RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 166 - Testo della trasmissione di  giovedì 15 giugno 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Festa del Corpus Domini: Benedetto XVI presiederà questa sera alle 19.00 la Messa nella Piazza di San Giovanni in Laterano e guiderà la processione fino a Santa Maria Maggiore. Intervista con il cardinale Francis Arinze

 

Oggi in Brasile la beatificazione di padre Eustáquio Van Lieshout, missionario olandese  della Congregazione  dei Sacri Cuori: ha speso la sua vita per i poveri e i malati. Ai nostri microfoni padre Enrique Losada

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Parlamento europeo dà il via libera al finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali: il commento di Carlo Casini

 

La popolazione saharawi lancia da Roma un appello alla comunita’ internazionale perche’ promuova un referendum sull’indipendenza del Sahara Occidentale: con noi Omar Mih e Aminattou Haidar

 

Presentata, nella sede della Radio Vaticana, la Coalizione internazionale contro la detenzione indiscriminata di immigrati e rifugiati: l’intervento del cardinale Renato Raffaele Martino

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi dell’Eritrea chiedono al governo di non reclutare sacerdoti né seminaristi

 

Al via in Colombia il primo seminario di aggiornamento biblico per i vescovi

 

Allo studio in India una proposta di legge che consente l’eutanasia

 

La rete dei siti cluniacensi diventerà un nuovo “grande itinerario culturale europeo”

 

I vescovi inglesi lanciano una campagna per far riflettere i giovani sulle vocazioni

 

24 ORE NEL MONDO:

Più di 60 morti, tutti civili, in un nuovo attentato nello Sri Lanka

 

La gratitudine dei palestinesi per l’appello del Papa in favore della Terra Santa. Il commento del parroco di Gaza

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 giugno 2006

 

FESTA DEL CORPUS DOMINI:

BENEDETTO XVI PRESIEDERA’ QUESTA SERA ALLE 19.00

LA MESSA NELLA PIAZZA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO

E GUIDERA’ LA PROCESSIONE FINO A SANTA MARIA MAGGIORE

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

Benedetto XVI, in occasione della festa odierna del Corpus Domini, presiederà questa sera alle 19 la Santa Messa nella Piazza di San Giovanni in Laterano: subito dopo guiderà la solenne processione fino a Santa Maria Maggiore. La Radio Vaticana trasmetterà, dalle 18.50 alle 21.30 circa, la cronaca dell’evento con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Benedetto XVI, già il giorno dopo la sua elezione, aveva detto che l’Eucaristia “non può non costituire il centro permanente e la fonte del servizio petrino” che gli è stato affidato. Durante la Messa in Cappella Sistina, il 20 aprile 2005, spiegava che dall’Eucaristia, “cuore della vita cristiana”, scaturisce “la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli”.  E invitava tutti i fedeli a “esprimere in modo coraggioso e chiaro la fede nella presenza reale del Signore” nell’Eucaristia. Tutta la Chiesa adesso è in attesa della sua Esortazione Apostolica che andrà a completare il Sinodo sull’Eucaristia dell’ottobre scorso.  Ma ripercorriamo, in questo servizio di Sergio Centofanti, la catechesi eucaristica di Benedetto XVI in questi primi 14 mesi del suo pontificato.

 

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L’Eucaristia – spiega Benedetto XVI – ci fa capire che la fede cristiana non è un’idea o una semplice morale, ma un fatto, un incontro con il Dio vivente. Un “realismo inaudito”. Gesù dice: “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita”. Anche i suoi discepoli protestano, molti se ne vanno per questo “linguaggio duro”:

 

“Gesù avrebbe potuto ripiegare su parole rassicuranti:Amici, avrebbe potuto dire, non preoccupatevi! Ho parlato di carne, ma si tratta soltanto di un simbolo. Ciò che intendo è solo una profonda comunione di sentimenti’. Ma no, Gesù non ha fatto ricorso a simili addolcimenti. Ha mantenuto ferma la propria affermazione, tutto il suo realismo, anche di fronte alla defezione di molti suoi discepoli”. (Omelia del 29 maggio 2005 a Bari per la fine del Congresso eucaristico nazionale)

 

Ma cosa significa mangiare questo pane?

 

“Mangiare questo pane è comunicare, è entrare nella comunione con la persona del Signore vivo. Questa comunione, questo atto delmangiare’, è realmente un incontro tra due persone, è un lasciarsi penetrare dalla vita di Colui che è il Signore, di Colui che è il mio Creatore e Redentore. Scopo di questa comunione è l’assimilazione della mia vita alla sua, la mia trasformazione e conformazione a Colui che è Amore vivo”. (Omelia del 26 maggio 2005 in San Giovanni in Laterano per il Corpus Domini)

 

“Abbiamo bisogno di un Dio vicino, - afferma il Papa - di un Dio che si dà nelle nostre mani e che ci ama. Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente tra noi … ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé … ci fa uscire da noi stessi per fare di noi tutti una cosa sola con Lui”. La conseguenza è chiara:

 

“Non possiamo comunicare con il Signore, se non comunichiamo tra noi. Se vogliamo presentarci a Lui, dobbiamo anche muoverci per andare gli uni incontro agli altri. Per questo bisogna imparare la grande lezione del perdono: non lasciar lavorare nell’animo il tarlo del risentimento, ma aprire il cuore alla magnanimità dell’ascolto dell’altro”. (Omelia 29 maggio 2005)

 

L’Eucaristia ci fa essere misteriosamente ma realmente presenti alla morte e risurrezione di Gesù. Cristo – spiega Benedetto XVI - trasforma la violenza in amore e la morte in vita: “questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare il mondo … tutti gli altri cambiamenti rimangono superficiali e non salvano”.  Per questo bisogna portare Cristo per le vie del mondo. Ecco il significato della processione:

 

“Noi portiamo Cristo, presente nella figura del pane, sulle strade della nostra città. Noi affidiamo queste strade, queste case - la nostra vita quotidiana - alla sua bontà. Le nostre strade siano strade di Gesù! Le nostre case siano case per lui e con lui! La nostra vita di ogni giorno sia penetrata dalla sua presenza. Con questo gesto, mettiamo sotto i suoi occhi le sofferenze degli ammalati, la solitudine di giovani e anziani, le tentazioni, le paure – tutta la nostra vita. La processione vuole essere una grande e pubblica benedizione per questa nostra città: Cristo è, in persona, la benedizione divina per il mondo – il raggio della sua benedizione si estenda su tutti noi!” (Omelia 26 maggio 2005)

 

“In un mondo in cui c’è tanto rumore, tanto smarrimento – afferma il Papa - c’è bisogno dell’adorazione silenziosa di Gesù nascosto nell’Ostia”. Ma cosa significa “adorare”?

 

“Adorare è dire:Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te’. Potrei anche dire che l'adorazione nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: Io sono tuo e ti prego sii anche tu sempre con me”. (Incontro in San Pietro con i bambini della Prima Comunione, 15 ottobre 2005)

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Sulla festa del Corpus Domini ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, intervistato da Giovanni Peduto: 

 

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R. – E’ il giorno in cui la Chiesa vuole mettere l’accento sul grande mistero del Corpo e del Sangue di Cristo nella Santissima Eucaristia. Certo, il Signore ha istituito l’Eucaristia nel Giovedì Santo. La Chiesa però ha visto, con l’andare del tempo, l’opportunità di scegliere un altro giorno per sottolineare il Mistero eucaristico, specialmente fuori della Messa. L’occasione è stata il miracolo eucaristico di Bolsena, ma la nostra fede non si basa su quel miracolo, bensì sulla rivelazione divina del mistero. Allora, l’accento nel giorno del Corpus Domini è sull’adorazione di Gesù nella Santissima Eucaristia, nella Messa e fuori della Messa. La celebrazione eucaristica è veramente collegata con l’adorazione dell’Eucaristia fuori della Messa perché è lo stesso Sacramento che non finisce, ma continua. Dopo la Messa, le Ostie non ricevute dal popolo vengono riposte nel Tabernacolo. E’ lo stesso Gesù che continua a essere presente. Così un poco alla volta si è sviluppata nella Chiesa la pratica dell’adorazione eucaristica, la visita al Santissimo Sacramento ed in particolare la processione eucaristica. Noi siamo una comunità. Non basta adorare Gesù come singoli individui. Così è giusto che come comunità facciamo una processione in onore di Gesù presente nella Santissima Eucaristia, l’adoriamo, l’amiamo, cantiamo inni in onore del Signore.

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OGGI IN BRASILE LA BEATIFICAZIONE DI PADRE EUSTÁQUIO VAN LIESHOUT,

MISSIONARIO OLANDESE DELLA CONGREGAZIONE DEI SACRI CUORI.

SI È DEDICATO PARTICOLARMENTE AI POVERI E AI MALATI

- Intervista con padre Enrique Losada -

 

Il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, presiederà oggi alle 16, in Brasile, nello “Estadio do Mineirao” di Belo Horizonte la beatificazione del sacerdote di origine olandese Padre Eustáchio van Lieshout. Nato il 3 novembre 1890 era un religioso della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Giunse missionario a Río de Janeiro nel 1925 e il suo apostolato si rivolse al prossimo con una dedizione totale tanto che la sua fama crebbe presto. Morì il 30 agosto 1943. Ma in quale ambiente ha svolto la sua missione padre Eustaquio? Ce lo spiega al microfono di Giovanni Peduto padre Enrique Losada, superiore generale della Congregazione dei Sacri Cuori:

 

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R. - Padre Eustaquio si dedicò soprattutto alla pastorale parrocchiale tanto in Olanda come in Brasile. Suoi prediletti furono i poveri e gli infermi. Si preoccupava che i suoi parrocchiani non si dedicassero a pratiche ‘spiritiche’ per raggiungere con tali mezzi la guarigione delle loro infermità, ciò che sviluppò in lui una particolare sensibilità per poter affrontare con risorse naturali, come la preghiera e la benedizione i mali che affliggevano quella gente. Cercò sempre di distinguere tra salute fisica e salute spirituale per evitare interpretazioni errate, tuttavia, per l’una e per l’altra offrì la sua generosa dedizione.

 

D. – Qual è stata la peculiarità della sua santità?

 

R. - Padre Eustaquio è un modello di pastore in cui la contemplazione e l’azione, la spiritualità ed il servizio apostolico si integrano molto intensamente. Si può dire che lo zelo per la salvezza delle persone a lui affidate fu un elemento essenziale della sua santità e fu sicuramente questo zelo che si manifestò in modo straordinario attraverso le guarigioni che le sue preghiere e benedizioni realizzavano in tante persone che a lui si avvicinavano. Realmente, si può dire che arrivò ad essere un uomo molto popolare e riconosciuto come santo da tante persone che in lui trovavano aiuto e consolazione. Il suo saluto era: “Salute e pace!”.

 

D. - Vuole riferirci un episodio rilevante della sua vita?

 

R. - La sua fama di santità e di potere operare delle guarigioni era tanto grande che i suoi superiori dovettero prendere delle decisioni e molte volte lo trasferirono di luogo, per evitare problemi di ordine pubblico. Effettivamente quando si sapeva che padre Eustaquio era in un determinato posto, questo luogo diveniva meta di pellegrinaggio. Una volta in Rio de Janeiro, si dovette interrompere il traffico stradale perché si era accalcata tanta gente davanti alla chiesa dell’Immacolata Concezione, nella spiaggia de Leblón, che era impossibile poter attraversare la via. Certamente le conseguenze della sua fama furono per padre Eustaquio anche una croce, che dovette accettare dato che per un certo tempo i superiori lo allontanarano dal ministero pubblico per evitare affollamenti e disturbi.

 

D. - Qual è l’attualità del suo messaggio?

 

R. - L’integrazione della contemplazione e dell’azione, della spiritualità e servizio apostolico nella dedizione ai più poveri ed infermi è certamente un messaggio importante per noi, oggi. La ricerca dei mezzi e forme adeguate per far giungere il messaggio del Vangelo a tutte le persone di qualunque condizione è anche una testimonianza importante per il processo di evangelizzazione nel nostro tempo. Infine la capacità di sopportare con serenità e pace i problemi, che la propria dedizione generosa ai bisognosi può portare con sé tanto nella relazione con l’autorità come con le altre istanze sociali o ecclesiali, è altresì un’altra testimonianza valida di padre Eustaquio per tutti.

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 giugno 2006

 

 

IL PARLAMENTO EUROPEO DA’ IL VIA LIBERA AL FINANZIAMENTO DELLA RICERCA

SULLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI: AI NOSTRI MICROFONI, IL COMMENTO

 AMARO DEL PRESIDENTE DEL MOVIMENTO PER LA VITA, CARLO CASINI,

CHE DUNUNCIA LE PRESSIONI DELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA

 

L'Unione Europea finanzierà la ricerca sulle cellule staminali embrionali. E' questa la posizione adottata oggi dal Parlamento di Strasburgo che, con 289 voti a favore e 248 contrari e 32 astensioni, ha approvato il programma quadro di ricerca per il periodo 2007-2013. In aula ha dunque prevalso il testo già approvato in commissione favorevole al finanziamento della ricerca sugli embrioni. Una decisione accolta con amarezza dall’europarlamentare Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, raggiunto telefonicamente a Strasburgo da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Perché la questione è gravissima? Perché trasformare l’essere umano in materia destinata a sperimentazioni di laboratorio, significa considerarlo come un topo o una cavia qualsiasi! Il che significa negare alla radice la sua stessa dignità umana, la sua stessa umanità. La scienza mostra che le ricerche che finora sono state compiute sull’embrione nella fase iniziale - e cioè quando sperimentare su di lui significa ucciderlo, prendere le cellule staminali da lui significa uccidere l’embrione – sono totalmente inutili, mentre promettenti sono le speranze quando parliamo delle altre cellule staminali, delle cosiddette cellule staminali adulte. Perciò stornare dei denari, che già non sono molti, per fare una ricerca che finora è servita a poco e che trasforma l’uomo in cosa, sottraendo questi denari ad una ricerca che potrebbe, invece, presto guarire delle malattie terribili, è veramente qualcosa di inaccettabile.

 

D. – D’altronde, le motivazioni del Movimento per la Vita, di credenti e laici, sono di carattere anche giuridico, oltre che scientifico, guardando proprio a questo finanziamento…

 

R. – Sì, una ragione giuridica è quella che si obbligano gli Stati, che non consentono la sperimentazione sugli embrioni – ricerca distruttiva – a finanziare gli Stati che invece fanno questa ricerca. Questo è l’aspetto giuridico che viola l’aspetto di sussidiarietà. Bisogna aggiungere che la base di ogni ordinamento giuridico è il rispetto dell’uomo: se l’uomo viene trasformato in mezzo per fini a lui estranei, allora è il diritto nel suo insieme che viene messo in discussione! E’ stato bello in questa discussione il fatto che due Commissioni – la Commissione giuridica e la Commissione dei diritti delle donne - abbiano votato emendamenti contrari al testo che poi è stato adottato e che è stato adottato su suggerimento della Commissione industria, dove prevalgono le lobby del denaro, del successo economico e della concorrenza.

 

D. – In questo senso, quanto pesano le lobby e in particolare quella dell’industria farmaceutica in questa corsa alla ricerca sulle staminali embrionali, quando appunto sulle staminali adulte si ottengono grandi risultati e non da oggi?

 

R. – La mia esperienza è che l’industria svolge un lavoro di lobby molto pesante sul Parlamento europeo e naturalmente il mercato europeo è straordinariamente importante ed influenza poi anche gli altri mercati, a livello mondiale. Finché la lobby si limita a chiarificare problemi complessi, ad indicare percorsi che il parlamentare non conosce, è anche positiva. Diventa negativa, viceversa, quando non fa conoscere tutta intera la verità. Io credo che le pressioni dell’industria farmaceutica – e lo dico per esperienza personale – siano molto pesanti quando si tratta di argomenti di questo tipo.

 

D. – C’è una Convenzione del Consiglio di Europa, firmata ad Oviedo, che seppur con alcune ambiguità chiede però una protezione adeguata dell’embrione. Non c’è un contrasto tra questo documento e l’approvazione da parte del Parlamento europeo?

 

R. – Sì, il contrasto c’è. Devo dire che c’è un punto molto preciso dove il contrasto è evidente. La Convenzione di Oviedo, che è del ’97, è stata seguita da una serie di Protocolli aggiuntivi uno dei quali riguarda la clonazione umana. Il testo del Protocollo aggiuntivo dice che la clonazione umana è sempre vietata. Questa decisione del Parlamento europeo, viceversa, dice che non si può finanziare soltanto la clonazione riproduttiva. Quindi, vuol dire che la clonazione cosiddetta terapeutica, che significa riproduzione di embrioni tutti uguali da cui si estraggono le cellule staminali, uccidendoli, è invece permessa.

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LA POPOLAZIONE SAHARAWI LANCIA DA ROMA UN APPELLO

ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE PERCHE’ PROMUOVA UN REFERENDUM SULL’INDIPENDENZA DEL SAHARA OCCIDENTALE,

OCCUPATO DAL MAROCCO SENZA IL RICONOSCIMENTO DELL’ONU

- Intervista con Omar Mih e Aminattou Haidar -

 

Indire il referendum per l’indipendenza del Sahara Occidentale dal Marocco e ottenere il rispetto dei diritti umani nell’ex colonia spagnola, occupata da 30 anni dalle autorità marocchine senza il riconoscimento dell’ONU. Sono le richieste che la popolazione locale avanza nei confronti della comunità internazionale. Proprio questo tema, ieri, alla presenza di diversi rappresentanti saharawi, è stato al centro di un convegno presso la Provincia di Roma. Ce ne parla Eugenio Bonanata:

 

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Una Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1991 stabiliva l’indizione di un referendum, attraverso il quale il popolo saharawi avrebbe dovuto scegliere l’indipendenza o l’integrazione con il Marocco. Per diversi motivi il referendum non ha avuto luogo e la situazione nella regione del Sahara Occidentale è rimasta bloccata. Omar Mih è rappresentante dei saharawi in Italia:

 

“Secondo noi mancano due cose che sono molto importanti: la volontà politica del Marocco e soprattutto manca una pressione da parte della Comunità internazionale verso il Marocco, affinché applichi questa risoluzione che il Paese stesso ha sottoscritto”.

 

Intanto oggi sono almeno 200 mila le persone costrette a vivere in esilio, in campi profughi, in zone desertiche a sud dell’Algeria. Altri 700 mila, invece, quelli che hanno deciso di restare in un’area occupata e chiusa ad est da un muro di 200 chilometri. Per loro il divieto di manifestare e gli arresti arbitrari rappresentano un’amara realtà quotidiana. Aminattou Haidar, una donna che da anni si batte per la difesa dei diritti umani nella sua terra, ci racconta le difficoltà che ha incontrato nel suo percorso:

 

“Questo mi è costato, anzitutto, molti anni di carcere. Sono, inoltre, più di 16 anni che non mi è permesso di richiedere e quindi di avere un passaporto per andare all’estero, ma soprattutto sono sempre sotto sorveglianza. Io non posso neanche lavorare perché sono un’attivista dei diritti umani e quindi sono considerata una persona non gradita. Sono sicura che appena rientrerò nei territori occupati, verrò immediatamente ricondotta in carcere, proprio perché ho fatto questo giro in Europa.

 

Il mese scorso questa coraggiosa donna è stata ricevuta a Bruxelles dal presidente del parlamento Europeo, Borrel. Da lì sono seguite altre visite con lo scopo di far conoscere al mondo il dramma della popolazione saharawi:

 

“Mi piacerebbe che l’opinione pubblica europea sapesse quanto è pericoloso vivere nei territori occupati oggi. Lo Stato marocchino tiene nell’isolamento completo questi territori; nessun osservatorio internazionale può entrarvi e i saharawi affrontano ogni giorno le più estreme violenze e il non rispetto dei diritti umani. Io sono venuta, ovviamente, a chiedere giustizia ai governi europei affinché venga dato al popolo saharawi il diritto all’autodeterminazione”.

 

Il rappresentante dei saharawi in Italia, Omar Mih, che sottolinea gli interessi del Marocco per una regione ricca di giacimenti di ferro, fosfati e petrolio, è ancora più chiaro:

 

“Il nostro messaggio all’Europa è questo: fate in modo che venga applicata la legalità internazionale! Non vogliamo coalizioni per andare a bombardare il Marocco o decidere un embargo contro il Paese. Chiediamo soltanto che venga detto al  Marocco, che è un amico dell’Occidente, adesso basta, bisogna applicare la legalità internazionale!

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PRESENTATA, NELLA SEDE DELLA RADIO VATICANA, LA COALIZIONE INTERNAZIONALE CONTRO LA DETENZIONE INDISCRIMINATA DI IMMIGRATI E RIFUGIATI:

L’INTERVENTO DEL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO

 

Nasce la Coalizione internazionale contro la detenzione di immigrati e rifugiati. Per contrastare il fenomeno sempre più diffuso nei Paesi industrializzati della detenzione arbitraria di persone che fuggono da guerre e miseria. La campagna internazionale che coinvolge oltre 100 ONG è stata presentata presso la Sala Marconi della Radio Vaticana alla presenza del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del direttore internazionale del Jesuit Refugee Service, padre Lluis Magrinà. Ospiti anche l’ambasciatore Scialoja della Lega Musulmana Mondiale e Alan Naccache, presidente dell’organizzazione ebraica Bnai Brith. Il servizio è di Stefano Leszczynski.

 

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No alla detenzione indiscriminata di rifugiati, richiedenti asilo ed immigrati. E’ quello che chiede la Coalizione Internazionale contro la detenzione degli immigrati e che coinvolge oltre 100 ONG di ben 36 diversi Paesi. A livello mondiale, spiega padre Lluis Magrinà, direttore internazionale del Jesuit Refugee Service, è sempre più diffuso il fenomeno della detenzione amministrativa nei confronti dei migranti. Una misura che viene sempre più spesso adottata dai governi occidentali al fine di scoraggiare le migrazioni, ma che per le sue implicazioni - etiche e morali - si rivela come un’arma a doppio taglio, come spiega anche il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace:

 

“La privazione arbitraria della libertà avvelena la società umana, arreca danno a coloro che la impongono, così come a coloro che la subiscono. E’ moralmente sbagliato far ricorso a mezzi inaccettabili, anche al fin di preservare quello che viene percepito come il bene comune”.

 

A partire dal 2001, denuncia il Jesuit Refugee Service, il numero delle richieste di asilo nei Paesi industrializzati è calato del 40%. Il motivo, purtroppo, non è da ricercare in un miglioramento della situazione internazionale, bensì nei sempre maggiori ostacoli al movimento delle persone, anche per coloro che fuggono da gravi crisi e conflitti sanguinosi. Molte le critiche al sistema italiano dei Centri di permanenza temporanea e alla legge sull’immigrazione Bossi-Fini. Per l’ambasciatore Scialoja, presidente della Lega Musulmana Mondiale, le procedure che regolano la detenzione degli immigrati in Italia, sono totalmente inadeguate. Un appello all’applicazione delle norme internazionali già esistenti, per risolvere la questione della detenzione dei rifugiati, è stata avanzata da Alan Naccache, presidente dell’organizzazione ebraica Bnai Brith. Ed è ancora il cardinale Martino a sottolineare l’importanza dell’accoglienza e della carità nei confronti di coloro che sono più vulnerabili, in particolare le donne ed i bambini:

 

“Se voi od io ci trovassimo a dover fuggire dalla nostra casa o dal nostro Paese, come vorremmo essere accolti? Credo che nessuno risponderebbe in un centro di detenzione! I rifugiati e gli immigrati dovrebbero essere accolti come persone ed aiutati, insieme alle loro famiglie, ad integrarsi nella società. Dobbiamo accoglierli a braccia aperte e con spirito di solidarietà”.

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CHIESA E SOCIETA’

15 giugno 2006

 
 

I Vescovi dell’Eritrea chiedono al Governo di non reclutare,

nelle forze armate, sacerdoti né seminaristi visto l’incremento delle truppe alla frontiera con l’etiopia

 

ASMARA. = Esentare il clero dal servizio militare. E’ la richiesta dei vescovi eritrei al governo del Paese dell’Africa orientale, che, nel timore che la disputa di frontiera con l’Etiopia possa portare a nuovi atti di violenza, ha richiamato alle armi sacerdoti e seminaristi. La notizia, ripresa dall’agenzia Zenit, è stata diffusa nei giorni scorsi da “Aiuto alla Chiesa che Soffre”. Secondo l’organizzazione, per il momento, il governo eritreo ha ignorato le due lettere in cui i presuli spiegano che il servizio nell’esercito – obbligatorio nel Paese per gli uomini con meno di 40 anni – non è compatibile con il ruolo del clero. I cattolici rappresentano una piccola minoranza in un Paese di 4,7 milioni di abitanti; la confessione ortodossa e il credo musulmano sono i più diffusi. Nonostante questo, gli sforzi dei cattolici nell’istruzione e nell’assistenza sociale sono di notevole importanza. Un ruolo che però, secondo i vescovi locali, rischia di essere compromesso visto l’incremento delle truppe alla frontiera con l’Etiopia, deciso dal governo eritreo. C’è da ricordare che forze di pace delle Nazioni Unite controllano la zona dalla fine della guerra tra Etiopia ed Eritrea nel 2000. Tuttavia l’ONU ha recentemente previsto di ritirare parte dei suoi 3.000 effettivi. (E.B.)

 

 

Al via in colombia il Primo Seminario di Aggiornamento Biblico per i Vescovi. Obiettivo dell’iniziativa:

rinnovare le conoscenze sulla Sacra Scrittura per trasmettere ai fedeli le immense ricchezze della Parola divina

 

GUARNE. = Ricordando le parole della Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II “Dei Verbum”, che invita il clero a mantenere un contatto diretto con le Scritture, il Dipartimento di Comunione Ecclesiale e Dialogo del CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano) assieme al Centro Biblico di Pastorale per l’America latina (CEBIPAL), hanno preparato il primo seminario di aggiornamento biblico per vescovi. L’iniziativa, che risponde anche al desiderio espresso da numerosi presuli di mantenere una formazione permanente, ha riunito nei giorni scorsi a Guarne - in Colombia - una trentina di vescovi latinoamericani. L’apertura dei lavori – riporta l’agenzia Fides - è stata presieduta da padre Mauricio Vélez, segretario esecutivo del Dipartimento di Comunione Ecclesiale e Dialogo e responsabile del Seminario, che ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II nel documento “Pastores gregis”: il vescovo “deve essere ascoltatore della Parola. Egli deve essere come ‘dentro’ la Parola, per lasciarsene custodire e nutrire come da un grembo materno”. Mons. Santiago Silva, responsabile del CEBIPAL, ha presentato invece gli obiettivi, la dinamica pedagogica del Seminario ed il programma dettagliato. Durante il primo giorno le relazioni sono state presentate da padre Fidel Oñoro, direttore del CEBIPAL, che ha parlato sul tema “Gesù Via, Verità e Vita” e ha presentato una “Panoramica della Cristologia e del Discepolato nel Quarto Vangelo”. (E.B.)

 

 

Allo studio in india una proposta di legge che consente l’eutanasia.

La conferenza episcopale locale critica il suicidio assistito e afferma:

“la medicina deve servire a preservare la vita”

 

Mumbai. = Per la prima volta nella sua storia, l’India sta considerando l’adozione di una legge che depenalizzi l’eutanasia. Si tratta di una proposta controversa: al momento la linea di pensiero dominante fra i cittadini è quella di aspettare che una equipe di dottori spieghi il provvedimento. Per la Commissione legale indiana – incaricata di preparare il testo di legge – l’obiettivo della legge è di difendere i pazienti con malattie terminali che – in caso di rifiuto dei trattamenti medici - “non potranno essere accusati di tentato suicidio”. Una delle proposte parla inoltre della necessità di “una diretta richiesta di eutanasia da parte del paziente o dei membri della sua famiglia”, anche se gli stessi esperti temono “l’abuso che potrebbe essere compiuto dai familiari per fini non umanitari”. Intanto resta ferma la condanna da parte della Chiesa locale. “La medicina – afferma all’agenzia Asia News il segretario generale della Conferenza episcopale indiana, mons. Percival Fernandez – deve preservare la vita, non comminare la morte”. “Condannare la pratica del suicidio assistito – prosegue - è il primo mezzo che abbiamo per ribadire il valore incondizionato della vita umana”. Dal canto suo il ministro indiano della Giustizia, Bharadwaj, ha fatto sapere che le raccomandazioni e le proposte “sono state inviate al ministero della Sanità per un parere tecnico”. (E.B.)

 

 

LA RETE DEI SITI CLUNIACENSI diventerà un NUOVO “GRANDE ITINERARIO CULTURALE EUROPEO”. Il riconoscimento del consiglio d’europa

intende sottolineare la grande influenza esercitata dall’ordine di cluny

 

PARIGI. = La rete dei siti cluniacensi sarà ufficialmente insignita del titolo di “Grande itinerario culturale europeo” in occasione di una cerimonia che avrà luogo domani a Cluny, in Francia. Con tale riconoscimento il Consiglio d’Europa, promotore dell’iniziativa, intende ricordare la grande influenza esercitata dall’ordine di Cluny che si riflette nella costruzione di 1400 edifici sparsi nel vecchio continente. Attraverso l’affiliazione di monasteri già esistenti e la creazione di nuovi, i cluniacensi diffusero infatti le loro strutture prima di tutto, e in maggioranza, in Francia, e poi in Germania, nella penisola iberica, in Italia, in Inghilterra e quindi nel resto d'Europa. L’abbazia benedettina di Cluny, fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, ha promosso valori che restano attuali ancora oggi: pace, coesione sociale, arte e cultura. Come ricorda l’agenzia SIR, il programma dei grandi itinerari culturali europei è nato nel 1987 con lo scopo di mostrare che il patrimonio dei differenti Paesi europei costituisce un patrimonio culturale comune. Il 17 e 18 giugno prossimi, in occasione della cerimonia per la consegna del diploma di “Grande itinerario culturale europeo”, si riunirà inoltre l’assemblea generale 2006 della Federazione dei siti cluniacensi. (E.B.)

 

 

Sulla scia dell’interesse per i Mondiali di calcio, la conferenza episcopale inglese lancia una campagna che, paragonando i sacerdoti ai calciatori mira a far riflettere i giovani sulle vocazioni

 

LONDRA. = Sfruttare l’interesse suscitato dai Mondiali di calcio per proporre un messaggio sulle vocazioni al sacerdozio. L’idea – secondo quanto riporta l’agenzia SIR - è dell’Ufficio nazionale per le vocazioni della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles che ha lanciato una campagna pubblicitaria nella quale i sacerdoti vengono “paragonati” ai campioni del calcio. Nel poster un calciatore tiene in mano un pallone e si concentra sull’azione. Nello stesso poster il giocatore è anche ritratto con l’abito sacerdotale e concentrato nella preghiera. “Il calcio rappresenta una parte importante della vita di molti giovani. Tutti sanno - spiega Paul Embery, responsabile dell’ufficio per le vocazioni – che per diventare calciatori professionisti ci vogliono dedicazione, passione, anni di preparazione, perseveranza e appoggio della squadra. Anche il sacerdozio – conclude il responsabile - ha in qualche modo queste caratteristiche e abbiamo voluto comunicarle così ai giovani”. (E.B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 giugno 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

Nello Sri Lanka, sono almeno 64 le vittime dell’attentato di questa mattina nel distretto di Anuradapura, città a 200 chilometri a nord di Colombo. Due mine, collocate lungo la strada, sono esplose al passaggio di un autobus con a bordo studenti, donne, bambini e alcuni monaci. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

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Si tratta del più grave attacco avvenuto nel Paese asiatico dalla tregua siglata nel 2002. Tra le vittime, tutti civili, ci sono almeno 8 bambini. Il governo di Colombo ha attribuito la responsabilità dell’attentato alle Tigri Tamil. I ribelli hanno tuttavia escluso il loro coinvolgimento nell’azione terroristica. Un portavoce dell’esecutivo ha dichiarato che “il processo di pace ed il cessate-il-fuoco sono ancora in vigore”, ma devono essere rivisti. Subito dopo l’attentato, è scattata immediata la reazione dell’esercito: sono state bombardate alcune basi delle Tigri Tamil nel nord est dell’isola di Ceylon. Lo scontro ha profonde radici: nello Sri Lanka, la guerra civile tra la minoranza Tamil e la maggioranza cingalese ha avuto inizio nel 1983 e ha provocato tra i 60 mila e gli 80 mila morti e circa 350 mila sfollati. Le Tigri Tamil hanno, come obiettivo, la creazione di uno Stato autonomo e autogovernato. La storia recente del conflitto è dominata da spiragli di pace e bruschi intoppi. Nel 2002, grazie alla mediazione internazionale ed in particolare della Norvegia, è stato formalizzato un cessate il fuoco. Ma nelle elezioni del 2004, la sconfitta del partito dell’allora primo ministro, Ranl Wichremeshinghe, sostenitore della riconciliazione, ha provocato una battuta d’arresto nel processo di pace. Dopo lo tsunami del 26 dicembre del 2004, le parti avevano poi trovato un accordo per soccorrere la popolazione colpita. Ma l’intesa fu vanificata da successivi sviluppi. Le presidenziali dello scorso mese di novembre hanno portato, infine, all’elezione dell’attuale presidente, Mahinda Rajapakse, che ha indicato nella linea dura contro le Tigri Tamil una delle priorità del suo mandato. Il governo di Colombo continua, comunque, a dichiararsi determinato nel portare avanti il processo di riconciliazione nazionale.

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 Grave attentato anche in Afghanistan, dove almeno 10 civili sono morti per l’esplosione di una bomba che ha devastato un minibus a Kandahar. L’attacco è stato rivendicato dai talebani. Il nostro servizio:

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Un nuovo attentato ha scosso, stamani, la città meridionale di Kandahar, ex roccaforte del deposto regime talebano. Una bomba artigianale ha sventrato un minibus con a bordo alcuni interpreti ed un gruppo di dipendenti afghani che lavorano nella base militare americana, alla periferia della città. L’ordigno è esploso poco dopo una sosta nei pressi di una panetteria, provocando almeno 10 morti, tutti civili. L’azione è stata rivendicata dai talebani: “E’ la dimostrazione – ha dichiarato un leader dei ribelli - che riusciamo ad arrivare anche nei luoghi più controllati dal governo”. L’attacco è stato sferrato poche ore dopo l’annuncio dell’avvio della più vasta offensiva da parte delle forze della coalizione dalla caduta del regime dei Talebani, alla fine del 2001. L’operazione prevede, nel sud dell’Afghanistan, l’impiego di oltre 11 mila uomini per espugnare le roccaforti dei ribelli nelle zone più impervie del Paese. L'offensiva partita nell’Afghanistan meridionale, prevede anche operazioni in province più a nord.

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Violenze anche nel vicino Pakistan: uomini armati hanno colpito un veicolo della polizia nella città meridionale di Karachi, uccidendo tre poliziotti, fra i quali un dirigente di un carcere. Sconosciuta, la matrice dell’attacco.

 

In Iraq, quattro sunniti sono stati uccisi da uomini armati durante l’ora della preghiera in una moschea vicino a Tikrit, nel “triangolo sunnita”. Nella città sciita di Kerbala è stato arrestato, intanto, il presidente del Consiglio provinciale con l’accusa di terrorismo.

 

In Medio Oriente, un civile israeliano è rimasto ferito in seguito a nuovi lanci di razzi Qassam palestinesi contro Israele. L’azione segue l’ultimo raid aereo condotto martedì scorso dall’aviazione israeliana nella Striscia di Gaza e costato la vita ad 11 persone. Ieri, il Papa ha espresso la propria vicinanza alle vittime innocenti delle ultime stragi in Terra Santa e lanciato un appello alla comunità internazionale perché aiuti la popolazione palestinese. Ascoltiamo, al microfono di Emer McCarthy, il parroco della Chiesa Santa Famiglia a Gaza, padre Manuel Mussallam:

 

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R. – WE FEEL FIRST THANKFUL …

Innanzitutto siamo grati al Santo Padre per aver parlato a nostro nome, a nome del popolo palestinese lanciando un appello alla pace. Siamo fermamente convinti che la Santa Sede ed il mondo cristiano non lasceranno il popolo palestinese senza un aiuto spirituale e senza speranza. Essi, più del pane, possono darci la speranza. In questo momento a Gaza ci sono continue sparatorie, raid aerei sulle nostre teste, bombardamenti. Ogni giorno ci sono scene di dolore, persone che rimangono uccise. Tutta la popolazione – uomini, donne bambini – vive in ansia. Noi a Gaza preghiamo, ma abbiamo anche paura. Tutti i giorni sono molti i palestinesi che partecipano alla Messa e noi cerchiamo di aiutarli, di confortarli, di dar loro un po’ di speranza. Le famiglie non hanno nulla da mangiare. Ci troviamo di fronte a moltissimi casi ai quali non possiamo prestare concreto aiuto. Dobbiamo ritrovare il senso della nostra umanità, abbiamo bisogno di ritrovare la nostra dignità, di sentirci liberi, di sentirci esseri umani, di essere trattati come tutti gli altri. Abbiamo bisogno di trovare amici, di trovare chi ci aiuti, chi ci ascolti, chi parli con noi. Viviamo oggi il tempo del silenzio. Nessuno parla dei palestinesi, nessuno li contatta, li ascolta, li conforta. La gente grida: abbiamo fame, abbiamo sete, ma nessuno viene in nostro aiuto.

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In Iran, l’ayatollah Ali Khamenei ha avvertito che la Repubblica islamica non cederà al volere dell’Occidente, che sta cercando di convincere Teheran a rinunciare all'arricchimento dell'uranio. A quanto riferisce la radio iraniana, la più alta autorità dell’Iran ha affermato che il suo Paese “non si piegherà alle pressioni”. Il programma nucleare, ha sottolineato, fa parte dei “principali obiettivi” nazionali.

 

In Indonesia, le autorità hanno confermato il 38.mo caso mortale di influenza aviaria. La vittima è una bambina di sette anni. Sono in corso verifiche per accertare se la piccola ha contratto il virus H5N1, il ceppo più letale per l’uomo.

 

I capi di Stato e di governo e ministri degli Esteri dei Venticinque Paesi dell’Unione Europea si danno appuntamento oggi pomeriggio, a Bruxelles, per il Consiglio d’Europa. In agenda, i progetti di conclusioni in materia di Costituzione e l’attuazione di interventi concreti che vanno dallo sviluppo sostenibile al cambiamento climatico, dalla politica energetica alla gestione di crisi e catastrofi.

 

Si è aperto il vertice annuale dei leader dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai. Nella metropoli cinese, anche il presidente russo Vladimir Putin. A margine degli incontri, Putin ha ribadito che l'Iran ha il diritto di dotarsi, come qualsiasi altra nazione, di "alta tecnologia nucleare". Nell’agenda del capo del Cremlino, anche un incontro con il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. Del programma nucleare della Repubblica islamica si parlerà oggi anche a Vienna, dove si riuniscono i 35 governatori dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.

 

In Somalia, le corti islamiche continuano la loro avanzata nel nord del Paese. Dopo la conquista della capitale Mogadiscio, gli estremisti islamici hanno preso il controllo anche della città di Jowhar, roccaforte dei “signori della guerra”. Nonostante la minima resistenza opposta, si contano almeno cinque morti ed una decina di feriti. Ma chi sono queste cosiddette “corti islamiche” che hanno preso il potere in Somalia? Christopher Altieri, della nostra redazione inglese, lo ha chiesto all’arcivescovo Giorgio Bertin, amministratore apostolico per Mogadiscio:

 

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R. – Quelli che hanno attualmente preso il potere sono formati da una alleanza di diversi tribunali islamici impostati in base ai diversi clan e, dunque, non molto unificati fra di loro. E’ importante vedere, ora, cosa intendono fare: se vogliono estendere il loro potere attraverso tutta la Somalia, si scontreranno con il governo di transizione che risiede in questo momento a Baidoa. E’ vero che questo è un governo di transizione che non ha alcun potere. Sembra che questi tribunali islamici abbiano un buon sostegno popolare, perché in questi ultimi anni hanno senz’altro aiutato la gente ad avere un po’ di pace, un po’ di tranquillità. C’è, dunque, un certo sentimento popolare a loro favore. L’ideale sarebbe che possano entrare in dialogo con questo governo di transizione, che – almeno formalmente – è riconosciuto dalla Comunità internazionale. Noi, in quanto Chiesa, manteniamo la nostra presenza sia attraverso alcune suore a Mogadiscio, sia attraverso la stessa Caritas Somalia a Baidoa. Continuiamo ad offrire il nostro servizio nei confronti dei più bisognosi e dei più poveri, senza guardare chi comanda, purché chi comanda non ci rivolga una minaccia diretta. Dobbiamo avere un margine di manovra in cui la nostra identità venga rispettata.

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 “Identificare le persone che hanno la responsabilità maggiore dei crimini commessi in Darfur è una sfida chiave per l’inchiesta”. E’ quanto ha dichiarato il procuratore del Tribunale penale internazionale, Luis Moreno Ocampo, presentando ieri, al Consiglio di sicurezza dell’ONU, il suo rapporto sulla martoriata regione sudanese. Dal documento emerge che in Darfur proseguono i massacri, le uccisioni indiscriminate e gravi violazioni dei diritti umani: i civili – si legge poi nel testo – non sono adeguatamente protetti dagli attacchi sferrati dai ribelli e gran parte dei responsabili di questi crimini restano impuniti. Il conflitto tra forze governative e insorti ha causato tra 180 e 300 mila morti, a seconda delle stime, ed oltre due milioni e mezzo di profughi. Lo scorso mese, è stato firmato un accordo di pace tra l’esecutivo di Khartoum e il maggiore dei gruppi ribelli.

 

 

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