RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 156 - Testo della trasmissione di lunedì 5 giugno 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il
social-democratico Garcia nuovo presidente del Perù: il
commento di Roberto Montoya
CHIESA E SOCIETA’:
In Myanmar, il carisma di don Bosco
attrae sempre più giovani
Ieri,
in Calabria, veglia di preghiera per le vittime della violenza
Morte
e terrore a Baghdad: sequestrati 50 lavoratori di diverse
aziende di trasporto a Baghdad mentre decine di persone hanno perso la vita in
diversi attacchi, compreso 11 studenti massacrati a
sud della capitale
5 giugno 2006
BENEDETTO XVI APRE STASERA IL CONVEGNO ECCLESIALE
DELLA DIOCESI DI ROMA
SUL TEMA “LA GIOIA DELLA FEDE E L’EDUCAZIONE
DELLE NUOVE GENERAZIONI”.
AI NOSTRI MICROFONI, L’ATTESA DELL’EVENTO
NELLE PAROLE
DEL
VICEGERENTE, L’ARCIVESCOVO LUIGI MORETTI
Benedetto XVI
aprirà stasera - alle 19.45 - i lavori del Convegno ecclesiale della diocesi di
Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Il rientro del Papa in
Vaticano è previsto intorno alle 20.30. Il discorso del Pontefice darà l’avvio
ad una tre giorni di intensa riflessione in vista
dell’elaborazione del programma pastorale del prossimo anno. Il tema del
Convegno è: “La gioia della fede e l’educazione delle nuove generazioni”.
Attesa, dunque, per l’incontro del Papa con il clero e i fedeli laici della
diocesi di Roma. A sottolinearlo è l’arcivescovo vicegerente
della diocesi di Roma, Luigi Moretti, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Questo Convegno è un’occasione per definire il
cammino che come Chiesa diocesana vogliamo fare. Il fatto che proprio il nostro
vescovo traccerà le linee su cui muoverci, penso sia un atto di straordinaria
attenzione alla sua diocesi. Per noi, certamente, è motivo di grande gioia,
proprio perché non è una presenza rituale. Si fa carico di donarci questa
prospettiva: la strada su cui siamo chiamati a lavorare.
D. – Il tema del Convegno ecclesiale è “la gioia della
fede e l’educazione delle nuove generazioni”. Perché questa scelta?
R. – Noi veniamo da un cammino in cui abbiamo scelto come
tema l’attenzione alla famiglia. Almeno per tre anni abbiamo cercato di posare
l’attenzione sul versante degli sposi, dei genitori. Ora, all’interno della
famiglia, vogliamo farci carico della realtà dei figli, dei ragazzi, dei
giovani, per cui cercheremo di portare avanti un’attenzione
particolare a questo mondo, a quello che può essere il rapporto con la
famiglia, con la parrocchia, la Chiesa, la scuola, l’Università e con il
lavoro. Ma soprattutto cercheremo di favorire la crescita, il rapporto
intergenerazionale. Cercheremo di aiutarli a creare le condizioni perché
possano essere i cristiani adulti di domani.
D. - Benedetto XVI ha da subito cercato e trovato un
dialogo fecondo con i giovani. E’ un Papa esigente, come lo era in fondo anche
Giovanni Paolo II. Come vede, dunque, questo rapporto fra il Papa teologo e i
ragazzi del terzo millennio?
R. – Lo vedo come un maestro che, dando parole di Verità,
dà dei punti fermi, dei punti di riferimento importanti. Credo che se c’è un
problema nel mondo giovanile di oggi è lo smarrimento. Offrire un punto di
riferimento preciso, che indichi quale sia la strada della sequela di Cristo,
credo sia veramente un grande servizio che il Santo Padre fa a tutto il mondo
giovanile. Penso che i giovani, soprattutto quelli che sono più sensibili, più
vivi, più aperti, ne sono riconoscenti, e si mettono nell’atteggiamento di
ascolto e di disponibilità.
D. – Quali i temi più significativi, oltre ovviamente a
quello dell’educazione delle nuove generazioni?
R. – Parleremo soprattutto dei giovani. E, proprio per non
parlare dei giovani senza che ci fossero i giovani, abbiamo dato molto spazio
alla possibilità di confronto, perché possano essere essi stessi a parlare.
Ovviamente il tema di riferimento è il contenuto della fede, che può essere
un’esperienza viva, vissuta, profonda, motivante. Si può calare questa
possibilità di esperienza dentro quelle che sono le
dinamiche del mondo giovanile. Noi ci stiamo impegnando per rielaborare un
progetto di pastorale giovanile unitario, condiviso, in cui far confluire tutte
le energie che sono in diocesi, in modo che possa essere anche una proposta che
si allarga a raccogliere chi oggi è un po’ fuori da
questo giro.
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ENTUSIASMO ED IMPEGNO NEI MOVIMENTI ECCLESIALI,
DOPO
IL SECONDO RADUNO MONDIALE DI PENTECOSTE CON BENEDETTO XVI
-
Intervista con Andrea Riccardi -
I movimenti e le comunità ecclesiali, espressioni della
libertà dello Spirito e del servizio alla missione della Chiesa. La grande
veglia di Pentecoste, vissuta con il Papa, ha lasciato una scia di entusiasmo
nei membri di queste realtà ecclesiali, che in 400 mila hanno riempito, sabato
scorso, Piazza San Pietro e Via della Conciliazione per ascoltare la parola di
Benedetto XVI. Ma quali emozioni ha lasciato nei cuori questo incontro? Isabella
Piro lo ha chiesto ad Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant’Egidio:
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R. – Noi tutti là presenti, nuove comunità e movimenti
ecclesiali, abbiamo sentito una grande speranza. Il mondo non è abbandonato. In
Cristo il Signore è presente, attraverso il suo Spirito soffia l’amore nei
cuori. Questo ha spinto i movimenti ad una maggiore comprensione del proprio
carisma, carisma come dono, carisma come senso della missione, come senso di
amore per gli altri e per tutti.
D. - Il precedente incontro dei movimenti ecclesiali con
il Santo Padre si è tenuto nel 1998 con Giovanni Paolo II: cosa è cambiato da
allora?
R. – E’ cambiato il mondo innanzitutto. Pensiamo solo
all’11 settembre. Pensiamo solo al tanto odio diffuso, anche in Europa. Pensiamo
alle guerre, alle povertà che certo non sono diminuite. Allora, in tutto
questo, i movimenti hanno ritrovato nelle parole del Papa, nel convergere
comune, la sensazione forte che ripartire da Gesù e ripartire dal Vangelo sia un fatto decisivo, perchè ‘lampada che illumina i nostri
passi’. Insomma, i movimenti hanno sentito come in
questo mondo talvolta disperato sia necessario vivere
la speranza, prima di tutto, e poi comunicarla.
D. - Al termine della sua omelia, Benedetto XVI ha
invitato i movimenti ecclesiali ad “essere collaboratori nel ministero
apostolico universale del Papa, aprendo le porte a Cristo. Prof.
Riccardi, qual è, secondo lei, il modo migliore per
instaurare un rapporto costruttivo tra i movimenti ecclesiali e le Diocesi?
R. – A me sembra che noi dobbiamo superare una mentalità
sindacale, quasi che si trattasse di due parti che debbono arrivare ad un
accordo. Questo mi sembrava il punto importante dell’omelia di Benedetto XVI.
Innanzitutto lui ha detto: “Collaborate con me e con il mio ministero. Io ho
bisogno ancora di più del vostro aiuto e della vostra presenza”. Dall’altro, ha
esortato i movimenti ad una maggiore generosità e ad un maggiore impegno. Mi
sembra che non è una prospettiva sindacale, ma è come dire un impegnarsi maggiormente
e responsabilmente nella missione del Vangelo. In questo senso, sono importanti
anche le parole del Papa, rispetto alla molteplicità e all’unità. Non una
molteplicità che si frantuma, ma nemmeno un’unità che non passi attraverso i
canali della vita.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - "Vita, libertà, unità,
corresponsabilità": nei Vespri della Solennità di Pentecoste Benedetto XVI
affida agli oltre 450.000 membri de Movimenti ecclesiali e delle nuove Comunità
presenti in San Pietro l'impegno di essere fedeli discepoli di Cristo in questo
nostro tempo.
Servizio estero - In rilievo l'Iraq, ancora
drammaticamente segnato dalle violenze.
Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa
dal titolo "La forza narrativa delle immagini": la mostra romana
"World press photo 2006".
Servizio italiano - In primo piano l'economia.
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5 giugno 2006
IL
SOCIAL-DEMOCRATICO GARCIA NUOVO PRESIDENTE DEL PERU’
-
Intervista con Roberto Montoya -
Il candidato social-democratico
Alan Garcia è il nuovo
presidente del Perù. Già a capo del Paese dal 1985 al 1990,
Garcia, nel ballottaggio di ieri, a scrutinio quasi
ultimato ha ottenuto il 55,4 per cento dei consensi, contro il 44,5 del
nazionalista Ollanta Humala.
Il nuovo capo dello Stato sostituisce il presidente uscente, Alejandro Toledo. Qual è la scelta politica fatta dai
peruviani con l’elezione di Garcia? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Roberto Montoya,
corrispondente in Italia per il quotidiano peruviano “La Repubblica”:
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R. – Credo che il Perù abbia dato il voto presidenziale ad
Alan Garcia, non tanto per
la sua figura quanto per il partito che rappresenta. Dobbiamo, infatti,
ricordare che il Partito Alianza popular revolucionaria
americana (APRA) è l’unico partito che esiste da più di 40 anni.
Dobbiamo ora aspettare e vedere cosa farà Garcia. E’
anche importante ricordare che Garcia non avrà la
maggioranza in Parlamento e si troverà quindi costretto a stringere alleanze
con altri partiti per poter far passare le proposte di legge.
D. – Nonostante le forti critiche al precedente mandato i
peruviani hanno nuovamente scelto come presidente Alan
Garcia, per quale motivo?
R. – I peruviani sanno benissimo che il passato governo è
stato disastroso sia per quanto riguarda l’economia, sia per quanto riguarda le
violazioni dei diritti umani. I peruviani hanno voluto comunque a scommettere
su quella persona che tutto sommato – dicono gli analisti peruviani – conoscono
meglio. Credo, invece, che Ollanta Humala, sia stato – secondo me – bruciato anche dalla
politica estera del presidente Chavez. I peruviani
hanno votato Garcia anche per un problema di dignità
nazionale. Si tratta di una partita persa del presidente Hugo
Chavez.
D. – Montoya, la presidenza Garcia si inserisce nel fronte di sinistra, di cui fanno
già parte numerosi Stati latinoamericani?
R. – Io penso che Garcia entri a
far parte di quella sinistra socialista moderata. Alan
Garcia dovrà vedersela, anche per avere dei buoni
rapporti con i suoi vicini di casa, avendo tra l’altro una politica radicale,
con una politica che gli permetta di continuare con
l’eccellente politica che ha fatto l’uscente presidente Toledo. Dovrà, quindi,
rispettare questa continuità, questa crescita dal punto di vista macroeconomica
nel nostro Paese, l’unico tra i Paesi andini che è
cresciuto in questo ultimo anno dal punto di vista economico. Garcia dovrà rispettare l’eredità che viene
lasciata dal presidente uscente Alejandro Toledo.
D. – Come gli Stati Uniti, preponderanti in gran parte della zona latinoamericano, si pensa abbiano
accolto l’elezione di Garcia?
R. – Credo che Washington oggi stia applaudendo la scelta
in Perù di Alan Garcia. Non
credo che ci siano dei rapporti logorati tra il Perù e gli Stati Uniti. Certo è
che se dovrà affrontare degli argomenti con gli Stati Uniti, Garcia li affronterà guardando sempre agli interessi di campesinos, che lavorano la terra in gran parte del Perù.
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L’APPELLO
DI KOFI ANNAN A NON ABBANDONARE LE TERRE
INTERESSATE
DALLA DESERTIFICAZIONE, GRAVE NELL’AFRICA SUBSAHARIANA
E NEL
MERIDIONE ASIATICO:
DIFFUSO
NELL’ODIERNA GIORNATA DELL’ONU PER L’AMBIENTE
-
Intervista con il prof. Antonio Ballarin Denti -
“Non abbandonate le terre aride!”. Questo il titolo
dell’odierna giornata mondiale per l’ambiente indetta dalle Nazioni Unite. Nel
suo messaggio, il segretario generale del Palazzo di vetro, Kofi
Annan, invita i governi a combattere contro la
desertificazione che interessa oltre il 40% della superficie terrestre e quasi
2 miliardi di persone che vi abitano. Sabato scorso, durante la veglia di
Pentecoste con i movimenti ecclesiali, Benedetto XVI aveva levato un appello
alla difesa dell’ambiente. “Non possiamo usare ed
abusare del mondo e della materia come di semplice materiale del nostro fare e
volere”, aveva affermato il Papa, ma “dobbiamo considerare la creazione come un
dono affidatoci non per la distruzione, ma perché diventi giardino di Dio e
così giardino dell'uomo”. Ed è di oggi la notizia dell’impegno messo in campo
dall’Europa per tutelare la biodiversità del continente,
con misure, da qui al 2010, per proteggere dall’impoverimento naturalistico gli
habitat marini e rurali.
Cresce e si diversifica, dunque, la sensibilità in favore
dell’ambiente. Tra le emergenze, il problema della desertificazione resta
particolarmente grave, specie nell’Africa subsahariana
e in Asia meridionale. Ma quali sono le cause del fenomeno? Eugenio Bonanata lo
ha chiesto al prof. Antonio Ballarin Denti, docente
di fisica dell’ambiente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia:
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R. – C’è, al fondo, un aspetto determinante rappresentato
dal cambiamento climatico generale: aumenta le temperature del pianeta e al
tempo stesso cambia i regimi pluviometrici, cioè le precipitazioni in molte
regioni, facendo diminuire le precipitazioni proprio nelle zone più aride. A
questo fenomeno, che è naturale – ancorchè indotto
dalle emissioni dei gas serra da parte dell’uomo - si sommano fenomeni più
direttamente imputabili invece all’azione umana. Per esempio,
una cattiva gestione dei suoli; l’uso abbastanza scriteriato – direi - della
zootecnia al posto dell’agricoltura; la mancanza di strumenti di gestione del
ciclo delle acque, in quanto le acque giocano un ruolo fondamentale in questo;
un cattivo uso agronomico dei suoli, per mancanza di strumenti sia meccanici
che chimici.
D. – Secondo lei, è possibile invertire il senso di marcia
del fenomeno, cioè proporre in qualche modo un’espansione della terra verde?
R. – La gravità di questo fenomeno è che al contrario di
problemi connessi all’inquinamento atmosferico e a quello delle acque, che in
qualche modo sono reversibili
probabilmente nel giro di pochi anni o pochi decenni, quando un
suolo si degrada - cioè perde le sue caratteristiche meccaniche, chimiche,
fisiche e biologiche che ne garantiscono la fertilità - si innesca un fenomeno
che per essere invertito può richiedere addirittura secoli, come ha richiesto
secoli o millenni la formazione di un suolo fertile. Quindi, oggi bisogna
puntare certamente a cercare di recuperare possibili aree degradate, ma più che
altro a prevenire un ulteriore degrado che purtroppo si sta verificando in zone
molto estese del nostro pianeta.
D. – Nelle zone degradate, come vive la gente, a quali
difficoltà va incontro?
R. – Innanzitutto, le zone più degradate sono, ahimè, le
zone più povere del pianeta e quelle in cui gli uomini e le donne vivono
eminentemente di agricoltura: quando viene colpita la
risorsa-suolo, non hanno altra fonte di reddito, non ci sono neanche altre possibilità
occupazionali alternative. Il che significa scendere ad un livello di reddito,
che fa entrare nella zona della fame, della mancanza di nutrizione. Questo
spiega anche, quindi, il dramma di mobilità, migrazioni che avvengono tra una
zona e l’altra, quando si aggravano questi fenomeni di degrado del suolo. E
ciò, ovviamente, crea tensioni e potenziali conflitti tra Stati poveri, che
rischiano di doversi combattere tra di loro.
D. – Cosa può fare concretamente ciascuno di noi nel suo
piccolo?
R. – Bisogna innanzitutto sviluppare modelli economici che
non affatichino il suolo inutilmente. C’è poi un
problema di gestione delle acque, che può essere fatto da politiche dei
governi, ma soprattutto dai piccoli produttori, allevatori, agricoltori con
un’adeguata cultura, sia generale, sia specifica. Quindi, questo significa
anche sviluppare cultura e istruzione, a livello dei singoli, delle famiglie,
delle comunità, dei gruppi, affinché questi sappiano impiegare tecniche
sostenibili e non di ulteriore degrado.
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17
ANNI FA LE DIMOSTRAZIONI STUDENTESCHE DI PIAZZA TIENANMEN:
DELLA
RICOSTRUZIONE DEI FATTI EMERSA IN QUESTI ANNI
NE
PARLIAMO CON LA PROF.SSA DONATELLA GUIDA
In
Cina si è ricordiamo, tra straordinarie misure, il 17.mo anniversario della repressione di piazza Tienanmen. Tra il 5 aprile ed il 4 giugno del 1989,
moltissimi lavoratori, studenti e militari rimasero uccisi durante scontri tra
manifestanti e forze dell’ordine. Il bilancio delle vittime è discordante: sono
circa 800 secondo
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La
protesta studentesca, cominciata nell’aprile del 1989, ebbe inizio dopo la
morte di Hu Yaobang,
vicesegretario del partito comunista considerato un liberale. A poche decine di
studenti, che volevano esprimere in piazza Tienanmen il loro cordoglio per la sua scomparsa, si
unirono, poi, migliaia di giovani. Dopo i primi scontri tra manifestanti e polizia,
le proteste si fecero ancora più intense. Le dimostrazioni divennero, quindi,
occasione per denunciare instabilità economica, mancanza di libertà e di
democrazia in Cina. Ma il governo rifiutò il dialogo ed il 13 maggio molti
giovani cominciarono lo sciopero della fame. Una settimana dopo, il governo dichiarò
la legge marziale. Nella notte tra il 27 ed il 28 maggio, fu inviato l’esercito
a riprendere il controllo della città. La repressione fu sanguinosa e si
concluse il 4 giugno. Ma quanto si è realmente saputo delle proteste di piazza Tienanmen? Risponde la
professoressa Donatella Guida, docente di Storia dell’Asia orientale presso
R. – All’epoca in cui sono avvenute le proteste,
sicuramente non si è saputo molto. Naturalmente, gli organi di stampa tacevano
o minimizzavano quello che accadeva a Pechino. Ed anche negli anni successivi,
basandosi esclusivamente sulle fonti cinesi e, in particolare, in cinese, non
c’è molto. Comunque la rivolta è stata presentata in una maniera abbastanza
criminalizzante, cioè come se si trattasse di una banda di esaltati che, con lo
scopo di danneggiare lo Stato, stessero cercando di sobillare la popolazione.
D. – Professoressa, lei nel 1989 era in Cina per motivi di
studio. Quale atmosfera si respirava nel Paese?
R. – Io mi trovavo a Shangai,
non a Pechino, e quindi l’atmosfera era sicuramente un po’ diversa. Anche lì
c’erano, comunque, grandi manifestazioni studentesche. Noi ascoltavamo le radio
straniere,
D. – La celebre immagine dello studente che cerca di
fermare i carri armati e l’avanzata oggi della Cina
nei mercati internazionali sono l’emblema di un forte contrasto storico. Cosa è
cambiato in questi anni in Cina?
R. – Dal punto di vista economico, c’è stato un balzo
enorme. Dal punto di vista politico, la situazione è abbastanza ferma se ci
riferiamo a quello che sono le riforme democratiche richieste nel 1989.
Istituzionalmente, non è cambiato nulla. Probabilmente, i moti studenteschi
hanno assunto altre forme. Il modo attualmente utilizzato è Internet. Ci sono
molti blog
dove gli studenti o altre fasce sociali discutono. Ogni tanto vengono chiusi.
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Radiogiornale
5 giugno 2006
NO ALL'EUTANASIA E ALL'ACCANIMENTO TERAPEUTICO DEI VESCOVI ITALIANI
IN UNA NOTA PASTORALE SULLA SALUTE.
I PRESULI METTONO IN GUARDIA DAI RISCHI DI UN’ECCESSIVA
“AZIENDALIZZAZIONE” DELLA SANITÀ.
- A cura di Alessandro Guarasci -
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ROMA. = La sanità miri sempre a tutelare
la vita. Nella nota, i vescovi italiani mettono in guardia sui rischi che nella
sanità possono venire da un ''atteggiamento prometeico'', che ''si illude di potersi impadronire della
vita e della morte''. ''Sintomi
molto evidenti di questa concezione'' sono per i presuli,
da un lato l'accanimento terapeutico e dall'altro, l'eutanasia, che sono ''in
una certa continuità logica, perché in essi è sempre l'uomo a non accettare di
misurarsi in maniera umana con la morte. Con l'accanimento terapeutico -
sottolinea la Commissione CEI per il servizio della salute - l'uomo usa tutti i
mezzi per posticipare la morte, mentre con l'eutanasia l'uomo si arroga il
diritto di anticipare e determinare la morte; in ambedue i casi egli intende
esercitare un dominio assoluto sulla vita e sulla morte''.
Ma la nota mette in guardia anche da un’eccessiva “aziendalizzazione”
della sanità. Insomma, l'efficienza è un valore, ma non a scapito della cura
delle persone. A proposito della regionalizzazione
del sistema sanitario, i vescovi denunciano il rischio che le prestazioni
sanitarie non siano ugualmente valide in ogni regione.
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IN MYANMAR,
IL CARISMA DI DON BOSCO ATTRAE SEMPRE PIÙ GIOVANI.
NEL
PAESE, ULTIMAMENTE, AVVIATA UNA NUOVA PRESENZA:
IL “DON BOSCO
EDUCATIONAL SERVICES”
YANGON. = Sempre più numerosi sono, in Myanmar i giovani
che si lasciano attrarre dal carisma di don Bosco. Animati dal desiderio di
diventare “piccoli evangelizzatori”, essi restano affascinati dal messaggio di
amore di Gesù e dallo stile pastorale dei Salesiani. Nel Paese, durante il mese
di maggio, oltre ai 45 religiosi Salesiani, ai 9 novizi e le 25 suore Figlie di
Maria Ausiliatrice – informa l’agenzia Salesiana Ans
– è stata avviata una nuova presenza, il “Don Bosco Educational Services” e nell’area di Wa si è
rinnovata la convenzione per la presenza missionaria già attiva da 25 anni. La
chiesa di Myanmar, grazie alle presenza dei Salesiani
e di altri ordini religiosi, come i Gesuiti e i Francescani, sta rafforzando il
suo impegno nella pastorale giovanile. Frutto di questo impegno è la sempre
maggiore crescita vocazionale: nella diocesi di Hakha,
nel Myanmar Occidentale, al confine con l’India, ci sono almeno 70 seminaristi,
ma in tutto il Paese aumentano i giovani desiderosi di offrire la loro vita a
Gesù. Sono circa 1.300 i seminaristi dislocati in diverse zone del Paese,
spesso coinvolti anche in attività sociali: operando in scuole, dispensari e
ospedali, grazie all’ausilio delle congregazioni religiose. (V.C.)
APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE “AIUTO ALLA CHIESA
CHE SOFFRE” PER COSTRUIRE,
NELLE FILIPPINE, UNA CHIESA
IN UN QUARTIERE POVERO DI MANILA
DOVE SI ESTENDE UN’IMMENSA DISCARICA
MANILA. = Raccogliere 900 mila euro per costruire a
Manila, nelle Filippine, una chiesa che possa accogliere le famiglie povere di
un’ampia zona degradata. E’ l’appello lanciato dalla rete internazionale
dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre” per celebrare i Sacramenti,
coltivare la fede, trovare conforto e assistenza spirituale
anche a Payatas, quartiere povero dove si estende
un’immensa discarica. L’area è universalmente nota come “smokey mountains” (montagne fumanti),
poiché è perennemente coperta di fumo per le esalazioni e
l’autocombustione dei rifiuti. In questa immensa discarica, definita
dall’agenzia vaticana Fides una “ferita infetta nel cuore della città”, vivono
stabilmente oltre 25 mila persone, nella miseria e nel degrado. Secondo padre
Benigno Beltran, parroco della chiesa della “Resurrezione di Cristo” a
Manila, la vita di questa gente è sotto la soglia della dignità umana. Il
sacerdote concentra la sua azione pastorale nel tentare di restituire un tenore
di vista dignitoso. Oltre agli aiuti economici e a cercare di indirizzare i
giovani alla scuola e alla formazione professionale, il sacerdote ha avviato le
“Comunità Ecclesiali di Base”, ognuna composta da
10-15 famiglie che si riuniscono regolarmente per leggere
CELEBRATI
I FUNERALI DEL PADRE GESUITA, CLAUDIO MARIA ROSSI,
MORTO LA
SETTIMANAA SCORSA IN UN TRAGICO INCIDENTE NELLA CASA DI FAMIGLIA,
A PALESTRINA,
IN PROVINCIA DI ROMA. IL CELEBRANTE, MONS SIGALINI:
NON E’
STATA UNA CADUTA NEL VUOTO, MA UN VOLO VERSO DIO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
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ROMA. = “Un volo verso le braccia di Dio condotto per le
mani di Maria” e “non una caduta nel vuoto”. Con queste parole, informa
l’agenzia SIR, il vescovo di Palestrina, mons. Domenico Sigalini,
ricorda in una lettera la morte di padre Claudio Maria Rossi,
gesuita della Cappella dell'Università
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IERI,
IN CALABRIA, VEGLIA DI PREGHIERA PER LE VITTIME
DELLA VIOLENZA. MONS.
GIANCARLO MARIA BREGANTINI, VESCOVO DI LOCRI,
HA AVVERTITO: “
LOCRI.=
“Laddove siamo colpiti in modo tragico occorre rispondere con la mitezza dei
cuori”. È quanto affermato da mons. Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri-Gerace, che ieri sera ha presieduto nella chiesa di
San Michele de Latinis a Gerace,
una preghiera per tutte le vittime della violenza nella Locride
e in Calabria. “La mitezza - ha detto il presule commentando il Vangelo delle
Beatitudini - è la risposta migliore al male anche se
a volte verrebbe spontaneo rispondere diversamente con violenza, rabbia e
vendetta”. L’agenzia SIR sottolinea che mons. Bregantini ha lanciato un monito
a non commettere più il male “in una terra dove molti fratelli hanno subito
l'onta dell'inumana violenza”. Il presule ha, quindi, invocato il “Dio della
libertà” sottolineando che per essere liberi occorre
“sciogliere i legami con la violenza”. Alla preghiera, promossa dalla Commissione
giustizia e pace della diocesi calabrese per ricordare “quanti sono tragicamente
scomparsi in seguito ad atti criminali", hanno partecipato i familiari di
alcune persone che, purtroppo - ha detto il vescovo di Locri-Gerace
- hanno figli “caduti sotto i colpi di chi, impunemente, pensa di potersi fare
giustizia da sé”. L’incontro di preghiera è un’iniziativa itinerante che la
diocesi di Locri-Gerace promuove annualmente per non
dimenticare le tante vite spezzate dalla criminalità. (A.G.)
PARTE
NEL POMERIGGIO, A CHIANCIANO, IL CONVEGNO CEI
SULLA
FRAGILITA’ PSICHICA E MENTALE, IN VISTA DELL’APPUNTAMENTO
DI VERONA
CHIANCIANO. = Prendere coscienza dell’ampiezza e della diffusione
delle tante forme di malattia e fragilità psichica e mentale e promuovere all’interno
della comunità cristiana una maggiore sensibilità alla problematica, anche in
vista del Convegno ecclesiale di Verona. Mons. Sergio
Pintor, direttore dell’Ufficio nazionale CEI per la
pastorale della salute, illustra così i temi del Convegno che si apre oggi
pomeriggio a Chianciano sul tema “Fragilità psichica
e mentale. Un grido silenzioso a cui rispondere come
Chiesa e come società”. Destinato principalmente ai responsabili regionali e
diocesani della pastorale sanitaria, il convegno si concluderà il 7 giugno e vedrà
- informa l’agenzia SIR - la presenza di relatori quali padre Pascual Piles, priore generale
dei Fatebenefratelli, Tonino Cantelmi psichiatra,
Alda Pellegri, neuropsichiatra infantile di “
PRESENTATO
OGGI IN CONFERENZA STAMPA
IL
PROSSIMO FESTIVAL DEI DUE MONDI,
CHE SI
TERRA’ A SPOLETO DAL 30 GIUGNO AL 16 LUGLIO
- A
cura di A.V. –
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SPOLETO.=
Quarantanove anni fa, nell’Italia del dopoguerra e di una difficile ricostruzione,
il Festival dei due Mondi a Spoleto fu una novità assoluta: spettacoli dai noi
mai visti, con artisti come Visconti, pubblico americano e grandi sponsor.
L’antica arcidiocesi, un tempo seconda solo a Roma, tornava al suo antico splendore,
da Piazza Duomo alle Chiese romaniche, all’anfiteatro romano ai due teatri
nuovi, il Nuovo e il Piccolo Caio Melisso. Oggi,
l’Italia delle 100 città e dei 100 campanili ha per ciascuno un suo Festival, ma Spoleto rimane, tra gli storici, il più amato e
il più celebrato, come il suo “padre”, il quasi centenario Gian Carlo Menotti.
Grazie al suo carisma e all’instancabile figlio Francis, che ne ha eredito la
direzione artistica, anche quest’anno un tripudio di nomi internazionali:
l’Orchestra Filarmonica di Israele; Alàn Curtis, Maestro dei recuperi filologici con un inedito vivaldiano; i celebri solisti ,
come Christine Brewer, Jeanyvest Thibaudet, Gautier Capuçon; le grandi compagnie
di danza americane e le novità da Inghilterra e Novergia.
Un tributo soprattutto a Menotti e ai grandi maestri che hanno fatto la storia
dello spettacolo in Italia, come l’omaggio Citto Maselli e a Marcello Mastroianni
che la Sezione cinema offre quest’anno.
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5 giugno 2006
- A cura di Roberta Moretti -
Sempre alta la tensione in Iraq. Undici
studenti sono stati assassinati stamani a sud di Baghdad da uomini armati che
hanno aperto il fuoco contro l’autobus sul quale viaggiavano. Intanto, sempre
nella capitale, almeno
50 tra autisti, impiegati e clienti di alcune aziende di trasporto sono stati
sequestrati nelle ultime ore. Il nostro servizio:
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Secondo fonti del ministero dell’Interno, si
tratterebbe di un’operazione coordinata. I rapimenti sono stati messi a segno
da un gruppo di ribelli, travestiti da poliziotti. I commando sono entrati in
azione con sei auto civili in una strada della capitale, dove si concentrano le
agenzie che offrono servizi di collegamento con Siria e Giordania. Tra i rapiti
ci sarebbero almeno due cittadini siriani. Sempre nella mattinata, un ex ufficiale dei servizi segreti di Saddam Hussein,
divenuto un responsabile locale di Al Qaeda, è stato
ucciso nel corso di un'operazione militare a nord della capitale. Altre 7
persone, poi, tra cui un soldato americano, sono morte in diverse azioni
militari nel Paese. E ancora: quattro cadaveri martoriati sono stati
ritrovati nel fiume Tigri, nei pressi di Suwayra, 45
chilometri a sud della capitale. Non ha provocato,
invece, né vittime, né feriti l’esplosione di un ordigno nel tempio sciita dell’Imam Dadah Wali, ad est di Baquba. Giunge inoltre la notizia, da parte del ministero
della Sanità, dell’uccisione, negli ultimi tre
giorni, di 11 dipendenti, la gran parte dei quali impiegati in operazioni di
soccorso, mentre il ministro degli Esteri turco, Abdullah
Gul, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare,
ha parlato di oltre 100 camionisti turchi uccisi in Iraq, cui vanno aggiunti
altri 24 di cui non si hanno notizie. Intanto,
prosegue nel Paese del Golfo lo stallo nell’attività politica, dopo il rinvio a
data da destinarsi della riunione che avrebbe dovuto approvare i nomi del
ministro degli Interni e della Difesa del governo di al
Maliki. Da segnalare, oltre alla proroga del processo
a carico di Saddam Hussein e di sette ex gerarchi del suo regime al prossimo 12
giugno, l’iniziativa del vicepresidente iracheno, il sunnita
Tareq Al Hashmi, che ha
chiesto la partecipazione dell’ONU alle inchieste sui presunti abusi americani
nei confronti di civili iracheni. L'esercito
americano ha assolto i soldati implicati nella strage di Ishaqi,
a nord di Baghdad, in cui diversi civili sono rimasti uccisi il 15 marzo. E’
invece ancora in corso un’inchiesta sulla strage di Haditha,
a ovest della capitale, per la quale marines
americani sono accusati di avere ucciso per rappresaglia 24 civili iracheni nel
novembre 2005.
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In Medio Oriente, il
presidente palestinese, Abu Mazen,
ha dichiarato che non accetterà alcun cambiamento alla proposta della creazione
di due Stati distinti, uno israeliano e l’altro
palestinese. Questa – ha detto – è la possibile soluzione del conflitto israelo-palestinese. Restano quindi distanti le posizioni
tra presidenza e governo a poche ore dalla scadenza dell'ultimatum fissato da Abu Mazen per il raggiungimento
di un’intesa con l’esecutivo guidato da Hamas. In caso contrario, sarà
convocato un referendum sul futuro Stato palestinese. Ieri sera, intanto, il
premier israeliano Ehud Olmert
ha detto che Israele “prenderà
tutte le misure necessarie per impedire una catastrofe umanitaria nella Striscia
di Gaza”. Olmert ha anche ribadito che i negoziati
con i palestinesi sulla base della Road Map rappresentano “la priorità principale”. Sul
terreno, intanto, un militante di Hamas è morto e due persone sono rimaste ferite a
causa di un’esplosione nel campo profughi di Jabaliya.
L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione
Europea, Solana, è atteso stasera a Teheran per illustrare alle
autorità iraniane l’offerta di Bruxelles per ottenere la sospensione del
processo di arricchimento dell’uranio. Il pacchetto di incentivi è stato messo a punto dai rappresentanti
dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Stati Uniti, Russia, Cina,
Francia e Gran Bretagna – più la Germania. In caso di
risposta negativa, precisa una nota dei 5+1, “il Consiglio di sicurezza ONU
discuterà ulteriori iniziative”, senza accennare a possibili sanzioni. Ieri, l’ayatollah Ali Khamenei, suprema
guida spirituale della Rivoluzione Islamica in Iran, aveva minacciato di
mettere a repentaglio le forniture petrolifere provenienti dalla regione, se
l’amministrazione americana avesse compiuto una “mossa sbagliata” nei confronti
di Teheran a proposito del suo programma nucleare.
In Turchia, un gruppo di uomini armati ha teso
un’imboscata ad un convoglio militare sulla strada tra Bingol
ed Elazig, nel sud est del Paese. Un soldato è
rimasto ucciso ed altri otto feriti. Le autorità turche ritengono responsabili
dell’azione gli indipendentisti curdi del PKK che,
negli ultimi mesi, hanno intensificato i loro attacchi contro le forze governative
In
Somalia, le milizie dei cosiddetti “Tribunali Coranici”, sospettate di pesanti infiltrazioni di Al Qaeda, hanno dichiarato di aver vinto la battaglia di Mogadiscio
e di controllare la città. L’annuncio giunge dopo quattro mesi di sanguinosi
combattimenti contro l’Alleanza anti-terrorismo, sostenuta dagli USA, con 400
morti e almeno 1.500 feriti. Le Corti Islamiche hanno dichiarato che ci saranno
“pace e sicurezza” e che a Mogadiscio sarà introdotta la Sharia,
la legge coranica. L’annuncio è avvenuto dopo
l’espulsione, da parte del governo provvisorio, di quattro ministri,
accreditati tra i cosiddetti “signori della guerra” e ritenuti responsabili delle violenze che nelle ultime settimane
hanno insanguinato la capitale.
E’ pesantissimo, anche se inferiore al previsto, il nuovo
bilancio delle vittime del sisma che il 27 maggio scorso ha devastato l’isola
di Giava, in Indonesia. Le ultime stime, diffuse dal
ministero degli Affari Sociali, parlano di 5.782 morti, rispetto ai 6.234
calcolati precedentemente. Corretto al ribasso anche il numero dei feriti: 33
mila. Per far fronte ai danni – 217 mila abitazioni distrutte e 340 mila
sfollati – Giakarta ha lanciato un appello per la fornitura di materiali edili
e l’ONU ha stimato che da qui a sei mesi serviranno circa 100 milioni di dollari
per dare il via alla ricostruzione. E mentre in Indonesia si teme che le
cattive condizioni igieniche e il fatto che molti sfollati si siano rifugiati
nei pollai favoriscano la diffusione dell’influenza aviaria, l’Organizzazione
mondiale della Sanità ha confermato oggi il 37.mo decesso, nel Paese asiatico, a causa del virus
H5N1.
Primi spiragli
nella crisi a Timor Est. Il ministro della Difesa di Dili
ha incontrato stamani emissari dei militari ribelli, che da settimane stanno
seminando violenza in tutto il Paese. Intanto, il Parlamento ha approvato lo
stato d’emergenza decretato a maggio dal presidente, Xanana
Gusmao.
Italia: è in corso,
nei pressi di Perugia la seconda giornata di vertice tra il presidente del
Consiglio, Romano Prodi, e i 25 ministri del suo governo. Al centro del
confronto, la situazione dei conti pubblici italiani e la delicata questione
della permanenza delle truppe di Roma in Iraq. Ieri era stato delineato dal
ministro dell'Economia un quadro non roseo della situazione economica del
Paese: “Si profilano sette mesi difficili”, aveva detto Padoa Schioppa.
Oggi pomeriggio, alle 17.30, ci sarà la conferenza stampa finale del vertice.
Più di 160 persone hanno perso la vita in
India a causa delle forti piogge e inondazioni che hanno colpito il Paese dall’inizio
della stagione monsonica. A riferirlo è l'agenzia di stampa, Ians, secondo la quale nella sola giornata di sabato sarebbero morte 15 persone a causa dei fulmini che hanno
colpito lo stato di Orissa, nell’est del Paese. Sono
15, invece, le vittime a seguito delle forti piogge che hanno interessato lo
Stato settentrionale dello Uttar Pradesh.
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