RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 168 - Testo della trasmissione di sabato 17 giugno 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Occorre conoscere bene i contenuti della fede e la cultura contemporanea per portare il Vangelo nel mondo: lo ha affermato Benedetto XVI nell’udienza all’Associazione Santi Pietro e Paolo

 

Globalizzazione, diritti umani e ruolo delle religioni per la pace al centro del colloquio stamane in Vaticano tra il Papa e Jan Eliasson, presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite

 

Grande partecipazione ieri sera in Piazza San Pietro alla veglia di preghiera per il Papa, presieduta da mons. Angelo Comastri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Intervista con il presidente della Costa Rica, Oscar Arias Sanchez, ieri a colloquio in Vaticano con Benedetto XVI

 

Si chiama “Ridare la luce” la missione dei Fatebenefratelli che con la collaborazione dell’Aeronautica Militare porta squadre di oculisti in Africa: ce ne parla Giorgio Ghirelli

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

La disapprovazione dei vescovi tedeschi circa la decisione del Parlamento europeo di promuovere la ricerca sulle cellule staminali embrionali

 

La Chiesa argentina esprime preoccupazione per la situazione sociale nel Paese

 

La croce della Giornata Mondiale della Gioventù è arrivata in Togo

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità

 

Appello del presidente dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konaré, perché si vietino le mutilazioni genitali femminili nel continente

 

24 ORE NEL MONDO:

Decine di morti in Afghanistan e Iraq per attentati e scontri

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 giugno 2006

 

 

CONOSCERE BENE I CONTENUTI DELLA FEDE E LA CULTURA CONTEMPORANEA

PER RADICARE IL VANGELO NEL MONDO:

LO HA AFFERMATO BENEDETTO XVI

NELL’UDIENZA ALL’ASSOCIAZIONE SANTI PIETRO E PAOLO

 

Una tradizione di servizio generoso e di evangelizzazione a sostegno del ministero del Papa: è lo scopo dell’Associazione Santi Pietro e Paolo, i cui membri sono stati ricevuti questa mattina in udienza da Benedetto XVI nell’Aula delle Benedizioni. Un incontro che ha permesso al Papa di ribadire alcuni punti-chiave di una vita autenticamente cristiana. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Non si evangelizza incidendo nei cuori e nel vissuto delle persone se non si approfondiscono i contenuti della fede e non si conoscono le istanze culturali del proprio mondo. L’esortazione che Benedetto XVI rivolge ad ogni cristiano prende spunto dall’udienza del giorno concessa dal Papa ad un sodalizio di volontari, da decenni a servizio della Santa Sede: l’Associazione Santi Pietro e Paolo. Eredi dell’esperienza maturata dalla Guardia Palatina, dal 1970 i membri di questo organismo vivono il proprio impegno su tre distinti binari – liturgico, caritativo e culturale – che hanno riscosso l’apprezzamento del Pontefice. La “cura della liturgia”, “un’intensa vita di preghiera” e “l’assidua partecipazione” alla Messa sono state indicate da Benedetto XVI ai circa 1200 presenti come elementi di “primo impegno”, sia come singoli che come comunità:

 

“Cari amici, solo se ci lasciamo costantemente formare dall’ascolto della Parola di Dio e ci nutriamo con assiduità del Corpo e Sangue di Cristo possiamo trasmettere agli altri l’amore di Dio, che è dono dello Spirito Santo. Nell’Enciclica Deus caritas est ho voluto ricordare che l’amore del prossimo radicato nell’amore divino è anzitutto un compito per ogni singolo fedele, ma lo è anche per l’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli”.

 

Benedetto XVI ha ricordato le iniziative di solidarietà concreta curate dall’Associazione: la mensa per i poveri nella Casa “Dono di Maria” e l’attività nel dispensario pediatrico di Santa Marta, un’attiva presenza nelle parrocchie di appartenenza dei soci. “La carità – ha esortato il Papa - animi ogni vostra attività”, ma non “meno importante”, ha aggiunto, risulta l’attenzione da voi riservata “ad una adeguata formazione culturale per poter maturare nella fede”:

 

Evangelizzare oggi richiede una responsabile conoscenza delle istanze culturali moderne e un approfondimento costante della sana dottrina cattolica. Bene dunque voi fate, cari amici, a non trascurare anche quest’aspetto ed io vi incoraggio a proseguire nel cammino che già con frutto state percorrendo. Voi siete nati per essere al servizio del Successore di Pietro ed io vi ringrazio per la generosità con cui adempite questo vostro compito. Il Signore lo renda sempre più fecondo e, con la forza del suo Spirito, vi faccia autentici suoi discepoli.

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GLOBALIZZAZIONE, DIRITTI UMANI E RUOLO DELLE RELIGIONI PER LA PACE

AL CENTRO DEL COLLOQUIO STAMANE IN VATICANO TRA IL PAPA E JAN ELIASSON,

PRESIDENTE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

 

Benedetto XVI ha ricevuto, questa mattina, Jan Eliasson, presidente della 60.a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ministro degli Esteri svedese.

 

Il colloquio – riferisce in una nota  il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls -  ha avuto come tema centrale il processo della globalizzazione, di cui sono state evidenziate alcune insufficienze, soprattutto per lo scarso rilievo riconosciuto alla dimensione  religiosa. Anche i diritti umani – prosegue il comunicato -  potrebbero perdere consistenza senza il contributo dei valori religiosi”. Durante il colloquio è stata inoltre sottolineata “l'esigenza di superare i contrasti e stabilire ponti perché tutti gli aspetti della globalizzazione possano concorrere al benessere ed alla pacifica convivenza di tutti i popoli”. Si è quindi parlato – conclude la nota del dott. Navarro-Valls -  dell'apporto che l'incontro fra tutte le religioni può offrire alla pace e alla solidarietà fra tutti gli abitanti del Pianeta”.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata anche il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Nel pomeriggio, è in programma l’udienza al cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

In Perù, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lurín presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo salesiano José Ramón Gurruchaga Ezama. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Carlos García Camader, finora ausiliare di Lima. Il nuovo presule ha 51 anni ed ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso il Seminario "Santo Toribio di Mogrovejo" di Lima. Dopo l'ordinazione sacerdotale ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di parroco, rettore del Seminario Maggiore arcidiocesano, canonico ed economo del Capitolo della Cattedrale di Lima, direttore del Comitato delle vocazioni dell'arcidiocesi di Lima ed amministratore della "Casa de Retiro de Santa Rosa". Nel 2002, è stato eletto ausiliare di Lima.

 

 

GRANDE PARTECIPAZIONE IERI SERA IN PIAZZA SAN PIETRO

 ALLA VEGLIA DI PREGHIERA PER IL PAPA,

PRESIEDUTA DA MONS. COMASTRI

 

Hanno risposto in centinaia ieri sera all’invito del Movimento dell’Amore Familiare che ha organizzato in Piazza San Pietro una veglia di preghiera per Benedetto XVI e per il suo pontificato. A presiederla c’era mons. Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano. Il servizio di Tiziana Campisi. 

 

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(canti)

 

Per essere Chiesa, per testimoniare con semplicità la propria fede e sentirsi in comunione con il Vicario di Cristo. Questi i motivi che hanno radunato famiglie, giovani, religiosi e tante persone in preghiera e insieme a mons. Angelo Comastri hanno ascoltato la Parola e recitato il Rosario. Ascoltiamo mons. Comastri:

 

“Un gesto in perfetta linea con il comandamento dell’amore e in perfetta linea con il mistero della comunione, che è una caratteristica irrinunciabile della Chiesa: la preghiera è la forza della Chiesa. E questo perché la preghiera ci mette in comunione con Gesù. Pregando entriamo nel cuore di Cristo”.

 

E queste alcune testimonianze dei membri del Movimento dell’Amore Familiare:

 

“Come movimento ci sentiamo molto uniti. Abbiamo un amore profondo e molto sincero nei confronti del Santo Padre”.

 

“E’ proprio il rispondere ad una chiamata, ad un invito possiamo dire che il Papa stesso ci ha rivolto nei primi giorni dopo la sua elezione, chiedendoci di pregare per lui”.

 

D. – In questo primo anno di pontificato cosa vi ha insegnato Benedetto XVI?

 

“Anzitutto ad approfondire la nostra fede, l’essere nella Chiesa; ad approfondire i Sacramenti e partecipare in modo profondo alla Santa Messa, partendo proprio dall’incontro con l’Eucaristia”.

 

“Ha iniziato con l’Enciclica Dio è amore e credo che non avrebbe potuto scegliere cosa più calzante per noi che siamo poi il Movimento dell’Amore Familiare. Abbiamo sentito quindi una spinta in più per portare avanti questo modo di essere cristiani, cattolici, credenti e come famiglia”.

 

D. – Voi del Movimento dell’Amore Familiare come suggerite alla gente di essere Chiesa?

 

“Portando il Signore nella vita di tutti i giorni e senza riserve, aprendosi al suo amore nella semplicità; riconoscendo i propri limiti, le proprie condizioni umane di debolezza, di fatica quotidiana; e allo stesso tempo aprendosi alla sua speranza”.  

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Africa: la sete uccide i figli di un Continente stremato"; ogni quindici secondi un bambino muore per mancanza di acqua.


Servizio vaticano - Due pagine dedicate al cammino della Chiesa in Asia.

 

Servizio estero - Un contributo del vescovo Elio Sgreccia dal titolo " La votazione del Parlamento Europeo relativa alla ricerca sugli embrioni umani". 

 

Servizio culturale - Un articolo di Massimiliano Porzia dal titolo "Uno 'sguardo sull'altro' per favorire il dialogo tra le culture": il 23 giugno aprirà a Parigi il Musee du quai Branly dedicato all'arte dei Paesi extraeuropei.  

 

Servizio italiano - In rilievo il tema dei conti pubblici.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 giugno 2006

 

 

INTERVISTA CON IL PRESIDENTE DELLA COSTA RICA OSCAR ARIAS SANCHEZ,

IERI A COLLOQUIO IN VATICANO CON BENEDETTO XVI

 

I temi della globalizzazione, dello sviluppo e del disarmo sono stati al centro  dell’incontro ieri mattina in Vaticano tra Benedetto XVI e il presidente della Costa Rica, Oscar Árias Sanchez, insignito nel 1987 del Premio Nobel per la pace  per la sua opera di riconciliazione nella regione centroamericana.  Al termine del colloquio il collega Luís Badilla lo ha intervistato chiedendogli innanzitutto le sue impressioni:

 

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R. - PUES COMO YO ME LO IMAGINABA …

Come immaginavo ho trovato una persona molto intelligente. Il Papa conosce bene tutti i problemi del mondo di oggi. Così gli ho illustrato un’idea che so bene che anche lui personalmente approva. Mi riferisco al fatto che per diminuire la povertà nel mondo occorre al tempo stesso diminuire le spese militari. So che lui è molto interessato a questa prospettiva. Io, da molti anni tento di convincere alcune istituzioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario nonché il G8 affinché agiscano in questa direzione. Credo che queste istituzioni dovrebbero condonare il debito estero di molti Paesi imponendo certe condizioni. Tra queste una drastica riduzione delle spese militari. Basta con l’acquisto smisurato di armi e basta con il mantenimento di soldati e apparati militari non necessari! Molti Paesi oggi sprecano le loro poche risorse poiché spendono molto di più per i loro apparati militari che per l’educazione dei giovani. Ma c’è di più e lo dobbiamo dire con forza:  molti di questi Paesi che spendono tanto denaro nell’acquisto di strumenti di morte violano i diritti umani apertamente, non sono democratici, non sono trasparenti e spesso sono preda della corruzione. A volte, in questi Paesi, le armi vengono utilizzate per muovere guerra contro le nazioni confinanti oppure per opprimere e reprimere i propri popoli.

 

D. – Cosa propone lei?

 

R. – EL MUNDO ESTA’ LLENO…

Certo, il mondo oggi è pieno di bei discorsi e abbonda di buoni propositi. Occorre passare all’azione! Io propongo un grande evento mondiale, con la presenza ovviamente della Chiesa cattolica, per creare una maggiore consapevolezza su questa realtà e, se possibile, intraprendere la strada giusta. La Santa Sede, in questo campo, può svolgere un ruolo decisivo e insostituibile. Ho anche raccontato al Papa che noi, io e gli amici della “Fondazione Arias per la pace”, da molti anni proponiamo l’elaborazione di un Trattato internazionale per la regolazione del commercio delle armi. E’ una cosa che ho fatto come semplice cittadino e ora, come presidente della Costa Rica, vorrei continuare a proporre come iniziativa del mio Paese e del mio governo. Attraverso l’ONU, dobbiamo convincere molti governi che ormai non è più possibile, né conveniente, vendere armi a chiunque abbia denaro per comprarle.

 

D. - A lei, sig. presidente, è stato assegnato il Nobel per la pace del 1987 per il suo impegno in favore della pacificazione dell’America Centrale. Sono passati molti anni dalla firma del Trattato che ha portato la pace in Nicaragua, Guatemala ed El Salvador. Quale è il suo bilancio? E’ valsa la pena tanta fatica diplomatica e politica?

 

R. - YO DIRÌA QUE SÌ. HEMOS LOGRADO …

Sì, certamente ne è valsa la pena. Siamo riusciti a pacificare l’America Centrale con lo sforzo e il valore non solo nostro ma di tanti. Oggi, per fortuna, non è più come nel passato quando nelle nostre terre si sparavano tutti contro tutti. Siamo riusciti a dimostrare al mondo intero che la pace era possibile, e raggiungibile, sul tavolo del negoziato e non sulle montagne centroamericane. Ci siamo riuniti nell’agosto del 1987 in Guatemala per firmare il Piano di pace regionale da applicare nelle singole nazioni rispettando le realtà e le complessità di ogni conflitto. Il sostegno dell’Unione Europea e di tanti altri Paesi, quasi 20 anni fa, è stato un segnale rilevante per fare capire che si può far tacere le armi con la diplomazia, il negoziato, il dialogo, nel rispetto dei legittimi interessi di tutte le parti.  Oggi però i problemi sono diversi: lavoriamo per far crescere i nostri Paesi, lavoriamo per eliminare la povertà, per generare nuove risorse, per creare occupazione, per dare più salute e più scuole, per avere le infrastrutture necessarie. Oggi lavoriamo anche per decidere come e quando inserire le nostre economie nel grande processo dell’economia mondiale, e in particolare, lavoriamo per farlo nell’ambito del commercio planetario come abbiamo fatto noi, giorni fa, firmando un accordo di libero scambio commerciale con gli Stati Uniti.

 

D. - E quali sono le prospettive?

 

R. – EL CENTRO-AMERICA…

L’America Centrale, insieme con l’Unione Europea, è una delle regioni del mondo dove da molti anni si lavora in favore dell’integrazione. Noi siamo partiti negli anni ’60. Ma oggi tutto questo va visto dall’ottica della globalizzazione. In questo processo, gli scambi commerciali sono strategici. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO) continua con le sue negoziazioni nel cosiddetto “Round di Doha” è ciò e molto positivo, ma non è facile essere ottimisti. Gli europei, il Gruppo dei 20 che guidano il Brasile e l’India e gli stessi Stati Uniti, sono poco flessibili e non hanno la volontà politica necessaria per rinunciare a molti privilegi che si protraggono da troppi anni. Qui, in Europa, per esempio, il 2 % della popolazione esercita attività agricole eppure riceve ciò che corrisponderebbe al 20 % della medesima popolazione. Non è giusto. E’ un strada che porta all’impoverimento degli agricoltori dei Paesi poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. A volte tutti parlano in favore del libero commercio ma poi nessuno è disposto a praticarlo veramente.

 

D. – Questi problemi sono stati trattati nei suoi colloqui in Vaticano?

 

R. – SI’, ESTO ES UN TEMA…

Sì, su questa questione ho parlato col Santo Padre e anche con il Segretario di Stato, il cardinale Sodano e, tutti e due, si sono dichiarati d’accordo nell'affermare che i Paesi piccoli hanno diritto a cercare i modi migliori per aumentare le loro esportazioni. Prendiamo l’esempio del Cile: è la nazione che più cresce in tutta l’America Latina e ciò è possibile perché è il Paese più globalizzato della regione dal punto di vista commerciale avendo firmato trattati di libero commercio con numerosi Paesi.  Noi lavoriamo per una prospettiva simile.

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SI CHIAMA “RIDARE LA LUCELA MISSIONE DEI FATEBENEFRATELLI

 CHE CON LA COLLABORAZIONE DELL’AERONAUTICA MILITARE

PORTA SQUADRE DI OCULISTI IN AFRICA. IN QUESTI GIORNI, MEDICI, INFERMIERI

 E TECNICI STANNO OPERANDO IN TOGO E IN GHANA

 

È partita da alcuni giorni per il Togo e il Ghana la missione “Ridare la luce”, un progetto dell’Associazione dei Fatebenefratelli per i Malati Lontani, AFMAL, con l’Aeronautica Militare per la cura di malattie che interessano gli occhi. Sono finora sei le missioni portate a termine in Africa, per un totale di 900 interventi chirurgici e circa 4 mila visite ambulatoriali. Tiziana Campisi ha raggiunto telefonicamente uno dei medici oculisti attualmente in Togo, il dott. Giorgio Ghirelli. Ascoltiamo.

 

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R. - Per me è già la terza missione che faccio con l’AFMAL e devo dire che anche questa volta l’organizzazione è perfetta. Sta andando tutto molto bene, stiamo visitando decine e decine di persone ogni giorno e altrettant sono gli interventi chirurgici, prevalentemente cateratta, dove qui è una condizione di cecità completa.

 

D. - Lei personalmente come sta vivendo queste giornate?

 

R. - Con molto entusiasmo sicuramente. E’ molto dura per le condizioni climatiche ambientali, però l’entusiasmo e la riconoscenza di queste persone fanno superare qualsiasi disagio, basta il sorriso di un bambino. Le racconto solo questo, rapidamente: uno dei primi interventi è stato un bambino di un anno, cateratta bilaterale, quindi è nato pressoché cieco. Abbiamo eseguito l’intervento in collaborazione anche con l’anestesista, il cardiologo e il pediatra; il giorno dopo abbiamo sbendato questo bambino e vedere il viso del bambino che vedeva i visi dei genitori e li carezzava è stata un’emozione difficile da raccontare.

 

D. - Il progetto che state portando avanti si chiama “Ridare la luce”. Voi ridate la luce, ma che cosa ricevete da queste persone?

 

R. - Ci hanno insegnato tante cose, anche a riflettere molto sul tipo di vita che conduciamo nel mondo occidentale, quindi sicuramente arricchisce il nostro bagaglio umano.

 

D. - Che cosa porterà via da questa missione nel suo cuore?

 

R. - Tante cose, tanti ricordi, tanti momenti con queste persone che però sicuramente è difficile trasmettere quando si torna a casa. Cerchiamo più che altro di entrare nelle loro situazioni, cerchiamo di stargli più vicino e di rendere la loro vita con più sorriso.

 

D. - Quanto è difficile per un medico trovarsi all’interno di una missione dove non sempre dispone di tutte le attrezzature di cui avrebbe bisogno?

 

R. – Guardi, in questo io devo fare un elogio all’Aeronautica Militare, che collabora con noi perché ci ha dato la possibilità di portare tutta la strumentazione. I nostri tipi di interventi necessitano di una strumentazione particolare, abbastanza ingombrante, abbastanza tecnologica, come possono essere il microscopio operatorio e altre apparecchiature. Se non avessimo avuto la possibilità di portarle tramite un volo militare potevamo eseguire questo interventi, ma sicuramente con dei mezzi antiquati. Cerchiamo di portare la tecnologia di oggi, cerchiamo di portarla qui, però questo appunto grazie alla collaborazione dell’Aeronautica Militare con l’AFMAL.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, Domenica 18 giugno, la Chiesa in Italia celebra la Solennità del Corpus Domini. La Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù  istituisce l’Eucaristia:

 

“Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo:Prendete, questo è il mio corpo’. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse:Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti’ “.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marco Ivan Rupnik:

 

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(musica)      

 

Con l’Incarnazione di Dio in Gesù Cristo, l’umanità diventa luogo supremo della rivelazione e dell’amore di Dio. La parte più esposta dell’umanità è il corpo, la carne, che è sottomessa al tempo e, dunque, al perire. Per questo diventa il motivo dell’egoismo e dell’attaccamento a sé. Di fatti tutti – prima o poi – sentiamo la precarietà della nostra vita, perché legata ad una tale fragilità come è il nostro corpo.

 

Cristo offre se stesso nelle nostre mani, proprio tramite il suo Corpo. Lui affida se stesso a noi, affinché noi possiamo fidarci di Lui e affidare noi stessi al suo amore.

 

Tutto questo mistero del dono, Gesù lo ha rinchiuso in una cosa così essenziale e semplice come il pane e il vino. Noi, con il pane e il vino, presentiamo la nostra offerta, ma tutto ciò che offriamo diventa Cristo e ci viene ridato nella Comunione come ciò che ci salva. Così proprio ciò che sperimentiamo come fragilità, come dolore e come precarietà diventa per noi luogo di salvezza.

 

(musica)      

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CHIESA E SOCIETA’

17 giugno 2006

 

 

DISAPPROVAZIONE DEI VESCOVI TEDESCHI CIRCA LA DECISIONE DEL PARLAMENTO

EUROPEO DI PROMUOVERE LA RICERCA SULLE STAMINALI EMBRIONALI: “E’ UNA PESANTE SCONFITTA PER L’EUROPA”

 

BERLINO. = “Una pesante sconfitta e un disastroso segnale per la difesa degli embrioni in Europa, e anche per la salvaguardia dei diritti umani”. Con queste parole, i vescovi tedeschi hanno definito la decisione del Parlamento europeo di sostenere economicamente la ricerca sulle staminali embrionali, nell’ambito del settimo programma di ricerca per il periodo 2007-2013. In una nota diffusa ieri, i presuli hanno affermato che “il Parlamento contraddice nella sua decisione, appoggiata da una maggioranza risicata, le direttive della Commissione giustizia e pari opportunità, che hanno entrambe bocciato la proposta di finanziamento con fondi europei di ricerche in cui vengano distrutti degli embrioni”. I vescovi tedeschi hanno poi ricordato che “la ricerca sulle cellule staminali embrionali presuppone la distruzione di vite umane”, riaffermando ancora una volta che gli embrioni umani hanno diritto di vita fin dal concepimento. “Essi – ha sottolineato la Conferenza episcopale – godono di dignità umana e non possono pertanto essere oggetto degli interessi della ricerca”. Rifacendosi, poi, alla legislazione della Germania, i vescovi hanno evidenziato come questo tipo di ricerche non sia “in assonanza con le leggi tedesche”, così come hanno ribadito due governi regionali nello scorso mese di maggio. “La decisione finale sul finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali – hanno aggiunto i presuli – sarà presa dal Consiglio dei ministri. Ci appelliamo a tutti i membri di questo organismo, affinché boccino questo tipo di ricerca. Al governo tedesco – hanno concluso – chiediamo inoltre di appoggiare il settimo programma di ricerca, solo se garantirà la difesa degli embrioni umani”. (R.M.)

 

 

LA CHIESA ARGENTINA ESPRIME PREOCCUPAZIONE PER LA SITUAZIONE SOCIALE

 NEL PAESE: “NONOSTANTE I PRIMI SEGNALI POSITIVI, RESTA ALTA LA PERCENTUALE

 DI PERSONE EMARGINATE E INDIGENTI”

 

BUENOS AIRES. = “La situazione sociale dell’Argentina continua a essere preoccupante a causa dell’alta percentuale di persone indigenti”: è quanto ha dichiarato il presidente della Commissione di pastorale sociale della Chiesa Argentina, nonché capo della Caritas locale, mons. Alcides Pedro Jorge Casaretto, a margine di un incontro con i dirigenti della Confederazione generale del lavoro. Come riporta l’agenzia Fides, il presule ha spiegato che, nonostante la povertà sia lievemente ridotta e ci siano dei segnali positivi, “l’argomento della distribuzione delle entrate continua a essere un problema serio”. “Il tema dell’iniquità non viene affrontato a fondo – ha sottolineato mons. Casaretto – l’intera società deve prendere coscienza del fatto che in Argentina c’è una percentuale molto elevata di persone emarginate”. Per questo, la Pastorale sociale continuerà a convocare meeting con le “diverse forze sociali” del Paese. Secondo le ultime statistiche ufficiali, la povertà in Argentina colpisce il 33,8 per cento della popolazione urbana (7,9 milioni di persone) e l’indigenza il 12,2 per cento (2,8 milioni di abitanti). Entrambi gli indicatori, così come il tasso di disoccupazione (10,8 per cento lo scorso aprile), sono progressivamente calati. (R.M.)

 

 

“LA CROCE DEI GIOVANI SIA SEGNO DI PACE E SPERANZA PER TUTTI I TOGOLESI”: COSÌ, L’ARCIVESCOVO DI LOMÉ, IN TOGO, MONS. KPODZRO, ACCOGLIENDO NEI GIORNI SCORSI NEL PAESE LA CROCE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

 

LOMÉ. = “Accogliamo con tutto il nostro cuore e a braccia aperte la Croce della Giornata mondiale della gioventù, perché Cristo si radichi nei nostri cuori, nelle nostre culture, tradizioni e società e perché i togolesi si riconoscano come fratelli e sorelle e possano vivere in pace”. Con questo auspicio, l’arcivescovo di Lomé, nel Togo, mons. Philippe Fanoko Kossi Kpodzro, ha accolto nei giorni scorsi, presso la chiesa di Cristo Re di Kodjoviakopé, la Croce dei giovani e l’icona della Vergine Maria, che stanno percorrendo il continente africano. Presenti alla celebrazione, il direttore delle Pontificie opere missionarie, p. Christian Agbelekpo, sacerdoti, religiose, fedeli e una delegazione di giovani del confinante Ghana, da cui provenivano i due simboli religiosi. Alla frontiera tra i due Paesi, una folla festante di centinaia di persone ha accolto la Croce a l’icona della Vergine. Tra i presenti vi erano anche persone di fede non cristiana. Nel suo discorso, mons. Kpodzro ha ricordato il significato della Croce, come storia della Salvezza, dall’intercessione di Mosé a favore del popolo di Dio, fino alla morte e alla resurrezione di Gesù. Secondo Justine Mathey, responsabile diocesana dei giovani dell’arcidiocesi di Lomé, l’arrivo della Croce è un segno di Grazia per tutta la popolazione togolese, provata da una difficile situazione politica, sociale ed economica. (R.M.)

 

 

“LA BELLEZZA DEI DESERTI E LA SFIDA DELLA DESERTIFICAZIONE”:

È IL TEMA SCELTO DALLE NAZIONI UNITE PER L’ODIERNA GIORNATA MONDIALE PER LA LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE E ALLA SICCITÀ

- A cura di Roberta Moretti

 

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NEW YORK. = “La desertificazione, ossia la perdita della produttività biologica della terra in aree aride, semi-aride e poco umide, è una delle minacce più gravi di fronte alle quali si trova l’umanità”. Lo ha detto il segretario generale della Nazioni Unite, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità, quest’anno sul tema: “La bellezza dei deserti e la sfida della desertificazione”. Anche Benedetto XVI, parlando giovedì scorso in occasione della Festa del Corpus Domini, ha richiamato l’attenzione sul problema, che colpisce un quinto della popolazione mondiale in oltre cento Paesi, in particolare dell’Asia meridionale e dell’Africa subsahariana, dove il 66 per cento del suolo è costituito da deserto o terre aride. “In un periodo, in cui si parla della desertificazione – ha detto il Papa – e sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz’acqua, ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono dell’acqua”. La degradazione dei suoli è causata dalla siccità e, soprattutto, da fattori umani, come le pratiche di coltivazione e raccolta delle produzioni agricole, l’allevamento e la deforestazione. Le conseguenze – come è noto – sono povertà, crisi alimentari e processi migratori. “Se non passiamo all’azione – ha dichiarato Kofi Annan – entro il 2020 circa 60 milioni di persone si sposteranno dall’Africa subsahariana verso il nord Africa e l’Europa e in tutto il mondo 135 milioni di persone potrebbero correre il rischio di uno sradicamento”. “ Allo stesso tempo – ha aggiunto il segretario generale dell’ONU – c’è anche la necessità urgente di salvaguardare i deserti”, ecosistemi vitali e culla di alcune delle civiltà più ricche e antiche dell’umanità, “dalla fertile civiltà della Mesopotamia – ha precisato – alle regioni della strada della seta, passando per gli ecosistemi aridi dell’America Latina”. Duplice, dunque lo scopo di questa Giornata, dedicata al problema della degradazione dei suoli, ma anche alla bellezza dei deserti. Giornata che coincide con l’Anno internazionale dei deserti e della desertificazione e con il 10.mo anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione ONU per combattere il fenomeno.

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APPELLO DEL PRESIDENTE DELL’UNIONE AFRICANA, ALPHA OUMAR KONARÉ,

PERCHÉ SI VIETINO LE MUTILAZIONI GENITALI FEMMINILI NEL CONTINENTE.

IN UN MESSAGGIO, L’EX CAPO DI STATO DEL MALI

CHIEDE IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI PER LE DONNE

 

BAMAKO. = Il presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA), l’ex-capo di Stato del Mali, Alpha Oumar Konaré, lancia un appello perché si ponga fine alla pratica dell’infibulazione nel Continente. “Dovremmo riflettere sulla traumatica esperienza di donne e ragazze che sono state sottoposte all’atrocità della mutilazione genitale femminile”, ha scritto in un messaggio in occasione della Giornata del bambino africano, celebrata ieri. “C’è bisogno di mobilitare le nostre comunità, i leader religiosi e tradizionali, le donne e gli uomini, attraverso campagne di educazione e informazione, per modificare la propria mentalità e coinvolgerli nella battaglia contro le mutilazioni”. Secondo Konaré, scrive l’agenzia MISNA, questa pratica costituisce una “violazione dei diritti umani e della dignità” di donne e ragazze. Esprimendo la preoccupazione dell’Unione Africana per gli effetti sociali e psicologici sulla salute delle donne, il presidente della Commissione UA ha ricordato che la Carta continentale dei diritti e del benessere dei bambini condanna alcune pratiche tradizionali, tra le quali le mutilazioni genitali femminili. L’UNICEF stima che circa 140 milioni di ragazze e donne nel mondo siano state sottoposte a questa usanza, molto diffusa in Africa, in alcune zone del Medio Oriente e anche tra alcune comunità di immigrati nel mondo. Finora, sono 16 i Paesi africani che hanno messo al bando tale pratica, mentre dal novembre 2005 è entrato in vigore il Protocollo di Maputo, che vieta e condanna in modo esplicito le mutilazioni femminili. (T.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 giugno 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

        

Decisione storica per il Nepal che, dopo dieci anni di guerra civile e 13 mila morti, vede finalmente concretizzarsi la pace. I ribelli maoisti entreranno infatti a far parte di un governo di transizione. Ieri la storica firma a Kathmandu dell’intesa di riforma costituzionale tra l’anziano premier, Prasad Koirala, e Prachanda, capo dei ribelli maoisti, i quali avranno dunque una presenza consistente nelle istituzioni nepalesi. Il servizio è di Maria Grazia Coggiola:

 

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Un governo provvisorio con i maoisti, forse già dal prossimo mese; lo scioglimento del Parlamento di Kathmandu e dei governi locali dei ribelli e quindi nel 2007 le elezioni di una Assemblea costituente con la supervisione delle Nazioni Unite. A grandi linee sono queste le tappe del processo di riforma costituzionale contenuto nello storico accordo in 8 punti, siglato ieri dal capo dei ribelli Prachanda e dall’anziano premier Girja Prasad Koirala, salito al potere dopo la rivolta antimonarchica di aprile. E’ la strada che dovrebbe portare il Nepal fuori dal tunnel, dopo dieci anni di sanguinosa guerriglia e 13 mila morti. L’ottimismo è giustificato, ma ci sarebbero ancora molti punti in sospeso e soprattutto in merito al futuro della corona, che i maoisti vorrebbero abolire, ma che l’alleanza dei partiti democratici vorrebbe invece ancora mantenere, con un ruolo puramente cerimoniale, come lo è già ora. Altra questione cruciale e non menzionata nell’intesa è il disarmo dei guerriglieri che molti vorrebbero vedere ancor prima delle elezioni e con l’intervento di osservatori internazionali.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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Nello Sri Lanka sono almeno 24 i morti - 20 guerriglieri tamil e 4 membri delle forze navali - in seguito agli attacchi sferrati dai ribelli delle Tigri Tamil contro due navi al largo della costa nord-ovest del Paese. L’episodio, che arriva a due giorni da un attentato contro un autobus che ha provocato 64 vittime, si è verificato dopo il bombardamento da parte delle forze aeree governative contro postazioni di ribelli. Solo ieri il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, aveva invitato le parti a rinnovare il cessate il fuoco per evitare che “il Paese vada verso una guerra civile in piena regola”.

 

In Iraq una serie di attacchi della guerriglia ha sfidato anche questa mattina il piano per la sicurezza avviato dalla polizia, dall’esercito e dalle forze multinazionali a Baghdad. Ce ne parla Eugenio Bonanata:

 

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Due autobomba, alcuni colpi di mortaio e un ordigno artigianale hanno seminato morte e distruzione a Bagdad. Sono più di una ventina i morti. Una tragica realtà che mette a dura prova le drastiche misure per la sicurezza volute solo tre giorni fa dal nuovo governo iracheno guidato dal premier al Maliki. 40 mila uomini, coprifuoco notturno, pattugliamenti intensi e decine di posti di blocco non sono serviti ad evitare l’ennesima giornata di sangue. Intanto dai 148 mila soldati stranieri presenti nel territorio iracheno, dal prossimo autunno cominceranno a ritirarsi quelli italiani. L’annuncio è del ministro degli esteri italiano D’Alema, che ieri a Washington ha confermato la posizione nel corso del suo incontro con il segretario di Stato americano Condoleeza Rice. D’Alema avverte che non è corretto affermare che l’Italia abbandona il Paese. L’Italia dopo il ritiro continuerà infatti la sua collaborazione politica ed economica col governo iracheno, attraverso un patto di cooperazione concordato che potrebbe  prevedere – ad esempio - la formazione del personale di polizia. D’Alema che ha lamentato una scarsa collaborazione degli USA per la vicenda Calipari, ha poi confermato che l’amicizia e la collaborazione con gli Stati Uniti resta un pilastro per l’Italia. Intanto in nottata una parte della brigata “Sassari” impegnata in Iraq nella missione “Antica Babilonia” è rientrata in Sardegna. Gli ultimi 300 uomini della "Sassari" lasceranno Nassiriya nei prossimi giorni, nell’ambito di una manovra che mira a ridurre il contingente italiano da 2.600 a 1.600 militari entro questo mese di giugno.

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In Afghanistan prosegue l’offensiva lanciata dalle forze della coalizione internazionale contro i talebani. In nottata almeno 45 ribelli sono morti nel sud del Paese, mentre all’alba in un’altra operazione hanno perso la vita 7 insorti e un poliziotto afgano  ai quali si aggiungono altri due soldati della forza internazionale rimasti uccisi, nella provincia orientale di Kunarper, in seguito all’esplosione di un ordigno. Intanto il ministro della Difesa italiano Parisi, in visita nel Paese, ha incitato i militari italiani a continuare “la lotta coraggiosa contro ogni possibile ripresa del terrorismo”.

 

Il presidente egiziano Mubarak ha invitato il presidente palestinese Abu Mazen, e il primo ministro palestinese Haniyeh a superare le loro divergenze e a cooperare. Il presidente egiziano, che incontra oggi Abu Mazen, ha anche affermato che il suo Paese è in contatto con gli israeliani e i palestinesi “per impedire l’escalation di violenza di cui sono stati vittime civili innocenti”. Intanto alla periferia di Gaza due miliziani palestinesi, a bordo di un automezzo, sono morti in serata per un attacco aereo israeliano, che li ha definiti responsabili del lancio di razzi contro il territorio ebraico.

 

Truppe etiopiche avrebbero varcato la frontiera con la Somalia con l’intenzione di attaccare. Lo hanno denunciato fonti delle Corti islamiche somale precisando che l’incursione sarebbe avvenuta all’alba nel sud-ovest del Paese. Intanto in mattinata almeno due ex ‘signori della guerra’, sono fuggiti  da Mogadiscio rifugiandosi a bordo di una nave militare americana che li attendeva in rada. La sedicente Alleanza per il Ripristino della Pace e per l’Anti-Terrorismo (ARPCT), in cui i tradizionali 'signori della guerra' si erano coalizzati in funzione anti-islamica, è sempre stata accusata dagli avversari di essere finanziata dagli Stati Uniti, timorosi che il Paese del Corno d’Africa possa diventare un santuario per i guerriglieri di al-Qaeda. Da registrare infine una manifestazione di protesta anti americana che si è svolta ieri sera per le strade di Mogadiscio.

 

Elezioni parlamentari oggi in Slovacchia. Gli aventi diritto, tra i 5 milioni e mezzo di cittadini, dovranno scegliere a chi affidare i 150 seggi del Parlamento. I sondaggi danno in testa i partiti dell’opposizione, guidata dai social-democratici, ma, chiunque vinca, appare difficile per il Paese, tra i nuovi dieci entrati nell’Unione Europea, la formazione di una coalizione di governo compatta. Quale il significato di queste consultazioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a mons. Marian Gavenda, portavoce della Conferenza episcopale slovacca e direttore della radio cattolica nazionale:

 

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R. – Queste elezioni possono rappresentare una svolta radicale per il Paese, dopo otto anni di governo guidato da un solo schieramento. Le vere decisioni, però, verranno prese dopo le elezioni, perché, secondo i sondaggi vinceranno quattro o cinque partiti con il 10 o 15 % dei consensi: la coalizione di governo dipenderà poi da come riusciranno a mettersi d’accordo. Ogni partito, infatti, sta calcolando ora con chi dovrà allearsi dopo le elezioni.

 

D. – Quale l’importanza di queste elezioni in chiave europea?

 

R. – Se vince l’opposizione, avrà più spazio la corrente dell’euroscetticismo. E la grande percentuale dei favorevoli a questi partiti mostra che la gente non è contenta degli attuali sviluppi nell’Unione Europea.

 

D. – Qual è il giudizio degli elettori, invece, sul governo uscente?

 

R. – Ci sono critiche per l’attuale situazione sociale, soprattutto per la riforma della sanità, per la situazione dell’educazione e della cultura. La Slovacchia ha ancora molte zone di sottosviluppo, anche dal punto di vista economico. Quindi, c’è molta insoddisfazione nella gente.

 

D. – Come rappresentante della Chiesa locale, quali ritiene siano i problemi sociali e politici che devono essere risolti?

 

R. – La lettera dei vescovi per queste elezioni ha due temi fondamentali: l’invito a tutti a partecipare alle consultazioni, per aumentare il grado di democrazia nel Paese e l’esortazione a sostenere i partiti che si impegnano per le politiche familiari e a varare un programma sociale serio. Purtroppo, sono molti i partiti il cui programma non è accettabile per noi cristiani.

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Ucciso in Cecenia, nella città di Argun, il leader politico della guerriglia cecena Saidullaiev. Lo ha annunciato stamani il premier ceceno filo-russo Ramzan Kadirov precisando che l’episodio è avvenuto nel corso di una “operazione speciale” durante la quale il leader “ha fatto resistenza armata”. Saidullaiev aveva preso la guida politica della guerriglia indipendentista nel 2005, auto-proclamandosi presidente della Cecenia dopo l’uccisione del predecessore, Mashkadov.

 

In Italia, il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi, ha fissato per martedì l’interrogatorio di garanzia per Vittorio Emanuele di Savoia che da stamani all’alba si trova nel carcere del capoluogo Lucano. Il figlio dell’ultimo re d’Italia, Umberto II, è stato fermato ieri sera, assieme ad altre 12 persone, per ordine della procura di Potenza, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ai reati di corruzione, falso, e sfruttamento della prostituzione.

 

Gli Stati Uniti e il Giappone hanno esortato la Corea del Nord a mettere fine ai suoi preparativi per il lancio del missile balistico a lunga gittata. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone ha sottolineato che quel lancio sarebbe “grave e provocatore”.

 

I ministri degli Esteri dei Paesi che compongono il blocco commerciale Mercosur - Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay - si sono incontrati ieri a Buenos Aires per preparare l’ingresso del Venezuela come membro di pieno diritto nell’organizzazione. La decisione verrà ratificata il 20 e 21 luglio prossimi, ma l’entrata effettiva avverrà  nel 2010, dopo che il Venezuela avrà adattato le sue leggi. A quel punto il Mercosur rappresenterà il 75% del Pil sudamericano.

 

 

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