RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 165  - Testo della trasmissione di  mercoledì 14 giugno 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Le Chiese di Roma e di Costantinopoli “veramente sorelle” grazie al legame fraterno tra l’apostolo Pietro e suo fratello Andrea: così Benedetto XVI all’udienza generale di oggi. Nuovo invito del Papa  ai fedeli a partecipare domani a San Giovanni in Laterano  alla Messa e alla processione del Corpus Domini: ce ne parla  mons. Marco Frisina

 

Appello della Santa Sede a palestinesi e israeliani a riprendere la via del dialogo. Il Papa è vicino alle vittime innocenti delle ultime stragi.  La comunità internazionale chiamata ad una doverosa assistenza umanitaria della popolazione palestinese

 

La dignità della persona umana sia sempre al centro delle attività produttive: lo ribadisce l’Osservatore Permanente della Santa Sede all’ONU di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’impegno per i diritti e le libertà in Iran: la testimonianza del giornalista Akbar Ganji

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale dei donatori di sangue: ce ne parlano Roberta Zuchegna e Maria Vittoria Torresi

 

Convegno a Roma sull’immagine degli immigrati nei media italiani: interviste con padre Giovanni La Manna e Jean-Leonard Touadì

 

CHIESA E SOCIETA’:

Intervento dell’arcivescovo Józef Wesolowski all’incontro dell’OSCE in Kazakistan

 

Allarme siccità nel Corno d’Africa

 

L’economia e le donne: ne hanno parlato al Cairo le 900 delegate provenienti da 88 Paesi che hanno preso parte al XVI Global Summit of Women

 

Consacrate in poco più di tre mesi, in Cina, numerose chiese e cappelle

 

Per aiutare richiedenti asilo e migranti detenuti, nasce la Coalizione internazionale sulla detenzione dei rifugiati

 

24 ORE NEL MONDO:

Continuano in Iraq le violenze. Avviato il piano per la riduzione delle truppe italiane

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 giugno 2006

 

 

LE CHIESE DI ROMA E DI COSTANTINOPOLI “VERAMENTE SORELLE”

GRAZIE AL LEGAME FRATERNO TRA L’APOSTOLO PIETRO E SUO FRATELLO ANDREA:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE DI OGGI.

 NUOVO INVITO DEL PAPA AI FEDELI A PARTECIPARE

 ALLE 19.00 A SAN GIOVANNI IN LATERANO

 ALLA MESSA E ALLA PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI

 

Il legame di sangue tra l’Apostolo Pietro e suo fratello Andrea, evangelizzatore dei popoli greci, è a tutt’oggi, dopo duemila anni, il segno che rende “veramente sorelle” le Chiese di Roma e Costantinopoli. E’ questo l’insegnamento centrale di Benedetto XVI che emerge dall’udienza generale di oggi, svoltasi in una Piazza San Pietro gremita da oltre 30 mila persone. L’udienza si è conclusa con l’invito del Papa alla processione del Corpus Domini, in programma domani per le vie del centro di Roma dopo la Messa a San Giovanni in Laterano. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Dopo Pietro e la sua straordinaria esperienza umana e spirituale, è il momento di Andrea: pescatore come suo fratello Simone fino all’incontro di Gesù, ma già “un uomo di fede e di speranza”, in ricerca, discepolo del Battista ma pronto, non appena incontrato il Cristo, a correre da Simone per dirgli: “Abbiamo trovato il Signore”. E’ il ritratto che esce dalla catechesi di Benedetto XVI di un altro apostolo, destinato a godere “di grande prestigio all’interno delle prime comunità cristiane” ma soprattutto a diffondere per primo il Vangelo tra i Greci e a legare di un particolare vincolo le due Chiese, romana e bizantina:

 

“Andrea, dunque, fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio su questa base la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l'appellativo di Protóklitos, che significa appunto “primo chiamato” (...) Tradizioni molto antiche (…) vedono in Andrea che egli fu annunciatore di Gesù per il mondo greco. Pietro da Gerusalemme attraverso Antiochia giunse a Roma per esercitarvi la sua missione universale; Andrea fu invece l’apostolo del mondo greco: essi appaiono così in vita e in morte come veri fratelli – una fratellanza che si esprime simbolicamente nello speciale rapporto delle Sedi di Roma e di Costantinopoli, Chiese veramente sorelle”.

 

Il Papa ha passato in minuziosa rassegna i passi del Vangelo che riportano le iniziative e i gesti di Andrea. Azioni che consentono di ricostruirne la personalità: il suo “realismo”  nell’episodio della moltiplicazione dei pani, quando nota il ragazzo e anche le poche risorse di cui dispone. O quando, insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni, interroga Gesù sulla distruzione del Tempio, offrendo a Cristo – ha notato Benedetto XVI – la possibilità di pronunciare “un importante discorso” sugli ultimi tempi. Una vicenda, quest’ultima – ha affermato il Pontefice – dalla quale si può dedurre “che non dobbiamo temere di porre domande a Gesù”, ma che al tempo stesso “dobbiamo essere pronti ad accogliere gli insegnamenti, anche sorprendenti e difficili, che Egli ci offre”. E un insegnamento fondamentale, Sant’Andrea lo offre ai cristiani quando, a Patrasso, affronta la morte sulla croce - la croce cosiddetta “decussata” – considerandola “non tanto uno strumento di tortura quanto piuttosto il mezzo incomparabile di una piena assimilazione al Redentore”:

 

“Noi dobbiamo imparare di qui una lezione molto importante: le nostre croci acquistano valore se considerate e accolte come parte della croce di Cristo, se raggiunte dal riverbero della sua luce. Soltanto da quella Croce anche le nostre sofferenze vengono nobilitate e acquistano il loro vero senso. L'apostolo Andrea, dunque, ci insegni a seguire Gesù con prontezza, a parlare con entusiasmo di Lui a quanti incontriamo, e soprattutto a coltivare con Lui un rapporto di vera familiarità, ben coscienti che solo in Lui possiamo trovare il senso ultimo della nostra vita e della nostra morte”.

 

(applausi – musica banda)

 

Come sempre, prima e dopo l’udienza, Benedetto XVI ha potuto sperimentare il calore delle circa 35 mila persone che lo hanno accolto e ascoltato in Piazza San Pietro. Dopo le catechesi in sintesi – oggi in 10 lingue – il Papa ha dapprima salutato, tra gli altri, i soci dell’Azione Cattolica di Aversa, nel napoletano, quindi si è soffermato sulla solennità di domani, il Corpus Domini:

 

“La festa del Corpus Domini è occasione propizia per approfondire la fede e l'amore verso l’Eucarestia (…) Domani (…) come ogni anno, celebreremo alle ore 19 la Santa Messa nella Piazza di San Giovanni in Laterano. Al termine, seguirà la solenne processione che, percorrendo Via Merulana, si concluderà a Santa Maria Maggiore. Invito la Comunità cristiana a unirsi in questo atto di profonda fede verso l'Eucaristia, che costituisce il più prezioso tesoro della Chiesa e dell’umanità”.

 

(applausi)

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Il Papa esorta dunque i fedeli romani a vivere con intensità il momento forte della Solennità del Corpus Domini. Ma con quale spirito la Chiesa di Roma è chiamata a vivere questo evento? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma:

 

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R. – Deve porsi in cammino con il Papa, con tutta la Chiesa, dietro all’Eucaristia. Mi pare l’immagine più bella che di solito noi contempliamo proprio nella processione del Corpus Domini. L’Eucaristia, che passa dentro la città, per le strade della città, in mezzo alla gente, e che trascina tutto il popolo di Dio. E’ un’immagine molto bella, perchè la Chiesa deve vivere l’Eucaristia come una presenza salvifica, in mezzo a lei, che vive nel cuore della città, del quartiere, della famiglia, e riconquistare questa centralità dell’Eucaristia, come il Papa tante volte ci ricorda.

 

D. – Il cardinale Ruini nella lettera di invito, rivolta a tutti i fedeli della diocesi, per questa festa del Corpus Domini, scrive: “Testimonieremo insieme la fede nella presenza reale del Signore nell’Eucaristia”. Possiamo dire che è una festa che ha anche un grande significato dal punto di vista dell’evangelizzazione…

 

R. – Certo, come dice Papa Benedetto XVI, è la testimonianza della nostra fede. La presenza reale nell’Eucaristia di Cristo è una presenza che deve essere proclamata.

 

D. – A Santa Maria Maggiore, mons. Frisina, in questi giorni che precedono il Corpus Domini vengono proposte 40 ore di adorazione eucaristica. Che significato ha questa preparazione?

 

R. – E’ una preparazione tradizionale, in cui la preghiera di adorazione è continua, prolungata, davanti all’Eucaristia. Prepara il cuore sempre di più a crescere nello stupore eucaristico.

 

D. – In più occasioni, anche nel suo ultimo viaggio in Polonia, parlando al clero nella cattedrale di Varsavia, il Papa ha sottolineato l’importanza dell’adorazione eucaristica e, in particolare, del silenzio come dimensione della preghiera…

 

R. – Come dicevo prima, lo stupore. Immagino sempre lo stupore che ha accolto i pastori, entrando a Betlemme e contemplando Gesù Bambino sulle braccia della mamma. Questo stupore adorante. Quando si fa l’adorazione eucaristica si ha davanti il Signore e noi siamo lì nel silenzio dello stupore, perchè le parole in questo caso sono, a volte, un ingombro. Mentre invece l’amore – ce lo dicono i mistici, ma anche gli innamorati – si nutre di questo silenzio pieno di stupore, pieno di contemplazione. E imparare a contemplare, imparare ad ascoltare il silenzio è una cosa molto importante, proprio perchè il silenzio porta dentro di sé tutto il palpitare di Dio. Per esempio, dopo la Comunione, abituarsi ad adorare il silenzio, in questo momento così profondo, aiuta proprio a sentire il palpito di Dio, a sentire l’amore di Dio per noi, a sentire le sue parole che sono parole non fatte di fiato, ma fatte di verità, di amore, di gioia, di pace, la parola di Dio che risuona in noi proprio nella profondità del mistero eucaristico.

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BENEDETTO XVI E’ VICINO ALLE VITTIME INNOCENTI DELLE VIOLENZE IN TERRA SANTA. LA SANTA SEDE LANCIA UN APPELLO PER LA RIPRESA DEL DIALOGO

+E INVITA LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE A

D UNA DOVEROSA ASSISTENZA UMANITARIA DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE

 

“La Santa Sede segue con grande apprensione e dolore gli episodi di crescente, cieca violenza, che insanguinano in questi giorni la Terra Santa” e auspica la ripresa del negoziato tra israeliani e palestinesi. E’ quanto rende noto oggi un comunicato del direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro-Valls. “Il Santo Padre – afferma il comunicato -  è vicino, in modo particolare con la preghiera, alle vittime innocenti, ai loro familiari e alle popolazioni di quella terra, ostaggio di quanti si illudono di poter risolvere i problemi sempre più drammatici della regione con la forza o in modo unilaterale. La Santa Sede – continua la nota -  invita la comunità internazionale ad attivare rapidamente i mezzi necessari per la doverosa assistenza umanitaria della popolazione palestinese, e si associa nel sollecitare i responsabili di entrambi i popoli perché sia anzitutto mostrato il dovuto rispetto per la vita umana, specie quella dei civili inermi e dei bambini, e sia ripresa con coraggio la via del negoziato, l'unica che può portare alla pace giusta e duratura a cui tutti aspirano”.

 

 

IN BIELORUSSIA, IL PAPA ACCETTA LA RINUNCIA

AL GOVERNO PASTORALE DELL’ARCIDIOCESI DI MINSK-MOHILEV PRESENTATA,

PER RAGGIUNTI LIMITI DI ETÀ, DAL CARDINALE KAZIMIERZ ŚWIĄTEK

 

In Bielorussia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev presentata dal cardinale Kazimierz Świątek, per raggiunti limiti di età,  ed ha nominato amministratore apostolico "sede vacante" della medesima circoscrizione ecclesiastica mons. Antoni Dziemianko, vescovo ausiliare di Minsk-Mohilev.  Il cardinale  Świątek,  nato in Walga, nel territorio dell'Amministrazione Apostolica di Estonia, il 21 ottobre 1914, e ordinato sacerdote l'8 aprile 1939, è stato dal 21 aprile 1939 fino al 21 aprile 1941  viceparroco e sucessivamente amministratore della parrocchia a Pruzana,  nella diocesi di Pinsk. Il 21 aprile 1941 è stato arrestato dal KGB, il servizio segreto sovietico, e rinchiuso nella prigione di Brest nella cella della morte. Vi è rimasto fino al 22 giugno. Approfittando della confusione creatasi in seguito all'invasione tedesca nel territorio dell'Unione Sovietica fuggì dalla prigione riprendendo la sua attività pastorale nella parrocchia di Pruzana. Il 18 dicembre 1944 è stato nuovamente arrestato dagli agenti del KGB e rinchiuso nella prigione di Minsk dove è rimasto fino al 21 luglio 1945. Condannato a dieci anni di lavori forzati nei campi di concentramento, è stato due anni a Mariinsk in Siberia e sette anni a Vorkuta e Inta, a nord, lavorando nelle miniere e nella «taiga» siberiana. E’ stato liberato il 16 giugno 1954 e dopo essere tornato a Pinsk ha ricominciato subito il lavoro pastorale nella parrocchia-cattedrale. Nel 1989 è stato nominato Vicario generale della diocesi di Pinsk e il 13 aprile 1991 è stato eletto arcivescovo di Minsk-Mohilev e nominato amministratore apostolico “ad nutum Sanctae Sedis” di Pinsk. Il 21 maggio successivo ha ricevuto l'ordinazione episcopale. In seguito ai cambiamenti avvenuti nell'Unione Sovietica e alla successiva proclamazione della sovranità della Bielorussia, ha riorganizzato e ha potenziato le strutture ecclesiastiche nel territorio a lui affidato, provvedendo in maniera particolare al recupero e alla ricostruzione delle chiese e alla formazione del clero anche  in qualità di presidente della Conferenza Episcopale della Bielorussia. Nel 1994 è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II, che nel 2004 gli ha consegnato anche il Premio Fidei testis (testimone della fede), conferito al porporato dall'Istituto Paolo VI in ragione della testimonianza fedele e coraggiosa resa a Cristo e al suo Vangelo negli anni difficili della persecuzione della Chiesa nell'Europa dell'Est.

 

 

LA DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA SIA SEMPRE AL CENTRO

DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE: LO RIBADISCE, AI NOSTRI MICROFONI,

 L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA,

MONS. SILVANO MARIA TOMASI,

IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL LAVORO

 

Tutti hanno diritto ad un lavoro dignitoso che rispetti la persona umana: è il richiamo dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra, intervenuto alla 95.ma sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, in corso in questi giorni – fino a venerdì prossimo – proprio nella città svizzera. Il presule ha sottolineato che, in un contesto di globalizzazione, la crescita economica non può avvenire senza equità, emarginando milioni di persone. Mons. Tomasi ha espresso soddisfazione per la buona notizia riguardante la lotta al lavoro minorile. Per la prima volta, infatti, si è ridotto il numero dei bambini costretti a lavorare, da 248 milioni nel 2000 a 218 nel 2004. Sull’importanza di un lavoro dignitoso che favorisca la crescita della persona ecco la riflessione dello stesso arcivescovo Tomasi, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – La strada maestra per cercare di aiutare queste famiglie, questi individui ad avere una vita dignitosa è che abbiano la possibilità di un impiego. Quindi creare posti di lavoro, trovare la maniera che in Paesi, come quelli africani, si possano utilizzare le  risorse prime che sono disponibili e trasformarle in loco. Quindi avere un lavoro dignitoso con un minimo di sicurezza, un minimo di regole per la protezione della salute di questi lavoratori e lavoratrici mi pare la strada da imboccare.

 

D.- Quali sono per la Santa Sede le principali preoccupazioni riguardanti il mondo del lavoro al centro di questa conferenza a Ginevra?

 

R.- Il mondo del lavoro sta cambiando, si mette l’accento sull’aspetto della conoscenza perché diventando il mercato sempre più sofisticato c’è bisogno di avere manodopera qualificata, quindi c’è la necessità di preparare, di aiutare i Paesi più poveri e quindi le comunità che sono meno avanzate da un punto di vista tecnico, ad avere quelle risorse sia di infrastrutture educative che di tecnologia che li possano mettere un po’ al pari nella competizione con gli altri Paesi. E’ chiaro che la Chiesa vede nel lavoro uno strumento per la realizzazione della persona, della sua umanità e la capacità creativa di ogni persona viene messa al servizio del bene comune attraverso il lavoro e la produttività. Dobbiamo cercare di dare una risposta e di influenzare lo sviluppo che sta avvenendo in questi nuovi settori sempre tenendo conto che al centro di tutto ci deve essere il rispetto della persona umana.

 

D. – Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza della comunità internazionale sulla piaga del lavoro minorile. Quali sono gli interventi che la Santa Sede ritiene necessari su questo fronte?

 

R. – Abbiamo a disposizione adesso delle convenzioni contro il lavoro minorile. Il primo passo è che la maggioranza dei Paesi del mondo, che hanno ratificato questi strumenti giuridici, comincino a tradurli in pratica. Secondo passo è quello di cercare di creare una coscienza pubblica riguardo al fatto che il bambino deve essere educato, poter andare a scuola ed avere un po’ di speranza per il futuro perché così può davvero contribuire con i suoi talenti allo sviluppo della società.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Udienza generale. Catechesi e cronaca.

 

Servizio estero - L'intervento della Santa Sede dal titolo " Promuovere il lavoro decente per mettere la dignità della persona e il bene comune al centro di tutte le attività e le politiche produttive".

Iraq: visita, ieri, a Baghdad del Presidente Usa.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli Agosti dal titolo "Tra le architetture influenzate dall'Alberti si respira l'armonica fusione fra tradizione classica e innovazione": nel quinto centenario della morte dell'artista, la "Casa del Mantegna" a Mantova è il simbolo di un'intera epoca culturale.

 

Servizio italiano - In rilievo i temi legati all'economia.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 giugno 2006

 

 

L’IMPEGNO PER I DIRITTI E LE LIBERTÀ IN IRAN:

LA TESTIMONIANZA DEL GIORNALISTA AKBAR GANJI

 

“Se gli uomini hanno sofferenze comuni, allora hanno anche gli stessi diritti”. Sono parole pronunciate da Akbar Ganji, giornalista iraniano e difensore dei diritti umani, che per il suo impegno è stato detenuto sei anni in un carcere del regime di Teheran e che ora è tornato in libertà. In questi giorni è in Italia, per ricevere diversi riconoscimenti pubblici e per presentare il libro “L’Ultima Primavera, lotta per la libertà dell’informazione in Iran”, curato da Ahmad Rafat e Maryam Afshang. Ad Akbar Ganji, Giada Aquilino ha chiesto come - durante la sua prigionia - sia cambiata la libertà di espressione nella Repubblica islamica:

 

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R. – Oggi la situazione, rispetto a quando sono entrato in carcere, è peggiorata notevolmente. All’epoca, dopo l’elezione di Khatami alla presidenza della Repubblica, era stata introdotta una relativa libertà di stampa, che man mano è andata scemando fino a sparire quasi completamente. Abbiamo assistito in questi anni alla chiusura di oltre cento giornali e oggi la censura è sempre più pesante. C’è poi il fenomeno dell’autocensura, al quale sono sottoposti tutti i giornalisti, per non finire in carcere e non vedere i loro giornali chiusi. La stessa censura riguarda anche gli altri settori della produzione intellettuale.

 

D. – E’ di questi giorni la notizia dell’arresto di 70 persone, tra cui 42 donne, per aver partecipato ad una manifestazione di protesta contro leggi discriminatorie nei confronti delle donne. Perché succedono ancora queste episodi in Iran?

 

R. – La Repubblica islamica non riconosce gli stessi diritti agli uomini e alle donne. Queste ultime sono impegnate in una lotta per la parità con i maschi, per la parità in tutte le leggi e a tutti i livelli della società. Ma in Iran anche una richiesta che non è apertamente politica, come il diritto all’uguaglianza, non è supportata dal regime: viene repressa ogni voce che chieda l’uguaglianza.

 

D. – Lei ha presentato “L’Ultima Primavera, lotta per la libertà dell’informazione in Iran”, curato da Ahmad Rafat e Maryam Afshang. Perché si parla di “ultima primavera”?

 

R. – Nel libro si parla dell’ultima primavera che la stampa iraniana ha vissuto, con la raccolta degli scritti di 12 giornalisti iraniani che lottano per la democrazia. Ma ci saranno altre primavere, noi ci battiamo perché le altre stagioni nella libertà di stampa vengano abolite e sia sempre una primavera per i giornalisti, per l’opinione pubblica, per i lettori e per l’Iran.

 

D. – Dopo Khatami, di cui lei un tempo era collaboratore, ora c’è il presidente Ahmadinejad. Quanto la linea iraniana sul nucleare si può ripercuotere sul Paese?

 

R. – Questa politica è molto pericolosa e può portare l’Iran alla distruzione. Noi non vogliamo una guerra, che significa un assassinio organizzato. Io lotto per la pace, in Iran e nel mondo. Tutte le armi di distruzione di massa non solo minacciano l’uomo, ma costituiscono un vero pericolo anche per la natura con la quale dobbiamo convivere.

 

D. – In questi mesi si è parlato di possibili sanzioni economiche. E’ stato ventilato anche un attacco americano alla Repubblica islamica. La crisi come può evolversi?

 

R. – L’Iran anziché insistere sul suo diritto all’arricchimento dell’uranio dovrebbe insistere sulla necessità della democratizzazione nel mondo. Secondo me, Teheran dovrebbe entrare in trattative dirette con gli Stati Uniti proprio per salvaguardare gli interessi nazionali iraniani. La parola d’ordine deve essere la pace, non la guerra e lo scontro.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEI DONATORI DI SANGUE

- Intervista con Roberta Zuchegna e Maria Vittoria Torresi -

 

Celebrare la donazione del sangue: questo il motto della Giornata mondiale dei donatori di sangue che ricorre oggi. Promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Croce Rossa, l’evento vede protagonisti più di 180 Paesi che vogliono richiamare l’attenzione sulla carenza di riserve ematiche. Ma qual è l’obiettivo primario della Giornata? Al microfono di Isabella Piro, ci risponde Roberta Zuchegna, membro della Croce Rossa Internazionale:

 

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R. – Bisogna ringraziare i donatori di sangue che, dando un poco del loro tempo, offrono questo bene prezioso che è una ragione di vita per molte persone. L’altro obiettivo è quello di promuovere la totalità della donazione volontaria, perché il sangue è comunque un bene che hanno tutti e che tutti possono condividere.

 

D. - Fra le tante iniziative promosse oggi nei vari Paesi, qual è quella più singolare?

 

R. – In Thailandia, hanno fatto un pannello enorme, che hanno chiamato “Il muro dell’umanità”, in cui ci sono le foto di tutti i donatori di sangue, proprio per mostrare il fatto che ogni singolo cittadino può donare sangue, che sia una casalinga, un muratore, un alto funzionario.

 

D. - Attualmente, quanti donatori di sangue ci sono nel mondo?

 

R. – Sappiamo che ci sono all’incirca 80 milioni di donazioni all’anno e poiché le donazioni possono essere fatte dallo stesso donatore, più o meno abbiamo una cifra di 40 milioni di donatori nel mondo. 

 

D. - I giovani come si pongono nei confronti di questo problema?

 

R. - C’è la grande sfida di sorpassare tanti miti e tante paure: il fatto che spesso abbiamo paura di un ago; che la donazione del sangue potrebbe essere dolorosa o pericolosa. E’ molto importante un’educazione adeguata ed anche l’influenza dei coetanei. Una volta che un giovane comincia a donare sangue anche i coetanei vengono sensibilizzati.

                                  

La prima Giornata mondiale dei donatori di sangue si è svolta nel 2004; Maria Vittoria Torresi, ispettore nazionale dei donatori di sangue della Croce Rossa Italiana, ci spiega cosa è cambiato da due anni a questa parte:

 

R. – C’è sempre una maggior capacità di utilizzare al meglio il sangue. C’è, però, una modificazione della popolazione che porta ad un aumento dei consumi, così come delle tecniche sempre più avanzate da un punto di vista chirurgico, per esempio i trapianti. Quindi, in questi casi la necessità di sangue è sicuramente aumentata, così come è aumentata per la sopravvivenza dei pazienti oncologici, dei pazienti ematologici cronici. Sicuramente noi riusciamo ad avere un aumento del numero dei donatori, purtroppo, però, non compensa l’aumento delle richieste.

 

D. - Non bisogna dimenticare, poi, cosa più importante, ossia che donare il sangue è donare una vita…

 

R. – E’ salvare la vita e donare la vita. Questa, al di là di ogni retorica, è la vera ed essenziale realtà.

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CONVEGNO A ROMA SULL’IMMAGINE DEGLI IMMIGRATI NEI MEDIA ITALIANI

- Intervista con padre Giovanni La Manna e Jean-Leonard Touadì

 

Gli stranieri non siano più degli estranei: è questo il messaggio che è emerso dal convegno svoltosi ieri al Centro Astalli di Roma, sede del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, che a ottobre festeggia i 25 anni di attività. L’incontro, dedicato in particolar modo all’immagine degli immigrati nei media, precede di qualche giorno la Giornata del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 20 giugno. Il servizio di Andrea Rustichelli.

 

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Non chiamiamoli semplicemente extra-comunitari o, peggio, clandestini. Sembra essere questo l’esito dell’incontro promosso dal Centro Astalli sull’immagine degli immigrati nei media italiani. Molti gli esperti chiamati a dare la loro testimonianza e tutti hanno espresso insoddisfazione per il modo in cui il mondo dell’immigrazione viene appiattito da un sistema mediatico su cliché legati alla cronaca nera o alle vicende degli sbarchi, come se si trattasse di un esercito di nemici venuti ad espugnare casa nostra. Tra i relatori, Roberto Morione, direttore uscente di Rai News 24, ha messo in evidenza come la scelta dei direttori nelle aziende editoriali avvenga sempre più spesso con criteri avulsi dalle esigenze di un’informazione completa e approfondita. Mentre Laura Boldrini, portavoce dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati, ha deprecato le linee editoriali vigenti negli organi di stampa, vincolate come sono agli interessi politici di una parte o dell’altra. Ma qual è l’immagine reale degli immigrati? Sentiamo padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli:

 

R. – Non sono persone che vengono qui per delinquere o per vivere di assistenza. Hanno una grande dignità e quello che a noi chiedono è la possibilità di realizzarsi, dovendo partire da zero.

 

D. – Qual è la posizione del Centro Astalli sulla legge Bossi-Fini?

 

R. – La Bossi-Fini è incentrata su un criterio che non condividiamo, perché offende la dignità delle persone che arrivano nel nostro Paese e offende la stessa dignità degli italiani. Il criterio è che se sei utile, quindi se hai un contratto di lavoro, esisti come persona e hai dei diritti in Italia. Il nostro punto di partenza è completamente diverso: è dire che chi arriva in Italia è persona con una sua dignità, con una sua umanità, che va riconosciuta.

 

Sentiamo ora Jean-Leonard Touadì, che è neo assessore con delega per gli stranieri al Comune di Roma:

 

R. – Per quanto riguarda le politiche dell’immigrazione, tutta l’Europa, soprattutto a partire dalla firma degli accordi di Schengen, sta investendo molte risorse, molte energie nel contrasto alle immigrazioni clandestine e anche nel drammatico problema della tratta. Nello stesso tempo, la stessa Europa non sta più investendo risorse, energie anche, intelligenze, per le politiche di integrazione e questo, secondo me, è un grave errore politico, prima ancora che un grave errore culturale ed etico. Coloro che già abitano dentro alle città europee hanno diritto ad un’integrazione che passi attraverso l’acquisizione di diritti che sono inalienabili, legate alla persona in quanto persona.

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CHIESA E SOCIETA’

14 giugno 2006

 

 

IL RISPETTO DELLE CULTURE E DELLE RELIGIONI DEVE ESSERE

 ALLA BASE DEL DIALOGO TRA I POPOLI. COSÌ L’ARCIVESCOVO JÓZEF WESOLOWSKI NEL SUO INTERVENTO ALL’INCONTRO IN KAZAKISTAN

 DELL’ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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ALMATY. = Il rispetto e l’apprezzamento delle varie culture e religioni devono essere la base comune su cui costruire il dialogo e la collaborazione tra le diverse etnie. Lo ha detto alla conferenza promossa dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che si svolta ad Almaty, nel Kazakistan, l’arcivescovo Józef Wesolowski, nunzio apostolico e capo della delegazione della Santa Sede. L’incontro, che si è concluso ieri, era incentrato sul tema “Promuovere l’intesa interculturale, interreligiosa ed interetnica”. “Non può esserci collaborazione tra culture, religioni ed etnie con ignoranza reciproca”, ha sottolineato il presule nel suo discorso reso noto dall’agenzia ZENIT. Il nunzio ha osservato come troppo spesso le religioni siano manipolate o anche ritenute erroneamente parte del problema, quando in realtà sono e dovrebbero essere considerate parte della soluzione ai problemi esistenti tra le varie culture e civiltà. Il dialogo interreligioso non sarà capace di promuovere un maggior rispetto e una maggiore unità nella vita politica civile e sociale se il ruolo pubblico della religione non verrà debitamente riconosciuto – ha detto il presule - se la religione è relegata unicamente alla sfera della vita privata, allora si nega la sua capacità di avere un impatto positivo sulla società”. Sulla missione e le attività dell’OSCE mons. Wesolowski ha osservato che esse offrono all’organizzazione una capacità privilegiata di affrontare le sfide comuni. “Una, in particolare, interessa la libertà d’espressione – ha precisato – e il modo in cui un’assoluta interpretazione della stessa può legittimare espressioni civili e politiche che non rispettano i limiti legittimi o altri valori. Queste manifestazioni possono creare o acuire tensioni etniche, culturali o religiose. Infine, il nunzio apostolico ha affermato che la libertà d’espressione deve esercitarsi con responsabilità, rispettando le convinzioni e le pratiche di tutti i credenti, così come i simboli che caratterizzano le loro religioni.

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ALLARME SICCITÀ NEL CORNO D’AFRICA: LA COMMISSIONE EUROPEA STANZIA

10 MILIONI DI EURO PERCHÉ ALLE POPOLAZIONI COLPITE GIUNGANO

ACQUA E DERRATE ALIMENTARI

 

BRUXELLES. = È allarme siccità nel Corno d’Africa. “L’assenza di pioggia minaccia i mezzi di sussistenza di 12 milioni di persone”, ha detto il commissario per lo Sviluppo e gli aiuti umanitari dell’Unione Europea, Louis Michel, che ha varato ieri un provvedimento d’urgenza per far fronte alla grave situazione in cui versano diversi Paesi africani. Dall’Unione Europea, riferisce l’agenzia SIR, giungeranno 10 milioni di euro, per fornire acqua e derrate alimentari, soprattutto ai pastori nomadi e alle popolazioni seminomadi di Etiopia, Eritrea, Gibuti, Kenia, Somalia e Sudan. La somma sarà utilizzata anche per preservare il bestiame, principale risorsa alimentare delle regioni più colpite dalla carenza d’acqua. Con questo provvedimento, sale a 88 milioni di euro lo stanzionamento dell’Unione Europea a favore dell’Africa: di questi, 27 sono stati impegnati in aiuti umanitari. (V.C.)

 

 

L’ECONOMIA E LE DONNE: DI QUESTO HANNO DISCUSSO AL CAIRO LE 900 DELEGATE PROVENIENTI DA 88 PAESI CHE HANNO PRESO PARTE

AL XVI GLOBAL SUMMIT OF WOMEN

 

IL CAIRO. = Hanno discusso di temi economici le 900 delegate provenienti da 88 Paesi di tutto mondo che hanno partecipato al Cairo al sedicesimo Global Summit of Women (GSW). L’incontro, che si è concluso ieri, è stato ospitato per la seconda volta, dopo l’edizione Marocco 2003, in un Paese a maggioranza islamica. Una scelta non casuale – come riporta l’agenzia MISNA – visto che uno degli obiettivi principali di quest’anno, secondo la presidente del vertice, Irene Natividad, era quello di “offrire un quadro più complesso delle donne arabe”. Il programma delle giornate si è sviluppato sul tema: “Ridefinire la leadership per far avanzare in tutto il mondo il progresso nell’economia e nell’impresa”. Durante i tre giorni del vertice, si sono alternati gli interventi di alcuni dirigenti d’azienda, come Sanaa Moneim el Banna, presidente della Egyptian Petrolchimicals Holding e Hosna Rachid, dirigente della Unilever nel Mashreq, entrambe inserite dalla rivista “Forbes” nell’elenco delle 50 donne più potenti del mondo arabo. La scelta di puntare molto sui temi economici ha suscitato qualche critica: “Quando, per esempio, il 60 per cento delle donne in Egitto è analfabeta, come possiamo pensare che esse trovino posto nel mondo degli affari mondiale?”, ha osservato Lemia Bulbul, esperta di questioni femminili e consulente di numerose organizzazioni non governative nella regione. La replica della presidente del GSW Irene Natividad è stata che proprio i temi economici danno risalto a moltissime altre questioni. “Quando una donna porta soldi in famiglia, questo le dà potere”, ha detto la Natividad durante una tavola rotonda con 44 donne ministro provenienti da tutto il mondo, sostenendo che il progresso economico porta al raggiungimento del potere sociale. “Se aumentiamo la partecipazione economica delle donne – ha concluso – molti problemi verranno risolti”. (V.C.)

 

 

CONSACRATE IN POCO PIù DI TRE MESI, IN CINA, NUMEROSE CHIESE E CAPPELLE.

IN COSTRUZIONE a NANCHANG, NELLA PROVINCIA DI Jangxi,

ANCHE UNA grande PIAZZA INTITOLATA AL GESUITA ITALIANO MATTEO RICCI

 

PECHINO. = In poco più di tre mesi sono state inaugurate in Cina diverse chiese. Nel mese di maggio, scrive l’agenzia Fides, oltre 2 mila fedeli hanno partecipato alla consacrazione della nuova chiesa del Sacro Cuore di Gesù nella diocesi di Xia Men, a sud di Fu Jian. La struttura originale era stata costruita nel 1890, in stile gotico, ed occupava una superficie di 600 metri quadrati. La nuova chiesa, di stile romanico, è stata ampliata a 2.500 e la struttura complessiva, che ha una superficie maggiore ai 5 mila metri quadrati, è costata oltre 500 milioni di yuan. Ad aprile un’altra chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù è stata aperta a Ping Hu, nella diocesi di Hang Zhou, nella provincia di Zhe Jiang. La parrocchia conta oltre 150 anni di storia in un villaggio con 700 fedeli. La nuova chiesa può ospitare 500 persone ed ha un campanile alto 24 metri. Sempre nella provincia di Zhe Jiang, è di questi giorni l’inaugurazione, nella diocesi di Wen Zhou, della parrocchia dedicata a Santa Teresina di Lisieux. Alla celebrazione hanno partecipato oltre 2.000 fedeli. La diocesi di Han Dan, invece, nella provincia nord dell’He Bei, ha visto pure la consacrazione di una chiesa intitolata al Sacro Cuore di Gesù, nel villaggio di Chen Gu, mentre nel villaggio di Li Zhuang una chiesa è stata dedicata a S. Giuseppe. Nella diocesi di Heng Shui ha aperto i battenti una parrocchia di 500 metri quadrati in stile gotico, dove hanno celebrato la prima Messa una ventina di sacerdoti alla presenza di oltre 3.000 fedeli. E in costruzione poi, nei pressi del centro di Nanchang, il popoloso capoluogo della provincia cinese di Jangxi, una piazza che sarà intitolata al gesuita italiano Matteo Ricci. Il completamento è previsto per la fine di settembre e nel sagrato verrà posta una statua del religioso alta 3 metri. La piazza, che avrà diverse attrattive tra cui un odeon in stile romano, si estenderà per 3 mila metri quadrati. (V.C)

 

 

PER AIUTARE RICHIEDENTI ASILO E MIGRANTI DETENUTI, NASCE LA COALIZIONE

INTERNAZIONALE SULLA DETENZIONE DEI RIFUGIATI. A PROMUOVERLA IL JESUIT

REFUGEE SERVICE CHE PRESENTERÀ L’ORGANISMO DOMANI A ROMA

 

ROMA. = Nasce la Coalizione internazionale sulla Detenzione di Rifugiati, di Richiedenti Asilo e di Migranti. L’iniziativa è del Jesuit Refugee Service (JRS), il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati che presenterà questo nuovo organismo domani, alle 12, nella sala Marconi della Radio Vaticana. Interverranno il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Mario Scialoja, responsabile in Italia della Lega musulmana mondiale, e Alan Naccache, presidente della sezione giovanile dell’organizzazione ebraica “Bnai Brith” (Fratelli dell’Alleanza). L’incontro sarà moderato da padre Lluís Magriñà SJ, direttore internazionale del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. La Coalizione Internazionale sulla Detenzione di Rifugiati, di Richiedenti Asilo e di Migranti è stata fondata per avviare una campagna di sensibilizzazione sulle politiche adottate dai governi nelle carceri e per promuovere un maggiore rispetto dei diritti umani dei detenuti. L’obiettivo è anche quello di far sì che venga limitata la detenzione degli immigrati, che si evitino le forme più restrittive e si cerchino misure alternative. La Coalizione coinvolge oltre 100 membri (organizzazioni non governative e religiose, esperti e rappresentanti si diverse istituzioni) in 36 Paesi di tutto il mondo (Europa, Medioriente, Africa, Asia, Oceania, Caraibi, America Settentrionale, America Centrale e Meridionale). Il JRS è attivo in oltre 50 Stati. Conta più di mille laici, gesuiti e religiosi appartenenti ad altri ordini che si impegnano ogni giorno perché agli oltre 500 mila rifugiati e sfollati di tutto il mondo, di qualunque razza e credo, vengano assicurati istruzione, servizi sociali ed assistenza. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 giugno 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

In Iraq, è scattato a Baghdad, con il rafforzamento dei posti di blocco da parte di polizia ed esercito, il piano anti-guerriglia predisposto dalle forze irachene e della coalizione. Ma nella capitale, almeno due persone sono rimaste uccise in un nuovo attentato. Il nostro servizio:

 

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Baghdad è da oggi una città blindata: il nuovo piano di sicurezza, varato dall’esecutivo iracheno con il sostegno delle forze della coalizione, prevede l’impiego di 40 mila uomini, iracheni e statunitensi, e l’estensione dell’orario del coprifuoco. Nella capitale sono stati allestiti, inoltre, nuovi posti di blocco e predisposti ulteriori servizi di pattugliamento. Il nuovo piano per la sicurezza, che non contiene una data di scadenza, è stato fortemente voluto dal premier Al Maliki per contrastare nuove rappresaglie terroristiche dopo l’uccisione, mercoledì scorso, del capo di Al Qaeda in Iraq, Al Zarqawi. Nella notte, uno dei luogotenenti del terrorista giordano è rimasto ucciso in un blitz delle truppe governative irachene. Ma le straordinarie misure di sicurezza e le operazioni militari non impediscono, comunque, azioni della guerriglia: una bomba è esplosa stamani a Baghdad provocando la morte di almeno due persone. Violenze si registrano anche nel sud del Paese, a Bassora, dove una folla di sciiti ha attaccato, senza fortunatamente causare vittime, il consolato iraniano. In questo difficile scenario, è stato avviato, poi, il piano per la riduzione del contingente italiano in Iraq: a partire dal prossimo 28 giugno, i militari italiani a Nassiriya saranno 1.600. All’inizio della missione, tre anni fa, erano 3200. Negli Stati Uniti, intanto, è rientrato a Washington il presidente americano George Bush dopo la visita lampo di ieri a Baghdad. Parlando ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, il presidente statunitense ha auspicato un miglioramento della situazione in Iraq sul fronte della sicurezza per quando lascerà la Casa Bianca allo scadere del suo mandato nel 2009. Ma ha anche aggiunto che mettere fine a tutte le violenze, nel Paese arabo, sarà impossibile.

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 Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si è detto “sconvolto” per l’ultimo raid aereo israeliano a Gaza, nel quale sono rimaste uccise ieri undici persone, tra cui due bambini. In Israele, intanto, il ministro della Difesa Amir Peretz ha escluso ogni responsabilità dell’esercito israeliano nel bombardamento di venerdì scorso, su una spiaggia di Gaza, costato la vita a 7 membri di una famiglia palestinese. Secondo l’organizzazione “Human Rights Watch”, invece, è stato un proiettile sparato dagli israeliani a causare la strage. Sul versante politico, un consigliere del primo ministro palestinese Haniyeh ha dichiarato, in un’intervista rilasciata al quotidiano israeliano Haaretz, che Hamas è pronto ad offrire un cessate il fuoco fino a 60 anni se Israele si ritira dai territori occupati nel 1967. Sul terreno, un militante di Hamas è morto in nuovi scontri, scoppiati stamani nella Striscia di Gaza, tra membri del gruppo radicale e militanti del partito moderato Al Fatah.

 

 L’Iran dovrà sospendere il proprio programma nucleare fino a quando non saranno dimostrati i suoi scopi pacifici.  Lo ha chiesto il cosiddetto gruppo 5+1, formato dai Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dalla Germania, nel testo consegnato lo scorso 6 giugno scorso dall’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’UE, Javier Solana, al governo di Teheran. A tale richiesta non è stata associata nessuna ipotesi di sanzioni, ma l’aiuto concreto nella costruzione di tecnologia alternativa all’arricchimento dell’uranio.

 

 In Afghanistan, due soldati delle forze della coalizione sono rimasti uccisi in due distinti attacchi. è stata messa a punto la più grande offensiva delle forze delle coalizione contro ribelli taleban. Lo ha annunciato il generale statunitense, Benjamin C. Frankley, comandante delle operazioni nel Paese asiatico. Nell’operazione, che inizierà domani, sono impiegati oltre 11 mila uomini.

 

Esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto la chiusura del centro di detenzione americano di Guantanamo, a Cuba, dopo i suicidi di tre detenuti sabato scorso. In un comunicato diffuso a Ginevra, i cinque esperti affermano che la tre morti erano “in un certo senso prevedibili alla luce delle dure e prolungate condizioni della loro detenzione e rafforza la  necessità per una rapida chiusura del centro di detenzione”.

 

 Prosegue l’avanzata dei miliziani delle Corti islamiche in Somalia. Dopo la conquista di Mogadiscio, le truppe delle scuole coraniche hanno preso stamani Jowhar, 90 km a nord della capitale. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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In Somalia, dopo Mogadiscio, le Corti islamiche controllano ora anche Jowhar, ultima roccaforte dei “signori della guerra” somali che sostengono l’Alleanza contro il terrorismo. I miliziani delle Corti islamiche continuano a marciare verso il nord del Paese all’inseguimento dei “signori della guerra” in fuga, nonostante  i capi tribù locali abbiano ammonito gli integralisti a non sconfinare nel loro territorio. Ma lo scontro appare inevitabile: le milizie dei “signori della guerra”, appoggiati dagli Stati Uniti, si stanno preparando per resistere all’avanzata degli estremisti. Intanto, i leader delle Corti islamiche si sono rivolti, ieri, all’amministrazione americana con un messaggio scritto: “Non siete voi americani i nostri nemici”. Inoltre, hanno sottolineato che, nonostante l’imposizione a Mogadiscio, di divieti tipici del fondamentalismo islamico come quelli di non ascoltare musica moderna e di non guardare i Campionati del Mondo di calcio, non avrebbero intenzione di creare in Somalia un regime come quello dei taleban afghani. Un appoggio agli islamici viene da diversi Paesi vicini alla Somalia. Gli Stati dell’Africa occidentale aderenti all’IGAD, l’Autorità sullo sviluppo africano hanno decretato, oggi, una serie di sanzioni contro i “signori della guerra” per indurli a accettare colloqui di pace. Le misure prevedono il divieto di transito e di soggiorno e il congelamento di tutti i beni detenuti nei Paesi in questione.

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 Abou Bakar Bachir, leader spirituale indonesiano legato ad un’organizzazione integralista del Sudest asiatico collegata ad Al Qaida, è tornato in libertà ieri, a Giakarta, dopo 26 mesi di carcere. Bashir era stato condannato per aver partecipato agli attentati di Bali nel 2002, costati la vita a 202 persone.

 

 La Francia ha adottato le  prime misure contro l'ondata di caldo e la siccita' - inconsuete  per la metà di giugno - al fine soprattutto di proteggere gli anziani, che morirono a migliaia durante la torrida estate del 2003. 

 

 

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