RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 185 - Testo
della trasmissione di martedì 4 luglio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Oggi
in Italia la ‘Fiaccola Benedettina pro pace in Georgia’.
Dopo la visita al Parlamento georgiano
Indonesia:
attentato in una chiesa protestante di Poso
Israele “non si arrenderà ai ricatti”: è quanto
ribadisce il governo dopo la scadenza dell’ultimatum posto dai rapitori del
soldato israeliano
4 luglio 2006
BENEDETTO
XVI E’ VICINO A QUANTI SOFFRONO PER LA PERDITA DEI PROPRI CARI
NEL
DISASTRO DELLA METRO A VALENCIA. I PARTECIPANTI
ALL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE SI RACCOLGONO IN
PREGHIERA PER LE VITTIME.
STASERA,
I FUNERALI NELLA CATTEDRALE VALENCIANA.
INTANTO,
OGGI POMERIGGIO SI APRE IL CONGRESSO TEOLOGICO-PASTORALE
SUL
TEMA “FAMIGLIA: VIVI E TRASMETTI LA FEDE”
- A
cura di Alessandro Gisotti -
Benedetto XVI è
vicino a quanti sono stati colpiti dal disastro della metropolitana di Valencia
che, ieri, ha causato la morte di 41 persone. “Il Santo Padre – informa una
nota del direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquin
Navarro-Valls – è stato immediatamente informato del tragico incidente accaduto
a Valencia ed ha seguito con dolore e partecipazione le drammatiche notizie”
che arrivavano da Valencia, dove il Papa si recherà sabato per prendere parte
al V Incontro Mondiale delle Famiglie. Il Papa - prosegue, la nota diramata
ieri - “ha pregato per le vittime, per le loro famiglie, per tutti i cittadini
coinvolti in questo terribile evento”. In serata, il
Pontefice ha inviato un telegramma di cordoglio all’arcive-scovo di Valencia, Agustín García-Gasco Vicente. La tragedia della metro
addolora profondamente quanti si apprestano a vivere con emozione la visita del
Papa. Intanto, oggi pomeriggio, in un clima di raccoglimento inizia il
Congresso teologico-pastorale che riunirà presso il
Centro Fieristico valenciano, oltre 5.000 partecipanti,
tra i quali 29 cardinali. Dalla città spagnola, il servizio dell’inviato dell’Osservatore
Romano, Gianluca Biccini:
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La città che ospita in questi giorni il V Incontro
mondiale delle famiglie e che si prepara ad accogliere l’arrivo di Benedetto
XVI piange per le vittime della sciagura e si stringe attorno all’arcivescovo Augustin García Gasco Vicente, che in serata celebrerà le esequie in cattedrale. Unanime il
cordoglio delle autorità, dalle istituzioni locali fino ai Reali di Spagna.
Anche il programma del Congresso teologico pastorale internazionale sul tema
della trasmissione della fede nella famiglia, che si apre oggi pomeriggio, ha
subito alcune modifiche con l’abolizione delle iniziative di carattere
culturale. Grande attesa per le relazioni del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e del prof. Xavier Lacroix, decano della Facoltà di teologia dell’Università
di Lione. La giornata si concluderà con la conferenza inaugurale del Congresso
tenuta dal cardinale, Alfonso Lopez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la
Famiglia. Immediata era stata lunedì sera la reazione alla notizia del disastro
da parte dei 10 mila giovani volontari impegnati nell’accoglienza e dei
delegati ai lavori congressuali. In varie chiese della città è stato tutto un
susseguirsi di veglie di preghiera e di celebrazioni in suffragio delle
vittime. I giovani, attraverso il tam tam degli SMS si erano
dati appuntamento alle ore 19.00 nella Basilica della Virgen
de los Desamparados, per
recitare insieme il Santo Rosario e partecipare poi alla Messa concelebrata dai vescovi ausiliari di Valencia. Gli occhi
rigati di lacrime di centinaia di ragazzi e di ragazze che si affidano
imploranti alla Madre celeste hanno offerto la toccante testimonianza di una
fede capace di guardare al futuro con cristiana speranza.
Da Valencia, per Radio Vaticana, Giancluca
Biccini.
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Dal canto suo, la Fondazione organizzatrice dell’Incontro
ha inoltre annunciato di aver sospeso tutte le manifestazioni di festa nei tre
giorni di lutto decretati dalla autorità locali e dall’arcidiocesi, il 4, 5 e 6
luglio, giornate in cui nelle celebrazioni religiose di tutta la diocesi verranno introdotte particolari preghiere per le vittime
della tragedia. Ma torniamo al Congresso teologico-pastorale.
A parlarcene è il segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia,
l’arcivescovo Karl Romer,
intervistato da Giovanni Peduto:
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R. – Ci sono fondamentalmente due prospettive molto
importanti: da un lato, si vuole dare alla famiglia un nuovo animo, una nuova
gioia, una nuova coscienza delle sue potenzialità ed anche dei suoi doveri;
dall’altro lato, si vuole invece portare una parola alla società, che non
comprende molto bene il valore e il tesoro che rappresenta la famiglia. Dunque,
da una parte, rinnovare le famiglie, dando loro nuove motivazioni; e
dall’altra, dire una parola forte e chiara alla società umana.
D. – Oggi la famiglia soffre sempre di più: nei Paesi
poveri la sofferenza è la miseria e l’abbandono. Nei Paesi ricchi, la
disgregazione, lo stravolgimento della sua struttura naturale. Quale parola di
speranza può portare al mondo la Chiesa per sostenere questa cellula
fondamentale della società?
R. - Occorre dare a tutti la coscienza
che la famiglia rappresenta la
cellula fondamentale della società: questo è molto importante, così come
è importante che le famiglie stesse abbiano coscienza di questo. E’ importante
affermarlo tutti insieme, non soltanto il Papa o i
sacerdoti, ma soprattutto i laici: dobbiamo lottare tutti affinché la coscienza
pubblica venga formata nuovamente, prendendo coscienza del tesoro rappresentato
dalla famiglia, del valore della famiglia.
D. – A Valencia sono presenti numerosissime famiglie. Qual
è il contributo delle famiglie cristiane alla società secolarizzata?
R. – La propria famiglia – noi lo vediamo così - deve
essere evangelizzata, deve rinnovarsi costantemente in se stessa, ma la
famiglia evangelizzata deve poi diventare anche evangelizzatrice, deve
trasmettere agli altri il Vangelo. Per trasmettere questo vorrei dire alcune
cose pratiche e concrete. La famiglia è il primo luogo dove la diversità fra
gli uomini deve essere vissuta in un clima di armonia e di vera unità. Una
famiglia sana è, per così dire, l’immagine dell’umanità in sintesi. E’ la
bellezza dell’umano: per esempio, la diversità tra l’uomo e la donna è una
ricchezza immensa. In una famiglia sana la diversità non diventa una causa di
divisione, di oppressione o di discriminazione, ma al contrario rappresenta
l’arricchimento vero dell’umano. Anche i figli, che hanno tanto bisogno
dell’aiuto e della protezione dei genitori, non sono tollerati, ma sono amati e
valorizzati. Il primo contributo che la famiglia cristiana dà al mondo è quello
di mostrare in realtà e concretamente che le diversità, anche le più profonde,
sono valori che possono integrare una visione globale nuova.
D. – La tutela della famiglia – ha detto il Papa – non è
una questione confessionale, ma è una cosa che interessa tutti. Come unire
credenti e non credenti nella difesa della famiglia?
R. – E’ interessante notare come già Giovanni Paolo II in
tutti i suoi documenti - che sono ricchissimi, dalle Encicliche alle Lettere –
relativi alla famiglia, parla raramente della sacralità del matrimonio:
evidentemente ne parla, ma parla anzitutto di quello che è comune a tutti gli
uomini, a tutte le donne, all’essere umano, cioè il valore naturale della persona
umana. Giovanni Paolo II voleva mostrare, così come Benedetto XVI, che la
realtà della famiglia è una ricchezza dell’essere
umano, dell’essere uomo, dell’essere donna, dell’essere bambino ed è per questo
motivo che la Chiesa ha il diritto non di difendere i suoi interessi di Chiesa,
ma di difendere tutto quello che è umano, quello che in qualsiasi cultura
rappresenta il valore dell’umanità stessa. E’ per questo che la Chiesa può veramente
mettersi insieme con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per lottare
per questo ideale.
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All’Angelus di domenica scorsa,
proprio parlando dell’Incontro di Valencia, il Papa ha sottolineato come “in
tante comunità oggi secolarizzate la prima urgenza per i credenti in Cristo” sia “di rinnovare la fede degli adulti, affinché siano in
grado di comunicarla alle nuove generazioni”. Sulla crisi della famiglia, nella
società odierna, Luis Badilla ha intervistato
il prof. Sergio Belardinelli, ordinario di Sociologia dei Processi
Culturali all’Università di Bologna e membro del Comitato Nazionale di
Bioetica:
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R. - A mio avviso
è una crisi seria, una crisi preoccupante, ma credo che sia una crisi dentro la
quale ci sono innumerevoli segni di speranza. Non dobbiamo mai avere nostalgia
delle famiglie del passato. Noi, a mio avviso, dobbiamo vivere nel tempo in cui
siamo, e nel tempo in cui siamo ci sono segnali che indicano che la famiglia
sta guadagnando in consapevolezza, sta guadagnando in responsabilità … Questi
sono tutti segnali che se sapremo cogliere, soprattutto se sapremo
valorizzarli, sono segnali di grande speranza.
D. -
Ma torniamo alla crisi che Lei ha detto che esiste ed è
preoccupante. Quali sarebbero gli elementi più rilevanti di
questa crisi?
R. - Anche a rischio di semplificare un problema molto
complesso ritengo che sia una crisi che si gioca, come tutte le crisi del mondo
contemporaneo, sul piano culturale. E’ un problema di cultura. Purtroppo
viviamo in un’epoca nella quale, purtroppo, valori come responsabilità, valori
come fedeltà – direi - valori come libertà di costruire una vita sensata e
bella per noi hanno perduto un po’ il proprio senso. Questa crisi culturale
colpisce la famiglia in modo particolare perché intacca dimensioni che trovano
proprio nella famiglia il loro luogo naturale di dispiegamento. A mio avviso
sono in crisi perché è entrata in crisi l’istituzione all’interno della quale
questi valori trovano l’humus naturale per svilupparsi.
D. -
Posso chiederle un’ulteriore riflessione sul ruolo e sulla situazione della
scuola in questo contesto sotto analisi?
R. - A mio avviso il problema si spiega in questo
modo: la cultura dominante è una cultura che ha assimilato un’idea sbagliatissima, a mio modo di vedere, che è quella della
neutralità etica. Noi viviamo in un momento storico nel quale si ritiene che le
istituzioni pubbliche devono essere eticamente neutre
e che gli individui siano liberi di fare tutto ciò che vogliono. Questi sono i
due assiomi su cui si sostiene la cultura politica contemporanea. Questo, a mio
avviso, è per la cultura politica una tragedia. Proprio perché abbiamo assunto
questi capisaldi è chiaro che non siamo più in grado di educare. Ma perché? Perché
il processo stesso educativo presuppone che ci siano degli ideali che reputiamo
giusti, belli, e tali da impegnarci a realizzarli. La funzione dell’educazione
in fondo è questa e le agenzie educative sono, non a caso, la famiglia e la
scuola. Questo lo sanno tutti. Non sto dicendo niente di originale, ma perché
ci sia un processo educativo bisogna avere chiaro un ideale di uomo, un ideale
di società. Siccome la cultura della neutralità non è in grado di elaborare
questi ideali, secondo me, è consequenziale che questa cultura abbia lasciato
marcire le istituzioni educative, che come tali addirittura diventano
fastidiose.
D. -
Forse questa cultura della neutralità, della quale Lei parla, spiega come i Parlamenti
nazionali, nel legiferare, spesso procedano su qualsiasi materia con gli stessi
criteri e, a volte, diano l’impressione che fare leggi per costruire un ponte
sia la stessa cosa che fare leggi sulla vita o sulla famiglia. O forse è una
mia esagerazione?
R. - Guardi questo è un problema delicatissimo perché
in una cultura liberal-democratica la maggioranza è
il criterio in virtù del quale vengono emanate le
leggi, però questo è solo una parte del discorso. Una cultura liberal-democratica ha bisogno per essere tale, proprio di
valori che come tali non possono essere sottoposti al giudizio della maggioranza.
Altrimenti succede quello che inizia a succedere nelle nostre società. Quando
noi sottoponiamo al giudizio della maggioranza anche ciò che di per sé non è
disponibile – penso alla vita delle persone, alla morte - in quel momento
accade qualcosa che, inevitabilmente e tragicamente, erode l’ethos sul quale si
fonda una società autenticamente liberale e democratica. La cultura liberal-democratica non è una cultura della neutralità; è,
per dare un esempio, la cultura della dignità delle persone. Quando in questa
cultura i valori di fondo cominciano ad andare in crisi succede qualcosa che
noi, nelle nostre culture occidentali, incominciamo a vedere molto bene:
succede che noi legiferiamo, per esempio in materia di aborto … che la
maggioranza vince, ma la minoranza non si adegua. Succede allo stesso modo con
la procreazione assistita. Ora, siccome le biotecnologie, le nanotecnologie, e tutto ciò che ha che fare con le tecnoscienze ci metteranno sempre di più di fronte a
questioni ultime di questo tipo, dobbiamo dire: le questioni ultime non si
decidono a maggioranza. Se decidiamo a maggioranza le questioni ultime
distruggiamo progressivamente la comunità, i presupposti della cultura liberal-democratica. Questo è l’aspetto più drammatico
della stagione che attraversiamo e le cose si prospettano in modo preoccupante.
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L’IMPORTANZA
DEL RUOLO DEI LEADER RELIGIOSI PER L’UMANITÀ:
SOTTOLINEATO AL
SUMMIT MONDIALE DI MOSCA
CHE RIUNISCE OLTRE 200 DELEGATI DI 44 PAESI.
PRESENTI
IL CARDINALE KASPER E IL CARDINALE POUPARD
Favorire “un ordine mondiale pacifico e più giusto”:
questo il compito delle religioni, come ribadito dal Papa all’Angelus
domenica scorsa e ripetuto questa mattina dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità di
cristiani. E’ giunto a Mosca alla guida della delegazione vaticana, per
partecipare al Summit dei leader religiosi, aperto ieri pomeriggio, in vista
del prossimo Vertice del G8 che si terrà a San Pietroburgo dal 15 al 17 luglio.
Cristiani, islamici, ebrei, buddisti, scintoisti e fedeli di varie denominazioni
- più di 200 delegati di oltre 40 Paesi - sono stati convocati nella capitale
russa per rilanciare il ruolo delle religioni nelle società contemporanee, al
fine di tutelare i valori morali e spirituali e costruire un mondo migliore.
L’incontro è stato organizzato dal Consiglio interreligioso della Russia e
della Comunità di Stati Indipendenti. Dai lavori si aspetta una dichiarazione
finale che sarà poi consegnata ai capi di Governo dei Paesi più industrializzati.
Ascoltiamo la cronaca di questa importante riunione, nel servizio di Giuseppe
D’Amato:
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Grande risalto nei mass-media russi al Summit dei leader
religiosi. “No alla scontro di civiltà” è uno dei
concetti ribaditi. Le autorità politiche russe attendono da questi lavori pareri
anche sui temi attuali e risposte a problemi come il terrorismo internazionale.
Importante il messaggio del Patriarca di Mosca, Alessio II: “L’esperienza
secolare della Russia è chiara. Persone di diverse fedi possono vivere
insieme”. Le misure di sicurezza intorno al luogo dell’incontro sono discrete.
Si pone, però, particolare attenzione del Rabbino capo di Israele. Sono
assenti, invece, i buddhisti della Kalmykia, che stanno preparando la visita
del Dalai Lama, che avrà probabilmente luogo dall’8
al 10 luglio. Bello il colpo d’occhio della sala dei lavori: gente di ogni
etnia, con paramenti delle varie confessioni religiose. “Bisogna favorire un
ordine mondiale pacifico e più giusto”, ha detto il cardinale Kasper, capo della delegazione vaticana. In
mattinata si sono tenute due sessioni e la terza sarà nel pomeriggio con alla
fine un concerto del coro giovanile dell’UNESCO.
Dal President Hotel di Mosca,
per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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Tra i temi rilevanti emersi nel Summit di Mosca è la
cooperazione tra autorità religiose e statali per il bene dell’umanità, come
sottolineato dal cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, nel suo intervento, di cui
ci riferisce Roberta Gisotti:
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Siamo qui per condividere “le comuni preoccupazioni” e
affermare “il comune impegno ad operare con rinnovato slancio in un fiducioso
dialogo interculturale e interreligioso, a servizio di un umanesimo integrale e
solidale”. Così il cardinale Poupard ha sollecitato i
leader delle tante confessioni, presenti a Mosca, a “riaffermare davanti agli
uomini di Stato e ai cittadini del mondo, il ruolo insostituibile delle
religioni per edificare delle società più giuste dove regnino l’armonia e la
pace”. Noi vogliamo – ha aggiunto – “rinforzare il dialogo tra le religioni ma
anche con le autorità civili e politiche, ciascuno nella coscienza delle sue proprie responsabilità”.
Si tratta di affrontare “con coraggio” “le sfide” che il “crescente
fenomeno della mondializzazione” presenta agli uomini e alle donne dei nostri
tempi, perché non cedano “all’indifferenza verso i valori umani universali”,
che devono essere trasmessi, primo tra tutti – “fondamento della vita nella
società” - “il rispetto della dignità dell’uomo”, di ogni uomo creato da Dio.
“Ciò comporta – ha spiegato il porporato – il rispetto della libertà religiosa,
quale diritto costitutivo della persona che nessuna autorità è in diritto di
negare, ma al contrario ha il dovere di rispettarne l’affermazione e di
favorirne l’esercizio pacifico, sempre e dovunque.” Ma
“in quanto responsabili religiosi – ha osservato il cardinale Poupard – noi siamo vivamente preoccupati per gli
orientamenti dei sistemi politici focalizzati in modo prioritario sul potere
economico a detrimento della giustizia e della solidarietà, e per la crisi dei
valori che si estende a intere fasce della popolazione mondiale, in particolare
ai giovani, e che pone gravi questioni quanto all’avvenire dell’umanità”.
“La Santa Sede - ha concluso il porporato – preoccupata di
onorare l’esigenza moderna di una giusta laicità degli Stati in tutte le
componenti religiose e laiche, al contrario di un laicismo riduttore,
ispiratore di certe politiche, riafferma la disponibilità e la capacità delle
religioni a contribuire ad edificare la comunità degli uomini, portando in
particolare il loro contributo per rispondere alle sfide della disaggregazione sociale e dare un ideale ai giovani ed un
senso alla vita e alla storia”.
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BENEDETTO
XVI IN VALLE D’AOSTA PER UN PERIODO DI RIPOSO
DALL’11
AL 28 LUGLIO. IL PAPA SI TRASFERIRA’ POI A CASTEL GANDOLFO.
NEL
PERIODO ESTIVO SOSPESE TUTTE LE UDIENZE PRIVATE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
La
Prefettura della Casa Pontificia informa che da martedì 11 a venerdì 28 luglio,
Benedetto XVI si trasferirà a Les Combes,
in Valle d’Aosta, per un periodo di riposo. Sono, pertanto, sospese le udienze
generali dei mercoledì 12, 19 e 26 luglio. Nelle domeniche 16 e 23 luglio, il
Santo Padre reciterà la preghiera mariana dell’Angelus dalla residenza di Les Combes.
Venerdì
28 luglio, prosegue la nota della Prefettura, Benedetto XVI si trasferirà nel
Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Durante il periodo estivo sono sospese
tutte le udienze private e speciali. Le udienze generali riprenderanno
regolarmente da mercoledì 2 agosto.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Valencia in lutto e in
preghiera": sono 41 i morti provocati dal deragliamento di un convoglio
della metropolitana.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle
ordinazioni sacerdotali.
Servizio estero - L'intervento della Santa Sede sul
tema: "Il traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro
rappresenta una minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza".
Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Un crudo e personale pegno pagato
alla memoria": il libro "Guerra e prigionia. 1940-1945. Il mio diario"
di Salvatore Pascale.
Per l' "Osservatore
libri" un articolo di Mario Casella sugli "Scritti civili" di
Vittorio Bachelet. Il titolo dell'articolo è
"Educare al senso del bene comune vuol dire formare ad un vigoroso
ideale".
Servizio italiano - In rilievo la protesta dei
tassisti.
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4 luglio 2006
In Bolivia i risultati delle doppie Elezioni di
domenica scorsa verranno
resi
noti fra 25 giorni. secondo le proiezioni
il
presidente evo Morales ha rafforzato il suo potere
- Con noi il prof Marco
Bellingeri -
In Bolivia, gli exit pool sulle elezioni di domenica scorsa annunciano
il successo del partito del presidente Evo Morales,
che aveva chiesto il ‘no’ al referendum sulle autonomie regionali. La
formazione (MAS) ha vinto di misura anche la consultazione sull’Assemblea
costituente, senza però ottenere la maggioranza necessaria per cambiare da solo
la costituzione. Sulle conseguenze del voto in Bolivia, Eugenio Bonanata ha raccolto
il commento di Marco Bellingeri, docente di Storia
dell’America Latina presso l’Università di Torino:
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R. – Bisogna dire che c’erano stati
tentativi precedenti da parte del MAS (il Movimento
per il socialismo) di riforme costituzionali molto profonde con il voto
di maggioranza, che erano state comunque rifiutate dall’opposizione. D’altra
parte, anche le regole del processo elettorale in quanto tale hanno subito
delle mutazioni. Alla fine è stata scelta una rappresentanza di tipo
fondamentalmente individuale e, diciamo, democratica, nel senso tecnico della
parola. E’ proprio in queste forme di rappresentanza, non risolte, che possiamo
vedere alcuni degli aspetti del processo in corso. Alcuni esponenti del mondo
politico boliviano hanno fatto presente come un processo elettorale di questo
tipo, di tipo strettamente democratico, in qualche maniera apra un varco alle
tensioni che poi si presenteranno invece con forme territoriali, ed etniche. Io
credo che questo sia il nodo fondamentale. Non solo non sarà possibile al Mas
riformare la costituzione da solo – e questo può essere un bene
– ma la costituente non riesce nemmeno a coprire tutto l’ampissimo
spettro della rappresentanza politica che in Bolivia va ben oltre i processi
elettorali. E questo è un nodo importante che si troverà ad affrontare da subito.
D. – Contemporaneamente si è votato anche per il
referendum sull’autonomia regionale. Anche in questo caso sembra essere in
vantaggio il fronte del ‘no’. In che modo questo
risultato influenzerà i lavori della costituente?
R. – Qui si apre un altro problema molto interessante. Si
è voluto votare allo stesso tempo per un’Assemblea costituente e per un
referendum su un assetto di tipo autonomistico, in
qualche maniera condizionando fortemente quello che sarebbe stato poi il lavoro
della costituente. Anche qui c’è un’ambiguità. Si può fare un
referendum prima che si riunisca una costituente, una costituente
sovrana rispetto ai risultati di un referendum? Anche questo non era mai stato
chiarito dal punto di vista giuridico-istituzionale,
il che dà la possibilità da parte degli sconfitti - che rappresentano poi una
parte fondamentale della ricchezza del territorio nazionale, sicuramente non
della popolazione - di rivendicare comunque una vittoria di tipo territoriale.
Una vittoria del sistema ‘autonomico’, come si dice
alla spagnola, che sarebbe valido, comunque, solo in quella regione.
D. – In quali forme potrà riproporsi la società multiculturale, multietnica in
Bolivia?
R. – In realtà quello che sappiamo è che esiste una vera e
propria crisi nazionale oggi in Bolivia, non semplicemente uno scontro fra
nazione e antinazione, com’era un po’ lo slogan del Mas, di Evo Morales: ricchi contro poveri, bianchi contro indios e così via. Non sono due Bolivie,
ma sono molte Bolivie: ognuno rivendica forme
storiche o naturali di sovranità del tutto particolari.
Oggigiorno bisogna dire invece che il progetto di Evo Morales
mi sembra molto più tradizionale, molto più occidentale - se vogliamo - anche a
costo poi di contrapporsi con questi soggetti sociali, che sono minoritari ma
abbastanza importanti in alcune regioni. Mi sembra che le dichiarazioni di Evo Morales vadano tutte nella direzione di un assetto fondamentalmente
unitario, che garantisca comunque le autonomie etniche locali, ma non quelle
territoriali.
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IL MONDIALE
DELL’OSPITALITA’: IL SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER I LAICI, MONS. JOSEF
CLEMENS, RACCONTA UN ASPETTO MENO
CONOSCIUTO DEL CAMPIONATO MONDIALE DI CALCIO IN
GERMANIA
Non solo sport:
il Mondiale di Calcio, che stasera vivrà un momento avvincente con la semifinale
Italia-Germania, non è solo un grande evento
sportivo. Molti i messaggi importanti proposti in questa edizione: dal “no” al
razzismo all’invito alla solidarietà, e l’appello al dialogo tra i popoli. Un
Mondiale caratterizzato anche dall’ospitalità dei tedeschi e dall’impegno della
Chiesa sul fronte ecumenico, come sottolinea mons. Josef
Clemens, segretario del pontificio consiglio per i
Laici, intervistato da Luca Collodi:
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R. - Il tema era “Zu Gast bei Freunden”, essere ospite
presso amici, da amici. E’ quello che sento, quello che vedo in televisione.
Tutti i partecipanti ai Mondiali hanno sperimentato e visto questa grandissima
ospitalità. E tanti non l’avevano aspettata una tale cordialità, una tale
gentilezza. Sono veramente contento di questo successo umano.
D. – Mons. Clemens,
il campionato del Mondo di calcio in Germania si è vissuto, per quanto riguarda
la Chiesa locale, all’insegna del dialogo ecumenico, dell’ecumenismo e c’è
stata una forte collaborazione tra cattolici ed evangelici…
R. - È verissimo sì. Già all’inizio ci sono state delle
celebrazioni ecumeniche.
D. - Altro elemento è l’aver scoperto che in Germania,
proprio nel senso dell’ospitalità, vi sono ‘parrocchie linguistiche’ …
R. - Noi abbiamo la missione italiana da moltissimi anni.
Quasi da 50 anni abbiamo la missione spagnola, croata, polacca, loro anche
hanno fatto tante cose per i loro connazionali.
D. - E questo ha favorito l’elemento dell’ospitalità,
dell’accoglienza…
R. - Anche della comprensione reciproca. E’ bellissimo
andare ad una celebrazione liturgica nella propria lingua e incontrare i
connazionali.
D. - E veniamo alla partita tra la
Germania e l’Italia. Lei è di nazionalità tedesca, vive da molti anni in
Italia, come sta preparandosi a questo match, a questo incontro?
R. - Io credo che lo sport sia una cosa sopranazionale.
Naturalmente sono italiani, sono tedeschi che giocano, ma lo sport in sé ha un
grande valore e io spero che l’elemento nazionale vada un po’ indietro e
l’elemento sportivo vada avanti. Io sono perché vincano i migliori, italiani o
tedeschi non importa, ma che tutti giochino secondo le regole. In un grande
incontro sportivo, l’elemento prettamente sportivo è per me l’elemento più
importante.
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4 luglio 2006
IN UN DOCUMENTO DEI VESCOVI DEL BRASILE LA CONDONNA
ALLA VIOLENZA ED AL CRIMINE ORGANIZZATO CHE STANNO SCONVOLGENDO DIVERSE REGIONI
DEL PAESE.
I PRESULI LANCIANO UN APPELLO ALLE AUTORITA’ CIVILI
PERCHE’ VENGANO GARANTITI I DIRITTI UMANI
BRASILIA. = “Le costanti calunnie e minacce di morte a
persone di Chiesa, vescovi e sacerdoti, religiosi e
religiose, leader di movimenti popolari che lavorano nelle regioni di Altamira, Santarém ed altre,
creano un clima di tensione e paura per il nostro Paese pacifico e lavoratore”:
a lanciare l’allarme sono i vescovi del Brasile che hanno manifestato la loro
preoccupazione per l’aumento della violenza nel Paese in un comunicato
intitolato “Giustizia e pace si baceranno”. Già, a maggio, durante la 44º
Assemblea Generale della Conferenza episcopale – ricorda l’agenzia Fides – i
vescovi avevano manifestato il loro ripudio per gli atti brutali di violenza ed
il crimine organizzato. “Deploriamo che in questa triste situazione i diritti
umani di tante persone non siano stati rispettati” – scrivono i presuli – con
particolare riferimento agli atti verificatisi a São
Paulo, Rio de Janeiro, Espírito Sacro e Baia, Pará e Maranhão. L’episcopato ha
rivolto anche un appello alle autorità competenti affinché vengano
adottate opportune misure per fronteggiare la criminalità e venga garantita la
difesa dei diritti di tutti. “Come discepoli del Signore che venne ‘affinché
tutti abbiano vita e l’abbiano in abbondanza’ (cf. Gv 10,10) riaffermiamo il
nostro rifiuto a tutte le minacce di morte e di violenza – affermano i vescovi
– sosteniamo con vigore i nostri fratelli e sorelle minacciati e tutti quelli
che danno testimonianza del Vangelo giorno per giorno, perché siamo sicuri che
la verità, la giustizia e l’amore sono più forti della paura, del dubbio e
della menzogna”. (T.C.)
OGGI
IN ITALIA LA ‘FIACCOLA BENEDETTINA PRO PACE IN GEORGIA’.
DOPO
LA VISITA AL PARLAMENTO GEORGIANO, NEI GIORNI SCORSI,
DOMANI
LA DELEGAZIONE GUIDATA DALL’ARCIVESCOVO DI SPOLETO-NORCIA,
RICCARDO
FONTANA, INCONTRERÀ BENEDETTO XVI
SPOLETO. = Giunge oggi in Italia la ‘Fiaccola Benedettina
pro pace’ benedetta
sabato scorso in Georgia. La fiaccola è stata accesa dal Patriarca Ortodosso
della Georgia, Elia II: “Possa anche questa fiaccola – ha affermato – essere
simbolo di riconciliazione tra la Chiesa Ortodossa e quella Cattolica”. Dopo il
viaggio in Georgia la delegazione costituita per portare la fiaccola, guidata
dall’arcivescovo di Spoleto-Norcia Riccardo Fontana e
dal sindaco di Norcia Nicola Alemanno, domani incontrerà Benedetto XVI. Mons. Fontana è stato ricevuto dal vice presidente del
parlamento georgiano, che – è detto in un comunicato dell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia – ha apprezzato molto la visita, nonché il
sindaco di Tbilisi e il rappresentante del governo
italiano. Il sindaco Alemanno e il nunzio apostolico in Georgia Claudio Gugerotti hanno sottolineato che la visita al parlamento
georgiano della Chiesa che dette i natali a San Benedetto, patrono d’Europa,
può facilitare il riconoscimento delle radici europee del Paese. La delegazione
si è anche recata nella mensa gestita dalla Caritas di Tbilisi,
dove ogni giorno vengono preparati oltre 800 pasti
caldi, ed ha visitato il centro per minori abbandonati per conoscere i piccoli
adottati dalle famiglie di Spoleto e Norcia. Mons.
Eugenio Bartoli, presidente del ‘Centro
di solidarietà don Guerrino Rota’ di Spoleto, ha
invece incontrato alcuni rappresentati della Caritas che intendono aprire un
centro per il recupero di tossicodipendenti a Tbilisi
ed ha offerto la sua disponibilità ad accogliere a Spoleto alcune persone
da formare a tale scopo. Intanto Norcia si prepara alle celebrazioni dell’11
luglio, giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Benedetto, patriarca
del monachesimo occidentale. (T.C.)
LE MIGRAZIONI
DEVONO ESSERE OPPORTUNITÀ PER FAVORIRE LO SCAMBIO
TRA
CULTURE E RELIGIONI E NON PORTARE ALLO SFRUTTAMENTO DI MANODOPERA:
COSÌ
IL DIRETTORE DELLA CARITAS ITALIANA, MONS. VITTORIO
NOZZA
ALLA
PRESENTAZIONE, OGGI A ROMA, DI UN VOLUME SULL’IMMIGRAZIONE
ROMA. = “Contrastare l’impostazione ‘usa
e getta’ nel gestire il fenomeno immigrazione”: è
quanto chiede il direttore della Caritas italiana, mons. Vittorio Nozza, che stamattina a Roma ha presentato il volume
‘Polonia, nuovo Paese di frontiera: da migranti a comunitari’.
Mons. Nozza ha ricordato
che “per la Chiesa e per i suoi organismi pastorali le migrazioni sono un segno
dei tempi, un criterio indispensabile per comprendere il mondo di oggi,
l’aspetto più umano del processo di globalizzazione”.
Per il sacerdote occorre promuovere impegni concreti: “Consideriamo miope e
portatrice di conseguenze disastrose e distruttive ogni strategia … che tende …
a far venire gli immigrati fin quando ci servono, per
poi rimandarli a casa – ha detto – o tutto al più a considerarli solo in quanto
manodopera, senza prendere in considerazione le loro esigenze in quanto persone
e non solo erogatrici di attività lavorativa”. Il direttore della Caritas
invita a riflettere sul fatto che gli immigrati portano a rileggere criticamente
i meccanismi che regolano l’economia mondiale e la più che mai dimenticata
destinazione universale dei beni, che stanno alla base dei flussi migratori.
Inoltre mons. Nozza ha sottolineato l’importanza di
“insistere sullo scambio tra culture e religioni” al fine anche di “stimolare
l’approfondimento delle proprie tradizioni e l’apertura a quelle degli altri”.
“Il nostro futuro – ha detto ancora il direttore della Caritas italiana –
dipende dalla capacità che avremo di gestire e armonizzare le differenze, senza
prevaricazioni e ponendole alla base comune della convivenza”. (T.C.)
INDONESIA:
ATTENTATO IN UNA CHIESA PROTESTANTE DI POSO. UNA BOMBA CHE
SAREBBE
STATA COLLOCATA DA ESTREMISTI HA CAUSATO UNA FORTE ESPLOSIONE
POSO. = Una bomba ha colpito sabato scorso a Poso, nella
provincia indonesiana di Sulawesi, la chiesa
protestante della Pentecoste Eklesia. Si
apprende oggi dall’agenzia Asianews che riferisce
anche che la forte esplosione non ha causato morti o feriti. Ieri Paul Purkowo, comandante di una
task force speciale, ha reso noto che la bomba era di tipo artigianale e non
conteneva materiali metallici. Secondo il portavoce della polizia provinciale,
l’attentato sarebbe opera di estremisti intenzionati a distruggere la
situazione di relativa pace. E proprio ieri il governatore di Sulawesi centrale ha inaugurato a Poso un monumento alla
pace. Tra il 2000 al 2001 il conflitto interreligioso a Poso ha provocato circa
mille morti. Nel 2001 leader musulmani e cristiani hanno firmato un accordo di pace ma le violenze non sono diminuite e continuano a
verificarsi assassini, che il più delle volte rimangono impuniti. (T.C.)
E’ DI
DUE MORTI IL BILANCIO DEL TENTATIVO D’INGRESSO ILLEGALE
NELLE CANARIE
DA
PARTE DI UN GRUPPO DI UNA CINQUANTINA DI MIGRANTI.
RABAT
APRIRA’ UN’INCHIESTA PER VERIFICARE LE CAUSE, NON ANCORA CHIARITE,
DEL
DECESSO DELLA SECONDA VITTIMA
MELILLA. = Era rimasto gravemente ferito
mentre cercava di superare la rete di protezione che separa il Marocco
dall’enclave spagnola di Melilla ma è deceduto poche
ore dopo all’ospedale di Nador, dove era stato
portato dopo l’incidente. Sale così a due morti il bilancio del tentativo
d’ingresso illegale nelle Canarie, ieri, da parte di una cinquantina di
migranti. La prima vittima, che ha perso la vita in territorio spagnolo, come
riferisce l’agenzia MISNA, pare sia precipitata dalla recinzione alta sei metri
morendo sul colpo, mentre non sono state ancora chiarite le circostanze che
hanno portato al decesso dell’altra vittima. Rabat ha annunciato l’apertura di
un’inchiesta per determinare le cause della morte di quest’ultima. Nell’ottobre
dello scorso anno almeno 14 migranti irregolari hanno perso la vita mentre tentavano di entrare a Melilla
e nell’altra enclave di Ceuta. In quell’occasione
le vittime furono provocate dalla reazione ai tentativi di emigrazione delle
forze di sicurezza marocchine, che non esitarono a sparare su una grande folla
che si appressava alle reti di recinzione. (T.C.)
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4 luglio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In
Medio Oriente, un nuovo raid aereo israeliano condotto nella notte, nel nord
della Striscia di Gaza, ha provocato la morte di almeno due palestinesi.
Intanto, è scaduto l’ultimatum di 24 ore dei rapitori del militare israeliano
sequestrato lo scorso 25 giugno. Lo Stato ebraico ha già respinto, ieri, le
condizioni avanzate dai rapitori che chiedevano la liberazione di detenuti
palestinesi. Il nostro servizio:
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Il
premier dello Stato ebraico, Ehud Olmert,
ha detto che Israele “non si arrenderà ai ricatti” dei rapitori del soldato
israeliano. “Non negozieremo con i terroristi”, ha ribadito il primo ministro,
poco dopo lo scadere dell’ultimatum di 24 ore. Sulla sorte del soldato israeliano
arrivano, comunque, importanti rassicurazioni: uno dei gruppi coinvolti nel sequestro
ha rivelato che l’ostaggio non verrà ucciso. Il
portavoce del governo israeliano ha dichiarato che il caporale “è vivo” ed è
stato visitato, nei giorni scorsi da un medico palestinese. Ma i sequestratori
hanno anche fatto sapere che, d’ora in poi, non verranno
fornite informazioni sul militare. I rapitori hanno anche annunciato la fine
dei negoziati con la delegazione egiziana, impegnata fino a ieri in una
difficile attività di mediazione. Nei Territori, intanto, i tank
israeliani stanno lentamente avanzando nel nord della Striscia di Gaza, dove
miliziani palestinesi hanno lanciato stamani razzi Qassam
verso la città israeliana di Sderot. Nella notte,
sono stati uccisi due miliziani palestinesi, uno a Gaza e l’altro a Jenin. E’ stata colpita, in un raid aereo, anche
l'università islamica di Gaza, gestita dal movimento radicale Hamas.
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In Iraq, uomini armati hanno rapito stamani il vice
ministro dell’Energia iracheno e 19 guardie del corpo. Lo ha reso noto la
polizia precisando che il convoglio del ministro è caduto in un’imboscata tesa
dai ribelli nella parte orientale di Baghdad.
In Afghanistan, cinque operai che lavoravano in una base
americana sono rimasti uccisi in seguito ad un attacco sferrato da insorti
nella provincia di Kunar, nei pressi della frontiera
con il Pakistan. Secondo la polizia, l’attentato è stato compiuto da ribelli talebani. Nel centro di Kabul, l’esplosione di una bomba ha
provocato, inoltre, il ferimento di almeno 4 persone. La deflagrazione è
avvenuta vicino al ministero della Giustizia e al palazzo presidenziale. Poco
prima dell’attentato, il presidente afghano, Hamid Karzai, aveva rivolto un
nuovo appello ai talebani chiedendo al loro leader,
il mullah Omar, di “venire allo scoperto per rispondere di tutti i crimini
commessi negli ultimi anni”.
Questione nucleare iraniana: il presidente
russo, Vladimir Putin, ha detto di non attendersi una
risposta dell’Iran al pacchetto di incentivi offerto dai cinque membri permanenti
del Consiglio di sicurezza dell’ONU e della Germania prima del G8 di San Pietroburgo, previsto dal 15-17 luglio prossimi. Intanto, è
fissato domani a Bruxelles l’incontro tra il rappresentante per la politica
estera europea, Javier Solana,
e il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani.
Il presidente della Repubblica cipriota, Tassos Papadopoulos, e il leader
della comunità turco-cipriota, Mehmet Ali Talat, si sono incontrati ieri per la prima volta, dopo due
anni. Durante il colloquio, i due leader hanno discusso della sorte di migliaia
di persone di entrambe le comunità scomparse durante la sanguinosa invasione
dell'isola da parte delle truppe di Ankara nell’estate del 1974. Il presidente
della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, ha definito l’incontro “incoraggiante” e ha detto
che i colloqui per l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione della Turchia
procedono nella giusta direzione. Ma – ha aggiunto Barroso
- “la mancata applicazione da parte di Ankara del protocollo che prevede l’apertura
dei porti turchi al traffico cipriota “avrebbe gravi conseguenze”.
Risultati ancora incerti in Messico, dove il
candidato conservatore, Felipe Calderon,
ha annunciato la sua vittoria alle presidenziali con un vantaggio di oltre 400
mila voti sul suo rivale di sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador. La commissione
elettorale dichiarerà il risultato delle consultazioni solo alla fine del
conteggio ufficiale. Il servizio di Maurizio Salvi:
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La partita in cui si sceglie il successore di Vicente Fox non è vicina alla conclusione
in Messico. L’opinione pubblica messicana è sgomenta per l’inedita novità di
non aver ancora il nome del nuovo presidente, a causa dell’incertezza dei risultati.
Si disputano l’ingresso nel Palazzo di Los Pinos i
leader della destra al governo, Felipe Calderon, e il rappresentante della sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador, in uno scenario di viva polemica, perché entrambi
hanno assicurato di avere vinto. Un conteggio preliminare, appena concluso, ha
assegnato a Calderon un vantaggio di circa l’uno per
cento. Ma tale risultato è contestato da Lopez Obrador. L’ex sindaco di Città del Messico ha denunciato
che nel lavoro delle autorità elettorali vi sono gravi lacune, con dati che non
coincidono ed un apparente squilibrio tra i seggi, dove si è votato per il
Parlamento, rispetto a quelli per la presidenza. Adesso, è previsto che nelle
300 circoscrizioni vengano contati i voti di quasi 131
mila seggi. Quindi, il tribunale elettorale federale dovrà ufficializzare il
risultato dopo avere esaminato eventuali impugnazioni, che, come si è visto, Lopez Obrador ha già preparato.
Da Città del Messico, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana.
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Primo incontro, in Somalia, tra una delegazione dell’ONU e
rappresentanti delle Corti islamiche, che recentemente hanno conquistato la
capitale e altre località del Paese. Secondo un esponente del movimento fondamentalista, le Nazioni Unite sono intenzionate a
verificare la situazione a Mogadiscio, teatro di sanguinosi scontri costati la
vita ad oltre 300 persone, prima di riprendere operazioni umanitarie. La
comunità internazionale continua, intanto, ad assicurare il proprio sostegno al
governo ad interim somalo di stanza a Baidoa. Il
servizio di Giulio Albanese:
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Una delegazione regionale del team di sicurezza delle
Nazioni Unite ha incontrato ieri a Mogadiscio i leader delle corti islamiche.
E’ il primo meeting a questo livello, da quando un
mese fa i “signori della guerra” sono stati sconfitti nella capitale dai fautori
della sharia, la legge islamica. Molti operatori
umanitari – è bene ricordarlo – hanno in questi giorni lasciato la capitale
somala per mancanza proprio di sicurezza. Intanto, ha suscitato apprezzamento
la dichiarazione del leader delle Corti, Shek Hassan Daher Aweis,
che gli americani considerano legato ad Al Qaeda. Secondo il leader islamico, il discorso attribuito
ad Osama Bin Laden e diffuso con un video via
Internet tre giorni fa, non ha nulla a che fare con l’unione delle Corti
islamiche. Nel video, Osama Bin
Laden metteva in guardia i Paesi occidentali
dall’inviare truppe in Somalia dopo la vittoria degli islamici. Sta di fatto – è bene ricordarlo – che l’Unione Africana ha
deciso, comunque, l’invio di una forza di pace in Somalia. I leader dei 53
Paesi aderenti all’Unione hanno, infatti, adottato all’unanimità una
risoluzione che prevede l’invio in Somalia di un contingente militare, che
riporti stabilità nel Paese e favorisca il dialogo tra il governo provvisorio e
le corti islamiche.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Rischia di saltare l’accordo di pace per la martoriata
regione sudanese del Darfur firmato a maggio in
Nigeria. L’allarme è stato lanciato ieri
dal capo della missione ONU in Sudan, Jan Pronk, che ha anche espresso la propria preoccupazione per
i continui attacchi di miliziani contro i rifugiati. L’intesa, siglata dal
governo e da un gruppo di ribelli, non è stata ancora firmata da una seconda
formazione di insorti. Il conflitto in Darfur, scoppiato
nel 2003, ha già provocato almeno 300 mila vittime.
Ennesima tragedia in mare: la polizia marocchina ha
rinvenuto i corpi senza vita di almeno 21 immigrati subsahariani
al largo delle coste africane, mentre tentavano di raggiungere le isole
Canarie. Si teme che il numero delle vittime possa crescere: i 7 sopravvissuti
hanno riferito che a bordo dell’imbarcazione affondata al largo di El Aiun, nel Sahara Occidentale,
si trovavano 37 persone.
In Italia la Juventus
dovrebbe essere esclusa dal campionato di serie A e ammessa ad una categoria
inferiore alla B, con penalizzazione di 6 punti. Fiorentina, Lazio e Milan retrocesse in B e penalizzate. Sono queste le
richieste avanzate dal procuratore federale Palazzi al termine di una
requisitoria che chiude la terza giornata del processo sportivo di primo grado
sullo scandalo che ha colpito il calcio. Il procuratore Palazzi ha chiesto
anche la revoca dello scudetto del 2005, la non assegnazione di quello del
2006, cinque anni di squalifica, con proposta di radiazione, per gli ex designatori arbitrali e per diversi arbitri. L’accusa ha
chiesto, poi, cinque anni di inibizione per l’ex presidente della Federazione italiana
gioco calcio (FIGC), Carraro, per i presidenti di
Lazio e Fiorentina, Lotito e Dalla Valle, e per gli
ex dirigenti juventini Girando e Moggi. L’ex presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi, ha dichiarato, inoltre, che il Milan è
stato vittima di favori arbitrali concessi ad altre squadre. Berlusconi ha
anche affermato di intravedere nelle richieste dell’accusa “un movente ed una
volontà politica assolutamente inaccettabili nell’ambito dello sport”.
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