RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 165 - Testo della trasmissione di mercoledì
14 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
L’impegno per i diritti e le libertà in Iran: la
testimonianza del giornalista Akbar Ganji
CHIESA E SOCIETA’:
Intervento
dell’arcivescovo Józef Wesolowski
all’incontro dell’OSCE in Kazakistan
Allarme
siccità nel Corno d’Africa
Consacrate in poco più di tre
mesi, in Cina, numerose chiese e cappelle
Continuano in Iraq le violenze. Avviato il piano
per la riduzione delle truppe italiane
14 giugno 2006
LE
CHIESE DI ROMA E DI COSTANTINOPOLI “VERAMENTE SORELLE”
GRAZIE
AL LEGAME FRATERNO TRA L’APOSTOLO PIETRO E SUO FRATELLO ANDREA:
COSI’
BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE DI OGGI.
NUOVO INVITO DEL PAPA AI FEDELI A PARTECIPARE
ALLE 19.00 A SAN GIOVANNI IN LATERANO
ALLA MESSA E ALLA PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI
Il legame di sangue tra l’Apostolo Pietro e suo fratello
Andrea, evangelizzatore dei popoli greci, è a tutt’oggi, dopo duemila anni, il
segno che rende “veramente sorelle” le Chiese di Roma e Costantinopoli. E’
questo l’insegnamento centrale di Benedetto XVI che emerge dall’udienza
generale di oggi, svoltasi in una Piazza San Pietro gremita
da oltre 30 mila persone. L’udienza si è conclusa con l’invito del Papa alla
processione del Corpus Domini, in
programma domani per le vie del centro di Roma dopo la Messa a San Giovanni in
Laterano. Il servizio di Alessandro De Carolis.
**********
Dopo Pietro e la sua straordinaria esperienza umana e
spirituale, è il momento di Andrea: pescatore come suo fratello Simone fino
all’incontro di Gesù, ma già “un uomo di fede e di speranza”, in ricerca,
discepolo del Battista ma pronto, non appena incontrato il Cristo, a correre da
Simone per dirgli: “Abbiamo trovato il Signore”. E’ il ritratto che esce dalla
catechesi di Benedetto XVI di un altro apostolo, destinato a godere “di grande
prestigio all’interno delle prime comunità cristiane” ma soprattutto a
diffondere per primo il Vangelo tra i Greci e a legare di un particolare
vincolo le due Chiese, romana e bizantina:
“Andrea, dunque, fu
il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio su questa
base la liturgia della Chiesa Bizantina lo onora con l'appellativo di Protóklitos, che significa appunto “primo
chiamato” (...) Tradizioni molto antiche (…) vedono in Andrea che egli fu
annunciatore di Gesù per il mondo greco. Pietro da Gerusalemme attraverso Antiochia giunse a Roma per esercitarvi la sua missione
universale; Andrea fu invece l’apostolo del mondo greco: essi appaiono così in
vita e in morte come veri fratelli – una fratellanza che si esprime simbolicamente
nello speciale rapporto delle Sedi di Roma e di Costantinopoli, Chiese veramente
sorelle”.
Il Papa ha passato in minuziosa rassegna i passi del
Vangelo che riportano le iniziative e i gesti di Andrea. Azioni che consentono
di ricostruirne la personalità: il suo “realismo” nell’episodio della moltiplicazione
dei pani, quando nota il ragazzo e anche le poche risorse di cui dispone. O
quando, insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni,
interroga Gesù sulla distruzione del Tempio, offrendo a Cristo – ha notato
Benedetto XVI – la possibilità di pronunciare “un importante discorso” sugli
ultimi tempi. Una vicenda, quest’ultima – ha affermato il Pontefice – dalla
quale si può dedurre “che non dobbiamo temere di porre domande a Gesù”, ma che
al tempo stesso “dobbiamo essere pronti ad accogliere gli insegnamenti, anche
sorprendenti e difficili, che Egli ci offre”. E un insegnamento fondamentale,
Sant’Andrea lo offre ai cristiani quando, a Patrasso, affronta la morte sulla croce - la croce
cosiddetta “decussata” – considerandola “non tanto uno strumento di tortura
quanto piuttosto il mezzo incomparabile di una piena assimilazione al Redentore”:
“Noi dobbiamo
imparare di qui una lezione molto importante: le nostre croci acquistano valore
se considerate e accolte come parte della croce di Cristo, se raggiunte dal
riverbero della sua luce. Soltanto da quella Croce anche le nostre sofferenze vengono nobilitate e acquistano il loro vero senso.
L'apostolo Andrea, dunque, ci insegni a seguire Gesù con prontezza, a parlare
con entusiasmo di Lui a quanti incontriamo, e soprattutto a coltivare con Lui
un rapporto di vera familiarità, ben coscienti che solo in Lui possiamo trovare
il senso ultimo della nostra vita e della nostra morte”.
(applausi – musica banda)
Come sempre, prima e dopo l’udienza, Benedetto XVI ha
potuto sperimentare il calore delle circa 35 mila persone che lo hanno accolto
e ascoltato in Piazza San Pietro. Dopo le catechesi in sintesi – oggi in 10
lingue – il Papa ha dapprima salutato, tra gli altri, i soci dell’Azione
Cattolica di Aversa, nel napoletano, quindi si è
soffermato sulla solennità di domani, il Corpus
Domini:
“La festa del Corpus Domini è occasione propizia
per approfondire la fede e l'amore verso l’Eucarestia
(…) Domani (…) come ogni anno, celebreremo alle ore 19
(applausi)
**********
Il Papa esorta
dunque i fedeli romani a vivere con intensità il momento forte della Solennità
del Corpus Domini. Ma con quale spirito la Chiesa di Roma è chiamata a
vivere questo evento? Fabio Colagrande lo ha chiesto
a mons. Marco Frisina, direttore dell’Ufficio Liturgico
del Vicariato di Roma:
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R. – Deve porsi in cammino con il Papa, con tutta la
Chiesa, dietro all’Eucaristia. Mi pare l’immagine più bella che di solito noi
contempliamo proprio nella processione del Corpus Domini. L’Eucaristia, che
passa dentro la città, per le strade della città, in mezzo alla gente, e che
trascina tutto il popolo di Dio. E’ un’immagine molto bella, perchè la Chiesa deve
vivere l’Eucaristia come una presenza salvifica, in mezzo a lei, che vive nel
cuore della città, del quartiere, della famiglia, e riconquistare questa
centralità dell’Eucaristia, come il Papa tante volte ci ricorda.
D. – Il cardinale Ruini nella
lettera di invito, rivolta a tutti i fedeli della diocesi, per questa festa del
Corpus Domini, scrive: “Testimonieremo insieme la fede nella presenza reale del
Signore nell’Eucaristia”. Possiamo dire che è una festa che ha anche un grande
significato dal punto di vista dell’evangelizzazione…
R. – Certo, come dice Papa Benedetto XVI, è la
testimonianza della nostra fede. La presenza reale nell’Eucaristia di Cristo è
una presenza che deve essere proclamata.
D. – A Santa Maria Maggiore, mons. Frisina,
in questi giorni che precedono il Corpus Domini vengono
proposte 40 ore di adorazione eucaristica. Che significato ha questa preparazione?
R. – E’ una preparazione tradizionale, in cui la preghiera
di adorazione è continua, prolungata, davanti all’Eucaristia. Prepara il cuore
sempre di più a crescere nello stupore eucaristico.
D. – In più occasioni, anche nel suo ultimo viaggio in
Polonia, parlando al clero nella cattedrale di Varsavia, il Papa ha
sottolineato l’importanza dell’adorazione eucaristica e, in particolare, del
silenzio come dimensione della preghiera…
R. – Come dicevo prima, lo stupore. Immagino sempre lo
stupore che ha accolto i pastori, entrando a Betlemme e contemplando Gesù
Bambino sulle braccia della mamma. Questo stupore adorante. Quando si fa
l’adorazione eucaristica si ha davanti il Signore e noi siamo lì nel silenzio
dello stupore, perchè le parole in questo caso sono, a volte, un ingombro.
Mentre invece l’amore – ce lo dicono i mistici, ma
anche gli innamorati – si nutre di questo silenzio pieno di stupore, pieno di
contemplazione. E imparare a contemplare, imparare ad ascoltare il silenzio è
una cosa molto importante, proprio perchè il silenzio porta dentro di sé tutto
il palpitare di Dio. Per esempio, dopo la Comunione, abituarsi ad adorare il silenzio, in questo momento così profondo,
aiuta proprio a sentire il palpito di Dio, a sentire l’amore di Dio per noi, a
sentire le sue parole che sono parole non fatte di fiato, ma fatte di verità,
di amore, di gioia, di pace, la parola di Dio che risuona in noi proprio nella
profondità del mistero eucaristico.
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BENEDETTO
XVI E’ VICINO ALLE VITTIME INNOCENTI DELLE VIOLENZE IN TERRA SANTA.
+E
INVITA
D UNA
DOVEROSA ASSISTENZA UMANITARIA DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE
“La Santa Sede segue con grande apprensione e dolore gli
episodi di crescente, cieca violenza, che insanguinano in questi giorni
IN BIELORUSSIA, IL PAPA ACCETTA LA
RINUNCIA
AL GOVERNO PASTORALE
DELL’ARCIDIOCESI DI MINSK-MOHILEV PRESENTATA,
PER RAGGIUNTI LIMITI DI ETÀ, DAL
CARDINALE KAZIMIERZ ŚWIĄTEK
In
Bielorussia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia
al governo pastorale dell’arcidiocesi di Minsk-Mohilev
presentata dal cardinale Kazimierz Świątek, per raggiunti limiti di età, ed ha nominato
amministratore apostolico "sede vacante" della medesima
circoscrizione ecclesiastica mons. Antoni Dziemianko, vescovo ausiliare di Minsk-Mohilev. Il cardinale Świątek, nato in Walga, nel
territorio dell'Amministrazione Apostolica di Estonia, il 21 ottobre 1914, e
ordinato sacerdote l'8 aprile 1939, è stato dal 21 aprile 1939 fino al 21
aprile 1941 viceparroco e sucessivamente amministratore della parrocchia a Pruzana, nella
diocesi di Pinsk. Il 21 aprile 1941 è stato arrestato
dal KGB, il servizio segreto sovietico, e rinchiuso nella prigione di Brest nella cella della morte. Vi è rimasto fino al 22
giugno. Approfittando della confusione creatasi in seguito all'invasione
tedesca nel territorio dell'Unione Sovietica fuggì dalla prigione riprendendo
la sua attività pastorale nella parrocchia di Pruzana.
Il 18 dicembre 1944 è stato nuovamente arrestato dagli agenti del KGB e
rinchiuso nella prigione di Minsk dove è rimasto fino
al 21 luglio 1945. Condannato a dieci anni di lavori forzati nei campi di
concentramento, è stato due anni a Mariinsk in
Siberia e sette anni a Vorkuta e Inta,
a nord, lavorando nelle miniere e nella «taiga» siberiana. E’ stato liberato il
16 giugno 1954 e dopo essere tornato a Pinsk ha
ricominciato subito il lavoro pastorale nella parrocchia-cattedrale. Nel 1989 è
stato nominato Vicario generale della diocesi di Pinsk
e il 13 aprile 1991 è stato eletto arcivescovo di Minsk-Mohilev
e nominato amministratore apostolico “ad nutum Sanctae Sedis”
di Pinsk. Il 21 maggio successivo ha ricevuto
l'ordinazione episcopale. In seguito ai cambiamenti avvenuti nell'Unione
Sovietica e alla successiva proclamazione della sovranità della Bielorussia, ha riorganizzato e ha potenziato le strutture
ecclesiastiche nel territorio a lui affidato, provvedendo in maniera
particolare al recupero e alla ricostruzione delle chiese e alla formazione del
clero anche in
qualità di presidente della Conferenza Episcopale della Bielorussia.
Nel 1994 è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II, che nel 2004 gli ha
consegnato anche il Premio Fidei testis
(testimone della fede), conferito al porporato dall'Istituto Paolo VI in
ragione della testimonianza fedele e coraggiosa resa a Cristo e al suo Vangelo
negli anni difficili della persecuzione della Chiesa nell'Europa dell'Est.
LA
DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA SIA SEMPRE AL CENTRO
DELLE
ATTIVITA’ PRODUTTIVE: LO RIBADISCE, AI NOSTRI MICROFONI,
L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
ALL’ONU DI GINEVRA,
MONS.
SILVANO MARIA TOMASI,
IN
OCCASIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE DEL LAVORO
Tutti hanno diritto ad un
lavoro dignitoso che rispetti la persona umana: è il richiamo dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso
l’ONU di Ginevra, intervenuto alla 95.ma sessione
della Conferenza Internazionale del Lavoro, in corso in questi giorni – fino a
venerdì prossimo – proprio nella città svizzera. Il presule ha sottolineato
che, in un contesto di globalizzazione, la crescita
economica non può avvenire senza equità, emarginando milioni di persone. Mons. Tomasi ha espresso
soddisfazione per la buona notizia riguardante la lotta al lavoro minorile. Per
la prima volta, infatti, si è ridotto il numero dei bambini costretti a
lavorare, da 248 milioni nel 2000 a 218 nel 2004. Sull’importanza di un lavoro
dignitoso che favorisca la crescita della persona ecco la riflessione dello
stesso arcivescovo Tomasi, intervistato da Alessandro
Gisotti:
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R. – La strada
maestra per cercare di aiutare queste famiglie, questi individui ad avere una
vita dignitosa è che abbiano la possibilità di un impiego. Quindi creare posti
di lavoro, trovare la maniera che in Paesi, come quelli africani, si possano
utilizzare le risorse
prime che sono disponibili e trasformarle in loco. Quindi avere un lavoro dignitoso
con un minimo di sicurezza, un minimo di regole per la protezione della salute
di questi lavoratori e lavoratrici mi pare la strada da imboccare.
D.- Quali sono per la Santa Sede le principali
preoccupazioni riguardanti il mondo del lavoro al centro di questa conferenza a
Ginevra?
R.- Il mondo del lavoro sta cambiando, si mette l’accento
sull’aspetto della conoscenza perché diventando il mercato sempre più
sofisticato c’è bisogno di avere manodopera qualificata, quindi c’è la
necessità di preparare, di aiutare i Paesi più poveri e quindi le comunità che
sono meno avanzate da un punto di vista tecnico, ad avere quelle risorse sia di
infrastrutture educative che di tecnologia che li possano mettere un po’ al
pari nella competizione con gli altri Paesi. E’ chiaro che la Chiesa vede nel
lavoro uno strumento per la realizzazione della persona, della sua umanità e la
capacità creativa di ogni persona viene messa al
servizio del bene comune attraverso il lavoro e la produttività. Dobbiamo
cercare di dare una risposta e di influenzare lo sviluppo che sta avvenendo in
questi nuovi settori sempre tenendo conto che al centro di tutto ci deve essere
il rispetto della persona umana.
D. – Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza della
comunità internazionale sulla piaga del lavoro minorile. Quali sono gli
interventi che la Santa Sede ritiene necessari su questo fronte?
R. – Abbiamo a disposizione adesso delle convenzioni
contro il lavoro minorile. Il primo passo è che la maggioranza dei Paesi del
mondo, che hanno ratificato questi strumenti giuridici, comincino a tradurli in
pratica. Secondo passo è quello di cercare di creare una coscienza pubblica
riguardo al fatto che il bambino deve essere educato, poter andare a scuola ed
avere un po’ di speranza per il futuro perché così può davvero contribuire con
i suoi talenti allo sviluppo della società.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Udienza generale. Catechesi e
cronaca.
Servizio estero - L'intervento della Santa
Sede dal titolo " Promuovere il lavoro decente per mettere la
dignità della persona e il bene comune al centro di tutte le attività e le politiche
produttive".
Iraq: visita, ieri, a Baghdad del Presidente Usa.
Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Degli
Agosti dal titolo "Tra le architetture influenzate dall'Alberti si respira l'armonica fusione fra tradizione
classica e innovazione": nel quinto centenario della morte dell'artista,
la "Casa del Mantegna" a Mantova è il simbolo
di un'intera epoca culturale.
Servizio italiano - In rilievo i temi legati all'economia.
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14 giugno 2006
L’IMPEGNO PER I DIRITTI E LE LIBERTÀ IN
IRAN:
LA TESTIMONIANZA DEL GIORNALISTA AKBAR GANJI
“Se gli uomini
hanno sofferenze comuni, allora hanno anche gli stessi diritti”. Sono parole pronunciate
da Akbar Ganji, giornalista
iraniano e difensore dei diritti umani, che per il suo impegno è stato detenuto
sei anni in un carcere del regime di Teheran e che
ora è tornato in libertà. In questi giorni è in Italia, per ricevere diversi
riconoscimenti pubblici e per presentare il libro “L’Ultima Primavera, lotta per la libertà
dell’informazione in Iran”, curato da Ahmad Rafat e Maryam Afshang. Ad Akbar Ganji, Giada
Aquilino ha chiesto come - durante la sua prigionia - sia cambiata la libertà
di espressione nella Repubblica islamica:
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R. – Oggi la situazione, rispetto a quando sono entrato in
carcere, è peggiorata notevolmente. All’epoca, dopo l’elezione di Khatami alla presidenza della Repubblica, era stata
introdotta una relativa libertà di stampa, che man mano è
andata scemando fino a sparire quasi completamente. Abbiamo assistito in
questi anni alla chiusura di oltre cento giornali e oggi la censura è sempre
più pesante. C’è poi il fenomeno dell’autocensura, al
quale sono sottoposti tutti i giornalisti, per non finire in carcere e non
vedere i loro giornali chiusi. La stessa censura riguarda anche gli altri
settori della produzione intellettuale.
D. – E’ di questi giorni la notizia dell’arresto di 70
persone, tra cui 42 donne, per aver partecipato ad una manifestazione di
protesta contro leggi discriminatorie nei confronti delle donne. Perché
succedono ancora queste episodi in Iran?
R. – La Repubblica islamica non riconosce gli stessi
diritti agli uomini e alle donne. Queste ultime sono impegnate in una lotta per
la parità con i maschi, per la parità in tutte le leggi e a tutti i livelli
della società. Ma in Iran anche una richiesta che non è apertamente politica,
come il diritto all’uguaglianza, non è supportata dal regime: viene repressa ogni voce che chieda l’uguaglianza.
D. – Lei ha presentato “L’Ultima Primavera, lotta per la
libertà dell’informazione in Iran”, curato da Ahmad Rafat e Maryam Afshang. Perché si parla di “ultima primavera”?
R. – Nel libro si parla dell’ultima primavera che la
stampa iraniana ha vissuto, con la raccolta degli scritti di 12 giornalisti
iraniani che lottano per la democrazia. Ma ci saranno altre primavere, noi ci
battiamo perché le altre stagioni nella libertà di stampa vengano
abolite e sia sempre una primavera per i giornalisti, per l’opinione pubblica,
per i lettori e per l’Iran.
D. – Dopo Khatami, di cui lei un
tempo era collaboratore, ora c’è il presidente Ahmadinejad. Quanto la linea
iraniana sul nucleare si può ripercuotere sul Paese?
R. – Questa politica è molto pericolosa e può portare
l’Iran alla distruzione. Noi non vogliamo una guerra, che significa un
assassinio organizzato. Io lotto per la pace, in Iran e nel mondo. Tutte le
armi di distruzione di massa non solo minacciano
l’uomo, ma costituiscono un vero pericolo anche per la natura con la quale
dobbiamo convivere.
D. – In questi mesi si è parlato di possibili sanzioni
economiche. E’ stato ventilato anche un attacco americano alla Repubblica
islamica. La crisi come può evolversi?
R. – L’Iran anziché insistere sul suo diritto
all’arricchimento dell’uranio dovrebbe insistere sulla necessità della
democratizzazione nel mondo. Secondo me, Teheran
dovrebbe entrare in trattative dirette con gli Stati Uniti proprio per
salvaguardare gli interessi nazionali iraniani. La parola d’ordine deve essere
la pace, non la guerra e lo scontro.
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SI
CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEI DONATORI
DI SANGUE
-
Intervista con Roberta Zuchegna e Maria Vittoria Torresi -
Celebrare la donazione del sangue: questo il motto della
Giornata mondiale dei donatori di sangue che ricorre oggi. Promosso
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Croce Rossa, l’evento vede
protagonisti più di 180 Paesi che vogliono richiamare l’attenzione sulla carenza
di riserve ematiche. Ma qual è l’obiettivo primario della Giornata? Al
microfono di Isabella Piro, ci risponde Roberta Zuchegna, membro della Croce Rossa Internazionale:
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R. – Bisogna ringraziare i donatori di sangue che, dando
un poco del loro tempo, offrono questo bene prezioso che è una ragione di vita
per molte persone. L’altro obiettivo è quello di promuovere la totalità della
donazione volontaria, perché il sangue è comunque un bene che hanno tutti e che
tutti possono condividere.
D. - Fra le tante iniziative promosse oggi nei vari Paesi,
qual è quella più singolare?
R. – In Thailandia, hanno fatto un pannello enorme, che
hanno chiamato “Il muro dell’umanità”, in cui ci sono le foto di tutti i
donatori di sangue, proprio per mostrare il fatto che ogni singolo cittadino
può donare sangue, che sia una casalinga, un muratore, un alto funzionario.
D. - Attualmente, quanti donatori di sangue ci sono nel
mondo?
R. – Sappiamo che ci sono all’incirca 80 milioni di
donazioni all’anno e poiché le donazioni possono
essere fatte dallo stesso donatore, più o meno abbiamo una cifra di 40 milioni
di donatori nel mondo.
D. - I giovani come si pongono nei confronti di questo
problema?
R. - C’è la grande sfida di sorpassare tanti miti e tante
paure: il fatto che spesso abbiamo paura di un ago; che la donazione del sangue
potrebbe essere dolorosa o pericolosa. E’ molto importante un’educazione
adeguata ed anche l’influenza dei coetanei. Una volta che un giovane comincia a
donare sangue anche i coetanei vengono sensibilizzati.
La prima Giornata mondiale dei donatori di sangue si è
svolta nel 2004; Maria Vittoria Torresi, ispettore
nazionale dei donatori di sangue della Croce Rossa Italiana, ci spiega cosa è
cambiato da due anni a questa parte:
R. – C’è sempre una maggior capacità di utilizzare al
meglio il sangue. C’è, però, una modificazione della popolazione che porta ad
un aumento dei consumi, così come delle tecniche sempre più avanzate da un
punto di vista chirurgico, per esempio i trapianti. Quindi, in questi casi la
necessità di sangue è sicuramente aumentata, così come è aumentata per la
sopravvivenza dei pazienti oncologici, dei pazienti ematologici
cronici. Sicuramente noi riusciamo ad avere un aumento del numero dei donatori,
purtroppo, però, non compensa l’aumento delle richieste.
D. - Non bisogna dimenticare, poi, cosa più importante,
ossia che donare il sangue è donare una vita…
R. – E’ salvare la vita e donare la vita. Questa, al di là
di ogni retorica, è la vera ed essenziale realtà.
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CONVEGNO
A ROMA SULL’IMMAGINE DEGLI IMMIGRATI NEI MEDIA ITALIANI
- Intervista
con padre Giovanni La Manna e Jean-Leonard Touadì –
Gli stranieri non siano più degli estranei: è questo il
messaggio che è emerso dal convegno svoltosi ieri al Centro Astalli
di Roma, sede del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, che a ottobre
festeggia i 25 anni di attività. L’incontro, dedicato in particolar modo
all’immagine degli immigrati nei media, precede di
qualche giorno la Giornata del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 20
giugno. Il servizio di Andrea Rustichelli.
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Non chiamiamoli semplicemente extra-comunitari o, peggio,
clandestini. Sembra essere questo l’esito dell’incontro promosso dal Centro Astalli sull’immagine degli immigrati nei media italiani.
Molti gli esperti chiamati a dare la loro testimonianza e tutti hanno espresso
insoddisfazione per il modo in cui il mondo dell’immigrazione viene appiattito da un sistema mediatico
su cliché legati alla cronaca nera o alle vicende degli sbarchi, come se si
trattasse di un esercito di nemici venuti ad espugnare casa nostra. Tra i relatori,
Roberto Morione, direttore uscente di Rai News 24, ha messo in evidenza come la
scelta dei direttori nelle aziende editoriali avvenga sempre più spesso con
criteri avulsi dalle esigenze di un’informazione completa e approfondita.
Mentre Laura Boldrini, portavoce dell’Alto
Commissariato dell’ONU per i rifugiati, ha deprecato le linee editoriali vigenti
negli organi di stampa, vincolate come sono agli interessi politici di una
parte o dell’altra. Ma qual è l’immagine reale degli immigrati? Sentiamo padre
Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli:
R. – Non sono persone che vengono qui
per delinquere o per vivere di assistenza. Hanno una grande dignità e quello
che a noi chiedono è la possibilità di realizzarsi, dovendo partire da zero.
D. – Qual è la posizione del Centro Astalli
sulla legge Bossi-Fini?
R. – La Bossi-Fini è incentrata
su un criterio che non condividiamo, perché offende la dignità delle persone
che arrivano nel nostro Paese e offende la stessa dignità degli italiani. Il
criterio è che se sei utile, quindi se hai un contratto di lavoro, esisti come
persona e hai dei diritti in Italia. Il nostro punto di partenza è completamente
diverso: è dire che chi arriva in Italia è persona con una sua dignità, con una
sua umanità, che va riconosciuta.
Sentiamo ora Jean-Leonard Touadì, che è neo assessore con delega per gli stranieri al
Comune di Roma:
R. – Per quanto riguarda le politiche dell’immigrazione,
tutta l’Europa, soprattutto a partire dalla firma degli accordi di Schengen, sta investendo molte risorse, molte energie nel
contrasto alle immigrazioni clandestine e anche nel drammatico problema della
tratta. Nello stesso tempo, la stessa Europa non sta più investendo risorse,
energie anche, intelligenze, per le politiche di integrazione e questo, secondo
me, è un grave errore politico, prima ancora che un grave errore culturale ed
etico. Coloro che già abitano dentro alle città europee hanno diritto ad
un’integrazione che passi attraverso l’acquisizione di diritti che sono
inalienabili, legate alla persona in quanto persona.
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14 giugno 2006
IL
RISPETTO DELLE CULTURE E DELLE RELIGIONI DEVE ESSERE
ALLA BASE DEL DIALOGO TRA I POPOLI. COSÌ
L’ARCIVESCOVO JÓZEF WESOLOWSKI NEL SUO INTERVENTO
ALL’INCONTRO IN KAZAKISTAN
DELL’ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E
- A
cura di Tiziana Campisi -
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ALMATY. = Il rispetto e l’apprezzamento delle varie
culture e religioni devono essere la base comune su cui costruire il dialogo e
la collaborazione tra le diverse etnie. Lo ha detto alla conferenza promossa
dall’Organizzazione per
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ALLARME SICCITÀ NEL CORNO D’AFRICA:
10 MILIONI DI EURO PERCHÉ ALLE POPOLAZIONI COLPITE GIUNGANO
ACQUA E DERRATE ALIMENTARI
BRUXELLES.
= È allarme siccità nel Corno d’Africa. “L’assenza di pioggia minaccia i mezzi
di sussistenza di 12 milioni di persone”, ha detto il commissario per lo
Sviluppo e gli aiuti umanitari dell’Unione Europea, Louis
Michel, che ha varato ieri un provvedimento d’urgenza
per far fronte alla grave situazione in cui versano diversi Paesi africani. Dall’Unione
Europea, riferisce l’agenzia SIR, giungeranno 10 milioni di euro, per fornire
acqua e derrate alimentari, soprattutto ai pastori nomadi e alle popolazioni seminomadi
di Etiopia, Eritrea, Gibuti, Kenia,
Somalia e Sudan. La somma sarà utilizzata anche per preservare il bestiame,
principale risorsa alimentare delle regioni più colpite dalla carenza d’acqua.
Con questo provvedimento, sale a 88 milioni di euro lo stanzionamento
dell’Unione Europea a favore dell’Africa: di questi, 27 sono stati impegnati in
aiuti umanitari. (V.C.)
L’ECONOMIA
E LE DONNE: DI QUESTO HANNO DISCUSSO AL CAIRO LE 900 DELEGATE PROVENIENTI DA 88
PAESI CHE HANNO PRESO PARTE
AL XVI GLOBAL
IL CAIRO. = Hanno discusso di
temi economici le 900 delegate provenienti da 88 Paesi di tutto mondo che hanno
partecipato al Cairo al sedicesimo Global Summit of Women (GSW). L’incontro, che si è concluso ieri, è stato
ospitato per la seconda volta, dopo l’edizione Marocco 2003, in un Paese a
maggioranza islamica. Una scelta non casuale – come riporta l’agenzia MISNA –
visto che uno degli obiettivi principali di quest’anno, secondo la presidente
del vertice, Irene Natividad, era quello di “offrire
un quadro più complesso delle donne arabe”. Il programma delle giornate si è
sviluppato sul tema: “Ridefinire la leadership per far avanzare in tutto il
mondo il progresso nell’economia e nell’impresa”. Durante i tre giorni del
vertice, si sono alternati gli interventi di alcuni dirigenti d’azienda, come Sanaa Moneim el
Banna, presidente della Egyptian
Petrolchimicals Holding e Hosna
Rachid, dirigente della Unilever
nel Mashreq, entrambe inserite dalla rivista “Forbes” nell’elenco delle 50 donne più potenti del mondo
arabo. La scelta di puntare molto sui temi economici ha suscitato qualche
critica: “Quando, per esempio, il 60 per cento delle donne in Egitto è
analfabeta, come possiamo pensare che esse trovino posto nel mondo degli affari
mondiale?”, ha osservato Lemia Bulbul,
esperta di questioni femminili e consulente di numerose organizzazioni non governative
nella regione. La replica della presidente del GSW Irene Natividad
è stata che proprio i temi economici danno risalto a moltissime altre
questioni. “Quando una donna porta soldi in famiglia, questo le dà potere”, ha
detto
CONSACRATE IN POCO PIù DI TRE MESI, IN CINA, NUMEROSE
CHIESE E CAPPELLE.
IN COSTRUZIONE a NANCHANG, NELLA PROVINCIA DI Jangxi,
ANCHE UNA grande PIAZZA INTITOLATA AL GESUITA ITALIANO MATTEO RICCI
PECHINO.
= In poco più di tre mesi sono state inaugurate in Cina diverse chiese. Nel mese
di maggio, scrive l’agenzia Fides, oltre 2 mila fedeli hanno
partecipato alla consacrazione della nuova chiesa del Sacro Cuore di
Gesù nella diocesi di Xia Men,
a sud di Fu Jian. La struttura originale era stata
costruita nel 1890, in stile gotico, ed occupava una superficie di 600 metri
quadrati. La nuova chiesa, di stile romanico, è stata ampliata a 2.500 e la
struttura complessiva, che ha una superficie maggiore ai 5 mila metri quadrati,
è costata oltre 500 milioni di yuan. Ad aprile
un’altra chiesa dedicata al Sacro Cuore di Gesù è stata aperta a Ping Hu, nella diocesi di Hang Zhou, nella provincia di Zhe Jiang. La parrocchia conta
oltre 150 anni di storia in un villaggio con 700 fedeli. La nuova chiesa può
ospitare 500 persone ed ha un campanile alto 24 metri. Sempre nella provincia
di Zhe Jiang, è di questi
giorni l’inaugurazione, nella diocesi di Wen Zhou, della parrocchia dedicata a Santa Teresina di
Lisieux. Alla celebrazione hanno partecipato oltre 2.000 fedeli. La diocesi di Han Dan, invece, nella provincia
nord dell’He Bei, ha visto pure la consacrazione di
una chiesa intitolata al Sacro Cuore di Gesù, nel villaggio di Chen Gu, mentre nel villaggio di Li Zhuang una chiesa è stata dedicata
a S. Giuseppe. Nella diocesi di Heng Shui ha aperto i battenti una parrocchia di 500 metri
quadrati in stile gotico, dove hanno celebrato la prima Messa una ventina di
sacerdoti alla presenza di oltre 3.000 fedeli. E in costruzione poi, nei pressi del centro di Nanchang, il popoloso
capoluogo della provincia cinese di Jangxi, una
piazza che sarà intitolata al gesuita italiano Matteo Ricci.
Il completamento è previsto per la fine di settembre e nel sagrato verrà posta una statua del religioso alta 3 metri. La piazza,
che avrà diverse attrattive tra cui un odeon in stile romano, si estenderà per
3 mila metri quadrati. (V.C)
PER AIUTARE RICHIEDENTI ASILO E MIGRANTI
DETENUTI, NASCE LA COALIZIONE
INTERNAZIONALE SULLA
DETENZIONE DEI RIFUGIATI. A PROMUOVERLA IL JESUIT
REFUGEE SERVICE CHE PRESENTERÀ L’ORGANISMO DOMANI A ROMA
ROMA. = Nasce la
Coalizione internazionale sulla Detenzione di Rifugiati, di Richiedenti
Asilo e di Migranti. L’iniziativa è del Jesuit Refugee Service (JRS), il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati che presenterà
questo nuovo organismo domani, alle 12, nella sala Marconi
della Radio Vaticana. Interverranno il cardinale Renato
Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Mario Scialoja, responsabile in Italia della Lega musulmana
mondiale, e Alan Naccache,
presidente della sezione giovanile dell’organizzazione ebraica “Bnai Brith” (Fratelli
dell’Alleanza). L’incontro sarà moderato da padre Lluís
Magriñà SJ, direttore internazionale del Servizio dei
Gesuiti per i Rifugiati.
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14 giugno 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq,
è scattato a Baghdad, con il rafforzamento dei posti di blocco da parte di
polizia ed esercito, il piano anti-guerriglia predisposto
dalle forze irachene e della coalizione. Ma nella capitale, almeno due persone
sono rimaste uccise in un nuovo attentato. Il nostro servizio:
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Baghdad è da oggi una città blindata: il nuovo piano di
sicurezza, varato dall’esecutivo iracheno con il sostegno delle forze della
coalizione, prevede l’impiego di 40 mila uomini, iracheni e statunitensi, e
l’estensione dell’orario del coprifuoco. Nella capitale sono stati allestiti,
inoltre, nuovi posti di blocco e predisposti ulteriori servizi di pattugliamento.
Il nuovo piano per la sicurezza, che non contiene una data di scadenza, è stato fortemente voluto dal premier Al Maliki
per contrastare nuove rappresaglie terroristiche dopo l’uccisione, mercoledì
scorso, del capo di Al Qaeda in Iraq, Al Zarqawi.
Nella notte, uno dei luogotenenti del terrorista
giordano è rimasto ucciso in un blitz delle truppe governative irachene. Ma le straordinarie
misure di sicurezza e le operazioni militari non impediscono, comunque, azioni
della guerriglia: una bomba è esplosa stamani a Baghdad provocando la morte di
almeno due persone. Violenze si registrano anche nel sud del Paese, a Bassora,
dove una folla di sciiti ha attaccato, senza fortunatamente causare vittime, il
consolato iraniano. In questo difficile scenario, è stato avviato, poi, il piano
per la riduzione del contingente italiano in Iraq: a partire dal prossimo 28
giugno, i militari italiani a Nassiriya saranno 1.600. All’inizio della
missione, tre anni fa, erano 3200. Negli Stati Uniti, intanto, è rientrato a
Washington il presidente americano George Bush dopo
la visita lampo di ieri a Baghdad. Parlando ai giornalisti a bordo dell’Air
Force One, il presidente statunitense ha auspicato un miglioramento della
situazione in Iraq sul fronte della sicurezza per quando
lascerà la Casa Bianca allo scadere del suo mandato nel 2009. Ma ha anche
aggiunto che mettere fine a tutte le violenze, nel Paese arabo, sarà impossibile.
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Il segretario
generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si è detto “sconvolto” per l’ultimo raid aereo
israeliano a Gaza, nel quale sono rimaste uccise ieri undici persone, tra cui
due bambini. In Israele, intanto, il ministro della Difesa Amir
Peretz ha escluso ogni responsabilità dell’esercito
israeliano nel bombardamento di venerdì scorso, su una spiaggia di Gaza,
costato la vita a 7 membri di una famiglia palestinese. Secondo l’organizzazione “Human Rights Watch”, invece, è stato un
proiettile sparato dagli israeliani a causare la strage. Sul versante politico,
un consigliere del primo ministro palestinese Haniyeh
ha dichiarato, in un’intervista rilasciata al quotidiano israeliano Haaretz, che Hamas è pronto ad offrire un cessate il fuoco
fino a 60 anni se Israele si ritira dai territori occupati nel 1967. Sul
terreno, un militante di Hamas è morto in nuovi scontri, scoppiati stamani
nella Striscia di Gaza, tra membri del gruppo radicale e militanti del partito
moderato Al Fatah.
L’Iran dovrà sospendere il proprio programma nucleare fino a quando non saranno dimostrati i suoi scopi pacifici. Lo ha chiesto il cosiddetto gruppo 5+1,
formato dai Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dalla Germania, nel testo consegnato lo scorso 6 giugno
scorso dall’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’UE, Javier Solana, al governo di Teheran. A tale richiesta non è stata associata nessuna ipotesi
di sanzioni, ma l’aiuto concreto nella costruzione di tecnologia alternativa
all’arricchimento dell’uranio.
In Afghanistan, due
soldati delle forze della coalizione sono rimasti uccisi in due distinti attacchi.
è stata messa a punto la più grande offensiva delle
forze delle coalizione contro ribelli taleban. Lo ha
annunciato il generale statunitense, Benjamin C. Frankley, comandante delle operazioni nel Paese asiatico.
Nell’operazione, che inizierà domani, sono impiegati oltre 11 mila uomini.
Esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto
la chiusura del centro di detenzione americano di Guantanamo,
a Cuba, dopo i suicidi di tre detenuti sabato scorso. In un comunicato diffuso
a Ginevra, i cinque esperti affermano che la tre morti
erano “in un certo senso prevedibili alla luce delle dure e prolungate
condizioni della loro detenzione e rafforza la
necessità per una rapida chiusura del centro di detenzione”.
Prosegue l’avanzata
dei miliziani delle Corti islamiche in Somalia. Dopo la conquista di
Mogadiscio, le truppe delle scuole coraniche hanno
preso stamani Jowhar, 90 km a nord della capitale. Il
servizio di Giancarlo La Vella:
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In Somalia, dopo Mogadiscio, le Corti islamiche controllano
ora anche Jowhar, ultima roccaforte dei “signori
della guerra” somali che sostengono l’Alleanza contro il terrorismo. I
miliziani delle Corti islamiche continuano a marciare verso il nord del Paese
all’inseguimento dei “signori della guerra” in fuga, nonostante i capi tribù locali
abbiano ammonito gli integralisti a non sconfinare nel loro territorio. Ma lo
scontro appare inevitabile: le milizie dei “signori della guerra”, appoggiati
dagli Stati Uniti, si stanno preparando per resistere all’avanzata degli
estremisti. Intanto, i leader delle Corti islamiche si sono rivolti, ieri,
all’amministrazione americana con un messaggio scritto: “Non siete voi
americani i nostri nemici”. Inoltre, hanno sottolineato che, nonostante
l’imposizione a Mogadiscio, di divieti tipici del fondamentalismo islamico come
quelli di non ascoltare musica moderna e di non guardare i Campionati del Mondo
di calcio, non avrebbero intenzione di creare in Somalia un regime come quello
dei taleban afghani. Un appoggio agli islamici viene
da diversi Paesi vicini alla Somalia. Gli Stati
dell’Africa occidentale aderenti all’IGAD, l’Autorità sullo sviluppo africano
hanno decretato, oggi, una serie di sanzioni contro i “signori della guerra”
per indurli a accettare colloqui di pace. Le misure prevedono il divieto di
transito e di soggiorno e il congelamento di tutti i beni detenuti nei Paesi in
questione.
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Abou Bakar
Bachir, leader spirituale indonesiano legato ad
un’organizzazione integralista del Sudest asiatico collegata ad
Al Qaida, è tornato in libertà ieri, a
Giakarta, dopo 26 mesi di carcere. Bashir era stato
condannato per aver partecipato agli attentati di Bali
nel 2002, costati la vita a 202 persone.
La Francia ha adottato
le prime misure contro l'ondata di caldo
e la siccita' - inconsuete per la metà di giugno - al fine soprattutto
di proteggere gli anziani, che morirono a migliaia durante la torrida estate
del 2003.
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