RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 170 - Testo della trasmissione di lunedì 19 giugno 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Per una reale integrazione dei profughi bisogna investire nell’ospitalità: dopo l’appello di Benedetto XVI, guardiamo a un organismo impegnato nel campo, il “Jesuit Refugees Service”. Con noi padre Giovanni Lamanna

 

Iniziata oggi la visita ad Limina dei vescovi lettoni e lituani

 

Tutte le Chiese Orientali ma in particolare la Chiesa in Terra Santa sono al centro della 75.ma assemblea generale della Roaco, da oggi a Roma: intervista con il rev.do don Leon Lemmens

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Fa discutere l’annuncio di esperimenti di un missile a lungo raggio da parte della Corea del Nord: ai nostri microfoni Pierluigi Zanatta

 

Cambiano le scelte di chi decide di concedersi una vacanza: è in aumento il turismo culturale e religioso e sono in calo le tradizionali ferie al mare. Ce ne parla Francesco Campo

 

La Boheme nell’allestimento con quinte e costumi ideati e realizzati dai detenuti di due carceri di massima sicurezza in Italia e in Irlanda: interviste con Pier Luigi Neri ed Ernesto Padovani

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si apre oggi ad Olbia il Convegno dei direttori degli uffici catechistici diocesani, organizzato dalla CEI

 

Si svolgeranno domani alle ore 10 al Teresianum, punto San Pancrazio, i funerali di padre Jesus Castellano Cervera, spentosi improvvisamente a Roma il 15 giugno scorso

 

Si svolgeranno mercoledì a La Spezia i funerali di padre Nazareno Taddei, morto ieri dopo un ricovero di alcuni giorni

 

Arrestati in Arabia Saudita quattro cristiani sorpresi a pregare in casa

 

In Gran Bretagna tutto è pronto per il primo trapianto totale di faccia al mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq più di 10 persone morte, mentre al processo contro Saddam il pubblico ministero chiede la condanna a morte

 

       

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 giugno 2006

 

 

IN UDIENZA DAL PAPA IL PRIMO GRUPPO DI VESCOVI

 DELLA LITUANIA E DELLA LETTONIA, IN VISITA AD LIMINA

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi della Lituania e della Lettonia, in visita ad Limina. Due Paesi con un passato recente drammatico e che vivono con speranza l’inserimento nell’Unione Europea, di cui fanno parte dal 2004. Fondamentale il ruolo della Chiesa, sempre vicina al popolo soprattutto nei momenti difficili della dominazione sovietica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Due nazioni legate dalla testimonianza di un amore appassionato per la libertà religiosa: Lituania e Lettonia hanno conosciuto entrambe l’oppressione del regime sovietico e, assieme, nel 1991, hanno conquistato l’indipendenza. Negli anni più bui della loro storia, la Chiesa ha difeso l’identità delle due repubbliche baltiche dai tentativi di russificazione imposti dal Cremlino. Tanti i sacerdoti e religiosi che, negli anni dell’imperialismo sovietico, hanno pagato con la vita la propria fedeltà a Cristo e all’uomo. La Lituania, grande un quinto dell’Italia, è popolata da 3 milioni e 400 mila abitanti. Di questi, l’80 per cento è di fede cattolica. La cristianizzazione del Paese risale al 1387 ad opera del granduca Jagellone e di suo cugino Alessandro. La Santa Sede stabilisce rapporti diplomatici con la Lituania già nel 1922. Ma il Concordato viene cancellato nell’estate nel 1940 quando l’occupazione sovietica provvede allo scioglimento di tutte le organizzazioni cattoliche e alla confisca dei beni ecclesiastici. E’ l’inizio di una stagione drammatica per il popolo e la Chiesa della Lituania. Nel 1972, compare la rivista clandestina “Cronaca della Chiesa Cattolica in Lituania”, una voce coraggiosa che denuncia le persecuzioni sovietiche. Per dare risalto internazionale a queste testimonianze, la Radio Vaticana trasmette la rubrica “Notizie dalle diocesi” destinata interamente alla diffusione della coraggiosa rivista.

 

Nel 1987, 600.mo anniversario della cristianizzazione lituana, Giovanni Paolo II celebra una Santa Messa per mostrare la sua vicinanza ai fedeli lituani. Quattro anni dopo, dopo giorni di scontri nella capitale Vilnius, costati la vita a 13 persone, la Lituania si libera dal giogo di Mosca e proclama la propria indipendenza. Due anni dopo, la memorabile visita di Giovanni Paolo II nelle terre baltiche. Immagine indimenticabile di quel viaggio apostolico in terra lituana, la visita di Papa Wojtyla sulla “Collina delle croci”, meta di pellegrinaggio da tutti i Paesi baltici. La Lituania guarda con fiducia all’Europa. Nel marzo del 2003, i presuli lituani invitano i cittadini a votare in favore dell’adesione all’Unione Europea. Al referendum, i sì saranno il 91 per cento. Nel 2004, dunque, la Lituania diventa Stato membro dell’UE e i presuli lituani entrano a far parte della COMECE, la Commissione degli episcopati dell’Europa. Poco più piccola della Lituania, la Lettonia conta circa 2,5 milioni di abitanti, il 29 per cento di etnia russa. La maggior parte dei lettoni è protestante di fede evangelica, i cattolici sono circa il 20 per cento. Anche i lettoni hanno conosciuto il dramma dell’occupazione sovietica e come i lituani hanno conquistato l’indipendenza nel 1991. Due anni prima, una memorabile catena umana di due milioni di lituani, lettoni ed estoni aveva testimoniato pacificamente l’afflato di libertà dei popoli baltici. La Chiesa accompagna la fase di transizione dal regime alla democrazia, dall’impero sovietico all’Unione Europea. “La Chiesa di Lettonia – afferma Giovanni Paolo, nella capitale lettone Riga nel 1993 – sta attualmente attraversando un periodo di particolare grazia, quasi una nuova creazione. Dopo i lunghi anni di sofferenza, che sono stati momenti di passione e di croce, rinasce la speranza”. Quando poi la Lettonia, nel 2004, entra a far parte dell’Unione Europea, la Chiesa indica i valori guida in questo momento chiave della sua storia. E’ il maggio di quell’anno quando nella prima assemblea dei laici cattolici viene ribadito il contributo che la Lettonia può offrire al Vecchio Continente: “Essere coraggiosi nel confermare la propria fede”, impegnandosi “al ritorno dell'Europa alle sue radici cristiane”.

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UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto, oggi, il cardinale Gilberto Agustoni, prefetto emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Ieri, invece, il Pontefice aveva ricevuto in udienza il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia dove, l’estate scorsa, si è svolto il primo viaggio internazionale di Benedetto XVI, in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù.

 

 

NOMINE

 

In Australia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Canberra, presentata da mons. Francis P. Carroll, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato arcivescovo di Canberra mons. Mark Benedict Coleridge, ausiliare dell’arcidiocesi di Melbourne. Il presule è nato nel 1948 a Melbourne ed è stato ordinato sacerdote nel 1974. Eletto vescovo titolare di Teveste ed ausiliare di Melbourne, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 19 giugno 2002. E’ membro del Pontificio Consiglio della Cultura.

 

 

PER FAVORIRE UNA REALE INTEGRAZIONE DEI PROFUGHI BISOGNA INVESTIRE NELL’OSPITALITA’: DOPO L’APPELLO DI BENEDETTO XVI, IL PARERE DI UN ORGANISMO

IMPEGNATO NEL CAMPO, IL “JESUIT REFUGEES SERVICE”

- Intervista con padre Giovanni Lamanna -

 

Una situazione dolorosa che reclama “l’attenzione della comunità internazionale”. E’ il modo in cui Benedetto XVI ha descritto il fenomeno di coloro che emigrano, spesso da situazione drammatiche, per cercare miglior sorte in un altro Paese. Alla vigilia della Giornata mondiale dei rifugiati, in programma domani, il Papa ha lanciato all’Angelus di ieri un appello all’ospitalità in favore, ha detto, di chi è costretto a fuggire dalla propria terra “per gravi forme di violenza”. Ed ha sollecitato soprattutto le comunità ecclesiali ad essere le prime testimoni della solidarietà nei confronti dei rifugiati. Tra le diverse istituzioni cattoliche votate a questo lavoro, c’è da molti anni il Jesuit Refugee Service (JRS), il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati. Il direttore della formazione in Italia, padre Giovanni Lamanna, parla dell’appello del Papa e del lavoro con i rifugiati, nell’intervista di Alessandro De Carolis:

 

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R. – L’appello del Santo Padre rappresenta un invito per noi a continuare nell’impegno che abbiamo ormai assunto da 25 anni, facendolo con rinnovata speranza ed entusiasmo. Il nostro lavoro diventa sempre più duro, perché il contesto si fa sempre più difficile. Ci muoviamo, infatti, in un contesto di chiusura, dove si parla di “fortezza Europa” e dove la maggior parte dei soldi vengono spesi per contrastare un fenomeno che – come i fatti dimostrano -  non si riesce e non si riuscirà a fermare. Varrebbe, quindi, la pena che questi soldi venissero spesi per una dignitosa accoglienza di quanti sono costretti a scappare, azzerando la propria vita, cercando di ricostruirsene una in Italia o in Europa.

 

D. – Nel concreto, come si sviluppa la mappa degli interventi del Centro Astalli e del Jesuit Refugee Service?

 

R. – Per quanto riguarda il JRS, il lavoro viene svolto sia nei campi profughi, laddove i rifugiati arrivano fuggendo dal proprio Paese, sia in tutta Europa, anche attraverso attività nei centri di detenzione. L’attività è diffusa in tutto il mondo e c’è una collaborazione fattiva con l’ACNUR, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati.

 

D. – A proposito dell’ACNUR, le ultime statistiche pubblicate dall’Agenzia dell’ONU mostrano le cifre relative al fenomeno dei rifugiati in ribasso. Secondo voi, questo è un miglioramento da attribuire alle ultime politiche nazionali ed internazionali o a cosa?

 

R. – Nel nostro quotidiano - con il servizio, mensa, doccia e ambulatorio, che offriamo ai profughi su Roma - noi continuiamo ad incontrare un buon numero di persone che per la prima volta giungono in Italia e chiedono asilo politico. Come Italia non abbiamo dei dati certi sul fenomeno, tuttavia il calo lo si può attribuire a tanti fattori: se, ad esempio, le Questure non accettano la richiesta di asilo politico, alla fine risulterà un calo di persone che hanno chiesto asilo politico. Quante persone hanno visto riconosciuto il proprio diritto di chiedere asilo politico e come avviene questo nei luoghi dove sbarcano, e quali informazioni vengono date, sono tutti punti di domanda che per noi rimangono vivi e che potrebbero spiegare il calo di rifugiati e di richieste di asilo.

 

D. – Se doveste definire un aspetto che caratterizza oggi il fenomeno dei rifugiati e dei profughi rispetto al passato - e quindi definire meglio un settore di intervento - cosa direste dal vostro punto di osservazione?

 

R. – Dal nostro punto di osservazione, diremmo che vale la pena spendersi nell’accoglienza dignitosa di queste persone, che si vedono mortificate nella loro dignità. Siamo profondamente convinti che quando si parla di integrazione, l’integrazione si giochi nella fase iniziale, all’arrivo: se accolgo dignitosamente una persona, potrò contare su delle basi reali per una sua vera integrazione.

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TUTTE LE CHIESE ORIENTALI, MA IN PARTICOLARE LA CHIESA IN TERRA SANTA

SONO AL CENTRO DELLA 75.MA ASSEMBLEA DELLA ROACO CHE PRENDE IL VIA OGGI

- Intervista con il rev.do don Leon Lemmens -

 

Prende il via oggi l’Assemblea semestrale della Riunione delle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali (ROACO). Si tratta della 75.ma assemblea e si tiene a Roma presso gli uffici del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. La ROACO è l’organismo che riunisce le Agenzie ed Opere di vari Paesi del mondo impegnate nel sostegno finanziario in vari settori, dall'edilizia per i luoghi di culto, alle borse di studio, dalle istituzioni educative e scolastiche a quelle dedite  all'assistenza socio-sanitaria. Delle tematiche che l’Assemblea affronterà in questi giorni fino a venerdì, ci parla nell’intervista di Giovanni Peduto, il segretario generale della ROACO, don Leon Lemmens:

 

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R. – La ROACO si interessa a tutte le Chiese Orientali, ma in modo particolare alla Chiesa in Terra Santa. Anche in questa 75.ma assemblea vogliamo rivolgere la nostra attenzione alla situazione dei cristiani in Terra Santa e più particolarmente alla situazione delle scuole cattoliche in Israele, particolarmente in Galilea. Ci siamo accorti che c’è bisogno di un rinnovamento spirituale all’interno della stessa Chiesa cattolica. Allora vogliamo vedere che cosa le scuole cattoliche potrebbero fare di più per favorire un clima spirituale nella Chiesa. D’altra parte abbiamo anche visto che queste scuole cattoliche svolgono un ruolo importante per la creazione di una convivenza pacifica tra cristiani, musulmani, drusi ed ebrei. Anche per questo vogliamo riguardare di nuovo la situazione di queste scuole cattoliche. Forse costruendo più scuole cattoliche si può migliorare sensibilmente la situazione, la convivenza pacifica tra tutti, anche in Galilea.

 

D. – Le scuole cattoliche in Terra Santa sono frequentate da ragazzi sia ebrei che musulmani…

 

R. - Metà degli studenti sono cristiani, l’altra metà è non cristiana, cioè è composta da musulmani, drusi e forse anche da qualche ebreo. E’ stato voluto così fin dall’inizio. Le scuole cattoliche non sono solo per i cristiani, per i cattolici, ma per tutti. Sono dunque veramente un luogo di integrazione, dove cresce la stima reciproca e la conoscenza delle altre tradizioni religiose. Questo è molto importante per un Paese complesso come Israele.

 

D. – Sempre rimanendo in Medio Oriente, vi occuperete anche della vita della Chiesa in Iran?

 

R. – Sì, abbiamo anche deciso di invitare alcune persone dall’Iran per parlarci della situazione dei cristiani. Sappiamo che la situazione è certamente molto delicata. Negli ultimi decenni tantissimi cristiani hanno lasciato il Paese, soprattutto giovani, e la Chiesa sta affrontando tante difficoltà già in rapporto ai numeri concreti. Poi ci sono anche le limitazioni nell’annuncio del Vangelo. Per esempio, non è permesso fare catechesi nella lingua del popolo iraniano o celebrare una liturgia nella loro lingua, il farsi. I cristiani sono costretti a vivere un po’ dentro un ghetto. Allora, prima di tutto vogliamo informarci da testimoni privilegiati sulla situazione, anche per vedere meglio come poter incoraggiare, aiutare questi cristiani, forse poco numerosi, ma la cui presenza è comunque preziosa. Rendono presente il Vangelo e collegano in modo particolare il Paese con la Chiesa cattolica in tutto il mondo.

 

D. - In questi giorni ci sarà anche un incontro dei responsabili della Bethlehem University. Può dirci qualcosa?

 

R. - La Bethlehem University è un’università cattolica a Betlemme, vicino a Gerusalemme, e quindi in terra palestinese, dunque in territorio occupato, che in questi giorni sta attraversando una situazione molto difficile. C’è disoccupazione, mancanza di finanziamenti da parte del Governo che crea grandissimi problemi per questa università dove studiano 2000 studenti cristiani e musulmani. Dunque quello che dicevo per la scuole cristiane in Galilea, certamente vale anche per la Bethlehem University. Vogliamo perciò vedere come aiutare questa università a vivere in questi mesi, in questi anni difficili.

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         LA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE REPLICA ALL’ARTICOLO DI STAMPA

CHE ACCUSAVA IL VATICANO DI NON AVER VERSATO ALL’ITALIA IL CANONE RELATIVO ALLA DEPURAZIONE IDRICA. L’ACCUSA E’ INFONDATA, SI RIBATTE,

LA QUESTIONE E’ RISOLTA DAL 2004

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Una questione risolta ormai da due anni e mezzo, e non tuttora pendente come sostenuto da infondate informazioni di stampa. E’ la risposta della Sala Stampa della Santa Sede a “un recente articolo di stampa”, che accusa il Vaticano di non aver pagato all’Italia “fino al 1999, i canoni di depurazione e allontanamento delle acque reflue”.

 

“In merito – si legge in un comunicato - si fa presente che la questione del regime idrico della Città del Vaticano è stata definitivamente risolta, sulla base dell’articolo 6 comma 1 del Trattato Lateranense, nel gennaio 2004, con scambio di lettere tra il Presidente del Consiglio dei Ministri e il cardinale Segretario di Stato”. Un carteggio, spiega il comunicato, a cui “ha dato esecuzione nell’ordinamento italiano il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 9-7-2004, Serie generale – n. 159”. “Come da esso appare – conclude la nota vaticana -  l’accusa in parola non ha ragione d’essere”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "L'Eucaristia nelle strade, nelle piazze, nella quotidianità della nostra vita": l'Angelus di Benedetto XVI nella Domenica in cui, in Italia e in altri Paesi, si celebra il Corpus Domini, la festa solenne e pubblica dell'Eucaristia che costituisce il "tesoro" della Chiesa e del mondo.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle ordinazioni sacerdotali.

 

Servizio estero - Medio Oriente: si profila un accordo tra Hamas e Al Fatah.

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Buranelli dal titolo "Un libro aperto sulle culture dei popoli": l'inaugurazione della sezione asiatica del Museo missionario etnologico in Vaticano.

 

Servizio italiano - In rilievo i temi dell'economia.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

19 giugno 2006

 

 

 

FA DISCUTERE L’ANNUNCIO DI ESPERIMENTI DI UN MISSILE A LUNGO RAGGIO

DA PARTE DELLA COREA DEL NORD

- Intervista con Pierluigi Zanatta -

 

Suscitano preoccupazione, soprattutto negli Stati Uniti, i presunti piani della Corea del Nord di testare un missile a lungo raggio, dopo che diverse fonti in Giappone hanno confermato l'imminenza di un esperimento di Pyongyang. La Casa Bianca ha invocato il rispetto della moratoria su questo tipo di prove missilistiche, rammentando che un primo test - nell'agosto ‘98 - provocò una crisi internazionale. Forti critiche anche da Tokyo. Appelli alla moderazione dalla Corea del Sud. Quanto sono reali, allora, i pericoli di sperimentazione nordcoreana? Giada Aquilino lo ha chiesto a Pierluigi Zanatta, corrispondente Ansa da Tokyo ed esperto di questioni coreane:

 

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R. - La situazione appare abbastanza complessa. Sembra che sia in corso una specie di confronto fra falchi americani da una parte, che avrebbero interesse a mantenere alto il livello di tensione nella regione, e falchi nordcoreani, che mirano a scuotere gli equilibri nel Pacifico. Quindi, è molto difficile stabilire cosa stia accadendo: cioè se questo missile sia semplicemente una specie di esca mimetica per far sì che gli americani concentrino tutta la loro attenzione su questa vicenda oppure se realmente i nordcoreani intendano lanciare quest’arma.

 

D. – Ma ci sono reali pericoli che i missili balistici nordcoreani arrivino sulle coste americane del Pacifico?

 

R. – Stiamo parlando di un missile con una gittata di oltre sei mila chilometri, capace di arrivare tranquillamente in Alaska e nelle Hawaii. Sarebbe la prima volta da Pearl Harbor.

 

D. – Dagli Stati Uniti è arrivato un appello a rispettare la moratoria sui test missilistici a lungo raggio. Quanto la Corea del Nord è legata a tale moratoria?

 

R. - C’è una moratoria che in realtà gli americani non hanno potuto gestire direttamente, non avendo rapporti diplomatici veri e propri con la Corea del Nord. Le autorità di Pyongyang hanno accettato di rispettare finora tale intesa. L’accordo è stato siglato anche dal Giappone, che, nel caso venisse effettuato il lancio, vedrebbe volare sul proprio territorio un missile diretto verso Est, verso il Pacifico. C’è comunque un impegno della Corea del Nord a non effettuare più esperimenti come quello che nel ‘98 creò grande apprensione in tutto il Giappone e, in generale, in tutto il Sol Levante.

 

D. – E’ un caso che i progetti missilistici della Corea del Nord emergano proprio quando è in corso la crisi sul nucleare iraniano?

 

R. – Sicuramente non è un caso, se pensiamo anche che probabilmente negli ultimi tempi vi sono stati dei contatti fra Corea del Nord e Iran. E non è nemmeno un caso che questo ricorrere delle crisi riguardanti i due Paesi sia ‘ondivago’. Se si osserva con una certa accuratezza, si nota che, come si sistema una questione da una parte, se ne apre una dall’altra e viceversa.

 

D. – In questo quadro, a che punto sono i cosiddetti ‘negoziati a sei’?

 

R. – Le trattative sono in stallo dal novembre scorso, sono sette mesi. Ci sono stati dei grossi sforzi, soprattutto da parte della Corea del Sud, con l’appoggio cinese, perché Pechino chiaramente ha dei buoni rapporti sia con la Corea del Nord – ormai da tanti anni – sia con la Corea del Sud. Quindi, la Cina ha tutto l’interesse nel favorire il dialogo intercoreano e nel disinnescare il problema del nucleare di Pyongyang, anche perché la Corea del Nord è vicinissima a Pechino. Quindi, qualsiasi cosa accadesse nella Corea del Nord non potrebbe non influenzare anche la Cina.

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CAMBIANO LE SCELTE DI CHI DECIDE DI CONCEDERSI UNA VACANZA:

È IN AUMENTO IL TURISMO CULTURALE E RELIGIOSO E SONO IN CALO

LE TRADIZIONALI FERIE AL MARE

- Intervista con Francesco Campo -

 

Quali sono le scelte di chi decide di concedersi una vacanza? C’è chi opta per mete culturali, chi si immerge invece nella natura, alla scoperta di parchi e riserve. In Italia, però, in questi ultimi anni è aumentata la ricerca di senso, le vacanze sono sempre più considerate come un tempo prezioso per scoprire se stessi e si registra un vero e proprio boom in quello che viene chiamato turismo religioso. Tiziana Campisi ne ha parlato con il dott. Francesco Campo dell’Osservatorio sul turismo religioso culturale dell’Università di Milano Bicocca:

 

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(musica)

 

R. – Abbiamo verificato che il turismo d’arte – e nel turismo d’arte vado ad inserire anche il turismo religioso-culturale – ha un incremento del 3,2 per cento; c’è un 2,5 per cento di aumento per quanto riguarda il turismo naturale, che si rivolge all’ambiente e ai parchi, e un 1 per cento che si rivolge al turismo termale. Il turismo marino, il turismo delle montagne, gli agriturismi sono tutti sostanzialmente in forte crisi. Il turismo marino presenta un calo del 5,5 per cento, il turismo rivolto alle montagne l’1,5 per cento e questo è abbastanza interessante se comparato, invece, con la crescita del turismo rivolto all’ambiente e ai parchi. Gli agriturismi, purtroppo, hanno una flessione di circa l’11 per cento!

 

D. – Quali sono le mete preferite?

 

R. – Venezia, Firenze, Roma, la Toscana, lo stesso Abruzzo è una delle regioni in fortissima scoperta …

 

D. – Parliamo del turismo religioso e culturale …

 

R. – Sì, ci sono sicuramente delle mete preferenziali. Ad esempio, San Giovanni Rotondo, penso ovviamente a Roma, immagino Padova, Milano dove c’è il Duomo che presenta una media di circa 10 mila persone al giorno che lo visitano. Questi centri importanti, legati alla religione, rappresentano la risposta ad un turismo che chiede sempre più una consapevolezza ed una ricerca di cultura, una ricerca di senso. Credo che sempre più – ma i dati lo confermano, essenzialmente – la vacanza intesa come “vado al mare, prendo l’ombrellone, vado nella pensione” è un discorso che sostanzialmente si sta concludendo.

 

D. – Monasteri, abbazie … quali sono quelle più frequentate?

 

R. – Abbiamo circa 3 mila case per ferie in Italia; sto pensando all’abbazia di Sant’Antimo, in Toscana, che è assolutamente spettacolare, ed è luogo assolutamente meraviglioso e incontaminato. Penso a San Galgano, dove si trova la “spada nella roccia”, ma in realtà l’Italia va immaginata effettivamente come uno scrigno di preziosità legate alla religione.

 

D. – Risulta anche che ci sia chi cerca, invece, per esempio, i ritiri spirituali, o questi tipi di incontri …

 

R. – Guardi, tutto l’ambito del turismo religioso ha una fortissima crescita perché, a seguito anche di una serie di crisi di valori espresse dalla modernità, questo nuovo approccio, questo tentativo di riscoprire se stesso passa sempre di più attraverso questo tipo di mete. Le persone ricercano sempre di più il senso delle proprie azioni e delle proprie emozioni …

 

(musica)

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LA BOHEME NELL’ALLESTIMENTO CON QUINTE E COSTUMI IDEATI E REALIZZATI

DAI DETENUTI DI DUE CARCERI DI MASSIMA SICUREZZA IN ITALIA E IN IRLANDA:

IL DEBUTTO PREVISTO AD AUTUNNO RIASSUME IL SENSO DI UN PROGETTO

CHE CERCA DI DARE MOTIVAZIONI ALLA VITA DEI RECLUSI

- Con noi Pier Luigi Neri e Ernesto Padovani -

 

La Bohème di Puccini in un allestimento molto particolare e significativo. Si tratta di una messa in scena con le quinte e i costumi ideati e realizzati dai detenuti di due Carceri di massima sicurezza di Maiano a Spoleto, in Italia, e di Mountjoy a Dublino, in Irlanda. Il debutto, voluto nell’ambito di un progetto che cerca di dare senso e motivazioni alla vita dei reclusi, è atteso in autunno a Dublino, ma l’opera è già attesa anche a Spoleto nel 2007. Servizio di Luca Pellegrini:

 

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Un lavoro socialmente rilevante, una realizzazione artistica di grande interesse. Il melodramma per restituire dignità alla pena e senso al tempo della detenzione. La Bohème di Puccini terrà impegnati, infatti, i detenuti dei due carceri di massima sicurezza. L’arte, dunque, salva la vita, le conferisce uno scopo, aiuta l’isolamento ad aprirsi a nuove dimensioni grazie alla creazione artistica. E così i detenuti disegneranno e realizzeranno scene e costumi per l’opera pucciniana che andrà poi in scena il 19 novembre al Gaiety Theatre di Dublino e nel 2007 al Teatro di Spoleto. L’Assessore della Provincia di Perugia alle Attività Culturali, Pier Luigi Neri, spiega le ragioni della nascita di questa singolare iniziativa umanitaria:

 

R. - La provincia di Perugia è particolarmente attenta e impegnata nelle questioni del disagio sociale. Quindi, la questione delle carceri ne fa obiettivamente parte. La situazione specifica del carcere speciale di Maiano è stato uno dei motivi di attenzione e anche di instaurazione di relazioni. Abbiamo pensato che il tema della Boheme poteva suscitare interesse, da parte dei carcerati. Quindi, abbiamo pensato di puntare alla possibile connessione tra il contenuto artistico dell’opera e la riscoperta di attenzione verso se stessi da parte dei carcerati. Ci sono questioni come quelle della gioventù, dell’amore, o i temi della storia e i temi dell’attualità che sono connessi tra loro e possono esserlo con le storie personali. 

 

Perché la scelta proprio di questo specifico titolo pucciniano? Lo abbiamo chiesto al Direttore del Carcere spoletino, Ernesto Padovani:

 

R. – Ciò che ha subito suggestionato tutti sono proprio i temi che tratta, quei temi che sono particolarmente congeniali al nostro ambiente: la giovinezza, il tempo andato, gli anni persi, la solidarietà, l’amicizia, la sofferenza, il dolore e tutte quelle emozioni che poi legano questi stati d’animo. Tutto questo è proprio del nostro ambiente. Il tormentone del tempo, l’ossessione del tempo vuoto da riempire, che ti sfugge di mano ma che ti anche ripensare e recriminare, soprattutto in un istituto come questo dove c’è una grande prevalenza di pene alte, diventa, quindi, un’occasione per ragionare, per ripiegarsi su se stessi.

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CHIESA E SOCIETA’

19 giugno 2006

 

 

Ripartire dagli adulti come primi destinatari della catechesi:

Questo l’obiettivo del Convegno dei direttori

degli Uffici catechistici diocesani,

organizzato dalla CEI, che si apre oggi ad Olbia

 

ROMA. = “Andare oltre quello che nelle nostre comunità è stato fatto grazie all’attenzione quasi totale sulla catechesi dei fanciulli”, per ”ripartire dagli adulti non solo come responsabili ma anche come primi destinatari della catechesi”. Mons. Walther Ruspi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale della CEI, sintetizza così all’agenzia SIR l’obiettivo principale del Convegno dei direttori degli Uffici catechistici diocesani, che si apre oggi ad Olbia. Tema dell’incontro: “Il racconto della speranza. Annuncio e catechesi nella Chiesa italiana in cammino verso il Convegno di Verona”. A dieci anni dal pubblicazione del Catechismo per gli adulti, “La verità vi farà liberi”, – prosegue Ruspi – l’intento è quello di “rileggere il cammino fatto e di riunire in una visione organica annuncio e catechesi”. Questo sarà il tema portante della terza nota sull’iniziazione cristiana che segue le due recenti note sul “primo annuncio” e sul “risveglio della fede” negli adulti. Sullo sfondo, i “grossi mutamenti culturali” dell’ultimo decennio: “Lo stesso contesto in cui si colloca il Convegno ecclesiale nazionale di Verona”, commenta il direttore dell’Ufficio CEI, in cui “nuovi spazi di annuncio e catechesi sono rappresentati dai cinque ambiti della testimonianza”. Al convegno è prevista la partecipazione di oltre 200 persone, provenienti da tutte le regioni d’Italia. ( E. B.)

 

 

Si svolgeranno domani alle ore 10 al Teresianum,

punto San Pancrazio, i funerali di padrè Jesus Castellano Cervera,

spentosi improvvisamente a Roma il 15 giugno scorso

 

ROMA. = Padre Jesus Castellano Cervera era nato in Spagna, a Villar del Arzobispo (Valencia) il 30 luglio 1941. Dopo aver professato il 4 agosto 1957 nell’Ordine dei Carmelitani Sacalzi della provincia di Valencia, era stato ordinato sacerdote il 25 aprile 1965 a Roma, dove era giunto qualche anno prima per i suoi studi teologici. Dottore in Teologia, per quasi un quarantennio è stato docente di Teologia liturgico-sacramentaria e di Santa Teresa D’Avila al Teresianum ed in altri centri accademici romani (Urbanianum, Regina Apostolorum, Marianum, Regina Mundi). Consultore di varie Congregazioni Pontificie come Dottrina della Fede, degli Istituti di Vita Consacrata, di Propaganda Fide, del Clero e di altre e assiduo collaboratore della Radio Vaticana,, era anche un apprezzato collaboratore del Maestro delle Cerimonie pontificie, l’arcivescovo Piero Marini. Fu inoltre autore di innumerevoli articoli su molte riviste italiane e spagnole, pubblicando anche diverse opere di teologia liturgica, spirituale e Teresiana. Consulente per la revisione degli Statuti del Movimento Neocatecumenale, Padre Castellano faceva parte del Gruppo dei Teologi (Scuola “Abba”) del Movimento dei Focolari e – come ha ricordato il cardinale vicario Camillo Ruini nel suo necrologio sul quotidiano Avvenire di ieri – operatore di tanto bene “anche a favore del clero, delle comunità parrocchiali, dei religiosi e delle religiose della Diocesi”. Conferenziere apprezzato in ambiti e movimenti ecclesiali in Italia e all’estero, era amato e stimato da tutti per la sua competenza nel dispensare servizi di ogni tipo e ad ogni persona con grande saggezza e costante disponibilità. Nella memoria dei suoi confratelli carmelitani, padre Castellano resta soprattutto come uomo semplice e serio capace di vivere con spontaneità le esigenze della vita carmelitana. (E. B.)

 

 

Si svolgeranno mercoledì a la spezia i funerali di padre nazareno taddei,

morto ieri dopo un ricovero di alcuni giorni.

Il gesuita era molto noto in ambienti accademici

 per il suo impegno nel campo della comunicazione

 

LA SPEZIA. = Al “Don Gnocchi” di Sarzana, in provincia di La Spezia, dopo un ricovero di alcuni giorni si è spento padre Nazareno Taddei. Il gesuita, docente universitario, aveva tenuto corsi in varie parti del mondo, ed è stato autore di numerosi saggi e libri. Fra gli altri volumi, ricordiamo “Teoria della comunicazione di massa” e delle metodologie della “Lettura strutturale” (per un approccio critico ai media) e della “Strategia dell’algoritmo contornale” (per le nuove forme di comunicazione). Come ricorda l’agenzia SIR aveva inoltre fondato e presieduto il Centro internazionale dello spettacolo e della comunicazione sociale. Consulente di noti registi, aveva fondato e diretto per 8 anni le trasmissioni religiose della Rai curando la regia delle prime Messe in tv. Dirigeva la rivista di educazione audiovisiva “Edav” e teneva in Internet una rubrica di "prediche" dal titolo “Dio dopo Internet”. Il 24 novembre scorso, aveva ricevuto il premio speciale “Robert Bresson” dell’Ente dello Spettacolo. I funerali si svolgeranno mercoledì prossimo alle 15 a La Spezia, dove padre Taddei viveva da alcuni anni. Giovedì, la salma sarà trasferita e tumulata a Roma nel cimitero dei Gesuiti. (E. B.)

 

 

Arrestati in arabia saudita quattro cristiani sorpresi a pregare in casa

 

RIAD. = La famigerata polizia religiosa, la muttawa, torna a colpire i cristiani in Arabia Saudita. Secondo quanto denunciato dall’agenzia Compass Direct, - e ripreso dall’agenzia Asia News - lo scorso 9 giugno, 10 poliziotti armati di manganelli hanno fatto irruzione in un’abitazione privata a Jeddah, nel distretto di Al-Rowaise, arrestando quattro cristiani di origine africana, durante una funzione religiosa. I due etiopi e i due eritrei sarebbero ancora detenuti nel carcere per gli immigrati della cittadina. Al momento del raid, più di 100 persone, fra i quali anche alcuni di nazionalità filippina, erano riunite nella casa. I fedeli hanno invitato i poliziotti a sedersi e questi hanno aspettato tre ore la conclusione della funzione per poi arrestare i quattro leader del gruppo. Un cristiano, che ha parlato con i detenuti al telefono, ha riferito che i quattro “stanno bene fisicamente e moralmente”: non ha, però, fornito spiegazioni su come vengano trattati o se stiano subendo interrogatori. Il governo dell’Arabia Saudita proibisce la pratica e le manifestazioni pubbliche di ogni religione diversa dall’islam. Negli ultimi anni, grazie alle pressioni internazionali, la corona saudita ha permesso la pratica di altre religioni, ma solo in privato. La polizia religiosa, però, continua ad arrestare, imprigionare e torturare persone che praticano altre fedi, anche se privatamente. Nel regno saudita, musulmano per la totalità della popolazione, non è permesso costruire luoghi di culto, chiese o cappelle. Non si conoscono cifre esatte sulla presenza cristiana, costituita in maggior parte da lavoratori immigrati. (E. B.)

 

 

In gran bretagna tutto è pronto

per il primo trapianto totale di faccia al mondo.

Mercoledì prossimo il comitato etico dell’ospedale dovrebbe annunciare

il suo consenso all’operazione

 

LONDRA. = Un ospedale londinese darà prossimamente il via al il primo trapianto totale di faccia al mondo. Lo ha annunciato ieri l’Observer. Secondo il domenicale britannico, Peter Butler, chirurgo plastico del Royal Free Hospital, a nord di Londra, è stato già contattato da 29 pazienti con il viso sfigurato desiderosi di farsi operare. Il primo paziente sarà un ragazzo di 22 anni rimasto ustionato durante l’infanzia. Le fonti citate dal giornale specificano che mercoledì prossimo il Comitato etico dell’ospedale dovrebbe annunciare il suo consenso all’operazione. Il dottor Butler ha a disposizione 30 specialisti che da dieci anni studiano le tecniche di trapianto e che si sentono pronti a cominciare ad operare. Secondo il chirurgo, ci sono molte richieste da parte di persone che, rimaste sfigurate per incidenti o malattie, vivono chiuse in casa. “Non si tratta di una chirurgia che migliora la vita - ha commentato - ma che la salva, perchè consente a questi pazienti di reinserirsi nella società”. Nel novembre scorso, una donna francese era stata la prima persona a subire un trapianto parziale del viso, sfigurato dal morso di un cane. Un'equipe di chirurghi dell’ospedale di Amiens le aveva sostituito il naso, le labbra e il mento. Dopo di lei, un cinese, sfigurato da un orso, aveva subito un’operazione analoga. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 giugno 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco  -

        

In Iraq una autobomba, esplosa nel centro di Baghdad, ha provocato la morte di almeno 4 persone. Nei pressi della capitale, una donna e i suoi due figli sono stati assassinati da uomini armati. Violenze anche a Kerbala, dove sono morti il capo della polizia locale e tre agenti, e a Baquba, teatro di un’ennesima imboscata costata la vita a tre civili. Sul versante politico, il premier Al Maliki ha annunciato che le forze irachene, a partire dal prossimo mese, assumeranno il controllo della provincia meridionale Al Muthanna. A Baghdad, intanto, è ripreso il processo contro Saddam Hussein e ad altri 7 gerarchi dell’ex regime iracheno, accusati di crimini contro l’umanità per la strage di 148 sciiti nel villaggio di Dujail, nel 1982. Il pubblico ministero ha chiesto la condanna a morte per l’ex presidente iracheno.

 

Nuova offensiva dei talebani nel sud dell’Afghanistan: i ribelli hanno ucciso ieri almeno 30 persone, tutti membri della famiglia o dell’entourage di un parlamentare afghano. Lo ha riferito stamani lo stesso deputato, precisando che dopo l’attacco, sferrato nella turbolenta provincia di Helmand, risultano ancora disperse altre 10 persone. I talebani hanno rivendicato l’assassinio del fratello e delle guardie del corpo del parlamentare.

 

Missione in Israele e nei Territori per il Commissario europeo alle Relazioni esterne, Benita Ferrero Waldner, per presentare il piano di aiuti, delineato da Stati Uniti, Russia, Unione Europea e ONU,  per il Medio Oriente. Il fondo dovrebbe permettere di inviare 100 milioni di euro ai palestinesi sull’orlo di una catastrofe umanitaria. Il pacchetto di aiuti, che aggira il governo guidato da Hamas, costituisce un sostegno fondamentale per la popolazione palestinese: la comunità internazionale ha sospeso, infatti, i fondi per il mancato rispetto da parte del gruppo radiale palestinese delle condizioni imposte dal Quartetto: riconoscimento di Israele, rinuncia alla violenza e rispetto degli accordi sottoscritti in passato.

 

Ore cruciali per il Burundi: dopo 13 anni di guerra civile, il governo del Paese africano e le Forze nazionali di liberazione (FNL) si sono impegnati a trovare un’intesa per un cessate il fuoco totale entro due settimane. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Dopo un anno di frenetiche trattative, c’è stato ieri lo storico incontro tra i delegati del governo burundese e i ribelli appartenenti all’ultima formazione della guerriglia, di etnia hutu, ancora attiva nel Paese africano. Per il Burundi, drammaticamente segnato da 13 anni di guerra civile costati la vita ad oltre 300 mila persone, questo primo passo può costituire l’inizio di una nuova era di pace. La definizione di un accordo per una tregua totale tra le parti, può avere inoltre effetti positivi per tutta la regione dei Grandi Laghi, tra le più instabili dell’intera Africa. Ma l’intesa è ancora parziale: il presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, si è detto “soddisfatto a metà”. “Il governo – ha spiegato - era pronto, era sicuro di firmare un accordo di cessate il fuoco”. Invece – ha aggiunto – è stato trovato solo un “accordo di principio”. Un primo sforzo che, anche se parziale e provvisorio, alimenta comunque importanti speranze di pace: nel documento siglato ieri dalle parti si sottolinea, infatti, che governo e ribelli convengono di cessare le ostilità e si impegnano ad avviare discussioni serie al fine di giungere a un cessate il fuoco integrale”. “Dopo una separazione effettiva tra la branca politica e la branca militare – prosegue il testo - il gruppo di liberazione del popolo hutu potrà chiedere di essere accettato come partito politico, conformemente alla legge”. Dopo l’entrata in vigore effettiva del cessate il fuoco – si legge infine nel documento – “sarà avviato un processo di liberazione dei prigionieri politici e dei prigionieri di guerra”.  Si tratta di un percorso, quello del processo di pace burundese, che però presenta ancora alcuni ostacoli: secondo la portavoce della presidenza, il principale punto di dissenso tra governo e ribelli resta quello dell’esercito. Gli insorti hanno chiesto che sia rifondato ma il governo esclude, nel modo più categorico, questa possibilità.

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Con una maggioranza del 74 per cento dei consensi, è stato approvato ieri il nuovo statuto di autonomia della Catalogna, una delle regioni più ricche della Spagna con capoluogo Barcellona. Il nuovo statuto riconosce un maggior controllo sulla riscossione delle tasse e sulle questioni giudiziarie. Ma la bassa affluenza alle urne, meno del 50 per cento degli aventi diritto, non soddisfa il governo socialista di José Luís Zapatero, che ha sostenuto il progetto contro l’opposizione di destra e contro gli indipendentisti catalani radicali. Il Partito Popolare giudica incostituzionale lo statuto in quanto rimette in discussione l’unità della Spagna e critica le concessioni di autogestione soprattutto in campo fiscale. Ma questo voto può davvero mettere in pericolo l’unità della Spagna? Roberto Piermarini lo ha chiesto al collega spagnolo Antonio Pelayo, corrispondente a Roma di ‘Antena Tres’:

        

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R. – Questa è la tesi del Partito Popolare, che ha fatto una campagna molto forte nella Catalogna e in tutta la Spagna, dicendo che questo tipo di Statuto mette effettivamente in grave pericolo l’unità di tutto il Paese, perché farà un po’ “macchia di leopardo” in altre regioni.

 

D. – Perché Zapatero ha sostenuto il “sì” all’autonomia ed è deluso per l’affluenza alle urne?

 

R. – Zapatero e il Partito socialista catalano, sotto la sua egida, hanno fatto una forte campagna a favore di questo Statuto perché sostengono che sia una buona formula per la Catalogna e perché risolverebbe soprattutto il problema tra unità del Paese ed una maggiore autonomia di una regione forte come la Catalogna, con 7 milioni di abitanti.

 

D. – Il modello catalano potrà ora essere esteso ad altre Province?

 

R. – Lo è già in un certo modo, perché i nuovi progetti di Statuto, come quelli dell’Andalusia e della Galizia, sono ispirati a questa famosa affermazione di unità nazionale della realtà nazionale di queste regioni. Si rompe, dunque, l’unità della nazione spagnola, dando nascita a queste piccole realtà nazionali.

 

D. – Quale è stata la posizione della Chiesa in questo referendum?

 

R. – La Chiesa catalana, attraverso la sua propria Conferenza episcopale, ha dato il via ad un documento, alcune settimane fa, dove lasciava libertà di voto, criticando, però, alcuni aspetti etici di questo Statuto.

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In Italia, sono in corso da questa mattina, nel carcere di Potenza, i primi quattro interrogatori di garanzia nei confronti degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto il principe Vittorio Emanuele di Savoia, accusato di associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, falso e sfruttamento della prostituzione. Il GIP di Potenza, Alberto Iannuzzi, deve sentire: Rocco Migliardi, l’imprenditore di Messina gestore di aziende di distribuzione di videogiochi che sarebbe stato aiutato dal principe Vittorio Emanuele ad ottenere i nulla osta dai Monopoli di Stato; Gian Nicolino Narducci, uno degli assistenti del principe; Massimo Pizza e Achille De Luca, considerati i responsabili di una banda di truffatori che avrebbe avuto contatti con Vittorio Emanuele.

 

 

 

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