RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 158 - Testo della trasmissione di mercoledì
7 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Al rientro dalla conferenza ONU sull’AIDS, ai nostri
microfoni il cardinale Javier Lozano
Barragán
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I
vescovi del Camerun propongono al Parlamento un cambiamento della legge
elettorale
Centinaia
di contadini irrompono nella sede del Parlamento di Brasilia
Il Parlamento delle Filippine ha approvato un progetto di
legge che abolisce la pena di morte
24 ORE NEL MONDO:
Almeno
20 morti stamane in Iraq, dove è giunto il ministro
degli Esteri italiano per vari colloqui con le autorità
7 giugno 2006
ALL’UDIENZA GENERALE, BENEDETTO XVI
PARLA DELLA SUCCESSIONE APOSTOLICA
E AFFERMA: IL PRIMATO DI PIETRO E’ FONDAMENTO DELL’UNITA’
DELLA CHIESA E DEL DIALOGO ECUMENICO
“Preghiamo che il primato di Pietro, affidato
a povere persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso
originario voluto dal Signore” ed essere riconosciuto nel suo vero significato
“dai fratelli ancora non in piena comunione con noi”. E’ l’auspicio spontaneo
col quale Benedetto XVI ha concluso poco fa la catechesi all’udienza generale
di oggi, in Piazza San Pietro, dedicata ancora alla figura del primo fra gli
apostoli. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Esercitare il primato papale nella verità della sua
essenza per confermare i fratelli nella fede e suscitare accoglienza e rispetto
tra i membri delle altre confessioni cristiane. E’ la chiosa finale
dell’udienza di questa mattina ad attualizzare, secondo il cuore di Benedetto
XVI, la bimillenaria supremazia esercitata dai Papi
all’interno della comunità dei credenti. Una supremazia voluta da Gesù stesso
attraverso quanto riportato dal Vangelo e tuttavia poco considerato dai cristiani
contemporanei nella sua reale importanza.
“Tu sei Pietro”. La fondazione della successione
apostolica, ha spiegato Benedetto XVI all’inizio, comincia con un cambio di
nome. Gesù, nello scegliere Simone il pescatore come primo tra i discepoli,
decide di nominarlo “Kefa”, tradotto in Pietro. Lo
farà solo con lui e quel nome, Pietro, “acquisterà tanta importanza “da
soppiantare il nome originario”. “Il dato acquista particolare rilievo – ha
osservato il Pontefice - se si tiene conto che, nell'Antico Testamento, il
cambiamento del nome prelude in genere all'affidamento di una missione”. E
durante tutta la vita di Gesù, come riportata dai Vangeli, innumerevoli sono
gli episodi che confermano tale predilezione. Il Papa ne ha ricordati alcuni:
dalla Trasfigurazione, alla lavanda dei piedi nell’ultima Cena. E Pietro, del
resto, è consapevole di questa sua posizione particolare:
“In particolare, è
lui che risolve l'imbarazzo di certe situazioni intervenendo a
nome di tutti. Così quando Gesù, addolorato per
l'incomprensione della folla dopo il discorso sul "pane di vita",
domanda: "Volete andarvene anche voi?", la risposta di Pietro è
perentoria: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita
eterna". Ugualmente decisa è la professione di fede che, ancora a nome dei Dodici, egli fa nei pressi di Cesarea di Filippo.
A Gesù che chiede: "Voi chi dite che io sia?",
Pietro risponde: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Anche dopo la Risurrezione, ha proseguito Benedetto XVI,
la “posizione di preminenza” ricoperta da Pietro non cambia. E’ il primo degli
Apostoli al quale Gesù appare, è il primo ad entrare nel sepolcro vuoto e colui
che al Concilio di Gerusalemme, 49 anni dopo la morte di Cristo, si troverà a
svolgere rispetto all’assemblea “una funzione direttiva”. Funzione che nel
corso dei secoli, ha concluso Benedetto XVI, non è mutata e che ha indotto lo
stesso Pontefice a riflettere con una certa trepidazione sulla grandezza del
ministero cui è stato chiamato e per il quale ha invitato i fedeli a sostenerlo
spiritualmente:
“Pietro, per tutti i
tempi, dev’essere il custode della comunione con
Cristo (…) ed è sua responsabilità garantire così la comunione con Cristo, con
la carità di Cristo. E anche guidare alla realizzazione di questa carità nella
vita di ogni giorno. E preghiamo che il primato di Pietro, confidato a povere
persone umane, possa sempre essere esercitato in questo senso originario,
voluto dal Signore, e possa così essere anche sempre più nel suo vero
significato riconosciuto dai fratelli non ancora in piena comunione con noi”.
Molti i saluti di Benedetto XVI indirizzati ai gruppi
presenti nella Piazza, oggi velata dalle nubi di una
giornata caliginosa. Il Papa ha rivolto parole, tra gli altri, ai fedeli della
diocesi di Mantova, e a due Istituti religiosi: la Famiglia Monfortana
– esortata a “proseguire con generosità” la “missione a servizio del Regno” – e
le Suore Francescane dell’Immacolata, impegnate nel Capitolo generale. E poi un
pensiero di solidarietà rivolto ad un gruppo di persone colpite lo scorso anno
da un grave lutto:
“Un
pensiero affettuoso indirizzo alle famiglie pugliesi provate dalla sciagura aerea, avvenuta il mese
di agosto dello scorso anno al largo di Palermo, ed esorto tutti a perseverare
nelle iniziative di aiuto reciproco e di condivisione della fede”.
Al termine dell’udienza, le agenzie hanno riferito
dell’accensione da parte di Benedetto XVI della
“Fiaccola della pace”, simbolo del tradizionale pellegrinaggio Macerata-Loreto che si svolgerà il 10 giugno prossimo e
giunto quest’anno alla 28.ma
edizione. Il Papa ha benedetto la fiaccola portata da un giovane. Giovanni
Paolo II aveva sempre compiuto questo gesto a partire dal giugno del 1998.
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CONFERITA A BENEDETTO XVI LA CITTADINANZA ONORARIA
DELLA
CITTA’ TEDESCA DI ALTÖTTING, “CUORE” MARIANO DELLA BAVIERA
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Al termine dell’udienza generale di oggi, durante una
piccola cerimonia in Aula Paolo VI, Benedetto XVI è stato insignito della
cittadinanza onoraria da parte della città tedesca di Altötting. La località bavarese custodisce un Santuario mariano
visitato ogni anno da circa un milione di pellegrini. Intrattenendosi
brevemente con la delegazione tedesca, il Papa ha ricordato un episodio della
sua gioventù quando – tornati lui e suo fratello “sani e salvi, dalla
guerra” - il loro padre, ha detto, “percorse a piedi il lungo tragitto da Traunstein fino ad Altötting per
ringraziare la Madre di Dio” per la salvezza dei figli. E indimenticabile, ha
proseguito Benedetto XVI, fu anche il pellegrinaggio al Santuario tedesco che
nel 1980 fece Giovanni Paolo II, durante il quale Papa Wojtyla poté “percepire
il cuore cattolico della Baviera”.
“Pochi anni fa - ha aggiunto inoltre il Papa - ho potuto
accompagnare un pellegrinaggio a piedi, che veniva da Ratisbona
ed in quell’occasione ho capito fino in fondo cosa significhi un pellegrinaggio del genere”:
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“Non è solamente
‘camminare con i piedi’, ma ‘camminare con il cuore’, non è un percorso esteriore, ma
interiore (…) Nel mezzo degli sforzi e delle fatiche di questo cammino, poi,
alla fine c’è veramente la grande gioia di essere arrivati alla Madre delle
Grazie, di incontrarla nel silenzio del santuario (…) Sono riconoscente per il
fatto che Altötting si è resa custode di questo
patrimonio antico di secoli, che così rimane sempre vivo, che si conserva
sempre lo stesso eppure sempre nuovo: l’antico e nuovo luogo di incontro con la
Madre del Signore e quindi del rinnovamento della nostra vita”.
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“Attraverso questa cittadinanza onoraria – ha osservato
Benedetto XVI - ora faccio parte in modo tutto particolare di Altötting. I granduchi bavaresi avevano disposto affinché,
dopo la loro morte, i loro cuori fossero conservati in quel santuario. Io so
che, in questo modo – ha concluso - il mio cuore ancora più definitivamente è
presso la Madre di Dio e che Lei mi guarderà dall’alto e mi guiderà nel mio
pellegrinaggio”.
NOMINE
Il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari di Quito (Ecuador) monsignor René Coba Galarza, vicario Generale di
Quito, e don Danilo
Echeverría Verdesoto, Rettore del Seminario Maggiore “Nuestra Señora de
Il Santo Padre ha nominato arcivescovo Ordinario Militare
per il Brasile monsignor Osvino José Both, finora vescovo di Novo-Hamburgo.
Ha nominato, inoltre, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi
di São Salvador da Bahia (Brasile) Dom Gregório (Leozírio)
Paixão Neto, Benedettini Confederati, finora Direttore del
Collegio del Monastero di “São Bento”
nella medesima arcidiocesi, assegnandogli la sede titolare vescovile di Fico.
AL RIENTRO DALLA CONFERENZA ONU SULL’AIDS,
AI
NOSTRI MICROFONI IL CARDINALE JAVIER LOZANO BARRAGAN
Il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del
Pontificio Consiglio della Salute, è appena rientrato a Roma da New York, dove
ha partecipato alla Conferenza dell’ONU sull’AIDS. Una pandemia che ha già
ucciso 25 milioni di persone, mentre sono circa 40 milioni le persone
contagiate. Forte, dunque, la preoccupazione da parte di tutti gli Stati. Lo
sottolinea, nell’intervista di Giovanni Peduto, lo stesso cardinale Barragan:
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R. – Non c’è stato nessun Paese che non fosse
preoccupato. Il problema, però, è quando si
tratta di vedere come frenare l’epidemia. Questo dipende anche
dall’atteggiamento dei diversi Paesi, specialmente dell’Europa del Nord, che
vogliono il libertinaggio sessuale: come si può concordare quel libertinaggio
con la possibilità di non essere infettati … Loro parlano sempre del
profilattico, affermando che con questo si può far fronte perché è una barriera
assoluta. In quella direzione abbiamo sentito parlare molto, spesso anche sul
problema della salute riproduttiva. Però, anche lì ci sono molte organizzazioni
non governative, le ONG, tra le quali ce ne sono molte di
tipo piuttosto perverso, tanto omosessuali come lesbiche, che hanno gridato
volendo dare ad intendere che la relazione uomo-donna è qualcosa che ormai è
passato di moda: sembra che oggi i rapporti debbano essere tra omosessuali o
lesbiche, perché abbiano un valore. Questa propaganda è molto forte. Queste
organizzazioni premono molto, come si vede anche all’interno dell’OMS, per
soppiantare la sovranità delle nazioni. Questo mi sembra abbastanza forte. Per
quanto riguarda la programmazione, la pianificazione mi sembra ben organizzata,
dal punto di vista pubblicitario, per sferrare un attacco assoluto alla normalità
dell’umanità, cioè al piano di Dio dell’uomo e della donna come fonte di vita.
Tutto questo mi sembra che sia stato qualcosa che si rilevava in maniera forte.
D. – Eminenza, si è fatta espressione del pensiero della
Chiesa riguardo a questi argomenti. Vuole sintetizzarci il suo intervento?
R. – Non credo che sia possibile sintetizzare
ulteriormente il mio intervento, perché gli interventi non potevano durare più
di tre minuti … Allora: ho parlato soltanto di fatti. Ho detto che
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ISTITUTO
FAMILIARE E DIGNITÀ DELLA PERSONA
AL
CENTRO DEL DOCUMENTO “FAMIGLIA E PROCREAZIONE UMANA”
PRESENTATO
IERI DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA.
CON
NOI, PAOLA SOAVE, MEMBRO DIRETTIVO DEL FORUM DELLE FAMIGLIE
L’istituto familiare fondato sul matrimonio, la vita come
dono di Dio e la dignità della persone umana. Sono
alcuni dei temi affrontati nel documento “Famiglia e procreazione umana” presentato
ieri dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Nel testo si sottolinea,
inoltre, come la famiglia sia stata vittima di violenti attacchi da parte di
leggi “chiamate a legalizzare forme di unione che destabilizzano
il matrimonio” e da tentativi di giustificare pratiche bio-mediche
che separano il fine unitivo da quello procreativo.
Nel documento, il dicastero vaticano ribadisce, in particolare, l’alto valore
di una procreazione responsabile. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco,
Paola Soave, membro direttivo del Forum delle Famiglie:
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R. - La procreazione responsabile prevede, prima di tutto,
che i genitori siano consapevoli della definitività
del legame tra un uomo e una donna. Un legame che si fonda sulla
certezza di essere disponibili al dono reciproco di sé, l’uno all’altro,
qualunque sia la situazione.
D. – Come i cristiani sono chiamati oggi in una società
dominata da spinte individualistiche a vivere la sessualità e l’amore?
R. – Non solo come una gratificazione personale, anche se
certo la gratificazione c’è ed è giusto che ci sia, ma essendo consapevoli del
fatto che la sessualità è uno strumento. Il rapporto reciproco è un rapporto di
donazione. Il Creatore che così ci ha voluti, uomo e donna, è la prima Persona
di fronte alla quale dobbiamo essere responsabili di come usiamo i suoi doni.
D. – Come rinsaldare l’istituto familiare fondato sul
matrimonio?
R. – I ragazzi oggi sono educati alla concezione del
rapporto uomo-donna più dalla televisione, dai giornali, dai comportamenti del
gruppo, che non invece dalla famiglia e da altri contesti educativi, come possono
essere sicuramente la parrocchia, i gruppi associativi e così via. La prima
grande urgenza, oggi, è riappropriarsi proprio del compito educativo nei
confronti delle nuove generazioni.
D. - La famiglia è un anello di congiunzione tra le
generazioni. Come salvaguardare questo legame?
R. – Se le famiglie sono delle famiglie salde,
responsabili, sanno portare le nuove generazioni in maniera serena e
costruttiva al loro futuro. Sicuramente le famiglie devono essere aiutate in
questo cammino, perché la famiglia oggi è uno dei soggetti educativi. Dovrebbe
essere il primo contesto educativo, ma in realtà è oscurata da soggetti
educativi, o meglio diseducativi, molto più potenti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Pietro, la
roccia su cui Cristo ha fondato la Chiesa”: Benedetto XVI chiede alle migliaia
di fedeli presenti all’udienza generale di pregare affinché “il primato di
Pietro affidato a povere persone umane possa essere sempre più riconosciuto nel
suo vero significato dai fratelli ancora non in piena comunione”.
Servizio vaticano – L’udienza
del Papa in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Altötting.
Servizio estero - In evidenza
l’Iraq con un articolo dal titolo “Il dolore di un padre, il dolore di un
popolo”, in riferimento all’uccisione del militare
italiano a Nassiriya.
Servizio culturale - Un
articolo di Armando Rigobello dal titolo “La
mediazione filosofica tra la ricerca teologica e il pensiero scientifico”: un
volume di Dominique Lambert.
Servizio italiano - In rilievo
il tema dei conti pubblici.
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7 giugno 2006
"SERIA
PREOCCUPAZIONE" PER I 65 MILA SFOLLATI DI TIMOR EST AMMASSATI IN CAMPI
PROFUGHI: ESPRESSA DALL'ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI
-
Intervista con Emanuele Giordana -
"Seria
preoccupazione" per i 65 mila sfollati di Timor Est ammassati in campi profughi,
privi di sicurezza e tutela. L’ha espressa l'Alto commissariato Onu per i Rifugiati, che - con un
ponte aereo - ha già fatto arrivare i primi aiuti d'emergenza. A Dili intanto vanno avanti i contatti tra governo e ribelli.
Il ministro di Esteri e Difesa, Ramos Horta, ha incontrato oggi il capo dei militari in lotta
contro il potere centrale, Alfredo Reinado, dettosi
disponibile a trovare una soluzione alla crisi. Mentre le Nazioni Unite hanno
annunciato che apriranno un’inchiesta sugli scontri delle scorse settimane,
nella capitale continuano le manifestazioni: soltanto ieri oltre duemila
dimostranti hanno invocato le dimissioni del premier Mari
Alkatiri, accusato di aver licenziato 600 soldati. La decisione, presa lo scorso
aprile, non è stata infatti digerita dai militari,
secondo cui dietro il provvedimento ci sarebbero ufficiali dell'esercito
filo-indonesiani originari di Timor Ovest. Sulla situazione nel Timor
orientale, sentiamo Emanuele Giordana, direttore dell’agenzia di stampa Lettera
22, intervistato da Giada Aquilino:
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R. – C’è sicuramente uno
scontro tra le diverse figure istituzionali, ossia da una parte il presidente
della Repubblica, Xanana Gusmao,
e il ministro degli Esteri, Ramos Horta,
e dall’altra il primo ministro Mari Alkatiri. La situazione è molto complessa
e credo abbia a che vedere soprattutto con l’impostazione politico-ideologica
dei personaggi. Gusmao e Ramos
Horta - chiamiamoli “gli occidentalisti” - sono
disposti ad aprire all’Australia e ad un rapporto con gli Stati Uniti. Alkatiri, l’uomo del Fretilin,
rimasto fedele all’ideologia del partito, preferirebbe invece aprire a Paesi
come la Cina e tenere una debita distanza da Canberra
e Washington.
D. – Dietro il licenziamento dei 600 soldati ci sono
quindi tali ragioni ideologiche e politiche?
R. – Ci sono soprattutto tali questioni. E non è da
escludere nemmeno un ruolo, magari indiretto, dell’Indonesia. Tutti questi
fattori giocano un ruolo importante che gira, per molti aspetti, attorno alla
questione dell’energia: cioè dei possedimenti di gas e di petrolio che si
trovano nel braccio di mare tra Timor Est e l’Australia.
D. – L’Alto commissariato ONU per i rifugiati ha lanciato
l’allarme per le condizioni di decine di migliaia di profughi. Ma qual è la
situazione dei civili, sul terreno?
R. – Credo che la situazione sia grave e lo sia
storicamente, perché quando nel 1999 si votò per il referendum ci furono dei
massacri: si parla di mille, forse 2 mila persone che furono uccise in un lasso
brevissimo di tempo. E ci fu una valanga di persone che scappò oltre confine.
Una situazione che si è ripetuta in questi giorni. La comunità internazionale
quindi è chiamata ad occuparsi di questo piccolo Paese che, in realtà, è il
manifesto di una crisi più ampia, legata all’incapacità e alla difficoltà di
gestire processi di riconciliazione. Credo che la situazione potrebbe precipitare
se non si arriverà ad un chiaro mandato della comunità
internazionale: penso ad un certo numero di truppe, che abbiano un mandato
internazionale chiaro e possano riportare l’ordine. In questo momento, sappiamo
che i soldati presenti, a fatica, riescono a farlo a Dili.
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DOPO
CHE
DIFENDE
SI
DISCUTE DI POSSIBILI STRUMENTI GIURIDICI PER BLOCCARLO,
IN
NOME DEI DIRITTI DEI BAMBINI
-
Intervista con Franco Frattini -
Ha destato forti imbarazzi anche tra le autorità olandesi
il recente annuncio della nascita nei Paesi Bassi di un partito politico che
sostiene la pedofilia, che nel suo programma fa dei rapporti sessuali tra
adulti e bambini una bandiera e chiede l’abolizione del reato di detenzione di
materiale pedo-pornografico. La legislazione elettorale olandese del resto non
prevede la possibilità di impedire la formazione di un partito politico sulla
base del programma elettorale, ma soltanto un controllo sulla denominazione del
partito stesso, che in questo caso è appunto “Carità, libertà, diversità”. La
questione ha suscitato sdegno anche in ambito Europeo e il vice presidente
della Commissione UE, Franco Frattini, è intervenuto
direttamente. Stefano Leszczynski lo ha intervistato:
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R. – Lo sconcerto è anzitutto personale, morale, perchè è
evidente che il fine dichiarato di questo partito è la liberalizzazione delle
attività sessuali nei confronti di bambini superiori ad 11 anni, quindi una
cosa francamente orribile. E evidentemente la mia prima preoccupazione è stata
quella di chiedere al ministro della Giustizia e al ministro degli Interni dei
Paesi Bassi se vi fossero strumenti giuridici per
bloccare questo partito.
D. – E la risposta? Se è possibile saperla…
R. – Posso dire che c’è un esame in corso, perché di fatto questo partito si ripara, se così posso dire,
dietro una proposta che è una proposta di tipo giuridico, cioè si dice: “Noi ci
proponiamo di abolire una legge dello Stato, quella che punisce con delle pene
severissime, chi compie certo genere di attività”. Il fatto di chiedere che una
legge sia abolita non vuol dire che noi commettiamo questi fatti. Questa è la
spiegazione formale che, a quanto sembra, questo partito ha dato. Ma è evidente
che l’attenzione, specie in campagna elettorale, dovrà essere altissima, perchè
vedere in una campagna elettorale un partito che pubblicamente incita agli atti
di pedofilia creerebbe non pochi problemi al sistema europeo di garanzia dei
diritti fondamentali, in particolare dei diritti dei bambini.
D. – Quello che crea anche parecchie perplessità è il
fatto che la lobby pedofila sia una realtà anche da
un punto di vista culturale…
R. – E’ chiaro che la libertà di espressione è un principio
sacrosanto, ma è evidente che la tutela dei diritti sia anch’esso un principio
assolutamente intoccabile. Quindi, da qui la mia grandissima preoccupazione per
l’idea che una lobby pedofila possa, tra l’altro,
espandersi a livello europeo. Noi stiamo per varare una Carta europea per la
protezione dei bambini, dei diritti dei bambini, ed evidentemente la pedofilia
è nel mirino.
D. – Sempre di più in nome della libertà di espressione ci
sarà qualcuno he ascolterà e rifletterà su alcune di
queste idee che vengono proposte dalla lobby pedofila. Come si possono contrastare?
R. – Ma guardi, il modo migliore è indurre, con una
politica profonda di educazione una sorta di ribellione morale. Il miglior modo
di trattare con coloro che propagandano certe idee è di confinarle in uno
spazio di isolamento e di bando morale. Di tutto si può parlare, ma inneggiare
ad una violazione della dignità delle bambine e dei bambini, di questo
francamente non facciamone un esercizio di discussione, neanche a livello
teorico.
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IN UN VOLUME I SERVIZI E GLI APPUNTI DI PADRE
GIORGIANNI, CHE È STATO INVIATO DELLA NOSTRA EMITTENTE PER I VIAGGI DI GIOVANNI
PAOLO II
-
Interviste con il cardinale Roberto Tucci, padre
Federico Lombardi e Mario Agnes -
“Per ogni fedele che vede giungere nella sua città papa
Giovanni Paolo II, trovarselo vicino è un momento unico della vita, per cui è disposto a fare qualunque sacrificio”: questa
frase racchiude il senso del libro “Papa
Karol Wojtyla per le vie del mondo”, scritto da padre Gianni Giorgianni e
pubblicato dalla Gangemi Editore. Scomparso nel 2001,
padre Giorgianni è stato inviato della nostra
emittente per i viaggi di Giovanni Paolo II. Questo volume raccoglie non solo i
testi dei suoi servizi radiofonici, ma anche i suoi appunti, in un intreccio di storia ed emozioni molto suggestivo. Il libro è stato
presentato ieri presso la Sala Marconi della nostra
emittente. C’era per noi Isabella Piro:
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(Musica)
Sono 36 gli itinerari papali descritti nel volume: dagli Stati
Uniti dell’ottobre del ’79, alla Germania nel giugno
del ’96. Ma in tutti, padre Giorgianni
si è sentito diviso tra il ruolo di cronista e quello di spettatore, partecipe
ed emozionato. Una dicotomia superata grazie all’universalità del messaggio
papale che emerge da ogni singola pagina, come ha sottolineato il cardinale
Roberto Tucci, ex direttore generale della Radio
Vaticana ed organizzatore dei viaggi apostolici di Papa Wojtyla:
“Si rivela questa capacità di padre Giorgianni
di capire i popoli delle nazioni che visitava, di contestualizzare
il messaggio del Papa, di far sentire a quali bisogni di quella comunità
nazionale corrispondeva il messaggio del Papa”.
In 26 anni di pontificato, Giovanni Paolo II ha compiuto
più di 240 viaggi, raggiungendo spesso zone impervie e pericolose per la sua
sicurezza. Ma il Papa non si è mai fermato:
“Feci presente al Papa che questo era un grande rischio e
praticamente il Papa mi disse: ‘I nunzi rischiano. I
vescovi rischiano. I missionari rischiano. Anche il Papa deve rischiare’”.
Un libro diverso, ha detto Mario Agnes,
direttore dell’Osservatore romano, perché racconta i viaggi del Papa senza
neanche una fotografia, ma solo grazie alla forza delle parole. Gli scrittori
come padre Giorgianni, ha aggiunto, non sono solo
cronisti, ma sono anche storici e teologi:
“Li chiamo
samaritani della memoria, perchè vanno proprio raccogliendo: camminano e non
passano sulla storia che è passata già, ma si fermano su un fatto, su quell’avvenimento, su quella persona”.
Leggere
questo testo, ha detto padre Federico Lombardi,
direttore generale della nostra emittente, è stato riscoprire una parte di
Pontificato lontana nella memoria, ma vicina nello Spirito:
“Io sono
rimasto colpito da questa serenità, da questa pacatezza con cui Giorgianni racconta. Ci sono delle pagine in cui si toccano
degli eventi che in un certo senso erano anche drammatici, se vogliamo. C’è la
pagina sulla contestazione del Papa a Managua,
durante il viaggio in Nicaragua. C’è l’invettiva contro la mafia d’Agrigento,
per esempio. Quindi, si tratta anche di fatti di estremo valore, di estrema
intensità storica ed emotiva. Ed io sono rimasto colpito, rileggendoli, della
serenità con cui Giorgianni ne parla. Una persona che
non si lasciava prendere dalle emozioni, ma conservava una grande lucidità, pur
avendo una profonda partecipazione spirituale”.
Il libro di
Padre Giorgianni diventa, così, uno strumento di
missione evangelica:
“Fa rivivere
l’aspetto di coraggio dell’annuncio, della passione dell’annuncio e dell’aprire
le strade per il Vangelo che Papa Giovanni Paolo ha vissuto”.
(Musica)
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7 giugno 2006
RESO
NOTO IL PROGRAMMA DEL V INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE
CHE SI
CELEBRERÀ A VALENCIA DAL 1 AL 9 LUGLIO. TRA LE
INIZIATIVE MOMENTI
DEDICATI
AI GIOVANI E UNA FESTA CON TESTIMONIANZE DI FEDE ED ESIBIZIONI
DI
SVARIATI ARTISTI
VALENCIA. = È stato pubblicato il Programma completo del V
Incontro Mondiale delle Famiglie che si celebrerà a Valencia dal 1 al 9 luglio.
“La trasmissione della fede nella famiglia”: questo lo slogan dell’evento che,
come riferisce l’agenzia Fides, prevede una fiera Internazionale della
Famiglia, il Congresso Internazionale Teologico Pastorale,
I VESCOVI DEL CAMERUN PROPONGONO AL PARLAMENTO
UN CAMBIAMENTO
DELLA LEGGE ELETTORALE.
HA ELABORATO UN PROGETTO CON 67 ARTICOLI
YAOUNDÈ. =
CENTINAIA
DI CONTADINI IRROMPONO NELLA SEDE DEL PARLAMENTO DI BRASILIA.
ACCUSANO
IL PRESIDENTE LULA DA SILVA DI NON ESSERSI IMPEGNATO
NELLA
RIFORMA AGRARIA
BRASILIA. = Armati di sassi e bastoni
centinaia di contadini senza terra hanno fatto irruzione nella sede del
parlamento di Brasilia. Almeno 26 persone sono rimaste ferite negli scontri fra
i manifestanti e i 500 poliziotti incaricati di restaurare l’ordine e liberare
il Congresso brasiliano. Circa 400 le persone che sono state arrestate.
L’incursione dei contadini al parlamento si è verificata in seguito ad una
manifestazione di protesta di circa 700 aderenti al Movimento per la
liberazione dei senza terra (MLST). Il gruppo, che afferma di rappresentare 4
milioni di famiglie rurali senza terra, accusa il presidente Luiz Inacio Lula
da Silva di non essersi impegnato nella riforma agraria e nella redistribuzione delle terre dei latifondisti. (T.C.)
IL PARLAMENTO DELLE FILIPPINE HA APPROVATO
UN PROGETTO DI LEGGE
CHE ABOLISCE
ALMENO 1.200 CONDANNE CAPITALI
MANILA. = Il parlamento delle Filippine ha
approvato oggi un progetto di legge che abolisce la pena di morte. Il testo
dovrà essere promulgato prossimamente dalla presidente Gloria Arroyo. Il senato lo ha approvato all’unanimità ieri sera,
dopo un passaggio più contestato alla camera dei rappresentanti. La presidenza
“accoglie favorevolmente il progetto di legge che abolisce la pena di morte”,
ha detto il portavoce della Arroyo Ignacio Bunye. La promulgazione
della normativa commuterà automaticamente le condanne a morte emesse contro
circa 1.200 detenuti. Le Filippine avevano già approvato nel 2000 una moratoria
sulle esecuzioni in seguito alle pressioni della Chiesa cattolica, largamente
maggioritaria nel Paese. (T.C.)
BRASILE:
INTIMIDAZIONI SUL WEB AD UN GRUPPO DI AMBIENTALISTI E A DUE RELIGIOSI CHE SI
OPPONGONO ALLO SFRUTTAMENTO DELLA FORESTA AMAZZONICA,
A SANTARÉM, A
DISCAPITO ANCHE DEI CONTADINI.
SANTARÉM. = La magistratura di Santarém,
nell’ovest dello Stato amazzonico di Pará, in
Brasile, ha aperto un’inchiesta sulle minacce di morte indirizzate via Internet contro alcuni ambientalisti e due religiosi che
si oppongono, insieme a una rete di movimenti sociali, alle attività
dell’impresa statunitense ‘Cargill’, dedita alla
produzione e alla commercializzazione della soia. Il procuratore Renato Rezende, riferisce l’agenzia MISNA, ha constatato che le
intimidazioni, rivolte in particolare al sacerdote diocesano Edilberto Sena e
al missionario verbita José Boing,
sono apparse recentemente su una pagina del popolare sito web brasiliano ‘Orkut’, in seguito chiusa, a firma di Derik
Figueira e Sidney ‘Dé’ Neumann. I due, ha spiegato
alla stampa locale Rezende, dovranno rispondere di violazione dell’articolo 19 della ‘Lei de crime de imprensa’, rischiando una condanna fino a un anno di
reclusione. “Quattro anni fa,
DA
DOMANI, NEL TOGO E IN GHANA,
CON I
FATEBENEFRATELLI PER I MALATI LONTANI E DELL’AERONAUTICA MILITARE.
IL PROGETTO PREVEDE
ROMA. = Parte domani per il Togo
e il Ghana la missione, denominata “Ridare
la luce”, dell’Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani
(AFMAL). Il progetto, che si concluderà
il 20 giugno e in collaborazione con l’Aeronautica Militare, ha lo scopo di combattere un problema
molto diffuso in Africa: la cecità provocata da malattie degli occhi non
curate, in particolare la cataratta. Trasportate da un velivolo C130-J della
46ª Brigata Aerea di Pisa, due equipe mediche, composte da
personale di vari ospedali Fatebenefratelli e da Ufficiali medici del Corpo
Sanitario dell’Aeronautica Militare, raggiungeranno ospedali Fatebenefratelli
per effettuare visite ambulatoriali e interventi chirurgici. Nell’ambito del
progetto si colloca l’iniziativa “Occhiali per il mondo” che prevede la raccolta
di occhiali da vista in disuso che, dopo essere stati monitorati e catalogati, vengono spediti presso le missioni di “Ridare la luce” in
Africa. Il progetto “Ridare la luce” ha anche una finalità sociale: in queste
regioni africane il cieco non può lavorare e ad esso
viene affiancato un “bambino-guida” che deve seguirlo fino alla maggiore età,
sacrificando in questo ruolo la propria infanzia e giovinezza. Grazie a questi
interventi umanitari non solo moltissimi uomini e donne possono tornare a
vedere e quindi ad essere produttivi per i propri
villaggi di appartenenza, ma anche molti bambini hanno l’opportunità di riacquistare
la libertà di correre, giocare, andare a scuola. Sono sei finora le missioni portate
a termine dall’AFMAL (tre in Mali, una in Benin, una
a Bali e l’altra in Togo) per un totale di circa 900
interventi chirurgici e oltre 3900 visite ambulatoriali. Alla nuova missione
parteciperanno 37 persone tra medici, infermieri, tecnici e logisti,
i responsabili Fra Benedetto Possemato, priore
dell’ospedale Fatebenefratelli di Genzano, e Fra Gerardo
D’Auria, direttore dell’ospedale S. Pietro
Fatebenefratelli di Roma. Il personale dell’Aeronautica Militare sarà diretto
dal Generale Ispettore Manlio Carboni, Capo del Corpo Sanitario e medico
oculista. (T.C.)
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Radiogiornale
7 giugno 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Non si ferma la
violenza in Iraq. Almeno 20 persone, tra cui 5 poliziotti, un imam sunnita e tre studenti
universitari, sono morte in diversi attentati nel Paese. Rapiti, inoltre, nella
città settentrionale di Kirkuk, due ingegneri sciiti
che lavorano per una compagnia petrolifera. Intanto, in una strada del centro
di Baghdad, sono stati ritrovati vivi, ma con evidenti segni di tortura, almeno
15 dei circa 50 dipendenti iracheni di aziende di trasporto rapiti lunedì nella
capitale. Da segnalare, poi, la liberazione, da diverse prigioni irachene, di
594 detenuti, nell’ambito di un programma di scarcerazione di circa 2500
detenuti, voluto dal premier, al Maliki, per favorire
nel Paese la “riconciliazione nazionale”. Infine, rientrerà
questa sera in Italia la salma del caporal maggiore,
Alessandro Pibiri, morto lunedì sera in un attentato
nei pressi di Nassyrja. Il ministro degli Esteri italiano, D’Alema, incontrando stamani a Baghdad al Maliki,
ha ribadito che il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq “è un processo
graduale che, tuttavia, entro l’autunno si completerà”.
Crescono
le polemiche negli Stati Uniti per il comportamento delle truppe statunitensi
in Iraq. Dal Senato di Washington è partita la richiesta al governo di
accertare cosa sia accaduto a Haditha, dove i
militari americani sono accusati di avere assassinato, a novembre
24, civili iracheni disarmati.
Medio Oriente. Un
palestinese di 19 anni, Munir Yunis al-Aid, è stato ucciso stamani a colpi di arma da fuoco nel
mercato di Khan Yunes, nella Striscia di Gaza, di
fronte a numerosi passanti da uomini col volto coperto. Non ha invece causato
vittime l’attacco aereo sferrato nella notte, sempre a Gaza, dall’esercito
israeliano contro una postazione utilizzata da miliziani per fabbricare missili
rudimentali. Intanto, secondo un sondaggio realizzato dall’Università Birzeit a Ramallah, circa il 77
per cento dei palestinesi è a favore dell’applicazione del “Documento di
riconciliazione nazionale” presentato dai leader detenuti nelle carceri
israeliane, che il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, vuole sottoporre a
referendum. L’annuncio della data della
consultazione popolare avverrà entro la fine della settimana per dare più tempo
ad Hamas di cambiare la sua posizione, accettando le
condizioni poste dal documento, che prevede l’implicito riconoscimento di
Israele. Da segnalare, poi, l’offerta della Turchia a fungere da mediatrice nel
dialogo tra israeliani e palestinesi. In un discorso pronunciato stamani di
fronte al parlamento di Israele, il presidente turco, Ahmed
Necdet Sezer, auspicato un
imminente incontro tra il premier israeliano, Olmert,
e il presidente palestinese, Abu Mazen.
“Sul suo dossier nucleare, l’Iran preferisce
la cooperazione al braccio di ferro”: è quanto ha dichiarato stamani il
ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, all’indomani
dell’incontro, a Teheran, con l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune
dell’Unione Europea, Solana. Mottaki ha ribadito
che i vertici della Repubblica islamica “studieranno con attenzione” gli
incentivi proposti dai cinque Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU
più la Germania al fine di convincere la
Repubblica Islamica a rinunciare all’arricchimento dell’uranio. Il ministro degli Esteri iraniano ha infine
sottolineato come anche negli Stati Uniti stia
prevalendo l’intenzione di risolvere la disputa per vie diplomatiche. Intanto,
la Russia, attraverso il suo ministro degli Esteri, Lavrov,
ha fatto sapere che approverà le sanzioni delle Nazioni Unite nei confronti
dell’Iran, solo se Teheran violerà il Trattato di non
proliferazione nucleare.
E’ di almeno 10 morti il bilancio di diversi
attentati avvenuti ieri in Afghanistan. Tra le vittime, anche due militari
statunitensi, uccisi nella provincia di Nangarhar,
non distante dal confine con il Pakistan, da una bomba collocata sul ciglio di
una strada e fatta detonare al passaggio della loro pattuglia. E proprio la
situazione in Afghanistan sarà al centro, domani a Bruxelles, di un vertice dei
ministri della Difesa dei Paesi aderenti alla NATO.
Quattordici Stati europei hanno
collaborato con la CIA o tollerato il trasferimento aereo di presunti
terroristi: è quanto indica un rapporto del parlamentare svizzero del Consiglio
d’Europa, Dick Marty,
secondo il quale la Polonia e la Romania avrebbero
ospitato centri di detenzione segreti. Spagna e Polonia respingono le accuse.
Se l’Ucraina aderirà alla NATO subirà “conseguenze molto negative” nei rapporti
con la Russia: è il duro monito lanciato stamani dalla Duma,
la Camera bassa del parlamento russo, con 435 voti a favore e un’unica
astensione. Intanto, nel Parlamento ucraino, i due partiti ‘arancioni’
e quello socialista si sono dati un’ulteriore settimana di tempo per dar vita
ad una maggioranza parlamentare e a un nuovo governo, dopo le elezioni legislative
del 26 marzo scorso.
Una fossa comune con 43 corpi è
stata ritrovata nei pressi di Buk Bijela,
nell’est della Bosnia. Lo ha reso noto la Commissione per i dispersi, che opera
in Bosnia. I corpi, secondo quanto dichiarato dalla Commissione, sono stati
riesumati da un tunnel lungo 6 metri posto in un
impianto idroelettrico alle porte della cittadina. Secondo le autorità, le 43
vittime potrebbero essere musulmani bosniaci uccisi nei pressi della prigione
serbo-bosniaca di Foca nel
1992, dove soldati serbo-bosniaci trucidarono più di 400 civili.
Si svolgerà il
7 luglio prossimo a Bruxelles il vertice dei Paesi donatori per il Darfur. Scopo dell’incontro, fare il punto sulla
ricostruzione della regione sudanese e sul piano di attuazione dell’accordo di
pace firmato tra il principale gruppo ribelle e il governo di Khartoum. Tra i
temi in agenda, anche l’ipotesi di un ulteriore dispiegamento di forze ONU,
proposte dall’Unione Africana.
E’ giunto stamani in Lussemburgo il neo ministro
dell’Economia italiano,
Tommaso Padoa Schioppa,
per partecipare, nel pomeriggio, alla sua prima riunione dell’Ecofin. Ieri, il ministro aveva incontrato il commissario
UE agli Affari Economici e Monetari, Almunia, cui
aveva annunciato l’intenzione di varare una monovra-bis
per correggere il deficit e, in questo modo, rispettare gli impegni presi con
l’Unione. Un progetto, quello della manovra, che Almunia
ha giudicato “molto positivo”.
A Port Harcourt, in Nigeria, una
coalizione di gruppi ribelli che operano nel delta del Niger ha rivendicato
l’uccisione, nella notte, di almeno cinque soldati in un attacco ai danni di un
sito petrolifero appartenente al gruppo Shell. I
ribelli hanno anche rapito cinque operai sudcoreani,
chiedendo in cambio la liberazione del leader di un gruppo di ribelli Alhaji, Mujaheed Asari-Dokubo, di cui ieri la Corte di Appello di Abuja ha respinto un’istanza di scarcerazione. La Nigeria,
sesto esportatore di petrolio al mondo, è teatro, dall’inizio dell'anno, di
numerosi attacchi e rapimenti ai danni delle società straniere che operano
nella zona.
Rimane alta la tensione in
Somalia. Le corti islamiche, dopo aver conquistato Mogadiscio, puntano a nord
della capitale contro le zone ancora controllate dai “Signori della guerra”.
Intanto, il mondo guarda con preoccupazione l’evolversi degli eventi. Gli Stati Uniti temono che la crisi umanitaria degeneri, portando ad una situazione confrontabile a quella che, nel 1993, innescò l'intervento
internazionale. Ma cosa sta accadendo a Mogadiscio
sul fronte umanitario? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a Nino Sergi, Segretario Generale di Intersos, Organizzazione umanitaria presente nel Paese
africano da anni:
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R. – In questi giorni, ho autorizzato una missione su
Mogadiscio di cinque giorni per visitare gli ospedali e capire la situazione;
c’è per esempio l’ospedale Benar di 500 letti con due
ammalati: non ci sono medicine, non ci sono attrezzature, pur essendoci medici.
Cioè, il bisogno è enorme, dal punto di vista sanitario ma anche da altri punti
di vista. Ma questo è un bisogno che non è dettato dalla situazione di oggi: è
un bisogno che dura da molti anni, perché c’è stato un po’ un abbandono delle
aree più difficili della Somalia.
D. – Cosa può fare la comunità internazionale in questo
momento, per aiutare questo Paese?
R. – Rafforzare, assolutamente, le istituzioni somale: e
qui, forse, c’è stata molta ambiguità da parte di alcuni Paesi della comunità
internazionale, che formalmente appoggiavano le istituzioni
mentre invece dietro appoggiavano altri tipi di movimenti, anche quelli
che si opponevano ad un nuovo governo, al Parlamento, eccetera. Perciò, prima
cosa: nessuna ambiguità. Occorre rafforzare il processo democratico della Somalia. Seconda cosa: l’approccio che la comunità
internazionale ha avuto – aiutiamo solo quelle aree dove è possibile realizzare
attività, perché sono più pacificate, eccetera – in
parte è positivo, ma dall’altra parte non lo è.
Non è che perché c’è, o c’era, un war lord, un “signore
della guerra”, che creava insicurezza, la popolazione non avesse bisogno!
Perciò, quelle regioni che sono state un po’ abbandonate in questi ultimi anni,
proprio per ragioni di insicurezza, vanno oggi assolutamente
aiutate, forse ancora più delle regioni dove c’è più tranquillità.
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Si è conclusa
ieri a Santo Domingo, la 36.ma Assemblea generale
dell’OSA, l’Organizzazione degli Stati Americani. L’assise,
condizionata da una dura polemica post-elettorale tra i ministri degli Esteri
di Perù e Venezuela, ha riflettuto sul tema delle strategie per uno sviluppo
equilibrato delle Americhe. Maurizio Salvi:
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Il ministro degli Esteri cileno, Alejandro
Foxley, ha affermato che la governabilità è possibile
solo attraverso la riduzione delle disuguaglianze, la creazione di occupazione
non precaria e lo sviluppo di economie intelligenti. Proseguendo la riflessione
su questo filone, il sottosegretario di Stato americano, Robert
Zoellick, ha osservato che i governi hanno
la responsabilità di rafforzare le istituzioni democratiche, scandendo il
cammino verso lo sviluppo e che in questo senso il primo obiettivo è la nascita
di condizioni propizie al rafforzamento del settore privato e degli investimenti.
Da parte sua, il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorim,
ha rilanciato la tesi del collega cileno, assicurando che la grande sfida
dell’America Latina è avere uno sviluppo con equità, che renderà possibile la
crescita sociale e tecnologica. Al termine, è stata approvata la dichiarazione
di Santo Domingo, una sorta di manifesto che ribadisce l’impegno dell’OSA per
lo sviluppo integrale delle Americhe.
Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana.
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Haiti attende oggi il voto di
fiducia del Parlamento al nuovo esecutivo nominato ieri dal presidente Rene Preval. La squadra di governo include membri di sei
differenti parti politiche e rappresenta il tentativo di Preval
di unire il Paese, impoverito e scosso dalla rivolta che nel Febbraio 2004
rovesciò Jean-Bertrand Aristide.
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