RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 178 - Testo della trasmissione di martedì 27 giugno 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa concede ai fedeli l’indulgenza plenaria in occasione del “V Incontro mondiale delle famiglie” che si svolgerà a Valencia, in Spagna, dal 1° al 9 luglio

 

Riconciliazione, dialogo e pace al centro dei Lineamenta della seconda Assemblea sinodale speciale per l’Africa, presentati oggi nella Sala Stampa vaticana

 

Dichiarazione del dott. Navarro-Valls sulla notizia riportata dalla stampa su contatti tra una delegazione vaticana e le autorità cinesi

 

La missione dei Santi Pietro e Paolo spiegata da Benedetto XVI ai fedeli. Nel suo primo anno di Pontificato, il Papa ha offerto numerose riflessioni sui principi degli Apostoli

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Somalia, dove non si fermano gli scontri tra milizie dei signori della guerra ed estremisti musulmani, le Corti islamiche cominciano ad applicare la sharia: ce ne parla Giulio Albanese

 

Antonio Rosmini verso l’onore degli altari dopo il riconoscimento, ieri, delle virtù eroiche: intervista con padre Umberto Muratore

 

CHIESA E SOCIETA’:

Mettere da parte le divisioni per costruire il nuovo futuro del Perù. E’ l’appello dei vescovi del Paese latinoamericano dopo le recenti elezioni presidenziali

 

In India, la Chiesa locale definisce propaganda dei partiti indù le riconversioni di massa di tribali e invita il governo a sorvegliare gli Stati guidati dalle formazioni politiche nazionaliste

 

Restano ancora tante ombre nel “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo – 2006”, presentato stamani a Roma da “Aiuto alla Chiesa che soffre”

 

Sono 500 mila gli immigrati irregolari in Italia: lo afferma il rapporto Caritas-Migrantes

 

In corso a New York la Conferenza ONU per la lotta al traffico illecito di armi leggere

 

24 ORE NEL MONDO:

In Italia, schiacciante la vittoria delno’ al referendum sulla riforma costituzionale

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 giugno 2006

 

 

BENEDETTO XVI CONCEDE L’INDULGENZA PLENARIA IN OCCASIONE

DEL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE, IN PROGRAMMA A VALENCIA,

DAL PRIMO AL NOVE LUGLIO PROSSIMI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

         In occasione del V Incontro Mondiale delle Famiglie, in programma a Valencia - dal primo al 9 luglio – il Papa ha stabilito di concedere il dono dell'Indulgenza plenaria ai fedeli nutrendo il vivo desiderio che vi accorrano numerosi da ogni parte del mondo. E’ quanto si legge in un decreto a firma del Penitenziere Maggiore, cardinale James Francis Stafford. Il Pontefice, che concluderà l’evento in terra iberica, auspica che i fedeli “possano partecipare con fervore e attenzione alle varie iniziative e celebrazioni religiose che vi si svolgeranno in favore della famiglia e, una volta tornati alle proprie case fortificati dalla grazia di Dio, si dedichino generosamente a conformare le loro famiglie e quelle del loro prossimo alle sante regole del Vangelo”.

 

         Il Pontefice, si legge nel decreto, ribadisce inoltre che “la famiglia, sede della vita e dell'amore” sia “chiesa domesti­ca, nella quale dai genitori è tra­smesso ai figli il dono inestimabile della fede”. Il Pontefice concede, dunque, ai fedeli l'Indulgenza plenaria, da ottenersi alle solite condizioni (Confessione sacra­mentale, Comu­nione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni dello stesso Sommo Pontefice), “con l'animo distaccato da qualsiasi peccato, se devotamente parteciperanno a qualche solenne celebrazione, a Valencia”.

 

         Tutti gli altri fedeli che non potranno partecipare a tale evento, si legge ancora nel documento, “otterran­no lo stesso dono dell'Indulgenza plenaria, alle medesime condizioni, nei giorni in cui esso si svolge e nel suo giorno conclusivo, se, uniti con lo spirito e con il pensiero ai fedeli presenti a Valencia reciteranno in famiglia il Padre Nostro, il Credo e altre devote orazioni”. Nel decreto, si ricorda inoltre come Giovanni Paolo II abbia stabilito che si celebrasse un Congresso dedicato alla famiglia ogni tre anni, soprattutto mosso “dalla preoccu­pazione pastorale che quell’argomento venisse illustrato mediante studi approfonditi, e l'istituto dell'umana famiglia fosse difeso dagli errori e dai cattivi costumi che si stanno oggi diffondendo”.

 

 

RICONCILIAZIONE, GIUSTIZIA E PACE,

I TRE PILASTRI PER IL PRESENTE E IL FUTURO DELL’AFRICA:

 PRESENTATE IN SALA STAMPA VATICANA LE LINEE-GUIDA

DELLA SECONDA ASSEMBLEA SPECIALE DEL SINODO DEI VESCOVI PER IL CONTINENTE

 

La Chiesa in Africa è viva e cresce. Vescovi e comunità, insieme,  contribuiscono con le autorità dei singoli Stati alla lotta contro le miserie e allo sviluppo. Restano tuttavia parentesi di drammi - dalla povertà all’AIDS, ai molti conflitti armati – a stringere ancora il continente “in una morsa”. Sono i tratti in chiaroscuro con i quali il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha introdotto stamani ai giornalisti, presenti nella Sala Stampa vaticana, la presentazione delle linee preparatorie – i cosiddetti Lineamenta - della seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi. Accanto al porporato, anche l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi. Sui contenuti della conferenza stampa, il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Cinquantatré nazioni con problemi e sfide in parte simili, in parte no, che guardano al loro futuro cercando di costruire giustizia e riconciliazione, che portino alla pace e, generalmente, al progresso e al benessere. Sono gli Stati dell’Africa, continente spesso definito “dimenticato”, ma non certo dalla Chiesa, come è stato sottolineato in apertura dell’incontro con i giornalisti dal vicedirettore della Sala Stampa vaticana, padre Ciro Benedettini. Dopo l’esperienza della prima, storica Assemblea speciale dei vescovi africani di dodici anni fa, è giunta l’ora – ha spiegato il cardinale Arinze - di fare nuovamente il punto sul cammino ecclesiale e sociale compiuto nel continente, definito da Benedetto XVI “la grande speranza della Chiesa”. Un punto che parte da una speranza reale, confermata da una maturazione costante, riferita dallo stesso cardinale Arinze:

 

“L’Africa è il continente con la più alta percentuale annua di crescita per la cristianità nel mondo. Moltissimi africani ricevono il Battesimo ogni anno. In alcune nazioni africane i seminari e i noviziati femminili hanno più candidati di quanti ne possano accogliere. Nuove parrocchie e diocesi vengono create. Gli africani stanno cercando di vivere la loro fede in maniera sempre più approfondita. Questo non fa rumore, ma tante cose potenti nel mondo non fanno rumore. I fedeli si mostrano attivi. I sacerdoti e i religiosi si adoperano nel lavoro missionario dentro e fuori l’Africa”.

 

Mons. Eterović ha riferito le cifre sullo sviluppo della Chiesa dal 1994 – anno della prima Assemblea – ad oggi. Il numero dei fedeli è cresciuto di circa 46 milioni di battezzati, portando i cattolici dal 14,6% della popolazione totale africana al 17% attuale. E anche gli altri quadri della gerarchia cattolica – dai sacerdoti ai religiosi e religiosi – mostrano cifre in costante aumento. “Tuttavia l'Africa non è soddisfatta con i numeri”, ha affermato il cardinale Arinze, che ha posto in risalto le numerose aree di crisi che preoccupano la Chiesa e la comunità internazionale. Se in dodici anni, il Sudafrica ha conosciuto un graduale passaggio dall’apartheid alla democrazia, persiste, ha notato il cardinale Arinze, “la dolorosa situazione di violenza e di guerra in Somalia, la tragedia del Darfur e la ancora non totalmente risolta situazione della Costa d'Avorio, della Repubblica Democratica del Congo e, in qualche caso, della regione dei Grandi Laghi”.

 

E resta presente, ha soggiunto, anche “la sfida della costruzione di una nazione nell'armonia e nel pacifico sviluppo dei popoli” a partire “da una condizione di numerosi gruppi etnici aggregati in un unico Paese da parte delle potenze coloniali”, come la Nigeria. Senza contare l’incidenza della povertà “e soprattutto l'AIDS sono problematiche concrete che hanno intaccato una larga fascia di popolazione”. Ecco, dunque, l’attualità del tema della seconda Assemblea, approvato da Benedetto XVI. “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Tre temi tutti ugualmente importanti ha affermato con energia il cardinale Arinze, rispondendo ad un giornalista:

 

“Quei tre temi – riconciliazione, pace, giustizia – hanno una loro unità nella vita pratica. Abbiamo, infatti, bisogno di riconciliazione e giustizia per avere la pace, a meno che non vogliamo la pace del cimitero: la pace tra quelli ammazzati e quelli che li hanno uccisi. Noi non vogliamo questo tipo di pace, vogliamo la pace di coloro che sono vivi. L’approccio, alla luce del Vangelo, deve allora cercare di essere dinamico”.

 

E mons. Eterović ha commentato:

 

“Il tema è di continuità con la prima Assemblea speciale per l’Africa e, accogliendo il desiderio dei vescovi, si tratta di sottolineare alcuni aspetti che sono ormai diventati urgenti e di grande attualità per la Chiesa cattolica in Africa, come la riconciliazione. Noi abbiamo avuto esempi, anche commoventi, di cattolici guidati dai vescovi, di varie etnie, che per la fede in Gesù Cristo hanno messo da parte gli odi e hanno avuto la forza di riconciliarsi”.

 

Lo stesso segretario generale del Sinodo dei vescovi ha quindi sintetizzato il contenuto dei cinque capitoli nei quali si distinguono i Lineamenta, corredati da un Questionario conclusivo di 32 domande che di qui al novembre 2008, vescovi e sacerdoti delle varie diocesi africane dovranno studiare e sottoporre alla comunità dei fedeli per poter fornire alla segreteria il materiale e le osservazioni sulle quali basare l’Instrumentum laboris della futura assise episcopale, la cui data di inizio - ha osservato mons. Eterović - potrebbe essere stabilita dal Papa nel 2009.

 

Un aspetto emerso dalle domande dei giornalisti ha riguardato la collaborazione, nella preparazione dell’Assemblea, con i credenti di altre religioni, in particolare nel rapporto tra cristiani e musulmani. Il cardinale Arinze è stato perentorio:

 

“Non c’è una pace cattolica o una pace musulmana o una pace della religione tradizionale africana. E’ interesse dell’uomo come tale che tutti coloro che credono in Dio possano collaborare insieme”.

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DICHIARAZIONE  DEL DOTT. NAVARRO-VALLS

SULLA NOTIZIA RIPORTATA DALLA STAMPA SU CONTATTI

TRA UNA DELEGAZIONE VATICANA E LE AUTORITA’ CINESI

 

“Non ho commenti da formulare”: è quanto ha detto stamane, in una dichiarazione ai giornalisti, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls,  in merito alla “notizia riportata da organi di stampa circa contatti in corso tra una Delegazione della Santa Sede e le Autorità cinesi”.

 

 

LA MISSIONE DEI SANTI PIETRO E PAOLO SPIEGATA DA BENEDETTO XVI AI FEDELI.

NEL SUO PRIMO ANNO DI PONTIFICATO,

IL PAPA HA OFFERTO NUMEROSE RIFLESSIONI

 SUI PRINCIPI DEGLI APOSTOLI E LA VITA DELLA CHIESA

 

La Chiesa si appresta a celebrare, giovedì prossimo, la solennità dei Santi Pietro e Paolo. Il Papa presiederà una solenne Messa nella Basilica Vaticana, al termine della quale imporrà il Sacro Pallio a 27 nuovi arcivescovi metropoliti. Domenica scorsa, all’Angelus, Benedetto XVI ha sottolineato come “lasciare che “l’io di Cristo prenda il posto del nostro io” rappresenti “in modo esemplare l’anelito” di Pietro e Paolo. Ripercorriamo alcune riflessioni dedicate da Benedetto XVI alla missione dei Principi degli Apostoli con il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(cori)

 

Sul primo vescovo di Roma e sull’Apostolo delle genti, il Papa ha offerto ai fedeli numerose e profonde riflessioni, in questo suo primo anno di Pontificato. In particolare, il Papa ha dedicato la catechesi delle ultime udienze generali al significato della successione apostolica e del primato petrino. Il 17 maggio, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha tratteggiato il carattere del pescatore di Galilea, uomo simbolo di “una fede in Dio coraggiosa e umile”:

 

“Simone appare nei Vangeli con un carattere deciso e impulsivo; egli è disposto a far valere le proprie ragioni anche con la forza - si pensi all’uso della spada nell’orto del Getsemani. Al tempo stesso, è a volte anche ingenuo e pauroso, e tuttavia onesto, fino al pentimento più sincero”.

 

Il 24 maggio poi ha indicato come la generosità irruente di Pietro non lo abbia salvaguardato dai “rischi connessi con l’umana debolezza”. Condizione che noi stessi sperimentiamo nella nostra vita:

 

“Pietro ha seguito Gesù con slancio, ha superato la prova della fede, abbandonandosi a Lui. Viene tuttavia il momento in cui anche lui cede alla paura e cade: tradisce il Maestro (cfr Mc 14,66-72). La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno”.

 

Dagli “iniziali entusiasmi” all’“esperienza dolorosa del rinnegamento” al “pianto della conversione”, ha constatato il Papa, Pietro arriva infine ad affidarsi a Gesù, mostrando a noi la via, “nonostante tutta la nostra debolezza”. Il 7 giugno scorso, il Papa ha pregato affinché il primato di Pietro, fondamento dell’unità della Chiesa venga riconosciuto nel suo vero significato da tutti i cristiani. “Pietro – è il richiamo del suo 264.mo successore – per tutti i tempi, dev’essere il custode della comunione con Cristo”:

 

“Preghiamo che il primato di Pietro, confidato a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario, voluto dal Signore, e possa così essere anche sempre più nel suo vero significato riconosciuto dai fratelli non ancora in piena comunione con noi”.

 

Espressioni, queste, usate dal Papa già il 29 giugno dell’anno scorso, in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, quando ha messo l’accento sul binomio “cattolicità e unità”:

 

“Con l'unità, così come con l’apostolicità, è collegato il servizio petrino, che riunisce visibilmente la Chiesa di tutte le parti e di tutti i tempi, difendendo  in tal modo ciascuno di noi dallo scivolare in false autonomie, che troppo facilmente si trasformano in interne particolarizzazioni della Chiesa e possono compromettere così la sua indipendenza interna”.

 

All’Apostolo delle genti, Benedetto XVI ha dedicato, invece, la sua prima uscita ufficiale dal Vaticano dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro. E’ il 25 aprile del 2005 quando Benedetto XVI si reca alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Un pellegrinaggio, lo definisce il Pontefice, “alle radici della missione”, quella missione che Cristo affidò agli Apostoli e “in modo singolare anche a Paolo, spingendolo ad annunciare il Vangelo alle genti”:

 

“La passione per Cristo lo portò a predicare il Vangelo non solo con la parola, ma con la stessa vita, sempre più conformata al suo Signore. Alla fine, Paolo annunciò Cristo con il martirio, e il suo sangue, insieme a quello di Pietro e di tanti altri testimoni del Vangelo, irrigò questa terra e rese feconda la Chiesa di Roma, che presiede alla comunione universale della carità”.

 

(cori)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina: "Il Viaggio del Samaritano della memoria": un mese fa il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Polonia (25-28 maggio) sulle orme del servo di Dio Giovanni Paolo II.

 

Servizio vaticano - Un inserto speciale dedicato al prossimo Sinodo per l'Africa.

 

Servizio estero - Medio Oriente: Israele esclude la trattativa con Hamas per il rilascio del militare rapito dai palestinesi.

 

Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo "Allegoria e mitologia nelle sculture del Giambologna": in margine alla recente mostra allestita a Firenze. 

 

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Marco Testi dal titolo "La nascita del volgare e le prime espressioni letterarie": "Il mito nella letteratura italiana. Dal Medioevo al Rinascimento".

 

Servizio italiano - In primo piano l'esito del referendum.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 giugno 2006

 

IN SOMALIA, DOVE NON SI FERMANO GLI SCONTRI

TRA MILIZIE DEI SIGNORI DELLA GUERRA ED ESTREMISTI MUSULMANI,

LE CORTI ISLAMICHE COMINCIANO AD APPLICARE LA SHARIA

 

In Somalia, almeno 5 persone sono morte a Mogadiscio in nuovi scontri tra militanti delle scuole coraniche e miliziani legati ai signori della guerra. Nel Paese, diventa sempre più realistica la prospettiva di un regime fondamentalista: dopo la vittoria sul terreno contro le milizie dei signori della guerra, i fondamentalisti delle Corti islamiche dominano anche la scena politica. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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La fazione estremista delle Corti islamiche, sospettata di avere legami con Al Qaeda, ha conquistato il potere. Il colpo di mano è avvenuto nella notte fra sabato e domenica durante un incontro tra i rappresentanti delle Corti. L’ala moderata è stata emarginata e la corrente integralista ha formato un’assemblea di 88 persone, con il compito di dirigere le attività delle Corti e imporre la Sharia, la legge islamica. A capo di questo “Parlamento” è stato nominato uno sceicco, Hassan Dahir Aweys, ricercato per terrorismo. L’amministrazione americana ha già dichiarato che non avrà alcun tipo di contatto con il nuovo leader. Tra i primi provvedimenti, le Corti hanno annunciato ieri la condanna a morte, da eseguire con lapidazione, di cinque uomini accusati di stupro. Un gruppo islamico ha rivendicato, inoltre, l’assassinio del giornalista svedese, ucciso venerdì scorso a Mogadiscio. La nascita di un governo degli oltranzisti islamici costituisce una sfida diretta all’ancora debole esecutivo somalo sostenuto dall’Occidente. Ascoltiamo padre Giulio Albanese, fondatore dell’Agenzia missionaria MISNA:

 

R. – Io credo che davvero il cammino sia tutto in salita. L’unico elemento, a mio avviso, ancora di “speranza” è rappresentato dal fatto che questo cartello delle Corti islamiche, in effetti, è un grande contenitore. Al suo interno ci sono i fondamentalisti, ma non solo: vi sono imprenditori, commercianti, gente comune che effettivamente era stufa, soprattutto a Mogadiscio, dello stato di anarchia in cui era precipitata la capitale. Quindi, vi sono delle componenti moderate che a mio avviso rappresentano davvero la maggioranza. Purtroppo, come al solito, chi ha le armi comanda, detta legge.

 

E in questo contesto, diventa necessario e indispensabile l’impegno della comunità internazionale…

 

R. – La situazione della Somalia dal 1991, dalla caduta del regime di Siad Barre ad oggi, è sempre stata caratterizzata da uno stato di anarchia. E non è la prima volta, inoltre, che si parla di sharia. E’ importante che, da parte della comunità internazionale, si faccia di tutto per consentire al governo di transizione di Abdullah Yusuf in una maniera o nell’altra di riprendere in mano le redini. E’ necessaria una mediazione internazionale molto forte. Guai ad abbandonare la Somalia in questo momento, perché davvero è in gioco il destino di tanta gente che, sinceramente, non ce la fa più. Non dimentichiamo che è dal ’91 che questo Paese è senza Stato.

 

La situazione è particolarmente difficile per i cristiani. Ascoltiamo ancora padre Giulio Albanese:

 

R. – I cristiani sicuramente ci saranno e ci sono in Somalia, ma vivono in una situazione di nascondimento. A me è capitato di incontrare dei cristiani, quando sono stato in Somalia. Naturalmente, però, tutti si guardavano bene dal dire pubblicamente e ufficialmente che erano cristiani: sapevano bene che sarebbero poi stati eliminati dagli estremisti. Quindi, direi che la presenza della Chiesa somala è una presenza all’insegna del martirio. Non vi è dubbio.

 

La minoranza cristiana in Somalia, un tempo fiorente grazie alle missioni francescane, a quelle luterane e anglicane, si è drasticamente ridotta durante la sanguinosa persecuzione condotta dal dittatore Siad Barre dal 1969 al 1991. In questo periodo, ogni attività missionaria è vietata e centinaia di chiese sono state distrutte. Dopo la caduta del regime, la nuova Costituzione aveva proclamato la libertà di religione, ma per i cristiani era molto difficile trovare lavoro: molti sono emigrati in Italia o negli Stati Uniti. Anche adesso, la situazione è estremamente difficile: uno degli ideologi dei Tribunali islamici ha spiegato che “non ci sono cristiani in Somalia, ci sono solo apostati”. “Un musulmano – ha aggiunto - non può diventare cristiano; può solo diventare apostata”.

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ANTONIO ROSMINI VERSO L’ONORE DEGLI ALTARI

DOPO IL RICONOSCIMENTO, IERI,  DELLE VIRTU’ EROICHE

- Intervista con padre Umberto Muratore -

 

La Chiesa ha riconosciuto ieri le virtù eroiche di Antonio Rosmini, aprendogli la strada verso l’onore degli altari. Sacerdote, teologo, filosofo e scrittore è stata una delle figure più eminenti dell’Ottocento italiano,  maestro di vita spirituale e di ascesi cristiana. Ha fondato l’Istituto della Carità e le Suore della Provvidenza. Al suo tempo non è stato sempre compreso per l’arditezza delle idee, che poi oltre un secolo dopo confluirono nel Concilio Vaticano II. Con noi oggi a parlarcene è padre Umberto Muratore, direttore del Centro di Studi Rosminiani di Stresa. Giovanni Peduto gli ha chiesto come la famiglia rosminiana ha accolto la decisione della Chiesa:

 

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R. - Direi con due sentimenti principali di gioia. La prima gioia, interna ai padri ed alle suore rosminiane, è quella di un’attesa fiduciosa che è andata premiata. Rosmini ci ha sempre insegnato a credere nella Chiesa come ad una madre. Oggi ne abbiamo una ulteriore conferma. La seconda gioia invece guarda più lontano: è gioia per il grande bene che la figura e gli scritti di Rosmini potranno fare oggi a tutta la Chiesa.

 

D. - E’ stato un percorso lungo...

 

R. - Molto lungo, se si pensa che Rosmini è morto nel 1855. Ma non è lungo, se si pensa alla posta in gioco. Rosmini ha un deposito impressionante di scritti e di idee, tutti orientati ad aiutare il pensiero moderno a riconciliarsi con la fede e con la Chiesa. Era naturale che la Chiesa volesse vagliare attentamente questa montagna di insegnamenti, prima di concedere a Rosmini la libertà di circolare tra i fedeli. Meta quindi tanto più felice e saggia, in quanto frutto di pazienza e prudenza.

 

D. - Rosmini al suo tempo non è stato pienamente capito. In cosa è stato un anticipatore?

 

R. - Sono tantissimi i punti che egli seppe anticipare, segno anche questo di un amore intelligente, puro e fedele alla verità ed agli uomini, purezza che lo rese capace di elevarsi sulle passioni del tempo. Accenno solamente alla sua filosofia, capace di dare un’alternativa legittima e coerente al moderno materialismo ed eclettismo, al diritto dei cittadini e dei popoli fondato sulla dignità della persona e radicato nell’etica, alla sua ansia di abbracciare tutto l’essere e di imprimere nella società e nella scienza il lievito evangelico.

 

D. - Il riconoscimento delle virtù eroiche comprende anche l’obbedienza di Rosmini nonostante le incomprensioni?

 

R. - Certamente. Anzi direi che la sua umiltà nel sopportare le pene del-l’incomprensione costituisce oggi un raro modello intellettuale della “pazienza della carità”: chi ama veramente, lo dimostra soprattutto sapendo pagare il prezzo di questo amore.

 

R. - Qual è l’attualità di Rosmini, oggi?

 

R. - Ciò che stupisce e meraviglia oggi in Rosmini è l’ampiezza di vedute ed il coraggio col quale sa pensare in grande ed amare in grande. Stupisce più ancora il fatto che egli attinge questa visione universale dal deposito della religione cattolica, il cui recupero egli offre al pensiero moderno come un progetto ad ampio respiro verso il domani. Egli ha pienamente adempiuto alla missione che gli aveva  affidato un Papa, quando lo ha esortato a riconquistare gli uomini alla fede per mezzo della carità dell’intelligenza.

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CHIESA E SOCIETA’

27 giugno 2006

 

 

METTERE DA PARTE DIVISIONI PER COSTRUIRE il NUOVO FUTURO del Perù.

E’ l’appello dei VESCOVI del paese latinoamericano,

dopo le RECENTI ELEZIONI PRESIDENZIALI

 

LIMA. = Promuovere tolleranza, dialogo e attenzione per i più bisognosi. Sono queste le sfide che attendono il Perù, secondo i vescovi locali, che, nei giorni scorsi hanno diffuso un documento sui risultati delle recenti elezioni presidenziali, vinte dall’ex presidente Alan Garcia. Nella nota, dal titolo “Disposti a dare risposta alla Speranza”, redatta dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale locale, i vescovi, constano il rafforzamento della democrazia in Perù ma chiedono a tutti i cittadini di concentrare “i loro sforzi sullo sviluppo e la promozione della persona umana”. In questo momento, decisivo per il Paese, i presuli sottolineano inoltre una serie di punti fermi: si tratta innanzitutto di “fortificare la convivenza sociale in base al rispetto della giustizia”, ma anche di impegnarsi “per la pace, la difesa della vita, il rispetto dei diritti umani” e di lottare “contro tutto quello che colpisca le Istituzioni democratiche”. A tutti i partiti politici e a tutti i gruppi sociali, i presuli chiedono quindi di unire gli sforzi a beneficio dei “più bisognosi del Perù per generare così una speranza autentica”. Nel documento, si specifica come l’esclusione dai benefici economici esiga “una soluzione giusta nella lotta contro la povertà, al fine di garantire la giustizia sociale, oltre a condizioni degne di vita”. E’ una strada difficile questa, riconoscono i presuli, che però invitano a guardare il futuro con ottimismo: l’appello è anche a fidarsi - conclude il documento – “dell’impegno e delle capacità dello spirito umano per lavorare per l’unità, per aiutare e dirigere al nostro Paese verso il progresso ed il benessere”. (E.B.L.Z.)

 

 

In India, la chiesa locale definisce propaganda dei partiti indù

le riconversioni di massa di tribali e invita il governo a sorvegliare

gli stati guidati dalle formazioni politiche nazionaliste

 

NEW DELHI. = Con una grande funzione, celebrata nei giorni scorsi in Orissa, nella parte orientale dell’India, il Vishwa Hindu Parishad (VHP), una formazione paramilitare giovanile di ispirazione nazionalista, ha riconvertito all’induismo circa 600 cristiani tribali. Fra ingenti misure di sicurezza disposte dalle autorità locali per evitare incidenti, la cerimonia si è svolta alla presenza di alcuni dei maggiori esponenti del Bharatiya Janata Party (BJP), il partito politico di impronta nazional-fondamentalista al potere nello Stato. In un’intervista all’agenzia AsiaNews mons. Lucas Kerketta, segretario del Consiglio regionale dei vescovi dell’Orissa, avverte che si tratta solo di una campagna di propaganda. “In Orissa – denuncia il vescovo – la legge anti-conversione vale solo per le conversioni al cristianesimo, ma quando si tratta di passare all’induismo la polizia viene alle cerimonie e si fa spettatrice silente diventando complice dell’estremismo indù”. Il presule ribadisce inoltre che i tribali non sono neppure indù, ma sono solo estremamente poveri che, per la loro sussistenza, dipendono completamente dalla comunità di maggioranza. Una ragione – aggiunge – che li rende facilmente “oggetto di pressioni e intimidazioni, da parte di chi vuole costringerli a partecipare a queste riconversione”. Duro anche il commento di John Dayal, presidente dell’All India Catholic Union, che, reclamando l’applicazione della legge anticonversione, lancia un appello al Governo affinché prenda misure “contro il modo del BJP di amministrare Stati come Orissa, Rajasthan e Chattisgarh, pena la frattura della democrazia nazionale”. (E.B.)

 

 

RESTANO ANCORA TANTE OMBRE NEL “RAPPORTO SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

 NEL MONDO – 2006”, PRESENTATO STAMANI A ROMA

 DA “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE”

- A cura di Debora Donnini -

 

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ROMA. = “La libertà religiosa è il fondamento della libertà, non uno fra i diritti”: Queste le parole del vicedirettore del Corriere della sera, Magdi Allam, che ha spiegato le difficoltà della libertà religiosa nei Paesi musulmani, difficoltà non solo per i cristiani, ma anche fra musulmani: basti pensare agli attentati contro gli sciiti in Iraq o alla persecuzione della comunità “ahmadi” in Pakistan. Il Rapporto segnala anche la scelta dell’esilio di migliaia di cristiani iracheni, tra 10 e 40 mila, da agosto a ottobre 2004. Padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, ha spiegato l’ambiguità in cui versa la Cina: da una parte, c’è una maggiore apertura, ma cristiani e fedeli di altre religioni continuano ad essere perseguitati. Drammatica permane la situazione in Corea del Nord. Attacchi alla libertà religiosa anche in India, dove l’RSS, formazione paramilitare di estremisti indù, ha lanciato una campagna di intimidazione: gli attacchi ai cattolici sono stati circa 200. Per il Pakistan, un anno drammatico per i non musulmani. Da segnalare, infine, i passi avanti in Turchia ma anche gli atti violenti come l’uccisione di don Andrea Santoro.

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sono 500 mila gli immigrati irregolari in Italia. lo afferma

il rapporto Caritas-migrantes che DEFINISCE IN CRESCITA IL FENOMENO

e punta il dito contro l’inefficienza dei meccanismi di ingresso nel paese

 

ROMA. = Per contrastare il fenomeno dei migranti irregolari in Italia serve un ripensamento delle espulsioni, dei Centri di permanenza temporanea (CPT) e un maggiore controllo nelle aziende per contenere il lavoro nero. E’ la “fotografia” contenuta nel volume “Immigrazione irregolare in Italia”, curato dai redattori del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes, riuniti nel centro studi Idos e presentato oggi a Roma. Dal documento emerge che sono circa mezzo milione gli immigrati irregolari in Italia, 5 milioni quelli in Europa. L’irregolarità è un fenomeno in crescita, dovuto soprattutto “all’inefficienza dei meccanismi di ingresso”. Il volume - come ha spiegato Franco Pittau, coordinatore del Dossier – sottolinea quindi l’urgenza di politiche più realistiche di ammissione e integrazione degli immigrati: soluzioni come per esempio la concessione di un permesso di soggiorno per cercare lavoro. “I flussi irregolari - prosegue ancora il rapporto - non sono l'equivalenza della delinquenza e coinvolgono individui in cerca di lavoro interessati, soprattutto a sfuggire alle precarie condizioni economiche e sociali dei loro Paesi”. Seguendo i dati, i migranti transitati nei CPT nel 2005 sono stati 16.163 (516 in più dell’anno precedente), tuttavia - ha aggiunto Pittau – il trattenimento presso i CPT “non ha efficacia risolutiva e un quinto dei trattenuti viene dimesso dai centri per scadenza dei 60 giorni autorizzati”. Inoltre gli sbarchi, soprattutto dopo le restrizioni spagnole a Ceuta e Melilla, sono raddoppiati, passando dai 13.635 del 2004 a 22.939 nel 2005. Lo scorso anno, per il terzo anno consecutivo, è diminuito ed in maniera consistente il numero dei clandestini espulsi o rimpatriati: sono stati circa 27 mila contro gli oltre 35 mila del 2004. Una tendenza che secondo il rapporto evidenzia ulteriormente “i limiti delle strategie di contrasto”. In Italia, sono aumentate altresì le persone inadempienti rispetto ad un provvedimento di espulsione: nel 2005 sono state 65.617, mentre nel 2004 erano state 45.697. Ma è il collegamento con il mercato del lavoro a rendere la misura della presenza irregolare, vista la discrepanza tra le quote ufficialmente stabilite e le effettive esigenze del mercato. Nel 2006 le domande non soddisfatte, a fronte di 170.000 posti disponibili, sono state 314 mila con una domanda di forza lavoro aggiuntiva addirittura tripla rispetto alle opportunità stabilite. L'anno precedente le domande non soddisfatte erano state 150 mila. Dati questi numeri Caritas e Migrantes evidenziano dunque quanto sia fondamentale “il superamento dei ritardi nella gestione del mercato occupazionale, in relazione alla determinazione delle quote, ai meccanismi di inserimento e alla gestione della disponibilità degli immigrati dopo che si sono stabiliti in Italia”. (E.B.)

 

 

Per eliminare il traffico illecito di armi leggere nel mondo serve

 un trattato internazionale ben più severo di quello in vigore. E’ il tema centrale della conferenza delle Nazioni Unite

che si è aperta ieri a New York

- A cura di Elena Molinari -

 

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NEW YORK. = Anche Mikhail Kalashnikov, il padre de fucile d’assalto, è d’accordo: “Bisogna fermare la distribuzione illegale di armi leggere”. Il Trattato sul mercato delle armi leggere è da ieri al vaglio delle Nazioni Unite a New York e la campagna si è stata aperta con la presentazione di una petizione al segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, firmata da Amnesty International e dall’International Action Network of Molars, che ha chiesto un nuovo Trattato internazionale ben più severo di quello in vigore, che applichi principi globali sulla vendita della armi. Secondo gli organizzatori della campagna, ogni giorno al mondo muoiono almeno mille persone per colpi di armi leggere. Ed è qui che entra in gioco Kalashnikov, che ha dato il suo supporto, peraltro sottoscritta da un milione di persone in 160 Paesi. L’ingegnere russo al Palazzo di Vetro ha ieri dichiarato: “Quando vedo in TV mitragliatori automatici in mano a banditi mi domando ‘Come li hanno avuti?’”. Gli Stati Uniti si sono però già pronunciati per voce dell’ambasciatore all’ONU, John Bolton, hanno detto di essere contrari alla revisione del Trattato. “Non vediamo alcuna necessità per nuove trattative”, ha detto ieri Bolton.

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24 ORE NEL MONDO

27 giugno 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

In Medio Orente, le fazioni palestinesi hanno raggiunto una importante intesa per uscire dalla crisi politica e finanziaria dell’Autorità nazionale palestinese. Le varie componenti palestinesi, con l’eccezione della Jihad islamica, hanno trovato infatti l’accordo sul “manifesto” elaborato dai prigionieri detenuti nelle carceri israeliane per la nascita di uno Stato indipendente nei Territori. Il documento riconosce implicitamente Israele. Il ministro delle Infrastrutture israeliano ha dichiarato, intanto, che lo Stato ebraico non esclude la possibilità di rapire ministri del governo palestinese guidato da Hamas se non sarà liberato il soldato israeliano rapito domenica scorsa nei pressi della Striscia di Gaza. I sequestratori avevano chiesto la liberazione di donne e bambini palestinesi detenuti nello Stato ebraico. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha ordinato ai servizi di sicurezza di lanciare una vasta operazione di ricerca per trovare e liberare il militare israeliano. Ieri, Israele si è detto pronto a un raid militare e ha invitato la comunità internazionale a intervenire.

 

Si aprirà il prossimo 21 agosto il processo per il genocidio dei curdi nel quale è imputato l’ex presidente iracheno, Saddam Hussein. Lo ha deciso l’Alta corte penale del Paese arabo. La violenza, intanto, non si ferma: a Kirkuk, nel nord dell’Iraq, una bomba ha provocato la morte di almeno 3 persone. E’ salito inoltre a 22 morti il bilancio degli iracheni rimasti uccisi ieri sera, a Baquba, in seguito ad un ennesimo attentato della guerriglia.

 

E’ entrata  nel vivo l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che si è aperta ieri pomeriggio a Strasburgo. Poco fa l’attesa relazione sulla questione dei voli segreti CIA. Da Strasburgo, Fausta Speranza:

 

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Una ragnatela che attraversa il mondo, illegale e incompatibile con i diritti umani: così il relatore sul dossier dei voli segreti CIA ha definito pochi minuti fa la rete di trasferimenti di detenuti gestita dagli Stati Uniti. Mappa alla mano, mostrata ai giornalisti, si va da Kabul a Guantanamo, passando per Baghdad, Amman, Rabat, Timisoara, Bucarest, Algeri: posti di trasferimento, di sbarco; e poi, altri punti di imbarco: Aviano, Skopie, Stoccolma e Islamabad. O piattaforme, come Larnaka, Palma di Maiorca e Washington. Si tratta - ha spiegato il relatore del dossier Dick Marty - di informazioni ricevute dalle autorità di controllo del traffico aereo nazionale e internazionale. E almeno 10 sono i casi che fanno registrare violazioni dei diritti umani. Uno di questi riguarda un giovane italiano (non è ben chiaro a che titolo) che sarebbe coinvolto in un volo dalla Bosnia a Guantanamo. Da qui il ricorso, annunciato poco fa, alla Convenzione europea dei diritti umani e alla Convenzione europea contro la tortura. Certo, è stato sottolineato, che gli Stati Uniti hanno potuto fare tutto ciò grazie alla collaborazione di alcuni Paesi membri dell’area europea. E, infatti, il commissario dell’Unione Europea per la sicurezza, la giustizia e la libertà, Franco Frattini, che ha preso parte al dibattito e alla conferenza stampa, ha spiegato che le autorità nazionali dovranno rispondere dei trasferimenti alle proprie istituzioni  governative e giudiziarie, ma che poi, chiusa questa fase, interverrà l’Unione Europea. In definitiva, quello all’Assemblea parlamentare di Strasburgo che riunisce 46 Paesi, di cui 21 del centro e dell’est Europa, è un voto di condanna per modalità nelle azioni di lotta al terrorismo che travalicano il limite del raccomandato rispetto dei diritti umani.

 

Dal Palazzo del Consiglio d’Europa di Strasburgo, Fausta Speranza, Radio Vaticana.

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha escluso ancora una volta e in modo categorico la possibilità di risolvere la crisi con l’Iran minacciando rappresaglie. “La Russia - ha detto - non si assocerà ad alcun ultimatum riguardante il programma di non proliferazione nucleare”. “Noi - ha proseguito Putin - siamo convinti che le crisi si risolvono impegnandosi nel dialogo e non isolando questo o quello Stato”. “Per questo - ha spiegato il presidente russo - proponiamo cose concrete come l’idea di centri internazionali per l’arricchimento dell'uranio”.

        

Quattro ribelli delle Tigri Tamil sono stati uccisi nella parte orientale dello Sri Lanka, durante un attacco da parte della fazione dei dissidenti di Karuna. A riferirlo, fonti della polizia locale. L’episodio è avvenuto all’indomani dell’attentato suicida, a pochi chilometri dalla capitale Colombo, che ha provocato la morte del generale dell’esercito, Parami Kulathunge, e di altre tre persone.

 

Ci spostiamo ora a Timor Est dove il presidente del Paese, Xanana Gusmao, sta tenendo una riunione con 12 ministri per scegliere il nuovo premier, all’indomani dalle dimissioni di Mari Alkatiri. Secondo alcune fonti, l’ex premier dovrà rispondere di diverse accuse tra cui quella di aver provocato gli scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine.

 

Cambiamenti politici in Vietnam dopo le dimissioni, la scorsa settimana, da parte di alte cariche: Triet è il nuovo presidente del Paese. Riformatore di 63 anni, è l’attuale capo del partito comunista ed ha ottenuto dall’Assemblea nazionale il 94,12 per cento dei voti. Guyen Tan Dung, ex vice premier del Vietnam favorevole alle riforme economiche, è stato nominato nuovo capo del governo.

 

In Italia, i due schieramenti politici riflettono dopo l’esito del referendum confermativo della riforma costituzionale, con la netta vittoria del “No” e la buona affluenza alle urne, per la prima volta dopo undici anni sopra il 50 per cento. L’Unione esulta e apre al confronto con l’opposizione. La Casa delle Libertà appare scettica sulla possibilità di dialogo, ma intanto apre una discussione al proprio interno. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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                  C’è più di una sorpresa nel voto di domenica e lunedì. Intanto, con soddisfazione generale a partire da quella del Capo dello Stato, va registrata la buona affluenza alle urne: il 53,6%, per la prima volta dopo undici anni dunque oltre la metà degli aventi diritto, anche se per la validità di questa consultazione non era necessario il raggiungimento del quorum. Poi l’esito del voto: con la vittoria del “no” oltre le previsioni; il 61,3%, contro il 38,7 del “Sì”. All’interno di questo risultato ci sono ulteriori elementi di riflessione: il “No” ha vinto dovunque, un trionfo al Centro e al Sud, con minore margine, ma inaspettatamente e dunque in modo significativo, al Nord. Il “Sì” ha vinto solo in Veneto e Lombardia. Ma il “No” ha vinto a Milano, dove solo pochi giorni fa la candidata della Cdl, Letizia Moratti, era stata eletta sindaco. Ultima, rilevante sorpresa: il “Sì” ha vinto nel voto degli italiani all’estero, quello per intenderci che si era rivelato decisivo ai fini della vittoria dell’Unione al Senato nelle politiche di aprile. Chiusa dunque la lunghissima stagione elettorale, i due schieramenti cominciano a guardare al futuro. Dall’Unione, attraverso il premier Prodi, arrivano segnali di dialogo con l’opposizione per una riforma costituzionale condivisa, dopo che entrambi gli schieramenti, in due legislature diverse, sono andate avanti a colpi di maggioranza. Il centrodestra non dice no, ma nelle valutazioni prevale scetticismo. Scetticismo certamente figlio della delusione per un risultato che, afferma Berlusconi, ha fatto perdere all’Italia un’occasione storica per modernizzare le istituzioni. Ma nella Cdl è soprattutto l’ora del confronto interno. La tripla consecutiva sconfitta - politiche, amministrative, referendum – sta creando inevitabili tensioni nel centrodestra. E la Lega, la grande sconfitta, fa già sapere di voler ripensare l’alleanza. Ma anche nei commenti provenienti dal mondo cattolico prevale l’auspicio che le forze politiche cerchino insieme di dare all’Italia quelle riforme della cui utilità tutti sono convinti. Parole chiare in questo senso arrivano ad esempio, dal vescovo Rino Fisichella, ausiliare di Roma e rettore dell'Università Lateranense, che sottolinea la consistente partecipazione al voto.

 

Giampiero Guadagni per la Radio Vaticana.

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Sono stati liberati questa mattina due dei sette caschi blu nepalesi rapiti dai miliziani nel nord-est della Repubblica democratica del Congo. I sette soldati erano stati sequestrati il 28 maggio scorso durante un’operazione militare nella provincia dell’Ituri contro la guerriglia.

 

 

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