RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 171 - Testo
della trasmissione di martedì 20 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è aperta ieri a Tunisi la Conferenza internazionale dell’UNESCO “Sull’avvenire delle terre aride”
In Sri Lanka il governo accusa i
ribelli tamil per l’attacco ad uno storico tempio buddista
In Iraq, decine di morti per un raid aereo
americano e per due attentati a Baghdad
20 giugno 2006
IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI A VALENCIA, L’8 E IL 9
LUGLIO, E’ LEGATO
A UN AVVENIMENTO CHE COINVOLGERÀ MIGLIAIA DI
FAMIGLIE PROVENIENTI
DAI
CINQUE CONTINENTI. IN VISTA DEL VIAGGIO APOSTOLICO,
CERCHIAMO
DI RIFLETTERE SULLE DIFFICOLTA’ E POTENZIALITA’ DELLA FAMIGLIA OGGI
- Con
noi mons. Pietro Maria Fragnelli -
E’ la famiglia il centro del viaggio apostolico di
Benedetto XVI a Valencia, previsto per l’8 e il 9 luglio. Un avvenimento che
coinvolgerà migliaia di famiglie provenienti dai cinque continenti. Momenti di
preghiera, dialogo e condivisione per comprendere in modo ancora più profondo
il ruolo della famiglia. A questo proposito ascoltiamo la riflessione di
Benedetto XVI fatta in occasione del recente incontro con i membri del
Pontificio Consiglio per la famiglia nei 25 anni della fondazione del
dicastero:
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“La famiglia fondata
sul matrimonio costituisce un ‘patrimonio
dell’umanità’, un’istituzione sociale fondamentale; è la cellula vitale e il
pilastro della società e questo interessa credenti e non credenti. Essa è
realtà che tutti gli Stati devono tenere nella massima considerazione, perché,
come amava ripetere Giovanni Paolo II, l’avvenire dell’umanità passa attraverso
la famiglia”.
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Con queste parole
del Papa guardiamo al prossimo incontro a Valencia.
Delle aspettative ci parla, nell’intervista di Emanuela Campanile, mons. Pietro
Maria Fragnelli, vescovo di Castellaneta
e membro della Commissione Episcopale per
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R. – Dal popolo di Dio emerge un grande desiderio di
attenzione. Le famiglie hanno bisogno di aiuto e ci si interroga su quali aiuti
sono oggi necessari, perchè la famiglia possa rispondere alla sua vocazione
umana e culturale, ecclesiale e, specificatamente, anche pastorale. Quindi, la
presenza del Santo Padre a Valencia è determinante anche per la considerazione
che il mondo culturale europeo ha della realtà della famiglia. Anche le
comunità cristiane, e le Chiese tutte in Europa, desiderano riscoprire il ruolo
della famiglia nella trasmissione della fede, nel tornare ad essere
protagonisti in questo di una educazione piena dei
loro figli e delle nuove generazioni.
D. – Quindi, possiamo dire che la famiglia da sola non ce
la può fare, non basta più a se stessa. Perché?
R. – Sicuramente alla base dell’incontro del Papa, a
Valencia, con tutti i soggetti che promuovono l’attenzione alla famiglia, c’è
un’idea di comunione, perché né la famiglia da sola, per un verso, né le
comunità cristiane e i vari organismi possono raggiungere obiettivi di qualità
nuova nell’evangelizzazione se non si lavora insieme. Il Santo Padre sta
richiamando, con una serie organica di catechesi sulla comunione, proprio alla
riscoperta dell’identità di ogni battezzato e dell’identità della famiglia. Noi
siamo certi che l’esperienza di Valencia sarà importante per tutte le Chiese in
Europa.
D. – Secondo lei, la pastorale familiare cosa ha
tralasciato nei riguardi del programma verso le famiglie? Cosa potrebbe essere
potenziato?
R. – Forse più che interrogarsi su che cosa è stato
tralasciato sarebbe interessante riconsiderare l’aspetto positivo: il desiderio
di riscoprire il grande valore, la grande promessa che è contenuta
nell’identità cristiana della famiglia. E’ per questo che il Papa ci incoraggia
ad evangelizzare, a riconsegnare alle nuove generazioni il Vangelo della
famiglia, con la sua ricchezza piena; a non fermarsi solo su aspetti
sociologici o giuridici o psicologici. Tutto, certo, va considerato, ma a
partire da una riproposta forte, seria, sistematica del grande messaggio, del
grande Vangelo della famiglia che è stato offerto a noi dal lungo Pontificato
di Giovanni Paolo II, ma che viene da tutta la tradizione cattolica.
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RINUNCE
E NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Szeged-Csanád (Ungheria),
presentata da Monsignor Endre Gyulay,
in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto
Canonico. Al suo posto ha nominato monsignor László Kiss-Rigó,
Vescovo titolare di Pudenziana, finora vescovo
Ausiliare di Esztergom-Budapest.
Sempre per quanto riguarda l’Ungheria Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo
pastorale della diocesi di Szombathely, presentata da
monsignor István Konkoly,
in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto
Canonico. Al suo posto ha nominato monsignor András Veres, vescovo titolare di Cissa, finora Vescovo Ausiliare di Eger.
IL CARDINALE MARTINO DA DOMANI
A SINGAPORE PER IL
XXV DELL’INSTAURAZIONE DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE CON
Primo rappresentante pontificio
nella Repubblica di Singapore nel 1981, il cardinale Renato
Raffaele Martino da domani per quattro giorni sarà nel Paese asiatico quale messo
papale per le solenni celebrazioni del venticinquesimo anniversario delle
relazioni Diplomatiche con la Santa Sede.
Domani sera il
porporato parlerà ai laici sul loro compito per la promozione umana alla luce
della Dottrina Sociale della Chiesa. Mercoledì 21 giugno al
mattino, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e
della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti rivolgerà la sua parola ai
sacerdoti e religiosi e, in serata, presiederà una solenne celebrazione di
ringraziamento nella Cattedrale del Buon Pastore, tenendo l’omelia sulla
“Carità come strada maestra dell’evangelizzazione”. Nell’occasione leggerà un
messaggio del Santo Padre.
Giovedì 22 giugno, dopo un
incontro con il ministro degli Esteri di Singapore, Gorge Yeo,
in una pubblica conferenza, tratteggerà il ruolo delle Religioni nella
promozione della solidarietà e nella denuncia del terrorismo. Sabato 24 giugno,
prima della partenza, il cardinale Renato Raffaele
Martino, incontrerà il presidente di Singapore.
Prima del ritorno a Roma, il
porporato sosterrà a Bangkok in Thailandia, per celebrare nella capitale
Asiatica il primo anniversario del pontificato di Papa Benedetto XVI e per
l’ordinazione episcopale di mons. Philip Banchong.
PRESENTATO AI GIORNALISTI STAMATTINA IL NUOVO
ALLESTIMENTO DEL MUSEO
MISSIONARIO
ETNOLOGICO DEI MUSEI VATICANI. RACCOGLIE OGGETTI E REPERTI
DI
TUTTO IL MONDO CHE TESTIMONIANO IL DIALOGO INTERCULTURALE
ED INTERRELIGIOSO CRESCIUTO ANCHE ATTRAVERSO
IL LAVORO DEI MISSIONARI
- Con noi
Francesco Buranelli -
Nell’ambito del quinto centenario dei Musei Vaticani è
stato presentato stamattina ai giornalisti il nuovo allestimento del Museo
Missionario Etnologico. Si tratta della terza iniziativa legata alle
manifestazioni per i 500 anni dei Musei Vaticani. La sezione che ora il
pubblico potrà visitare è dedicata alla Cina, al
Giappone, alla Corea, al Tibet e alla Mongolia. L’esposizione vuole essere
espressione del dialogo tra le diverse culture che da anni
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(musica)
“Il museo missionario etnologico è stato e rimane come un
grande libro: ogni opera è una pagina, una frase, una linea di questo libro.
Una grande scuola piena di insegnamenti, di suggerimenti e di ammonizioni. A
questa scuola occorre tornare per imparare tutto ciò che essa è capace di insegnare”.
(musica)
Sono parole di Pio XI, il Papa che con il Motu Proprio “Quoniam
tam praeclara” del 12
novembre del 1926 diede vita al museo missionario etnologico. Circa 100 mila le
opere che conserva: manufatti di uso quotidiano, cerimoniale e artistico che
raccontano storie antiche, che testimoniano l’amicizia tra i pontefici ed
esponenti di diverse religioni. Come la preziosa Thang-ka
buddista, un dipinto sacro su stoffa, donata dall’attuale Dalai
Lama a Giovanni Paolo II, o ancora la splendida collezione dei 13 rotoli in
seta e carta, i Kakemono, in cui sono raffigurate
divinità giapponesi. E’ segno invece dell’antica presenza dei cristiani in Cina
(musica)
R. - Perché questo museo? Per avere un contatto con
civiltà lontane e per riaffermare quel dialogo tra culture, civiltà e religioni
che in Vaticano e, soprattutto nei Musei Vaticani, non si vuole mai
interrompere, anzi promuovere. Il Museo nasce nel 1926 con un motu proprio di Papa Pio XI, a seguito
dell’esposizione missionaria che lo stesso Pontefice aveva realizzato
nel Palazzo apostolico del Laterano per l’Anno Santo del 1925. L’interesse
verso questa azione missionaria della Chiesa verso tutti i continenti, il Papa
volle renderlo un fatto e un documento permanente nell’ambito dei Musei
Vaticani. In ogni regione e in ogni sottosezione, il tema principale è comunque
quello delle religioni che vengono presentate sia come
religioni locali, sia soprattutto nel contatto con il cristianesimo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con l'Iraq: il Giappone
annuncia il ritiro delle truppe; attesa per agosto la sentenza su Saddam
Hussein.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla
celebrazione del "Corpus Domini" nelle Diocesi italiane.
Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia
dal titolo "Africa: la morsa mortale di siccità e carestia"; si
moltiplicano le denunce e gli appelli a soccorrere le popolazioni delle zone subsahariane.
Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal titolo "Dietro le grandi opere il minuzioso
esercizio del disegno": la mostra "Michelangelo drawings"
al British Museum.
Per l' "Osservatore
libri" un articolo di Armando Rigobello dal
titolo "L'impulso incessante tra abisso e salvezza": una nuova
edizione di "Essere e tempo" di Martin Heidegger nei Meridiani.
Servizio italiano - In rilievo la questione degli
incidenti sul lavoro.
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20 giugno 2006
DARE
AI PROFUGHI
-
Intervista con Laura Boldrini -
Si celebra oggi la Giornata Mondiale del
Rifugiato, quest’anno dedicata alla “speranza”, componente essenziale
per chi è costretto all’esilio. Mantenerla in vita, scrive nel suo messaggio il
segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, permette a profughi e sfollati di avere la forza per
la “lunga lotta” che li aspetta. “Una volta trovato scampo dalle persecuzioni o
dalla guerra – afferma il capo del Palazzo di Vetro – questi individui restano
alle prese con enormi sfide, nel tentativo di ottenere ciò che la maggior parte
di noi dà invece per scontato: istruzione, lavoro, abitazioni, cure sanitarie”.
Anche il Papa, all’Angelus di domenica scorsa, aveva espresso l’auspicio che i
diritti dei rifugiati vengano sempre rispettati, invitando
le comunità ecclesiali ad andare incontro alle loro necessità. Secondo i dati
dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, i rifugiati
attualmente in Italia sono circa 15 mila, mentre 9.500 sono le domande d’asilo
presentate nel 2005. Cifre ancora di molto inferiori rispetto a quelle di altri
grandi Paesi dell’Unione Europea, quali Germania, Regno Unito o Francia.
Ciononostante, il fenomeno è in aumento. Sulla scelta del tema per le
celebrazioni del 2006, Lucas Duran
ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce in Italia
dell’Alto Commissariato:
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R. – La speranza è un tema che noi abbiamo voluto
rilanciare proprio perché oggi, anche nei Paesi di asilo, stanno aumentando
diffidenza, discriminazione, e a volte si arriva alla vera e propria ostilità e
intolleranza. Quindi, in questo contesto non facile, il rifugiato si trova a
volte a rischiare di perdere la speranza. L’invito allora è a far sì che questa
persona che chiede protezione in un altro Paese possa trovarla e con essa trovare anche la serenità per poter ricominciare a
vivere.
D. - Si fa spesso confusione tra rifugiato e migrante in
senso generale. Cosa si intende esattamente con “rifugiato”?
R. – Il rifugiato è una persona che non ha scelta. E’ una
persona che, contro la sua volontà, è costretta a lasciare il proprio Paese,
perchè perseguitato. E tale persecuzione può avere diverse motivazioni. La
convenzione di Ginevra del ’51 stabilisce questi motivi: motivi politici,
religiosi, di razza, di nazionalità o di appartenenza ad un gruppo sociale.
Quindi, come si vede, la differenza è fondamentale. Chi invece non è costretto,
ma decide di partire per andare a lavorare in un altro Paese è il migrante
economico: una persona, dunque, che anche se rimandata indietro non rischia di
finire in una prigione o di essere torturato. In questo caso, si tratta di una
persona che ha fatto un progetto di vita, anche se difficile, andando a
lavorare in un'altra nazione. Il rifugiato, invece, se viene
rimandato indietro, viene posto in una condizione di serio pericolo.
D. – Quanto è cambiata negli ultimi anni l’attitudine
degli italiani all’accoglienza dei rifugiati?
R. – C’è un’enorme differenza tra come negli anni ’90 venivano recepite queste persone che arrivavano in Italia:
c’era un’attenzione particolare, una spontaneità, un entusiasmo nell’aiutare.
Oggi continua ad esserci, ma di meno rispetto al passato. Quello che invece sta
emergendo rispetto al passato è un sentimento di diffidenza dilagante. C’è
diffidenza perché si ha paura e si ha paura perchè ci sono persone che hanno interesse
a creare questa paura: politici irresponsabili, giornalisti che giocano al sensazionalismo e creano quindi questo sentimento di paura.
Questo è molto pericoloso, perchè anche le persone più disponibili e dotate di buona volontà rischiano poi invece di essere fagocitate
dalla paura e quindi di essere più diffidenti, di mettere in campo anche misure
di discriminazione rispetto a chi non è come noi.
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IN CORSO, A GINEVRA, LA SESSIONE INAUGURALE DEL CONSIGLIO
ONU PER I DIRITTI UMANI. OGGI POMERIGGIO L’INTERVENTO DI MONS.
LAJOLO, SEGRETARIO PER
I RAPPORTI CON GLI STATI DELLA SANTA SEDE. AI NOSTRI
MICROFONI, LE ASPETTATIVE DEL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI
UNITE,
JAN ELIASSON
Accompagnata da speranze e qualche perplessità, si è
aperta ieri a Ginevra la sessione inaugurale del Consiglio per i diritti umani,
il nuovo organismo delle Nazioni Unite che prende il posto della Commissione
per i diritti umani. Oggi pomeriggio, alle 15.30, è previsto l’intervento al
Consiglio dell’arcivescovo Giovanni Lajolo,
segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Intanto
l’organizzazione Save the children ha espresso l’auspicio che il nuovo
Consiglio dell’ONU possa rappresentare una svolta per
la tutela dell’infanzia nel mondo. Ma torniamo all’apertura di ieri,
caratterizzata dal discorso del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Da Ginevra, il
servizio di Mario Martelli:
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“Non
sprechiamo questa occasione” - ha detto, all’apertura dei lavori, il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan
- “di dare alla nostra organizzazione e all’umanità la possibilità di riprendere
con nuovo vigore la lotta per i diritti dell’uomo”. Il Consiglio, nel quale
sono riposte le nuove speranze, è costituito da rappresentanti di 47 Paesi
eletti dall’Assemblea generale con un mandato da uno a tre anni. Avrà almeno
tre sessioni l’anno per complessive 10 settimane e con possibili sessioni
straordinarie in caso di crisi. La Commissione era composta da
53 Paesi, designati da gruppi regionali con una sessione di sei settimane a
primavera di ogni anno. Il Consiglio procederà, con modalità ancora da fissare,
ad un esame periodico universale del rispetto dei diritti dell’uomo nei 191
Stati membri dell’ONU.
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Tra i promotori del nuovo organismo dell’ONU per i diritti
umani c’è il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, che nei giorni
scorsi è stato ricevuto in udienza da Benedetto XVI. Al microfono di Olle Brandt, del programma scandinavo della nostra emittente, Eliasson, che è anche ministro degli Esteri svedese,
afferma che la nascita del Consiglio per i diritti umani è un primo passo della
riforma dell’ONU:
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Il
consiglio per i diritti umani è una grande riforma istituzionale. Il consiglio
è un organismo anche per la costruzione della pace, che farà in modo che i
Paesi non vengano abbandonati dopo crisi e conflitti.
Guardiamo il caso dell’Afghanistan. Cosa succede quando
si va via, quando si spengono le telecamere della CNN? Ci ritroviamo in una
situazione difficile come quella attuale. Il nuovo consiglio è più piccolo
della Commissione per i diritti umani e spero perciò che sia più efficiente.
Soprattutto vengono poste delle condizioni ai Paesi
che diventano membri del Consiglio. Essi stessi vengono
sorvegliati riguardo alla politica seguita sui diritti umani durante il periodo
in cui fanno parte del Consiglio. Un Paese che commette delle infrazioni serie
e profonde può essere sospeso. E’ importante, nei Paesi che escono da
conflitti, lavorare per la ricostruzione. Dobbiamo costruire istituzioni,
promuovere la riconciliazione. E qui ha un ruolo importante la Chiesa
cattolica. Credo che la Chiesa possa offrire un contributo per la
riconciliazione. Ma anche per la prevenzione dei conflitti, che non riguarda
solo i diritti umani ma anche lo sviluppo, come l’educazione delle donne.
Diritti che diminuiscono con malattie quali l’AIDS che si diffondono nella
maniera terribile che vediamo oggi nel mondo.
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l’onu invia una commissione IN SOMALIA
MENTRE mEDICI SENZA FRONTIERE
DENUNCIA LA CARENZA DI STRUTTURE OSPEDALIERE SUL
TERRITORIO INTANTO
AUMENTANO LE CITTA’ CUI VIENE
IMPOSTA LA SHARIA
- Con
noi Manuel Moncada -
In Somalia, le Corti islamiche
hanno imposto ieri
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R. – La popolazione vorrebbe avere accesso a cure, far
riferimento a cliniche, a ospedali, vorrebbe aver accesso all’acqua potabile,
ad un sistema di educazione valido. C’è insomma voglia di ritornare ad una
situazione pacifica nel Paese. Il che non è avvenuto da anni se non a sprazzi
molto brevi.
D. - La presa di potere da parte delle corti islamiche in alcune
città può cambiare qualcosa?
R. – E’ difficile da dire. Poi che questo sia un bene o un
male non è un giudizio che compete a noi.
Ma proprio a livello umano è chiaro che avere, dopo anNi e anni di violenza, di anarchia totale, un
gruppo di persone che dettano ordine e soprattutto restaurano, anche se su un
breve territorio, una specie di calma, fa aderire molte persone. Ma questo non
significa un bene o un male. Non vorrei però che l’opinione pubblica veda sia
l’Islam, sia le Corti islamiche come una deriva autoritaria. Ancora non si sa.
D. – Cosa fa Medici Senza Frontiere nel Paese?
R. – E’ importante sapere che Medici Senza Frontiere non
ha mai lasciato
D. – Quali sono le vostre prospettive?
R. - Non c’è più niente, non ci sono più strutture. Il
sogno è di aver accesso ad alcune zone, alle quali non c’è più accesso da anni.
Basti pensare che a Mogadiscio approssimativamente si parla di una popolazione
di un milione: dunque è una capitale rispettabile in Africa, ma non ci sono
cure che coprano l’intera popolazione. Oggi esistono solo due ospedali che funzionano
con il supporto della Croce Rossa Internazionale.
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CINEMA
AMERICANO E CINEMA ITALIANO IN PRIMO PIANO ALL’APERTURA OGGI
DEL TAORMINA
FILMFEST. LA RASSEGNA SI SVOLGE NEL MAGNIFICO TEATRO GRECO
DELLA
CITTADINA SICILIANA FINO AL 25 GIUGNO
-
Intervista con Felice Laudadio -
Nello
splendido scenario del Teatro Greco di Taormina si apre oggi la 52.ma edizione del FilmFest che si
chiuderà il 25 giugno prossimo. In primo piano alcune importanti anteprime
cinematografiche americane e grande spazio al cinema italiano, con la seconda
edizione dell’ItaliaFilmFest. Il servizio di Luca
Pellegrini:
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Cinema
italiano e cinema americano. Lezioni di cinema e premi. Anche quest’anno
Taormina per una settimana – tempo ridotto rispetto alle precedenti edizioni –
offre una serie di anteprime e ben calibrate novità. C’è l’atteso
film United 93 sulla tragedia che coinvolse
uno degli aerei utilizzati nell’attacco terroristico dell’11 settembre e la
presenza del regista polacco Krzysztof Zanussi, che parlerà agli studenti e al pubblico del suo
cinema e del suo nuovo progetto “siciliano”, ricevendo poi un premio speciale
insieme, tra gli altri, a Valeria Golino e Carlo
Verdone. Un anno difficile, però, per Taormina e il suo Festival, come confessa Felice Laudadio, direttore
della manifestazione:
R. - L’anno è difficile economicamente e chi paga per
primo, in generale, per le difficoltà che ci sono è il settore culturale.
Taormina, in particolare, ne ha più di altri quest’anno, per i problemi di
sponsor importanti che sono venuti meno. Altri ne sono arrivati ma molto più
ridotti, più piccoli. Non facendo più parte del gruppo degli sponsor storici,
abbiamo dovuto rivedere tutti i piani. Abbiamo, però, molto orgoglio. Un
Mezzogiorno povero di eventi culturali, in generale, trova in Taormina, in
tutta l’attività di Taormina Arte ed in particolare nel Festival del cinema, un
importante riferimento. Vale la pena, dunque, di lottare per salvarlo.
D. - Un Festival, dunque, ridotto, ma sempre generoso di
proposte cinematografiche…
R. – Abbiamo incentrato l’attenzione, a questo punto, sul
cinema italiano, che ha sempre avuto a Taormina una ribalta importante per
quanto riguarda i riconoscimenti. Quest’anno abbiamo voluto fare un esperimento
diverso. Abbiamo non solo pensato di dedicare una serata ai premi, ma di
dedicare l’intero Festival alla presentazione dei film in concorso per quei
premi. Quindi, ci sono in programma i 14 migliori film italiani dell’anno, che verranno valutati da una giuria internazionale, composta soltanto
da autorevoli critici stranieri. Lo slogan è “La critica internazionale giudica
il cinema italiano”, lontana dunque da ogni compromesso e da ogni favoritismo
possibile.
D. – Quali sono le prospettive che animano il suo lavoro a
Taormina?
R. – Credo che dovremmo rivedere il concetto importante
del Festival. Non posso ancora anticipare i contenuti. Vorrei prima proporre la
variante al Comitato a Taormina. Occorrerà che si immagini un Festival di altro
tipo, che non perda nulla della grande tradizione – sono 52 anni che esiste il
festival di Taormina – ma che si modifichi
strutturalmente all’interno, appunto specializzandosi in qualcosa che vedremo
se sarà possibile fare.
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20 giugno 2006
Mettere in campo
tutte le soluzioni tecniche
per frenare la costante
avanzata della desertificazione. E’ l’appello
lanciato alla conferenza
internazionale
dell’Unesco “sull’avvenire delle terre aride”,
che si è aperta ieri a Tunisi
- A
cura di Amina Belkassem -
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TUNISI.= A dieci anni dall’entrata
in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla
desertificazione, più di un miliardo di persone in 110 Paesi è minacciata
dall’avanzata del deserto e un terzo della popolazione mondiale vive in zone
ari-de e semiaride. Secondo l’UNESCO, entro il 2020, 60 milioni di persone si
sposteranno dall’Africa verso il Nord. Oltre alla
conservazione della biodiversità e allo sviluppo di una agricoltura sostenibile, nei tre giorni di lavori si parlerà
della gestione delle acque e delle dinamiche socioculturali delle terre aride,
anche in vista del prossimo summit di capi di Stato su questo tema, previsto in
ottobre ad Algeri. Durante la manifestazione, considerata l’evento più importante
dell’Anno internazionale dei deserti, proclamato dalle Nazioni Unite per il
2006, anche la presentazione di un cd pedagogico in 9 lingue destinato agli insegnanti
dei Paesi a rischio. Circa 300 esperti, provenienti da tutto il mondo, hanno partecipato
ai lavori.
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cinque milioni gli immigrati CHE vivono
nell’Unione Europea, su un totale
di 56 milioni di extra-comunitari. E’ il quadro
fotografato dalla Caritas Europea, nel suo rapporto presentato ieri a Bruxelles
NEL QUALE chiede
il diritto di voto per gli immigrati regolari
- A
cura di Giovanni Del Re -
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BRUXELLES. = Lo studio punta i riflettori su cinque
settori: lavoro, abitazione, salute, educazione e partecipazione alla vita
pubblica. In tutti vi sono quelle che
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Tenere sotto controllo il
processo di urbanizzazione. E’ l’appello lanciato dal Canada dalle Nazioni
Unite che mettono in guardia i governi di fronte
ad un fenomeno inarrestabile
- A
cura di Elena Molinari -
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Vancouver. = L’ONU prevede che entro il
prossimo anno più della metà della popolazione, abiterà nelle grandi città,
mentre un terzo di questi nuovi cittadini metropolitani vivranno in
baraccopoli. E’ una delle realtà presentate al Forum urbano delle Nazioni Unite
in corso a Vancouver, in Canada, per studiare gli effetti della rapidissima
urbanizzazione in corso nelle città e nelle economie di tutto il mondo. Dopo
due giorni di lavori, è emersa chiaramente l’urgenza che le città si attrezzino per far fronte ad un fenomeno inarrestabile. Un
primo passo fondamentale è l’investimento nella conservazione di acqua, dove le
città non possono farcela da sole. Non a caso, uno dei Paesi che ha avuto più
successo nella riduzione delle baraccopoli negli ultimi 20 anni è Thailandia,
dove il governo nazionale ha collaborato strettamente con le amministrazioni
locali. Altre nazioni che stanno seguendo strade simili sono ad esempio
l’India, che ha già annunciato un piano che concentra investimenti massicci
nelle sue 60 metropoli maggiori nei prossimi dieci anni. Il Forum continuerà
fino a venerdì.
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celebrato ieri presso i
Musei Vaticani il 60° anniversario della fondazione dell’Ente dello Spettacolo,
impegnato con creatività a portare
i valori cristiani nel mondo del cinema
- A
cura di Luca Pellegrini -
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CITTA’ DEL VATICANO. = Alla presenza del cardinale Camillo
Ruini e mons. Giuseppe Betori,
presidente e segretario della Conferenza episcopale italiana, e di mons. John
P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni sociali, si è svolta l presso i Musei Vaticani la celebrazione
per i 60 anni della fondazione dell’Ente dello Spettacolo. Impegnati a
rilanciare la presenza cattolica nel mondo del cinema, personalità come Luigi
Gedda, Diego Fabbri e Turi Vasile ebbero l’intuizione
di fondare l’Ente dello Spettacolo nel primissimo dopoguerra. Era l’anno 1946 e
da allora l’Ente cattolico è riuscito con intelligenza e discrezione a divenire
uno dei punti di riferimento per quanti, nella Chiesa o per affinità, desiderano
confrontarsi con il mondo del cinema. Compie dunque 60 anni, l’Ente dello
Spettacolo, e mons. Dario Edoardo Viganò, che ne è
Presidente, ha voluto ieri in sintesi tracciare la storia, le sfide e i
progetti, dinanzi ad una bella platea riunita nella Sala Conferenze dei Musei
Vaticani. “L’impegno dei cattolici nel cinema trova nell’Ente dello Spettacolo
una traduzione incisiva e puntuale”, ha affermato il sacerdote, rivolgendosi ai
presenti. Il cardinale Camillo Ruini ha ricordato,
invece, come il legame tra Chiesa e arte cinematografica affonda nelle origini
stesse della settima arte. “La prospettiva è quella evangelica dello stare dentro
la storia – ha ricordato il presidente della Conferenza episcopale italiana –
con amore e con una libertà che sappia essere sia propositiva sia critica,
valorizzando le grandi acquisizioni dell’attuale civiltà e aiutandola a superare
le molte contraddizioni che minacciano di arrestarne il cammino: tutto ciò
senza indebolire o mettere tra parentesi la nostra identità cristiana, ma al
contrario partendo da essa e operando in forza di
essa”.
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In sri lanka, il governo accusa i ribelli tamil DELl’attacco
ad uno storico tempio buddista. Sabato scorso invece le forze governative hanno
compiuto un attentato ad una chiesa in un villaggio tamil
COLOMBO. = Il governo dello Sri Lanka accusa i ribelli tamil
dell’attacco ad uno storico tempio buddista, avvenuto ieri nella parte
orientale del Paese. Come riporta l’agenzia Asia-News,
Colombo ha reso noto l’avvenimento attraverso una dichiarazione ufficiale. Nella
nota si precisa che i ribelli hanno sparato contro il tempio Somawathi, fuggendo dopo che le forze governative, a
guardia del tempio, hanno risposto al fuoco. Finora le Tigri non hanno
rilasciato commenti sull’accaduto. Secondo il comunicato, l’attacco mirava “ad
accendere l’odio etnico tra singalesi buddisti e tamil”. L’escalation di violenza in corso nel Paese dallo
scorso fine settimana ha ucciso finora circa 100 persone. Lo scorso 17 giugno -
secondo quanto denunciato dal vescovo di Mannar,
mons. Rayappu Joseph - un
manipolo di uomini della marina militare aveva lanciato bombe a mano dentro la
chiesa di Nostra Signora della Vittoria, nel villaggio di Pesalai,
uccidendo una donna di 70 anni e ferendo più di 40 persone che vi cercavano
riparo. Il 15 giugno, invece, a nord di Colombo si è verificato l’attacco più
grave dalla firma del cessate-il-fuoco
del 2002: 64 civili, che viaggiavano a bordo di un autobus, hanno perso la vita
per lo scoppio di una mina. Ieri, il governo di Colombo ha invitato i ribelli,
che si battono da 20 anni per l’indipendenza del nord-est, a riprendere i
colloqui di pace in stallo, per evitare una nuova guerra civile. (E. B.)
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20 giugno
2006
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
Un raid aereo americano in un
villaggio a nord di Baghdad, l’esplosione di un’autobomba in un mercato della
capitale, e un attentato kamikaze contro una folla di anziani. Sono gli ultimi
episodi di violenza che hanno scosso l’Iraq. Il nostro servizio:
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In Iraq, 15 persone sono rimaste
uccise in seguito ad un raid condotto dall’esercito americano a nord di
Baghdad. Testimoni oculari hanno precisato che le vittime di questa operazione,
compiuta nella notte, erano agricoltori appartenenti ad una stessa famiglia.
Secondo il comando militare americano, che ha confermato il raid, si trattava
invece di insorti legati ad Al Qaeda. Sempre nella
capitale, sono morte altre sette persone per l’esplosione di un’autobomba in un
mercato, in pieno centro cittadino. A Bassora, un attentato compiuto da un
kamikaze contro un gruppo di anziani e disabili che si erano radunati davanti
agli uffici cittadini della previdenza sociale, ha causato inoltre la morte di
una donna e dell’attentatore. Il ministero della Difesa americano ha reso noto,
poi, che sono stati trovati i corpi senza vita di due soldati statunitensi
rapiti, nei giorni scorsi, nello Stato arabo. Il sequestro era stato
rivendicato da Al Qaeda. In Iraq e nel mondo ha
ricevuto, intanto, vasta eco la notizia della richiesta della condanna a morte
avanzata, ieri, dal pubblico ministero durante il processo contro l’ex presidente
iracheno, Saddam Hussein. Il quotidiano cattolico italiano “Avvenire” scrive
che “politicamente, forse, l’ergastolo in regime di carcere duro non darebbe adeguata
soddisfazione alle vittime delle persecuzioni (sciiti e curdi)
mentre potrebbe apparire come eccessivamente indulgente nei confronti dei sunniti, minoranza prevaricante per decenni”. “Ma la
ragion di Stato - si legge ancora sul giornale che chiede di non uccidere
Saddam - non annulla le istanze dell’etica”. L’associazione “Nessuno tocchi
Caino” ribadisce, inoltre, che una eventuale condanna
capitale contro Saddam, “sarebbe anche un grave errore politico, perché
offrirebbe alla guerriglia sunnita e al terrorismo un
martire di cui nutrirsi, un mito da sbandierare”. In Giappone, infine, il
premier Koizumi ha annunciato il ritiro delle truppe
giapponesi di stanza nel Paese arabo. Il ministero della Difesa nipponico ha
subito diramato l’ordine per il rimpatrio, che sarà completato nelle prossime
settimane.
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In
Pakistan, le autorità hanno inviato nella regione di Kurrum
truppe paramilitari per porre fine ad una vera e propria battaglia per l’acqua
tra due clan rivali vicino al confine afgano. Le due
fazioni si contendono l’acqua di un canale di irrigazione. Negli scontri sono
morte, finora, almeno 5 persone.
“L’Iran deve
abbandonare ogni ambizione di ottenere armi nucleari”. E’ il monito lanciato
ieri dal presidente americano, George Bush, durante
il suo discorso, nello Stato di New York, all’Accademia della
Marina mercantile. In caso di mancata collaborazione – ha aggiunto il
capo della Casa Bianca – il governo di Teheran andrà
incontro ad “un ulteriore isolamento nel mondo e a sanzioni politiche e economiche
progressivamente più dure”. Intanto a Vienna, l’Alto rappresentante per la
Politica Estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha detto di attendersi, entro il prossimo 29
giugno, la risposta della Repubblica islamica alle condizioni sul nucleare imposte dall’ONU.
Tra
mille difficoltà proseguono, in Medio Oriente, i colloqui interpalestinesi tra
Hamas e Al Fatah, per giungere ad un accordo che ponga fine alle violenze delle ultime settimane. Intanto,
giovedì prossimo a Petra, in Giordania, a margine di
un incontro di premi Nobel, ci sarà il primo faccia a faccia tra il premier
israeliano, Ehud Olmert, ed
il presidente palestinese, Abu Mazen.
Fonti dell’ufficio del primo ministro dello Stato ebraico hanno tuttavia precisato
che non si tratta di un incontro ufficiale.
Il Giappone prevede una “dura risposta” se
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Fronte unico tra Giappone e Stati Uniti, alleati di ferro
contro la Corea del Nord. Dopo il duro ammonimento di
Tokyo, anche Washington mette in guardia Pyongyang
contro un eventuale lancio del suo primo missile intercontinentale, che va
considerato – ha detto il segretario di Stato americano, Condoleezza
Rice – un atto provocatorio e una sorta di abrogazione
della moratoria del 1999. E intanto, proseguono i contatti diplomatici tra i
vari Paesi dell’ONU e soprattutto tra quelli partecipanti ai colloqui
multilaterali sulla crisi nucleare: Sud Corea, Giappone, Russia, Cina e Stati
Uniti. L’obiettivo principale è convincere una Corea del Nord sempre più
isolata a tornare al tavolo delle trattative e a rinunciare al programma di
sviluppo atomico. Anche Seul guarda con apprensione a Pyongyang,
soprattutto nel timore di vedere interrotto il delicato processo di
riavvicinamento messo in moto dallo storico summit intercoreano del 2000, di
cui lo scorso 15 giugno si è festeggiato, a Seul, il sesto anniversario, alla
presenza di una folta delegazione proveniente dal nord.
Per Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.
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Di Corea del Nord hanno parlato
ieri anche il presidente degli Stati Uniti, George Bush
ed il suo omologo russo, Vladimir Putin. In una lunga
telefonata, i due capi di Stato si sono detti d’accordo sulla necessità di
affrontare congiuntamente le crisi innescate dalle ambizioni nucleari di Iran e
Corea del Nord.
Nuove sanzioni contro la Bielorussia: il presidente americano, George Bush, ha annunciato ieri il congelamento nel territorio
statunitense dei conti bancari e di altri beni finanziari posseduti dal capo di
Stato bielorusso, Alexander Lukashenko, e da nove dei suoi collaboratori per
avere “sabotato le istituzioni democratiche” in Bielorussia.
Crisi
politica in Lituania: il Parlamento ha respinto la
nomina del socialdemocratico Zigmantas Balcytis come primo ministro. La scelta, fatta dal
presidente Adamkus cinque giorni fa, doveva far
uscire il Paese baltico dall’impasse. Il capo dello Stato ha adesso due
settimane di tempo per trovare una soluzione.
Riprenderanno domani, in
Tanzania, i negoziati tra il governo del Burundi e il gruppo ribelle delle
Forze nazionali di Liberazione per il proseguimento dell’accordo di cessate il
fuoco. Le parti, in conflitto da oltre un decennio, si sono impegnate, domenica
scorsa, per l’avvio di trattative che pongano fine alle violenze.
Il
governo olandese ha confermato che l’ex presidente liberiano, Charles Taylor, sta per essere
trasferito in aereo all’Aia. Taylor è accusato di
crimini contro l’umanità. Venerdì scorso, una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU aveva
concesso l’autorizzazione per il trasferimento dell’ex dittatore nei Paesi Bassi.
Cresce
il bilancio delle vittime provocate dall’influenza aviaria in Indonesia. Dopo i
controlli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stata confermata la
morte di un ragazzo di 14 anni avvenuta a Giacarta.
Si tratta del 39.mo decesso causato dal virus in
Indonesia.
“Qualunque sia l’esito del voto per il referendum del 25 e 26 giugno, le
maturate esigenze di riforma dovranno tornare in Parlamento alla ricerca del
più largo consenso”. Lo ha detto il capo di Stato italiano,
Giorgio Napolitano, in occasione della sua prima visita ufficiale a Napoli da
presidente della Repubblica.
Sempre in Italia, il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi e il sostituto procuratore, Henry
John Woodcock, hanno interrogato stamani, in carcere,
il principe Vittorio Emanuele di Savoia, accusato di
associazione per delinquere finalizzata ai reati di
corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione.
Dodici
arresti tra Spagna e Francia per estorsione di fondi. L’inchiesta rientra nelle
indagini sul finanziamento all’organizzazione separatista basca ‘Eta’. Secondo il ministro della Giustizia spagnolo, Juan Fernandez Lopez
Aguilar, gli arresti “non cambiano in alcun modo la
linea del premier Zapatero” nel processo di riapertura dei negoziati per
trovare una soluzione alla questione basca.
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