublime … dell’unità della fede”. Ed ancora rivolto ai giovani, l’incoraggiamento ad imitare la “coraggiosa testimonianza evangelica” del beato Piergiorgio Frassati, ricordato ieri.

 

Infine l’augurio del Papa in vista del Simposio sulla salvaguardia del Creato, che si terrà in Brasile dal 13 al 20 luglio, promosso dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Benedetto XVI ha auspicato che “tale importante iniziativa contribuisca a promuovere un rispetto sempre più grande per la natura, affidata da Dio alle mani operose e responsabili dell’uomo”.

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LA RELIGIONE STA DALLA PARTE DELLA PACE E DELL’AMICIZIA FRA GLI UOMINI:

E’ QUANTO RIBADITO AL SUMMIT DEI LEADER RELIGIOSI

CHE SI E’ CONCLUSO STAMANI a Mosca

- Con noi il cardinale Walter Kasper -

 

Si è concluso stamane il dibattito al Summit dei leader religiosi che si è aperto lunedì pomeriggio a Mosca. Cristiani, islamici, ebrei, buddisti, scintoisti e fedeli di varie denominazioni – più di 200 delegati di oltre 40 Paesi – si sono confrontati nella capitale russa su come tutelare i valori morali e spirituali e costruire un mondo migliore. L’incontro è stato organizzato dal Consiglio interreligioso della Russia e della Comunità di Stati Indipendenti, in prossimità del Vertice del G8 che si terrà a San Pietroburgo dal 15 al 17 luglio. Il servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Abbiamo cercato di rispondere in modo schematico a quei problemi che preoccupano la gente. Questo uno dei passaggi più significativi della conferenza stampa, a conclusione del Summit dei rappresentanti religiosi. Il messaggio lanciato da Mosca è chiaro: la religione non va usata per giustificare la violenza. Le guerre hanno sempre ragioni politiche. E’ stato bello il colpo d’occhio nella sala: i rabbini ebrei seduti a fianco dei rappresentanti dell’Islam. Noi abbiamo correnti rapporti con gli ayatollah iraniani, ha svelato il rabbino David Rosen. Le possibilità d’incontro sono però poche. Al suo fianco l’ayatollah Al Taskin ha avuto parole non solo di circostanza. Corre la proposta di creare un meccanismo in sede ONU che permetta un dialogo attivo fra leader religiosi e politici. Il documento finale di questo summit verrà consegnato ai leader del G8 i quali si incontreranno a San Pietroburgo fra il 15 e il 17 luglio.

 

Da Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato

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Della ricchezza degli scambi e dell’importanza dell’incontro ci parla, nell’intervista di Giuseppe D’Amato, il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:

 

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R. – Penso che questo incontro internazionale sia andato molto bene. Abbiamo incontrato non soltanto Chiese e comunità cristiane, ma soprattutto musulmani, buddisti, ebrei e molti altri. C’è stato uno spirito molto amichevole, aperto. Si è parlato dei problemi del dialogo interreligioso. E c’è stato consenso, molto importante, sul fatto di non poter usare il nome di Dio per usare violenza, per uccidere uomini innocenti. Si è detto che la religione sta dalla parte della pace e dell’amicizia fra gli uomini. Per questo c’è stato il consenso universale. E penso che sia stato molto importante per noi ma anche che sia stato un messaggio al G8 e alle comunità religiose.

 

D. – Come sono i rapporti adesso fra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica? Ci sono dei progressi in corso?

 

R. – Ci sono stati dei problemi negli anni scorsi, ma abbiamo migliorato il nostro rapporto e ciò è stato visibile durante questo Summit. Il metropolita Kirill qualche settimana fa a Roma è stato in udienza dal Papa ed io ho parlato con lui. Noi vogliamo continuare questo riavvicinamento fra le due Chiese. Penso che adesso abbiamo un nuovo spirito, soprattutto grazie alla partecipazione del Patriarcato di Mosca al dialogo internazionale, che avrà luogo a settembre a Belgrado.

 

D. – Tutti gli anni è possibile organizzare un incontro, un Convegno mondiale e inviare ai leader del G8 ogni anno un messaggio, in maniera tale da creare un meccanismo di collaborazione fra leader religiosi e leader politici…

 

R. – Si ha bisogno certamente di un incontro regolare fra i leader religiosi. Abbiamo  ancora tanti altri problemi da discutere, ma si potrà fare - se sarà possibile - anche la prossima volta e si vedrà.

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 ENTRA NEL VIVO DI DIBATTITI E SCAMBI DI ESPERIENZE

IL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE

CHE SABATO ACCOGLIERA’ BENEDETTO XVI.

L’APERTURA IERI POMERIGGIO, SEGNATA DALLA PREGHIERA

 PER LE VITTIME DELLA SCIAGURA DELLA METROPOLITANA

 

Entra nel vivo oggi il Congresso teologico pastorale dedicato alla famiglia, che si è aperto ieri a Valencia, con la preghiera per le vittime della sciagura della metropolitana. I giorni di dibattiti e di scambio di esperienze nell’ambito del V Congresso mondiale delle famiglie e in attesa dell’arrivo del Papa, certamente non potranno non essere accompagnati dal pensiero di quanti hanno perso la vita al centro della città che già si era riempita di molte delle famiglie partecipanti, provenienti dai diversi continenti.  Da Valencia l’inviato dell’Osservatore Romano, Gianluca Biccini:

 

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L’intervento del Primate di Spagna, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, sugli aspetti pastorali della trasmissione della fede nella famiglia ha caratterizzato, questa mattina, la seconda giornata dei lavori del Congresso in corso a Valencia, nell’ambito del V Incontro mondiale delle famiglie. Il cardinale ha rivendicato la sacralità del vincolo coniugale tra uomo e donna, dinanzi alle politiche del governo spagnolo. Sono seguite le testimonianze di iniziatori e di rappresentanti di movimenti ecclesiali e associazioni che operano in difesa della famiglia. Tra questi don Julio Carrón, successore di don Giussani alla guida della fraternità di Comunione e Liberazione. In contemporanea – novità assoluta di questo incontro mondiale – venivano inaugurate le assemblee dedicate ai figli e ai nonni. Ieri pomeriggio l’apertura ufficiale dei lavori con l’introduzione del cardinale Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e con un applauditissimo intervento del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, sul rapporto tra laicità dello Stato e famiglia. Intanto ieri sera l’arcivescovo di Valencia, mons. Augustín García-Gasco, ha celebrato le solenni esequie delle vittime dell’incidente della metropolitana. “Non siete soli nel vostro dolore. Sono con voi le famiglie del mondo intero”, ha detto mons. García-Gasco ai familiari delle vittime raccoltisi nella cattedrale di Valencia. L’intero Paese era rappresentato ai più alti livelli, dai reali di Spagna al presidente del governo.

 

Da Valencia, Gianluca Biccini, per la Radio Vaticana.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

 

Servizio estero - Nucleare: la Corea del Nord effettua numerosi test missilistici. Il Giappone chiede la convocazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Servizio culturale - In occasione dei novant’anni di Manlio Cancogni, un articolo di Claudio Toscani dal titolo “L’eclettica ispirazione di uno scrittore innamorato del Manzoni”.

 

Servizio italiano - In rilievo l’articolo dal titolo “I tassisti al muro contro muro. Il Garante: ‘blocchi illegittimi’”.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 luglio 2006

 

FORTI TIMORI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE DOPO I TEST MISSILISTICI

 EFFETTUATI, IERI, DALLA COREA DEL NORD

- Intervista con Luca D’Ammora -

 

Crescono i timori della comunità internazionale dopo una serie di test missilistici effettuati, ieri, dalla Corea del Nord. In Giappone è stato alzato il livello di allerta e negli Stati Uniti, il Comando di difesa aereo americano continua a monitorare la situazione. Per discutere sulla crisi innescata dagli esperimenti nordcoreani, si riunirà inoltre, nel pomeriggio, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il capo di stato maggiore russo e fonti sudcoreane hanno reso noto che sono stati lanciati, in tutto, dieci missili. Un razzo intercontinentale, in grado di raggiungere l’Alaska, è precipitato subito dopo il lancio. Gli altri erano a medio e corto raggio. Si è innescata, a questo punto, una crisi dagli effetti imprevedibili? Ascoltiamo Luca D’Ammora, coordinatore di Amnesty International Italia per la Corea del Nord:

 

R. - Dobbiamo dire che questa non è una situazione completamente nuova. In realtà, ci sono state già situazioni analoghe anni fa. Dal 2002, da quando si è aperta questa nuova fase della crisi internazionale nei rapporti tra Corea del Nord e Stati Uniti in primis, si susseguono fasi di provocazione - definiamole così - fasi in cui sembra, invece, prevalere la diplomazia.

 

In Corea del Nord, il governo non ha ufficialmente confermato gli esperimenti ma sul quotidiano del partito comunista si legge che il Paese ha “una potenza militare invincibile”. Proprio l’apparato militare nord coreano sembra costituire uno strumento di pressione...

 

R. - L’apparato militare nord-coreano è un apparato che indubbiamente è in grado di fare paura a molti, soprattutto a Paesi vicini come a Corea del Sud e Giappone. E’ un apparato che ha beneficiato, in passato, di molti investimenti, sostenuti dall’ex-Unione Sovietica, precedentemente, e poi, in parte, anche dalla Cina e da risorse interne…

 

Ma come spiegare l’alta spesa militare in un Paese gravemente colpito dalla miseria? Ascoltiamo ancora Luca D’Ammora:

 

R. – Il governo della Corea del Nord non ha mai dimostrato di preoccuparsi particolarmente della propria popolazione; la minaccia militare è l’arma che viene utilizzata per giocare un ruolo sulla scena internazionale e ottenere le risorse necessarie per il sostentamento del governo. Chi ci rimette, evidentemente, è in primo luogo proprio la popolazione nordcoreana, 20 milioni di cittadini che soffrono di una condizione di estrema indigenza. Si stima che siano circa due milioni le vittime della carestia che, dalla metà degli anni Novanta, affligge il Paese. Ci sono, poi, moltissimi bambini che soffrono per malnutrizione cronica e se a questo si aggiunge una situazione di violazione diffusa anche dei più elementari diritti umani, si ha il quadro complessivo della vita della popolazione nordcoreana.

 

Dalla comunità internazionale sono già arrivate ferme condanne. L’Unione Europea ha condannato gli esperimenti, la Russia ha definito i test “una provocazione”, la NATO esprime preoccupazione e la Casa Bianca parla di “sfida alla comunità internazionale”. Il governo giapponese ha minacciato, poi, sanzioni contro la Corea del Nord e il premier Koizumi ha comunque ribadito l’urgenza di mantenere uno spazio per il dialogo. In una nota governativa della Corea del Sud si legge, poi, che “l’esecutivo di Pyongyang si troverà ancora più isolato sulla scena internazionale”. Il ministro degli Esteri cinese ha espresso, infine, la speranza che “tutte le parti interessate mantengano la calma”.

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URNE APERTE IN MACEDONIA, PER IL RINNOVO DEL PARLAMENTO

 

Urne aperte oggi in Macedonia per il rinnovo dei 120 deputati del Parlamento di Skopje. Oltre un milione e 600 mila cittadini sono chiamati alle urne nell’ex Repubblica Jugoslava, teatro negli anni scorsi di scontri tra la maggioranza macedone e la minoranza albanese. Emiliano Bos:

 

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Lo scontro questa volta è tutto interno alla componente albanese, che costituisce oltre un quarto dei due milioni di abitanti. Da un lato, gli ex guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale, che nel 2001 si scontrarono con le forze armate governative e che oggi sono nel governo con i Socialdemocratici macedoni; dall’altro, il Partito Democratico di Arber Xhaferri, che accusa la mancata applicazione degli accordi di Ocri, voluti dall’Unione Europea e con cui – 5 anni fa – si evitò l’ennesima guerra civile nell’ex-Jugoslavia. In mezzo c’è stata una campagna elettorale violenta, con sparatorie e scontri fra i due gruppi albanesi. Stamani alle 7.00 quasi tremila seggi hanno avviato le operazioni di voto e saranno aperti fino a questa sera alle 19.00. 2.620 i candidati in 33 liste, raccolti soprattutto intorno alla coalizione socialdemocratica e a quella nazionalista. Contraria quest’ultima, per ragioni diverse rispetto agli albanesi, agli accordi di pace. Il presidente Branko Crvenkovski ha sollecitato i suoi concittadini a partecipare al voto, sul quale vigileranno oltre 6 mila osservatori locali e quasi 500 stranieri. Dall’esito delle urne dipenderà la velocità di marcia verso l’integrazione europea.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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Per un commento sulla campagna elettorale in Macedonia, Eugenio Bonanata ha intervistato Luca Zanoni, del sito internet  ‘Osservatorio sui Balcani’:

 

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R. – E’ stata senz’altro una campagna elettorale, durata circa 20 giorni, connotata da parecchi incidenti. Ci sono stati circa una ventina di incidenti abbastanza gravi e in alcuni casi addirittura con l’impiego di armi da fuoco. In modo particolare gli incidenti si sono verificati tra i due blocchi di partiti albanesi. E’ quindi stata portata all’estremo una campagna elettorale che, dal punto di vista della Comunità internazionale e in particolare dell’Unione Europea, doveva essere una prova di democrazia.

 

D. – E’ difficile fare previsioni, ma questo voto come potrà influire sul cammino europeo della Macedonia?

 

R. – La difficoltà consisterà proprio nel vedere come uscirà il nuovo governo da queste elezioni. E questo perché i sondaggi – non molti, peraltro – vedono una sorta di parità tra i due blocchi. Potrebbe verificarsi questa situazione e quindi dovranno formare un’ampia coalizione, a prescindere da chi sarà il vero vincitore, in termini di percentuale, delle elezioni. Comunque è necessario tenere ben presente che dovranno portare il Paese verso l’Unione Europea. Anche nel caso di una vittoria delle forze nazionaliste e quindi del blocco attualmente all’opposizione si dovrebbe comunque tenere ben presente questo, anche perché la Macedonia è uno di quei Paesi, di quei pochi Paesi dell’area dei cosiddetti Balcani Occidentali che ha lo status di candidato.

 

D. – Sul fronte interno, quali sono le emergenze che il nuovo governo dovrà affrontare?

 

R. – Sicuramente ci sono dei grandi problemi a livello sociale, come quello relativo alla disoccupazione, che è veramente molto alta, e la necessità di un rilancio dell’economia. In particolare, il premier attuale Buckovski viene accusato dall’opposizione di non aver fatto avanzare le riforme economiche in modo adeguato.

 

D. – Rimanendo al livello sociale, come possiamo definire la convivenza fra macedoni ed albanesi?

 

R. – Si tratta di una convivenza che si studia – diciamo - di giorno in giorno. Gli albanesi dopo il conflitto armato nel 2001, terminato per l’appunto con gli Accordi di Ocri nell’agosto dello stesso anno, sono riusciti a far valere tutta una serie di diritti, che vanno dalla considerazione del popolo costituente sono il 25 per cento della popolazione complessiva di circa 2 milioni di abitanti e quindi all’avere le proprie bandiere, una autonomia locale, i diritti di lingua. Ci sono poi delle aree che sono a maggioranza albanese e per il momento abbiamo visto, anche durante la campagna elettorale, che gli scontri non sono stati su una linea etnica, ma su una linea esclusivamente politica. Gli scontri maggiori sono stati, infatti, tra partiti albanesi.

 

D. – Come potrà cambiare il ruolo del Paese nello scacchiere balcanico?

 

R. – Diciamo che la Macedonia, in un certo senso, è abbastanza avanti rispetto alla Serbia, al Montenegro, che si sono recentemente separati. La Macedonia è un Paese con lo status di candidato, benché non sia stata ancora determinata una data certa per avviare i negoziati per l’adesione all’Unione Europea. Potrebbe essere anche un punto di riferimento anche per gli altri Paesi, anche se si parla di un Paese molto piccolo, con due milioni di abitanti. E’ sicuramente diversa, invece, la posizione rispetto alla Croazia o alla Serbia che hanno un peso politico anche a livello regionale molto più determinante.

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UNA MOSTRA A CAMERINO NEL CONVENTO DI SAN DOMENICO

DEDICATA AI MAESTRI DEL LEGNO TRA MARCHE E UMBRIA

 

Una pagina della storia dell’arte tutta da scoprire è quella presentata nella mostra “rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria, in programma a Camerino, nel convento di San Domenico, fino al 5 novembre. Le 57 opere esposte, tutte a carattere sacro, offrono al visitatore uno sguardo inedito sulla scultura lignea del400, nascosta per secoli nei piccoli santuari dell’Appennino centrale. Il servizio di Isabella Piro:

 

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(musica)

 

Racconta una leggenda che, nel 1359, alcuni pellegrini furono costretti a fermarsi a Macereto, a metà strada tra Assisi e Loreto, poiché i loro muli si rifiutarono di proseguire. Interpretato come un fatto miracoloso, l’evento portò alla costruzione di un santuario e soprattutto alla venerazione di un’immagine sacra, la Madonna di Macereto, probabile opera di Domenico Indivini, un famoso intarsiatore, le cui creazioni hanno ispirato tutta la mostra, come ci spiega la curatrice Maria Giannatiempo:

 

R. – La grande novità e la proposta di questa mostra è il voler ricostruire l’attività di scultore di questo artista, finora noto solo come intarsiatore e quindi come realizzatore di grandi manufatti lignei – i cori - che, a partire dalla metà del400, nelle Marche e nel maceratese vengono richiesti dai vari Ordini.

 

         Seria e pensosa, ma anche teneramente affettuosa con il piccolo Gesù, la Madonna di Macereto attira l’osservatore proprio per la sua semplicità. Ancora Maria Giannatiempo:

 

R. – Colpisce questa composizione, quasi una mandorla, in cui la Madonna e il Bambino sono raccolti ed inseriti in questa forma geometria e poi questa tenerezza del Bambino che si aggrappa al manto della Madre.

 

         Il lavoro di ricerca delle opere esposte è cominciato nel 1995 e ha portato alla scoperta di vere rarità, come la Madonna di Collescille, in provincia di Perugia, recuperata in modo fortuito da Raffaele Casciaro, curatore del catalogo:

 

R. – Entrando in chiesa non la si vedeva, perché l’altare ha una nicchia chiusa da un pannello ligneo. C’è un meccanismo – una vera e propria manovella che bisogna azionare da dietro l’altare – che fa scendere questo pannello che rivela l’immagine della Madonna di Collescille.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

5 luglio 2006

 

IN UN DOCUMENTO DELL’EPISCOPATO SVIZZERO, DELLA CARITAS E DELLA COMMISSIONE MIGRATIO ILNO’ ALLA REVISIONE DELLE LEGGI

SULL’ASILO E SUGLI STRANIERI.

SULLA NORMATIVA È PREVISTA UNA CONSULTAZIONE POPOLARE IL 24 SETTEMBRE

 

BERNA. = La Conferenza episcopale svizzera, in collaborazione con la Caritas Svizzera e la Commissione Migratio, ha redatto un documento in cui chiede la tutela dei diritti di quanti domandano asilo. “No alla revisione delle leggi sull’asilo e sugli stranieri. Uno sguardo differente”: questo il titolo della pubblicazione in cui i presuli sottolineano che ogni azione politica e sociale deve garantire a tutti gli esseri umani una vita dignitosa. “Auspichiamo dunque – spiegano in una nota i vescovi – una politica d’asilo basata su fatti concreti e che tenga conto della realtà mondiale nella quale viviamo”. L’episcopato, riferisce l’agenzia SIR, ha ribadito la propria opposizione, già espressa in diverse circostanze, alla legge approvata dal parlamento nel dicembre 2005 e che sarà sottoposta a consultazione popolare il 24 settembre. La nota sottolinea che in gioco vi sono i valori fondamentali della società: la dignità umana e i diritti che ne conseguono. Con le misure restrittive previste dalla normativa approvata - avvertono i presuli - la dignità di ognuno non è più rispettata. “Le richieste di protezione, infatti – spiega il documento – possono venire rifiutate sulla base di criteri prettamente formali che in nessun modo tengono conto delle ragioni che hanno spinto una persona sulla via dell’esilio”. “L’amore per il prossimo, la giustizia globale e considerazioni etiche – concludono i vescovi – debbono guidarci nel nostro agire”. (T.C.)

 

 

COSTITUITA IN AFRICA LA CORTE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEI POPOLI. AVRÀ

 IL COMPITO DI DIFENDERE I DIRITTI UMANI E VI SI POTRANNO RIVOLGERE

I PAESI DELL’UNIONE AFRICANA

 

BANJUL. = Nasce la “Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli” per preservare, proteggere e difendere i diritti umani in Africa. L’organismo è stato presentato a margine del Vertice dell’Unione africana (Ua) a Banjul, in Gambia. La Corte, come riferisce l’agenzia MISNA, era già prevista dalla ‘Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli’, in vigore dal 1986. Varata di fatto due anni fa, con la nomina in questi giorni di 11 esperti legali, ora è diventata pienamente operativa e avrà sede ad Arusha, in Tanzania. La tutela dei diritti umani a livello sopranazionale è stata compito, finora, della Commissione africana dei diritti dell’uomo e della Conferenza dei capi di Stato e di governo dell’UA, e proprio questi due organismi hanno nominato i componenti della nuova Corte. Vi si potranno rivolgere i 53 Paesi dell’Unione africana e le organizzazioni intergovernative dell’Africa. Gli individui e le organizzazioni non governative potranno farlo soltanto se lo Stato chiamato in causa per una violazione dei diritti umani abbia riconosciuto tale possibilità. “Questa Corte rafforza la giurisprudenza e contribuisce alla promozione e alla protezione dei diritti umani nel continente”, ha detto Julina Joiner, commissario dell’Unione africana per le questioni politiche. Secondo quanto si legge nella stampa africana, il problema dell’impunità si sta ponendo con sempre crescente urgenza in alcuni scenari del continente: gli ultimi due casi sono quello dell’ex-presidente del Ciad Hissan Habré, che sarà processato in Senegal con l’accusa di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e tortura, e l’ex-capo ribelle e presidente della Liberia Charles Taylor, di recente trasferito presso la struttura della Corte penale internazionale dove sarà giudicato sul ruolo avuto nella guerra della confinante Sierra Leone. (T.C.)

 

 

LA CRISI VOCAZIONALE UNA PROVA DA VIVERE CON FEDE E DA AFFRONTARE

CON IL COINVOLGIMENTO DELL’INTERA COMUNITÀ CRISTIANA. È QUANTO È EMERSO

NEI GIORNI SCORSI A LOVANIO, IN BELGIO, ALL’INCONTRO DEL SERVIZIO EUROPEO

PER LE VOCAZIONI

 

LOVANIO. = La crisi attuale delle vocazioni è come una prova paragonabile a quella vissuta dal Popolo di Dio durante l’esilio babilonese. Ha usato queste parole il cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles, a Lovanio, in Belgio, all’Incontro annuale del Servizio europeo per le vocazioni (EVS), per descrivere la realtà vocazionale di questi ultimi anni. Conclusosi nei giorni scorsi, l’incontro, dal titolo “Quando le comunità cristiane diventano comunità che chiamano”, ha riunito i rappresentanti dei centri nazionali delle vocazioni di 17 Conferenze episcopali d’Europa. Svariate le problematiche analizzate durante i dibattiti, ma è emersa, in diversi Paesi, la medesima preoccupazione di un annuncio del Vangelo che tocchi il cuore di una cultura spesso indifferente al cristianesimo. Tuttavia, note comuni sono il dinamismo e l’entusiasmo di quanti sono impegnati nella pastorale vocazionale. Padre Amedeo Cencini, docente della Pontificia Università Salesiana di Roma, ha affermato che solo vivendo concretamente l’abbondanza dei carismi e dei differenti ministeri l’intera comunità cristiana può offrire un valido aiuto per il riconoscimento delle diverse chiamate di Dio e per rispondervi. L’‘idea povera’ della vocazione in cui il prete è il solo attore deve essere superata – ha suggerito il prof. Cencini – occorre invece guardare ad un profilo globale in cui tutti sono attori della propria vocazione e si sentano responsabili della felicità degli altri membri della comunità cristiana. “Per tale motivo – ha detto il sacerdote canossiano – è necessario che i cristiani divengano adulti nella fede, cioè responsabili del bene di tutti e pronti a testimoniare la propria esperienza”. L’incontro dell’EVS si è concluso con la revisione degli statuti e con il rinnovo delle cariche direttive. Come nuovo coordinatore è stato eletto l’abbate Jean-Pierre Leroy. (T.C.)

 

 

DOTTORATO HONORIS CAUSA AL PATRIARCA MARONITA NASRALLAH SFEIR DALL’UNIVERSITÀ GESUITA DI SAINT LUOIS, NEL MISSOURI. INCONTRANDO

 I GIORNALISTI IL CARDINALE HA CHIESTO AGLI AMERICANI

CHE VENGA FACILITATO IL PROCESSO DI PACE IN MEDIO ORIENTE

 

SAINT LOUIS. = In visita negli Stati Uniti il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha ricevuto la settimana scorsa un dottorato “Honoris Causa” nella prestigiosa università gesuita di Saint Louis. Durante la cerimonia, riferisce l’agenzia Asianews, il cardinale Sfeir ha ribadito “la posizione perenne della Chiesa maronita e la sua fedeltà ai principi già vissuti e predicati anche dai suoi predecessori”, insistendo sul ruolo fondamentale dei maroniti nella nascita del Libano. Alla conferenza stampa – prima della sua partenza, lunedì scorso, per Chicago, seconda tappa della visita – ha parlato poi dell’attuale situazione in Medio Oriente e del Libano. In particolare ha fatto appello ai responsabili americani perché facilitino il cammino del processo di pace in Medio Oriente. “La causa palestinese è la spada permanente che trafigge il cuore della regione – ha detto il cardinale Sfeir – una volta raggiunta una soluzione del problema palestinese, molti problemi e conflitti nella regione saranno risolti”. Quindi il patriarca ha ribadito il suo pieno appoggio al ristabilimento della piena sovranità del Libano, libero da ogni presenza armata non governativa. Poi ha espresso la sua gratitudine alla comunità internazionale che, grazie alle risoluzioni dell’ONU, sta proteggendo i diritti dei libanesi. A Chicago il cardinale Sfeir ha presieduto l’incontro annuale dei maroniti degli Stati Uniti (NAN). Quest’anno l’evento coincideva con la ricorrenza del 40° anniversario dell’erezione della prima diocesi maronita negli USA e con la nomina del primo arcivescovo maronita, mons. Francis El Zayek. Il patriarca ha illustrato ai partecipanti il significato della sua visita negli Stati Uniti, come “applicazione immediata delle decisioni prese durante l’ultimo Sinodo maronita sulla necessità di fortificare i legami tra i maroniti del Libano e quelli della diaspora”. Il suo intervento si è concluso con un “invito forte” a contribuire alla rinascita del Libano, patria comune dei cristiani e dei musulmani. (L.Z. - T.C.)

 

 

ROMANIA: RISCHIA IL CROLLO LA CATTEDRALE DI BUCAREST AL FIANCO

DELLA QUALE È STATA AUTORIZZATA LA COSTRUZIONE DI UN ENORME EDIFICIO. L’ARCIVESCOVO DI BUCAREST IOAN ROBU: È IN PERICOLO LA DIGNITÀ

DEL LUOGO SACRO, SI VIOLANO I DIRITTI DEI FEDELI

 

BUCAREST. = Scioperi della fame, azioni pacifiche di protesta, lettere alle autorità, interventi di cattolici, ortodossi ed ebrei a nulla sono serviti, finora, per salvaguardare la cattedrale cattolica San Giuseppe di Bucarest, in pericolo di crollo per la costruzione, al suo fianco, di un edificio di 75 metri d’altezza. Si tratta del “Cathedral Plaza”, progettato su un terreno instabile e con falda freatica superficiale, e per il quale sono previsti 19 piani e 4 livelli sotterranei. “Vivo accanto ai cattolici della Romania un sentimento di profonda tristezza e impotenza – ha dichiarato  l’arcivescovo di Bucarest Ioan Robu – di fronte all’indifferenza delle autorità romene rimaste impassibili alle innumerevoli memorie e proteste, contro l’illegale costruzione che mette in grave pericolo l’incolumità e la dignità del luogo sacro e impedisce lo svolgimento normale delle funzioni religiose”. Mons. Robu ha anche detto che autorizzando la costruzione dell’enorme edificio le autorità hanno inferto un grave colpo alla Chiesa cattolica romena e che i fedeli sentono i loro diritti violati ed i loro valori calpestati.  Autorizzando una costruzione gigantesca nei pressi della cattedrale – spiegano dall’arcidiocesi di Bucarest – la legge romena 422/2001 per la protezione dei monumenti storici è palesemente violata; inoltre, nel modo irregolare e difettoso con cui si svolgono i lavori, altre 24 leggi sono parzialmente o totalmente violate. (A.M. – T.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

5 luglio 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

        

Continua a restare alta la tensione anche in Medio Oriente, a causa degli sviluppi del rapimento del soldato israeliano da giorni nelle mani di miliziani radicali palestinesi. Dopo la scadenza dell’ultimatum dei sequestratori allo Stato ebraico, a Gaza è ancora violenza. Ma il gabinetto di sicurezza israeliano ha decretato poco fa l’istituzione di una zona cuscinetto nel nord della Striscia per impedire i tiri di mortaio palestinesi. Il nostro servizio:

 

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La decisione è in linea con le affermazioni del premier israeliano Olmert che ha definito estremamente ‘grave’ il lancio del razzo palestinese che ieri ha colpito una scuola israeliana. Non si hanno notizie di vittime, tuttavia, mai fino ad ora un proiettile palestinese si era addentrato così tanto in territorio israeliano. “Se il sangue palestinese viene versato a Gaza, il sangue degli israeliani scorrerà nelle loro città”. Questa la minaccia, diffusa via internet, dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, mentre proseguono le operazioni delle forze armate palestinesi che in un raid aereo hanno bombardato un'abitazione a Gaza provocando, secondo testimoni, almeno una vittima. In nottata invece l’aviazione aveva colpito la sede del ministero degli Interni palestinese, provocandone la quasi totale distruzione. Sul fronte Palestinese la Lega araba ha inviato 50 milioni di dollari al presidente Abu Mazen per alleviare la crisi finanziaria delle autorità. I soldi, offerti tra gli altri da Libia, Siria e Quatar, sono stati versati direttamente sul conto del presidente e non passeranno per il governo guidato da Hamas. Non ci sono novità sulla sorte del soldato israeliano rapito nei giorni scorsi che, secondo la stampa israeliana, si troverebbe a Gaza in un bunker, sorvegliato da 7 sequestratori. Nel tentativo di rompere la situazione di stallo il padre del giovane caporale ha lanciato un appello ai rapitori chiedendo di precisare meglio le loro richieste. Nel messaggio dei miliziani di Hamas divulgato oggi si chiede invece l’intervento delle “persone sagge nel mondo” per risolvere la crisi. In quanto – precisa il braccio armato di Hamas -  “la linea rigida di Olmert rischia di avere conseguenze disastrose per la intera Regione”.

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Il governo iracheno ha fatto sapere di aver avviato “aperto canali di dialogo” con una ventina di gruppi armati d'insorti dopo che il premier al-Maliki ha presentato il suo piano di riconciliazione nazionale. Lo hanno reso noto fonti governative, senza tuttavia fornire ulteriori particolari. Intanto sul terreno la violenza non si ferma: l’esplosione di un'autobomba di fronte a un ospedale di Kirkuk ha provocato, secondo un bilancio ancora provvisorio, la morte di un civile e il ferimento di altri due. Infine il primo ministro iracheno al-Maliki, intende chiedere un'indagine indipendente del suo governo sul presunto stupro e omicidio di una minorenne, e dello sterminio della sua famiglia, compiuti il mese scorso da militari statunitensi.

 

Una serie di attentati, hanno scosso questa mattina Kabul, la capitale dell’Afghanistan. L’esplosione più grave ha preso di mira un autobus dell’esercito afgano provocando la morte di una persona e il ferimento, non grave, di 40 ufficiali. Intanto da Tokio, dove si è svolta una conferenza sul disarmo in Afghanistan, il presidente Karzai è tornato a condannare l’insurrezione dei taleban chiedendo alla Comunità internazionale maggiori sforzi per contrastarla.

 

Il negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Lariani, sarà domani a Bruxelles. Lo ha annunciato un comunicato dell'Unione Europea. Larijani avrebbe dovuto incontrare oggi l’Alto rappresentante UE per la politica estera, Solana, ma non si è presentato. Il rappresentante europeo attendeva almeno una prima risposta parziale su un pacchetto di incentivi offerti dalla Comunità internazionale a Teheran per trovare una soluzione negoziata al braccio di ferro sul nucleare. Dal canto suo il presidente russo Putin, ha sollecitato l’Iran ad accettare il più rapidamente possibile la proposta fatta un mese fa dalle grandi potenze.

 

In Italia: duplice arresto oggi, a Milano, nell’ambito dell’inchiesta sul rapimento di Abu Omar, l’imam della moschea di Via Quaranta sospettato di connivenza con il terrorismo internazionale. In manette Marco Mancini, direttore della prima divisione del Sismi, il controspionaggio militare, e agli arresti domiciliari una  seconda persona, il generale dei carabinieri, Gustavo Pignero. Misure di custodia cautelare anche nei confronti di altre persone, al momento latitanti, e di quattro cittadini americani. Perquisita, in mattinata, anche la redazione del quotidiano “Libero”. Dure critiche da parte  del senatore a vita Francesco Cossiga: “Dopo l’arresto di Mancini – ha detto -  ora ci si attende un messaggio di ringraziamento da parte di Osama Bin Laden per il contributo alla Jihad islamica”. Sull’arresto del direttore della prima divisione del Sismi, è intervenuto l’avvocato difensore che ha definito Mancini “un servitore dello Stato”, che ha compiuto “il suo dovere correttamente e nel rispetto della legge”. Paolo Ondarza ha intervistato Maurizio Calvi, presidente del Centro Alti Studi per la Lotta al terrorismo.

 

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R. - Se ci sono state regole che sono state sciolte liberamente, questo è gravissimo sul piano istituzionale. Non possiamo consentire scorribande nel nostro paese da rappresentanti di altri stati che vengono in Italia prendono, impacchettano una persona, la portano fuori dal nostro paese, lo torturano, e chi ha acconsentito che questo avvenisse si è messo contro le nostre regole. Non possiamo consentire che queste regole vengano infrante per ragioni, anche se importanti, di sicurezza.

 

D. - E’ di meno di un mese fa la relazione di Dick Martin, membro del Consiglio di Europa, in cui si denunciava una rete di paesi coinvolti nelle detenzioni e trasferimenti di presunti terroristi da parte della CIA e tra questi c’era anche l’Italia. L’arresto di oggi potrebbe essere una diretta conseguenza di questa relazione?

 

R. – E’ anche una diretta conseguenza e quindi sia il sistema di difesa delle nostre regole e sia l’alto livello politico da cui proviene questa relazione determina che chi infrange le regole ovviamente viene colpito. L’Europa pone come elemento di fondo la difesa della democrazia e dei suoi diritti di libertà, l’America sacrifica i diritti di libertà al processo di sicurezza pur di ottenere il risultato. Guantanamo è come dire l’esempio più eclatante dal punto di vista politico. Io ancora una volta sottolineo l’esigenza invece che le regole della democrazia vadano tenute ad ogni costo.

 

D.-  Premesso questo, resta in ballo la dubbia estraneità di Abu Omar nei confronti del terrorismo internazionale. Come è giusto muoversi nella lotta al terrorismo in casi come questi?

 

R. – E’ evidente che lo Stato può avere anche la libertà di emettere provvedimenti di espulsione nei confronti di chi professa ideologicamente e sorregge ideologicamente Bin Laden e la sua rete. Io capisco che il livello di sicurezza nel mondo deve aumentare ma questo deve essere coniugato con la difesa dei principi delle democrazie moderne.

 

D. – Ecco, di questa giusta difesa di libertà e democrazia, secondo lei, non potranno approfittarsi in termini negativi gli integralisti islamici?

 

R. – Noi abbiamo sconfitto il terrorismo interno rispettando le regole. Noi siamo l’esempio più chiaro con cui la difesa dei diritti inviolabili ha assicurato lo stesso una parziale sconfitta del terrorismo interno.

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I rapporti della Serbia con l’Unione Europea, lo status del Kossovo, la mancata consegna degli ultimi criminali di guerra degli anni '90. Sono i temi centrali dell’incontro a Roma fra il primo ministro della Serbia, Vojislav Kostunica, e il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema.

 

E’ l’Italia la prima finalista dei Mondiali di calcio 2006. Battendo a Dortmund i padroni di casa della Germania per 2 a 0 dopo una sofferta partita finita ai supplementari, gli azzurri volano ora a Berlino, dove il 9 luglio incontreranno la vincente di Francia-Portogallo.

 

Guerriglieri separatisti ceceni hanno attaccato ieri un convoglio militare nel distretto di Shali, con un bilancio di almeno sei morti e oltre dieci feriti. Lo ha riferito l’agenzia Interfax. Proprio ieri il presidente russo Vladimir Putin, rispondendo a domande dei giornalisti, aveva detto che nella regione caucasica “non ci sono più combattimenti, solo episodi di terrorismo”.

 

 

 

 

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