RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 171 - Testo della trasmissione di martedì 20 giugno 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il viaggio di Benedetto XVI a Valencia, l’8 e il 9 luglio, è legato a un avvenimento che coinvolgerà migliaia di famiglie provenienti dai cinque continenti. In vista del viaggio apostolico, cerchiamo di riflettere sulle difficoltà e potenzialità della famiglia oggi: con noi mons. Pietro Maria Fragnelli

 

Il cardinale Martino da domani a Singapore per il XXV dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede

 

Presentato ai giornalisti stamattina il nuovo allestimento del Museo missionario etnologico dei Musei Vaticani: con noi Francesco Buranelli

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dare ai profughi la speranza di ricostruire altrove quanto perso in patria: questo l’impegno nella Giornata mondiale dei rifugiati 2006. Intervista con Laura Boldrini

 

In corso a Ginevra la sessione inaugurale del Consiglio ONU per i diritti umani. Oggi pomeriggio l’intervento di mons. Lajolo, Sgretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede: ai nostri microfoni Jan Eliasson

 

In Somalia, imposta  anche alla città di Jowhar la Sharia. Nei prossimi giorni, prima missione ONU per valutare la situazione: il commento di Manuel Moncada

 

Cinema americano e cinema italiano in primo piano all’apertura oggi del Taormina Filmfest: ce ne parla Felice Laudadio

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si è aperta ieri a Tunisi la Conferenza internazionale dell’UNESCO “Sull’avvenire delle terre aride”

 

Sono 5 milioni gli immigrati che vivono nell’Unione Europea, su un totale di 56 milioni di extra-comunitari

 

Tenere sotto controllo il processo di urbanizzazione. E’ l’appello lanciato dalla riunione in Canada delle  Nazioni Unite

 

Celebrato ieri presso i Musei Vaticani il 60° anniversario della fondazione dell’Ente dello spettacolo, impegnato con creatività a portare i valori cristiani nel mondo del cinema

 

In Sri Lanka il governo accusa i ribelli tamil per l’attacco ad uno storico tempio buddista

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, decine di morti per un raid aereo americano e per due attentati a Baghdad

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 giugno 2006

 

 

IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI A VALENCIA, L’8 E IL 9 LUGLIO, E’ LEGATO

 A UN AVVENIMENTO CHE COINVOLGERÀ MIGLIAIA DI FAMIGLIE PROVENIENTI

DAI CINQUE CONTINENTI. IN VISTA DEL VIAGGIO APOSTOLICO,

CERCHIAMO DI RIFLETTERE SULLE DIFFICOLTA’ E POTENZIALITA’ DELLA FAMIGLIA OGGI

- Con noi mons. Pietro Maria Fragnelli -

 

E’ la famiglia il centro del viaggio apostolico di Benedetto XVI a Valencia, previsto per l’8 e il 9 luglio. Un avvenimento che coinvolgerà migliaia di famiglie provenienti dai cinque continenti. Momenti di preghiera, dialogo e condivisione per comprendere in modo ancora più profondo il ruolo della famiglia. A questo proposito ascoltiamo la riflessione di Benedetto XVI fatta in occasione del recente incontro con i membri del Pontificio Consiglio per la famiglia nei 25 anni della fondazione del dicastero:

 

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“La famiglia fondata sul matrimonio costituisce unpatrimonio dell’umanità’, un’istituzione sociale fondamentale; è la cellula vitale e il pilastro della società e questo interessa credenti e non credenti. Essa è realtà che tutti gli Stati devono tenere nella massima considerazione, perché, come amava ripetere Giovanni Paolo II, l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia”.

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 Con queste parole del Papa guardiamo al prossimo incontro a Valencia. Delle aspettative ci parla, nell’intervista di Emanuela Campanile, mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Castellaneta e membro della Commissione Episcopale per la Famiglia e la Vita:

 

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R. – Dal popolo di Dio emerge un grande desiderio di attenzione. Le famiglie hanno bisogno di aiuto e ci si interroga su quali aiuti sono oggi necessari, perchè la famiglia possa rispondere alla sua vocazione umana e culturale, ecclesiale e, specificatamente, anche pastorale. Quindi, la presenza del Santo Padre a Valencia è determinante anche per la considerazione che il mondo culturale europeo ha della realtà della famiglia. Anche le comunità cristiane, e le Chiese tutte in Europa, desiderano riscoprire il ruolo della famiglia nella trasmissione della fede, nel tornare ad essere protagonisti in questo di una educazione piena dei loro figli e delle nuove generazioni.

 

D. – Quindi, possiamo dire che la famiglia da sola non ce la può fare, non basta più a se stessa. Perché?

 

R. – Sicuramente alla base dell’incontro del Papa, a Valencia, con tutti i soggetti che promuovono l’attenzione alla famiglia, c’è un’idea di comunione, perché né la famiglia da sola, per un verso, né le comunità cristiane e i vari organismi possono raggiungere obiettivi di qualità nuova nell’evangelizzazione se non si lavora insieme. Il Santo Padre sta richiamando, con una serie organica di catechesi sulla comunione, proprio alla riscoperta dell’identità di ogni battezzato e dell’identità della famiglia. Noi siamo certi che l’esperienza di Valencia sarà importante per tutte le Chiese in Europa.

 

D. – Secondo lei, la pastorale familiare cosa ha tralasciato nei riguardi del programma verso le famiglie? Cosa potrebbe essere potenziato?

 

R. – Forse più che interrogarsi su che cosa è stato tralasciato sarebbe interessante riconsiderare l’aspetto positivo: il desiderio di riscoprire il grande valore, la grande promessa che è contenuta nell’identità cristiana della famiglia. E’ per questo che il Papa ci incoraggia ad evangelizzare, a riconsegnare alle nuove generazioni il Vangelo della famiglia, con la sua ricchezza piena; a non fermarsi solo su aspetti sociologici o giuridici o psicologici. Tutto, certo, va considerato, ma a partire da una riproposta forte, seria, sistematica del grande messaggio, del grande Vangelo della famiglia che è stato offerto a noi dal lungo Pontificato di Giovanni Paolo II, ma che viene da tutta la tradizione cattolica.

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RINUNCE E NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Szeged-Csanád (Ungheria), presentata da Monsignor Endre Gyulay, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto ha nominato monsignor László Kiss-Rigó, Vescovo titolare di Pudenziana, finora vescovo Ausiliare di Esztergom-Budapest.

 

Sempre per quanto riguarda l’Ungheria Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Szombathely, presentata da monsignor István Konkoly, in conformità al can. 401 §1 del Codice di Diritto Canonico. Al suo posto ha nominato monsignor András Veres, vescovo titolare di Cissa, finora Vescovo Ausiliare di Eger.

 

 

IL CARDINALE MARTINO DA DOMANI A SINGAPORE PER IL

XXV DELL’INSTAURAZIONE DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE CON LA SANTA SEDE

 

Primo rappresentante pontificio nella Repubblica di Singapore nel 1981, il cardinale Renato Raffaele Martino da domani per quattro giorni sarà nel Paese asiatico quale messo papale per le solenni celebrazioni del venticinquesimo anniversario delle relazioni Diplomatiche con la Santa Sede.

 

Domani sera il porporato parlerà ai laici sul loro compito per la promozione umana alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Mercoledì 21 giugno al mattino, il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti rivolgerà la sua parola ai sacerdoti e religiosi e, in serata, presiederà una solenne celebrazione di ringraziamento nella Cattedrale del Buon Pastore, tenendo l’omelia sulla “Carità come strada maestra dell’evangelizzazione”. Nell’occasione leggerà un messaggio del Santo Padre.

 

Giovedì 22 giugno, dopo un incontro con il ministro degli Esteri di Singapore, Gorge Yeo, in una pubblica conferenza, tratteggerà il ruolo delle Religioni nella promozione della solidarietà e nella denuncia del terrorismo. Sabato 24 giugno, prima della partenza, il cardinale Renato Raffaele Martino, incontrerà il presidente di Singapore.

 

Prima del ritorno a Roma, il porporato sosterrà a Bangkok in Thailandia, per celebrare nella capitale Asiatica il primo anniversario del pontificato di Papa Benedetto XVI e per l’ordinazione episcopale di mons. Philip Banchong.

 

 

PRESENTATO AI GIORNALISTI STAMATTINA IL NUOVO ALLESTIMENTO DEL MUSEO

MISSIONARIO ETNOLOGICO DEI MUSEI VATICANI. RACCOGLIE OGGETTI E REPERTI

DI TUTTO IL MONDO CHE TESTIMONIANO IL DIALOGO INTERCULTURALE

 ED INTERRELIGIOSO CRESCIUTO ANCHE ATTRAVERSO IL LAVORO DEI MISSIONARI

- Con noi Francesco Buranelli -

 

Nell’ambito del quinto centenario dei Musei Vaticani è stato presentato stamattina ai giornalisti il nuovo allestimento del Museo Missionario Etnologico. Si tratta della terza iniziativa legata alle manifestazioni per i 500 anni dei Musei Vaticani. La sezione che ora il pubblico potrà visitare è dedicata alla Cina, al Giappone, alla Corea, al Tibet e alla Mongolia. L’esposizione vuole essere espressione del dialogo tra le diverse culture che da anni la Santa Sede promuove anche raccogliendo migliaia di reperti di tutti i continenti. Si tratta per lo più di oggetti religiosi che testimoniano anche l’impegno dei missionari nella salvaguardia e custodia delle diverse tradizioni locali ed il loro legame umano e fraterno con le popolazioni conosciute. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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(musica)

 

“Il museo missionario etnologico è stato e rimane come un grande libro: ogni opera è una pagina, una frase, una linea di questo libro. Una grande scuola piena di insegnamenti, di suggerimenti e di ammonizioni. A questa scuola occorre tornare per imparare tutto ciò che essa è capace di insegnare”.

 

(musica)

 

Sono parole di Pio XI, il Papa che con il Motu ProprioQuoniam tam praeclara” del 12 novembre del 1926 diede vita al museo missionario etnologico. Circa 100 mila le opere che conserva: manufatti di uso quotidiano, cerimoniale e artistico che raccontano storie antiche, che testimoniano l’amicizia tra i pontefici ed esponenti di diverse religioni. Come la preziosa Thang-ka buddista, un dipinto sacro su stoffa, donata dall’attuale Dalai Lama a Giovanni Paolo II, o ancora la splendida collezione dei 13 rotoli in seta e carta, i Kakemono, in cui sono raffigurate divinità giapponesi. E’ segno invece dell’antica presenza dei cristiani in Cina la Stele nestoriana. L’originale si trova a Xi’an e risale al VII secolo, ci dà notizia della dottrina del Patriarca di Costantinopoli Nestorio, che sosteneva la distinzione di due nature separate in Cristo, l’umana e la divina. Un’autentica rarità infine è la riproduzione del tempio buddista di Chaoyang. Costruito tra il XVII e XVIII secolo è andato distrutto, e quello conservato nei Musei Vaticani è l’unico modello rimasto. Ma ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto il direttore generale dei Musei vaticani Francesco Buranelli:

 

(musica)

 

R. - Perché questo museo? Per avere un contatto con civiltà lontane e per riaffermare quel dialogo tra culture, civiltà e religioni che in Vaticano e, soprattutto nei Musei Vaticani, non si vuole mai interrompere, anzi promuovere. Il Museo nasce nel 1926 con un motu proprio di Papa Pio XI, a seguito dell’esposizione missionaria che lo stesso Pontefice aveva realizzato nel Palazzo apostolico del Laterano per l’Anno Santo del 1925. L’interesse verso questa azione missionaria della Chiesa verso tutti i continenti, il Papa volle renderlo un fatto e un documento permanente nell’ambito dei Musei Vaticani. In ogni regione e in ogni sottosezione, il tema principale è comunque quello delle religioni che vengono presentate sia come religioni locali, sia soprattutto nel contatto con il cristianesimo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina si apre con l'Iraq: il Giappone annuncia il ritiro delle truppe; attesa per agosto la sentenza su Saddam Hussein.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla celebrazione del "Corpus Domini" nelle Diocesi italiane.

 

Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Africa: la morsa mortale di siccità e carestia"; si moltiplicano le denunce e gli appelli a soccorrere le popolazioni delle zone subsahariane.

 

Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli dal titolo "Dietro le grandi opere il minuzioso esercizio del disegno": la mostra "Michelangelo drawings" al British Museum

Per l' "Osservatore libri" un articolo di Armando Rigobello dal titolo "L'impulso incessante tra abisso e salvezza": una nuova edizione di "Essere e tempo" di Martin Heidegger nei Meridiani.    

 

Servizio italiano - In rilievo la questione degli incidenti sul lavoro. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 giugno 2006

 

 

DARE AI PROFUGHI LA SPERANZA DI RICOSTRUIRE ALTROVE QUANTO PERSO IN PATRIA: QUESTO L’IMPEGNO PROMOSSO NELLA GIORNATA MONDIALE DEI RIFUGIATI 2006

- Intervista con Laura Boldrini -

 

Si celebra oggi la Giornata Mondiale del Rifugiato, quest’anno dedicata alla “speranza”, componente essenziale per chi è costretto all’esilio. Mantenerla in vita, scrive nel suo messaggio il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, permette a profughi e sfollati di avere la forza per la “lunga lotta” che li aspetta. “Una volta trovato scampo dalle persecuzioni o dalla guerra – afferma il capo del Palazzo di Vetro – questi individui restano alle prese con enormi sfide, nel tentativo di ottenere ciò che la maggior parte di noi dà invece per scontato: istruzione, lavoro, abitazioni, cure sanitarie”. Anche il Papa, all’Angelus di domenica scorsa, aveva espresso l’auspicio che i diritti dei rifugiati vengano sempre rispettati, invitando le comunità ecclesiali ad andare incontro alle loro necessità. Secondo i dati dell’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, i rifugiati attualmente in Italia sono circa 15 mila, mentre 9.500 sono le domande d’asilo presentate nel 2005. Cifre ancora di molto inferiori rispetto a quelle di altri grandi Paesi dell’Unione Europea, quali Germania, Regno Unito o Francia. Ciononostante, il fenomeno è in aumento. Sulla scelta del tema per le celebrazioni del 2006, Lucas Duran ne ha parlato con Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato:

 

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R. – La speranza è un tema che noi abbiamo voluto rilanciare proprio perché oggi, anche nei Paesi di asilo, stanno aumentando diffidenza, discriminazione, e a volte si arriva alla vera e propria ostilità e intolleranza. Quindi, in questo contesto non facile, il rifugiato si trova a volte a rischiare di perdere la speranza. L’invito allora è a far sì che questa persona che chiede protezione in un altro Paese possa trovarla e con essa trovare anche la serenità per poter ricominciare a vivere.

 

D. - Si fa spesso confusione tra rifugiato e migrante in senso generale. Cosa si intende esattamente con “rifugiato”?

 

R. – Il rifugiato è una persona che non ha scelta. E’ una persona che, contro la sua volontà, è costretta a lasciare il proprio Paese, perchè perseguitato. E tale persecuzione può avere diverse motivazioni. La convenzione di Ginevra del ’51 stabilisce questi motivi: motivi politici, religiosi, di razza, di nazionalità o di appartenenza ad un gruppo sociale. Quindi, come si vede, la differenza è fondamentale. Chi invece non è costretto, ma decide di partire per andare a lavorare in un altro Paese è il migrante economico: una persona, dunque, che anche se rimandata indietro non rischia di finire in una prigione o di essere torturato. In questo caso, si tratta di una persona che ha fatto un progetto di vita, anche se difficile, andando a lavorare in un'altra nazione. Il rifugiato, invece, se viene rimandato indietro, viene posto in una condizione di serio pericolo.

 

D. – Quanto è cambiata negli ultimi anni l’attitudine degli italiani all’accoglienza dei rifugiati?

 

R. – C’è un’enorme differenza tra come negli anni ’90 venivano recepite queste persone che arrivavano in Italia: c’era un’attenzione particolare, una spontaneità, un entusiasmo nell’aiutare. Oggi continua ad esserci, ma di meno rispetto al passato. Quello che invece sta emergendo rispetto al passato è un sentimento di diffidenza dilagante. C’è diffidenza perché si ha paura e si ha paura perchè ci sono persone che hanno interesse a creare questa paura: politici irresponsabili, giornalisti che giocano al sensazionalismo e creano quindi questo sentimento di paura. Questo è molto pericoloso, perchè anche le persone più disponibili e dotate di buona volontà rischiano poi invece di essere fagocitate dalla paura e quindi di essere più diffidenti, di mettere in campo anche misure di discriminazione rispetto a chi non è come noi.

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IN CORSO, A GINEVRA, LA SESSIONE INAUGURALE DEL CONSIGLIO ONU PER I DIRITTI UMANI. OGGI POMERIGGIO L’INTERVENTO DI MONS. LAJOLO, SEGRETARIO PER

I RAPPORTI CON GLI STATI DELLA SANTA SEDE. AI NOSTRI MICROFONI, LE ASPETTATIVE DEL PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE,

JAN ELIASSON

 

Accompagnata da speranze e qualche perplessità, si è aperta ieri a Ginevra la sessione inaugurale del Consiglio per i diritti umani, il nuovo organismo delle Nazioni Unite che prende il posto della Commissione per i diritti umani. Oggi pomeriggio, alle 15.30, è previsto l’intervento al Consiglio dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Intanto l’organizzazione Save the children ha espresso l’auspicio che il nuovo Consiglio dell’ONU possa rappresentare una svolta per la tutela dell’infanzia nel mondo. Ma torniamo all’apertura di ieri, caratterizzata dal discorso del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Da Ginevra, il servizio di Mario Martelli:

 

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“Non sprechiamo questa occasione” - ha detto, all’apertura dei lavori, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan - “di dare alla nostra organizzazione e all’umanità la possibilità di riprendere con nuovo vigore la lotta per i diritti dell’uomo”. Il Consiglio, nel quale sono riposte le nuove speranze, è costituito da rappresentanti di 47 Paesi eletti dall’Assemblea generale con un mandato da uno a tre anni. Avrà almeno tre sessioni l’anno per complessive 10 settimane e con possibili sessioni straordinarie in caso di crisi. La Commissione era composta da 53 Paesi, designati da gruppi regionali con una sessione di sei settimane a primavera di ogni anno. Il Consiglio procederà, con modalità ancora da fissare, ad un esame periodico universale del rispetto dei diritti dell’uomo nei 191 Stati membri dell’ONU.

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Tra i promotori del nuovo organismo dell’ONU per i diritti umani c’è il presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Jan Eliasson, che nei giorni scorsi è stato ricevuto in udienza da Benedetto XVI. Al microfono di Olle Brandt, del programma scandinavo della nostra emittente, Eliasson, che è anche ministro degli Esteri svedese, afferma che la nascita del Consiglio per i diritti umani è un primo passo della riforma dell’ONU:

 

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Il consiglio per i diritti umani è una grande riforma istituzionale. Il consiglio è un organismo anche per la costruzione della pace, che farà in modo che i Paesi non vengano abbandonati dopo crisi e conflitti. Guardiamo il caso dell’Afghanistan. Cosa succede quando si va via, quando si spengono le telecamere della CNN? Ci ritroviamo in una situazione difficile come quella attuale. Il nuovo consiglio è più piccolo della Commissione per i diritti umani e spero perciò che sia più efficiente. Soprattutto vengono poste delle condizioni ai Paesi che diventano membri del Consiglio. Essi stessi vengono sorvegliati riguardo alla politica seguita sui diritti umani durante il periodo in cui fanno parte del Consiglio. Un Paese che commette delle infrazioni serie e profonde può essere sospeso. E’ importante, nei Paesi che escono da conflitti, lavorare per la ricostruzione. Dobbiamo costruire istituzioni, promuovere la riconciliazione. E qui ha un ruolo importante la Chiesa cattolica. Credo che la Chiesa possa offrire un contributo per la riconciliazione. Ma anche per la prevenzione dei conflitti, che non riguarda solo i diritti umani ma anche lo sviluppo, come l’educazione delle donne. Diritti che diminuiscono con malattie quali l’AIDS che si diffondono nella maniera terribile che vediamo oggi nel mondo.

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l’onu invia una commissione IN SOMALIA MENTRE mEDICI SENZA FRONTIERE

DENUNCIA LA CARENZA DI STRUTTURE OSPEDALIERE SUL TERRITORIO INTANTO

AUMENTANO LE CITTA’ CUI VIENE IMPOSTA LA SHARIA

- Con noi Manuel Moncada -

 

In Somalia, le Corti islamiche hanno imposto ieri la Sharia a Jowar, ex roccaforte dei “signori della guerra”, 90 Km a nord della capitale Mogadiscio. Nei prossimi giorni, nel Paese, è previsto, inoltre, l’arrivo di una prima missione dell’ONU per valutare la situazione umanitaria. Ma quali sono, adesso, le condizioni della popolazione somala? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Manuel Moncada, di medici Senza Frontiere che si è recato in missione in Somalia per diversi mesi:

 

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R. – La popolazione vorrebbe avere accesso a cure, far riferimento a cliniche, a ospedali, vorrebbe aver accesso all’acqua potabile, ad un sistema di educazione valido. C’è insomma voglia di ritornare ad una situazione pacifica nel Paese. Il che non è avvenuto da anni se non a sprazzi molto brevi.

 

D. - La presa di potere da parte delle corti islamiche in alcune città può cambiare qualcosa?

 

R. – E’ difficile da dire. Poi che questo sia un bene o un male non è un giudizio che compete a noi.  Ma proprio a livello umano è chiaro che avere, dopo anNi e anni di violenza, di anarchia totale, un gruppo di persone che dettano ordine e soprattutto restaurano, anche se su un breve territorio, una specie di calma, fa aderire molte persone. Ma questo non significa un bene o un male. Non vorrei però che l’opinione pubblica veda sia l’Islam, sia le Corti islamiche come una deriva autoritaria. Ancora non si sa.

 

D. – Cosa fa Medici Senza Frontiere nel Paese?

 

R. – E’ importante sapere che Medici Senza Frontiere non ha mai lasciato la Somalia. C’era già prima che nascesse questa situazione che dura ormai da 15 anni. MFS oggi è soprattutto presente nel sud del Pese, dove i bisogni sono più acuti. Operiamo in centri di salute abbastanza di base, ma puntiamo anche su alcune malattie, tipo la tubercolosi o la malaria. Poi assicuriamo una presenza chirurgica; chiaramente feriti di guerra ce ne sono tanti, ma anche molti, purtroppo troppi, feriti tra i civili.

 

D. – Quali sono le vostre prospettive?

 

R. - Non c’è più niente, non ci sono più strutture. Il sogno è di aver accesso ad alcune zone, alle quali non c’è più accesso da anni. Basti pensare che a Mogadiscio approssimativamente si parla di una popolazione di un milione: dunque è una capitale rispettabile in Africa, ma non ci sono cure che coprano l’intera popolazione. Oggi esistono solo due ospedali che funzionano con il supporto della Croce Rossa Internazionale.

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CINEMA AMERICANO E CINEMA ITALIANO IN PRIMO PIANO ALL’APERTURA OGGI

DEL TAORMINA FILMFEST. LA RASSEGNA SI SVOLGE NEL MAGNIFICO TEATRO GRECO

DELLA CITTADINA SICILIANA FINO AL 25 GIUGNO

- Intervista con Felice Laudadio -

 

Nello splendido scenario del Teatro Greco di Taormina si apre oggi la 52.ma edizione del FilmFest che si chiuderà il 25 giugno prossimo. In primo piano alcune importanti anteprime cinematografiche americane e grande spazio al cinema italiano, con la seconda edizione dell’ItaliaFilmFest. Il servizio di Luca Pellegrini:

 

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Cinema italiano e cinema americano. Lezioni di cinema e premi. Anche quest’anno Taormina per una settimana – tempo ridotto rispetto alle precedenti edizioni – offre una serie di anteprime e ben calibrate novità. C’è l’atteso film United 93 sulla tragedia che coinvolse uno degli aerei utilizzati nell’attacco terroristico dell’11 settembre e la presenza del regista polacco Krzysztof Zanussi, che parlerà agli studenti e al pubblico del suo cinema e del suo nuovo progetto “siciliano”, ricevendo poi un premio speciale insieme, tra gli altri, a Valeria Golino e Carlo Verdone. Un anno difficile, però, per Taormina e il suo Festival, come confessa Felice Laudadio, direttore della manifestazione:

 

R. - L’anno è difficile economicamente e chi paga per primo, in generale, per le difficoltà che ci sono è il settore culturale. Taormina, in particolare, ne ha più di altri quest’anno, per i problemi di sponsor importanti che sono venuti meno. Altri ne sono arrivati ma molto più ridotti, più piccoli. Non facendo più parte del gruppo degli sponsor storici, abbiamo dovuto rivedere tutti i piani. Abbiamo, però, molto orgoglio. Un Mezzogiorno povero di eventi culturali, in generale, trova in Taormina, in tutta l’attività di Taormina Arte ed in particolare nel Festival del cinema, un importante riferimento. Vale la pena, dunque, di lottare per salvarlo. 

 

D. - Un Festival, dunque, ridotto, ma sempre generoso di proposte cinematografiche…

 

R. – Abbiamo incentrato l’attenzione, a questo punto, sul cinema italiano, che ha sempre avuto a Taormina una ribalta importante per quanto riguarda i riconoscimenti. Quest’anno abbiamo voluto fare un esperimento diverso. Abbiamo non solo pensato di dedicare una serata ai premi, ma di dedicare l’intero Festival alla presentazione dei film in concorso per quei premi. Quindi, ci sono in programma i 14 migliori film italiani dell’anno, che verranno valutati da una giuria internazionale, composta soltanto da autorevoli critici stranieri. Lo slogan è “La critica internazionale giudica il cinema italiano”, lontana dunque da ogni compromesso e da ogni favoritismo possibile.

 

D. – Quali sono le prospettive che animano il suo lavoro a Taormina?

 

R. – Credo che dovremmo rivedere il concetto importante del Festival. Non posso ancora anticipare i contenuti. Vorrei prima proporre la variante al Comitato a Taormina. Occorrerà che si immagini un Festival di altro tipo, che non perda nulla della grande tradizione – sono 52 anni che esiste il festival di Taormina – ma che si modifichi strutturalmente all’interno, appunto specializzandosi in qualcosa che vedremo se sarà possibile fare.

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CHIESA E SOCIETA’

20 giugno 2006

 

 

Mettere in campo tutte le soluzioni tecniche per frenare la costante

avanzata della desertificazione. E’ l’appello lanciato alla conferenza

 internazionale dell’Unesco “sull’avvenire delle terre aride”,

che si è aperta ieri a Tunisi

- A cura di Amina Belkassem -

 

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TUNISI.= A dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, più di un miliardo di persone in 110 Paesi è minacciata dall’avanzata del deserto e un terzo della popolazione mondiale vive in zone ari-de e semiaride. Secondo l’UNESCO, entro il 2020, 60 milioni di persone si sposteranno dall’Africa verso il Nord. Oltre alla conservazione della biodiversità e allo sviluppo di una agricoltura sostenibile, nei tre giorni di lavori si parlerà della gestione delle acque e delle dinamiche socioculturali delle terre aride, anche in vista del prossimo summit di capi di Stato su questo tema, previsto in ottobre ad Algeri. Durante la manifestazione, considerata l’evento più importante dell’Anno internazionale dei deserti, proclamato dalle Nazioni Unite per il 2006, anche la presentazione di un cd pedagogico in 9 lingue destinato agli insegnanti dei Paesi a rischio. Circa 300 esperti, provenienti da tutto il mondo, hanno partecipato ai lavori.

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cinque  milioni gli immigrati CHE vivono nell’Unione Europea, su un totale

di 56 milioni di extra-comunitari. E’ il quadro fotografato dalla Caritas Europea, nel suo rapporto presentato ieri a Bruxelles NEL QUALE chiede

il diritto di voto per gli immigrati regolari

- A cura di Giovanni Del Re -

 

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BRUXELLES. = Lo studio punta i riflettori su cinque settori: lavoro, abitazione, salute, educazione e partecipazione alla vita pubblica. In tutti vi sono quelle che la Caritas definisce le “trappole della povertà”. Così, gli immigrati lavorano più di quanto sia permesso e per meno soldi, spesso senza neanche una copertura assicurativa e previdenziale. Un dramma è anche quello della situazione degli alloggi: un po’ ovunque sovraffollati e troppo cari rispetto allo stato e al livello dell’abitazione. Una situazione difficile che, con la cattiva alimentazione e le precarie condizioni di lavoro, porta anche ad un cattivo stato di salute e con difficoltà ad accedere ai sistemi sanitari dei vari Paesi. Non è finita. Secondo il Rapporto Caritas, carente è anche l’istruzione: alto l’abbandono scolastico e in genere minori sono le qualifiche raggiunte. Scarsa anche la capacità di partecipazione alla vita pubblica. Qui la Caritas esorta i governi a concedere – è scritto nel testo – il diritto di voto a tutti gli immigrati regolari, almeno nelle elezioni locali, regionali ed europee.

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Tenere sotto controllo il processo di urbanizzazione. E’ l’appello lanciato dal Canada dalle Nazioni Unite che mettono in guardia i governi di fronte

ad un fenomeno inarrestabile

- A cura di Elena Molinari -

 

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Vancouver. = L’ONU prevede che entro il prossimo anno più della metà della popolazione, abiterà nelle grandi città, mentre un terzo di questi nuovi cittadini metropolitani vivranno in baraccopoli. E’ una delle realtà presentate al Forum urbano delle Nazioni Unite in corso a Vancouver, in Canada, per studiare gli effetti della rapidissima urbanizzazione in corso nelle città e nelle economie di tutto il mondo. Dopo due giorni di lavori, è emersa chiaramente l’urgenza che le città si attrezzino per far fronte ad un fenomeno inarrestabile. Un primo passo fondamentale è l’investimento nella conservazione di acqua, dove le città non possono farcela da sole. Non a caso, uno dei Paesi che ha avuto più successo nella riduzione delle baraccopoli negli ultimi 20 anni è Thailandia, dove il governo nazionale ha collaborato strettamente con le amministrazioni locali. Altre nazioni che stanno seguendo strade simili sono ad esempio l’India, che ha già annunciato un piano che concentra investimenti massicci nelle sue 60 metropoli maggiori nei prossimi dieci anni. Il Forum continuerà fino a venerdì.

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celebrato ieri presso i Musei Vaticani il 60° anniversario della fondazione dell’Ente dello Spettacolo, impegnato con creatività a portare

i valori cristiani nel mondo del cinema

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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CITTA’ DEL VATICANO. = Alla presenza del cardinale Camillo Ruini e mons. Giuseppe Betori, presidente e segretario della Conferenza episcopale italiana, e di mons. John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, si è svolta l presso i Musei Vaticani la celebrazione per i 60 anni della fondazione dell’Ente dello Spettacolo. Impegnati a rilanciare la presenza cattolica nel mondo del cinema, personalità come Luigi Gedda, Diego Fabbri e Turi Vasile ebbero l’intuizione di fondare l’Ente dello Spettacolo nel primissimo dopoguerra. Era l’anno 1946 e da allora l’Ente cattolico è riuscito con intelligenza e discrezione a divenire uno dei punti di riferimento per quanti, nella Chiesa o per affinità, desiderano confrontarsi con il mondo del cinema. Compie dunque 60 anni, l’Ente dello Spettacolo, e mons. Dario Edoardo Viganò, che ne è Presidente, ha voluto ieri in sintesi tracciare la storia, le sfide e i progetti, dinanzi ad una bella platea riunita nella Sala Conferenze dei Musei Vaticani. “L’impegno dei cattolici nel cinema trova nell’Ente dello Spettacolo una traduzione incisiva e puntuale”, ha affermato il sacerdote, rivolgendosi ai presenti. Il cardinale Camillo Ruini ha ricordato, invece, come il legame tra Chiesa e arte cinematografica affonda nelle origini stesse della settima arte. “La prospettiva è quella evangelica dello stare dentro la storia – ha ricordato il presidente della Conferenza episcopale italiana – con amore e con una libertà che sappia essere sia propositiva sia critica, valorizzando le grandi acquisizioni dell’attuale civiltà e aiutandola a superare le molte contraddizioni che minacciano di arrestarne il cammino: tutto ciò senza indebolire o mettere tra parentesi la nostra identità cristiana, ma al contrario partendo da essa e operando in forza di essa”.

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In sri lanka, il governo accusa i ribelli tamil DELl’attacco ad uno storico tempio buddista. Sabato scorso invece le forze governative hanno compiuto un attentato ad una chiesa in un villaggio tamil

 

COLOMBO. = Il governo dello Sri Lanka accusa i ribelli tamil dell’attacco ad uno storico tempio buddista, avvenuto ieri nella parte orientale del Paese. Come riporta l’agenzia Asia-News, Colombo ha reso noto l’avvenimento attraverso una dichiarazione ufficiale. Nella nota si precisa che i ribelli hanno sparato contro il tempio Somawathi, fuggendo dopo che le forze governative, a guardia del tempio, hanno risposto al fuoco. Finora le Tigri non hanno rilasciato commenti sull’accaduto. Secondo il comunicato, l’attacco mirava “ad accendere l’odio etnico tra singalesi buddisti e tamil”. L’escalation di violenza in corso nel Paese dallo scorso fine settimana ha ucciso finora circa 100 persone. Lo scorso 17 giugno - secondo quanto denunciato dal vescovo di Mannar, mons. Rayappu Joseph - un manipolo di uomini della marina militare aveva lanciato bombe a mano dentro la chiesa di Nostra Signora della Vittoria, nel villaggio di Pesalai, uccidendo una donna di 70 anni e ferendo più di 40 persone che vi cercavano riparo. Il 15 giugno, invece, a nord di Colombo si è verificato l’attacco più grave dalla firma del cessate-il-fuoco del 2002: 64 civili, che viaggiavano a bordo di un autobus, hanno perso la vita per lo scoppio di una mina. Ieri, il governo di Colombo ha invitato i ribelli, che si battono da 20 anni per l’indipendenza del nord-est, a riprendere i colloqui di pace in stallo, per evitare una nuova guerra civile. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 giugno 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

       

Un raid aereo americano in un villaggio a nord di Baghdad, l’esplosione di un’autobomba in un mercato della capitale, e un attentato kamikaze contro una folla di anziani. Sono gli ultimi episodi di violenza che hanno scosso l’Iraq. Il nostro servizio:

 

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In Iraq, 15 persone sono rimaste uccise in seguito ad un raid condotto dall’esercito americano a nord di Baghdad. Testimoni oculari hanno precisato che le vittime di questa operazione, compiuta nella notte, erano agricoltori appartenenti ad una stessa famiglia. Secondo il comando militare americano, che ha confermato il raid, si trattava invece di insorti legati ad Al Qaeda. Sempre nella capitale, sono morte altre sette persone per l’esplosione di un’autobomba in un mercato, in pieno centro cittadino. A Bassora, un attentato compiuto da un kamikaze contro un gruppo di anziani e disabili che si erano radunati davanti agli uffici cittadini della previdenza sociale, ha causato inoltre la morte di una donna e dell’attentatore. Il ministero della Difesa americano ha reso noto, poi, che sono stati trovati i corpi senza vita di due soldati statunitensi rapiti, nei giorni scorsi, nello Stato arabo. Il sequestro era stato rivendicato da Al Qaeda. In Iraq e nel mondo ha ricevuto, intanto, vasta eco la notizia della richiesta della condanna a morte avanzata, ieri, dal pubblico ministero durante il processo contro l’ex presidente iracheno, Saddam Hussein. Il quotidiano cattolico italiano “Avvenire” scrive che “politicamente, forse, l’ergastolo in regime di carcere duro non darebbe adeguata soddisfazione alle vittime delle persecuzioni (sciiti e curdi) mentre potrebbe apparire come eccessivamente indulgente nei confronti dei sunniti, minoranza prevaricante per decenni”. “Ma la ragion di Stato - si legge ancora sul giornale che chiede di non uccidere Saddam - non annulla le istanze dell’etica”. L’associazione “Nessuno tocchi Caino” ribadisce, inoltre, che una eventuale condanna capitale contro Saddam, “sarebbe anche un grave errore politico, perché offrirebbe alla guerriglia sunnita e al terrorismo un martire di cui nutrirsi, un mito da sbandierare”. In Giappone, infine, il premier Koizumi ha annunciato il ritiro delle truppe giapponesi di stanza nel Paese arabo. Il ministero della Difesa nipponico ha subito diramato l’ordine per il rimpatrio, che sarà completato nelle prossime settimane.

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In Pakistan, le autorità hanno inviato nella regione di Kurrum truppe paramilitari per porre fine ad una vera e propria battaglia per l’acqua tra due clan rivali vicino al confine afgano. Le due fazioni si contendono l’acqua di un canale di irrigazione. Negli scontri sono morte, finora, almeno 5 persone.

 

“L’Iran deve abbandonare ogni ambizione di ottenere armi nucleari”. E’ il monito lanciato ieri dal presidente americano, George Bush, durante il suo discorso, nello Stato di New York, all’Accademia della Marina mercantile. In caso di mancata collaborazione – ha aggiunto il capo della Casa Bianca – il governo di Teheran andrà incontro ad “un ulteriore isolamento nel mondo e a sanzioni politiche e economiche progressivamente più dure”. Intanto a Vienna, l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha detto di attendersi, entro il prossimo 29 giugno, la risposta della Repubblica islamica alle condizioni sul nucleare imposte dall’ONU.

 

Tra mille difficoltà proseguono, in Medio Oriente, i colloqui interpalestinesi tra Hamas e Al Fatah, per giungere ad un accordo che ponga fine alle violenze delle ultime settimane. Intanto, giovedì prossimo a Petra, in Giordania, a margine di un incontro di premi Nobel, ci sarà il primo faccia a faccia tra il premier israeliano, Ehud Olmert, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. Fonti dell’ufficio del primo ministro dello Stato ebraico hanno tuttavia precisato che non si tratta di un incontro ufficiale.

 

Il Giappone prevede una “dura risposta” se la Corea del Nord lancerà un missile balistico che, secondo diverse fonti, sarebbe in grado di raggiungere l’Alaska. Per il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, si tratta di “un atto provocatorio”. Il governo di Pyongyang - ha poi detto ieri Condoleezza Rice - continua a rifiutare “il cammino del compromesso e della pace”. E le minacce missilistiche “vengono prese molto sul serio” da Washington. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

 

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Fronte unico tra Giappone e Stati Uniti, alleati di ferro contro la Corea del Nord. Dopo il duro ammonimento di Tokyo, anche Washington mette in guardia Pyongyang contro un eventuale lancio del suo primo missile intercontinentale, che va considerato – ha detto il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice – un atto provocatorio e una sorta di abrogazione della moratoria del 1999. E intanto, proseguono i contatti diplomatici tra i vari Paesi dell’ONU e soprattutto tra quelli partecipanti ai colloqui multilaterali sulla crisi nucleare: Sud Corea, Giappone, Russia, Cina e Stati Uniti. L’obiettivo principale è convincere una Corea del Nord sempre più isolata a tornare al tavolo delle trattative e a rinunciare al programma di sviluppo atomico. Anche Seul guarda con apprensione a Pyongyang, soprattutto nel timore di vedere interrotto il delicato processo di riavvicinamento messo in moto dallo storico summit intercoreano del 2000, di cui lo scorso 15 giugno si è festeggiato, a Seul, il sesto anniversario, alla presenza di una folta delegazione proveniente dal nord.

 

Per Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.

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Di Corea del Nord hanno parlato ieri anche il presidente degli Stati Uniti, George Bush ed il suo omologo russo, Vladimir Putin. In una lunga telefonata, i due capi di Stato si sono detti d’accordo sulla necessità di affrontare congiuntamente le crisi innescate dalle ambizioni nucleari di Iran e Corea del Nord.

 

Nuove sanzioni contro la Bielorussia: il presidente americano, George Bush, ha annunciato ieri il congelamento nel territorio statunitense dei conti bancari e di altri beni finanziari posseduti dal capo di Stato bielorusso, Alexander Lukashenko, e da nove dei suoi collaboratori per avere “sabotato le istituzioni democratiche” in Bielorussia.

 

Crisi politica in Lituania: il Parlamento ha respinto la nomina del socialdemocratico Zigmantas Balcytis come primo ministro. La scelta, fatta dal presidente Adamkus cinque giorni fa, doveva far uscire il Paese baltico dall’impasse. Il capo dello Stato ha adesso due settimane di tempo per trovare una soluzione.

 

Riprenderanno domani, in Tanzania, i negoziati tra il governo del Burundi e il gruppo ribelle delle Forze nazionali di Liberazione per il proseguimento dell’accordo di cessate il fuoco. Le parti, in conflitto da oltre un decennio, si sono impegnate, domenica scorsa, per l’avvio di trattative che pongano fine alle violenze.

 

Il governo olandese ha confermato che l’ex presidente liberiano, Charles Taylor, sta per essere trasferito in aereo all’Aia. Taylor è accusato di crimini contro l’umanità. Venerdì scorso, una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU aveva concesso l’autorizzazione per il trasferimento dell’ex dittatore nei Paesi Bassi.

 

Cresce il bilancio delle vittime provocate dall’influenza aviaria in Indonesia. Dopo i controlli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è stata confermata la morte di un ragazzo di 14 anni avvenuta a Giacarta. Si tratta del 39.mo decesso causato dal virus in Indonesia.

 

“Qualunque sia l’esito del voto per il referendum del 25 e 26 giugno, le maturate esigenze di riforma dovranno tornare in Parlamento alla ricerca del più largo consenso”. Lo ha detto il capo di Stato italiano, Giorgio Napolitano, in occasione della sua prima visita ufficiale a Napoli da presidente della Repubblica.

 

Sempre in Italia, il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi e il sostituto procuratore, Henry John Woodcock, hanno interrogato stamani, in carcere, il principe Vittorio Emanuele di Savoia, accusato di associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione.

 

Dodici arresti tra Spagna e Francia per estorsione di fondi. L’inchiesta rientra nelle indagini sul finanziamento all’organizzazione separatista basca ‘Eta’. Secondo il ministro della Giustizia spagnolo, Juan Fernandez Lopez Aguilar, gli arresti “non cambiano in alcun modo la linea del premier Zapatero” nel processo di riapertura dei negoziati per trovare una soluzione alla questione basca.

 

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