RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 167 - Testo
della trasmissione di venerdì 16 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
In udienza da Benedetto XVI il presidente della Costa Rica,
Oscar Arias Sanchez
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nei
prossimi 15 anni, secondo l’ONU, 1,4 miliardi di persone vivranno nelle bidonville del
mondo
L’Unione Europea sblocca un pacchetto di aiuti di circa 100 milioni di euro per la
popolazione palestinese e approva l’entrata della
Slovenia nella zona euro a partire dal 2007
16 giugno 2006
IN UDIENZA DA BENEDETTO XVI IL PRESIDENTE DELLA COSTA RICA,
E PREMIO NOBEL PER LA PACE, OSCAR ARIAS SANCHEZ
- A cura di Alessandro De Carolis -
Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in
udienza il presidente della Repubblica di Costa Rica, Oscar Arias
Sanchez, accompagnato da un piccolo seguito. Il
colloquio in privato, durato poco più di venti minuti nella biblioteca privata
del Papa, si è concluso con il tradizionale scambio dei doni. Il presidente costaricense, Premio Nobel per la pace 1988, ha donato al
Pontefice un libro fotografico sui parchi naturali della Costa Rica e Benedetto
XVI ha ricambiato con le medaglie del Pontificato e una copia in spagnolo della
sua Enciclica, Deus caritas est. Dopo
l'udienza con il Papa, il presidente Arias Sanchez si è intrattenuto con il cardinale Segretario di
Stato, Angelo Sodano, e successivamente – come informano le agenzie - ha
visitato la Basilica di San Pietro, sostando alcuni minuti in preghiera nelle
Grotte Vaticane, davanti alla tomba di Giovanni Paolo II.
ALTRE
UDIENZE
Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in
successive udienze, il cardinale Julian Herranz, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi
Legislativi, l’arcivescovo Robert Sarah, segretario
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e il superiore generale
dei Legionari di Cristo, padre Alvaro Corcuera Martinez del Rio.
L’EUCARISTIA
UNISCA
IN SAN
GIOVANNI IN LATERANO, IN OCCASIONE DELLA FESTA DEL CORPUS DOMINI
L’Eucaristia, che trasforma il
cuore degli uomini, unisca la Chiesa e l’umanità lacerata: questa la preghiera
del Papa ieri sera nella celebrazione del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano. Presenti diverse decine
di migliaia di fedeli delle comunità parrocchiali e religiose, di gruppi
ecclesiali, associazioni, movimenti, e delle confraternite di Roma e del Lazio.
Benedetto XVI ha ricordato la piaga della desertificazione nel mondo, poi ha
presieduto la processione lungo via Merulana fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Il servizio
è di Paolo Ondarza:
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L'Eucaristia è il “pane dei poveri”, un piccolo pezzo di
pane che attraverso il sacrificio di Gesù ci porta “verso l'unificazione con il
Creatore". Lo ha detto Benedetto XVI, nell'omelia della Messa del Corpus Domini, celebrata sul sagrato
della Basilica di San Giovanni in Laterano. Le parole di Cristo ai discepoli
“Prendete questo è il mio corpo” - parole “inesauribili” - racchiudono tutta la
storia dell’umanità, ha spiegato il Pontefice. Pane e vino sono segni che ci
aiutano a meglio comprendere il mistero del Risorto. “Il Pane – ha proseguito
Benedetto XVI - è frutto della terra e insieme del cielo”. Anche l’acqua,
necessaria per impastare la farina, è dono elargito non per merito nostro. “Non
possiamo produrla da noi” - ha detto - pensando alla grave piaga della
desertificazione nel mondo.
“In un periodo in cui si parla della desertificazione e
sentiamo sempre e di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano
di sete in queste regioni senz’acqua, ci rendiamo nuovamente conto della
grandezza del dono anche dell’acqua”.
Mentre il pane rimanda alla quotidianità, il vino evoca la festa, ma anche la Passione:
l’uva deve essere pigiata per far maturare un vino pregiato, ha detto Benedetto XVI.
L’Adorazione eucaristica ci aiuta ad entrare nel mistero della Morte e della
Resurrezione di Cristo:
“Quando noi, adorando, guardiamo l’Ostia consacrata, il
segno della creazione ci parla. Allora incontriamo la grandezza del suo dono;
ma incontriamo anche la Passione, la Croce di Gesù è la sua risurrezione.
Mediante questo guardare in adorazione, Egli ci attira verso di sé, dentro il
suo mistero, per mezzo del quale vuole trasformarci come ha trasformato
l’Ostia”.
Lungo Via Merulana, che per l’occasione è stata vestita a festa con
drappi e lumi alle finestre, si è poi snodata la processione dei fedeli fino
alla Basilica di Santa Maria Maggiore. Proprio nella Basilica Liberiana prima
della celebrazione si sono svolte 40 ore ininterrotte di adorazione
eucaristica:
“Nella processione noi seguiamo questo segno e così
seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo: ‘Guidaci sulle
strade di questa nostra storia!...Guarda l’umanità che soffre, che vaga
insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la
tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l’anima! Dà loro lavoro! Dà
loro luce! Dà loro te stesso!... Unisci la tua Chiesa,
unisci l’umanità lacerata!”.
(canto)
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QUESTA
SERA IN PIAZZA SAN PIETRO
PROMOSSA
DAL MOVIMENTO DELL’AMORE FAMILIARE
-
Intervista con l’arcivescovo Angelo Comastri -
Una veglia
di preghiera per Benedetto XVI e per il suo ministero petrino: l’ha promossa
per questa sera alle
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R. – Dobbiamo pregare per il Papa innanzitutto perché lui
stesso ha chiesto preghiere. Il 24 aprile dell’anno scorso, nell’omelia di
inaugurazione del Pontificato in Piazza San Pietro, il Papa Benedetto XVI si
espresse così:
“In
questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito,
che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in
grado di farlo?”.
Io
ricordo ancora il peso di questi interrogativi, ricordo che mi colpirono tanto.
E il Papa continuò: “Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l’intera
schiera dei Santi – avevamo cantato le Litanie dei Santi – rappresentata da
alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tale modo anche
in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo
ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei Santi di Dio
mi protegge, mi sostiene e mi porta. E aggiunse: E la vostra preghiera”. Il
Papa ha chiesto di non esser lasciato solo e noi, con questa veglia di
preghiera, vogliamo dire al Papa: noi siamo con te. Noi ti sosteniamo con la
nostra preghiera. Noi ti avvolgiamo con la nostra preghiera perché tu possa
svolgere il tuo ministero di pietra della Chiesa, di sostegno della Chiesa, di
colui che conferma la fede di tutta
“Cari
amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io
impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad
amare sempre più il suo gregge – voi,
E’ veramente commovente, toccante questo
triplice richiamo: pregate per me, pregate per me, pregate per me. Ecco, la
veglia di preghiera non è altro che una risposta a questi appelli del Papa. E’
un segno del nostro affetto. E’ un segno della nostra comunione. E’ un segno
della stima che noi abbiamo del ministero di Pietro, al quale Gesù ha affidato
il compito di sostenere la fede di tutti, quindi anche la nostra fede.
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FOLLA
FESTOSA ALLO STADIO BRASILIANO DI BELO HORIZONTE
PER LA
BEATIFICAZIONE DI PADRE EUSTÁQUIO VAN LIESHOUT,
PRESIEDUTA
DAL CARDINALE SARAIVA MARTINS
Settantamila fedeli hanno dato vita, con la loro
partecipazione, alla cerimonia più importante del Brasile nella festa del Corpus Domini. Occasione: la
beatificazione di padre Eustáquio Van
Lieshout, che si è svolta ieri nello stadio Mineirao di Belo Horizonte, alla
presenza dell’inviato del Papa, il cardinale José Saraiva
Martins, prefetto della Congregazione per le Cause
dei Santi. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Una festa di
popolo e di devozione, con uno stadio di calcio per un giorno trasformato in
una Chiesa a cielo aperto e a campeggiare l’immagine di un volto amatissimo per
il Brasile: quello di un religioso olandese di nascita ma carioca d’adozione,
che ha lasciato un segno di fede e di amore per i suoi
prossimi lungo 18 anni, quelli della sua esperienza missionaria
brasiliana. L’affluenza di massa al rito della beatificazione ha colpito molto
il rappresentante di Benedetto XVI, il cardinale Saraiva
Martins. E’ “la conferma della fede di padre Eustáquio, che è uno stimolo molto forte per i devoti”, ha
commentato il prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.
E’ stato il
miracolo della guarigione da un cancro - beneficiata dal religioso brasiliano,
Roncalo Belém – a portare il Servo di Dio Van Lieshout verso gli altari,
secondo la volontà di Benedetto XVI espressa il 19 dicembre dello scorso anno.
E ora i fedeli devono sperare nell’apertura del processo per il riconoscimento
di un secondo miracolo che aprirebbe le porte alla canonizzazione, ha osservato
il provinciale della Congregazione dei Sacri Cuori, istituto al quale
apparteneva il milagrero
padre Eustáquio. Un uomo che a 22 anni cominciava quell’avventura apostolica che lo avrebbe fatto conoscere a
folle intere come uomo di Dio e straordinario guaritore, al quale venivano da
tutto il Brasile per portare i propri malati. Ma su tutto, un modello di
contemplazione e azione, zelo per Dio e solidarietà verso gli ultimi.
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MAL
INTERPRETATE ALCUNE DICHIARAZIONI DEL CARDINALE RENATO MARTINO
SUI
CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA:
COSI’
UNA NOTA VATICANA
Ha suscitato scalpore e alcune reazioni polemiche la
presentazione alla stampa della “Coalizione internazionale contro la detenzione
indiscriminata di immigrati e rifugiati”, ospitata ieri presso
Nel corso della conferenza stampa è intervenuto ieri anche
il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del
Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che parlando dei centri di permanenza
temporanea ha sottolineato tra l’altro la necessità del pieno rispetto dei diritti
umani e della dignità delle persone.
Sull’intervento del cardinale Martino interviene una nota
vaticana in cui si sottolinea come alcune dichiarazioni attribuite oggi dai
giornali al porporato circa i centri di permanenza temporanea per gli immigrati
clandestini sono state mal interpretate e avulse dal contesto generale a cui egli si riferiva.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Guidaci
sulle strade di questa nostra storia!": la preghiera di Benedetto XVI
durante la celebrazione della Santa Messa del "Corpus Domini"
conclusasi con la processione eucaristica dal Laterano a Santa Maria Maggiore.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata al cammino della Chiesa in Italia.
Servizio estero - In evidenza
la strage di civili nello Sri Lanka.
Un articolo dal titolo "Un
laicismo ottuso viola la dignità dell'uomo": la decisione del Parlamento
europeo sulle staminali.
Servizio culturale - Due contributi -
rispettivamente di Angelo Marchesi e di Alessandro Martinetti - a proposito di
un articolo scritto da Emanuele Severino (sul "Corriere della sera")
dal titolo "Quel relativista di Ratzinger".
I titoli dei due contributi sono" Una critica fuori bersaglio" e
"La brusca schematicità finisce col travisare un pensiero
articolato".
Servizio italiano - In rilievo
il tema del fisco.
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16 giugno 2006
DOPO IL VOTO DEL PARLAMENTO EUROPEO A FAVORE DELLA
RICERCA SUGLI EMBRIONI, NON CESSA L’IMPEGNO IN FAVORE DEL VALORE IRRINUNCIABILE
DELLA VITA UMANA: CON NOI, L’ARCIVESCOVO ELIO SGRECCIA, PRESIDENTE DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA E DEL PROF. VINCENZO
SARACENI, PRESIDENTE
DEI MEDICI CATTOLICI ITALIANI
“La dignità umana non dipende e
non deve essere resa dipendente da decisioni di altri esseri umani”. La COMECE,
Commissione degli Episcopati della Comunità Europea, commenta così la decisione
del Parlamento europeo di finanziare la ricerca sulle cellule staminali
embrionali. In un comunicato diramato ieri sera, i presuli ribadiscono di
essere “profondamente contrari” alla “distruzione di ogni embrione umano”.
Ricordando poi i richiami del Papa, sottolineano che “l’uso e la distruzione di
embrioni umani è materia che tocca l’inviolabilità e la dignità della vita
umana”. Sulle reazioni alla decisione del Parlamento di Strasburgo, il servizio
di Alessandro Gisotti:
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Ci sono
valori non negoziabili: primo fra questi è la vita umana. All’indomani del voto
del Parlamento europeo, che ha dato il via libera al
finanziamento della ricerca sugli embrioni tornano alla mente le vibranti
parole di Benedetto XVI, pronunciate il 30 marzo scorso nell’udienza ai parlamentari
del Partito Popolare Europeo. Tutte le organizzazioni che si battono per la
difesa della vita hanno accolto con amarezza la decisione presa ieri a
Strasburgo, ma la battaglia in favore dell’uomo prosegue se possibile con impegno
ancora maggiore. L’associazione “Scienza e Vita” si chiede il perché di tanto
“accanimento nel proporre una sperimentazione che non ha mai dato esito
positivo”. Non vi sono infatti evidenze sull’utilità
delle sperimentazioni sulle cellule staminali embrionali, mentre – sottolinea –
“gli unici risultati positivi provengono” dall’uso di “staminali adulte e da
sangue del cordone ombelicale”. Dal canto suo, il direttore del Centro di Bioetica
dell’Università Cattolica, Adriano Pessina, si augura
che “ricercatori e medici scelgano liberamente di disertare questo tipo di
sperimentazioni e si facciano promotori di coraggiose iniziative, venendo
incontro al rinnovato desiderio di conciliare la scienza con un concreto
rispetto per l’uomo”. Infine, l’Associazione dei Medici Cattolici Italiani
ribadisce che il diritto alla vita di ogni essere umano, fin dal concepimento
naturale, “è un valore assoluto non soltanto per i cattolici”, ma un “diritto
naturale iscritto nella coscienza civile delle società democratiche, nella coscienza
di ogni uomo, credente o non credente”.
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La
decisione del Parlamento europeo è stata accolta con profondo rammarico anche
dal presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Elio Sgreccia. Ecco la riflessione del presule, raccolta da
Massimiliano Menichetti:
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R. - La votazione, che a maggioranza autorizza la
sperimentazione sugli embrioni umani anche limitandola con un divieto nei
confronti della clonazione, rimane una decisione dal punto di vista morale e di
civiltà di carattere negativo e direi anti-umana, perché dimentica quanto sia
grave il fatto di sperimentare su un essere umano vivente, non solo senza il
consenso ma con la sua distruzione. La lesione di questo principio di
intangibilità della vita umana è una dimenticanza grave per l’Europa, ma anche
per i fatti passati che sono occorsi e condannati. Il fatto di prospettare come
giustificazione possibili successi della scienza medica per curare delle
malattie (a parte che non ha nessun fondamento sperimentale ancora, e d’altra
parte al contrario si è trovata la possibilità di ovviare a queste malattie con
la pazienza, il tempo, e la ricerca attraverso le cellule staminali adulte e
senza ricorso quindi alla distruzione degli embrioni) questo non giustifica il
principio della soppressione di un essere umano che è l’embrione per la
presunzione e l’intenzione di guarire altri esseri umani. Si capisce che qui
arriva al termine, allo sbocco finale, tutto lo sforzo fatto da certe centrali scientiste per dimostrare che l’embrione non è un essere
umano di piena dignità, ma proprio questo punto segna una irrazionalità,
una mancanza di fondamento a questo principio, e la rottura tra una morale di
rispetto della natura umana, dell’essere umano vivente nei confronti di un
utilitarismo e di uno sperimentalismo che è prevaricatore. Quindi, certamente
la morale cattolica si sente particolarmente contraria a questo gravissimo
segnale ma anche chi non si riconosce nella fede cattolica o cristiana
certamente deve riflettere molto su questo valicare un principio di rispetto
della natura umana. E’ stato scritto da diversi autori che quello che sta
avvenendo ora in Europa, questo oblio dell’umanità ha in questi fatti una
triste conferma. Noi vogliamo sperare che questa non sia l’ultima parola del
Parlamento europeo, che ci sia modo di ripensarci sopra e soprattutto c’è da
invitare tutte le forze sane della ricerca, bene orientate moralmente, a
dimostrare sul piano dei fatti che la ricerca rispettosa dell’etica può
produrre successi ed esiti positivi nei confronti di queste false strade di
percorsi scientifici.
D. - Quale dunque l’auspicio, come si può intervenire?
R. - Innanzitutto attraverso l’impegno sul piano della
ricerca sulle cellule staminali somatiche o adulte per ottenere quei successi
che si vanno infondatamente prospettando per la strada della ricerca sugli
embrioni. In secondo luogo attraverso una ripresa della coscienza pienamente
umana, pienamente rispettosa dell’uomo a livello di cittadini e a livello di Parlamento.
La formazione delle coscienze nei cittadini e nei legislatori è la frontiera
oggi più impegnativa ma più urgente.
D. - In che modo l’Europa può
contribuire sul fronte della bioetica, nonostante i segnali che abbiamo
registrato oggi in questi giorni?
R. -
Ponendo dei fondamenti alla ricerca scientifica e alla convivenza sociale civile,
il fondamento primo è quello del rispetto del diritto alla vita di ogni essere
umano fin dal suo primo albore: al di là di ogni discussione filosofica nessuno
può negare che l’uomo incomincia dal momento della fecondazione, lì è il suo
inizio, l’inizio dell’essere umano e se non si rispetta l’inizio si offende
l’intero valore dell’uomo, l’intero percorso della sua vicenda umana. Quindi,
le fondamenta etiche vanno poste a base del diritto e dei diritti dell’uomo.
Cosa significa diritto dell’uomo se non comporta il diritto alla vita?
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Come riferito, tra le associazioni per la vita, che hanno
criticato la decisione del Parlamento europeo c’è l’AMCI, Associazione dei
Medici Cattolici Italiani, che proprio oggi è riunita in convegno a Roma per la
presentazione di un Documento sui valori etici irrinunciabili in ambito
scientifico. Il significato di questa iniziativa viene
illustrato dal presidente dell’AMCI, il prof. Vincenzo Saraceni, intervistato
da Alessandro Gisotti:
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R. – Si tratta di un documento di consenso a quelli che
riteniamo i valori irrinunciabili e soprattutto fondanti della società italiana
e anche della società europea e che sono essenzialmente la difesa della vita,
la difesa della persona umana sempre e della sua dignità. Valori, questi, che
hanno rappresentato il motore del processo di acculturazione dell’Europa e
siamo oggi amareggiati per un voto europeo a favore della possibilità di
ricerca scientifica sugli embrioni. L’Europa tradisce quella che è la sua
radice e la sua vocazione.
D. – Proprio guardando al voto del Parlamento europeo,
quanto secondo lei gli interessi economici hanno influito su questa scelta?
R. – Io ritengo che abbiano influito in modo consistente.
C’è una corsa a dimostrare possibilità della scienza, senza tener conto invece
di un aggancio etico della scienza stessa. Io penso che la scienza debba essere
orientata. Il compito più stimolante che ci attende come cattolici è quello di
dire alla scienza dove poter fare ricerca e dove sarebbe invece bene che non si
indirizzasse.
D. – Perché la difesa dell’embrione e cioè di una vita
umana ai suoi albori viene percepita come una
battaglia cattolica e a volte perfino clericale? In fondo anche chi è favorevole
alla ricerca sulle staminali embrionali è stato un embrione…
R. – Infatti c’è da meravigliarsi
di questo atteggiamento: si discute su quando cominci la vita, quando invece
proprio l’accoglienza di questo primo inizio di vita dovrebbe essere l’elemento
su cui fondare anche una pacificazione delle coscienze e del Paese. Tanti
scienziati autorevoli hanno oramai dimostrato con chiarezza che la vita comincia
nel momento in cui comincia la vita dell’embrione.
D. – Si sente spesso dire che chi è contro la ricerca
sulle cellule staminali embrionali vuole impedire la cura di terribili
malattie. Cosa risponde?
R. - Questo non è vero, anzi noi siamo convinti che le
malattie si possono curare bene, lo stiamo dimostrando, la scienza lo sta
dimostrando, a partire dallo studio delle staminali adulte. Quindi questo è
soltanto un modo di presentare i problemi per cercare di superare le difficoltà
culturali o concettuali che stanno dietro la ricerca scientifica e che stanno
dietro a quegli interessi economi a cui lei faceva
cenno.
D. - Se con la ricerca sulle staminali adulte si stanno
ottenendo, e non da ora, dei risultati importanti, mentre non altrettanto si
può dire sulla ricerca relativa alle cellule staminali embrionali,
non c‘è forse,
allora, di fondo un percorso che vuole portare alla clonazione, dove
chiaramente brevetti ed interessi sono strabilianti per la quantità di soldi in
gioco?
R. - Temo proprio di sì. Dobbiamo essere preoccupati, ma
dobbiamo continuare questo lavoro con fermezza e con grande impegno, di
testimoniare innanzitutto un valore, una cultura e di indirizzare a quella
ricerca. L’uomo è a immagine e somiglianza di Dio, quindi anche lo sforzo che
fa nella ricerca scientifica è una testimonianza di questa ricerca di Dio
nell’uomo,però c’è bisogno di un orientamento etico e
questa credo che sia la più importante responsabilità che i cattolici oggi
debbano assumere.
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SPERANZE
DI PACE PER TIMOR EST: I RIBELLI INIZIANO A CONSEGNARE LE ARMI
- Intervista
con don Ferdinando Colombo -
A Timor est, i soldati ribelli hanno cominciato a
riconsegnare le armi alle truppe di pace guidate dall'Australia. Con la
riconsegna delle armi, si accendono adesso nuove speranze dopo mesi di
disordini che hanno causato decine di morti. Intanto, dopo
l’appello nei giorni scorsi delle Nazioni Unite per far fronte all’emergenza
umanitaria causata dalla guerra civile, ieri il ministro degli
Esteri Jose Ramos Horta
ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di formare una forza multinazionale
di polizia per mettere fine ai disordini che affliggono il Paese. La crisi è scoppiata a marzo, quando il
premier Mari Alkatiri ha radiato dall’esercito
circa 600 soldati che scioperavano per discriminazioni etniche. Le loro
proteste hanno fatto scattare conflitti a fuoco con forze lealiste,
a cui sono seguiti scontri fra bande etniche rivali,
accompagnati da saccheggi ed incendi. Antonella Villani
ha chiesto a don Ferdinando Colombo, vice presidente del Vis, il Volontariato
internazionale per lo sviluppo che con i salesiani è presente nel Paese da 32
anni, qual è la situazione su posto:
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R. – In questo momento circa 130 mila persone hanno lasciato la
loro casa ed altri 63 mila hanno invece lasciato la città, perché non è più
garantita la sicurezza. Questa situazione e questa insicurezza porta anche alla
mancanza di cibo e quindi la gente cerca di rifugiarsi laddove è possibile
trovare qualche aiuto.
D. – Il ministro
degli esteri Horta ha chiesto all’ONU una forza
multinazionale di 900 poliziotti per mettere fine a questi sanguinosi
conflitti…
R. – Quello che mi
lascia più interdetto è il fatto che siamo ancora molto vicini, purtroppo, alla
circostanza in cui gli indonesiani avevano dato alle fiamme tutte le strutture
dell’isola, nel ’99, e la gente non aveva ancora recuperato completamente la
fiducia in se stessa e nelle autorità. Si tratta quindi di una situazione
psicologicamente incontrollabile e il numero dei poliziotti può servire
soltanto per un momento a mascherare una violenza che rimane sopita. E’ invece
urgentissimo aiutare questo governo ad impostare una politica diversa.
D. – Quindi più un peacekeeping?
R. – Sarebbe molto
più importante un lavoro di valorizzazione delle risorse locali, organizzandolo
con le forze internazionali, perché l’energia di questo popolo anziché andare
verso la distruzione possa essere investita in qualcosa
di costruttivo. Mi permetto di dare una valutazione negativa del governo degli
ultimi anni, che ha cercato di instaurare un governo di tipo marxista.
D. – Intanto, oltre
ai soldati per arginare la violenza, occorrono soprattutto fondi per aiutare
questi sfollati…
R. – Nell’isola di Dili abbiamo 8 presenze salesiane, ma soprattutto nella
capitale, il Centro Don Bosco ospita in questo momento 15 mila profughi, a cui cerchiamo di dare da mangiare, da bere, medicinali per
quanto riusciamo a trovarle. Il rifornimento dei viveri è veramente allucinante:
ho un bravissimo confratello italiano, don Eligio Locatelli,
che con un camion gira le montagne attorno alla capitale, comprando dai
contadini il riso. Lo conoscono molto bene e aiuta tutti i contadini con i
trattori e con altri mezzi a coltivare meglio le risaie, solo che rischia ogni
volta che esce di essere preso a sassate dalla gente che ha fame e ferma
chiunque.
D. – In questo
momento è anche molto difficile comunicare con Timor Est, voi i contatti che
avete li avete tramite e-mail, quando riesce a funzionare anche la linea
telefonica. Che cosa vi scrivono…?
R. – C’è stato uno
scambio di e-mail e l’ultimo messaggio di un sacerdote è questo: “Abbiamo già
più di 15mila rifugiati nella nostra casa di Dili e abbiamo
grande difficoltà per trovare cibo per tanta gente, ma la difficoltà più grande
è anche per noi perché non c’è una banca dove prendere i soldi e un negozio
dove comprare. Non possiamo uscire di casa perché i gruppi armati terrorizzano
la popolazione. Abbiamo bisogno di aiuto. Adesso non possiamo fare altro che pregare
e stare vicini alla gente per sostenerli moralmente”.
D. – A questo punto
il suo appello…
R. – Cercheremo in
tutti i modi di mandare soldi per poter sostenere tanta gente che si trova in
questa situazione terribile.
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IL
PERICOLO DELLA MILITARIZZAZIONE DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE:
LA DENUNCIA
IERI A ROMA DELLA FOCSIV – VOLONTARI NEL MONDO
- Interviste con Sergio Morelli, Filippo Andreatta e don
Oreste Benzi -
Tra sicurezza e sviluppo: il rischio di militarizzazione
della cooperazione internazionale. Questo il titolo del rapporto presentato
ieri a Roma dalla Focsiv – Volontari nel mondo. Obiettivo
del documento: ricordare che la via della pace tra i popoli
passa innanzitutto attraverso gli aiuti umanitari, e non solo attraverso
le forze militari. Il servizio di Isabella Piro.
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Sono due i rischi che la
cooperazione internazionale attualmente corre e contro i quali la Focsiv punta il dito: ce li spiega Sergio Marelli, direttore generale della Federazione:
“Gli obiettivi della cooperazione allo sviluppo che
originariamente dovrebbero essere quelli della lotta povertà e
dell’affermazione dei diritti, oggi sono sempre più subordinati o comunque
influenzati dalla cosiddetta lotta contro il terrorismo. Secondo dato, c’è un
intervento massiccio e preminente delle forze militari, che non solo vengono utilizzate per le operazioni di ristabilimento della
pace, ma sempre più anche in cosiddette azioni umanitarie, ingenerando una grande
confusione anche nella popolazione locale”.
I poveri non sono una minaccia da cui proteggersi, dice
ancora Marelli, ricordando un altro punto dolente
della cooperazione internazionale, ossia la mancanza di fondi. Un problema che
riguarda da vicino l’Italia:
“L’1,5 per cento del prodotto interno lordo è destinato
alle spese per la difesa, ai quali vanno aggiunti un 6 per cento per le
cosiddette spese di guerra e contemporaneamente lo 0,11 per la cooperazione
allo sviluppo”.
La Focsiv sottolinea inoltre
l’importanza delle donne, ancora troppo trascurate come operatrici effettive di
pace e sviluppo e il cui lavoro agricolo, ad esempio, può rilanciare realmente
l’economia di un Paese. Ma in questo, una parte di colpa l’hanno anche i mass
media, come afferma Filippo Andreatta, docente di Scienze della politica presso
l’Ateneo di Bologna:
“I media seguono l’ottica della
spettacolarità e non tutte le iniziative di sviluppo purtroppo sono così
spettacolari. Pertanto c’è una tendenza a sopravvalutare alcuni elementi,
quelli militari, quelli più eclatanti, e a sottovalutare, invece, il duro
lavoro quotidiano che, però, è quello più importaten”.
Iraq, Pakistan, Afghanistan, Timor Est: l’elenco dei Paesi
che più necessitano della cooperazione internazionale potrebbe continuare.
Secondo don Oreste Benzi, presidente
dell’associazione Papa Giovanni XXIII, la rinascita deriva da una speranza:
“Prima di tutto dalla gratuità. Secondo, non ci devono
essere progetti sopra le persone, ma sono le persone che noi serviamo nel senso
che ci dice Gesù, che ci dicono come le dobbiamo servire. In Gesù noi liberiamo
noi stessi da secondo fini, puntando cioè a quel cuore
puro di cui parla Lui. Mai come oggi le ONG devono avere un cuore pulito”.
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16 giugno 2006
IL
CARDINALE DZIWISZ, ARCIVESCOVO DI CRACOVIA,
CHIEDE
PERDONO A QUANTI HANNO SOFFERTO A CAUSA DEI PRETI
CHE HANNO COLLABORATO
CON I
SERVIZI SEGRETI DEL PASSATO REGIME COMUNISTA IN POLONIA
CRACOVIA. = “A nome della Chiesa
di Cracovia, a tutti coloro che ritengono di aver sofferto ingiustamente a
causa del comportamento di alcuni sacerdoti, io chiedo perdono”. E’ quanto ha detto ieri il cardinale Stanisław Dzwisz, durante la
celebrazione del Corpus Domini in Piazza Rynek, a
Cracovia, riferendosi allo scandalo dei sacerdoti accusati di aver collaborato
con i Servizi di Sicurezza del passato regime comunista. L’arcivescovo di
Cracovia, il cui discorso è stato spesso interrotto dagli applausi delle
migliaia di fedeli presenti, ha sottolineato il fatto che “chiedere perdono
include anche la ferma volontà di accertare la verità”, al di là del linciaggio
mediatico messo in atto da alcuni giornali che hanno
speculato su diversi nomi di “preti collaborazionisti” senza avere nessuna
conferma dall’Istituto della Memoria Nazionale (IPN) che custodisce documenti
appartenenti anche ai Servizi Segreti del regime comunista. Recentemente l’ex
cappellano di Solidarność, padre Tadeusz Isakowicz – Zalewski,
perseguitato dal regime comunista, voleva rendere pubblici 28 nomi di preti
collaborazionisti, ma il cardinale Dzwisz, che ha
inviato una lettera al sacerdote, si è detto decisamente contrario affermando
che la ricerca della verità si deve basare su una
accurata ricerca storica. “Questo – ha detto - vuol dire che bisogna parlare
sempre di più di quelle persone che hanno diretto questo sistema e non solo
delle sue vittime. Questo vuol dire che bisogna chiarire tutte le circostanze
che hanno condotto qualcuno a collaborare. Questo vuol dire che bisogna parlare
della eroica condotta dei sacerdoti, che hanno sofferto persecuzioni perché non
si sono piegati al regime e non hanno voluto collaborare con i Servizi Segreti”.
Il porporato ha quindi istituito una Commissione specifica, “Memoria e cura”,
che sta analizzando i casi dei sacerdoti diocesani che hanno collaborato col
regime comunista.
la fondazione giustizia e solidarietà
della cei
chiede alla comunita’
internazionale
di allargare i criteri per
ROMA. = La cancellazione del debito estero è la condizione
per una più efficace lotta alla povertà. “Occorre quindi snellire le modalità
per permettere ai Paesi poveri di accedervi”.
I vescovi americani, riuniti in questi giorni a los
angeles,
hanno deciso di adottare una nuova
traduzione del messale romano
- A
cura di Elena Molinari -
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LOS ANGELES. = Presto le parole che i fedeli americani
ripetono durante
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Promuovere l’educazione nelle scuole
per prevenire le catastrofi.
E’ il tema della campagna mondiale lanciata nei
giorni scorsi dall’Unesco per permettere agli studenti di reagire nel modo adeguato
in casi di sisma o di tsunami
- A
cura di Francesca Pierantozzi -
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PARIGI.= E’ grazie ad un capitolo dedicato agli Tsunami, studiato
a scuola durante l’ora di geografia, che la piccola Tilly
Smith riuscì a salvare centinaia di vite alla vigilia
del Natale 2004, mentre si trovava in Thailandia, in vacanza con i genitori. La
sua testimonianza ha aperto la campagna mondiale per l’educazione alla
prevenzione delle catastrofi, lanciata a Parigi dall’UNESCO. La campagna si
propone due obiettivi principali: promuovere la prevenzione delle catastrofi
all’interno dei programmi scolastici e migliorare la sicurezza nelle scuole.
Sono oltre 200 milioni le persone colpite ogni anno da catastrofi naturali. I
bambini restano le vittime più vulnerabili. Ricordiamo che oltre 16 mila
bambini sono rimasti uccisi nel terremoto che ha colpito il Pakistan, lo scorso
ottobre. L’educazione e la vigilanza sono alla base di una cultura della
prevenzione – ha detto il direttore generale dell’UNESCO, Koichiro
Matura, aprendo la campagna. Se la gente che vive nei Paesi a rischio fosse
cosciente dei pericoli e sapesse come proteggersi – ha aggiunto – si
risparmierebbero tante vite e tante distruzioni.
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nei prossimi 15 anni, 1,4 miliarDi di persone
vivranno nelle bidonville del
mondo.
E’
che esortano ciascun governo a controllare
il processo di urbanizzazione
GINEVRA. = Nel 2020, 1,4 miliardi di persone vivranno nelle bidonville del pianeta. Per questo tutti i governi
devono accompagnare, piuttosto che cercare di frenare, un processo di
urbanizzazione inarrestabile. L’esortazione è dell’organismo Habitat, il
Programma nelle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, che nel suo Rapporto
per il 2006-07, presentato oggi a Ginevra, avverte: la popolazione delle bidonville aumenta del 2,2% l’anno, in particolare
nell'Africa sub-sahariana, dove il tasso di crescita annua supera il 4,5%.
Secondo il Rapporto, attualmente, sulla terra più di un miliardo di esseri
umani vive ammassato nelle baraccopoli, ovvero quasi un abitante di città su
tre. Ma il ritmo di crescita accelera: entro il 2020, agglomerati di estrema
povertà dovranno ospitare 27 milioni di persone in più ogni anno, contro un
aumento medio di 18 milioni di persone nel periodo fra il 1990 e il 2007. ONU-Habitat si è prefisso l’obiettivo di riportare la
popolazione mondiale delle bidonville a circa 700
milioni di persone nel 2020. “La crescita economica non comporta automaticamente
il riassorbimento delle bidonville”, ha osservato
Eduardo Moreno, uno degli autori del Rapporto. Per questo Moreno ha invocato
una politica di miglioramento dell’habitat urbano. I Paesi dell’Africa settentrionale,
e in particolare in Egitto, dove da 10 o 15 anni si è intrapresa una strada del
genere, la popolazione delle baraccopoli ha iniziato a calare. Se però - ha
avvertito ONU-Habitat - questi insediamenti si sviluppano
in zone pericolose, ad esempio a rischio di inondazioni, non c’è altra scelta
di spostare gli abitanti altrove. Il rapporto, sulla base di diversi indicatori
dello sviluppo umano, afferma poi che la vita in questi agglomerati non è
migliore di quella nelle zone rurali povere. Nei Paesi poveri, le bidonville hanno il 40% di bambini malnutriti, esattamente
come nelle campagne; mentre riguardo a tassi di mortalità o incidenza di Aids,
le campagne registrano dati migliori. E’ tuttavia fuori discussione, secondo Sharad Shankardass, portavoce di ONU-Habitat, costringere gli abitanti delle baraccopoli a
tornare nei loro luoghi di origine nelle campagne. Il Programma delle Nazioni
Unite suggerisce invece agli Stati di rivedere le loro politiche indirizzando
aiuti alle campagne nella speranza di frenare l’esodo verso le città. (E.B.)
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16 giugno 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Seconda ed ultima giornata del Consiglio europeo, a
Bruxelles, per i capi di Stato e di governo dei Venticinque. In primo piano,
l’allargamento, il futuro politico iracheno, la situazione nei Territori e la
questione nucleare iraniana. Il nostro servizio:
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L’area euro si allarga: i capi di Stato e di governo
europei hanno approvato l’entrata della
Slovenia nella zona euro a partire dal primo gennaio del 2007. La Lituania dovrà attendere, invece, di stabilizzare la sua
dinamica dei prezzi prima di poter introdurre la moneta unica. Nella bozza del documento finale del
Consiglio europeo in corso a Bruxelles, i Venticinque
sottolineano, poi, che i futuri allargamenti dell’Unione Europea dovranno
tenere conto anche della capacità di assorbimento. E’ necessario assicurare –
prosegue il documento - che, in futuro, “l'Unione sia in grado di funzionare
politicamente, finanziariamente e istituzionalmente man mano che si amplia”. Le
priorità indicate riguardano anche il Medio Oriente: il Consiglio europeo ha
approvato, inoltre, un pacchetto di aiuti di circa 100 milioni di euro per
venire incontro ai “bisogni primari” dei palestinesi. La Commissione europea –
si legge inoltre nella bozza - deve procedere “con urgenza” alla creazione del
meccanismo che consenta il trasferimento dei fondi
internazionali alla popolazione palestinese. Per quanto riguarda l’Iraq,
l’Unione Europea si dice pronta a rinnovare il proprio impegno con il nuovo
governo e la popolazione per riportare la pace, la stabilità e la prosperità in
un Paese indipendente e sovrano. I Venticinque affrontano anche la delicata
questione del programma nucleare iraniano: il Consiglio europeo - si legge
nella bozza - sollecita l’Iran a dare, a breve, una risposta positiva alla
proposta di incentivi, lanciata dalla Germania e dai
cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e a creare le
condizioni per far riprendere il negoziato.
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“Non stiamo cercando di costruire armi atomiche”. Lo ha
detto il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad,
durante una conferenza stampa a Shanghai, dove si trova come osservatore al
vertice annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione. Ahmadinejad ha anche
aggiunto che il pacchetto di incentivi per indurre l’Iran ad abbandonare il
programma di arricchimento dell’uranio proposto dai cinque Paesi membri del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania
costituisce un “passo avanti”. Ieri, durante i lavori del vertice, il
presidente russo Vladimir Putin aveva affermato che
“tutti i Paesi, Iran compreso, hanno il diritto di usare alta tecnologia, ma
devono farlo in una maniera tale da non destare le preoccupazioni della
comunità internazionale”.
L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, creata cinque anni fa,
riunisce Cina, Russia e quattro ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale: Kazakhstan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan.
In Iraq, almeno sette persone sono morte in un
attentato suicida compiuto stamani da un kamikaze in una moschea sciita di Bagdad. Lo hanno reso noto fonti
della sicurezza. Violenze anche a Falluja, dove un gruppo di
uomini armati ha ucciso cinque camionisti. Il quotidiano panarabo
“Al Hayat”, citando fonti vicine a fondamentalisti egiziani,
ha rivelato, poi, che il successore di Al Zarqawi, è l’egiziano Yousif Al Dureiri. Negli Stati Uniti, intanto, il Senato ha respinto ieri sera un
emendamento per ritirare le forze americane dall’Iraq entro quest’anno. Poco
prima, l’esercito americano aveva annunciato che i soldati americani morti nel
Paese arabo sono 2500. In Afghanistan e negli
altri fronti della guerra contro il terrorismo, le vittime americane sono
almeno 295.
Viaggio a
Washington per il ministro degli Esteri e vice presidente del Consiglio
italiano, Massimo D'Alema. Si tratta della prima
visita di un esponente del nuovo governo Prodi negli Stati Uniti. Sono
previsti incontri con il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ed il
segretario alla Sicurezza Nazionale, Stephen Hadley. Intanto, il ministro della
Difesa, Arturo Parisi, è giunto oggi a Kabul per una
visita ai militari italiani di stanza in Afghanistan. Sono anche previsti colloqui con il
ministro della Difesa afghano e con il comandante della Forza internazionale di
assistenza alla sicurezza (ISAF). Nel Paese asiatico sono
dislocati, attualmente, circa 1.300 militari italiani.
In Afghanistan,
almeno 40 ribelli talebani sono stati uccisi nel corso di un raid condotto
delle forze della coalizione in una regione montuosa nel sud-ovest del Paese.
Nell’area, considerata roccaforte di “terroristi”, sono in corso da maggio
vaste operazioni di rastrellamento.
Nuove speranze di pace in Nepal: il primo
ministro nepalese ha incontrato per la prima volta il capo dei ribelli maoisti,
in vista di colloqui di pace. Tra i temi in agenda, anche le riforme costituzionali
che hanno tolto al re Gyanendra il diritto di veto e
il controllo dell’esercito dopo le rivolte di aprile promosse dai partiti
dell’opposizione.
Oltre mezzo milione di sfollati e 800 villaggi
sommersi dall’acqua e dal fango. E’ la conseguenza delle violente piogge
monsoniche che stanno colpendo la parte occidentale dell’India. Fino ad oggi,
le alluvioni monsoniche hanno già provocato la morte di oltre 120 persone.
Anche il governo della Serbia ha riconosciuto
l’indipendenza del Montenegro dopo il referendum montenegrino dello scorso 21
maggio che ha sancito la divisione tra i due Paesi. Lo ha riferito, ieri,
l'agenzia di stampa ufficiale ‘Tanjug’. Il Montenegro
ha proclamato ufficialmente la propria indipendenza lo scorso 3 giugno.
Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha lodato
l’iniziativa americana per una nuova politica verso il Paese del Corno d'Africa
attraverso la convocazione, ieri a New York, di un nuovo “Gruppo di Contatto”
per la Somalia. Il Gruppo si è riunito ieri, per la
prima volta, concordando di “rafforzare il dialogo multilaterale con le
istituzioni federali transitorie somale e altri attori entro la
Somalia”. Le milizie delle Corti islamiche hanno fermato, intanto, la
loro avanzata verso Baladwyne, non lontano dal
confine con l’Etiopia, e hanno assicurato che non tenteranno di prendere il
controllo di Baidoa, sede del Parlamento somalo.
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