RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 177 - Testo
della trasmissione di lunedì 26 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Pubblicato
il rapporto sul consumo di droga nell’odierna Giornata contro la
tossicodipendenza
In
corso a Tarso il X Simposio sull’Apostolo delle Genti
Lo
Stato ebraico prepara una vasta offensiva a Gaza dopo il rapimento di un
soldato israeliano
26 giugno 2006
IL NO DEFINITIVO ALLA PENA DI MORTE AL CENTRO
DELL’UDIENZA DI BENEDETTO XVI
AL
PRESIDENTE DELLE FILIPPINE, GLORIA MACAPAGAL ARROYO,
CHE HA
ILLUSTRATO AL PAPA LA SITUAZIONE DEL PAESE,
TRA LOTTA CONTRO LA POVERTA’ E DIALOGO CON
L’ISLAM
La recente decisione di abolire il ricorso alla pena di
morte, l’impegno sociale in favore dei più poveri e le prospettive di pace che
passano per il dialogo con i musulmani. Sono gli argomenti che hanno animato
l’incontro personale tra Benedetto XVI e il presidente delle Filippine, signora
Gloria Macapagal Arroyo,
ricevuta questa mattina in Vaticano insieme con il marito e il seguito. I
particolari dell’udienza nel servizio di Alessandro De Carolis.
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Venti minuti di dialogo per
presentare un importante punto d’arrivo, che sposta le Filippine dal gruppo di
nazioni, ancora 54, tuttora favorevoli alla pena di morte in quello, molto più
ampio, di coloro che vi hanno definitivamente rinunciato. Benedetto XVI ha accolto
positivamente la decisione dello Stato asiatico di abolire il ricorso alla
esecuzioni capitali. Il presidente Gloria Arroyo,
informa un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, ha illustrato al
Pontefice il provvedimento, da lei firmato appena due giorni fa, festa di San
Giovanni Battista. Lo stesso presidente, prosegue la nota, “ha anche presentato
al Papa il progetto di riforma della Costituzione che mira ad uno sviluppo più
armonico del Paese, riservando un’attenzione privilegiata alle fasce più povere
della popolazione”. Inoltre, durante il colloquio, si è fatto riferimento “alle
favorevoli prospettive di dialogo con la popolazione musulmana del Paese ed
alla speranza di una pacificazione nazionale”. Il presidente filippino infine,
conclude il comunicato, ha “notato come i valori cristiani, in cui si riconosce
la maggioranza dei Filippini, trovino espressione e sostegno anche nella legislazione
dello Stato”.
Dopo il colloquio con Benedetto XVI, Gloria Arroyo ha voluto donare al Papa il testo della nuova legge
contro la pena di morte, insieme alla statua di
Nostra Signora di Guia, che riproduce la prima
immagine della Madonna portata dagli spagnoli nelle Filippine, nel 1571. Prima
di lasciare il Vaticano, il presidente delle Filippine si è intrattenuto con il
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, quindi è scesa nelle Grotte
Vaticane per pregare alcuni istanti sulla tomba di Giovanni Paolo II.
Le Filippine costituiscono la più grande “casa” dei
cattolici nel continente asiatico, culla di antichissime religioni. Su una
popolazione di oltre 82 milioni di abitanti, i cattolici sono 66 milioni e, al
di là di ricorrenti ondate di violenza scatenate dal terrorismo islamico, la
convivenza con i musulmani è generalmente vissuta con distensione. Il dialogo
tra cristianesimo e islam è da sempre una delle priorità dichiarate
dell’episcopato filippino. Di recente, i presuli locali hanno indirizzato una
lettera ai fedeli, nella quale si richiamano anche le
istituzioni alla moralizzazione del Paese contro la corruzione, e all’impegno
per il risanamento del bilancio e la lotta contro la povertà.
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LA
CHIESA AVRA’ 155 NUOVI BEATI, IN GRAN PARTE MARTIRI SPAGNOLI
UCCISI
DURANTE LA GUERRA CIVILE. STAMANI LA PROMULGAZIONE DEI DECRETI,
AUTORIZZATA
DA BENEDETTO XVI. RICONOSCIUTE ANCHE LE VIRTU’ EROICHE
DI
SETTE SERVI DI DIO, TRA I QUALI SPICCA LA FIGURA DI DON ANTONIO ROSMINI
Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza privata il
cardinale José Saraiva Martins,
prefetto della Congregazione delle Cause dei
Santi. Nel corso dell’udienza, il Papa ha autorizzato la Congregazione a
promulgare i Decreti riguardanti la
beatificazione di 5 Venerabili di cui è stato riconosciuto un miracolo e di 149
martiri, uccisi in odio alla fede, durante la guerra civile spagnola. Viene riconosciuto inoltre il martirio del missionario italiano
Francesco Spoto, morto nella Repubblica Democratica
del Congo nel 1964. Riconosciute anche le virtù eroiche di 7 Servi di Dio, tra
i quali spicca il nome di don Antonio Rosmini,
esponente di spicco del pensiero cattolico nel XIX secolo e fondatore
dell’Istituto della Carità e delle Suore della Provvidenza.
ALTRE
UDIENZE
Stamane il Papa ha
ricevuto in successive udienze anche mons. Stanisław
Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i
Laici; mons. François Bacqué,
nunzio apostolico nei Paesi Bassi; il sig. Abdulhafed
Gaddur, ambasciatore della Gran Giamahiria
Araba Libica Popolare Socialista, con la consorte, in visita di congedo.
IL NUOVO NUNZIO APOSTOLICO IN ISRAELE, MONS. ANTONIO FRANCO,
HA
PRESENTATO STAMANE A GERUSALEMME LE LETTERE CREDENZIALI
AL
PRESIDENTE MOSHE KATZAV,
CHE HA
RIBADITO L’INVITO AL PAPA A VISITARE
Il nuovo nunzio apostolico in Israele, mons. Antonio
Franco, ha presentato stamane a Gerusalemme le
Lettere credenziali al presidente israeliano Moshe Katzav.
Mons. Franco, 69 anni, beneventano,
già nunzio nelle Filippine, è stato nominato nel gennaio scorso da Benedetto
XVI nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico in Gerusalemme e
Palestina. Nel nuovo incarico succede a mons. Pietro Sambi,
nominato dal Papa nunzio apostolico a Washington. Ma sul colloquio che ha avuto
oggi con il presidente israeliano, ascoltiamo lo stesso mons. Franco,
intervistato da Sergio Centofanti:
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R. – Nel colloquio, il presidente ha ricordato l’incontro
con il Santo Padre avvenuto l’anno scorso in novembre, ed ha ricordato anche
l’invito fatto al Santo Padre di venire a Gerusalemme auspicando che questo possa realizzarsi. Ha parlato poi delle relazioni tra la
Santa Sede e Israele, che sono ad un buon livello; ha detto che sono in atto sforzi ed impegni di collaborazione. Ha auspicato
una maggiore conoscenza e valorizzazione, anche, della Dichiarazione conciliare
“Nostra Aetate”. Poi, ha parlato della situazione
qui, delle difficoltà nate con l’elezione del governo Hamas: abbiamo, in
coincidenza, una situazione d’emergenza. Proprio ieri, in un’incursione a Gaza,
è stato fatto prigioniero un soldato e quindi è stato chiesto se vi fosse la possibilità di fare un appello per il rilascio di
questo militare.
D. – Quindi, il presidente ha chiesto un intervento della
Santa Sede?
R. – Ha auspicato che anche la Santa Sede possa svolgere la sua opera. Ho detto che avevo già parlato
con il parroco cattolico di Gaza e che la situazione è seguita anche da noi e
che ci saremmo attivati per ragioni umanitarie.
D. – Lei come vede, in questo momento, la situazione in
Terra Santa? Quali speranze ci sono per un dialogo maggiore tra israeliani e palestinesi?
R. – Le speranze sembrano molto esili,
molto, molto povere. Io mi auguro veramente che questo soldato possa
essere liberato, perché altrimenti potrebbero crearsi quelle scintille di
repressione e nessuno è in grado di prevedere cosa potrebbe accadere!
D. – La Santa Sede, ultimamente, ha lanciato un appello
alla comunità internazionale a venire in aiuto alla popolazione palestinese,
che è in grave difficoltà …
R. – Sì: ripetutamente ha lanciato questo appello.
Speriamo che ci sia una risposta!
D. – Come vede la situazione della comunità cristiana in
Terra Santa?
R. – Loro soffrono: certamente di questa
situazione pagano conseguenze anche amare, ma sono in realtà piuttosto
un elemento, un fattore di moderazione perché la posizione dei cattolici è
sempre quella di favorire la ricerca della pace attraverso il dialogo, attraverso
la mediazione …
D. – Tanti cristiani stanno lasciando la Terra Santa …
R. – Sì, e per tanti motivi, e non da adesso: è un flusso
che continua ormai da parecchio tempo!
D. – Cosa manca ancora perché le relazioni tra Israele e
Santa Sede possano essere definite “completamente soddisfacenti”?
R. – Si stanno elaborando nuove convenzioni; anche il
presidente ha auspicato che i lavori possano essere accelerati per migliorare
anche alcuni aspetti che hanno poi ripercussioni sulla Chiesa locale, sui
cristiani che vivono qui. Noi stiamo aspettando le prossime riunioni …
D. – Lei con quali sentimenti inizia questo nuovo
incarico?
R. – Con la fiducia – prima di tutto – nell’aiuto del
Signore, con tanta apertura d’animo e di cuore, con tanto impegno di lavoro
proprio per cercare di poter dare anche un minimo contributo a questo sforzo
che si fa da parte di tutti, per fare evolvere la situazione verso una pace più
stabile.
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LA
LIBRERIA EDITRICE VATICANA PUBBLICA DOMANI
IL
TESTO DEL DISCORSO DI BENEDETTO XVI AD AUSCHWITZ. UN’OCCASIONE
PER RIFLETTERE
SULLA SHOAH E GLI INTERROGATIVI DELL’UOMO DI FRONTE AL MALE ASSOLUTO.
CON NOI MONS. GIANFRANCO RAVASI,
AUTORE
DELL’INTRODUZIONE AL VOLUME
Esce
domani nelle librerie il volume “Svegliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo.
Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, la Chiesa Cattolica e la Shoah”. Si
tratta di una raccolta che offre ai lettori il testo del discorso di Benedetto
XVI ad Auschwitz, l’intervento di Giovanni Paolo II
nel campo di concentramento di Brzezinka nel 1979 e
il messaggio (praticamente inedito perché pubblicato poco prima della morte di
Papa Wojtyla) per i sessanta anni della liberazione dei prigionieri di Auschwitz-Birkenau. Infine, come corollario, viene riproposto integralmente il testo “Noi ricordiamo”,
una riflessione sulla Shoah, e il paragrafo
della Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sulla
religione ebraica. L’introduzione al volume è del prefetto della Biblioteca
Ambrosiana, mons. Gianfranco Ravasi, che, intervistato
da Alessandro Gisotti, ritorna sul significato storico della visita di
Benedetto XVI ad Auschwitz:
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R. – E’ stato come un pellegrinaggio guidato, perché altre
volte ho avuto l’impressione di vivere un’esperienza così intensa ma mai come
in questo momento, attraverso quella figura silenziosa e destinata a lanciare
un messaggio, come era quella del Papa che faceva da guida a tutti coloro che
hanno vissuto, passando per quello spazio, un’esperienza. La figura stessa,
solitaria, del Papa, e per di più, di un Papa che ha alle spalle, indubbiamente,
anche la sua matrice: la matrice tedesca; quelle sue parole che hanno veramente
artigliato le coscienze di tutti gli uomini, con quelle domande che andavano al
di là della domanda teologica e diventavano l’interrogazione rivolta all’uomo
di fronte al mistero del male e del dolore.
D. – “Dov’era Dio?”: il silenzio del Padre celeste di
fronte all’orrore di Auschwitz lascia sgomenti. Un
sentimento, questo, espresso anche da Benedetto XVI nella visita ad Auschwitz …
R. – C’è il cuore, anzi, direi, non soltanto teologico ma
anche umano di quel suo discorso; c’è, quasi, in quella domanda, una sorta di
interrogazione, se si vuole, di respiro universale. Io cito
esplicitamente il romanzo “La notte”, di Elie Wiesel,
il quale ricorda una sua esperienza: una sera, al ritorno dai lavori forzati,
gli internati di un lager nazista scoprono tre impiccati nel piazzale della
baracca: due adulti e un ragazzino. Quel ragazzino non è ancora morto, è
ancora vivo, ha la lingua rossa che gli fuoriesce dalla bocca, gli occhi che
non sono ancora spenti. E allora, uno dei prigionieri che stanno attorno a
questa scena macabra, grida: “Dov’è il buon Dio? Dov’è?”. E questa domanda ha
una risposta da parte dello stesso autore: “Io ho sentito in me una voce che
rispondeva: ‘Eccolo: è appeso lì, a quella forca!’”.
Ecco, in questa luce si ha per molti versi – io dico – la risposta cristiana,
che sulla forca vede il Figlio stesso di Dio che non si avvicina soltanto alle
vittime, come un consolatore, ma è lui stesso vittima,
impiccato, perché non dimentichiamo mai che la crocifissione era il supplizio
più vergognoso, il supplizio degli schiavi.
D. – Qualcuno ha detto che più delle parole, conta il
gesto che il Papa, figlio del popolo tedesco, ha compiuto visitando Auschwitz …
R. – E’ vero! Io vorrei ricorrere ad un
parallelo che a prima vista sembra fuori tema: gli ultimi anni, gli ultimi mesi
di Giovanni Paolo II quando, in pratica, era soltanto – potremmo dire – una
presenza fisica, apparentemente; era una presenza che non parlava quasi più …
Eppure, questa presenza ha avuto un influsso, direi quasi: ha inciso una ferita
nell’interno delle coscienze, dei cuori di molti. Ecco, qualcosa del
genere, in parallelo, secondo me, è venuto da Auschwitz.
Indubbiamente, il Papa ha detto delle parole straordinarie, ma la cosa forse
più forte – e lo vedevo anche dalla televisione, dalle fotografie – è proprio
questa presenza solitaria, una presenza di un uomo semplice, una figura candida
all’interno di un mondo di orrore, di sangue, quindi in un mondo nero, oscuro,
tenebroso. Quella presenza, io credo, alla fine aveva la stessa efficacia della
presenza muta di Giovanni Paolo II.
D. – Dunque, quelle critiche che pure ci sono state al
discorso del Papa, non hanno tenuto conto proprio di questa importanza della
presenza?
R. – E’ vero! D’altronde sappiamo bene che le questioni
storiche sono passibili di infinite decifrazioni; ma al di là di queste
polemiche c’è però, secondo me, proprio questo atto: le interpretazioni
storiche che riguardano l’interpreta-zione degli eventi umani, devono esserci,
sì, ma solo in calce. L’elemento fondamentale è cercare di ritornare alla
coscienza, al senso profondo e ultimo della storia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Maggiore attenzione alle condizioni
di sicurezza nel lavoro”: il dolore di Benedetto XVI per il grave incidente
avvenuto nel cantiere dell’autostrada Catania-Siracusa.
Servizio vaticano - Al termine dell’esecuzione
musicale della “Fondazione Domenico Bartolucci” il
Papa ha esortato i cultori del canto sacro ad offrire il loro prezioso
contributo alla preghiera liturgica e a concorrere efficacemente all’annuncio
del Vangelo.
Servizio estero - In evidenza l’Iraq, dove non
finiscono gli orrori: trucidati i quattro diplomatici russi rapiti il 3 giugno.
Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Attualità del pensiero di Francesco Bacone”.
Servizio italiano - In rilievo il tema
dell’immigrazione.
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26 giugno 2006
SI
APRE A NEW YORK LA CONFERENZA ONU PER FERMARE LA PROLIFERAZIONE
NEL MONDO DELLE ARMI LEGGERE
-
Intervista con Fabrizio Battistelli -
Si apre oggi a New York la
Conferenza dell’ONU sui piani che hanno l’obiettivo di eliminare il commercio illecito
di armi leggere. Il proliferare di questo fenomeno è la causa ogni anno della
morte di 300 mila persone, nel corso di conflitti, e 200 mila civili per
omicidio o suicidio. Ma come si può arginare la circolazione nel mondo delle
armi di piccolo calibro? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fabrizio Battistelli,
segretario generale dell’organizzazione Archivio Disarmo:
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R. – Esiste un piano alle Nazioni Unite per predisporre un
trattato che finalmente regoli questo mercato selvaggio delle armi cosiddette
leggere e accanto a questo piano ce n’è un altro non meno forte da parte di
molti produttori per evitare che si raggiunga una qualche regolamentazione.
D. – Dai numeri appare evidente la pericolosità nel
concreto delle armi leggere molto più di quelle nucleari. Perché solo su queste
ultime è stata appuntata l’attenzione della comunità internazionale?
R.- Forse per il fatto che le armi di distruzione di massa
sono armi virtuali ed effettivamente di danni ne fanno soltanto potenzialmente
e sul piano politico mentre non hanno veri effetti nei conflitti di tutti i
giorni e soprattutto non rappresentano un mercato ricchissimo come invece è
rappresentato dalle armi di piccolo calibro, le quali sono quelle
effettivamente usate nei conflitti reali e che proliferano di fatto fino a raggiungere
i 600 milioni di armi da fuoco stimate dall’ONU oggi in giro per il mondo.
Dietro ci sono tanti interessi e quindi è molto difficile cercare di mettere
uno stop a questo traffico.
D. – Ci sono dei Paesi particolarmente responsabili del
commercio delle armi di piccolo calibro?
R. – Ma in parte sono i Paesi industriali più avanzati.
Classicamente gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia e anche l’Italia hanno un ruolo molto significativo
nella produzione di armi leggere. Poi ci sono la Russia e la
Cina ed infine i Paesi di nuova industrializzazione che cominciano a
farsi vivi su questo mercato.
D. – Si parla sempre di armi di nuova costruzione. Nel
fenomeno sono compresi gli armamenti già usati in precedenti conflitti?
R. – C’è sempre un permanente riciclaggio di armi che vengono dimesse magari da eserciti regolari e poi vengono
vendute sul mercato oppure triangolati, cioè mandate a Paesi per i quali non
esistono situazioni di embargo ma che poi a loro volta deviano verso Paesi che
sono invece in guerra o che violano i diritti umani e così via. Quindi ci sono
anche armi che praticamente hanno una vita quasi immortale, fino a quando non cadono in pezzi e non vengono più commercializzate.
D. – La comunità internazionale si è posta un limite di
tempo entro cui fermare la circolazione illecita delle armi leggere?
R. – I limiti sono imminenti ma nel senso che, se
riusciremo a livello di Nazioni Unite a trovare un accordo, questo sarà entro
il 7 luglio di quest’anno. Dopo di che dovremo aspettare altri 5 anni perché
una possibile iniziativa torni all’ordine del giorno. Cinque anni in cui perderanno
la vita decine di migliaia di persone in questo vuoto legislativo internazionale
che lascia il campo aperto a mercanti d’armi e fazioni in lotta e talvolta
anche a privati cittadini che fanno uso di queste armi spesso letali.
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SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA TORTURA
-
Interviste con Riccardo Noury e Fiorella Rathaus -
“Il divieto della tortura è assoluto e
vale in ogni circostanza, in tempo di guerra e in tempo di pace. La tortura non
è ammissibile nemmeno se chiamata con nomi diversi”. Sono le parole del
segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in occasione della Giornata mondiale contro la
tortura che ricorre proprio oggi. Proclamato dall’ONU nel 1997,
l’evento chiede la creazione di un sistema internazionale di prevenzione della
tortura e dà voce alle tante vittime di sevizie. Sentiamo Isabella Piro.
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Era il 26 giugno 1987 quando è
entrata in vigore
“E’ un documento molto importante, un protocollo
aggiuntivo alla Convenzione dell’ONU contro la tortura che è entrato in vigore
il 22 giugno dopo essere stato ratificato da 20 Paesi. Stabilisce un sistema di
ispezioni delle visite non regolamentate, non soggette al controllo preventivo,
all’autorizzazione preventiva degli Stati, e per Amnesty
International è uno dei metodi più efficaci per
prevenire la tortura”.
In tutto il mondo, oggi sono 104 i Paesi in cui si pratica
la tortura. E nell’occhio del ciclone c’è, da sempre, il carcere di Guantanamo a Cuba:
“Guantanamo, paradossalmente, è
la punta visibile di un iceberg di violazioni dei diritti umani che vedono
chiamare in causa anche l’Europa, in cui vi sarebbero centri segreti di
detenzione; ma certamente vi sono prigioni segrete in moltissimi Paesi del
Medio Oriente nei quali la tortura è praticata con regolarità. E preoccupa
molto il tentativo di rendere lecita la tortura in nome della cosiddetta ‘lotta
al terrorismo’ per la sicurezza internazionale. Amnesty International sostiene
che Guantanamo, come luogo-simbolo delle torture,
debba essere chiusa al più presto”.
Il 30% delle vittime di tortura sono richiedenti asilo: a
loro, in particolare, si dedica il Consiglio Italiano per i rifugiati, offendo
non solo consulenza legale per il riconoscimento dei diritti civili, ma anche
assistenza medica e psicologica. Ascoltiamo la portavoce, Fiorella Rathaus:
“Si tende a pensare alla tortura come ad un mezzo per
costringere a parlare le persone; in realtà, è proprio il mezzo per togliere la
parola alle persone: qualora e laddove riesca a sopravvivere, è comunque una
persona che sopravvive a metà e che perde, in qualche modo, la capacità di
comunicare”.
E tra le vittime di sevizie ci sono anche i bambini:
“I bambini, diciamo che spesso li abbiamo trattati
piuttosto come vittime secondarie, nel senso che in molti casi sono stati
esposti a vedere i genitori sottoposti a torture: ne escono estremamente
devastati!”.
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26 giugno 2006
DUECENTO MILIONI DI PERSONE HANNO
CONSUMATO DROGHE NELL’ULTIMO ANNO,
I DATI PIÙ ALLARMANTI NELL’EUROPA
OCCIDENTALE: PUBBLICATO OGGI IL RAPPORTO
DELL’ONU IN OCCASIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE CONTRO
- A cura di Tiziana Campisi -
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ROMA. = “Dai valore a te stesso,
fai una scelta di vita sana”: è lo slogan scelto dall’ONU per
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IERI IN INDIA IL SALUTO DEL
CARDINALE IVAN DIAS, NUOVO PREFETTO
DELLA CONGREGAZIONE PER
L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI.
IL PORPORATO: POSSA L’INDIA CRESCERE
NELLO SPIRITO, nON SOLO
NELL’ECONOMIA
MUMBAI. = Diciotto vescovi hanno concelebrato
ieri a Bandra, nella chiesa di S. Andrea,
AD UNA MENTALITÀ NUOVA CHE SI
CONFRONTA E DIALOGA.
COSÌ IL VICARIO APOSTOLICO
DELL’ANATOLIA, LUIGI PADOVESE, ALL’APERTURA
DEL X SIMPOSIO SULL’APOSTOLO DELLE
GENTI
CHE SI STA SVOLGENDO IN QUESTI
GIORNI A TARSO
- A cura di p. Egidio Picucci -
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TARSO. = Sono in pieno svolgimento a Tarso, in Turchia, i
lavori del decimo Simposio su San Paolo, organizzato dall’Istituto francescano
di spiritualità dell’Università Antonianum di Roma,
sul tema “Paolo tra Tarso e Antiochia: archeolgia, storia e religione”. Le relazioni del primo
giorno sono state precedute da una celebrazione che si è svolta nella chiesa di
S. Paolo e che è stata presieduta da mons. Luigi Padovese,
vicario apostolico dell’Anatolia. Il presule ha sottolineato che la religione
in Paolo è una realtà che cambia l’esistenza e porta ad una mentalità nuova,
che si confronta e dialoga. I lavori del simposio, dopo aver offerto un rapido
panorama sulla Cilicia ante e post paolina, si sono soffermati su due argomenti molto
interessanti, e cioè: “Le fatiche di Paolo nella più antica tradizione
cristiana” e “Paolo, predicatore delle Beatitudini”. Parlando delle fatiche
dell’apostolo, la professoressa Francesca Cocchini ha
affermato che esse sono state veramente superiori a quelle degli altri apostoli
(come Paolo stesso afferma nella Lettera ai Corinti),
perché sostenute nella predicazione ai pagani, ai quali la sua catechesi kerigmatica e parenetica doveva
necessariamente apparire estranea e nuova, sconoscendo essi i riferimenti scritturistici, noti, invece, ai giudei ai quali si
rivolgevano invece gli altri Apostoli. Trattando delle Beatitudini in Paolo,
riportate negli Atti di Paolo e Tecla e identiche per
numero a quelle del Vangelo, la professoressa Maria Grazia Mara ha fatto notare
che esse sono strutturate sullo schema di quelle di Matteo, attente alla
rivelazione del Regno piuttosto che al capovolgimento delle situazioni della
vita terrena, come fa Luca. Una riflessione particolare è stata fatta sulle
beatitudini di coloro che custodiscono il battesimo e su quanti fanno posto
all’intelligenza di Cristo. Il simposio terminerà venerdì 29 giugno ad Antiochia, con una cerimonia ecumenica nella grotta di S.
Pietro, in occasione del bayram (festa)
dell’apostolo, rispettata dai fedeli di tutte le confessioni religiose presenti
in città.
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ROMA. =
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26 giugno 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco e Valentina Corsaletti -
In Medio Oriente, il primo ministro israeliano Ehud Olmert ha dato ordine
all’esercito di prepararsi ad effettuare un’operazione nella Striscia di Gaza
per liberare il soldato israeliano rapito ieri da estremisti palestinesi. Il
sequestro è avvenuto durante un attacco contro un posto di blocco israeliano
costato la vita a tre miliziani palestinesi e a due militari israeliani. Sul
versante palestinese, il presidente Abu Mazen ha condannato l’attacco contro il checkpoint e il governo di Hamas ha
chiesto il rilascio del militare israeliano. Ma il premier dello Stato ebraico
ha già detto di considerare responsabili dell’atto terroristico e di “tutto ciò
che ne consegue” l’Autorità nazionale palestinese e il governo guidato dal
gruppo radicale.
In Iraq, Al Qaeda continua a rivendicare drammatiche azioni
e a diffondere macabri filmati, anche dopo la morte del terrorista Al Zarqawi: l’organizzazione terroristica ha rivendicato, con
un comunicato, l’uccisione di 4 diplomatici russi e diffuso un video con le
tragiche sequenze dell’uccisione di tre dei 4 ostaggi. Il governo di Mosca non
ha ancora confermato che le persone barbaramente assassinate siano proprio i
funzionari russi. Sul versante politico, intanto, il premier Al Maliki ha presentato al Parlamento il piano di riconciliazione
nazionale che prevede, tra l’altro, l’avvio di un dialogo con alcuni gruppi
sunniti radicali, la revisione dello status di esponenti del disciolto partito Baath e il disarmo di milizie parallele alle forze di
sicurezza e di polizia. Tali iniziative – ha precisato il primo ministro
iracheno – non saranno estese ai membri di Al Qaeda.
Violenze
anche in Afghanistan, dove è esplosa stamani, al passaggio di un convoglio militare
presso la base americana di Bagram, a nord di Kabul, un’autobomba azionata
da un kamikaze. La deflagrazione ha causato il ferimento di due bambini. Il
comando militare americano ha confermato, inoltre, la morte di un soldato
statunitense, avvenuta ieri. Sempre ieri, altri 48 guerriglieri e due soldati
della coalizione sono morti durante una battaglia nella provincia di Kandahar. Sul fronte dei sequestri, 5
operatori umanitari afghani sono stati rapiti nella parte orientale del Paese.
In Pakistan, sette soldati pakistani sono rimasti uccisi,
nella regione tribale del Waziristan,
quando un kamikaze ha lanciato il suo veicolo carico
di esplosivo contro un posto di controllo. Lo rendono noto
fonti governative e dell’intelligence. L’attacco è avvenuto all’indomani
dell’annuncio di una tregua, nella regione, da parte dei ribelli.
L’Iran è deciso ad usare l’arma del petrolio in caso di
“pressioni o della forza” da parte di altri Paesi. Lo ha dichiarato, stamani,
il portavoce del governo ribadendo quanto già affermato, ieri, dal ministro del
Petrolio. Negli ultimi mesi, le autorità iraniane hanno più volte avvertito che
la Repubblica islamica potrebbe limitare o bloccare le esportazioni di greggio.
Il nostro servizio:
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L’Iran non sembra voler cedere alle pressioni
internazionali: la Repubblica islamica, infatti, non ha alcuna intenzione di
sospendere i processi per l’arricchimento dell’uranio ed è disposta ad
utilizzare, secondo il portavoce del governo, qualsiasi strumento per preservare
i propri interessi. Per questo, il governo di Teheran
ha nuovamente minacciato di usare quella che si può definire “l’arma petrolio”,
ovvero il congelamento o la riduzione della produzione di oro nero. Si tratta
di una prospettiva che avrebbe conseguenze deleterie sui mercati
internazionali: l’Iran è il quarto produttore mondiale di petrolio e il secondo
dell’OPEC. In caso di arresto della sua produzione, il prezzo del greggio – che
in questo momento è di circa 70 dollari al barile – potrebbe lievitare. La
questione del petrolio iraniano è profondamente legata al programma nucleare
del governo di Teheran. Lo scorso 6 giugno, i cinque
membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e la
Germania hanno presentato alla Repubblica islamica un pacchetto di
proposte per limitare l’arricchimento dell’uranio. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, aveva fatto sapere che la risposta
sarebbe arrivata dopo il 22 agosto. Ma non si può escludere che il governo di Teheran si pronuncerà sul pacchetto di proposte prima del
previsto. E’ difficile prevedere, invece, se la Repubblica islamica cambierà le
proprie posizioni.
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Nello Sri Lanka un attentatore
suicida, a bordo di una moto, si è fatto saltare in aria nei pressi di una base
militare di Colombo. L’azione terroristica ha provocato la morte del vice capo
di stato maggiore dell’esercito, di due civili e un soldato. L’attacco non è
stato rivendicato, ma la polizia ha già attribuito la responsabilità
dell’attentato alle Tigri Tamil. L’esercito ha
bombardato, inoltre, alcune postazioni dei ribelli nell’est dell’isola.
A Timor Est, dopo settimane di
pressioni e di proteste popolari, il premier Mari Alkatiri si è formalmente dimesso. Poco prima di questa
decisione, avevano rassegnato le dimissioni anche i ministro
degli Esteri e della Difesa, José Ramos Horta, e dei Trasporti, Ovideo Amaral. Era ritenuto responsabile dei violenti disordini
scoppiati nel Paese e costati la vita ad almeno 30 persone. La crisi ai vertici
del Paese ha raggiunto il culmine dopo le accuse mosse al premier di aver reclutato
squadroni della morte per eliminare i suoi oppositori.
I presunti voli segreti della CIA sono il primo punto
all’ordine del giorno dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che
si apre oggi pomeriggio a Strasburgo. Ma non è l’unico argomento che si
affronterà. Da Strasburgo, Fausta Speranza:
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I rappresentanti di 46 Parlamenti d’Europa discutono sulle
presunte missioni segrete da parte della CIA, sui trasferimenti interstatali
illegali in Europa. Ma non solo, alla Sessione estiva del Parlamento di
Strasburgo, si parlerà anche di libertà di espressione e di rispetto del credo
religioso. Da sottolineare è la partecipazione del primo ministro turco, Erdogan. Ad aprire i lavori nel pomeriggio sarà la
relazione del presidente dell’Assemblea, Terry Davis, mentre domani parlerà tra gli altri il commissario europeo
per la giustizia, libertà e sicurezza, Franco Frattini.
Ci sono i rappresentanti di 46 Parlamenti nazionali, perchè tanti sono,
infatti, gli Stati che hanno aderito all’organismo e poi ce ne sono tre che
hanno lo statuto di osservatori - Canada, Israele e Messico - più, tra gli
invitati ai dibattiti, Stati Uniti e Santa Sede. Forse proprio in questa
sessione, inoltre, bisognerà formalizzare il distacco del Montenegro dalla
Serbia, sancito dal recentissimo referendum. Ora che la Serbia ha riconosciuto
il nuovo piccolo Stato della ex Jugoslavia, il Montenegro diventerà il 47.mo Stato membro del Consiglio d’Europa. Resta da dire che
l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è stata la prima assemblea europea
nel continente e rimane la più vasta. Sta qui il primo significato della sua
esistenza e del suo impegno: affrontare insieme le crisi, trovare risoluzioni,
emanare raccomandazioni per i singoli governi nazionali. Un Forum parlamentare
d’eccezione, dunque, che si fa punto di riferimento del dibattito culturale,
sociale e di politica internazionale anche per le altre organizzazioni
mondiali.
Da Strasburgo, Fausta Speranza, Radio Vaticana.
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In Italia, resteranno aperti, fino alle 15, i seggi per il referendum popolare che confermerà o respingerà la legge di
modifica della seconda parte della Costituzione, approvata dal Parlamento. Alle
ore 22 di ieri aveva votato il 35 per cento degli aventi
diritto. Per
questo tipo di consultazione non è necessario il raggiungimento del quorum.
Il premier
spagnolo, José Luís Rodríguez
Zapatero, si presenterà questa settimana in Parlamento per annunciare l’inizio
del negoziato con l’ETA. Il premier ha comunque negato concessioni politiche
all’ETA ma ha sottolineato la necessità di
approfittare dell’occasione storica data dalla “tregua permanente” del 22 marzo
per tentare di giungere alla pace attraverso il negoziato.
In Somalia, i fondamentalisti
musulmani hanno rovesciato la maggioranza moderata delle corti islamiche, che
il 4 giugno scorso avevano preso il potere a Mogadiscio, sconfiggendo i
“signori della guerra” appoggiati, secondo diverse fonti, dall’amministrazione
americana.
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