RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 156  - Testo della trasmissione di lunedì 5 giugno 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI apre stasera il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma sul tema “La gioia della fede e l’educazione delle nuove generazioni”. Ai nostri microfoni l’arcivescovo Luigi Moretti

 

Entusiasmo ed impegno nei movimenti ecclesiali, dopo il secondo raduno mondiale di Pentecoste con Benedetto XVI: intervista con Andrea Riccardi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il social-democratico Garcia nuovo presidente del Perù: il commento di Roberto Montoya

 

L’appello di Kofi Annan a non abbandonare le terre interessate dalla desertificazione, nell’odierna Giornata dell’ONU per l’ambiente: ce ne parla il prof. Antonio Ballarin Denti

 

17 anni fa le dimostrazioni studentesche di Piazza Tienanmen: della ricostruzione dei fatti emersa in questi anni parliamo con la storica Donatella Guida

 

CHIESA E SOCIETA’:

No all'eutanasia e all'accanimento terapeutico dei vescovi italiani in una nota pastorale sulla salute

 

In Myanmar, il carisma di don Bosco attrae sempre più giovani

 

Appello dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” per costruire, nelle Filippine, una Chiesa in un quartiere povero di Manila dove si estende un’immensa discarica

 

Celebrati i funerali del padre gesuita, Claudio Maria Rossi, morto la settimana scorsa in un tragico incidente nella casa di famiglia, a Palestrina, in provincia di Roma

 

Ieri, in Calabria, veglia di preghiera per le vittime della violenza

 

Parte nel pomeriggio, a Chianciano, il Convegno CEI sulla fragilità psichica e mentale, in vista dell’appuntamento di Verona

 

Presentato oggi in Conferenza stampa il prossimo “Festival dei due mondi” che si terrà dal 30 giugno al 16 luglio a Spoleto   

 

 

 

 

24 ORE NEL MONDO:

Morte e terrore a Baghdad: sequestrati 50 lavoratori di diverse aziende di trasporto a Baghdad mentre decine di persone hanno perso la vita in diversi attacchi, compreso 11 studenti massacrati a sud della capitale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

5 giugno 2006

 

 

BENEDETTO XVI APRE STASERA IL CONVEGNO ECCLESIALE DELLA DIOCESI DI ROMA

 SUL TEMA “LA GIOIA DELLA FEDE E L’EDUCAZIONE DELLE NUOVE GENERAZIONI”.

 AI NOSTRI MICROFONI, L’ATTESA DELL’EVENTO NELLE PAROLE

DEL VICEGERENTE, L’ARCIVESCOVO LUIGI MORETTI

 

Benedetto XVI aprirà stasera - alle 19.45 - i lavori del Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il rientro del Papa in Vaticano è previsto intorno alle 20.30. Il discorso del Pontefice darà l’avvio ad una tre giorni di intensa riflessione in vista dell’elaborazione del programma pastorale del prossimo anno. Il tema del Convegno è: “La gioia della fede e l’educazione delle nuove generazioni”. Attesa, dunque, per l’incontro del Papa con il clero e i fedeli laici della diocesi di Roma. A sottolinearlo è l’arcivescovo vicegerente della diocesi di Roma, Luigi Moretti, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Questo Convegno è un’occasione per definire il cammino che come Chiesa diocesana vogliamo fare. Il fatto che proprio il nostro vescovo traccerà le linee su cui muoverci, penso sia un atto di straordinaria attenzione alla sua diocesi. Per noi, certamente, è motivo di grande gioia, proprio perché non è una presenza rituale. Si fa carico di donarci questa prospettiva: la strada su cui siamo chiamati a lavorare.

 

D. – Il tema del Convegno ecclesiale è “la gioia della fede e l’educazione delle nuove generazioni”. Perché questa scelta?

 

R. – Noi veniamo da un cammino in cui abbiamo scelto come tema l’attenzione alla famiglia. Almeno per tre anni abbiamo cercato di posare l’attenzione sul versante degli sposi, dei genitori. Ora, all’interno della famiglia, vogliamo farci carico della realtà dei figli, dei ragazzi, dei giovani, per cui cercheremo di portare avanti un’attenzione particolare a questo mondo, a quello che può essere il rapporto con la famiglia, con la parrocchia, la Chiesa, la scuola, l’Università e con il lavoro. Ma soprattutto cercheremo di favorire la crescita, il rapporto intergenerazionale. Cercheremo di aiutarli a creare le condizioni perché possano essere i cristiani adulti di domani.

 

D. - Benedetto XVI ha da subito cercato e trovato un dialogo fecondo con i giovani. E’ un Papa esigente, come lo era in fondo anche Giovanni Paolo II. Come vede, dunque, questo rapporto fra il Papa teologo e i ragazzi del terzo millennio?

 

R. – Lo vedo come un maestro che, dando parole di Verità, dà dei punti fermi, dei punti di riferimento importanti. Credo che se c’è un problema nel mondo giovanile di oggi è lo smarrimento. Offrire un punto di riferimento preciso, che indichi quale sia la strada della sequela di Cristo, credo sia veramente un grande servizio che il Santo Padre fa a tutto il mondo giovanile. Penso che i giovani, soprattutto quelli che sono più sensibili, più vivi, più aperti, ne sono riconoscenti, e si mettono nell’atteggiamento di ascolto e di disponibilità.

 

D. – Quali i temi più significativi, oltre ovviamente a quello dell’educazione delle nuove generazioni?

 

R. – Parleremo soprattutto dei giovani. E, proprio per non parlare dei giovani senza che ci fossero i giovani, abbiamo dato molto spazio alla possibilità di confronto, perché possano essere essi stessi a parlare. Ovviamente il tema di riferimento è il contenuto della fede, che può essere un’esperienza viva, vissuta, profonda, motivante. Si può calare questa possibilità di esperienza dentro quelle che sono le dinamiche del mondo giovanile. Noi ci stiamo impegnando per rielaborare un progetto di pastorale giovanile unitario, condiviso, in cui far confluire tutte le energie che sono in diocesi, in modo che possa essere anche una proposta che si allarga a raccogliere chi oggi è un po’ fuori da questo giro.

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ENTUSIASMO ED IMPEGNO NEI MOVIMENTI ECCLESIALI,

DOPO IL SECONDO RADUNO MONDIALE DI PENTECOSTE CON BENEDETTO XVI

- Intervista con Andrea Riccardi -

 

I movimenti e le comunità ecclesiali, espressioni della libertà dello Spirito e del servizio alla missione della Chiesa. La grande veglia di Pentecoste, vissuta con il Papa, ha lasciato una scia di entusiasmo nei membri di queste realtà ecclesiali, che in 400 mila hanno riempito, sabato scorso, Piazza San Pietro e Via della Conciliazione per ascoltare la parola di Benedetto XVI. Ma quali emozioni ha lasciato nei cuori questo incontro? Isabella Piro lo ha chiesto ad Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio:

 

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R. – Noi tutti là presenti, nuove comunità e movimenti ecclesiali, abbiamo sentito una grande speranza. Il mondo non è abbandonato. In Cristo il Signore è presente, attraverso il suo Spirito soffia l’amore nei cuori. Questo ha spinto i movimenti ad una maggiore comprensione del proprio carisma, carisma come dono, carisma come senso della missione, come senso di amore per gli altri e per tutti.

 

D. - Il precedente incontro dei movimenti ecclesiali con il Santo Padre si è tenuto nel 1998 con Giovanni Paolo II: cosa è cambiato da allora?

 

R. – E’ cambiato il mondo innanzitutto. Pensiamo solo all’11 settembre. Pensiamo solo al tanto odio diffuso, anche in Europa. Pensiamo alle guerre, alle povertà che certo non sono diminuite. Allora, in tutto questo, i movimenti hanno ritrovato nelle parole del Papa, nel convergere comune, la sensazione forte che ripartire da Gesù e ripartire dal Vangelo sia un fatto decisivo, perchè ‘lampada che illumina i nostri passi’. Insomma, i movimenti hanno sentito come in questo mondo talvolta disperato sia necessario vivere la speranza, prima di tutto, e poi comunicarla.

 

D. - Al termine della sua omelia, Benedetto XVI ha invitato i movimenti ecclesiali ad “essere collaboratori nel ministero apostolico universale del Papa, aprendo le porte a Cristo. Prof. Riccardi, qual è, secondo lei, il modo migliore per instaurare un rapporto costruttivo tra i movimenti ecclesiali e le Diocesi?

 

R. – A me sembra che noi dobbiamo superare una mentalità sindacale, quasi che si trattasse di due parti che debbono arrivare ad un accordo. Questo mi sembrava il punto importante dell’omelia di Benedetto XVI. Innanzitutto lui ha detto: “Collaborate con me e con il mio ministero. Io ho bisogno ancora di più del vostro aiuto e della vostra presenza”. Dall’altro, ha esortato i movimenti ad una maggiore generosità e ad un maggiore impegno. Mi sembra che non è una prospettiva sindacale, ma è come dire un impegnarsi maggiormente e responsabilmente nella missione del Vangelo. In questo senso, sono importanti anche le parole del Papa, rispetto alla molteplicità e all’unità. Non una molteplicità che si frantuma, ma nemmeno un’unità che non passi attraverso i canali della vita.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - "Vita, libertà, unità, corresponsabilità": nei Vespri della Solennità di Pentecoste Benedetto XVI affida agli oltre 450.000 membri de Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità presenti in San Pietro l'impegno di essere fedeli discepoli di Cristo in questo nostro tempo.

 

Servizio estero - In rilievo l'Iraq, ancora drammaticamente segnato dalle violenze.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa dal titolo "La forza narrativa delle immagini": la mostra romana "World press photo 2006".

 

Servizio italiano - In primo piano l'economia.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

5 giugno 2006

 

 

IL SOCIAL-DEMOCRATICO GARCIA NUOVO PRESIDENTE DEL PERU’

- Intervista con Roberto Montoya -

 

Il candidato social-democratico Alan Garcia è il nuovo presidente del Perù. Già a capo del Paese dal 1985 al 1990, Garcia, nel ballottaggio di ieri, a scrutinio quasi ultimato ha ottenuto il 55,4 per cento dei consensi, contro il 44,5 del nazionalista Ollanta Humala. Il nuovo capo dello Stato sostituisce il presidente uscente, Alejandro Toledo. Qual è la scelta politica fatta dai peruviani con l’elezione di Garcia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Roberto Montoya, corrispondente in Italia per il quotidiano peruviano “La Repubblica”:

 

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R. – Credo che il Perù abbia dato il voto presidenziale ad Alan Garcia, non tanto per la sua figura quanto per il partito che rappresenta. Dobbiamo, infatti, ricordare che il Partito Alianza popular revolucionaria americana (APRA) è l’unico partito che esiste da più di 40 anni. Dobbiamo ora aspettare e vedere cosa farà Garcia. E’ anche importante ricordare che Garcia non avrà la maggioranza in Parlamento e si troverà quindi costretto a stringere alleanze con altri partiti per poter far passare le proposte di legge.

 

D. – Nonostante le forti critiche al precedente mandato i peruviani hanno nuovamente scelto come presidente Alan Garcia, per quale motivo?

 

R. – I peruviani sanno benissimo che il passato governo è stato disastroso sia per quanto riguarda l’economia, sia per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani. I peruviani hanno voluto comunque a scommettere su quella persona che tutto sommato – dicono gli analisti peruviani – conoscono meglio. Credo, invece, che Ollanta Humala, sia stato – secondo me – bruciato anche dalla politica estera del presidente Chavez. I peruviani hanno votato Garcia anche per un problema di dignità nazionale. Si tratta di una partita persa del presidente Hugo Chavez.

 

D. – Montoya, la presidenza Garcia si inserisce nel fronte di sinistra, di cui fanno già parte numerosi Stati latinoamericani?

 

R. – Io penso che Garcia entri a far parte di quella sinistra socialista moderata. Alan Garcia dovrà vedersela, anche per avere dei buoni rapporti con i suoi vicini di casa, avendo tra l’altro una politica radicale, con una politica che gli permetta di continuare con l’eccellente politica che ha fatto l’uscente presidente Toledo. Dovrà, quindi, rispettare questa continuità, questa crescita dal punto di vista macroeconomica nel nostro Paese, l’unico tra i Paesi andini che è cresciuto in questo ultimo anno dal punto di vista economico. Garcia dovrà rispettare l’eredità che viene lasciata dal presidente uscente Alejandro Toledo.

 

D. – Come gli Stati Uniti, preponderanti in gran parte della zona latinoamericano, si pensa abbiano accolto l’elezione di Garcia?

 

R. – Credo che Washington oggi stia applaudendo la scelta in Perù di Alan Garcia. Non credo che ci siano dei rapporti logorati tra il Perù e gli Stati Uniti. Certo è che se dovrà affrontare degli argomenti con gli Stati Uniti, Garcia li affronterà  guardando sempre agli interessi di campesinos, che lavorano la terra in gran parte del Perù.

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L’APPELLO DI KOFI ANNAN A NON ABBANDONARE LE TERRE

INTERESSATE DALLA DESERTIFICAZIONE, GRAVE NELL’AFRICA SUBSAHARIANA

E NEL MERIDIONE ASIATICO: 

DIFFUSO NELL’ODIERNA GIORNATA DELL’ONU PER L’AMBIENTE 

- Intervista con il prof. Antonio Ballarin Denti -

 

“Non abbandonate le terre aride!”. Questo il titolo dell’odierna giornata mondiale per l’ambiente indetta dalle Nazioni Unite. Nel suo messaggio, il segretario generale del Palazzo di vetro, Kofi Annan, invita i governi a combattere contro la desertificazione che interessa oltre il 40% della superficie terrestre e quasi 2 miliardi di persone che vi abitano. Sabato scorso, durante la veglia di Pentecoste con i movimenti ecclesiali, Benedetto XVI aveva levato un appello alla difesa dell’ambiente. “Non possiamo usare ed abusare del mondo e della materia come di semplice materiale del nostro fare e volere”, aveva affermato il Papa, ma “dobbiamo considerare la creazione come un dono affidatoci non per la distruzione, ma perché diventi giardino di Dio e così giardino dell'uomo”. Ed è di oggi la notizia dell’impegno messo in campo dall’Europa per tutelare la biodiversità del continente, con misure, da qui al 2010, per proteggere dall’impoverimento naturalistico gli habitat marini e rurali.

 

Cresce e si diversifica, dunque, la sensibilità in favore dell’ambiente. Tra le emergenze, il problema della desertificazione resta particolarmente grave, specie nell’Africa subsahariana e in Asia meridionale. Ma quali sono le cause del fenomeno? Eugenio Bonanata lo ha chiesto al prof. Antonio Ballarin Denti, docente di fisica dell’ambiente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia:

 

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R. – C’è, al fondo, un aspetto determinante rappresentato dal cambiamento climatico generale: aumenta le temperature del pianeta e al tempo stesso cambia i regimi pluviometrici, cioè le precipitazioni in molte regioni, facendo diminuire le precipitazioni proprio nelle zone più aride. A questo fenomeno, che è naturale – ancorchè indotto dalle emissioni dei gas serra da parte dell’uomo - si sommano fenomeni più direttamente imputabili invece all’azione umana. Per esempio, una cattiva gestione dei suoli; l’uso abbastanza scriteriato – direi - della zootecnia al posto dell’agricoltura; la mancanza di strumenti di gestione del ciclo delle acque, in quanto le acque giocano un ruolo fondamentale in questo; un cattivo uso agronomico dei suoli, per mancanza di strumenti sia meccanici che chimici.

 

D. – Secondo lei, è possibile invertire il senso di marcia del fenomeno, cioè proporre in qualche modo un’espansione della terra verde?

 

R. – La gravità di questo fenomeno è che al contrario di problemi connessi all’inquinamento atmosferico e a quello delle acque, che in qualche modo sono reversibili  probabilmente nel giro di pochi anni o pochi decenni, quando un suolo si degrada - cioè perde le sue caratteristiche meccaniche, chimiche, fisiche e biologiche che ne garantiscono la fertilità - si innesca un fenomeno che per essere invertito può richiedere addirittura secoli, come ha richiesto secoli o millenni la formazione di un suolo fertile. Quindi, oggi bisogna puntare certamente a cercare di recuperare possibili aree degradate, ma più che altro a prevenire un ulteriore degrado che purtroppo si sta verificando in zone molto estese del nostro pianeta.

 

D. – Nelle zone degradate, come vive la gente, a quali difficoltà va incontro?

 

R. – Innanzitutto, le zone più degradate sono, ahimè, le zone più povere del pianeta e quelle in cui gli uomini e le donne vivono eminentemente di agricoltura: quando viene colpita la risorsa-suolo, non hanno altra fonte di reddito, non ci sono neanche altre possibilità occupazionali alternative. Il che significa scendere ad un livello di reddito, che fa entrare nella zona della fame, della mancanza di nutrizione. Questo spiega anche, quindi, il dramma di mobilità, migrazioni che avvengono tra una zona e l’altra, quando si aggravano questi fenomeni di degrado del suolo. E ciò, ovviamente, crea tensioni e potenziali conflitti tra Stati poveri, che rischiano di doversi combattere tra di loro.

 

D. – Cosa può fare concretamente ciascuno di noi nel suo piccolo?

 

R. – Bisogna innanzitutto sviluppare modelli economici che non affatichino il suolo inutilmente. C’è poi un problema di gestione delle acque, che può essere fatto da politiche dei governi, ma soprattutto dai piccoli produttori, allevatori, agricoltori con un’adeguata cultura, sia generale, sia specifica. Quindi, questo significa anche sviluppare cultura e istruzione, a livello dei singoli, delle famiglie, delle comunità, dei gruppi, affinché questi sappiano impiegare tecniche sostenibili e non di ulteriore degrado.

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17 ANNI FA LE DIMOSTRAZIONI STUDENTESCHE DI PIAZZA TIENANMEN: 

DELLA RICOSTRUZIONE DEI FATTI EMERSA IN QUESTI ANNI

NE PARLIAMO CON LA PROF.SSA DONATELLA GUIDA

 

         In Cina si è ricordiamo, tra straordinarie misure, il 17.mo anniversario della repressione di piazza Tienanmen. Tra il 5 aprile ed il 4 giugno del 1989, moltissimi lavoratori, studenti e militari rimasero uccisi durante scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Il bilancio delle vittime è discordante: sono circa 800 secondo la CIA e 2.600 per la Croce rossa cinese. Gli studenti parlano, invece, di oltre 7.000 morti. Sui tragici eventi di piazza Tienanmen, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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         La protesta studentesca, cominciata nell’aprile del 1989, ebbe inizio dopo la morte di Hu Yaobang, vicesegretario del partito comunista considerato un liberale. A poche decine di studenti, che volevano esprimere in piazza Tienanmen il loro cordoglio per la sua scomparsa, si unirono, poi, migliaia di giovani. Dopo i primi scontri tra manifestanti e polizia, le proteste si fecero ancora più intense. Le dimostrazioni divennero, quindi, occasione per denunciare instabilità economica, mancanza di libertà e di democrazia in Cina. Ma il governo rifiutò il dialogo ed il 13 maggio molti giovani cominciarono lo sciopero della fame. Una settimana dopo, il governo dichiarò la legge marziale. Nella notte tra il 27 ed il 28 maggio, fu inviato l’esercito a riprendere il controllo della città. La repressione fu sanguinosa e si concluse il 4 giugno. Ma quanto si è realmente saputo delle proteste di piazza Tienanmen? Risponde la professoressa Donatella Guida, docente di Storia dell’Asia orientale presso la Facoltà di studi orientali dell’Università “La Sapienza” di Roma:

 

R. – All’epoca in cui sono avvenute le proteste, sicuramente non si è saputo molto. Naturalmente, gli organi di stampa tacevano o minimizzavano quello che accadeva a Pechino. Ed anche negli anni successivi, basandosi esclusivamente sulle fonti cinesi e, in particolare, in cinese, non c’è molto. Comunque la rivolta è stata presentata in una maniera abbastanza criminalizzante, cioè come se si trattasse di una banda di esaltati che, con lo scopo di danneggiare lo Stato, stessero cercando di sobillare la popolazione.

 

D. – Professoressa, lei nel 1989 era in Cina per motivi di studio. Quale atmosfera si respirava nel Paese?

 

R. – Io mi trovavo a Shangai, non a Pechino, e quindi l’atmosfera era sicuramente un po’ diversa. Anche lì c’erano, comunque, grandi manifestazioni studentesche. Noi ascoltavamo le radio straniere, la BBC principalmente, e poi The Voice of America. Riuscivamo così ad avere qualche informazione, altrimenti non sarebbe praticamente trapelato nulla. Si respirava un’atmosfera di grande eccitazione, fondamentalmente, e io ricordo che non si aveva la percezione del pericolo, cioè di quello che poi sarebbe accaduto, ovvero che lo Stato avrebbe reagito in maniera così violenta.

 

D. – La celebre immagine dello studente che cerca di fermare i carri armati e l’avanzata oggi della Cina nei mercati internazionali sono l’emblema di un forte contrasto storico. Cosa è cambiato in questi anni in Cina?     

 

R. – Dal punto di vista economico, c’è stato un balzo enorme. Dal punto di vista politico, la situazione è abbastanza ferma se ci riferiamo a quello che sono le riforme democratiche richieste nel 1989. Istituzionalmente, non è cambiato nulla. Probabilmente, i moti studenteschi hanno assunto altre forme. Il modo attualmente utilizzato è Internet. Ci sono molti blog dove gli studenti o altre fasce sociali discutono. Ogni tanto vengono chiusi.

**********  Ricavato da "http://it.wikipedia.org/wiki/Protesta_di_Piazza_Tien_an_men"

                           

 

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

 

CHIESA E SOCIETA’

5 giugno 2006

 

 

NO ALL'EUTANASIA E ALL'ACCANIMENTO TERAPEUTICO DEI  VESCOVI ITALIANI

IN UNA NOTA PASTORALE SULLA SALUTE.

I PRESULI METTONO IN GUARDIA DAI RISCHI DI UN’ECCESSIVA

“AZIENDALIZZAZIONE” DELLA SANITÀ.

- A cura di Alessandro Guarasci -

 

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ROMA. = La sanità miri sempre a tutelare la vita. Nella nota, i vescovi italiani mettono in guardia sui rischi che nella sanità possono venire da un ''atteggiamento prometeico'', che ''si illude di potersi impadronire della vita e della morte''. ''Sintomi molto evidenti di questa concezione'' sono per i presuli, da un lato l'accanimento terapeutico e dall'altro, l'eutanasia, che sono ''in una certa continuità logica, perché in essi è sempre l'uomo a non accettare di misurarsi in maniera umana con la morte. Con l'accanimento terapeutico - sottolinea la Commissione CEI per il servizio della salute - l'uomo usa tutti i mezzi per posticipare la morte, mentre con l'eutanasia l'uomo si arroga il diritto di anticipare e determinare la morte; in ambedue i casi egli intende esercitare un dominio assoluto sulla vita e sulla morte''. Ma la nota mette in guardia anche da un’eccessiva “aziendalizzazione” della sanità. Insomma, l'efficienza è un valore, ma non a scapito della cura delle persone. A proposito della regionalizzazione del sistema sanitario, i vescovi denunciano il rischio che le prestazioni sanitarie non siano ugualmente valide in ogni regione.

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IN MYANMAR, IL CARISMA DI DON BOSCO ATTRAE SEMPRE PIÙ GIOVANI.

NEL PAESE, ULTIMAMENTE, AVVIATA UNA NUOVA PRESENZA:

IL “DON BOSCO EDUCATIONAL SERVICES

 

YANGON. = Sempre più numerosi sono, in Myanmar i giovani che si lasciano attrarre dal carisma di don Bosco. Animati dal desiderio di diventare “piccoli evangelizzatori”, essi restano affascinati dal messaggio di amore di Gesù e dallo stile pastorale dei Salesiani. Nel Paese, durante il mese di maggio, oltre ai 45 religiosi Salesiani, ai 9 novizi e le 25 suore Figlie di Maria Ausiliatrice – informa l’agenzia Salesiana Ans – è stata avviata una nuova presenza, il “Don Bosco Educational Services” e nell’area di Wa si è rinnovata la convenzione per la presenza missionaria già attiva da 25 anni. La chiesa di Myanmar, grazie alle presenza dei Salesiani e di altri ordini religiosi, come i Gesuiti e i Francescani, sta rafforzando il suo impegno nella pastorale giovanile. Frutto di questo impegno è la sempre maggiore crescita vocazionale: nella diocesi di Hakha, nel Myanmar Occidentale, al confine con l’India, ci sono almeno 70 seminaristi, ma in tutto il Paese aumentano i giovani desiderosi di offrire la loro vita a Gesù. Sono circa 1.300 i seminaristi dislocati in diverse zone del Paese, spesso coinvolti anche in attività sociali: operando in scuole, dispensari e ospedali, grazie all’ausilio delle congregazioni religiose. (V.C.)

 

 

APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE “AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE” PER COSTRUIRE,

 NELLE FILIPPINE, UNA CHIESA IN UN QUARTIERE POVERO DI MANILA

DOVE SI ESTENDE UN’IMMENSA DISCARICA


MANILA. = Raccogliere 900 mila euro per costruire a Manila, nelle Filippine, una chiesa che possa accogliere le famiglie povere di un’ampia zona degradata. E’ l’appello lanciato dalla rete internazionale dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” per celebrare i Sacramenti, coltivare la fede, trovare conforto e assistenza spirituale anche a Payatas, quartiere povero dove si estende un’immensa discarica. L’area è universalmente nota come “smokey mountains” (montagne fumanti), poiché è perennemente coperta di fumo per le esalazioni e l’autocombustione dei rifiuti. In questa immensa discarica, definita dall’agenzia vaticana Fides una “ferita infetta nel cuore della città”, vivono stabilmente oltre 25 mila persone, nella miseria e nel degrado. Secondo padre Benigno Beltran,
parroco della chiesa della “Resurrezione di Cristo” a Manila, la vita di questa gente è sotto la soglia della dignità umana. Il sacerdote concentra la sua azione pastorale nel tentare di restituire un tenore di vista dignitoso. Oltre agli aiuti economici e a cercare di indirizzare i giovani alla scuola e alla formazione professionale, il sacerdote ha avviato le “Comunità Ecclesiali di Base”, ognuna composta da 10-15 famiglie che si riuniscono regolarmente per leggere la Bibbia e condividere le loro esperienze. (A.L.)

 

 

CELEBRATI I FUNERALI DEL PADRE GESUITA, CLAUDIO MARIA ROSSI,

MORTO LA SETTIMANAA SCORSA IN UN TRAGICO INCIDENTE NELLA CASA DI FAMIGLIA,

A PALESTRINA, IN PROVINCIA DI ROMA. IL CELEBRANTE, MONS SIGALINI:

NON E’ STATA UNA CADUTA NEL VUOTO, MA UN VOLO VERSO DIO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

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ROMA. = “Un volo verso le braccia di Dio condotto per le mani di Maria” e “non una caduta nel vuoto”. Con queste parole, informa l’agenzia SIR, il vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini, ricorda in una lettera la morte di padre Claudio Maria Rossi, gesuita della Cappella dell'Università La Sapienza di Roma, morto cadendo in un pozzo davanti agli occhi della mamma il 31 maggio scorso presso la casa di famiglia a Palestrina. Alle esequie celebrate questa mattina in una gremita Cappella dell’università La Sapienza di Roma, dove il religioso lavorava come animatore, moltissimi studenti hanno voluto salutare e ricordare un uomo e un sacerdote entrato molto presto nei loro cuori per il tratto di grande umanità da lui posto in ogni rapporto umano. Tra le circa 500 persone presenti alla cerimonia funebre - presieduta dal vicegerente di Roma, mons. Moretti, e concelebrata da oltre 50 sacerdoti - anche il rettore dell’Università e alcuni docenti, oltre ai familiari e allo scrittore Giorgio Montefoschi. Originario del Sudafrica, dove aveva vissuto e operato a lungo, padre Rossi si era poi trasferito in Inghilterra, e da Londra è giunta a Roma per le esequie una delegazione della Provincia inglese dei Gesuiti ai quali il religioso apparteneva. “Non c'è stata nessuna caduta nel vuoto quella sera”, scrive mons. Sigalini nella lettera indirizzata alla madre del religioso. “Cancella dalla vista quei momenti impossibili e vedila come una ascesa, un volo verso le braccia di Dio condotto per le mani di Maria. Padre Claudio era tutto per te. Lo è oggi ancora di più”. Padre Rossi era un “ricercatore dello Spirito di Dio nell’uomo”, ha detto ancora stamani il superiore della Cappella universitaria”, padre Vincenzo D’Adamo, nel ricordo commosso fatto del fratello di comunità. Giovedì prossimo, alle 18, presso la Chiesa di S. Maria Assunta di Cave, mons. Sigalini presiederà la concelebrazione nell'ottavario dalla morte.

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IERI, IN CALABRIA, VEGLIA DI PREGHIERA PER LE VITTIME

 DELLA VIOLENZA. MONS. GIANCARLO MARIA BREGANTINI, VESCOVO DI LOCRI,

 HA AVVERTITO: “LA MITEZZA È LA RISPOSTA MIGLIORE AL MALE”

 

LOCRI.= “Laddove siamo colpiti in modo tragico occorre rispondere con la mitezza dei cuori”. È quanto affermato da mons. Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri-Gerace, che ieri sera ha presieduto nella chiesa di San Michele de Latinis a Gerace, una preghiera per tutte le vittime della violenza nella Locride e in Calabria. “La mitezza - ha detto il presule commentando il Vangelo delle Beatitudini - è la risposta migliore al male anche se a volte verrebbe spontaneo rispondere diversamente con violenza, rabbia e vendetta”. L’agenzia SIR sottolinea che mons. Bregantini ha lanciato un monito a non commettere più il male “in una terra dove molti fratelli hanno subito l'onta dell'inumana violenza”. Il presule ha, quindi, invocato il “Dio della libertà” sottolineando che per essere liberi occorre “sciogliere i legami con la violenza”. Alla preghiera, promossa dalla Commissione giustizia e pace della diocesi calabrese per ricordare “quanti sono tragicamente scomparsi in seguito ad atti criminali", hanno partecipato i familiari di alcune persone che, purtroppo - ha detto il vescovo di Locri-Gerace - hanno figli “caduti sotto i colpi di chi, impunemente, pensa di potersi fare giustizia da sé”. L’incontro di preghiera è un’iniziativa itinerante che la diocesi di Locri-Gerace promuove annualmente per non dimenticare le tante vite spezzate dalla criminalità. (A.G.)

 

 

PARTE NEL POMERIGGIO, A CHIANCIANO, IL CONVEGNO CEI

SULLA FRAGILITA’ PSICHICA E MENTALE, IN VISTA DELL’APPUNTAMENTO DI VERONA

 

CHIANCIANO. = Prendere coscienza dell’ampiezza e della diffusione delle tante forme di malattia e fragilità psichica e mentale e promuovere all’interno della comunità cristiana una maggiore sensibilità alla problematica, anche in vista del Convegno ecclesiale di Verona. Mons. Sergio Pintor, direttore dell’Ufficio nazionale CEI per la pastorale della salute, illustra così i temi del Convegno che si apre oggi pomeriggio a Chianciano sul tema “Fragilità psichica e mentale. Un grido silenzioso a cui rispondere come Chiesa e come società”. Destinato principalmente ai responsabili regionali e diocesani della pastorale sanitaria, il convegno si concluderà il 7 giugno e vedrà - informa l’agenzia SIR - la presenza di relatori quali padre Pascual Piles, priore generale dei Fatebenefratelli, Tonino Cantelmi psichiatra, Alda Pellegri, neuropsichiatra infantile di “La Nostra Famiglia”, Emiliangelo Ratti, dello Psychiatry Centre of Excellence for Drug Discovery, Maurizio Chiodi, teologo moralista, oltre a vari esperti e operatori di pastorale sanitaria. Parteciperanno anche i vescovi mons. Francesco Montenegro, presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, e mons. Giuseppe Merisi, membro della stessa Commissione. Come sottolinea mons. Pintor, “il metodo di lavoro sarà quello dell’ascolto della realtà concreta, degli esperti, delle testimonianze, per suscitare dialogo e impegno costruttivo per tutti i soggetti ecclesiali e civili chiamati a rispondere a persone e famiglie”. (A.D.C.)

 

 

PRESENTATO OGGI IN CONFERENZA STAMPA

IL PROSSIMO FESTIVAL DEI DUE MONDI,

CHE SI TERRA’ A SPOLETO DAL 30 GIUGNO AL 16 LUGLIO

- A cura di A.V. –

 

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SPOLETO.= Quarantanove anni fa, nell’Italia del dopoguerra e di una difficile ricostruzione, il Festival dei due Mondi a Spoleto fu una novità assoluta: spettacoli dai noi mai visti, con artisti come Visconti, pubblico americano e grandi sponsor. L’antica arcidiocesi, un tempo seconda solo a Roma, tornava al suo antico splendore, da Piazza Duomo alle Chiese romaniche, all’anfiteatro romano ai due teatri nuovi, il Nuovo e il Piccolo Caio Melisso. Oggi, l’Italia delle 100 città e dei 100 campanili ha per ciascuno un suo Festival, ma Spoleto rimane, tra gli storici, il più amato e il più celebrato, come il suo “padre”, il quasi centenario Gian Carlo Menotti. Grazie al suo carisma e all’instancabile figlio Francis, che ne ha eredito la direzione artistica, anche quest’anno un tripudio di nomi internazionali: l’Orchestra Filarmonica di Israele; Alàn Curtis, Maestro dei recuperi filologici con un inedito vivaldiano; i celebri solisti , come Christine Brewer, Jeanyvest Thibaudet, Gautier Capuçon; le grandi compagnie di danza americane e le novità da Inghilterra e Novergia. Un tributo soprattutto a Menotti e ai grandi maestri che hanno fatto la storia dello spettacolo in Italia, come l’omaggio Citto Maselli e a Marcello Mastroianni che la Sezione cinema offre quest’anno.

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24 ORE NEL MONDO

5 giugno 2006

 

- A cura di Roberta Moretti -

 

           

Sempre alta la tensione in Iraq. Undici studenti sono stati assassinati stamani a sud di Baghdad da uomini armati che hanno aperto il fuoco contro l’autobus sul quale viaggiavano. Intanto, sempre nella capitale, almeno 50 tra autisti, impiegati e clienti di alcune aziende di trasporto sono stati sequestrati nelle ultime ore. Il nostro servizio:

 

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Secondo fonti del ministero dell’Interno, si tratterebbe di un’operazione coordinata. I rapimenti sono stati messi a segno da un gruppo di ribelli, travestiti da poliziotti. I commando sono entrati in azione con sei auto civili in una strada della capitale, dove si concentrano le agenzie che offrono servizi di collegamento con Siria e Giordania. Tra i rapiti ci sarebbero almeno due cittadini siriani. Sempre nella mattinata, un ex ufficiale dei servizi segreti di Saddam Hussein, divenuto un responsabile locale di Al Qaeda, è stato ucciso nel corso di un'operazione militare a nord della capitale. Altre 7 persone, poi, tra cui un soldato americano, sono morte in diverse azioni militari nel Paese. E ancora: quattro cadaveri martoriati sono stati ritrovati nel fiume Tigri, nei pressi di Suwayra, 45 chilometri a sud della capitale. Non ha provocato, invece, né vittime, né feriti l’esplosione di un ordigno nel tempio sciita dell’Imam Dadah Wali, ad est di Baquba. Giunge inoltre la notizia, da parte del ministero della Sanità, dell’uccisione, negli ultimi tre giorni, di 11 dipendenti, la gran parte dei quali impiegati in operazioni di soccorso, mentre il ministro degli Esteri turco, Abdullah Gul, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare, ha parlato di oltre 100 camionisti turchi uccisi in Iraq, cui vanno aggiunti altri 24 di cui non si hanno notizie.  Intanto, prosegue nel Paese del Golfo lo stallo nell’attività politica, dopo il rinvio a data da destinarsi della riunione che avrebbe dovuto approvare i nomi del ministro degli Interni e della Difesa del governo di al Maliki. Da segnalare, oltre alla proroga del processo a carico di Saddam Hussein e di sette ex gerarchi del suo regime al prossimo 12 giugno, l’iniziativa del vicepresidente iracheno, il sunnita Tareq Al Hashmi, che ha chiesto la partecipazione dell’ONU alle inchieste sui presunti abusi americani nei confronti di civili iracheni. L'esercito americano ha assolto i soldati implicati nella strage di Ishaqi, a nord di Baghdad, in cui diversi civili sono rimasti uccisi il 15 marzo. E’ invece ancora in corso un’inchiesta sulla strage di Haditha, a ovest della capitale, per la quale marines americani sono accusati di avere ucciso per rappresaglia 24 civili iracheni nel novembre 2005.

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In Medio Oriente, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato che non accetterà alcun cambiamento alla proposta della creazione di due Stati distinti, uno israeliano e l’altro palestinese. Questa – ha detto – è la possibile soluzione del conflitto israelo-palestinese. Restano quindi distanti le posizioni tra presidenza e governo a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum fissato da Abu Mazen per il raggiungimento di un’intesa con l’esecutivo guidato da Hamas. In caso contrario, sarà convocato un referendum sul futuro Stato palestinese. Ieri sera, intanto, il premier israeliano Ehud Olmert ha detto che Israele “prenderà tutte le misure necessarie per impedire una catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza”. Olmert ha anche ribadito che i negoziati con i palestinesi sulla base della Road Map rappresentano “la priorità principale”. Sul terreno, intanto, un militante di Hamas è morto e due persone sono rimaste ferite a causa di un’esplosione nel campo profughi di Jabaliya.

 

L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea, Solana, è atteso stasera a Teheran per illustrare alle autorità iraniane l’offerta di Bruxelles per ottenere la sospensione del processo di arricchimento dell’uranio. Il pacchetto di incentivi è stato messo a punto dai rappresentanti dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna – più la Germania. In caso di risposta negativa, precisa una nota dei 5+1, “il Consiglio di sicurezza ONU discuterà ulteriori iniziative”, senza accennare a possibili sanzioni. Ieri, l’ayatollah Ali Khamenei, suprema guida spirituale della Rivoluzione Islamica in Iran, aveva minacciato di mettere a repentaglio le forniture petrolifere provenienti dalla regione, se l’amministrazione americana avesse compiuto una “mossa sbagliata” nei confronti di Teheran a proposito del suo programma nucleare.

 

In Turchia, un gruppo di uomini armati ha teso un’imboscata ad un convoglio militare sulla strada tra Bingol ed Elazig, nel sud est del Paese. Un soldato è rimasto ucciso ed altri otto feriti. Le autorità turche ritengono responsabili dell’azione gli indipendentisti curdi del PKK che, negli ultimi mesi, hanno intensificato i loro attacchi contro le forze governative

 

In Somalia, le milizie dei cosiddetti “Tribunali Coranici”, sospettate di pesanti infiltrazioni di Al Qaeda, hanno dichiarato di aver vinto la battaglia di Mogadiscio e di controllare la città. L’annuncio giunge dopo quattro mesi di sanguinosi combattimenti contro l’Alleanza anti-terrorismo, sostenuta dagli USA, con 400 morti e almeno 1.500 feriti. Le Corti Islamiche hanno dichiarato che ci saranno “pace e sicurezza” e che a Mogadiscio sarà introdotta la Sharia, la legge coranica. L’annuncio è avvenuto dopo l’espulsione, da parte del governo provvisorio, di quattro ministri, accreditati tra i cosiddetti “signori della guerra” e ritenuti responsabili delle violenze che nelle ultime settimane hanno insanguinato la capitale.

 

E’ pesantissimo, anche se inferiore al previsto, il nuovo bilancio delle vittime del sisma che il 27 maggio scorso ha devastato l’isola di Giava, in Indonesia. Le ultime stime, diffuse dal ministero degli Affari Sociali, parlano di 5.782 morti, rispetto ai 6.234 calcolati precedentemente. Corretto al ribasso anche il numero dei feriti: 33 mila. Per far fronte ai danni – 217 mila abitazioni distrutte e 340 mila sfollati – Giakarta ha lanciato un appello per la fornitura di materiali edili e l’ONU ha stimato che da qui a sei mesi serviranno circa 100 milioni di dollari per dare il via alla ricostruzione. E mentre in Indonesia si teme che le cattive condizioni igieniche e il fatto che molti sfollati si siano rifugiati nei pollai favoriscano la diffusione dell’influenza aviaria, l’Organizzazione mondiale della Sanità ha confermato oggi il 37.mo decesso, nel Paese asiatico, a causa del virus H5N1. 

 

Primi spiragli nella crisi a Timor Est. Il ministro della Difesa di Dili ha incontrato stamani emissari dei militari ribelli, che da settimane stanno seminando violenza in tutto il Paese. Intanto, il Parlamento ha approvato lo stato d’emergenza decretato a maggio dal presidente, Xanana Gusmao.

 

Italia: è in corso, nei pressi di Perugia la seconda giornata di vertice tra il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e i 25 ministri del suo governo. Al centro del confronto, la situazione dei conti pubblici italiani e la delicata questione della permanenza delle truppe di Roma in Iraq. Ieri era stato delineato dal ministro dell'Economia un quadro non roseo della situazione economica del Paese: “Si profilano sette mesi difficili”, aveva detto Padoa Schioppa. Oggi pomeriggio, alle 17.30, ci sarà la conferenza stampa finale del vertice.

 

Più di 160 persone hanno perso la vita in India a causa delle forti piogge e inondazioni che hanno colpito il Paese dall’inizio della stagione monsonica. A riferirlo è l'agenzia di stampa, Ians, secondo la quale nella sola giornata di sabato sarebbero morte 15 persone a causa dei fulmini che hanno colpito lo stato di Orissa, nell’est del Paese. Sono 15, invece, le vittime a seguito delle forti piogge che hanno interessato lo Stato settentrionale dello Uttar Pradesh.

 

 

 

 

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