RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 159 - Testo della trasmissione di giovedì
8 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Tempo
di vacanze, tempo di relax e riposo: i suggerimenti di padre Raniero Cantalamessa
CHIESA E SOCIETA’:
Pakistan: rilasciati perché giudicati innocenti, due
cristiani detenuti da 7 anni per blasfemia
15
mila persone in fuga a Giava, in Indonesia, in
seguito all’ennesima eruzione del vulcano Merapi
Nel
mondo, sono circa 191 milioni i migranti, rispetto ai 155 milioni del 1990
Quattro palestinesi uccisi da fuoco
israeliano sul confine tra Israele e la striscia di Gaza
8 giugno 2006
UDIENZE
E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in
successive udienze, il dott. Norbert Lambert, presidente del
Bundestag
della Repubblica Federale di
Germania, il cardinale Fiorenzo Angelini, presidente emerito del Pontificio
Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’arcivescovo Francisco Montecillo Padilla, nunzio
apostolico in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone, l’ambasciatore del Cile in visita
di congedo, Máximo Pacheco Gómez, e il prof. Lorenzo Ornaghi, rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Negli Stati Uniti, il Papa ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Raleigh, presentata
per raggiunti limiti di età dal vescovo Francis Joseph Gossman. Al suo posto, il
Pontefice ha nominato mons. Michael Francis Burbidge, finora
ausiliare di Philadelphia. Il presule, 49 anni, dopo il bacellierato ha proseguito gli studi di teologia, ricevendo il Master
of Arts Degree in Theology nel 1984. Nel 1994 ha conseguito il Master
of Arts Degree in Administration and in Education
alla Università di Villanova e, nel 1999, il Doctorate of Education
all’Immaculata College. E’ stato, tra
l’altro, parroco, cappellano e insegnante e nel 1999 è stato nominato rettore del Saint Charles Seminary. E’ stato ordinato vescovo nel 2002.
Sempre negli USA, Benedetto XVI ha nominato ausiliare
dell’arcidiocesi di Philadelphia il sacerdote Daniel
E. Thomas, del clero della medesima arcidiocesi,
finora parroco della Our Lady of the Assumption Parish a Strafford. Mons. Thomas ha 47 anni. Ha
frequentato i corsi filosofici e teologici presso il “Saint Charles
Seminary” a Overbrook. Dopo
l’ordinazione sacerdotale, ha svolto gli incarichi, tra gli altri, di
condirettore regionale della “Catholic Youth Organization”. A Roma
ha compiuto gli studi teologici alla Pontificia Università Gregoriana, dove ha
ottenuto la Licenza in Teologia. Poliglotta, mons. Thomas
ha lavorato per 15 anni alla Congregazione per i Vescovi, esercitando nel
contempo anche l’ufficio di direttore spirituale presso il “Pontifical North American College”. Il 19 marzo
2005 è stato nominato Prelato d’Onore di Sua Santità.
IL CARDINALE MARIAN JAWORSKI INSIGNITO
DEL
DOTTORATO HONORIS CAUSA DALLA
PONTIFICIA ACCADEMIA TEOLOGICA
DI
CRACOVIA, DELLA QUALE FU PRIMO RETTORE.
NEL
POMERIGGIO, AL PORPORATO LA CITTADINANZA ONORARIA DELLA
CITTA’
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un prestigioso riconoscimento accademico a “un abile
pensatore e pedagogo”, lungamente dedito all’approfondimento “dei misteri della
metafisica e della filosofia della religione”. Sono le parole della lettera con
la quale Benedetto XVI si congratula con l’ottantenne cardinale Marian Jaworski, metropolita di Leopoli dei Latini, che ha ricevuto stamattina a Cracovia
il Dottorato honoris causa da parte
della locale Pontificia Accademia Teologica, della quale è stato il primo
rettore. “So come il Servo di Dio Giovanni
Paolo II apprezzava la tua conoscenza, la saggezza e la sincera amicizia”,
scrive Benedetto XVI. “Anche io sono grato per lo sforzo creativo nel Tuo lavoro nella Pontificia Accademia di Cracovia”.
Nel riconoscere il
contributo prestato dal cardinale Jaworski durante
gli anni di servizio nell’ateneo - specialmente nella “premura” con la quale il porporato ha guidato i docenti e la crescita
scientifica della struttura – il Papa conclude: “So che spesso questo è un ministero difficile, esigente, che richiede
dedizione e sensibilità ai bisogni dei
fedeli. So anche che non Ti sono mancati mai questi doni di Dio. Condivido la Tua gioia e mi congratulo di cuore”.
La particolare giornata del cardinale Jaworski si
concluderà nel pomeriggio di oggi, quando alle 16 riceverà la cittadinanza
onoraria di Cracovia.
IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI CHIUDE STASERA IL CONVEGNO ECCLESIALE
DELLA DIOCESI DI ROMA,
APERTO LUNEDI’ SCORSO DA BENEDETTO XVI.
AI NOSTRI MICROFONI, UN
PRIMO BILANCIO DELL’EVENTO, TRACCIATO DAL SEGRETARIO GENERALE DEL VICARIATO, MONS. MAURO PARMEGGIANI
Aperto
dal Papa lunedì scorso, si chiude stasera - dopo tre giorni di lavori - il convegno
ecclesiale della diocesi di Roma. Atto finale sarà, alle 19.30 nella Basilica
di San Giovanni in Laterano, la relazione conclusiva
del cardinale vicario Camillo Ruini, in vista
dell’anno pastorale 2006-2007. Nel suo discorso d’apertura, Benedetto XVI ha
messo l’accento sul tema dell’assise, “la gioia della
fede e l’educazione delle nuove generazioni”. Le parole del Papa hanno offerto
numerosi spunti per il confronto tra le diverse realtà coinvolte nel convegno,
sacerdoti, laici e soprattutto giovani fedeli. A sottolinearlo è mons. Mauro Parmeggiani, segretario generale del Vicariato,
intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Alla luce di quanto il Santo Padre ci ha detto lunedì
sera, abbiamo individuato già alcune vie e su queste abbiamo lavorato: la
necessità di un progetto unitario e di educazione alla gioia della fede per le
giovani generazioni. Occorre anche riguardare il rapporto tra pastorale
giovanile e pastorale familiare. E ancora, pastorale scolastica, pastorale universitaria
e rapporto tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale. Questi sono gli
ambiti sui quali abbiamo lavorato e che rappresenteranno le scelte prioritarie
dell’impegno della comunità diocesana nel prossimo anno.
D. – “La gioia della fede e l’educazione delle nuove
generazioni” è, appunto, il tema del Convegno: c’è stata una partecipazione dei
giovani a questo evento?
R. – Certamente. Questo non era un Convegno per giovani,
anche se il tema era sui giovani, ma abbiamo voluto che fosse di tutta la
comunità ecclesiale. E’ il classico convegno diocesano che tutti gli anni
facciamo per impostare il programma pastorale dell’anno successivo. Quest’anno,
però, abbiamo invitato con forza i giovani, perché non volevamo parlare di
loro, senza che fossero presenti! Almeno un terzo degli iscritti – che erano
circa 4 mila – erano in età giovanile. Anche loro hanno dato, quindi, il loro
contributo; hanno sentito maggiormente queste sfide che ci vengono dal contesto
culturale, le sfide che ci ha illustrato il Papa dell’agnosticismo, del relativismo
culturale e che i giovani vivono sulla loro pelle: il desiderio di essere ascoltati,
accompagnati nell’assimilazione dei contenuti della fede, di essere aiutati
anche nella loro capacità di estroversione evangelizzante, capacità missionaria
per arrivare a coloro che attendono l’annuncio
di quella Persona che va incontrata – come diceva il Papa – e che cambia la vita. Sono state
recepite queste intuizioni dei giovani, queste loro richieste, queste nuove
modalità di fare pastorale tenendo più conto di loro e non solo come oggetti
della nostra attenzione, ma anche soggetti che desiderano partecipare all’opera
educativa della Chiesa, mentre loro stessi sono educati.
D. – “La fede e l’etica cristiana – ha detto il Papa,
aprendo il Convegno – non vogliono soffocare, ma rendere sano, forte e davvero
libero l’amore”. Un richiamo ai giovani, ma non solo …
R. – Certamente un richiamo ai giovani, ma anche alle
famiglie dei giovani che spesso vivono delle situazioni drammatiche, anche
riguardo proprio all’etica cristiana che non vivono o che fanno fatica a
viverla. L’annuncio di Cristo e dell’etica cristiana diventano liberanti per
l’uomo, danno vera dignità all’uomo. Questi giovani sappiamo che la accettano,
hanno bisogno di qualcuno che la annunci loro. Quando lo comprendono, vivono la
gioia e questo perché i giovani sono in cerca di gioia, sono dei ricercatori di
verità, di felicità, di bellezza! I giovani hanno delle grandi potenzialità. Se
vivo la morale cristiana sono un uomo libero, un uomo pienamente umano, perché
cristianesimo è umanesimo possiamo dire, non sono in contrapposizione
ma sono un tutt’uno: Cristo si è incarnato per
redimere l’uomo, tutto l’uomo. La Chiesa dice una parola su tutto l’uomo, e non
per opprimere i suoi desideri di felicità, ma per orientarli verso il bene.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’Iraq: ucciso il terrorista
giordano Al Zarqawi.
Servizio vaticano - Due pagine dedicate al cammino
della Chiesa in Italia.
Servizio estero - Un dettagliato resoconto della
visita ufficiale dell’arcivescovo Lajolo in
Croazia.
Servizio culturale - Un articolo di Fernando Salsano dal titolo “L’arte allusiva nell’opera del Tasso”:
un suggestivo saggio sulla “Gerusalemme Liberata”.
Servizio italiano - Mesto rimpatrio della salma del
militare ucciso a Nassiriya.
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8 giugno 2006
UCCISO
IL TERRORISTA GIORDANO ABU MUSAB AL ZARQAWI,
NUMERO UNO DI AL
QAEDA IN IRAQ E LUOGOTENENTE DI OSAMA BIN LADEN
- Ai
nostri microfoni Guido Olimpio e Loretta Napoleoni -
Il terrorista giordano al Zarqawi, leader di Al Qaeda in Iraq, è morto durante un raid aereo statunitense
ieri pomeriggio a Baquba. Ad annunciarlo per primo, stamane, è stato il premier iracheno, Al Maliki. La notizia giunge nel giorno in cui l’Assemblea Nazionale,
il Parlamento iracheno, ha approvato a larga maggioranza le nomine proposte da Al-Maliki per i cruciali ministeri dell'Interno e della
Difesa. Ma di questo ne parleremo in seguito, ora
concentriamoci sulla notizia dell’uccisione di Al Zarqawi.
Il servizio di Salvatore Sabatino:
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39 anni, di
nazionalità giordana, Al Zarqawi era originario di
una tribù beduina; è indicato come la mente di tutti gli attacchi terroristici
in Iraq. Gli Stati Uniti avevano offerto una taglia di 10 milioni di dollari a
chiunque fosse stato in grado di fornire informazioni che avessero potuto
portare alla cattura del terrorista o alla sua uccisione. Molte, ovviamente, le
dichiarazioni che stanno giungendo proprio in questi minuti. Il capo della Casa
Bianca, George W. Bush, si è congratulato per la morte di
Al Zarqawi, definendola “un duro colpo al
morale” dei terroristi e della guerriglia irachena. “Giustizia è stata fatta”,
ha affermato, aggiungendo però, che le operazioni di guerra nel Paese del Golfo
continuano. “Possiamo aspettarci – ha detto – altri atti di terrorismo e altre
violenze settarie”. Bush, poi, ha chiesto ulteriore
“pazienza agli statunitensi per altri giorni difficili che giungeranno nel
prossimo futuro”. Simile dichiarazione è giunta dal premier britannico, Tony Blair, secondo il quale la morte del terrorista giordano è
“un duro colpo contro la rete terroristica a livello mondiale”,
anche se la strada per la pacificazione è ancora lunga. In un comunicato
sul suo sito web, Al Qaeda conferma la morte di Al Zarqawi affermando: “La
morte dei nostri capi rappresenta la
nostra vita e non fa altro che rafforzare la
nostra perseveranza sul cammino del Jihad
affinché la parola di Allah sia la più alta”.
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Oltre all’uccisione di Al Zarqawi, la mattinata ha segnato un evento significativo
per l’Iraq: la nascita di un governo completo, quasi sei mesi dopo le elezioni
legislative del 15 dicembre. Il Parlamento iracheno ha approvato, infatti, la
nomina dei ministri dell’Interno e della Difesa che mancavano. Il sunnita Abdul Kader
Mohammed Al Obaidi, per la
Difesa, lo sciita Jouad Al Bolany,
per gli Interni, e Sherwan Al Waely
per il ministero della Sicurezza nazionale hanno ottenuto l'investitura del
Parlamento. Ma nel resoconto delle ultime ore c’è anche l’ennesimo bollettino
di sangue: in due attentati a Baghdad hanno perso la vita 15 persone e 36 sono
rimaste ferite. Si è trattato di una bomba esplosa in un mercato e di un’altra
diretta contro una pattuglia di polizia.
Ma quanto può effettivamente
influire l’uccisione di Al Zarqawi
nelle azioni della guerriglia irachena? Risponde Guido Olimpio, esperto di
terrorismo del Corriere della Sera, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – Per quanto riguarda la
guerriglia irachena nazionalista, non cambia nulla. E questo nel senso che la
guerriglia opera da tempo per conto suo, ha una propria agenda, un proprio
programma, un proprio movimento e, negli ultimi tempi, è stata anche in contrasto
con alcune azioni di Al Zarqawi.
E’ certamente più interessante capire cosa accadrà nel movimento jihadista:
in genere questi gruppi sono piuttosto abili e rapidi a creare un nuovo capo,
che inevitabilmente e purtroppo dovrà farsi un nome con altre stragi. Non è
semplice rimpiazzare Al Zarqawi e non tanto come capo militare, perché non era così importante, quanto
come figura e come simbolo.
D. – E nell’assetto di Al Qaeda?
R. – Non ritengo che la rete terroristica avrà grossi
contraccolpi. Al Qaeda è abituata a perdere i suoi
leader. Anch’essa cercherà nuove stragi per dimostrare che è viva. Non posso,
però, escludere che al proprio interno vi siano dissidi, contrasti, scissioni
che del resto hanno marcato un po’ tutta la storia di Al
Qaeda in Iraq.
D. – E’ un caso che la notizia dell’uccisione di Al Zarqawi arrivi quando, dopo
tante difficoltà, il governo sembra prendere forma?
R. – Non è un caso, ma è un caso al tempo stesso. E’
chiaro che l’annuncio è un segnale di fiducia che si vuole dare al Paese e al
mondo per dimostrare che gli iracheni possono farcela. E’ un segnale importante
anche per gli stessi Stati Uniti, pure se Al Zarqawi
è stato ucciso ieri pomeriggio e l’annuncio è stato dato solo oggi: forse
perché bisognava accertare che fosse veramente lui. Un po’ di uso
propagandistico della vicenda comunque c’è stato.
D. – Nella strategia della lotta al terrorismo, come verrà ricordato quindi Al Zarqawi?
R. – Verrà ricordato come un
‘tagliatore di teste’, come un uomo sanguinario, un
terrorista che ha introdotto un nuovo metodo di lotta terribile, purtroppo imitato
da altri. Temo, però, che qualcuno cercherà di farcelo dimenticare con azioni
ancora più eclatanti e sanguinarie.
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Ma qual è la storia
personale di Al Zarqawi, e
quale il contesto in cui si è formato? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a
Loretta Napoleoni, autrice del libro “Al Zarqawi,
storia e mito di un proletario giordano”. Ascoltiamo:
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R. – Al Zarqawi diventa jihadista in carcere, quando viene
imprigionato per sette anni per aver costituito una cellula in Giordania. E’
proprio in carcere che le sue qualità di leadership escono fuori; diventa il
capo, infatti, del gruppo che rappresenta. Dopo si trasferisce in Afghanistan,
dove incontra Osama Bin Laden. Rifiuta di entrare a far parte di
Al Qaeda, perchè non condivide l’idea di Osama Bin Laden
di lottare contro gli americani. Successivamente diventa un terrorista di fama
internazionale grazie al famosissimo discorso di Colin
Powell alle Nazioni Unite del 5 febbraio del 2003,
nel quale viene presentato come l’uomo di Osama Bin Laden
in Iraq. In realtà, Al Zarqawi non era membro di al Qaeda, né tanto meno era un jihadista internazionale. Ma bastano queste parole per creare
il mito di Al Zarqawi.
D. – Lei dice che la storia di Al
Zarqawi e di molti suoi seguaci dovrebbe farci capire
che, più della guerra e delle repressioni, i governi devono attuare politiche
preventive. Che cosa vuol dire?
R. – Sicuramente è stato un errore presentare Al Zarqawi come l’uomo di Al Qaeda in Iraq, perchè ha creato questo mito e questo mito
poi si è autoalimentato, all’interno del conflitto iracheno, costruendo quello
che ormai è diventato l’alqaedismo. Questa ideologia globale anti imperialista che è stata abbracciata anche dai
simpatizzanti di Al Qaeda.
Una politica migliore sarebbe stata, invece, quella di portare avanti delle politiche
di prevenzione nei confronti appunto della creazione di questi miti.
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INIZIANO
DOMANI IN GERMANIA I MONDIALI DI CALCIO 2006
-
Interviste con Alberto Dionisi e mons. Agostino
Marchetto -
Sta per scoccare l’ora “X” per
i Mondiali di Calcio di Germania 2006: domani il via con l’incontro tra i
tedeschi, padroni di casa, ed la Costa Rica. 32 le squadre
partecipanti: il Brasile parte con i favori dei pronostici. L’Italia, da parte
sua, è chiamata a far dimenticare i recenti scandali che hanno colpito il
calcio nazionale. Domani
mattina, nella cattedrale di Monaco di Baviera, si svolgerà una celebrazione
ecumenica. La funzione è una tra le numerose iniziative organizzate dalle
Chiese cristiane nelle diverse località che ospiteranno le partite, con lo
scopo di fare dei Mondiali una "festa dell'incontro e dell'ospitalità",
come hanno dichiarato congiuntamente
**********
R. – La filosofia in un gioco è rappresentata dal rispetto
delle regole, e in proposito c’è molta ignoranza in giro. Il gioco del calcio è
un veicolo comunicazionale ed
educativo molto importante. Purtroppo, è spesso gestito da persone
assolutamente impreparate; e non mi riferisco solo ed esclusivamente alla serie
A. Penso anche ai bambini che giocano nelle periferie: il pallone, come si può
immaginare, diventa uno strumento di mediazione fondamentale.
D. – Come fare per mettere il calcio “al centro della
regola”, proprio per rifarci al titolo del suo libro?
R. – Il rispetto delle regole, prima ancora del giocare,
credo che sia un messaggio molto importante per i più giovani: rispettiamo le
regole e ci divertiremo di più. Credo che una cosa sia indispensabile: bisogna
divertirsi, anche ai massimi livelli; dopo di ché, la vittoria e la sconfitta
sono un’evenienza.
C’è un altro
aspetto, poi, che va considerato: il calcio è l’espressione culturale di un
popolo. Non è un caso che i brasiliani giochino in un modo, che in Europa si giochi in un altro e
in Africa in un altro modo ancora. L’unico elemento comune di aggregazione è
proprio il rispetto delle regole che sono le stesse per tutti.
D. – Una curiosità: per esempio, in Africa, come si gioca?
R. – In Africa, l’aspetto ludico è preponderante rispetto
al risultato. Lì il calciatore gioca per divertirsi. Per esempio, non sente la
necessità – inconscia o meno – di simulare. Per lui, la natura ricreativa
predomina sull’importanza del risultato. E questo anche ai massimi livelli. Tant’è vero che il calciatore africano, quando inizia a
giocare nella sua terra, nei suoi campionati non simula. Dopo qualche anno di
presenza nei campionati stranieri, specialmente latini, si rende conto che –
come per una strategia della sopravvivenza – deve dare importanza al risultato,
per cui incomincia a simulare anche lui. E dopo, quando
ritorna in patria, simula anche lì.
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Sta intanto suscitando numerose proteste, anche a livello
internazionale, l’utilizzo di 40 mila giovani donne, provenienti soprattutto
dall’Est Europa, in attività di prostituzione promosse dall’industria del sesso
in Germania in occasione dei mondiali. Giovanni Peduto
ha chiesto un commento all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del
Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti:
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R. – Rispondendo in termini calcistici, ritengo si dovrebbero
assegnare alcuni cartellini rossi a questa industria, ai suoi clienti e alle
pubbliche autorità che ospitano l’evento. La prostituzione, infatti, viola la
dignità della persona umana, riducendola a oggetto e strumento di piacere
sessuale. Le donne diventano merce da comprare, il cui costo è perfino
inferiore a quello di un biglietto per una partita di calcio. Certamente
sappiamo che la prostituzione è consentita in alcune zone della
Germania, ma è ancor più grave il fatto che oltre quarantamila donne entreranno
nel circuito della prostituzione durante il Campionato Mondiale e molte di loro
sono costrette a svolgere questa “attività” contro la loro volontà: sono così
oggetto di traffico. Contro tale violazione di diritti umani fondamentali hanno
levato la loro voce molte Organizzazioni. Ricordiamo quella Internazionale per
le Migrazioni, Amnesty International,
ma anche associazioni religiose, tra cui le Conferenze Europee dei Superiori
Maggiori. In ambito politico, hanno espresso la loro preoccupazione il Parlamento
Europeo e il Consiglio d’Europa. C’è, dunque, una responsabilità per le Autorità
tedesche. La palla è nel loro terreno di gioco.
D. – Ci sono attività specifiche che
R. – Un anno fa il nostro Dicastero ha realizzato una
Conferenza sulla prostituzione legata anche al traffico di persone.
D. – Eccellenza, crede che solo
R. – È un problema che coinvolge tutta la società e non
una responsabilità esclusiva della Chiesa. Poiché si tratta di traffico di
esseri umani, la difesa dei loro diritti richiede che le vittime siano protette e che il loro interesse e benessere siano
messi al primo posto. Queste donne dovrebbero perciò avere la possibilità di
reintegrarsi tramite la concessione del permesso di residenza, temporaneo o
permanente. Dovrebbero, inoltre, poter accedere a un lavoro degno e a forme di
ricompensa. Iniziative di questo tipo sono necessarie per restituire la
dignità. Ciò induce ad applicare la legge e a punire gli sfruttatori
dell’industria del sesso e i trafficanti. Essi dovrebbero essere perseguiti e
puniti con imposizione di penalità finanziarie.
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SPIRAGLI
DI PACE IN UGANDA: PARTONO I NEGOZIATI TRA GOVERNO E GUERRIGLIA DELL’ESERCITO
DI RESISTENZA DEL SIGNORE. L’IMPEGNO DELLE ONG
-
Intervista con Giorgio Lappo -
Speranze di pace per l’Uganda.
Una delegazione della guerriglia dell’Eser-cito di resistenza del signore è
giunta oggi a Juba, in Sudan, per colloqui con il
governo ugandese. I negoziati mirano a porre fine ad
una guerra civile che dura da 20 anni e ha causato circa 100 mila morti. Le
organizzazioni umanitarie che operano nel Paese auspicano una rapida soluzione
del conflitto. Antonella
Villani ha sentito in proposito Giorgio Lappo, responsabile
per l’Uganda di Africa Mission, Cooperazione e
sviluppo, presente nel Paese con vari progetti umanitari da oltre 30 anni:
**********
R. – La situazione politica è abbastanza tranquilla nel
centro e nell’ovest del Paese; ci sono problemi al nord con l’Esercito di
resistenza del Signore - che da vent’anni sta combattendo il governo attuale -
e nell’est, nella Karamoja, dove ci sono ancora
parecchi karimojon
che hanno le armi per difendersi dai razziatori di bestiame.
D. – Come Africa Mission che
progetti avete in corso nel Paese?
R. – Abbiamo dei progetti con le popolazioni che sono
nella Karamoja, il progetto dell’acqua – con
perforazioni e riparazione dei pozzi esistenti – e il progetto veterinario per
la cura del bestiame. Dal punto di vista sanitario, gestiamo due dispensari,
con fornitura di medicine, e si paga il personale in collaborazione con la
diocesi. Poi c’è un progetto di agro-forestazione,
col quale stiamo realizzando dei vivai in ogni scuola elementare, per insegnare
ai bambini a piantare e coltivare delle piante sia da frutto che da fusto per
la legna, per cuocere gli alimenti.
D. – Poi c’è la campagna “Il latte per i bambini
africani”…
R. – I container con i cartoni di latte in polvere saranno
distribuiti in tutte i reparti di maternità
dell’Uganda, insieme con l’incaricato della Conferenza episcopale ugandese.
D. – Il problema maggiore, però, non si concentra nelle
città, ma nei sobborghi…
R. – Nel villaggio c’è povertà, però c’è dignità. Quando
una persona si trasferisce alle periferie della città, perde questa umanità.
Deve lottare dalla mattina alla sera per trovare i soldi per comperarsi da
mangiare. Poi, ci sono i bambini di strada, i giovani devono rubare o vivere di
espedienti per trovare i soldi. E poi c’è la parte che riguarda le ragazze, con
la prostituzione…
D. – Qual è l’immagine che la spinge ad andare avanti, a
combattere tutto questo?
R. – Il fatto di vedere che ci sono sempre possibilità di
miglioramento.
D. – A questo punto, quale si augura sia il futuro
dell’Uganda?
R. – Che ci sia la pace nel nord e il disarmo nell’est:
così ci sarà maggiore possibilità di sviluppo. Ciò vuol dire che la gente potrà
coltivare la terra e coltivare la terra vuol dire poter mangiare, vendere i
propri prodotti e quindi avere un’entrata per poter mandare i bambini a scuola.
D’altra parte, il compito della Cooperazione è anche quello di attutire gli
effetti della globalizzazione. Nel giro di tre anni
si trova il cellulare anche nel villaggio più sperduto: ormai tutti sanno che
cos’è il telefonino e come lo si usa. Questo da un
lato è positivo, dall’altro è negativo. E’ positivo perché mette in contatto le
persone; negativo, perché comporta delle spese. Dove prima avrebbero
speso i soldi per la scuola, per altre cose, adesso li spendono per il
telefonino …
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I
VOLONTARI E LE FAMIGLIE ASSISTITE DAL DISPENSARIO SANTA MARTA
IN
VATICANO, IN PELLEGRINAGGIO SABATO PROSSIMO
AL
SANTUARIO DELLA MADONNA AD RUPES
- Con noi, suor Chiara Pfister -
Una giornata di gioia e ringraziamento: con questo
spirito, sabato prossimo, i volontari e le famiglie assistite dal Dispensario
Santa Marta in Vaticano si recheranno in pellegrinaggio al santuario della
Madonna ad Rupes
nei pressi di Roma. Da oltre 80 anni, il Dispensario – fondato da Pio XI, nel
1922 e affidato alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli
– è al servizio di bimbi e
famiglie povere di Roma, senza distinzione di nazionalità o religione. Al
momento, sono almeno 700 i bambini assistiti dalla struttura, che si avvale del
sostegno di medici specialisti e volontari. Ma torniamo al profondo significato
di questo pellegrinaggio, sottolineato dalla direttrice del Dispensario, suor
Chiara Pfister, intervistata da Alessandro Gisotti:
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R. – E’ un momento molto importante questo pellegrinaggio.
E’ un po’ come una festa e un’opportunità per la gente che di solito non ha
questa possibilità di uscire. Questa festa ci permette di avvicinare le
famiglie, creare un ambiente non professionale. Quando vengono qui al Dispensario, infatti, l’ambiente è molto
professionale, perché è necessario per il buon svolgimento dell’opera. In
questo momento, invece, tra volontari ed assistiti c’è una complicità che
cambia poi il nostro modo di vivere con loro. Possiamo dire più fortemente a
loro: “Siete i nostri fratelli. Noi siamo qui in nome di un Dio che è Amore, ma
anche in nome della Chiesa”. Portiamo così i nostri piccolini alla Madonna,
affidiamo le famiglie e i bambini alla custodia della Madonna”.
D. – Suor Chiara, come si svolge una giornata tipo al
Dispensario Santa Marta?
R. – Ci sono giornate che cominciamo la mattina, verso le
10.00, con le consultazioni mediche e giornate in cui funzioniamo come centro
di ascolto per chi cerca aiuto per la prima volta. Se siamo convinti che si
tratti di una vera necessità – e lo è per il 98 per cento di quelli che bussano
alla nostra porta - siamo in grado di fare qualcosa di concreto. Una volta
fatto questo primo colloquio, i bambini vengono
assistiti ad un ritmo di ogni due settimane per una visita al Dispensario.
Avviene un controllo del bambino, ma c’è anche l’occasione per poter parlare
dei loro problemi. C’è uno staff di volontari che è a loro disposizione.
Distribuiamo beni di prima necessità, facciamo controlli medici. Per fortuna,
abbiamo a nostra disposizione un grande gruppo di specialisti, con non soltanto
competenze mediche ma anche tante qualità umane.
D. – Benedetto XVI ha voluto trascorrere il 30 dicembre
del 2005 proprio al Dispensario Santa Marta con i bambini assistiti dal
Dispensario… e ha dedicato il suo discorso, in quella occasione, alla famiglia.
Il Dispensario Santa Marta, aiutando i bambini, aiuta anche le loro famiglie?
R. – Sì, certo, perché il centro si rivolge soprattutto
alle famiglie. Dà un aiuto alle famiglie che devono affrontare tanti problemi.
Questa visita del Santo Padre è stata una bellissima esperienza nella giornata
della festa della Sacra Famiglia. Il Dispensario, fin dall’inizio, cerca di
aiutare le famiglie e i genitori a far crescere i loro figli in un ambiente più
sereno e più fiducioso nell’avve-nire.
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TEMPO
DI VACANZE, TEMPO DI RELAX E RIPOSO.
L’ESTATE
ORMAI ALLE PORTE SPINGE MOLTI AD ORGANIZZARE
VIAGGI
E GIORNATE DI SVAGO.
PADRE
RANIERO CANTALAMESSA SUGGERISCE COME INTENDERE IL RIPOSO
Si avvicina il tempo delle vacanze, in cerca di relax e
riposo. I luoghi scelti per trascorrere l’estate e le ferie sono i più
disparati, a volte si tratta di mete di divertimenti e svaghi. Ma qual è il
senso vero del riposo? E cosa può offrire all’uomo di oggi? Davide Dionisi lo ha chiesto a padre Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa Pontificia:
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R. – Questa parola, riposo, viene da repausare, che vuol dire posarsi,
fare una posa ed anche depositare, lasciar depositare tutto quello che nella
nostra attività, nella nostra vita spesso diventa un polverone interiore che ci
impedisce di vedere chiaramente il senso della vita. Dio il settimo giorno si
riposò. Evidentemente non ne aveva bisogno Lui, ma avevamo bisogno noi del suo
insegnamento che bisogna riposarsi.
D. – Paolo VI parlava di filosofia delle vacanze e
criticava la tendenza generale di interpretare il momento di riposo come
momento di fuga …
R. – Anche qui vorrei rifarmi al senso originario della
parola vacanza che viene dal latino vacare,
che voleva dire astenersi dalle attività normali per concentrarsi su qualcosa
di diverso. Difatti questa parola ricorre in un salmo della Bibbia dove si dice
vacate et videte quia Dominus
ego sum, che vuol dire: prendete una vacanza,
smettete tutte le vostre attività per rendervi conto della cosa più importante
che c’è al mondo e cioè che esiste Dio. Quindi aveva ragione Paolo VI nel dire
che la vacanza è il contrario di una fuga; non vuol
dire alienarsi, distrarsi. Per sé vuole dire concentrarsi su qualcosa, astenersi
da tutte le altre attività per concentrarsi sulla cosa fondamentale, su quel
famoso “Porro unum est necessarium”, una cosa sola è necessaria. Forse il
senso più bello delle vacanze sarebbe proprio riprendere un contatto intimo,
profondo, con la radice del nostro essere, che è Dio.
D. – Benedetto XVI ha detto che le vacanze sono giorni nei
quali ci si può dedicare più a lungo alla preghiera, alla lettura, alla
meditazione sui significati profondi della vita nel contesto sereno della
propria famiglia e dei propri cari. Come può il fedele essere in sintonia con
questa indicazione?
R. – La parola ferie, che ormai è diventata sinonimo di
giorni di vacanza, di distrazione, di mare, spesso anche di fracasso e di
chiasso, significa giorni dedicati al culto divino. Questo era il senso presso
gli antichi romani e questo è il senso che ha anche oggi, nel linguaggio
liturgico, dove si parla di feria I, di feria II, cioè
giorno dedicato al Signore. Le vacanze dovrebbero essere, nel corso dell’anno,
proprio questi giorni che, attraverso anche la contemplazione della natura, la
lettura della Parola di Dio, permettono di rientrare un po’ dentro di sé, in se
stessi, riprendere contatto con le motivazioni profonde della vita. Mi pare
significativo che la parola con cui si indica tutto questo tempo nel corso
dell’anno nella lingua inglese è holydays, che vuole
dire giorni santi, giorni da dedicare alla santità. Ho insistito un po’ su
questo senso delle parole perché tutte ci fanno vedere come all’origine di
questa attività dell’uomo che è la vacanza, la feria, il riposo, c’è qualcosa
di profondamente diverso dal sentimento attuale che intende la vacanza come tempo
per distrarsi, stordirsi, far cose strane. Non è che le vacanze non devono
servire anche a divertirsi, a distarsi, ma esse sono un dono fatto all’uomo per
scoprire qualcosa; non un tempo da perdere, da bruciare, ma un tempo da
valorizzare al massimo.
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8 giugno 2006
CIRCONDATO
DI BUONI SENTIMENTI”: LO AFFERMANO I VESCOVI SVIZZERI,
IN UNA
NOTA DIFFUSA IN RIFERIMENTO AL PRIMO BEBÈ DI NAZIONALITÀ SVIZZERA,
NATO
IN LABORATORIO PER DONARE IL MIDOLLO OSSEO AL FRATELLINO MALATO
- A cura di Roberta Moretti -
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GINEVRA. = I “bebè-medicina” e
l’eugenismo sono “una pratica odiosa” ed “eticamente inaccettabile”: è quanto afferma
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“UNA MOSSA CHE CAMBIA
A SISTEMA CHE GUARISCE": COSÌ,
HA DEFINITO
DI ABOLIRE
MANILA. = “Una mossa grazie alla quale, finalmente, la nazione
cambia una giustizia che uccide con una che guarisce”: con queste parole,
RILASCIATI, IN PAKISTAN, DUE CRISTIANI DETENUTI DA
7 ANNI PER BLASFEMIA.
“SONO
INNOCENTI”, HA DICHIARATO
FAISALABAD. = Nei giorni scorsi,
CIRCA
15 MILA PERSONE COSTRETTE A EVACUARE DA GIAVA, IN INDONESIA,
IN
SEGUITO ALL’ENNESIMA ERUZIONE DEL VULCANO MERAPI. SECONDO ALCUNI
SCIENZIATI,
IL FORTE SISMA DI DUE SETTIMANE FA AVREBBE CONTRIBUITO ALL’AUMENTO
DELL’ATTIVITÀ VULCANICA
JAKARTA. = È di nuovo emergenza
sull’isola indonesiana di Giava, devastata lo scorso
27 maggio da un terremoto che ha provocato la morte di oltre 5700 persone. Il
vulcano Merapi, situato circa 45 chilometri a nord di
Jakarta, ha ripreso stamani a eruttare lava e nubi di
gas, costringendo circa 15 mila persone a evacuare dalle loro abitazioni.
Secondo alcuni scienziati, il sisma di due settimane fa avrebbe contribuito
all’aumento dell’attività vulcanica. Intanto, è iniziata oggi nella città di Bantul e proseguirà nei prossimi giorni nelle altre 162
zone interessate dal terremoto una campagna di immunizzazione contro il
morbillo a favore dei bambini, combinata alla distribuzione di vitamina A. Seguirà poi una campagna di vaccinazione contro il tetano,
malattia causata soprattutto dalla mancanza di acqua corrente e di servizi
igienici. (V.C)
NEL
MONDO, SONO CIRCA 191 MILIONI I MIGRANTI, RISPETTO AI 155 DEL 1990.
QUASI
NEW
YORK. = Attualmente, sono circa 191 milioni i migranti nel mondo, rispetto ai
155 milioni del 1990: queste, le cifre che emergono dal nuovo Rapporto ONU sul
problema dello sviluppo e dell’emigrazione internazionale, presentato a New
York dal segretario generale, Kofi Annan. E’ l’Europa, secondo le cifre delle Nazioni Unite,
il continente che registra il più alto numero di immigrati, pari al 34 per
cento, contro il 23 per cento del Nord America e il 28 dell’Asia. Solo il 9 per
cento vive in Africa, il 3 in America Latina e nei Carabi e un altro 3 per
cento in Oceania. Quasi la metà dei migranti è composta da
donne e il genere femminile rappresenta la maggioranza soprattutto nei Paesi
sviluppati. Il Rapporto ha anche confermato che i movimenti delle popolazioni
avvengono soprattutto verso i Paesi industrializzati. Tuttavia, almeno 75
milioni di persone si sono spostate tra nazioni in via di sviluppo. Tra il 1990
e il 2005, sono stati intrapresi ben 35 programmi per conformare lo status dei migranti irregolari ai vari
regolamenti nazionali, permettendo la regolarizzazione di circa 5,3 milioni di
migranti. Parlando all’Assemblea generale dell’ONU, Annan
ha evidenziato come la migrazione internazionale possa essere altamente positiva sia per lo sviluppo dei Paesi di origine,
sia per quelli di destinazione, sottolineando come tali benefici siano correlati
al rispetto e all’applicazione dei diritti dei migranti. Il rapporto ha
rilevato anche un forte aumento delle rimesse a livello globale, da 102 miliardi
di dollari del 1995 ai 232 miliardi del 2005. In particolare, le rimesse
inviate ai Paesi in via di sviluppo sono passate dal 57 per cento al 72. (V.C)
“RISVEGLIARE
CON QUESTO INTENTO, I VESCOVI
DELLA BOLIVIA CONSEGNERANNO UNA COPIA
DELLA BIBBIA E DEL COMPENDIO DELLA DOTTRINA
SOCIALE DELLA CHIESA
A OGNI DEPUTATO DELL’ASSEMBLEA NAZIONALE
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8 giugno 2006
- A cura di
Fausta Speranza -
Quattro soldati della coalizione che circolavano a bordo
di un blindato sono stati leggermente feriti oggi dall'esplosione di una bomba
artigianale nel sud dell'Afghanistan. I soldati erano di pattuglia nella
provincia di Zabul, a nordest di Kandahar,
ex roccaforte dei Taleban. Le forze della coalizione
del sud dell’Afghanistan sono composte principalmente da militari americani,
canadesi e britannici.
E’ salito a quattro il numero dei palestinesi che sono
stati uccisi la scorsa notte dal fuoco dell’artiglieria e dell’aviazione
israeliane che hanno sparato contro un gruppo di quattro persone che, secondo
un portavoce militare, si stavano avvicinando furtivamente al reticolato di
sicurezza, sul confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Nel corso della notte
inoltre elicotteri israeliani hanno attaccato otto volte aree usate per
lanciare razzi Qassam contro il territorio
israeliano.
Intanto il premier israeliano Ehud
Olmert è partito oggi in elicottero da Gerusalemme
per Amman dove è atteso da re Abdallah. Al termine
dell’incontro sono previste dichiarazioni alla stampa dei due leader, ma nessuna conferenza stampa. Si prevede che al centro
dei colloqui ci sarà il piano di ritiro di Israele da vaste aree della Cisgiordania al fine di fissare unilateralmente i confini
dello Stato, che Olmert ha detto di voler attuare se
giungerà alla conclusione che un accordo con i palestinesi non è possibile per
il prevedibile futuro. Su questo piano re Abdallah ha
già espresso forti riserve, in considerazione dei possibili riflessi negativi
che potrebbe avere sulla situazione della sicurezza interna in Giordania.
Un gruppo di emissari del governo di transizione nazionale
è giunto oggi a Mogadiscio per avviarvi colloqui con i leader delle corti
islamiche, che hanno preso il potere nella capitale e nella periferia,
sconfiggendo i “signori della guerra”. E’ la prima conferma delle voci di
contatti più o meno segreti tra le parti, dopo la reiterata volontà di dialogo
espressa nei giorni scorsi. Intanto sono segnalati movimenti intorno a Jowhar, 90 km a nord di Mogadiscio, che è stata sede del
governo, prima che, in febbraio, venisse trasferito a Baidoa, vicino al
Parlamento. Sono avanzate le
truppe a difesa di Jowhar, legate ai “signori della
guerra”, recuperando alcune posizioni e facendo arretrare leggermente quelle
delle milizie islamiche. Secondo gli osservatori si tratta di riposizionamenti che però potrebbero anche sfociare in
scontri.
L’Unione Africana (UA) sta cercando nuove truppe del
continente per la sua forza di pace in Darfur, la
tormentata regione del Sudan occidentale teatro da anni di una sanguinosa
guerra civile, ed ha scritto alla NATO per chiedere
appoggio logistico. E' quanto è stato riferito a una delegazione del Consiglio
di Sicurezza dell’ONU in visita a Addis Abeba, dove ha sede l’UA. La
delegazione ONU che è ad Adis Abeba tornerà poi in
Sudan per convincere il governo ad accettare il dispiegamento nel Darfur di una
forza di pace ONU entro la fine dell’anno. L’UA ha nel Darfur
7 mila uomini, tra militari e osservatori, unico presidio per difendere la
popolazione dalle atrocità che hanno causato centinaia di migliaia di vittime e
due milioni di sfollati.
Il Parlamento lettone ha dato il suo assenso alla
pubblicazione dei nomi di circa 4 mila presunti ex agenti del KGB (la polizia
politica dell’Unione Sovietica), rischiando di aprire un caso in un Paese che,
al pari delle altre due Repubbliche ex sovietiche del Baltico, ha
particolarmente sofferto il dominio di Mosca, durato mezzo secolo. La
disposizione, approvata ieri con 59 voti contro 18, autorizza la pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale, il primo novembre prossimo, dei nomi dei presunti ex
agenti segreti e delle mansioni ricoperte in seno ai servizi segreti sovietici.
Il Centro lettone di documentazione sulle conseguenze del totalitarismo afferma
di disporre di solo 4 mila nomi dei circa 24 mila lettoni che sarebbero stati collaboratori del KGB.
Una folla di dimostranti ha saccheggiato e incendiato un
ufficio distrettuale del partito di governo di Timor Est, in un’area in cui
sono arroccati parte dei soldati ribelli, nel primo episodio conosciuto di
violenze fuori della capitale, da quando sono
scoppiati i gravi disordini a Dili, il mese scorso.
L’attacco è avvenuto a Gleno, un capoluogo distrettuale
30 km a sudovest di Dili. Dili
è rimasta più o meno calma oggi, ma gli attacchi e gli incendi sono scoppiati
nelle colline circostanti. Le forze di peacekeeping australiane si dicono pronte ad intervenire con
durezza per impedire che i disordini si diffondano al di là di Dili, ora che è stato posto un freno alle bande etniche
rivali, che armate di machete e di
fionde si scontravano per le strade della capitale,
saccheggiando e incendiando case, negozi e uffici pubblici.
Almeno 17 bambini sono rimasti feriti, alcuni dei quali da
pallottole vaganti, dopo che alcuni trafficanti di droga hanno aperto il fuoco
sulla polizia vicino ad una scuola in una baraccopoli a Rio de Janeiro. La
polizia ha sostenuto che un malvivente ha sparato ad alcuni ufficiali i quali
avevano fermato un motociclista durante un’operazione per recuperare veicoli
rubati. Un ufficiale di pubblica sicurezza ha precisato che la polizia non ha risposto
al fuoco. La violenza cresce sempre di più in questa città di sei milioni di abitanti,
con molti quartieri controllati da bande di trafficanti di droga che
frequentemente affrontano la polizia.
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