RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 185 - Testo della trasmissione di martedì 4 luglio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI è vicino a quanti soffrono per la perdita dei propri cari nel disastro della metro a Valencia. I partecipanti all’Incontro mondiale delle famiglie si raccolgono in preghiera per le vittime. Oggi pomeriggio l’apertura del Congresso teologico-pastorale: con noi Giancluca Biccini, l’arcivescovo Karl Romer e prof. Sergio Belardinelli

 

L’importanza del ruolo dei leader religiosi per l’umanità: sottolineato al Summit mondiale di Mosca che riunisce oltre 200 delegati di 44 Paesi. Presenti il cardinale Kasper e il cardinale Poupard

 

Benedetto XVI in Valle d’Aosta per un periodo di riposo dall’11 al 28 luglio. Il Papa si trasferirà poi a Castel Gandolfo. Nel periodo estivo sospese tutte le udienze private

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Bolivia risultati solo tra 25 giorni ma sembra che Morales rafforzi il potere: ce ne parla il prof. Marco Bellingeri

 

Un mondiale anche dell’ospitalità: il segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, mons. Josef Clemens, racconta un aspetto meno conosciuto del Campionato mondiale di calcio in Germania

 

CHIESA E SOCIETA’:

In un documento dei vescovi del Brasile la condanna alla violenza ed al crimine organizzato che stanno sconvolgendo diverse regioni del Paese

 

Oggi in Italia la ‘Fiaccola Benedettina pro pace in Georgia’. Dopo la visita al Parlamento georgiano

 

Le migrazioni, opportunità di scambio: così il direttore della Caritas italiana alla presentazione, oggi a Roma, di un volume sull’immigrazione

 

Indonesia: attentato in una chiesa protestante di Poso

 

E’ di due morti il bilancio del tentativo d’ingresso illegale nelle Canarie da parte di un gruppo di migranti irregolari

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele “non si arrenderà ai ricatti”: è quanto ribadisce il governo dopo la scadenza dell’ultimatum posto dai rapitori del soldato israeliano

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 luglio 2006

 

 

BENEDETTO XVI E’ VICINO A QUANTI SOFFRONO PER LA PERDITA DEI PROPRI CARI

NEL DISASTRO DELLA METRO A VALENCIA. I PARTECIPANTI ALL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE SI RACCOLGONO IN PREGHIERA PER LE VITTIME.

STASERA, I FUNERALI NELLA CATTEDRALE VALENCIANA.

INTANTO, OGGI POMERIGGIO SI APRE IL CONGRESSO TEOLOGICO-PASTORALE

SUL TEMA “FAMIGLIA: VIVI E TRASMETTI LA FEDE”

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI è vicino a quanti sono stati colpiti dal disastro della metropolitana di Valencia che, ieri, ha causato la morte di 41 persone. “Il Santo Padre – informa una nota del direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquin Navarro-Valls – è stato immediatamente informato del tragico incidente accaduto a Valencia ed ha seguito con dolore e partecipazione le drammatiche notizie” che arrivavano da Valencia, dove il Papa si recherà sabato per prendere parte al V Incontro Mondiale delle Famiglie. Il Papa - prosegue, la nota diramata ieri - “ha pregato per le vittime, per le loro famiglie, per tutti i cittadini coinvolti in questo terribile evento”. In serata, il Pontefice ha inviato un telegramma di cordoglio all’arcive-scovo di Valencia, Agustín García-Gasco Vicente. La tragedia della metro addolora profondamente quanti si apprestano a vivere con emozione la visita del Papa. Intanto, oggi pomeriggio, in un clima di raccoglimento inizia il Congresso teologico-pastorale che riunirà presso il Centro Fieristico valenciano, oltre 5.000 partecipanti, tra i quali 29 cardinali. Dalla città spagnola, il servizio dell’inviato dell’Osservatore Romano, Gianluca Biccini:

 

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La città che ospita in questi giorni il V Incontro mondiale delle famiglie e che si prepara ad accogliere l’arrivo di Benedetto XVI piange per le vittime della sciagura e si stringe attorno all’arcivescovo Augustin García Gasco Vicente, che in serata celebrerà le esequie in cattedrale. Unanime il cordoglio delle autorità, dalle istituzioni locali fino ai Reali di Spagna. Anche il programma del Congresso teologico pastorale internazionale sul tema della trasmissione della fede nella famiglia, che si apre oggi pomeriggio, ha subito alcune modifiche con l’abolizione delle iniziative di carattere culturale. Grande attesa per le relazioni del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e del prof. Xavier Lacroix, decano della Facoltà di teologia dell’Università di Lione. La giornata si concluderà con la conferenza inaugurale del Congresso tenuta dal cardinale, Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Immediata era stata lunedì sera la reazione alla notizia del disastro da parte dei 10 mila giovani volontari impegnati nell’accoglienza e dei delegati ai lavori congressuali. In varie chiese della città è stato tutto un susseguirsi di veglie di preghiera e di celebrazioni in suffragio delle vittime. I giovani, attraverso il tam tam degli SMS si erano dati appuntamento alle ore 19.00 nella Basilica della Virgen de los Desamparados, per recitare insieme il Santo Rosario e partecipare poi alla Messa concelebrata dai vescovi ausiliari di Valencia. Gli occhi rigati di lacrime di centinaia di ragazzi e di ragazze che si affidano imploranti alla Madre celeste hanno offerto la toccante testimonianza di una fede capace di guardare al futuro con cristiana speranza.

 

 

Da Valencia, per Radio Vaticana, Giancluca Biccini.

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Dal canto suo, la Fondazione organizzatrice dell’Incontro ha inoltre annunciato di aver sospeso tutte le manifestazioni di festa nei tre giorni di lutto decretati dalla autorità locali e dall’arcidiocesi, il 4, 5 e 6 luglio, giornate in cui nelle celebrazioni religiose di tutta la diocesi verranno introdotte particolari preghiere per le vittime della tragedia. Ma torniamo al Congresso teologico-pastorale. A parlarcene è il segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’arcivescovo Karl Romer, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – Ci sono fondamentalmente due prospettive molto importanti: da un lato, si vuole dare alla famiglia un nuovo animo, una nuova gioia, una nuova coscienza delle sue potenzialità ed anche dei suoi doveri; dall’altro lato, si vuole invece portare una parola alla società, che non comprende molto bene il valore e il tesoro che rappresenta la famiglia. Dunque, da una parte, rinnovare le famiglie, dando loro nuove motivazioni; e dall’altra, dire una parola forte e chiara alla società umana.

 

D. – Oggi la famiglia soffre sempre di più: nei Paesi poveri la sofferenza è la miseria e l’abbandono. Nei Paesi ricchi, la disgregazione, lo stravolgimento della sua struttura naturale. Quale parola di speranza può portare al mondo la Chiesa per sostenere questa cellula fondamentale della società?

 

R. - Occorre dare a tutti la coscienza che la famiglia  rappresenta  la  cellula fondamentale della società: questo è molto importante, così come è importante che le famiglie stesse abbiano coscienza di questo. E’ importante affermarlo tutti insieme, non soltanto il Papa o i sacerdoti, ma soprattutto i laici: dobbiamo lottare tutti affinché la coscienza pubblica venga formata nuovamente, prendendo coscienza del tesoro rappresentato dalla famiglia, del valore della famiglia.

 

D. – A Valencia sono presenti numerosissime famiglie. Qual è il contributo delle famiglie cristiane alla società secolarizzata?

 

R. – La propria famiglia – noi lo vediamo così - deve essere evangelizzata, deve rinnovarsi costantemente in se stessa, ma la famiglia evangelizzata deve poi diventare anche evangelizzatrice, deve trasmettere agli altri il Vangelo. Per trasmettere questo vorrei dire alcune cose pratiche e concrete. La famiglia è il primo luogo dove la diversità fra gli uomini deve essere vissuta in un clima di armonia e di vera unità. Una famiglia sana è, per così dire, l’immagine dell’umanità in sintesi. E’ la bellezza dell’umano: per esempio, la diversità tra l’uomo e la donna è una ricchezza immensa. In una famiglia sana la diversità non diventa una causa di divisione, di oppressione o di discriminazione, ma al contrario rappresenta l’arricchimento vero dell’umano. Anche i figli, che hanno tanto bisogno dell’aiuto e della protezione dei genitori, non sono tollerati, ma sono amati e valorizzati. Il primo contributo che la famiglia cristiana dà al mondo è quello di mostrare in realtà e concretamente che le diversità, anche le più profonde, sono valori che possono integrare una visione globale nuova.

 

D. – La tutela della famiglia – ha detto il Papa – non è una questione confessionale, ma è una cosa che interessa tutti. Come unire credenti e non credenti nella difesa della famiglia?

 

R. – E’ interessante notare come già Giovanni Paolo II in tutti i suoi documenti - che sono ricchissimi, dalle Encicliche alle Lettere – relativi alla famiglia, parla raramente della sacralità del matrimonio: evidentemente ne parla, ma parla anzitutto di quello che è comune a tutti gli uomini, a tutte le donne, all’essere umano, cioè il valore naturale della persona umana. Giovanni Paolo II voleva mostrare, così come Benedetto XVI, che la realtà della famiglia è una ricchezza dell’essere umano, dell’essere uomo, dell’essere donna, dell’essere bambino ed è per questo motivo che la Chiesa ha il diritto non di difendere i suoi interessi di Chiesa, ma di difendere tutto quello che è umano, quello che in qualsiasi cultura rappresenta il valore dell’umanità stessa. E’ per questo che la Chiesa può veramente mettersi insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per lottare per questo ideale.

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All’Angelus di domenica scorsa, proprio parlando dell’Incontro di Valencia, il Papa ha sottolineato come “in tante comunità oggi secolarizzate la prima urgenza per i credenti in Cristo” sia “di rinnovare la fede degli adulti, affinché siano in grado di comunicarla alle nuove generazioni”. Sulla crisi della famiglia, nella società odierna, Luis Badilla ha intervistato il prof. Sergio Belardinelli, ordinario di Sociologia dei Processi Culturali all’Università di Bologna e membro del Comitato Nazionale di Bioetica:

 

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R. -    A mio avviso è una crisi seria, una crisi preoccupante, ma credo che sia una crisi dentro la quale ci sono innumerevoli segni di speranza. Non dobbiamo mai avere nostalgia delle famiglie del passato. Noi, a mio avviso, dobbiamo vivere nel tempo in cui siamo, e nel tempo in cui siamo ci sono segnali che indicano che la famiglia sta guadagnando in consapevolezza, sta guadagnando in responsabilità … Questi sono tutti segnali che se sapremo cogliere, soprattutto se sapremo valorizzarli, sono segnali di grande speranza.

 

D. -  Ma torniamo alla crisi che Lei ha detto che esiste ed è preoccupante. Quali sarebbero gli elementi più rilevanti di questa crisi?

R. - Anche a rischio di semplificare un problema molto complesso ritengo che sia una crisi che si gioca, come tutte le crisi del mondo contemporaneo, sul piano culturale. E’ un problema di cultura. Purtroppo viviamo in un’epoca nella quale, purtroppo, valori come responsabilità, valori come fedeltà – direi - valori come libertà di costruire una vita sensata e bella per noi hanno perduto un po’ il proprio senso. Questa crisi culturale colpisce la famiglia in modo particolare perché intacca dimensioni che trovano proprio nella famiglia il loro luogo naturale di dispiegamento. A mio avviso sono in crisi perché è entrata in crisi l’istituzione all’interno della quale questi valori trovano l’humus naturale per svilupparsi.

 

D. - Posso chiederle un’ulteriore riflessione sul ruolo e sulla situazione della scuola in questo contesto sotto analisi?

 

R. - A mio avviso il problema si spiega in questo modo: la cultura dominante è una cultura che ha assimilato un’idea sbagliatissima, a mio modo di vedere, che è quella della neutralità etica. Noi viviamo in un momento storico nel quale si ritiene che le istituzioni pubbliche devono essere eticamente neutre e che gli individui siano liberi di fare tutto ciò che vogliono. Questi sono i due assiomi su cui si sostiene la cultura politica contemporanea. Questo, a mio avviso, è per la cultura politica una tragedia. Proprio perché abbiamo assunto questi capisaldi è chiaro che non siamo più in grado di educare. Ma perché? Perché il processo stesso educativo presuppone che ci siano degli ideali che reputiamo giusti, belli, e tali da impegnarci a realizzarli. La funzione dell’educazione in fondo è questa e le agenzie educative sono, non a caso, la famiglia e la scuola. Questo lo sanno tutti. Non sto dicendo niente di originale, ma perché ci sia un processo educativo bisogna avere chiaro un ideale di uomo, un ideale di società. Siccome la cultura della neutralità non è in grado di elaborare questi ideali, secondo me, è consequenziale che questa cultura abbia lasciato marcire le istituzioni educative, che come tali addirittura diventano fastidiose.

 

D. - Forse questa cultura della neutralità, della quale Lei parla, spiega come i Parlamenti nazionali, nel legiferare, spesso procedano su qualsiasi materia con gli stessi criteri e, a volte, diano l’impressione che fare leggi per costruire un ponte sia la stessa cosa che fare leggi sulla vita o sulla famiglia. O forse è una mia esagerazione?

 

R. - Guardi questo è un problema delicatissimo perché in una cultura liberal-democratica la maggioranza è il criterio in virtù del quale vengono emanate le leggi, però questo è solo una parte del discorso. Una cultura liberal-democratica ha bisogno per essere tale, proprio di valori che come tali non possono essere sottoposti al giudizio della maggioranza. Altrimenti succede quello che inizia a succedere nelle nostre società. Quando noi sottoponiamo al giudizio della maggioranza anche ciò che di per sé non è disponibile – penso alla vita delle persone, alla morte - in quel momento accade qualcosa che, inevitabilmente e tragicamente, erode l’ethos sul quale si fonda una società autenticamente liberale e democratica. La cultura liberal-democratica non è una cultura della neutralità; è, per dare un esempio, la cultura della dignità delle persone. Quando in questa cultura i valori di fondo cominciano ad andare in crisi succede qualcosa che noi, nelle nostre culture occidentali, incominciamo a vedere molto bene: succede che noi legiferiamo, per esempio in materia di aborto … che la maggioranza vince, ma la minoranza non si adegua. Succede allo stesso modo con la procreazione assistita. Ora, siccome le biotecnologie, le nanotecnologie, e tutto ciò che ha che fare con le tecnoscienze ci metteranno sempre di più di fronte a questioni ultime di questo tipo, dobbiamo dire: le questioni ultime non si decidono a maggioranza. Se decidiamo a maggioranza le questioni ultime distruggiamo progressivamente la comunità, i presupposti della cultura liberal-democratica. Questo è l’aspetto più drammatico della stagione che attraversiamo e le cose si prospettano in modo preoccupante.

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L’IMPORTANZA DEL RUOLO DEI LEADER RELIGIOSI PER L’UMANITÀ:

 SOTTOLINEATO AL SUMMIT MONDIALE DI MOSCA

 CHE RIUNISCE OLTRE 200 DELEGATI DI 44 PAESI.

PRESENTI IL CARDINALE KASPER E IL CARDINALE POUPARD

 

Favorire “un ordine mondiale pacifico e più giusto”: questo il compito delle religioni, come ribadito dal Papa all’Angelus domenica scorsa e ripetuto questa mattina dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità di cristiani. E’ giunto a Mosca alla guida della delegazione vaticana, per partecipare al Summit dei leader religiosi, aperto ieri pomeriggio, in vista del prossimo Vertice del G8 che si terrà a San Pietroburgo dal 15 al 17 luglio. Cristiani, islamici, ebrei, buddisti, scintoisti e fedeli di varie denominazioni - più di 200 delegati di oltre 40 Paesi - sono stati convocati nella capitale russa per rilanciare il ruolo delle religioni nelle società contemporanee, al fine di tutelare i valori morali e spirituali e costruire un mondo migliore. L’incontro è stato organizzato dal Consiglio interreligioso della Russia e della Comunità di Stati Indipendenti. Dai lavori si aspetta una dichiarazione finale che sarà poi consegnata ai capi di Governo dei Paesi più industrializzati. Ascoltiamo la cronaca di questa importante riunione, nel servizio di Giuseppe D’Amato:

 

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Grande risalto nei mass-media russi al Summit dei leader religiosi. “No alla scontro di civiltà” è uno dei concetti ribaditi. Le autorità politiche russe attendono da questi lavori pareri anche sui temi attuali e risposte a problemi come il terrorismo internazionale. Importante il messaggio del Patriarca di Mosca, Alessio II: “L’esperienza secolare della Russia è chiara. Persone di diverse fedi possono vivere insieme”. Le misure di sicurezza intorno al luogo dell’incontro sono discrete. Si pone, però, particolare attenzione del Rabbino capo di Israele. Sono assenti, invece, i buddhisti della Kalmykia, che stanno preparando la visita del Dalai Lama, che avrà probabilmente luogo dall’8 al 10 luglio. Bello il colpo d’occhio della sala dei lavori: gente di ogni etnia, con paramenti delle varie confessioni religiose. “Bisogna favorire un ordine mondiale pacifico e più giusto”, ha detto il cardinale Kasper, capo della delegazione vaticana. In mattinata si sono tenute due sessioni e la terza sarà nel pomeriggio con alla fine un concerto del coro giovanile dell’UNESCO.

 

Dal President Hotel di Mosca, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.

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Tra i temi rilevanti emersi nel Summit di Mosca è la cooperazione tra autorità religiose e statali per il bene dell’umanità, come sottolineato dal cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, nel suo intervento, di cui ci riferisce Roberta Gisotti:

 

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Siamo qui per condividere “le comuni preoccupazioni” e affermare “il comune impegno ad operare con rinnovato slancio in un fiducioso dialogo interculturale e interreligioso, a servizio di un umanesimo integrale e solidale”. Così il cardinale Poupard ha sollecitato i leader delle tante confessioni, presenti a Mosca, a “riaffermare davanti agli uomini di Stato e ai cittadini del mondo, il ruolo insostituibile delle religioni per edificare delle società più giuste dove regnino l’armonia e la pace”. Noi vogliamo – ha aggiunto – “rinforzare il dialogo tra le religioni ma anche con le autorità civili e politiche, ciascuno nella coscienza delle sue proprie responsabilità”.

 

Si tratta di affrontare “con coraggio” “le sfide” che il “crescente fenomeno della mondializzazione” presenta agli uomini e alle donne dei nostri tempi, perché non cedano “all’indifferenza verso i valori umani universali”, che devono essere trasmessi, primo tra tutti – “fondamento della vita nella società” - “il rispetto della dignità dell’uomo”, di ogni uomo creato da Dio. “Ciò comporta – ha spiegato il porporato – il rispetto della libertà religiosa, quale diritto costitutivo della persona che nessuna autorità è in diritto di negare, ma al contrario ha il dovere di rispettarne l’affermazione e di favorirne l’esercizio pacifico, sempre e dovunque. Ma “in quanto responsabili religiosi – ha osservato il cardinale Poupard – noi siamo vivamente preoccupati per gli orientamenti dei sistemi politici focalizzati in modo prioritario sul potere economico a detrimento della giustizia e della solidarietà, e per la crisi dei valori che si estende a intere fasce della popolazione mondiale, in particolare ai giovani, e che pone gravi questioni quanto all’avvenire dell’umanità”.

 

“La Santa Sede - ha concluso il porporato – preoccupata di onorare l’esigenza moderna di una giusta laicità degli Stati in tutte le componenti religiose e laiche, al contrario di un laicismo riduttore, ispiratore di certe politiche, riafferma la disponibilità e la capacità delle religioni a contribuire ad edificare la comunità degli uomini, portando in particolare il loro contributo per rispondere alle sfide della disaggregazione sociale e dare un ideale ai giovani ed un senso alla vita e alla storia”.

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BENEDETTO XVI IN VALLE D’AOSTA PER UN PERIODO DI RIPOSO

DALL’11 AL 28 LUGLIO. IL PAPA SI TRASFERIRA’ POI A CASTEL GANDOLFO.

NEL PERIODO ESTIVO SOSPESE TUTTE LE UDIENZE PRIVATE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

La Prefettura della Casa Pontificia informa che da martedì 11 a venerdì 28 luglio, Benedetto XVI si trasferirà a Les Combes, in Valle d’Aosta, per un periodo di riposo. Sono, pertanto, sospese le udienze generali dei mercoledì 12, 19 e 26 luglio. Nelle domeniche 16 e 23 luglio, il Santo Padre reciterà la preghiera mariana dell’Angelus dalla residenza di Les Combes.

 

Venerdì 28 luglio, prosegue la nota della Prefettura, Benedetto XVI si trasferirà nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Durante il periodo estivo sono sospese tutte le udienze private e speciali. Le udienze generali riprenderanno regolarmente da mercoledì 2 agosto.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "Valencia in lutto e in preghiera": sono 41 i morti provocati dal deragliamento di un convoglio della metropolitana.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle ordinazioni sacerdotali.

 

Servizio estero - L'intervento della Santa Sede sul tema: "Il traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro rappresenta una minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza".

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Un crudo e personale pegno pagato alla memoria": il libro "Guerra e prigionia. 1940-1945. Il mio diario" di Salvatore Pascale.

 

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Mario Casella sugli "Scritti civili" di Vittorio Bachelet. Il titolo dell'articolo è "Educare al senso del bene comune vuol dire formare ad un vigoroso ideale".

 

Servizio italiano - In rilievo la protesta dei tassisti.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 luglio 2006

 

 

In Bolivia i risultati delle doppie Elezioni di domenica scorsa verranno

resi noti fra 25 giorni. secondo le proiezioni

il presidente evo Morales ha rafforzato il suo potere

- Con noi il prof Marco Bellingeri -

 

In Bolivia, gli exit pool sulle elezioni di domenica scorsa annunciano il successo del partito del presidente Evo Morales, che aveva chiesto il ‘no’ al referendum sulle autonomie regionali. La formazione (MAS) ha vinto di misura anche la consultazione sull’Assemblea costituente, senza però ottenere la maggioranza necessaria per cambiare da solo la costituzione. Sulle conseguenze del voto in Bolivia, Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Marco Bellingeri, docente di Storia dell’America Latina presso l’Università di Torino:

 

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R. – Bisogna dire che c’erano stati tentativi precedenti da parte del MAS (il Movimento per il socialismo) di riforme costituzionali molto profonde con il voto di maggioranza, che erano state comunque rifiutate dall’opposizione. D’altra parte, anche le regole del processo elettorale in quanto tale hanno subito delle mutazioni. Alla fine è stata scelta una rappresentanza di tipo fondamentalmente individuale e, diciamo, democratica, nel senso tecnico della parola. E’ proprio in queste forme di rappresentanza, non risolte, che possiamo vedere alcuni degli aspetti del processo in corso. Alcuni esponenti del mondo politico boliviano hanno fatto presente come un processo elettorale di questo tipo, di tipo strettamente democratico, in qualche maniera apra un varco alle tensioni che poi si presenteranno invece con forme territoriali, ed etniche. Io credo che questo sia il nodo fondamentale. Non solo non sarà possibile al Mas riformare la costituzione da solo – e questo può essere un bene – ma la costituente non riesce nemmeno a coprire tutto l’ampissimo spettro della rappresentanza politica che in Bolivia va ben oltre i processi elettorali. E questo è un nodo importante che si troverà ad affrontare da subito.

 

D. – Contemporaneamente si è votato anche per il referendum sull’autonomia regionale. Anche in questo caso sembra essere in vantaggio il fronte delno’. In che modo questo risultato influenzerà i lavori della costituente?

 

R. – Qui si apre un altro problema molto interessante. Si è voluto votare allo stesso tempo per un’Assemblea costituente e per un referendum su un assetto di tipo autonomistico, in qualche maniera condizionando fortemente quello che sarebbe stato poi il lavoro della costituente. Anche qui c’è un’ambiguità. Si può fare un referendum prima che si riunisca una costituente, una costituente sovrana rispetto ai risultati di un referendum? Anche questo non era mai stato chiarito dal punto di vista giuridico-istituzionale, il che dà la possibilità da parte degli sconfitti - che rappresentano poi una parte fondamentale della ricchezza del territorio nazionale, sicuramente non della popolazione - di rivendicare comunque una vittoria di tipo territoriale. Una vittoria del sistema ‘autonomico’, come si dice alla spagnola, che sarebbe valido, comunque, solo in quella regione.

 

D. – In quali forme potrà riproporsi la società multiculturale, multietnica in Bolivia?

 

R. – In realtà quello che sappiamo è che esiste una vera e propria crisi nazionale oggi in Bolivia, non semplicemente uno scontro fra nazione e antinazione, com’era un po’ lo slogan del Mas, di Evo Morales: ricchi  contro poveri, bianchi contro indios e così via. Non sono due Bolivie, ma sono molte Bolivie: ognuno rivendica forme storiche o naturali di sovranità del tutto particolari. Oggigiorno bisogna dire invece che il progetto di Evo Morales mi sembra molto più tradizionale, molto più occidentale - se vogliamo - anche a costo poi di contrapporsi con questi soggetti sociali, che sono minoritari ma abbastanza importanti in alcune regioni. Mi sembra che le dichiarazioni di Evo Morales vadano tutte nella direzione di un assetto fondamentalmente unitario, che garantisca comunque le autonomie etniche locali, ma non quelle territoriali.  

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IL MONDIALE DELL’OSPITALITA’: IL SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER I LAICI, MONS. JOSEF CLEMENS, RACCONTA UN ASPETTO MENO

CONOSCIUTO DEL CAMPIONATO MONDIALE DI CALCIO IN GERMANIA

 

Non solo sport: il Mondiale di Calcio, che stasera vivrà un momento avvincente con la semifinale Italia-Germania, non è solo un grande evento sportivo. Molti i messaggi importanti proposti in questa edizione: dal “no” al razzismo all’invito alla solidarietà, e l’appello al dialogo tra i popoli. Un Mondiale caratterizzato anche dall’ospitalità dei tedeschi e dall’impegno della Chiesa sul fronte ecumenico, come sottolinea mons. Josef Clemens, segretario del pontificio consiglio per i Laici, intervistato da Luca Collodi:

 

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R. - Il tema era “Zu Gast bei Freunden”, essere ospite presso amici, da amici. E’ quello che sento, quello che vedo in televisione. Tutti i partecipanti ai Mondiali hanno sperimentato e visto questa grandissima ospitalità. E tanti non l’avevano aspettata una tale cordialità, una tale gentilezza. Sono veramente contento di questo successo umano.

 

D. – Mons. Clemens, il campionato del Mondo di calcio in Germania si è vissuto, per quanto riguarda la Chiesa locale, all’insegna del dialogo ecumenico, dell’ecumenismo e c’è stata una forte collaborazione tra cattolici ed evangelici…

 

R. - È verissimo sì. Già all’inizio ci sono state delle celebrazioni ecumeniche. La Chiesa cattolica e la Chiesa protestante hanno fatto tante cose insieme, hanno accolto gli sportivi, hanno accolto gli ospiti. Devo dire, questo è stato un elemento molto importante ed è anche una bellissima testimonianza.

 

D. - Altro elemento è l’aver scoperto che in Germania, proprio nel senso dell’ospitalità, vi sono ‘parrocchie linguistiche’

 

R. - Noi abbiamo la missione italiana da moltissimi anni. Quasi da 50 anni abbiamo la missione spagnola, croata, polacca, loro anche hanno fatto tante cose per i loro connazionali.

 

D. - E questo ha favorito l’elemento dell’ospitalità, dell’accoglienza…

 

R. - Anche della comprensione reciproca. E’ bellissimo andare ad una celebrazione liturgica nella propria lingua e incontrare i connazionali.

 

D. - E veniamo alla partita tra la Germania e l’Italia. Lei è di nazionalità tedesca, vive da molti anni in Italia, come sta preparandosi a questo match, a questo incontro?

 

R. - Io credo che lo sport sia una cosa sopranazionale. Naturalmente sono italiani, sono tedeschi che giocano, ma lo sport in sé ha un grande valore e io spero che l’elemento nazionale vada un po’ indietro e l’elemento sportivo vada avanti. Io sono perché vincano i migliori, italiani o tedeschi non importa, ma che tutti giochino secondo le regole. In un grande incontro sportivo, l’elemento prettamente sportivo è per me l’elemento più importante.

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CHIESA E SOCIETA’

4 luglio 2006

 

IN UN DOCUMENTO DEI VESCOVI DEL BRASILE LA CONDONNA ALLA VIOLENZA ED AL CRIMINE ORGANIZZATO CHE STANNO SCONVOLGENDO DIVERSE REGIONI DEL PAESE.

I PRESULI LANCIANO UN APPELLO ALLE AUTORITA’ CIVILI

PERCHE’ VENGANO GARANTITI I DIRITTI UMANI

 

BRASILIA. = “Le costanti calunnie e minacce di morte a persone di Chiesa, vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, leader di movimenti popolari che lavorano nelle regioni di Altamira, Santarém ed altre, creano un clima di tensione e paura per il nostro Paese pacifico e lavoratore”: a lanciare l’allarme sono i vescovi del Brasile che hanno manifestato la loro preoccupazione per l’aumento della violenza nel Paese in un comunicato intitolato “Giustizia e pace si baceranno”. Già, a maggio, durante la 44º Assemblea Generale della Conferenza episcopale – ricorda l’agenzia Fides – i vescovi avevano manifestato il loro ripudio per gli atti brutali di violenza ed il crimine organizzato. “Deploriamo che in questa triste situazione i diritti umani di tante persone non siano stati rispettati” – scrivono i presuli – con particolare riferimento agli atti verificatisi a São Paulo, Rio de Janeiro, Espírito Sacro e Baia, Pará e Maranhão. L’episcopato ha rivolto anche un appello alle autorità competenti affinché vengano adottate opportune misure per fronteggiare la criminalità e venga garantita la difesa dei diritti di tutti. “Come discepoli del Signore che venne ‘affinché tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza’ (cf. Gv 10,10) riaffermiamo il nostro rifiuto a tutte le minacce di morte e di violenza – affermano i vescovi – sosteniamo con vigore i nostri fratelli e sorelle minacciati e tutti quelli che danno testimonianza del Vangelo giorno per giorno, perché siamo sicuri che la verità, la giustizia e l’amore sono più forti della paura, del dubbio e della menzogna”. (T.C.)

 

 

OGGI IN ITALIA LA ‘FIACCOLA BENEDETTINA PRO PACE IN GEORGIA’.

DOPO LA VISITA AL PARLAMENTO GEORGIANO, NEI GIORNI SCORSI,

DOMANI LA DELEGAZIONE GUIDATA DALL’ARCIVESCOVO DI SPOLETO-NORCIA,

RICCARDO FONTANA, INCONTRERÀ BENEDETTO XVI

 

SPOLETO. = Giunge oggi in Italia la ‘Fiaccola Benedettina pro pace’ benedetta sabato scorso in Georgia. La fiaccola è stata accesa dal Patriarca Ortodosso della Georgia, Elia II: “Possa anche questa fiaccola – ha affermato – essere simbolo di riconciliazione tra la Chiesa Ortodossa e quella Cattolica”. Dopo il viaggio in Georgia la delegazione costituita per portare la fiaccola, guidata dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia Riccardo Fontana e dal sindaco di Norcia Nicola Alemanno, domani incontrerà Benedetto XVI. Mons. Fontana è stato ricevuto dal vice presidente del parlamento georgiano, che – è detto in un comunicato dell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia – ha apprezzato molto la visita, nonché il sindaco di Tbilisi e il rappresentante del governo italiano. Il sindaco Alemanno e il nunzio apostolico in Georgia Claudio Gugerotti hanno sottolineato che la visita al parlamento georgiano della Chiesa che dette i natali a San Benedetto, patrono d’Europa, può facilitare il riconoscimento delle radici europee del Paese. La delegazione si è anche recata nella mensa gestita dalla Caritas di Tbilisi, dove ogni giorno vengono preparati oltre 800 pasti caldi, ed ha visitato il centro per minori abbandonati per conoscere i piccoli adottati dalle famiglie di Spoleto e Norcia. Mons. Eugenio Bartoli, presidente delCentro di solidarietà don Guerrino Rota’ di Spoleto, ha invece incontrato alcuni rappresentati della Caritas che intendono aprire un centro per il recupero di tossicodipendenti a Tbilisi ed ha offerto la sua disponibilità ad accogliere a Spoleto alcune persone da formare a tale scopo. Intanto Norcia si prepara alle celebrazioni dell’11 luglio, giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Benedetto, patriarca del monachesimo occidentale. (T.C.)

 

 

LE MIGRAZIONI DEVONO ESSERE OPPORTUNITÀ PER FAVORIRE LO SCAMBIO

TRA CULTURE E RELIGIONI E NON PORTARE ALLO SFRUTTAMENTO DI MANODOPERA:

COSÌ IL DIRETTORE DELLA CARITAS ITALIANA, MONS. VITTORIO NOZZA

ALLA PRESENTAZIONE, OGGI A ROMA, DI UN VOLUME SULL’IMMIGRAZIONE

 

ROMA. = “Contrastare l’impostazione ‘usa e getta’ nel gestire il fenomeno immigrazione”: è quanto chiede il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, che stamattina a Roma ha presentato il volume ‘Polonia, nuovo Paese di frontiera: da migranti a comunitari’. Mons. Nozza ha ricordato che “per la Chiesa e per i suoi organismi pastorali le migrazioni sono un segno dei tempi, un criterio indispensabile per comprendere il mondo di oggi, l’aspetto più umano del processo di globalizzazione”. Per il sacerdote occorre promuovere impegni concreti: “Consideriamo miope e portatrice di conseguenze disastrose e distruttive ogni strategia … che tende … a far venire gli immigrati fin quando ci servono, per poi rimandarli a casa – ha detto – o tutto al più a considerarli solo in quanto manodopera, senza prendere in considerazione le loro esigenze in quanto persone e non solo erogatrici di attività lavorativa”. Il direttore della Caritas invita a riflettere sul fatto che gli immigrati portano a rileggere criticamente i meccanismi che regolano l’economia mondiale e la più che mai dimenticata destinazione universale dei beni, che stanno alla base dei flussi migratori. Inoltre mons. Nozza ha sottolineato l’importanza di “insistere sullo scambio tra culture e religioni” al fine anche di “stimolare l’approfondimento delle proprie tradizioni e l’apertura a quelle degli altri”. “Il nostro futuro – ha detto ancora il direttore della Caritas italiana – dipende dalla capacità che avremo di gestire e armonizzare le differenze, senza prevaricazioni e ponendole alla base comune della convivenza”. (T.C.)

 

 

INDONESIA: ATTENTATO IN UNA CHIESA PROTESTANTE DI POSO. UNA BOMBA CHE

SAREBBE STATA COLLOCATA DA ESTREMISTI HA CAUSATO UNA FORTE ESPLOSIONE

 

POSO. = Una bomba ha colpito sabato scorso a Poso, nella provincia indonesiana di Sulawesi, la chiesa protestante della Pentecoste Eklesia. Si apprende oggi dall’agenzia Asianews che riferisce anche che la forte esplosione non ha causato morti o feriti. Ieri Paul Purkowo, comandante di una task force speciale, ha reso noto che la bomba era di tipo artigianale e non conteneva materiali metallici. Secondo il portavoce della polizia provinciale, l’attentato sarebbe opera di estremisti intenzionati a distruggere la situazione di relativa pace. E proprio ieri il governatore di Sulawesi centrale ha inaugurato a Poso un monumento alla pace. Tra il 2000 al 2001 il conflitto interreligioso a Poso ha provocato circa mille morti. Nel 2001 leader musulmani e cristiani hanno firmato un accordo di pace ma le violenze non sono diminuite e continuano a verificarsi assassini, che il più delle volte rimangono impuniti. (T.C.)

 

 

E’ DI DUE MORTI IL BILANCIO DEL TENTATIVO D’INGRESSO ILLEGALE NELLE CANARIE

DA PARTE DI UN GRUPPO DI UNA CINQUANTINA DI MIGRANTI.

RABAT APRIRA’ UN’INCHIESTA PER VERIFICARE LE CAUSE, NON ANCORA CHIARITE,

DEL DECESSO DELLA SECONDA VITTIMA

 

MELILLA. = Era rimasto gravemente ferito mentre cercava di superare la rete di protezione che separa il Marocco dall’enclave spagnola di Melilla ma è deceduto poche ore dopo all’ospedale di Nador, dove era stato portato dopo l’incidente. Sale così a due morti il bilancio del tentativo d’ingresso illegale nelle Canarie, ieri, da parte di una cinquantina di migranti. La prima vittima, che ha perso la vita in territorio spagnolo, come riferisce l’agenzia MISNA, pare sia precipitata dalla recinzione alta sei metri morendo sul colpo, mentre non sono state ancora chiarite le circostanze che hanno portato al decesso dell’altra vittima. Rabat ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per determinare le cause della morte di quest’ultima. Nell’ottobre dello scorso anno almeno 14 migranti irregolari hanno perso la vita mentre tentavano di entrare a Melilla e nell’altra enclave di Ceuta. In quell’occasione le vittime furono provocate dalla reazione ai tentativi di emigrazione delle forze di sicurezza marocchine, che non esitarono a sparare su una grande folla che si appressava alle reti di recinzione. (T.C.)

 

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 luglio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

In Medio Oriente, un nuovo raid aereo israeliano condotto nella notte, nel nord della Striscia di Gaza, ha provocato la morte di almeno due palestinesi. Intanto, è scaduto l’ultimatum di 24 ore dei rapitori del militare israeliano sequestrato lo scorso 25 giugno. Lo Stato ebraico ha già respinto, ieri, le condizioni avanzate dai rapitori che chiedevano la liberazione di detenuti palestinesi. Il nostro servizio:

 

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Il premier dello Stato ebraico, Ehud Olmert, ha detto che Israele “non si arrenderà ai ricatti” dei rapitori del soldato israeliano. “Non negozieremo con i terroristi”, ha ribadito il primo ministro, poco dopo lo scadere dell’ultimatum di 24 ore. Sulla sorte del soldato israeliano arrivano, comunque, importanti rassicurazioni: uno dei gruppi coinvolti nel sequestro ha rivelato che l’ostaggio non verrà ucciso. Il portavoce del governo israeliano ha dichiarato che il caporale “è vivo” ed è stato visitato, nei giorni scorsi da un medico palestinese. Ma i sequestratori hanno anche fatto sapere che, d’ora in poi, non verranno fornite informazioni sul militare. I rapitori hanno anche annunciato la fine dei negoziati con la delegazione egiziana, impegnata fino a ieri in una difficile attività di mediazione. Nei Territori, intanto, i tank israeliani stanno lentamente avanzando nel nord della Striscia di Gaza, dove miliziani palestinesi hanno lanciato stamani razzi Qassam verso la città israeliana di Sderot. Nella notte, sono stati uccisi due miliziani palestinesi, uno a Gaza e l’altro a Jenin. E’ stata colpita, in un raid aereo, anche l'università islamica di Gaza, gestita dal movimento radicale Hamas.

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In Iraq, uomini armati hanno rapito stamani il vice ministro dell’Energia iracheno e 19 guardie del corpo. Lo ha reso noto la polizia precisando che il convoglio del ministro è caduto in un’imboscata tesa dai ribelli nella parte orientale di Baghdad.

 

In Afghanistan, cinque operai che lavoravano in una base americana sono rimasti uccisi in seguito ad un attacco sferrato da insorti nella provincia di Kunar, nei pressi della frontiera con il Pakistan. Secondo la polizia, l’attentato è stato compiuto da ribelli talebani. Nel centro di Kabul, l’esplosione di una bomba ha provocato, inoltre, il ferimento di almeno 4 persone. La deflagrazione è avvenuta vicino al ministero della Giustizia e al palazzo presidenziale. Poco prima dell’attentato, il presidente afghano, Hamid Karzai, aveva rivolto un nuovo appello ai talebani chiedendo al loro leader, il mullah Omar, di “venire allo scoperto per rispondere di tutti i crimini commessi negli ultimi anni”.

 

Questione nucleare iraniana: il presidente russo, Vladimir Putin, ha detto di non attendersi una risposta dell’Iran al pacchetto di incentivi offerto dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU e della Germania prima del G8 di San Pietroburgo, previsto dal 15-17 luglio prossimi. Intanto, è fissato domani a Bruxelles l’incontro tra il rappresentante per la politica estera europea, Javier Solana, e il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani.

 

Il presidente della Repubblica cipriota, Tassos Papadopoulos, e il leader della comunità turco-cipriota, Mehmet Ali Talat, si sono incontrati ieri per la prima volta, dopo due anni. Durante il colloquio, i due leader hanno discusso della sorte di migliaia di persone di entrambe le comunità scomparse durante la sanguinosa invasione dell'isola da parte delle truppe di Ankara nell’estate del 1974. Il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha definito l’incontro “incoraggiante” e ha detto che i colloqui per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione della Turchia procedono nella giusta direzione. Ma – ha aggiunto Barroso - “la mancata applicazione da parte di Ankara del protocollo che prevede l’apertura dei porti turchi al traffico cipriota “avrebbe gravi conseguenze”.

 

Risultati ancora incerti in Messico, dove il candidato conservatore, Felipe Calderon, ha annunciato la sua vittoria alle presidenziali con un vantaggio di oltre 400 mila voti sul suo rivale di sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador. La commissione elettorale dichiarerà il risultato delle consultazioni solo alla fine del conteggio ufficiale. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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La partita in cui si sceglie il successore di Vicente Fox non è vicina alla conclusione in Messico. L’opinione pubblica messicana è sgomenta per l’inedita novità di non aver ancora il nome del nuovo presidente, a causa dell’incertezza dei risultati. Si disputano l’ingresso nel Palazzo di Los Pinos i leader della destra al governo, Felipe Calderon, e il rappresentante della sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador, in uno scenario di viva polemica, perché entrambi hanno assicurato di avere vinto. Un conteggio preliminare, appena concluso, ha assegnato a Calderon un vantaggio di circa l’uno per cento. Ma tale risultato è contestato da Lopez Obrador. L’ex sindaco di Città del Messico ha denunciato che nel lavoro delle autorità elettorali vi sono gravi lacune, con dati che non coincidono ed un apparente squilibrio tra i seggi, dove si è votato per il Parlamento, rispetto a quelli per la presidenza. Adesso, è previsto che nelle 300 circoscrizioni vengano contati i voti di quasi 131 mila seggi. Quindi, il tribunale elettorale federale dovrà ufficializzare il risultato dopo avere esaminato eventuali impugnazioni, che, come si è visto, Lopez Obrador ha già preparato.

 

Da Città del Messico, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.

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Primo incontro, in Somalia, tra una delegazione dell’ONU e rappresentanti delle Corti islamiche, che recentemente hanno conquistato la capitale e altre località del Paese. Secondo un esponente del movimento fondamentalista, le Nazioni Unite sono intenzionate a verificare la situazione a Mogadiscio, teatro di sanguinosi scontri costati la vita ad oltre 300 persone, prima di riprendere operazioni umanitarie. La comunità internazionale continua, intanto, ad assicurare il proprio sostegno al governo ad interim somalo di stanza a Baidoa. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Una delegazione regionale del team di sicurezza delle Nazioni Unite ha incontrato ieri a Mogadiscio i leader delle corti islamiche. E’ il primo meeting a questo livello, da quando un mese fa i “signori della guerra” sono stati sconfitti nella capitale dai fautori della sharia, la legge islamica. Molti operatori umanitari – è bene ricordarlo – hanno in questi giorni lasciato la capitale somala per mancanza proprio di sicurezza. Intanto, ha suscitato apprezzamento la dichiarazione del leader delle Corti, Shek Hassan Daher Aweis, che gli americani considerano legato ad Al Qaeda. Secondo il leader islamico, il discorso attribuito ad Osama Bin Laden e diffuso con un video via Internet tre giorni fa, non ha nulla a che fare con l’unione delle Corti islamiche. Nel video, Osama Bin Laden metteva in guardia i Paesi occidentali dall’inviare truppe in Somalia dopo la vittoria degli islamici. Sta di fatto – è bene ricordarlo – che l’Unione Africana ha deciso, comunque, l’invio di una forza di pace in Somalia. I leader dei 53 Paesi aderenti all’Unione hanno, infatti, adottato all’unanimità una risoluzione che prevede l’invio in Somalia di un contingente militare, che riporti stabilità nel Paese e favorisca il dialogo tra il governo provvisorio e le corti islamiche.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Rischia di saltare l’accordo di pace per la martoriata regione sudanese del Darfur firmato a maggio in Nigeria.  L’allarme è stato lanciato ieri dal capo della missione ONU in Sudan, Jan Pronk, che ha anche espresso la propria preoccupazione per i continui attacchi di miliziani contro i rifugiati. L’intesa, siglata dal governo e da un gruppo di ribelli, non è stata ancora firmata da una seconda formazione di insorti. Il conflitto in Darfur, scoppiato nel 2003, ha già provocato almeno 300 mila vittime.

 

Ennesima tragedia in mare: la polizia marocchina ha rinvenuto i corpi senza vita di almeno 21 immigrati subsahariani al largo delle coste africane, mentre tentavano di raggiungere le isole Canarie. Si teme che il numero delle vittime possa crescere: i 7 sopravvissuti hanno riferito che a bordo dell’imbarcazione affondata al largo di El Aiun, nel Sahara Occidentale, si trovavano 37 persone.

 

In Italia la Juventus dovrebbe essere esclusa dal campionato di serie A e ammessa ad una categoria inferiore alla B, con penalizzazione di 6 punti. Fiorentina, Lazio e Milan retrocesse in B e penalizzate. Sono queste le richieste avanzate dal procuratore federale Palazzi al termine di una requisitoria che chiude la terza giornata del processo sportivo di primo grado sullo scandalo che ha colpito il calcio. Il procuratore Palazzi ha chiesto anche la revoca dello scudetto del 2005, la non assegnazione di quello del 2006, cinque anni di squalifica, con proposta di radiazione, per gli ex designatori arbitrali e per diversi arbitri. L’accusa ha chiesto, poi, cinque anni di inibizione per l’ex presidente della Federazione italiana gioco calcio (FIGC), Carraro, per i presidenti di Lazio e Fiorentina, Lotito e Dalla Valle, e per gli ex dirigenti juventini Girando e Moggi. L’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha dichiarato, inoltre, che il Milan è stato vittima di favori arbitrali concessi ad altre squadre. Berlusconi ha anche affermato di intravedere nelle richieste dell’accusa “un movente ed una volontà politica assolutamente inaccettabili nell’ambito dello sport”.

 

 

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