RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 167 - Testo della trasmissione di venerdì 16 giugno 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In udienza da Benedetto XVI il presidente della Costa Rica, Oscar Arias Sanchez

 

L’Eucaristia unisca la Chiesa e l’umanità lacerata: così il Papa, ieri, in San Giovanni in Laterano, in occasione della festa del Corpus Domini

 

Questa sera in Piazza San Pietro la veglia di preghiera per il Papa promossa dal Movimento dell’Amore Familiare: intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri

 

Folla festosa allo stadio brasiliano di Belo Horizonte per la beatificazione di padre Eustáquio Van Lieshout, presieduta dal cardinale Saraiva Martins

 

Mal interpretate alcune dichiarazioni del cardinale Renato Raffaele Martino sui centri di permanenza temporanea: così una nota vaticana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo il voto del Parlamento europeo a favore della ricerca sugli embrioni, non cessa l’impegno in favore del valore irrinunciabile della vita umana: con noi l’arcivescovo Elio Sgreccia e il prof. Vincenzo Saraceni

 

Speranze di pace a Timor Est: i ribelli iniziano a consegnare le armi. La testimonianza di don Ferdinando Colombo

 

La Focsiv denuncia il pericolo di una  militarizzazione della cooperazione internazionale: interviste con Sergio Marelli, Filippo Andreatta e don Oreste Benzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il cardinale Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, chiede perdono a quanti hanno sofferto a causa dei preti che hanno collaborato con i Servizi Segreti del passato regime comunista in Polonia

 

La fondazione Giustizia e Solidarietà della CEI chiede alla comunità internazionale di allargare i criteri per la cancellazione del debito

 

I vescovi statunitensi, riuniti in questi giorni a Los Angeles, hanno deciso di adottare una nuova traduzione del Messale Romano

 

Promuovere l’educazione nelle scuole per prevenire le catastrofi: è il tema della campagna mondiale lanciata nei giorni scorsi dall’UNESCO

 

Nei prossimi 15 anni, secondo l’ONU, 1,4 miliardi di persone vivranno nelle bidonville del mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Unione Europea sblocca un pacchetto di aiuti di circa 100 milioni di euro per la popolazione palestinese  e approva l’entrata della Slovenia nella zona euro a partire dal 2007  

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 giugno 2006

 

IN UDIENZA DA BENEDETTO XVI IL PRESIDENTE DELLA COSTA RICA,

E PREMIO NOBEL PER LA PACE, OSCAR ARIAS SANCHEZ

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in udienza il presidente della Repubblica di Costa Rica, Oscar Arias Sanchez, accompagnato da un piccolo seguito. Il colloquio in privato, durato poco più di venti minuti nella biblioteca privata del Papa, si è concluso con il tradizionale scambio dei doni. Il presidente costaricense, Premio Nobel per la pace 1988, ha donato al Pontefice un libro fotografico sui parchi naturali della Costa Rica e Benedetto XVI ha ricambiato con le medaglie del Pontificato e una copia in spagnolo della sua Enciclica, Deus caritas est. Dopo l'udienza con il Papa, il presidente Arias Sanchez si è intrattenuto con il cardinale Segretario di Stato, Angelo Sodano, e successivamente – come informano le agenzie - ha visitato la Basilica di San Pietro, sostando alcuni minuti in preghiera nelle Grotte Vaticane, davanti alla tomba di Giovanni Paolo II.

 

 

ALTRE UDIENZE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Julian Herranz, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, l’arcivescovo Robert Sarah, segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e il superiore generale dei Legionari di Cristo, padre Alvaro Corcuera Martinez del Rio.

 

 

L’EUCARISTIA UNISCA LA CHIESA E L’UMANITÀ LACERATA: COSI’ IL PAPA, IERI,

IN SAN GIOVANNI IN LATERANO, IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL CORPUS DOMINI

 

L’Eucaristia, che trasforma il cuore degli uomini, unisca la Chiesa e l’umanità lacerata: questa la preghiera del Papa ieri sera nella celebrazione del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Presenti diverse decine di migliaia di fedeli delle comunità parrocchiali e religiose, di gruppi ecclesiali, associazioni, movimenti, e delle confraternite di Roma e del Lazio. Benedetto XVI ha ricordato la piaga della desertificazione nel mondo, poi ha presieduto la processione lungo via Merulana fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Il servizio è di Paolo Ondarza:

 

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L'Eucaristia è il “pane dei poveri”, un piccolo pezzo di pane che attraverso il sacrificio di Gesù ci porta “verso l'unificazione con il Creatore". Lo ha detto Benedetto XVI, nell'omelia della Messa del Corpus Domini, celebrata sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Le parole di Cristo ai discepoli “Prendete questo è il mio corpo” - parole “inesauribili” - racchiudono tutta la storia dell’umanità, ha spiegato il Pontefice. Pane e vino sono segni che ci aiutano a meglio comprendere il mistero del Risorto. “Il Pane – ha proseguito Benedetto XVI - è frutto della terra e insieme del cielo”. Anche l’acqua, necessaria per impastare la farina, è dono elargito non per merito nostro. “Non possiamo produrla da noi” - ha detto - pensando alla grave piaga della desertificazione nel mondo.

 

“In un periodo in cui si parla della desertificazione e sentiamo sempre e di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz’acqua, ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell’acqua”.

 

Mentre il pane rimanda alla quotidianità, il vino evoca la festa, ma anche la Passione: l’uva deve essere pigiata per far maturare un vino pregiato, ha detto  Benedetto XVI. L’Adorazione eucaristica ci aiuta ad entrare nel mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo:

 

“Quando noi, adorando, guardiamo l’Ostia consacrata, il segno della creazione ci parla. Allora incontriamo la grandezza del suo dono; ma incontriamo anche la Passione, la Croce di Gesù è la sua risurrezione. Mediante questo guardare in adorazione, Egli ci attira verso di sé, dentro il suo mistero, per mezzo del quale vuole trasformarci come ha trasformato l’Ostia”.

 

         Lungo Via Merulana, che per l’occasione è stata vestita a festa con drappi e lumi alle finestre, si è poi snodata la processione dei fedeli fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Proprio nella Basilica Liberiana prima della celebrazione si sono svolte 40 ore ininterrotte di adorazione eucaristica:

 

“Nella processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo:Guidaci sulle strade di questa nostra storia!...Guarda l’umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l’anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso!... Unisci la tua Chiesa, unisci l’umanità lacerata!”.

 

(canto)

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QUESTA SERA IN PIAZZA SAN PIETRO LA VEGLIA DI PREGHIERA PER IL PAPA

PROMOSSA DAL MOVIMENTO DELL’AMORE FAMILIARE

- Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -

 

         Una veglia di preghiera per Benedetto XVI e per il suo ministero petrino: l’ha promossa per questa sera alle 21.00 in Piazza San Pietro il Movimento dell’Amore Familiare, con il sostegno della diocesi di Roma. La veglia è presieduta dall’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Santo Padre per la Città del Vaticano, che guiderà la recita del Santo Rosario e farà una breve riflessione finale. Sul significato di questo appuntamento ascoltiamo lo stesso mons. Comastri al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Dobbiamo pregare per il Papa innanzitutto perché lui stesso ha chiesto preghiere. Il 24 aprile dell’anno scorso, nell’omelia di inaugurazione del Pontificato in Piazza San Pietro, il Papa Benedetto XVI si espresse così:

 

        In questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo?”.

 

       Io ricordo ancora il peso di questi interrogativi, ricordo che mi colpirono tanto. E il Papa continuò: “Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l’intera schiera dei Santi – avevamo cantato le Litanie dei Santi – rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tale modo anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei Santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E aggiunse: E la vostra preghiera”. Il Papa ha chiesto di non esser lasciato solo e noi, con questa veglia di preghiera, vogliamo dire al Papa: noi siamo con te. Noi ti sosteniamo con la nostra preghiera. Noi ti avvolgiamo con la nostra preghiera perché tu possa svolgere il tuo ministero di pietra della Chiesa, di sostegno della Chiesa, di colui che conferma la fede di tutta la Chiesa. Affinché tu possa svolgere questo compito inaudito noi preghiamo e pregheremo sempre per te. Non solo. Sempre in quel discorso inaugurale, nel quale il Papa ha in qualche modo aperto il suo cuore, ha messo davanti al mondo e soprattutto davanti alla Chiesa i suoi sentimenti, a conclusione di quel discorso disse:

 

      “Cari amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri”.

 

       E’ veramente commovente, toccante questo triplice richiamo: pregate per me, pregate per me, pregate per me. Ecco, la veglia di preghiera non è altro che una risposta a questi appelli del Papa. E’ un segno del nostro affetto. E’ un segno della nostra comunione. E’ un segno della stima che noi abbiamo del ministero di Pietro, al quale Gesù ha affidato il compito di sostenere la fede di tutti, quindi anche la nostra fede.

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FOLLA FESTOSA ALLO STADIO BRASILIANO DI BELO HORIZONTE

PER LA BEATIFICAZIONE DI PADRE EUSTÁQUIO VAN LIESHOUT,

PRESIEDUTA DAL CARDINALE SARAIVA MARTINS

 

Settantamila fedeli hanno dato vita, con la loro partecipazione, alla cerimonia più importante del Brasile nella festa del Corpus Domini. Occasione: la beatificazione di padre Eustáquio Van Lieshout, che si è svolta ieri nello stadio Mineirao di Belo Horizonte, alla presenza dell’inviato del Papa, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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         Una festa di popolo e di devozione, con uno stadio di calcio per un giorno trasformato in una Chiesa a cielo aperto e a campeggiare l’immagine di un volto amatissimo per il Brasile: quello di un religioso olandese di nascita ma carioca d’adozione, che ha lasciato un segno di fede e di amore per i suoi prossimi lungo 18 anni, quelli della sua esperienza missionaria brasiliana. L’affluenza di massa al rito della beatificazione ha colpito molto il rappresentante di Benedetto XVI, il cardinale Saraiva Martins. E’ “la conferma della fede di padre Eustáquio, che è uno stimolo molto forte per i devoti”, ha commentato il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

 

         E’ stato il miracolo della guarigione da un cancro - beneficiata dal religioso brasiliano, Roncalo Belém – a portare il Servo di Dio Van Lieshout verso gli altari, secondo la volontà di Benedetto XVI espressa il 19 dicembre dello scorso anno. E ora i fedeli devono sperare nell’apertura del processo per il riconoscimento di un secondo miracolo che aprirebbe le porte alla canonizzazione, ha osservato il provinciale della Congregazione dei Sacri Cuori, istituto al quale apparteneva il milagrero padre Eustáquio. Un uomo che a 22 anni cominciava quell’avventura apostolica che lo avrebbe fatto conoscere a folle intere come uomo di Dio e straordinario guaritore, al quale venivano da tutto il Brasile per portare i propri malati. Ma su tutto, un modello di contemplazione e azione, zelo per Dio e solidarietà verso gli ultimi.

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MAL INTERPRETATE ALCUNE DICHIARAZIONI DEL CARDINALE RENATO MARTINO

SUI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA:

COSI’ UNA NOTA VATICANA

 

Ha suscitato scalpore e alcune reazioni polemiche la presentazione alla stampa della “Coalizione internazionale contro la detenzione indiscriminata di immigrati e rifugiati”, ospitata ieri presso la Sala Marconi della nostra emittente. La Coalizione riunisce oltre un centinaio di Organizzazioni non governative in trentasei Stati in cui si applica la detenzione amministrativa di persone che fuggono dai loro Paesi a causa di guerre e miseria, e chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati.

 

Nel corso della conferenza stampa è intervenuto ieri anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che parlando dei centri di permanenza temporanea ha sottolineato tra l’altro la necessità del pieno rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone.

 

Sull’intervento del cardinale Martino interviene una nota vaticana in cui si sottolinea come alcune dichiarazioni attribuite oggi dai giornali al porporato circa i centri di permanenza temporanea per gli immigrati clandestini sono state mal interpretate e avulse dal contesto generale a cui egli si riferiva.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "Guidaci sulle strade di questa nostra storia!": la preghiera di Benedetto XVI durante la celebrazione della Santa Messa del "Corpus Domini" conclusasi con la processione eucaristica dal Laterano a Santa Maria Maggiore.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - In evidenza la strage di civili nello Sri Lanka.

Un articolo dal titolo "Un laicismo ottuso viola la dignità dell'uomo": la decisione del Parlamento europeo sulle staminali.

 

 Servizio culturale - Due contributi - rispettivamente di Angelo Marchesi e di Alessandro Martinetti - a proposito di un articolo scritto da Emanuele Severino (sul "Corriere della sera") dal titolo "Quel relativista di Ratzinger". I titoli dei due contributi sono" Una critica fuori bersaglio" e "La brusca schematicità finisce col travisare un pensiero articolato".

 

Servizio italiano - In rilievo il tema del fisco.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 giugno 2006

 

 

DOPO IL VOTO DEL PARLAMENTO EUROPEO A FAVORE DELLA RICERCA SUGLI EMBRIONI, NON CESSA L’IMPEGNO IN FAVORE DEL VALORE IRRINUNCIABILE DELLA VITA UMANA: CON NOI, L’ARCIVESCOVO ELIO SGRECCIA, PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA E DEL PROF. VINCENZO SARACENI, PRESIDENTE

 DEI MEDICI CATTOLICI ITALIANI

 

“La dignità umana non dipende e non deve essere resa dipendente da decisioni di altri esseri umani”. La COMECE, Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, commenta così la decisione del Parlamento europeo di finanziare la ricerca sulle cellule staminali embrionali. In un comunicato diramato ieri sera, i presuli ribadiscono di essere “profondamente contrari” alla “distruzione di ogni embrione umano”. Ricordando poi i richiami del Papa, sottolineano che “l’uso e la distruzione di embrioni umani è materia che tocca l’inviolabilità e la dignità della vita umana”. Sulle reazioni alla decisione del Parlamento di Strasburgo, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Ci sono valori non negoziabili: primo fra questi è la vita umana. All’indomani del voto del Parlamento europeo, che ha dato il via libera al finanziamento della ricerca sugli embrioni tornano alla mente le vibranti parole di Benedetto XVI, pronunciate il 30 marzo scorso nell’udienza ai parlamentari del Partito Popolare Europeo. Tutte le organizzazioni che si battono per la difesa della vita hanno accolto con amarezza la decisione presa ieri a Strasburgo, ma la battaglia in favore dell’uomo prosegue se possibile con impegno ancora maggiore. L’associazione “Scienza e Vita” si chiede il perché di tanto “accanimento nel proporre una sperimentazione che non ha mai dato esito positivo”. Non vi sono infatti evidenze sull’utilità delle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali, mentre – sottolinea – “gli unici risultati positivi provengono” dall’uso di “staminali adulte e da sangue del cordone ombelicale”. Dal canto suo, il direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica, Adriano Pessina, si augura che “ricercatori e medici scelgano liberamente di disertare questo tipo di sperimentazioni e si facciano promotori di coraggiose iniziative, venendo incontro al rinnovato desiderio di conciliare la scienza con un concreto rispetto per l’uomo”. Infine, l’Associazione dei Medici Cattolici Italiani ribadisce che il diritto alla vita di ogni essere umano, fin dal concepimento naturale, “è un valore assoluto non soltanto per i cattolici”, ma un “diritto naturale iscritto nella coscienza civile delle società democratiche, nella coscienza di ogni uomo, credente o non credente”.

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La decisione del Parlamento europeo è stata accolta con profondo rammarico anche dal presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia. Ecco la riflessione del presule, raccolta da Massimiliano Menichetti:

 

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R. - La votazione, che a maggioranza autorizza la sperimentazione sugli embrioni umani anche limitandola con un divieto nei confronti della clonazione, rimane una decisione dal punto di vista morale e di civiltà di carattere negativo e direi anti-umana, perché dimentica quanto sia grave il fatto di sperimentare su un essere umano vivente, non solo senza il consenso ma con la sua distruzione. La lesione di questo principio di intangibilità della vita umana è una dimenticanza grave per l’Europa, ma anche per i fatti passati che sono occorsi e condannati. Il fatto di prospettare come giustificazione possibili successi della scienza medica per curare delle malattie (a parte che non ha nessun fondamento sperimentale ancora, e d’altra parte al contrario si è trovata la possibilità di ovviare a queste malattie con la pazienza, il tempo, e la ricerca attraverso le cellule staminali adulte e senza ricorso quindi alla distruzione degli embrioni) questo non giustifica il principio della soppressione di un essere umano che è l’embrione per la presunzione e l’intenzione di guarire altri esseri umani. Si capisce che qui arriva al termine, allo sbocco finale, tutto lo sforzo fatto da certe centrali scientiste per dimostrare che l’embrione non è un essere umano di piena dignità, ma proprio questo punto segna una irrazionalità, una mancanza di fondamento a questo principio, e la rottura tra una morale di rispetto della natura umana, dell’essere umano vivente nei confronti di un utilitarismo e di uno sperimentalismo che è prevaricatore. Quindi, certamente la morale cattolica si sente particolarmente contraria a questo gravissimo segnale ma anche chi non si riconosce nella fede cattolica o cristiana certamente deve riflettere molto su questo valicare un principio di rispetto della natura umana. E’ stato scritto da diversi autori che quello che sta avvenendo ora in Europa, questo oblio dell’umanità ha in questi fatti una triste conferma. Noi vogliamo sperare che questa non sia l’ultima parola del Parlamento europeo, che ci sia modo di ripensarci sopra e soprattutto c’è da invitare tutte le forze sane della ricerca, bene orientate moralmente, a dimostrare sul piano dei fatti che la ricerca rispettosa dell’etica può produrre successi ed esiti positivi nei confronti di queste false strade di percorsi scientifici.

 

D. - Quale dunque l’auspicio, come si può intervenire?

 

R. - Innanzitutto attraverso l’impegno sul piano della ricerca sulle cellule staminali somatiche o adulte per ottenere quei successi che si vanno infondatamente prospettando per la strada della ricerca sugli embrioni. In secondo luogo attraverso una ripresa della coscienza pienamente umana, pienamente rispettosa dell’uomo a livello di cittadini e a livello di Parlamento. La formazione delle coscienze nei cittadini e nei legislatori è la frontiera oggi più impegnativa ma più urgente.

 

D. - In che modo l’Europa può contribuire sul fronte della bioetica, nonostante i segnali che abbiamo registrato oggi in questi giorni?

 

R. - Ponendo dei fondamenti alla ricerca scientifica e alla convivenza sociale civile, il fondamento primo è quello del rispetto del diritto alla vita di ogni essere umano fin dal suo primo albore: al di là di ogni discussione filosofica nessuno può negare che l’uomo incomincia dal momento della fecondazione, lì è il suo inizio, l’inizio dell’essere umano e se non si rispetta l’inizio si offende l’intero valore dell’uomo, l’intero percorso della sua vicenda umana. Quindi, le fondamenta etiche vanno poste a base del diritto e dei diritti dell’uomo. Cosa significa diritto dell’uomo se non comporta il diritto alla vita?

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Come riferito, tra le associazioni per la vita, che hanno criticato la decisione del Parlamento europeo c’è l’AMCI, Associazione dei Medici Cattolici Italiani, che proprio oggi è riunita in convegno a Roma per la presentazione di un Documento sui valori etici irrinunciabili in ambito scientifico. Il significato di questa iniziativa viene illustrato dal presidente dell’AMCI, il prof. Vincenzo Saraceni, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Si tratta di un documento di consenso a quelli che riteniamo i valori irrinunciabili e soprattutto fondanti della società italiana e anche della società europea e che sono essenzialmente la difesa della vita, la difesa della persona umana sempre e della sua dignità. Valori, questi, che hanno rappresentato il motore del processo di acculturazione dell’Europa e siamo oggi amareggiati per un voto europeo a favore della possibilità di ricerca scientifica sugli embrioni. L’Europa tradisce quella che è la sua radice e la sua vocazione.

 

D. – Proprio guardando al voto del Parlamento europeo, quanto secondo lei gli interessi economici hanno influito su questa scelta?

 

R. – Io ritengo che abbiano influito in modo consistente. C’è una corsa a dimostrare possibilità della scienza, senza tener conto invece di un aggancio etico della scienza stessa. Io penso che la scienza debba essere orientata. Il compito più stimolante che ci attende come cattolici è quello di dire alla scienza dove poter fare ricerca e dove sarebbe invece bene che non si indirizzasse.

 

D. – Perché la difesa dell’embrione e cioè di una vita umana ai suoi albori viene percepita come una battaglia cattolica e a volte perfino clericale? In fondo anche chi è favorevole alla ricerca sulle staminali embrionali è stato un embrione…

 

R. – Infatti c’è da meravigliarsi di questo atteggiamento: si discute su quando cominci la vita, quando invece proprio l’accoglienza di questo primo inizio di vita dovrebbe essere l’elemento su cui fondare anche una pacificazione delle coscienze e del Paese. Tanti scienziati autorevoli hanno oramai dimostrato con chiarezza che la vita comincia nel momento in cui comincia la vita dell’embrione.

 

D. – Si sente spesso dire che chi è contro la ricerca sulle cellule staminali embrionali vuole impedire la cura di terribili malattie. Cosa risponde?

 

R. - Questo non è vero, anzi noi siamo convinti che le malattie si possono curare bene, lo stiamo dimostrando, la scienza lo sta dimostrando, a partire dallo studio delle staminali adulte. Quindi questo è soltanto un modo di presentare i problemi per cercare di superare le difficoltà culturali o concettuali che stanno dietro la ricerca scientifica e che stanno dietro a quegli interessi economi a cui lei faceva cenno.

 

D. - Se con la ricerca sulle staminali adulte si stanno ottenendo, e non da ora, dei risultati importanti, mentre non altrettanto si può dire sulla ricerca relativa alle cellule staminali embrionali, non c‘è forse, allora, di fondo un percorso che vuole portare alla clonazione, dove chiaramente brevetti ed interessi sono strabilianti per la quantità di soldi in gioco?

 

R. - Temo proprio di sì. Dobbiamo essere preoccupati, ma dobbiamo continuare questo lavoro con fermezza e con grande impegno, di testimoniare innanzitutto un valore, una cultura e di indirizzare a quella ricerca. L’uomo è a immagine e somiglianza di Dio, quindi anche lo sforzo che fa nella ricerca scientifica è una testimonianza di questa ricerca di Dio nell’uomo,però c’è bisogno di un orientamento etico e questa credo che sia la più importante responsabilità che i cattolici oggi debbano assumere.

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SPERANZE DI PACE PER TIMOR EST: I RIBELLI INIZIANO A CONSEGNARE LE ARMI

- Intervista con don Ferdinando Colombo -

                 

A Timor est, i soldati ribelli hanno cominciato a riconsegnare le armi alle truppe di pace guidate dall'Australia. Con la riconsegna delle armi, si accendono adesso nuove speranze dopo mesi di disordini che hanno causato decine di morti. Intanto, dopo l’appello nei giorni scorsi delle Nazioni Unite per far fronte all’emergenza umanitaria causata dalla guerra civile, ieri il ministro degli Esteri Jose Ramos Horta ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di formare una forza multinazionale di polizia per mettere fine ai disordini che affliggono il Paese. La crisi è scoppiata a marzo, quando il premier Mari Alkatiri ha radiato dall’esercito circa 600 soldati che scioperavano per discriminazioni etniche. Le loro proteste hanno fatto scattare conflitti a fuoco con forze lealiste, a cui sono seguiti scontri fra bande etniche rivali, accompagnati da saccheggi ed incendi. Antonella Villani ha chiesto a don Ferdinando Colombo, vice presidente del Vis, il Volontariato internazionale per lo sviluppo che con i salesiani è presente nel Paese da 32 anni, qual è la situazione su posto:

 

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R. – In questo momento circa 130 mila persone hanno lasciato la loro casa ed altri 63 mila hanno invece lasciato la città, perché non è più garantita la sicurezza. Questa situazione e questa insicurezza porta anche alla mancanza di cibo e quindi la gente cerca di rifugiarsi laddove è possibile trovare qualche aiuto.

 

D. – Il ministro degli esteri Horta ha chiesto all’ONU una forza multinazionale di 900 poliziotti per mettere fine a questi sanguinosi conflitti…

 

R. – Quello che mi lascia più interdetto è il fatto che siamo ancora molto vicini, purtroppo, alla circostanza in cui gli indonesiani avevano dato alle fiamme tutte le strutture dell’isola, nel ’99, e la gente non aveva ancora recuperato completamente la fiducia in se stessa e nelle autorità. Si tratta quindi di una situazione psicologicamente incontrollabile e il numero dei poliziotti può servire soltanto per un momento a mascherare una violenza che rimane sopita. E’ invece urgentissimo aiutare questo governo ad impostare una politica diversa.

 

D. – Quindi più un peacekeeping?

 

R. – Sarebbe molto più importante un lavoro di valorizzazione delle risorse locali, organizzandolo con le forze internazionali, perché l’energia di questo popolo anziché andare verso la distruzione possa essere investita in qualcosa di costruttivo. Mi permetto di dare una valutazione negativa del governo degli ultimi anni, che ha cercato di instaurare un governo di tipo marxista.

 

D. – Intanto, oltre ai soldati per arginare la violenza, occorrono soprattutto fondi per aiutare questi sfollati…

 

R. – Nell’isola di Dili abbiamo 8 presenze salesiane, ma soprattutto nella capitale, il Centro Don Bosco ospita in questo momento 15 mila profughi, a cui cerchiamo di dare da mangiare, da bere, medicinali per quanto riusciamo a trovarle. Il rifornimento dei viveri è veramente allucinante: ho un bravissimo confratello italiano, don Eligio Locatelli, che con un camion gira le montagne attorno alla capitale, comprando dai contadini il riso. Lo conoscono molto bene e aiuta tutti i contadini con i trattori e con altri mezzi a coltivare meglio le risaie, solo che rischia ogni volta che esce di essere preso a sassate dalla gente che ha fame e ferma chiunque.

 

D. – In questo momento è anche molto difficile comunicare con Timor Est, voi i contatti che avete li avete tramite e-mail, quando riesce a funzionare anche la linea telefonica. Che cosa vi scrivono…?

 

R. – C’è stato uno scambio di e-mail e l’ultimo messaggio di un sacerdote è questo: “Abbiamo già più di 15mila rifugiati nella nostra casa di Dili e abbiamo grande difficoltà per trovare cibo per tanta gente, ma la difficoltà più grande è anche per noi perché non c’è una banca dove prendere i soldi e un negozio dove comprare. Non possiamo uscire di casa perché i gruppi armati terrorizzano la popolazione. Abbiamo bisogno di aiuto. Adesso non possiamo fare altro che pregare e stare vicini alla gente per sostenerli moralmente”.

 

D. – A questo punto il suo appello…

 

R. – Cercheremo in tutti i modi di mandare soldi per poter sostenere tanta gente che si trova in questa situazione terribile.

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IL PERICOLO DELLA MILITARIZZAZIONE DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE:

LA DENUNCIA IERI A ROMA DELLA FOCSIV – VOLONTARI NEL MONDO

- Interviste con Sergio Morelli, Filippo Andreatta e don Oreste Benzi -

 

Tra sicurezza e sviluppo: il rischio di militarizzazione della cooperazione internazionale. Questo il titolo del rapporto presentato ieri a Roma dalla Focsiv – Volontari nel mondo. Obiettivo del documento: ricordare che la via della pace tra i popoli passa innanzitutto attraverso gli aiuti umanitari, e non solo attraverso le forze militari. Il servizio di Isabella Piro.

 

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Sono due i rischi che la cooperazione internazionale attualmente corre e contro i quali la Focsiv punta il dito: ce li spiega Sergio Marelli, direttore generale della Federazione:

 

“Gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo che originariamente dovrebbero essere quelli della lotta povertà e dell’affermazione dei diritti, oggi sono sempre più subordinati o comunque influenzati dalla cosiddetta lotta contro il terrorismo. Secondo dato, c’è un intervento massiccio e preminente delle forze militari, che non solo vengono utilizzate per le operazioni di ristabilimento della pace, ma sempre più anche in cosiddette azioni umanitarie, ingenerando una grande confusione anche nella popolazione locale”.

 

I poveri non sono una minaccia da cui proteggersi, dice ancora Marelli, ricordando un altro punto dolente della cooperazione internazionale, ossia la mancanza di fondi. Un problema che riguarda da vicino l’Italia:

 

“L’1,5 per cento del prodotto interno lordo è destinato alle spese per la difesa, ai quali vanno aggiunti un 6 per cento per le cosiddette spese di guerra e contemporaneamente lo 0,11 per la cooperazione allo sviluppo”.

 

La Focsiv sottolinea inoltre l’importanza delle donne, ancora troppo trascurate come operatrici effettive di pace e sviluppo e il cui lavoro agricolo, ad esempio, può rilanciare realmente l’economia di un Paese. Ma in questo, una parte di colpa l’hanno anche i mass media, come afferma Filippo Andreatta, docente di Scienze della politica presso l’Ateneo di Bologna:

 

I media seguono l’ottica della spettacolarità e non tutte le iniziative di sviluppo purtroppo sono così spettacolari. Pertanto c’è una tendenza a sopravvalutare alcuni elementi, quelli militari, quelli più eclatanti, e a sottovalutare, invece, il duro lavoro quotidiano che, però, è quello più importaten”.

 

Iraq, Pakistan, Afghanistan, Timor Est: l’elenco dei Paesi che più necessitano della cooperazione internazionale potrebbe continuare. Secondo don Oreste Benzi, presidente dell’associazione Papa Giovanni XXIII, la rinascita deriva da una speranza:

 

“Prima di tutto dalla gratuità. Secondo, non ci devono essere progetti sopra le persone, ma sono le persone che noi serviamo nel senso che ci dice Gesù, che ci dicono come le dobbiamo servire. In Gesù noi liberiamo noi stessi da secondo fini, puntando cioè a quel cuore puro di cui parla Lui. Mai come oggi le ONG devono avere un cuore pulito”.

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CHIESA E SOCIETA’

16 giugno 2006

 

 

IL CARDINALE DZIWISZ, ARCIVESCOVO DI CRACOVIA,

CHIEDE PERDONO A QUANTI HANNO SOFFERTO A CAUSA DEI PRETI

 CHE HANNO COLLABORATO

CON I SERVIZI SEGRETI DEL PASSATO REGIME COMUNISTA IN POLONIA

 

CRACOVIA. = “A nome della Chiesa di Cracovia, a tutti coloro che ritengono di aver sofferto ingiustamente a causa del comportamento di alcuni sacerdoti, io chiedo perdono”.  E’ quanto ha detto ieri il cardinale Stanisław Dzwisz, durante la celebrazione del Corpus Domini in Piazza Rynek, a Cracovia, riferendosi allo scandalo dei sacerdoti accusati di aver collaborato con i Servizi di Sicurezza del passato regime comunista. L’arcivescovo di Cracovia, il cui discorso è stato spesso interrotto dagli applausi delle migliaia di fedeli presenti, ha sottolineato il fatto che “chiedere perdono include anche la ferma volontà di accertare la verità”, al di là del linciaggio mediatico messo in atto da alcuni giornali che hanno speculato su diversi nomi di “preti collaborazionisti” senza avere nessuna conferma dall’Istituto della Memoria Nazionale (IPN) che custodisce documenti appartenenti anche ai Servizi Segreti del regime comunista. Recentemente l’ex cappellano di Solidarność, padre Tadeusz IsakowiczZalewski, perseguitato dal regime comunista, voleva rendere pubblici 28 nomi di preti collaborazionisti, ma il cardinale Dzwisz, che ha inviato una lettera al sacerdote, si è detto decisamente contrario affermando che la ricerca della verità si deve basare su una accurata ricerca storica. “Questo – ha detto - vuol dire che bisogna parlare sempre di più di quelle persone che hanno diretto questo sistema e non solo delle sue vittime. Questo vuol dire che bisogna chiarire tutte le circostanze che hanno condotto qualcuno a collaborare. Questo vuol dire che bisogna parlare della eroica condotta dei sacerdoti, che hanno sofferto persecuzioni perché non si sono piegati al regime e non hanno voluto collaborare con i Servizi Segreti”. Il porporato ha quindi istituito una Commissione specifica, “Memoria e cura”, che sta analizzando i casi dei sacerdoti diocesani che hanno collaborato col regime comunista. La Commissione dovrebbe pubblicare a breve un “Memoriale”. Il cardinale Dziwisz ha sottolineato che prima bisogna scoprire tutta la verità e solamente dopo, chiedere ai colpevoli un sincero pentimento e una riparazione del male da loro compiuto. Secondo l’arcivescovo di Cracovia la volontà di ricercare tutta la verità non significa - come dicono alcuni - voler fuggire da scomode verità del passato, ma “è una premura per non farsi vincere da semiverità”, perché “le mezze verità non sono mai in grado di liberare l’uomo. Lo possono solamente distruggere”.

 

 

la fondazione giustizia e solidarietà della cei

chiede alla comunita’ internazionale

di allargare i criteri per la cancellazione del debito

 

ROMA. = La cancellazione del debito estero è la condizione per una più efficace lotta alla povertà. “Occorre quindi snellire le modalità per permettere ai Paesi poveri di accedervi”. La Fondazione Giustizia e Solidarietà, nata nel Giubileo del 2000 in seno alla campagna ecclesiale per la cancellazione del debito, in una nota mette però in guardia dall’operato dell’HIPC, l’iniziativa della comunità internazionale che mira appunto a cancellare il debito dei Paesi più poveri del mondo. L’iniziativa – si legge nel documento – riguarda solo 28 Paesi su 56, lasciando dunque fuori una settantina di Paesi a basso e medio reddito. L’attenzione ricade soprattutto sull’Africa sub-sahariana, che da anni continua ad avere un debito intorno ai 200 miliardi di dollari. Questo continente spende per il pagamento del debito 15 volte di più che per la sanità, con ovvie ricadute negative sulle possibilità di sviluppo. Non bisogna trascurare che la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale hanno dato via libera alla cancellazione del debito per diversi Paesi, fra i quali Repubblica Centrafricana, Liberia, Sudan, Togo, Eritrea. Ma è ancora troppo poco. In molte realtà, il denaro necessario per pagare il debito potrebbe infatti essere destinato a finanziare concreti progetti di sviluppo. (E.B.)

 

 

I vescovi americani, riuniti in questi giorni a los angeles,

hanno deciso di adottare una nuova traduzione del messale romano

- A cura di Elena Molinari -

 

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LOS ANGELES. = Presto le parole che i fedeli americani ripetono durante la Messa cambieranno. Su richiesta del Vaticano, i vescovi statunitensi hanno introdotto una nuova traduzione che rende la liturgia più simile alla traduzione dal latino utilizzata in Italia e in larga parte del mondo. E’ questa una delle decisioni principali presa dalla Conferenza episcopale statunitense, riunita da due giorni a Los Angeles per il proprio incontro di primavera. La nuova traduzione, messa a punto da una Commissione ecclesiale, prevede modifiche a ben 12 dei 19 interventi da parte dell’assemblea, compresi alcuni passaggi del Credo e del Gloria. Il nuovo linguaggio sarà più espressivo e poetico – ha commentato mons. James Maroni, che guida l’ufficio liturgico della Conferenza episcopale americana. Durante la riunione, i vescovi hanno anche votato una dichiarazione collettiva sull’immi-grazione, un tema scottante, che sta dividendo il Congresso e la stessa popolazione statunitense. Secondo i vescovi, lo status quo che non prevede metodi per la regolarizzazione dei clandestini che lavorano non è accettabile, ma è inammissibile anche una riforma che criminalizzi gli irregolari o auspichi deportazioni di massa. La Conferenza episcopale, dunque, chiede leggi giuste che prima di tutto rispettino la dignità e proteggano la vita umana, e si impegna a lavorare con il presidente e con il Parlamento americano per trovare una soluzione, che rispecchi – si legge in un comunicato - i valori di giustizia opportunità per tutti e compassione su cui l’America  è stata costruita.

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Promuovere l’educazione nelle scuole per prevenire le catastrofi.

E’ il tema della campagna mondiale lanciata nei giorni scorsi dall’Unesco per permettere agli studenti di reagire nel modo adeguato

in casi di sisma o di tsunami

- A cura di Francesca Pierantozzi -

 

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PARIGI.= E’ grazie ad un capitolo dedicato agli Tsunami, studiato a scuola durante l’ora di geografia, che la piccola Tilly Smith riuscì a salvare centinaia di vite alla vigilia del Natale 2004, mentre si trovava in Thailandia, in vacanza con i genitori. La sua testimonianza ha aperto la campagna mondiale per l’educazione alla prevenzione delle catastrofi, lanciata a Parigi dall’UNESCO. La campagna si propone due obiettivi principali: promuovere la prevenzione delle catastrofi all’interno dei programmi scolastici e migliorare la sicurezza nelle scuole. Sono oltre 200 milioni le persone colpite ogni anno da catastrofi naturali. I bambini restano le vittime più vulnerabili. Ricordiamo che oltre 16 mila bambini sono rimasti uccisi nel terremoto che ha colpito il Pakistan, lo scorso ottobre. L’educazione e la vigilanza sono alla base di una cultura della prevenzione – ha detto il direttore generale dell’UNESCO, Koichiro Matura, aprendo la campagna. Se la gente che vive nei Paesi a rischio fosse cosciente dei pericoli e sapesse come proteggersi – ha aggiunto – si risparmierebbero tante vite e tante distruzioni.

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nei prossimi 15 anni, 1,4 miliarDi di persone

vivranno nelle bidonville  del mondo.

E’ la stima contenuta in un rapporto delle nazioni unite

che esortano ciascun governo a controllare

il processo di urbanizzazione

 

GINEVRA. = Nel 2020, 1,4 miliardi di persone vivranno nelle bidonville del pianeta. Per questo tutti i governi devono accompagnare, piuttosto che cercare di frenare, un processo di urbanizzazione inarrestabile. L’esortazione è dell’organismo Habitat, il Programma nelle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, che nel suo Rapporto per il 2006-07, presentato oggi a Ginevra, avverte: la popolazione delle bidonville aumenta del 2,2% l’anno, in particolare nell'Africa sub-sahariana, dove il tasso di crescita annua supera il 4,5%. Secondo il Rapporto, attualmente, sulla terra più di un miliardo di esseri umani vive ammassato nelle baraccopoli, ovvero quasi un abitante di città su tre. Ma il ritmo di crescita accelera: entro il 2020, agglomerati di estrema povertà dovranno ospitare 27 milioni di persone in più ogni anno, contro un aumento medio di 18 milioni di persone nel periodo fra il 1990 e il 2007. ONU-Habitat si è prefisso l’obiettivo di riportare la popolazione mondiale delle bidonville a circa 700 milioni di persone nel 2020. “La crescita economica non comporta automaticamente il riassorbimento delle bidonville”, ha osservato Eduardo Moreno, uno degli autori del Rapporto. Per questo Moreno ha invocato una politica di miglioramento dell’habitat urbano. I Paesi dell’Africa settentrionale, e in particolare in Egitto, dove da 10 o 15 anni si è intrapresa una strada del genere, la popolazione delle baraccopoli ha iniziato a calare. Se però - ha avvertito ONU-Habitat - questi insediamenti si sviluppano in zone pericolose, ad esempio a rischio di inondazioni, non c’è altra scelta di spostare gli abitanti altrove. Il rapporto, sulla base di diversi indicatori dello sviluppo umano, afferma poi che la vita in questi agglomerati non è migliore di quella nelle zone rurali povere. Nei Paesi poveri, le bidonville hanno il 40% di bambini malnutriti, esattamente come nelle campagne; mentre riguardo a tassi di mortalità o incidenza di Aids, le campagne registrano dati migliori. E’ tuttavia fuori discussione, secondo Sharad Shankardass, portavoce di ONU-Habitat, costringere gli abitanti delle baraccopoli a tornare nei loro luoghi di origine nelle campagne. Il Programma delle Nazioni Unite suggerisce invece agli Stati di rivedere le loro politiche indirizzando aiuti alle campagne nella speranza di frenare l’esodo verso le città. (E.B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 giugno 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

Seconda ed ultima giornata del Consiglio europeo, a Bruxelles, per i capi di Stato e di governo dei Venticinque. In primo piano, l’allargamento, il futuro politico iracheno, la situazione nei Territori e la questione nucleare iraniana. Il nostro servizio:

 

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L’area euro si allarga: i capi di Stato e di governo europei hanno approvato l’entrata della Slovenia nella zona euro a partire dal primo gennaio del 2007. La Lituania dovrà attendere, invece, di stabilizzare la sua dinamica dei prezzi prima di poter introdurre la moneta unica. Nella bozza del documento finale del Consiglio europeo in corso a Bruxelles, i Venticinque sottolineano, poi, che i futuri allargamenti dell’Unione Europea dovranno tenere conto anche della capacità di assorbimento. E’ necessario assicurare – prosegue il documento - che, in futuro, “l'Unione sia in grado di funzionare politicamente, finanziariamente e istituzionalmente man mano che si amplia”. Le priorità indicate riguardano anche il Medio Oriente: il Consiglio europeo ha approvato, inoltre, un pacchetto di aiuti di circa 100 milioni di euro per venire incontro ai “bisogni primari” dei palestinesi. La Commissione europea – si legge inoltre nella bozza - deve procedere “con urgenza” alla creazione del meccanismo che consenta il trasferimento dei fondi internazionali alla popolazione palestinese. Per quanto riguarda l’Iraq, l’Unione Europea si dice pronta a rinnovare il proprio impegno con il nuovo governo e la popolazione per riportare la pace, la stabilità e la prosperità in un Paese indipendente e sovrano. I Venticinque affrontano anche la delicata questione del programma nucleare iraniano: il Consiglio europeo - si legge nella bozza - sollecita l’Iran a dare, a breve, una risposta positiva alla proposta di incentivi, lanciata dalla Germania e dai cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e a creare le condizioni per far riprendere il negoziato.

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“Non stiamo cercando di costruire armi atomiche”. Lo ha detto il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, durante una conferenza stampa a Shanghai, dove si trova come osservatore al vertice annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione. Ahmadinejad ha anche aggiunto che il pacchetto di incentivi per indurre l’Iran ad abbandonare il programma di arricchimento dell’uranio proposto dai cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania costituisce un “passo avanti”. Ieri, durante i lavori del vertice, il presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che “tutti i Paesi, Iran compreso, hanno il diritto di usare alta tecnologia, ma devono farlo in una maniera tale da non destare le preoccupazioni della comunità internazionale”.  L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, creata cinque anni fa, riunisce Cina, Russia e quattro ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale: Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan.

 

In Iraq, almeno sette persone sono morte in un attentato suicida compiuto stamani da un kamikaze in una moschea sciita di Bagdad. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza. Violenze anche a Falluja, dove un gruppo di uomini armati ha ucciso cinque camionisti. Il quotidiano panarabo “Al Hayat”, citando fonti vicine a fondamentalisti egiziani, ha rivelato, poi, che il successore di Al Zarqawi, è l’egiziano Yousif Al Dureiri. Negli Stati Uniti, intanto, il Senato ha respinto ieri sera un emendamento per ritirare le forze americane dall’Iraq entro quest’anno. Poco prima, l’esercito americano aveva annunciato che i soldati americani morti nel Paese arabo sono 2500. In Afghanistan e negli altri fronti della guerra contro il terrorismo, le vittime americane sono almeno 295.

 

Viaggio a Washington per il ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio italiano, Massimo D'Alema. Si tratta della prima visita di un esponente del nuovo governo Prodi negli Stati Uniti. Sono previsti incontri con il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ed il segretario alla Sicurezza Nazionale, Stephen Hadley. Intanto, il ministro della Difesa, Arturo Parisi, è giunto oggi a Kabul per una visita ai militari italiani di stanza in Afghanistan. Sono anche previsti colloqui con il ministro della Difesa afghano e con il comandante della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF). Nel Paese asiatico sono dislocati, attualmente, circa 1.300 militari italiani.

 

In Afghanistan, almeno 40 ribelli talebani sono stati uccisi nel corso di un raid condotto delle forze della coalizione in una regione montuosa nel sud-ovest del Paese. Nell’area, considerata roccaforte di “terroristi”, sono in corso da maggio vaste operazioni di rastrellamento.

 

Nuove speranze di pace in Nepal: il primo ministro nepalese ha incontrato per la prima volta il capo dei ribelli maoisti, in vista di colloqui di pace. Tra i temi in agenda, anche le riforme costituzionali che hanno tolto al re Gyanendra il diritto di veto e il controllo dell’esercito dopo le rivolte di aprile promosse dai partiti dell’opposizione.

 

Oltre mezzo milione di sfollati e 800 villaggi sommersi dall’acqua e dal fango. E’ la conseguenza delle violente piogge monsoniche che stanno colpendo la parte occidentale dell’India. Fino ad oggi, le alluvioni monsoniche hanno già provocato la morte di oltre 120 persone.

 

Anche il governo della Serbia ha riconosciuto l’indipendenza del Montenegro dopo il referendum montenegrino dello scorso 21 maggio che ha sancito la divisione tra i due Paesi. Lo ha riferito, ieri, l'agenzia di stampa ufficiale ‘Tanjug’. Il Montenegro ha proclamato ufficialmente la propria indipendenza lo scorso 3 giugno.

 

Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha lodato l’iniziativa americana per una nuova politica verso il Paese del Corno d'Africa attraverso la convocazione, ieri a New York, di un nuovo “Gruppo di Contatto” per la Somalia. Il Gruppo si è riunito ieri, per la prima volta, concordando di “rafforzare il dialogo multilaterale con le istituzioni federali transitorie somale e altri attori entro la Somalia”. Le milizie delle Corti islamiche hanno fermato, intanto, la loro avanzata verso Baladwyne, non lontano dal confine con l’Etiopia, e hanno assicurato che non tenteranno di prendere il controllo di Baidoa, sede del Parlamento somalo.

 

 

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