RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 162 - Testo della trasmissione di domenica
11 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Appello dei vescovi indiani per contrastare il lavoro minorile
nel Paese
Nuovi sbarchi a Lampedusa: 400 immigrati sono arrivati stamattina
nell’isola
Tre morti per un nuovo
raid israeliano nella striscia di Gaza. Ancora divergenze tra i vertici
politici palestinesi dopo l’annuncio di un referendum sul futuro Stato di Palestina
Nel
carcere di Guantanamo a Cuba, tre detenuti si suicidano per protesta
11 giugno 2006
ALL’ANGELUS, NELLA SOLENNITA’ DELLA
SANTISSIMA TRINITA’,
BENEDETTO XVI SOTTOLINEA CHE DIO NON E’ SOLITUDINE
INFINITA MA
COMUNIONE DI LUCE E AMORE. IL PAPA INVITA I FEDELI
ROMANI E I PELLEGRINI A PRENDERE PARTE NUMEROSI ALLA
PROCESSIONE DEL CORPUS DOMINI,
Dio non è
solitudine infinita, ma “comunione di luce e di
amore”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI che ha dedicato l’Angelus
domenicale, in Piazza San Pietro, al significato dell’odierna Solennità della
Santissima Trinità. Tra le analogie del mistero del Dio Uno e Trino, il Papa si
è soffermato in particolare sulla famiglia, che, ha detto, “è chiamata ad
essere una comunità di amore e di vita”. Il Pontefice ha inoltre invitato tutti
i fedeli romani a prendere parte alla processione del Corpus Domini,
giovedì prossimo. Anche questa domenica, nonostante il cattivo tempo, Piazza
San Pietro era gremita di fedeli, accorsi da diverse parti del mondo per
ascoltare il Santo Padre. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Nella Solennità
della Santissima Trinità, Benedetto XVI ha sottolineato che “i credenti possono
conoscere, per così dire, l’intimità di Dio stesso, scoprendo che Egli non è
solitudine infinita, ma comunione di luce e di amore”.
E’ “vita donata e ricevuta – ha aggiunto – in un eterno dialogo tra il Padre e
il Figlio nello Spirito Santo – Amante, Amato e Amore, per riecheggiare sant’Agostino”. In questo mondo, ha
proseguito, “nessuno può vedere Dio, ma Egli stesso si è fatto conoscere così
che, con l’apostolo Giovanni, possiamo affermare: “Dio è amore”:
“Chi incontra il
Cristo ed entra con Lui in un rapporto di amicizia, accoglie la stessa Comunione
trinitaria nella propria anima, secondo la promessa di Gesù ai discepoli: “Se
uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui
e prenderemo dimora presso di lui”
“Tutto l’universo, per chi ha fede, parla di Dio Uno e Trino”, ha
ribadito il Papa. “Dagli spazi interstellari fino alle particelle microscopiche
– è stata la riflessione del Pontefice – tutto ciò che esiste rimanda ad un
Essere che si comunica nella molteplicità e varietà degli elementi, come in
un’immensa sinfonia”. Un dinamismo armonico, ha proseguito, “che possiamo
analogicamente chiamare amore”. Tuttavia, è stato il richiamo di Benedetto XVI,
“solo nella persona umana, libera e ragionevole, questo dinamismo diventa
spirituale, diventa amore responsabile, come risposta a Dio e al prossimo in un
dono sincero di sé”:
“In questo amore l’essere umano trova la sua verità e
la sua felicità. Tra le diverse analogie dell’ineffabile mistero di Dio Uno e
Trino che i credenti sono in grado di intravedere, vorrei citare quella della
famiglia. Essa è chiamata ad essere una comunità di amore e di vita, nella
quale le diversità devono concorrere a formare una “parabola di comunione”.
“Capolavoro
della Santissima Trinità, tra tutte le creature – ha detto ancora – è la Vergine
Maria: nel suo cuore umile e pieno di fede, Dio si è preparato una degna dimora,
per portare a compimento il mistero della salvezza”. “L’Amore divino – ha
aggiunto – ha trovato in Lei corrispondenza perfetta e nel suo grembo il Figlio
Unigenito si è fatto uomo”. Per questo, con fiducia filiale ci rivolgiamo a Maria,
“perché, con il suo aiuto, possiamo progredire nell’amore e fare della nostra
vita un canto di lode al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo”.
Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha ricordato che
giovedì prossimo prenderà parte alla tradizionale processione del Corpus
Domini. Processione che sarà preceduta dalla Santa Messa celebrata dal
Pontefice sul Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano.
Di qui l’invito a tutti i fedeli a partecipare a questo importante evento
ecclesiale:
Invito i fedeli di Roma e i pellegrini a partecipare
numerosi a questo appuntamento, che esprime la fede e l’amore della Comunità
cristiana per il suo Signore presente nell’Eucaristia.
Al momento dei saluti in lingua italiana, il Papa ha
rivolto un pensiero particolare al Movimento per la Vita di Prato e ai
dipendenti dell’Alcatel di Rieti-Cittaducale,
che rischiano il proprio posto di lavoro.
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NELLA PREGHIERA, INCONTRATE CRISTO
SPERANZA DEL MONDO: COSI’,
IL PAPA NEL MESSAGGIO AI PARTECIPANTI AL
PELLEGRINAGGIO
MACERATA-LORETO, PROMOSSO DA COMUNIONE E
LIBERAZIONE E SVOLTOSI
NELLA NOTTE CON LA PARTECIPAZIONE DI MIGLIAIA
DI FEDELI
Benedetto XVI ha inviato, ieri sera, un messaggio ai partecipanti
al Pellegrinaggio a piedi da Macerata alla Santa Casa di Loreto, svoltosi
questa notte e promosso dal movimento Comunione e Liberazione. Nel telegramma –
a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano – il Papa rivolge un
cordiale saluto ai pellegrini “chiamati a riflettere sull’esortazione paolina: esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”.
Durante i 27 chilometri di pellegrinaggio, le migliaia di fedeli che vi hanno
preso parte hanno pregato – secondo le intenzioni di Benedetto XVI - per la
pace e la giustizia in Terra Santa, e la riscoperta delle radici cristiane del
Vecchio Continente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Nel messaggio ai pellegrini, l’auspicio del Papa affinché quanti
hanno preso parte ad una “così significativa esperienza di preghiera possano
incontrare Cristo, speranza del mondo sperimentando la materna intercessione di
Maria modello dei credenti nella fedele sequela del Signore”. Assieme al saluto
del Papa è giunta a Macerata anche la Fiaccola della Pace, accesa mercoledì
scorso in Piazza San Pietro proprio da Benedetto XVI. La fiaccola, che in poco
più di 72 ore è stata portata da una dozzina di tedofori lungo i circa 300 chilometri
che separano Roma dalla città marchigiana, ha guidato per tutta la notte il
Pellegrinaggio a piedi verso Loreto.
Anche il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione,
don Julian Carron, ha inviato
un messaggio per il 28.mo pellegrinaggio Macerata-Loreto. “Chiediamo alla Madonna – scrive don Carron – la grazia dello Spirito e la nostra docilità ad esso, perché possiamo partecipare di quella vita vera che ci
rende liberi”. Il
Pellegrinaggio, proposto da Comunione e Liberazione, è iniziato con una serie
di testimonianze, alle quali ha fatto seguito la messa celebrata
dall’arcivescovo Stanislaw Rylko,
presidente del Pontificio consiglio per i Laici, alla sua terza presenza a
questo evento. Hanno concelebrato numerosi presuli e
sacerdoti marchigiani.
Tante,
dunque, le testimonianze di religiosi, esponenti della cultura e del mondo
dello sport. L’ospite più atteso è stato il vicedirettore del Corriere della
sera, Magdi Allam. Incontrando
i giornalisti, Allam ha ricordato la comune venerazione
di musulmani e cristiani per Maria, l’unica donna alla quale il Corano dedichi
un intero capitolo. Una venerazione che, ha detto, deve essere un’occasione
unificante e ha lanciato un appello perché “musulmani
e cristiani facciano del culto di Maria un momento
unificante della spiritualità e del pellegrinaggio di Loreto un momento di
condivisione della fratellanza religiosa tra tutte le persone di buona volontà”.
Il Pellegrinaggio si è chiuso, stamani, con l'Atto di affidamento
a Maria nel Santuario mariano di Loreto. La pioggia del primo mattino non ha
fermato gli oltre trentamila pellegrini giunti verso le 7 sul sagrato del
Santuario lauretano, dove l'arcivescovo prelato di
Loreto, mons. Gianni Danzi, ha benedetto i presenti.
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11 giugno 2006
LA
PILLOLA RU486 E IL MITO DELL’ABORTO FACILE E INNOCUO.
DATI
RECENTI SULL’UTILIZZO DEL FARMACO ABORTIVO IN AMERICA E IN EUROPA
SMONTANO
UN’INFORMAZIONE CHE RISCHIA DI BANALIZZARE
- Con
noi, Maria Luisa Di Pietro, Eugenia Roccella e Carlo
Campagnoli -
Prodotta da una ditta francese, la pillola abortiva RU486
è utilizzata in diversi Paesi europei come Francia, Svizzera, Svezia, Gran
Bretagna oltre che da Stati Uniti, Canada e Cina. In Italia, sotto il controllo
del ministero della Salute, è attualmente in via di sperimentazione presso
l’ospedale Sant’Anna di Torino dove, per il momento,
è stata somministrata a 300 delle 400 donne previste. C’è dunque attesa per la
decisione del neo ministro, Livia Turco, ma intanto recenti dati americani ed
europei stanno abbattendo quel “mito dell’aborto facile e innocuo” per la donna
propagandato da molti, mentre ci si chiede se la RU486 possa
essere compatibile con la legge 194. Da quanti hanno a cuore la difesa della
vita nascente, viene segnalato inoltre il rischio che
l’introduzione della RU486 porti ad una banalizzazione dell’aborto con
conseguente aumento delle interruzioni volontarie della gravidanza. Sulla
delicata questione, il dossier di Adriana Masotti.
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(musica)
Un’alternativa meno invasiva e più sicura all’aborto
chirurgico. E’ così che generalmente viene presentata
la pillola abortiva RU486 ed è così che dall’opinione pubblica viene percepita.
Si tratta infatti di una proposta che appare a prima
vista sensata, ma che contrasta con i dati oggi disponibili, come afferma il
ginecologo Carlo Campagnoli, esponente del Comitato “Scienza e Vita” del Piemonte:
“In effetti, rispetto all’aborto chirurgico, l’aborto
medico causa certamente più problemi di tipo fisico, disturbi quali dolori e sanguinamento prolungato, ed anche – in alcune circostanze
– più problemi di tipo psicologico, per esempio quando la donna vede, nel materiale
espulso, l’embrione, oppure quando abbia un
atteggiamento ancora di incertezza riguardo alla propria decisione di abortire.
Entro i 49 giorni, l’embrione è grosso circa un centimetro-un
centimetro e mezzo. La raccomandazione che viene data
è di non guardare troppo cosa c’è nelle perdite, ma qualche volta lo si può vedere”.
I primi allarmi sui rischi legati alla Ru486 sono arrivati
dall’America: ad oggi sono almeno dieci le donne morte a seguito di aborto farmacologico, la cui mortalità è 10 volte
più alta di quella dell’aborto chirurgico. Eugenia Roccella,
giornalista e autrice del libro “La favola dell’aborto facile”, parla circa la
RU486 di disastro informativo. Perché?
“Perché è stata – la diffusione della RU486 – una
fantastica operazione di marketing internazionale,
da parte della casa farmaceutica che l’ha prodotta e poi di quelli che l’hanno
sostenuta. In realtà, la RU486 che passa come la pillola dell’aborto facile,
veloce, è esattamente il contrario. E’ un aborto decisamente più doloroso
perché è una specie di piccolo travaglio; non è affatto veloce, è tutto a
carico della donna, cioè è la donna che deve controllare il flusso emorragico …
E’ chiaro che le donne leggono che l’aborto è più facile, che l’aborto è
indolore e quindi ci cascano …”.
Maria Luisa Di Pietro, ricercatrice all’Istituto di
Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e neopresidente di “Scienza
e Vita”:
“Quello che stupisce è come si possa
pensare di fare un servizio alla donna mettendola in difficoltà ancora
maggiore. Anche da parte di coloro che non si pongono alcun problema di tipo
etico, e che non considerano l’embrione umano soggetto di diritti, per cui non solo fanno un danno all’embrione ma anche un
danno alla donna!”.
Il 70 per cento delle donne che hanno abortito con la
RU486 ha dichiarato che, se dovesse ripetere l’esperienza, vorrebbe farlo in
ospedale e non a casa. D’altra parte, poter rimanere a casa incrementa, lo si vede in Gran Bretagna, il numero degli aborti. Il
vantaggio economico per i servizi sanitari dell’interruzione della gravidanza farmacologica è evidente. Con la pillola, assunta in due
momenti a distanza di due giorni, se tutto va bene, è prevista solo un po’ di
assistenza medica. Un risparmio ottenuto sulla pelle delle donne. Ancora,
Eugenia Roccella:
“L’aborto a domicilio noi l’abbiamo sconfitto con la legge
194, perché la legge 194 prevede che l’aborto avvenga all’interno delle
strutture pubbliche. C’è una volontà politica ed ideologica che usa
strategicamente la RU486 come un grimaldello per aprire la 194. Tant’è vero che “La Rosa nel Pugno” ha già depositato una
proposta di legge, in Parlamento, che prevede appunto la compatibilità con la
diffusione della RU486 e un allargamento della legge sull’aborto”.
Per i fautori della RU486, la Chiesa sarebbe contraria al
suo utilizzo perché ritiene che le donne, che decidono di abortire, devono
soffrire. La risposta del dottor Campagnoli:
“No, non è assolutamente vero! Al di là di ogni
valutazione, appunto, di tipo etico nei riguardi della scelta abortiva, c’è un
dibattito piuttosto intenso nella comunità scientifica internazionale e
nell’insieme il dibattito sta pendendo decisamente a sfavore dell’aborto farmacologico!”.
In definitiva, sarebbe preferibile che su un altro fronte
ci fosse maggiore coinvolgimento e impegno da parte di tutti: quello della
tutela della vita. Ancora, Luisa Di Pietro:
“L’aborto è una scelta drammatica; i danni derivano già da
questo tipo di scelta. Allora l’impegno non dovrebbe essere quello di
presentare l’aborto in pillola come un forma di aborto
‘soft’, ma quello di fare realmente una vera prevenzione affinché innanzitutto
si rispetti la vita del nascituro e perché poi si aiutino tante donne che quel
bambino vorrebbero averlo a portare avanti la loro maternità”.
(musica)
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LA
FAMIGLIA SIA AL CENTRO DELLE DINAMICHE DEL LAVORO E DELL’ECONOMIA:
A RIBADIRLO, IN UN CONVEGNO A GENOVA,
E’ L’UNIONE CRISTIANA IMPRENDITORI DIRIGENTI
- Con noi, don Matteo Gillerio
-
Sulle sfide dell’economia e del lavoro in relazione
all’uomo si è chiuso ieri a Genova, il convegno promosso dall’Unione Cristiana
Imprenditori Dirigenti (UCID), in collaborazione con la CEI. Ribadita la
necessità di poggiare su pilastri come giustizia e carità per la costruzione
del bene comune. Centrale il ruolo della famiglia. Ma in che modo l’istituto famigliare
entra nell’economia? Massimiliano Menichetti lo ha
chiesto a don Matteo Gillerio responsabile per la
pastorale del lavoro dell’arcidiocesi di Genova:
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R. – C’entra perché riteniamo che la famiglia sia la
cellula vitale della società e della società nella quale l’imprenditore opera.
C’entra sicuramente perché in qualche modo interagisce con l’ambito lavorativo.
Molti imprenditori hanno una famiglia e così i lavoratori. Il problema del
lavoro è connaturato al problema della famiglia.
D. – Come, concretamente, si aiuta la famiglia nella
logica dell’impresa?
R. – In particolare risolvendo la questione delle
lavoratrici madri: quindi, la flessibilità dell’orario, la possibilità di
scegliere il part-time, il telelavoro, sicuramente la
questione degli asili-nido. Si è osservato, ad esempio, che la scelta di
garantire alle lavoratrici madri una flessibilità di orario abbia attratto
delle competenze molto alte. Questo, direi, è l’aspetto che è stato più
toccato, ma insieme a questo c’è stata anche la questione dell’impegno a
risolvere i conflitti, cioè come la gestione del personale fosse particolarmente
attenta, anche attraverso aiuti economici, ad
affrontare, appianare la conflittualità all’interno dell’azienda.
D.– L’azienda non
solo dalla parte del profitto ma anche dalla parte dell’individuo…
R. -. Direi di sì. La definizione principe l’ha data Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus, quando dice che il profitto è un
parametro essenziale dell’impresa, ma non è l’unico.
D. – Il presidente di Confindustria,
Montezemolo, ha detto: “è
giunto il momento di agire”. Come recepite questa frase?
R. – Per noi, agire significa - ed è stato ribatto più
volte – avere l’uomo come fine ed un uomo si realizza nella relazione con altri
uomini.
D. – Far quadrare i conti è giusto, però se dietro ai
numeri non ci sono le persone …
R. - Certo, è tanto più che alla fine non tornano neanche
i numeri se si tralasciano le persone. E’ interessante, come segno dei tempi, rilevare proprio
questa centralità dell’uomo messa a tema nell’assemblea dei giovani industriali
italiani a Santa Margherita Ligure. Sicuramente è un tempo favorevole perché si
possa ribadire che la persona è il centro della società ed il fine della
società.
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L’ATTUALITA’
DEL PENSIERO DI JACQUES MARITAIN
PER IL
FUTURO DELL’EUROPA: CE NE PARLA JOSÉ MARÍA MUÑOA, RESPONSABILE
DEGLI AFFARI ESTERI DEL GOVERNO BASCO E MEMBRO
DELL’ISTITUTO
INTERNAZIONALE MARITAIN
José María Muñoa,
responsabile degli Affari Esteri del Governo basco è stato nominato recentemente
membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain. Educato in
Francia, sempre occupato in attività di apostolato secolare, con grande
esperienza del mondo dell’impresa e ora della vita politica, José María Muñoa
conferma con questo incarico il suo interesse per la dottrina e gli ideali del
grande filosofo e umanista Jacques Maritain. L’Istituto Internazionale Jacques
Maritain è nato nel 1974 e attualmente raggruppa
circa 300 personalità dei cinque continenti. Mantiene una stretta collaborazione
con importanti organismi internazionali e in particolare con l’UNESCO. Padre Ignacio Arregui, responsabile dei
nostri Servizi Informativi Centrali, ha chiesto a José
María Muñoa come sia nata
la sua ammirazione per la persona e l’opera di Jacques
Maritain?
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R. – BUENO. DESDE QUE…
Fin da piccolo, tanto in famiglia quanto con gli amici di
famiglia, cioè tutti gli esiliati del partito nazionalista basco e del governo
basco, era grande l’ammirazione per tutto ciò che riguardava la Democrazia
Cristiana che stava nascendo in quel momento, e per grandi e straordinarie
personalità come Monnet, Schuman
e tra loro anche Jacques Maritain,
grande diplomatico francese, che aveva preoccupazioni profonde riguardanti il
Vangelo.
D. – Lei è stato ora ammesso come membro dall’Istituto
Internazionale Jacques Maritain.
Può dirci, in poche parole, in cosa consiste e quali sono gli obiettivi
dell’Istituto?
R. – SI. HE SIDO ADMITIDO…
Sì, sono stato ammesso nel Consiglio di Amministrazione. E
credo sia stata una conseguenza delle Giornate organizzate dall’Università di Deusto (Spagna), alle quali avevano partecipato membri
dell’Istituto Internazionale ed anche Federico Mayor Zaragoza (ex direttore generale della UNESCO), mons.
Ricardo Blazquez, vescovo di Bilbao e presidente
della Conferenza episcopale spagnola, e dove erano stati esposti gli obiettivi
di questa opera. Opera che essenzialmente si prefigge di diffondere il pensiero
dell’umanesimo cristiano di Jacques Maritain, perché venga conosciuto
e soprattutto applicato nella vita di tutti i giorni, specialmente nella vita
politica.
D. - Quali persone fanno parte dell’Istituto e a che
nazionalità appartengono?
R. – ESTE INSTITUTO ESTA’
COMPUESTO…
Fanno parte di questo Istituto persone di tutto il mondo.
Provengono da tutti i Paesi europei ed anche americani, specialmente dall’America
del Sud. Il fine è quello di introdurre il pensiero dell’umanesimo cristiano,
di cui tanto si sente la mancanza oggi, in particolare nell’Unione Europea.
D. – Lei crede che le idee filosofiche e politiche di Jacques Maritain siano ancora attuali
e possano essere utili per la società, soprattutto in Europa?
R. – NO ES QUE PUEDA SER UTIL…
Non credo che possa essere solo utile, ma sia
fondamentale. Lo dico non solo come cristiano, ma anche come cittadino europeo.
Sono un fervente militante a favore dell’Europa e della costruzione di
un’Unione Europea integrata politicamente, economicamente e istituzionalmente.
Però se c’è qualcosa che l’Europa può offrire a se stessa e al mondo intero è
un tipo di visione della vita in generale e soprattutto della vita sociale.
Riguardo a questo abbiamo una visione diversa da quella che hanno per esempio
gli Stati Uniti, i Paesi della ex Unione Sovietica o dell’Estremo Oriente. Noi
abbiamo una visione che si basa su questo umanesimo cristiano, che alcuni
considerano e apprezzano in quanto cristiani, ma anche altri, che non sono
cristiani, hanno ereditato. Questi ultimi lo definiscono coesione sociale.
Credo che i valori di questo umanesimo cristiano siano quelli che dovranno
distinguere, caratterizzare l’Europa nel mondo intero. E credo che siano inoltre
il più importante fattore di coesione che possa avere l’Unione Europea in
futuro.
D. – Lei, personalmente, come politico e come credente,
cosa apprezza maggiormente della vita e del pensiero di Jacques
Maritain?
R. – LO QUE YO MAS APRECIO…
Quello che maggiormente apprezzo è che senza essere
confessionale è sempre stato un eccellente cristiano nella sua vita
matrimoniale, familiare, nelle sue amicizie e nella sua vita politica. E questo
l’ho apprezzato anche nella classe politica del mio Paese, in quelli che
componevano il governo basco in esilio. L’uomo, cioè, deve essere integro, non
si può pensare che un giorno sia politico, un altro giorno sia cristiano ed un
altro giorno sia professionista. L’uomo deve essere un tutt’uno
e non può dividersi. Se nel corpo umano la mano ha un problema, ce l’avrà anche la testa. Questo si capisce bene per esempio
in un’impresa. Io ho lavorato a lungo in un’impresa. Si dice che affinché
un’impresa funzioni, devono funzionare tutti i suoi settori: il commerciale, il
finanziario, le risorse umane, deve avere buoni prodotti, deve essere
efficiente nel marketing. Tutto deve funzionare. Se qualcuno di questi settori
non funziona, l’impresa crolla. Direi che nella politica, nell’uomo, è lo stesso.
Se una nostra sfaccettatura è carente, sarà la persona nella sua totalità ad
avere dei problemi. Quindi, se siamo credenti, dobbiamo applicarlo in tutti gli
aspetti della vita, con tutta semplicità. Senza imporre nulla, ma senza
vergognarsi e senza nasconderlo. Da qui la nostra posizione, e lo dico come
membro del governo basco, in politica. Non siamo confessionali, però nemmeno
applichiamo il laicismo. Quello che dobbiamo applicare è la laicità nel senso
di accettare umanamente le credenze dell’uno e dell’altro, senza imporle ed
anche senza ostacolarle.
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11 giugno 2006
PER IL
CORPUS DOMINI CHE GIOVEDÌ PROSSIMO SARÀ PRESIEDUTA DA
BENEDETTO XVI NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO. TRA LE DIVERSE
INIZIATIVE, LE 40 ORE DI ADORAZIONE EUCARISTICA, A PARTIRE DA MARTEDÌ
ROMA. =
Come annunciato all’Angelus, Benedetto XVI presiederà giovedì prossimo,
alle 19,
APPELLO
DEI VESCOVI INDIANI PER CONTRASTARE IL LAVORO MINORILE. IN INDIA SONO OLTRE 100
MILIONI I BAMBINI CHE LAVORANO IN HOTEL, FABBRICHE
E NEGOZI
IN CONDIZIONI DEGRADATE E PAGATI CON BASSI SALARI
THIRUVANANTHAPURAM. = L’episcopato indiano dice ‘stop’ al lavoro minorile.
L’appello è stato lanciato in vista della Giornata mondiale contro il lavoro
minorile che si celebra domani. Il vescovo ausiliare di Trivandrum
dei Siro-Malankaresi Joshuah
Ignathios Kizhakkeveettil,
presidente della Commissione per il lavoro della Conferenza episcopale indiana,
ha detto che la povertà è il primo motivo che spinge i bambini a lavorare
anziché studiare, soprattutto per contribuire alle necessità delle loro
famiglie. Sono oltre 100 milioni, scrive l’agenzia SIR, i minori che in India
lavorano in hotel, negozi, fabbriche e nel piccolo commercio,
in condizioni igieniche degradate e retribuiti con bassi salari. “Una malattia
sociale che per convenienza ignoriamo – afferma il presule – nonostante il
Paese si impegni a lottare contro questa piaga”. Esistono
infatti in India numerose leggi, programmi e convenzioni che vietano il
lavoro minorile, ma nonostante ciò il fenomeno è ancora vivo. In più anche
“molte famiglie benestanti impiegano bambini come baby sitter
o per i lavori domestici – fa notare il vescovo – mentre mandano i loro figli a
scuola per costruirsi una carriera”. Mons. Ignathios suggerisce ai cattolici alcune proposte concrete.
Tra queste, “assumere una ferma decisione di non avvalersi
del lavoro minorile e riferire ogni incidente alle autorità competenti”; “se
qualche parente, parrocchia, prete o istituzione ecclesiale utilizza dei
bambini cercate di dissuaderli”; “rifiutate di prendere un thè
o uno snack negli hotel se servito da bambini”. Infine, perché i minori
possano studiare il presule ricorda che i bambini possono essere anche inseriti
in “classi speciali” serali organizzate da molte istituzioni cattoliche. (T.C.)
NUOVI
SBARCHI A LAMPEDUSA: 400 IMMIGRATI SONO ARRIVATI
STAMATTINA
NELL’ISOLA. NEI GIORNI SCORSI TRE NORDAFRICANI
SONO
STATI FERMATI A MARETTIMO
AGRIGENTO. = Sbarchi di
clandestini a Lampedusa e nelle isole Egadi. Tre immigrati di origine
nordafricana sono stati bloccati in questi giorni a Marettimo
dagli uomini della Guardia costiera e della Guardia di Finanza. Stamattina
invece a Lampedusa circa 400 immigrati clandestini, stipati su un vecchio
peschereccio, sono arrivati nel porto dell’isola e adesso la polizia sta
procedendo agli accertamenti per la loro identificazione. Gli immigrati sono
stati avvistati ad un centinaio di metri da Cala Francese, su un barcone in legno di circa
È
PARTITA IN DARFUR
NELLA
MARTORIATA REGIONE SUDANESE
KHARTOUM. = È al lavoro a Khartoum
la missione di verifica degli esperti delle Nazioni Unite e dell’Unione
Africana (UA) per valutare la possibilità di un contingente ONU che affianchi o
rilevi del tutto i compiti della missione di osservazione
dispiegata dall’UA in Darfur. La regione occidentale
del Sudan dal febbraio 2003 è teatro di scontri e violenze. Secondo il
programma presentato dall’agenzia ufficiale sudanese, Suna,
riferisce l’agenzia MISNA, il gruppo ONU-UA oggi si sposta ad
Al Fasher, la capitale del Darfur
settentrionale, uno dei 3 Stati che compone l’omonima regione occidentale. Il
portavoce dell’Unione Africana, Nourredin al Mezni ha precisato che la missione resterà in Sudan almeno
un paio di settimane. Obiettivi: valutare le attuali necessità del contingente
di circa 7.000 uomini dispiegato dall’Unione Africana - “che deve essere
immediatamente rinforzato”, ha detto Mezni - e le
possibilità di un trasferimento della missione africana sotto l’egida delle
Nazioni Unite”. Il portavoce dell’UA ha precisato che la squadra di verifica è
composta da due gruppi “uno politico e uno tecnico
militare”. Il governo sudanese non ha ancora dato alcun avallo al dispiegamento
in Sudan di una forza internazionale sotto le insegne dell’ONU e pare abbia più
volte rigettato la possibilità di un passaggio di testimone tra l’UA e l’ONU.
Sembra tuttavia che Khartoum abbia cominciato a
rivedere la propria posizione dopo la firma, il 5 maggio scorso, di un accordo
di pace tra il governo e il principale gruppo ribelle attivo nel Paese. (T.C)
L’AICA,
AGENZIA INFORMATIVA CATTOLICA ARGENTINA, DA MEZZO SECOLO AL SERVIZIO DELLE
DIOCESI DELLA CHIESA LATINO-AMERICANA.
BUENOS AIRES. = Compie cinquant’anni
di attività editoriale l’Agenzia Informativa Cattolica Argentina (AICA).
Fondata dall’episcopato nel dicembre 1955, l’agenzia è nata dopo un anno di
persecuzione religiosa che vide prelati e responsabili
del laicato gravemente offesi. Curia Metropolitana e chiese storiche vennero incendiate e il clero subì minacce. Con la creazione
dell’agenzia si volle dotare
LAUREA
HONORIS CAUSA IN FILOSOFIA AL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI
DALL’UNIVERSITÀ EBRAICA DI GERUSALEMME. IL RICONOSCIMENTO AL PORPORATO
PER
AVER CONTRIBUITO ALLO SVILUPPO DEL DIALOGO TRA EBREI E CRISTIANI
GERUSALEMME. = L’università ebraica di Gerusalemme ha
assegnato oggi la laurea honoris causa a dieci personalità fra cui il
cardinale Carlo Maria Martini e lo scrittore israeliano Amos Oz. Al porporato è stato conferito il titolo in filosofia
per il particolare ruolo svolto nello sviluppo del dialogo fra ebrei e
cristiani. Il cardinale Carlo Maria Martini ha anche ottenuto il premio Sternberg per la comprensione fra le religioni. (T.C.)
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11 giugno 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Alta tensione e violenze in Medio Oriente: tre presunti
estremisti palestinesi sono rimasti uccisi, stamani, in seguito ad un raid
israeliano nel nord della Striscia di Gaza. In Israele, il premier Ehud Olmert ha dichiarato di
essere rammaricato per la morte, venerdì scorso, di 8 “civili innocenti” su una
spiaggia di Gaza durante un bombardamento israeliano. In
risposta a questa azione militare, il braccio armato di Hamas è tornato ieri a
lanciare razzi contro il sud di Israele, infrangendo una tregua unilaterale che
durava da 16 mesi. In Israele, è stato decretato lo stato di massima allerta
per il timore di nuovi attacchi. Nei Territori, intanto, sono sempre più
marcate le divergenze tra i vertici della politica palestinese. Il nostro
servizio:
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Nel duro confronto tra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed il governo guidato
dal gruppo radicale Hamas si aggiunge un nuovo punto di frattura: il referendum
convocato ieri da Abu Mazen
per il prossimo 26 luglio. “I palestinesi di Gerusalemme, di Cisgiordania e della Striscia di Gaza - si legge
nel decreto presidenziale - sono chiamati ad esprimersi sul documento dei
detenuti”. Questo testo, redatto dai leader dei gruppi militanti palestinesi
detenuti nelle carceri israeliane, propone la costituzione di un governo di
unità nazionale, la fine degli attacchi in territorio israeliano e la creazione
di uno Stato di Palestina accanto ad Israele. Subito dopo l’annuncio di una
consultazione su questo documento, che contiene un implicito riconoscimento del
diritto ad esistere dello Stato ebraico, è arrivata la secca reazione di Hamas.
“E’ la dichiarazione di un golpe contro il governo”, ha detto un deputato del
movimento islamico, esortando i palestinesi a boicottare la consultazione. Solo
dopo il ritiro degli israeliani, Hamas potrà riconoscere Israele, ha spiegato
il primo ministro palestinese, Ismail Hanieh, in un’intervista rilasciata al settimanale tedesco
“Der Spiegel”. “Fino a
quando ci sarà l’occupazione della nostra terra - ha precisato - la resistenza
è un diritto legittimo del nostro popolo”. Non mancano, comunque, tentativi di
dialogo tra le parti: il presidente Abu Mazen ed il premier Ismail Hanieh si sono incontrati ieri sera a Gaza per discutere
sul referendum. I due leader hanno confermato che le divergenze non sono state
superate ed hanno fissato, per questa sera, un nuovo colloquio. In Israele,
infine, il premier Olmert ha giudicato il referendum
solo un “gioco interno palestinese”. “Abu Mazen – ha spiegato Olmert – è
troppo debole ed è ostaggio dei fondamentalisti di
Hamas”.
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In Iraq, cinque persone sono rimaste uccise in una sparatoria
avvenuta all’alba tra un gruppo di uomini armati e soldati britannici nella
città sciita di Amarah, a sud di Baghdad. Emergono, intanto, nuovi particolari sull’attività del leader di Al Qaeda nel Paese arabo, Al Zarqawi, rimasto ucciso la scorsa settimana in seguito ad
un raid aereo americano. Secondo il quotidiano statunitense New York Times, che riporta fonti governative giordane, Al Zarqawi aveva reclutato oltre 300 terroristi, provenienti da diversi Paesi, per essere prima addestrati in Iraq e
poter compiere, poi, attentati kamikaze in tutto il mondo.
L’Iran ha ribadito di non voler rinunciare ai suoi
“diritti non negoziabili” in campo nucleare, tra i quali l’arricchimento
dell’uranio. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha comunque
precisato che la Repubblica islamica sta valutando attentamente la proposta di
incentivi avanzata dai cinque Paesi membri permanenti del consiglio di
sicurezza dell’ONU più la Germania.
Nel carcere militare statunitense di Guantanamo, a Cuba, tre detenuti, due sauditi e uno
yemenita, si sono tolti la vita. “Non è stato un atto di disperazione
ma un atto di guerra”, ha detto il comandante della base commentando il
macabro ritrovamento dei cadaveri, avvenuto ieri. Dopo aver appreso la notizia,
il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha espresso la propria “profonda inquietudine”.
Secondo l’organizzazione umanitaria Amnesty International questi suicidi sono “il tragico risultato di
anni di detenzione arbitraria e indefinita”. Attualmente, a Guantanamo,
sono detenute 460 presunti terroristi, in attesa di
giudizio.
In Nepal, il Parlamento ha
tolto il diritto di veto delle leggi al re Gyanendra.
Il potere esecutivo appartiene ora al Consiglio dei ministri e quello
legislativo al Parlamento, ha spiegato il presidente dell’Assemblea nazionale, Subash Nemwang. Nello scorso mese di
maggio, i deputati avevano già tolto al re il controllo dell’esercito, composto
da circa 90.000 uomini, e il potere di scegliere il
successore al trono. Il 24 aprile scorso, dopo tre settimane di manifestazioni
popolari organizzate dai partiti dell’opposizione, il sovrano aveva reinsediato il Parlamento, sciolto nel 2002.
L’inviato speciale
dell’ONU per il Kosovo, Martti
Ahtisaari, è in questi giorni nella provincia balcanica. La visita del rappresentante di Kofi Annan a Pristina mira a fare
il punto sullo status del Kosovo, già territorio
serbo ma amministrato dall’ONU dalla fine della guerra, nel ’99. Nei giorni
scorsi, proprio contro la presenza della missione delle Nazioni Unite (UNMIK),
ha protestato un centinaio di indipendentisti albanesi, che chiedeva il ritiro
della delegazione del Palazzo di Vetro. Fermati 91 attivisti. Ma a che punto
sono le trattative sul futuro del Kosovo, in corso da
febbraio a Vienna? Giada Aquilino lo ha chiesto a Federico Eichberg,
esperto di questioni balcaniche:
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R. – Poche settimane fa il Montenegro ha proclamato la
propria indipendenza e, sulla base di questo referendum, la Serbia ha iniziato
un nuovo percorso nell’ambito dell’accordo di stabilizzazione e associazione,
che di fatto disegna anche un futuro meno chiaro per
il Kosovo. Le premesse dei colloqui per il Kosovo erano decisamente diverse: la Serbia – storicamente
contraria all’indipendenza di Pristina - aveva un minor grado di collaborazione
con il Tribunale Penale Internazionale per la ex
Jugoslavia e aveva delle remore rispetto al cammino del Montenegro. Il
comportamento di Belgrado - riconosciuto dalla comunità internazionale - è
stato però ineccepibile, ma ciò implica un futuro status del Kosovo meno chiaro di quello che poteva sembrare a
febbraio. Le prossime settimane, seguenti alla visita di Martti Ahtisaari, sicuramente potranno chiarire in quale direzione andrà il negoziato.
D. – La provincia è amministrata dall’ONU dal ’99, ma nei
giorni scorsi ci sono state dure proteste di albanesi che hanno chiesto la fine
della missione delle Nazioni Unite. Quanto è tollerata oggi la presenza
dell’UNMIK dalla popolazione kosovara?
R. – Il Kosovo ha eletto, già da
diversi anni, dei rappresentanti parlamentari e governativi. Il trasferimento
dei poteri, però, non corrisponde ad una capacità effettiva di queste nuove
autorità di esercitare i propri poteri. Sicuramente l’insofferenza verso la
presenza internazionale è legata, nel caso degli albanesi-kosovari,
anche ad una forte rivendicazione indipendentista.
D. – Ma a questo punto si può fare una previsione? Si
arriverà all’indipendenza del Kosovo?
R. – A mio avviso, non si arriverà all’indipendenza del Kosovo entro il 2006, che era un po’ la deadline che si erano dati i
negoziatori a Vienna. Ancor meno ci si arriverà se la Serbia darà un segnale
molto netto con la consegna di Ratko Mladic e di Radovan Karadzic.
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In Italia, circa un milione e mezzo di persone sono
chiamate oggi e domani alle urne per i ballottaggi delle elezioni
amministrative. Sono 55 le poltrone da sindaco ancora da assegnare dopo le
elezioni del 28 e del 29 maggio. Tra queste, anche quelle per il primo cittadino
di 5 capoluoghi: Belluno, Rovigo, Salerno, Caserta e Catanzaro. Ma si vota anche
per il primo turno in alcune città di Sicilia e Sardegna. I seggi rimarranno
aperti fino alle 22 di questa sera e riapriranno domani, dalle 7 alle 15.
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