RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 30
- Testo della trasmissione di lunedì
30 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Rinvenuta in Perù una fossa comune. I patologi hanno trovato
le spoglie di 12 persone
India: gruppi cristiani
salutano con soddisfazione il nuovo ministero per le minoranze
Il Forum sociale di Caracas
concluso con la proposta di due
giornate contro la guerra
A Nassyria un ordigno contro un convoglio militare
italiano ferisce lievemente un soldato
30 gennaio 2006
UDIENZE
E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata, in
successive udienze, il ministro presidente dello Stato Libero di Thüringen,
Dieter Althaus, accompagnato dalla consorte e dal seguito, il cardinale
arcivescovo di Madrid, Antonio María Rouco Varala; il cardinale arcivescovo di
Palermo, Salvatore De Giorgi.
In Francia,
il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Évreux,
presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Jacques David. Gli succede mons. Christian Nourrichard, finora
coadiutore della medesima diocesi.
CREAZIONE
DI DUE NUOVE DIOCESI IN INDIA
In India, il
Pontefice ha eretto, in data 28 gennaio 2006, le diocesi di Nongstoin e Jowai,
con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di Shillong, rendendole suffraganee
della medesima Sede Metropolitana. Sempre nella stessa data, Benedetto XVI ha
nominato primo vescovo di Nongstoin, il sacerdote Victor Lyngdoh, finora il
50.enne parroco della cattedrale di Shillong. Come primo vescovo di Jowai, il
Papa ha invece nominato il sacerdote Vincent Kympat, 59 anni, finora parroco e
direttore del “Laity Formation Centre” a Shillong.
La nuova
diocesi di Nongstoin ha un territorio di oltre 5 mila Kmq. Gli abitanti sono
313 mila, dei quali circa 76 mila cattolici, con 9 parrocchie, 18 sacerdoti e
61 religiose. La nuova diocesi di Jowai è dislocata su una superficie di circa
4 mila Kmq., con quasi 300 mila abitanti, 60 mila dei quali cattolici,
distribuiti in 7 parrocchie, 17 sacerdoti e 40 religiose.
L’attuale
chiesa parrocchiale di “St. Peter the Apostle” di Nongstoin sarà la cattedrale
della nuova diocesi di Nongstoin e la chiesa parrocchiale di “St. Theresa of
Lisieux” di Jowai sarà la Cattedrale della nuova Diocesi di Jowai.
IERI
ALL’ANGELUS IL PAPA HA SOTTOLINEATO COME I SANTI SIANO TESTIMONI
DEL
PRIMATO DELLA CARITÀ. SULLE SFIDE APERTE DALLA PRIMA ENCICLICA DI
BENEDETTO
XVI DEDICATA ALL’AMORE, CI PARLA OGGI L’ARCIVESCOVO BRUNO FORTE
“Tutta la storia della Chiesa è storia di santità, animata
dall’unico Amore che ha la sua fonte in Dio”: è quanto sottolineato ieri da
Benedetto XVI, che all’Angelus è tornato a commentare la sua prima Enciclica. I
santi - ha detto ancora il Papa - sono i testimoni del primato della carità
nella vita del cristiano. Divisa in due
parti, la Deus Caritas est ha proprio nell’amore l’elemento unificante.
Nell’Enciclica, l’amore per Dio e per il prossimo sono fusi insieme. “Il
duplice comandamento, grazie a questo incontro con l’agape di Dio – sottolinea il Pontefice – non è più soltanto
esigenza: l’amore può essere comandato perché prima è donato”.
Sull’amore, anello tra prima e seconda parte della Deus Caritas est, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione del teologo Bruno Forte, arcivescovo di
Chieti-Vasto:
**********
R. – Nella prima parte c’è l’amore che viene da Dio,
quella impossibile possibilità che Dio sa suscitare in ciascuno di noi.
Dall’altra, nella seconda parte, questo amore, altrimenti impossibile per le
misure limitate della nostra capacità di amare che Dio rende possibile, si
traduce in legami storici in prossimità con l’altro. Non parlo soltanto in
quelle relazioni – peraltro preziosissime e fondamentali – di prossimità che
sono le relazioni di coppia, le relazioni familiari, le relazioni amicali, ma
anche in quella più grande caritas
sociale e politica su cui si costruisce una società più vera e più giusta. E qui,
il Papa usa la citazione fortissima di Agostino che dice: “Un governo non
giusto si riduce ad essere una banda di ladri” …
D. – D’altro canto, Benedetto XVI sottolinea che “nessun
ordinamento statale giusto può rendere superfluo il servizio dell’amore” ma
ribadisce che la Chiesa “non deve prendere nelle sue mani la battaglia
politica”. Ecco, in questo senso la Deus
Caritas est è anche una bussola nel considerare i rapporti fra Chiesa e
società, fra Chiesa e Stato?
R. – Mi sembra nella maniera più corretta e vera: quella
della coscienza ecclesiale, con il Vaticano II. La Chiesa non si identifica con
una forza politica, ma di tutte vorrebbe essere in qualche modo ispirazione,
coscienza critica alla luce, appunto, di una più alta giustizia di quella
carità che Dio ci dona e i cui orizzonti egli ci schiude.
D. – Come il servizio della Parola e dei Sacramenti,
sottolinea con forza l’Enciclica, “anche l’esercizio della carità fa parte
dell’essenza della sua missione originaria”. Perché, il Papa ha sentito l’esigenza
di puntualizzare questo aspetto?
R. – Perché c’è sempre il duplice contrapposto rischio. Da
una parte, il rischio di una visione spiritualistica, dove sembrerebbe dunque
che la dimensione della liturgia, della preghiera, dei sacramenti renda il cristiano
quasi estraneo alla storia, come se Dio si potesse relegare alla sfera del
privato e il resto appartenesse alla ordinaria gestione delle cause seconde.
Poi, d’altra parte, c’è il rischio opposto, il rischio di una riduzione meramente
sociale e sociologica della carità cristiana, dove tutto dunque diventa –
com’era nell’utopia rivoluzionaria – cambiare il gioco delle parti. Sappiamo
bene, lo dice con chiarezza anche l’Enciclica, come questo sogno legato alle
grandi ideologie della modernità, sia fallito, anzi, esibendo tutto il suo
patrimonio di violenze. Tra questi due opposti, occorre dunque ribadire che il
Dio che è amore si comunica a noi attraverso la mediazione sacramentale
liturgica della Chiesa. E’ un Dio che non ci chiama fuori dalla storia: come
Lui è entrato nella storia, così ci chiede di essere protagonisti della storia
facendocene carico, assumendo con libertà e responsabilità le nostre scelte e
proprio così, mettendoci in gioco per servire la causa della giustizia.
D. – Quali frutti possiamo aspettarci, secondo lei, da
questa enciclica?
R. – Ma … io vedrei un triplice frutto. Un primo frutto:
un ritorno di attenzione sulla questione dell’amore, che spesso diventa tema
abusato, sciupato e che invece va recuperato e riscattato. Un secondo frutto lo
vedrei in rapporto alla società e al villaggio globale. L’Enciclica richiama,
dandone un’ispirazione più profonda, le grandi scelte anche di Giovanni Paolo
II sui temi della giustizia e della pace: “Non c’è pace senza giustizia, non
c’è pace senza perdono, non c’è pace senza dialogo e, dunque, non c’è pace
senza una comune obbedienza alla verità”. Tutto questo si può riassumere
dicendo: “Non c’è pace senza amore”. E, finalmente, una terza possibile
fruttificazione è quella interna alla Chiesa: cioè, un’opera di rinnovamento
della Chiesa ritornando al centro, all’amore, ritrovando l’entusiasmo e la
gioia e proponendo la gioia di Dio, la bellezza di Dio, del Dio-amore a tutti,
con l’impegno della missione e della testimonianza. Su questo triplice scenario
– del cuore, della storia e della Chiesa – l’Enciclica mi sembra che sia, al
tempo stesso, un grande dono, una grande promessa, una grande sfida.
**********
IL MESSAGGIO PER LA QUARESIMA DI BENEDETTO XVI
ALL’INSEGNA
DELLA COMPASSIONE DI CRISTO
- Intervista
con mons. Karel Kasteel -
E’ nelle
librerie vaticane il Messaggio del Papa per la Quaresima, che quest’anno avrà
inizio il primo marzo prossimo con il Mercoledì delle Ceneri. Papa Benedetto
XVI, come già i suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II, ha voluto
inviare ai fedeli una riflessione per il periodo quaresimale che rappresenta un
tempo particolare. Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, mons. Karel Kasteel, segretario del Pontificio
Consiglio Cor Unum, che spiega il coinvolgimento stesso del dicastero:
**********
R. - Il primo compito del Pontificio Consiglio Cor Unum,
voluto dal Servo di Dio Paolo VI, è la catechesi della Carità, che in questi
giorni ha avuto un’altissima espressione magisteriale nella nuova Enciclica.
Occorre non dimenticare che ogni anno il Vicario di Cristo, fin dal tempo di
Papa Paolo VI, ci offre un documento sulla Carità, regina delle virtù, ed è il
Messaggio quaresimale del Papa. A noi, in particolare a Cor Unum e a chi con
noi collabora, spetta il dovere, tra l'altro, della diffusione capillare del
documento e del suo inserimento nella pastorale d'insieme di tutta la Chiesa.
E' bellissimo ricordare che l'anno scorso, il Servo di Dio Giovanni Paolo II,
ormai anziano, dedicò il suo Messaggio quaresimale agli anziani, all'importanza
degli anziani per i giovani e viceversa. A chi fosse sfuggito, consiglierei di
rileggere il Messaggio quaresimale del 2005 che si trova facilmente sul sito
internet oppure facendone richiesta al nostro Dicastero.
D. – Una breve riflessione sulla Quaresima…
R. - In primo luogo, una parola sulla Quaresima, che non è
soltanto un periodo di austerità, penitenza e ravvedimento, ma dev'essere un
vero anelito per avvicinarsi a Dio, da questa nostra condizione umana,
"che sempre tende ad una autonomia, talvolta lontana dalle fonti della
grazia" (M.Q. 2006). E' una correzione di rotta, necessaria per poter celebrare
la massima festa Cristiana, la Pasqua. Nessuna festa si celebra bene senza la dovuta
preparazione.
D. – Vuole illustrarci l’iter di questo Messaggio?
D. - Il Santo Padre Benedetto XVI si è dedicato alla
redazione del Messaggio Quaresimale di
quest'anno 2006 durante il suo periodo in Castel Gandolfo. Fa parte del suo
pensiero e magistero, espressi nell'Enciclica “Deus Caritas Est”, ma è specificamente indirizzato ai fedeli che
desiderano fare della Quaresima un periodo fecondo per lo sviluppo della loro
vita spirituale. Il Santo Padre ci ricorda che la quaresima "è un tempo
privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della
misericordia". La misericordia è la carità del cuore di fronte alla
miseria. Lo dice la stessa parola miseria. E così il tema del nuovo Messaggio
è: "Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione" (Mt 9, 36).
D. – Il Messaggio ruota appunto sulla compassione di
Cristo per le folle, ma fa perno anche sullo sviluppo, tematica già affrontata
da Paolo VI nella sua enciclica “Populorum
Progressio” che Benedetto XVI cita nel contesto. Mons. Kasteel, vuole
sintetizzarci il contenuto saliente del Messaggio?
R. - "Dio ci custodisce e ci sostiene, anche nella
valle oscura. Il tentatore, invece, ci suggerisce di disperare o di riporre una
speranza illusoria nell'opera delle nostre mani. Invece, anche oggi il Signore
ascolta il nostro grido per vivere nella gioia, nella pace, nell'amore. Dio non
permette che il buio dell'orrore padroneggi". "C'è un limite divino
imposto al male", come diceva il Servo di Dio Giovanni Paolo II (nel suo
libro "Memoria e identità) e Papa Benedetto lo ripropone, e va oltre. Nel
nostro tempo, come dice, “lo sviluppo è di somma importanza. Cristo continua a
rivolgere lo sguardo sui popoli. Gesù conosce le insidie che si oppongono allo
sviluppo del progetto divino in favore dell'umanità”. Gesù si offre per realizzare
tale progetto. E dice parole molto forti: "in nessun modo è possibile
separare la risposta ai bisogni materiali dal soddisfacimento delle profonde
necessità dei cuori". E ci ricorda la nostra responsabilità verso i poveri
del mondo, poveri materiali o sociali, poveri nel divino. Già Papa Paolo VI
identificava i guasti del sottosviluppo come una sottrazione di umanità.
Bisognerebbe rileggere la Populorum progressio di quel grande Pontefice.
In primo luogo vi sono i valori supremi di Dio, ma anche la cooperazione al
bene sociale comune. "Nella fede, così come Gesù guardava le folle, si
trova la risposta ai bisogni della nostra epoca. Per questo, la Chiesa è tanto
impegnata nell'aiuto al prossimo, vicino o lontano. In Quaresima dobbiamo
annullare il contrasto tra il nostro egoismo e lo sguardo di Cristo. Ed è per
questo che guardiamo ai Santi e ai missionari che ce ne danno l'esempio, oggi e
in passato, tanto più in tempi di interdipendenza globale. Non esiste progetto
economico o sociale senza carità". Non è solo una tecnica, è l'amore di Cristo
che ci deve spingere. Questa è la logica evangelica: la Beata Madre Teresa
diceva: "La prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo". Da
lì viene il resto. Perciò occorre la libertà religiosa, in modo da poter
proclamare Cristo e la Sua salvezza. Il Papa afferma che è un errore provvedere
in primo luogo alle strutture esterne. E' un errore pensare che prima si deve
migliorare la terra e poi pensare al cielo. Ripete le parole di Papa Giovanni
Paolo II: "Noi sappiamo che Cristo è venuto a portare la salvezza
integrale” (Redemptoris missio, Il).
D. – Il suo commento di sintesi a questo Messaggio…
R. - La Quaresima tratta della salvezza integrale e ci
conduce alla vittoria pasquale di Cristo. Dobbiamo quindi convertirci a Lui,
ricevere il Sacramento della Riconciliazione, confessare umilmente i nostri
peccati. Se no, diventiamo scettici e deboli. Guardiamo alla Madonna, e qui
Benedetto XVI cita Dante, come nell'Enciclica, perché Lei è "di speranza
fontana vivace" (Paradiso XXXIII, 12).
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - "Tutta la
storia della Chiesa è storia di santità"; all'Angelus Benedetto XVI
richiama la testimonianza privilegiata dell'Amore di Dio offerta dai santi e
messa in rilievo nella sua prima Enciclica.
Servizio vaticano - Due pagine
dedicate alla Vita consacrata.
Servizio estero - Il cordoglio
del Santo Padre per la sciagura avvenuta in Polonia: il crollo di un padiglione
di un impianto fieristico ha causato 67 morti.
Iraq: attentati dinamitardi
contro luoghi di culto a Baghdad e a Kirkuk.
Servizio culturale - La
presentazione di Robert Godding all'edizione anastatica del "Martyrologium
Romanum" del 1584.
Servizio italiano - In primo
piano il tema della par condicio.
=======ooo=======
30
gennaio 2006
ISRAELE BLOCCA I FONDI DOVUTI ALL’AUTORITA’
NAZIONALE PALESTINESE, MENTRE HAMAS CHIEDE UN DIALOGO SENZA PRE CONDIZIONI
CON STATI UNITI, UNIONE EUROPEA, RUSSIA E ONU
- Intervista con padre Justo Lacunza -
La vittoria alle elezioni
palestinesi del movimento estremista islamico Hamas continua a suscitare
preoccupazione nella comunità internazionale. Nei Territori, proseguono inoltre
le proteste dei sostenitori di Fatah, l’ex
partito di governo ora relegato all’opposizione dopo le legislative di mercoledì
scorso. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
**********
Uomini armati legati al partito moderato Al Fatah hanno
occupato gli uffici dell’Unione Europea a Gaza in segno di protesta per la
pubblicazione di caricature considerate
“irriverenti nei confronti dell’Islam” da parte di giornali danesi e norvegesi. Sempre
questa mattina, almeno trenta
poliziotti palestinesi hanno fatto irruzione anche nella sede del
Parlamento. All’intricata situazione interna si sovrappone poi la frattura,
sempre più profonda, tra Hamas e la comunità internazionale. Il movimento
fondamentalista ha chiesto di non tagliare gli aiuti all’Autorità nazionale
palestinese. La dichiarazione segue l’annuncio, da parte del governo
israeliano, di voler congelare i fondi dovuti al governo palestinese. Un leader
dell’organizzazione integralista ha dichiarato, poi, che Hamas è disponibile ad
un dialogo senza pre-condizioni con Stati Uniti, Russia, Unione Europea ed ONU.
Ma le possibilità di un negoziato sono subordinate a condizioni
imprescindibili. Nella bozza del Consiglio dei ministri degli Esteri europei,
si precisa che l’Unione Europea si dice disponibile “in via di principio” a
mantenere il suo sostegno finanziario ai palestinesi per “lo sviluppo economico
e la costruzione di uno stato democratico”, a condizione che il nuovo governo
palestinese s'impegni a cercare “una soluzione pacifica e negoziata” con
Israele. L’Alto rappresentante europeo per la politica Estera e per la Sicurezza,
Javier Solana, ha ribadito, inoltre, che Hamas deve cambiare e rinunciare alla
violenza se vuole il sostegno dell’Europa. Il cancelliere tedesco, Angela
Merkel, che nel pomeriggio incontrerà il
presidente palestinese Abu Mazen, ha confermato, poi, le
posizioni già espresse da Israele e Stati Uniti. Si potrà trattare con Hamas –
ha detto Angela Merkel - solo quando il gruppo estremista avrà riconosciuto “il
diritto dello Stato ebraico ad esistere”.
**********
La comunità internazionale si
mostra dunque unita nel chiedere ad Hamas di rinunciare alla violenza e
cambiare il suo statuto, che fissa come obiettivo la distruzione dello Stato di
Israele. Sulle possibilità che il movimento islamista fondato dallo sceicco
Yassin possa cambiare la sua natura, Alessandro Gisotti ha intervistato padre
Justo Lacunza, rettore del Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamistica:
**********
R. –
Bisogna ricordare che quando Hamas fu fondato, nell’estate del 1988, il suo
fondatore, lo sceicco Ahmed Hassan Yassin disse: “La Guerra Santa contro gli
infedeli è il nostro motto, in modo tale che noi possiamo stabilire un governo
islamico”. Noi sappiamo che cambiare questo per i dirigenti palestinesi di
Hamas sarà molto, molto difficile. Altro elemento importante è che
l’ispirazione del partito Hamas viene dai fratelli musulmani in Egitto, che
hanno considerato sempre il fatto che il loro Movimento non ha frontiere
geografiche, non ha frontiere nazionali. Cambiare, dunque, questo indirizzo,
penso che sarà difficile.
D. – Come sta reagendo
l’opinione pubblica dei Paesi islamici, in particolare del Medio Oriente, alla
vittoria di Hamas?
R. – Indirettamente, i Paesi
islamici sanno benissimo che se non c’è un cambiamento nell’atteggiamento di
Hamas, evidentemente non ci sarà possibilità di colloqui di pace. Dall’altra
parte, l’autorità palestinese è ovvio che aspetti gli aiuti annuali, lo
stanziamento dei fondi che vengono dai Paesi arabi, che vengono dall’Europa,
che vengono dagli Stati Uniti. Penso che la maggioranza di questi Paesi, di
questi organismi internazionali, non sia disposta a favorire o a stanziare dei
fondi che aiutino la via della resistenza contro lo Stato d’Israele.
D. – La comunità internazionale
si sta mostrando molto ferma nei confronti di Hamas. D’altro canto, il
movimento islamista ha vinto democraticamente le elezioni palestinesi. Come
uscire da questa impasse?
R. – Portare Hamas al governo
significa per Hamas fare delle scelte. E queste scelte sono sempre difficili.
Non è lo stesso essere un movimento di resistenza e avere l’incarico di formare
un governo. Evidentemente, Hamas è messo alle strette, perché sa benissimo che
deve cambiare la sua politica. Questa scelta, dunque, Hamas la dovrà fare nei
prossimi giorni o le prossime settimane.
D. – Il radicalismo di
Ahmadinejad e ora la vittoria di Hamas, movimento tradizionalmente legato
proprio all’Iran: come leggere questi due eventi?
R. – Il fondatore Ahmed Yassin
era chiamato negli anni ’90 il Komeini di Gaza. Questo la dice lunga sul
modo in cui movimenti come Hezbollah o Hamas siano stati collegati alla
rivoluzione portata avanti dal fondatore della Repubblica islamica dell’Iran,
nella persona dell’Ayatollah Komeini. Oggi, evidentemente, il presidente
dell’Iran preme forte sull’acceleratore, che ormai era conosciuto da tempo,
l’acceleratore del movimento islamico come elemento di rivoluzione. Questo
elemento è stato molto, molto favorevole al movimento di resistenza Hamas. In
questo senso, dunque, possiamo dire che c’è una particolare sintonia con l’eco
della rivoluzione islamica di Komeini e quello che Hamas o Hezbollah hanno
cercato di fare nel Medio Oriente.
**********
GENIO E LIMITI DI CENTO “GRANDI CONDOTTIERI CHE
HANNO CAMBIATO LA STORIA”,
ATTRAVERSO LE EPOCHE E I CONTINENTI, NARRATI
NELL’ULTIMO LIBRO
DI UN ESPERTO DI STORIA MILITARE, ANDREA FREDIANI
- Intervista con l’autore -
Alessandro
Magno, Gengis Khan, Napoleone. Tre nomi, tre epoche diverse, e il massimo
comune denominatore per il quale sono rimasti immortali nella memoria collettiva:
le loro straordinarie capacità militari. Ma oltre a questi ed altri nomi
celeberrimi, in ogni Paese si ricorda la figura di generali a cui si devono –
nel bene e nel male – le imprese che hanno segnato un’epoca. Di queste figure
parla l’ultimo libro di Andrea Frediani, “I grandi condottieri che hanno
cambiato la storia”, una rassegna di cento nomi – pubblicato dalla Newton &
Compton Editori - che comprende anche personaggi leggendari del continente
asiatico o di quello africano. Un libro che parla del coraggio e del genio
militare di uomini ambiziosi, talvolta però incapaci di scrupoli o di pietà.
Alessandro De Carolis ha chiesto all’autore i criteri seguiti per la selezione
di questi cento condottieri:
**********
R. - La vera sfida rappresentata
da questo libro era la scelta, il criterio da adottare per inserire questi 100
grandi personaggi. In generale, ho dovuto seguire il criterio che ho definito
dei “personaggi-icona”. Gli esperti di storia militare della Seconda guerra
mondiale potranno opinare sul fatto che io non abbia inserito Guterian, grande
teorico della guerra corazzata, della guerra-lampo. Però sotto questo aspetto
conosciamo Rommel molto meglio di lui, è un’icona. In alcuni casi il
personaggio l’ho inserito perché rappresenta un elemento importante nella
storia del proprio Paese. Ian ZŠizŠka per noi non rappresenta nulla, ma per i boemi è un
personaggio fondamentale. Tra l’altro un personaggio anche abbastanza
interessante perché è l’unico che è riuscito a condurre le proprie truppe da
cieco. Cimone, lo stesso, il figlio di Milziade - tutti conoscono Milziade
perché ha vinto a Maratona – ma ha fatto solo quello. Cimone è stato
probabilmente, insieme ad Epaminonda, il più grande condottiero della storia
greca.
D. – Parliamo proprio del
profilo di questi condottieri sconosciuti alla cultura media occidentale, come
il cinese Pan Chao o l’africano Ciaka Zulu. Qual è il nome che, studiandone le
imprese, l’ha colpita di più?
R. – Devo dire, scrivendone, di
essermi appassionato alla storia giapponese perché pochi sanno da noi come essa
sia stata fatta da tre personaggi contemporanei tra loro: Oda Nobunaga,
Toyotomi Deyoshi e Tokugawa Ieyasu. In un
Giappone spezzettato in una serie di signorie feudali, perennemente in
contrasto tra loro, questi tre individui sono riusciti, nell’arco di mezzo secolo,
ad unificare l’intero Giappone. Sono personaggi che mi hanno colpito in particolar
modo. Ma mi ha colpito anche Chaka Zulu che è stato l’artefice del breve
periodo di supremazia della nazione Zulu, una dei tanti microcosmi situati nel
Corno d’Africa prima dell’arrivo degli inglesi.
D. – Il suo libro si intitola “I
grandi condottieri che hanno cambiato la storia”. Cosa fa ‘grande’ un
condottiero?
R. – Per quanto mi riguarda, un
condottiero dovrebbe avere quattro caratteristiche in somma misura: doti
spiccate di leadership - di comando, di magnetismo sugli uomini - capacità
strategiche, capacità tattiche, capacità logistiche. Napoleone era un
grandissimo stratega ma quando andò in Russia ormai era nella fase calante
della sua carriera e fece una serie di gravi errori logistici. Cesare, ad
esempio, era talmente straordinario come comandante da poter sopperire a
determinate carenze tattiche. Annibale era invece uno straordinario tattico e
in questo modo riuscì a rimanere imbattuto in Italia per quasi 20 anni,
nonostante forti carenze strategiche.
D. – Non esistono più ‘grandi
condottieri’, secondo questi canoni…
R. – Al momento, direi proprio
di no anche perché una guerra mondiale, semmai dovesse ricapitare,
probabilmente non sarebbe combattuta sui campi di battaglia in maniera
convenzionale, come in passato. Anche perché c’è un dato rilevante di cui tener
conto. La gran parte dei protagonisti di questo libro, era gente che conduceva
le proprie truppe sul campo di battaglia e combatteva in testa alle proprie
truppe. Di episodi di questo genere ne è piena la storia, anche nel XX secolo.
Lo stesso McArthur nella Prima guerra mondiale, usciva fuori dalla trincea
senza neanche l’elmetto. Era un esempio che rassicurava gli uomini. Ma,
condottieri così, al momento non ce ne sono.
**********
30
gennaio 2004
RINVENUTA IN PERÙ UNA FOSSA COMUNE. I PATOLOGI
HANNO TROVATO LE SPOGLIE
DI 12 PERSONE. SI TRATTEREBBE DI VITTIME DEGLI
SCONTRI FRA ESERCITO E RIBELLI
DEL
MOVIMENTO SENDERO LUMINOSO
CAYARA. = Una fossa comune è
stata rinvenuta a Cayara, in Perù, nel dipartimento sudorientale di Ayacucho, a
4.600 metri d’altitudine. A riferirlo è l’agenzia MISNA. Ritrovate le spoglie
di 12 persone. Secondo i patologi forensi che hanno effettuato gli scavi, il
cimitero clandestino risalirebbe agli anni 1987-’88, quando nella zona si
verificarono massicci scontri tra esercito e ribelli del movimento di
ispirazione maoista ‘Sendero Luminoso’. La fossa è stata aperta per ordine del
giudice Miluska Cano López che ha disposto il trasferimento dei resti ad
Ayacucho per l’autopsia. Cano López indaga su una strage di 39 ‘campesinos’
avvenuta nel 1988 a Cayara per la quale ha fatto arrestare nel luglio scorso
118 militari, accusati di assassinio, saccheggio, furto e incendio anche nei
villaggi andini di Erusco e Mayopampa. Secondo il rapporto conclusivo della
Commissione per la verità e la riconciliazione (Cvr), risalente all’agosto
2003, il conflitto armato che ha insanguinato il Perù tra il 1990 e il 2000, ha
provocato almeno 69.000 morti. La cifra fornirebbe un dato che supera il 60% di
quanto stimato in precedenza dalle organizzazioni umanitarie e dallo stesso
governo. La maggior parte delle vittime, il 54 per cento delle quali va
ascritto a ‘Sendero’, erano contadini poveri delle regioni andine. (T.C.)
INDIA: GRUPPI CRISTIANI
SALUTANO CON GIOIA IL NUOVO MINISTERO PER LE
MINORANZE, ANNUNCIATO
ALLA CONCLUSIONE IERI DEL RIMPASTO MINISTERIALE
NUOVA DELHI. = John Dayal, presidente dell’All India Catholic
Union, commenta positivamente il primo rimpasto ministeriale compiuto dal
primo ministro indiano, Manmohan Singh. 19 i nuovi ministeri, tra cui quello
per gli Affari delle minoranze con a capo A. R. Antulay, ex primo ministro
provinciale del Maharashtra. Per le comunità cristiane dell’India, come
riferisce l’agenzia Asianews, si
tratta di un segnale positivo. “Diamo il benvenuto ad Antulay - ha
scritto Dayal in un comunicato stampa emesso subito dopo la nomina - ed alla
creazione di questo nuovo ministero, che assicura alle minoranze un ruolo nel
governo e serve a controllare quei gruppi che continuano a terrorizzare la popolazione
e che, fino ad ora, sono sfuggiti alla giusta punizione”. “Antulay - ha aggiunto
l’attivista per i diritti umani - sarà in grado di aiutare il governo ad
integrare le minoranze nel piano generale di armonia nazionale e potrà aiutarle
a beneficiare della crescita economica del Paese”. “Molte leggi devono essere
riviste e molte altre create dal nulla - ha detto ancora Dayal - come nei casi
di adozione e matrimonio fra cristiani”. (T.C.)
LA RICERCA DI NUOVE STRADE PER FAR
CRESCERE L’ECONOMIA MONDIALE, LE PANDEMIE E I PAESI EMERGENTI: I TEMI PIÙ
DISCUSSI AL FORUM DI DAVOS
DAVOS. = La crescita
dell’economia mondiale, il mercato cinese, le pandemie: su questi temi hanno
discusso a Davos, in Svizzera, gli oltre 2.400 partecipanti al Forum Economico
Mondiale che si è concluso ieri. 87 le nazioni a confronto nei cinque giorni di
dibattito aperti mercoledì scorso dal cancelliere tedesco Angela Merkel.
Oggetto di particolari discussioni la ricerca di creatività per risolvere i
problemi che interessano i cinque continenti e i valori che muovono le scelte
economiche. Molte le sezioni dedicate ai rischi del boom delle principali
economie emergenti come quelle della Cina e dell’India. Preoccupazioni sono
state espresse soprattutto per i bassi costi, le condizioni di lavoro e la
qualità della vita e le instabilità geopolitiche in questi Paesi. Sul fronte
sociale il cantante del gruppo irlandese U2 Bono e Bill Gates, hanno proposto
nuove strade per combattere l’AIDS, la tubercolosi e la malaria. Il fondatore
della Microsoft ha offerto fondi per le vaccinazioni ma ha anche proposto una
pianificazione per le campagne sui vaccini. Il ministro italiano dell’Economia,
Giulio Tremonti ha parlato invece del nuovo progetto sperimentale approvato dal
G8. E ha illustrato il progetto dei computer portatili da 100 dollari per i
bambini che arriverà in sette Paesi in via di sviluppo. (T.C.)
IL FORUM SOCIALE MONDIALE DI CARACAS
PROPONE A MARZO DUE GIORNATE CONTRO LA GUERRA. RESTA IRRISOLTA LA QUESTIONE
SULL’IMPRONTA DA DARE ALL’INCONTRO DEL PROSSIMO ANNO A NAIROBI, IN KENYA
- A cura di Maurizio Salvi -
**********
CARACAS. = Alla fine dei lavori,
ieri, i partecipanti hanno lasciato irrisolta la questione di un mutamento
della natura del Forum ed hanno deciso di rinviarla all’appuntamento mondiale
del prossimo anno a Nairobi in Kenya. Fra il presidente Ugo Chavez, che ha
proposto maggior unione per mutare la società capitalista, e i fondatori
dell’iniziativa, che hanno chiesto invece di mantenere lo spirito pluralista
dell’incontro, per il momento non è stata presa alcuna decisione. Dopo le
sezioni dedicate alle sfide e ai modelli politici ed economici del XXI secolo,
coerente con la sua tradizione, il Forum sociale mondiale (Fsm), giunto alle
sesta edizione, si è chiuso con un’assemblea dei movimenti sociali. Sono stati
messi appunto gli impegni internazionali del 2006 che partiranno con giornate
contro la guerra il 18 e 19 marzo. Inoltre si punta a mobilitazioni contro il
G8 di San Pietroburgo e le assemblee annuali dell’Organizzazione mondiale del
commercio e del fondo monetario internazionale. A differenza inoltre di quanto
è successo nelle precedenti edizioni a Porto Alegre, quasi mai nei dibattiti è
emersa la coscienza della contemporanea realizzazione del forum economico di
Davos. Qualcuno ha suggerito che ciò è dovuto al fatto che l’evento qui in
Venezuela è rimasto concentrato sui grandi cambiamenti a sinistra avvenuti
negli ultimi anni in vari Paesi della regione.
**********
È IN BUONA SALUTE LA BAMBINA OPERATA NEL GREMBO
DELLA MADRE PER UNA GRAVE MALFORMAZIONE CARDIACA. SI È TRATTATO DEL PRIMO
IMPIANTO AL MONDO DI
PROTESI CARDIACA SU UN FETO
WASHINGTON.= Sta bene la bambina operata nel grembo della
madre per una malformazione congenita al cuore. La delicata operazione chirurgica,
eseguita il 7 novembre dello scorso anno, è stata la prima al mondo effettuata
su un feto. L’intervento è stato reso noto sabato scorso, solo dopo che la
bambina, Grace Vanderwerken, aveva lasciato, dopo 17 giorni di degenza il
Children’s Hospital di Boston. Il feto era stato sottoposto all’impianto di una
protesi cardiaca ad appena 30 settimane di vita. I medici avevano diagnosticato
un difetto che impediva lo sviluppo del ventricolo sinistro. Le possibilità erano
attendere il parto per operare la bambina a cuore aperto, oppure azzardare un intervento
di microchirurgia direttamente sul feto. Date le scarse probabilità di sopravvivenza
in entrambi i casi - non più del 20 per cento - gli specialisti hanno optato
per la seconda alternativa. L’èquipe dei medici, servendosi di una procedura
ecoguidata, ha introdotto un catetere attraverso il grembo materno fino a
giungere alla cavità toracica del feto. A questo punto, per permettere la
comunicazione tra atrio destro e sinistro, è stata impiantata nel cuore
dell’embrione una protesi. “Un intervento eccezionale che segna un grande progresso
della medicina”: è stato il commento del responsabile dell’Unità operativa di
cardiochirurgia dell’ospedale Bambino Gesù di Roma Roberto Di Donato. “Anche
l’Italia – ha detto l’esperto – dispone dell’esperienza necessaria per
effettuare questo tipo di interventi, che sono comunque indicati per un numero
molto limitato e particolare di casi”. (A.E.)
DA DOMANI AD ABIDJAN, IN COSTA D’AVORIO, I LAVORI
DELLA 16.MA ASSEMBLEA
PLENARIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE
DELL’AFRICA DELL’OVEST
FRANCOFONA
(CERAO). L’INCONTRO SI CONCLUDERÀ DOMENICA PROSSIMA
- A cura
di padre Joseph Ballong -
**********
ABIDJAN. = Il tema dell’incontro
è “Proclamiamo la santità in Chiesa, famiglia di Dio”. Si tratta di un
programma pastorale che richiede molti anni. Obiettivo di questo piano è stata
la pianificazione di un lavoro che ha individuato tematiche di
sensibilizzazione che interessano vescovi e comunità cristiane. Lo scopo è ricordare
loro che la santità, vocazione comune di ogni battezzato, è grazia di Dio che
tuttavia deve essere accolta concretamente dall’uomo nella vita di ogni giorno,
individualmente e collettivamente. Da qui la necessità di una progettazione a
tutti i livelli per il popolo di Dio. La 16.ma Assemblea di Abidjan
avrà come obiettivo anzitutto di fare un bilancio del cammino percorso e di quanto
è stato realizzato a livello regionale, nazionale e diocesano. Le giornate di
lavoro si svolgeranno in sedute plenarie, durante le quali la parola sarà data
alle 7 conferenze episcopali nazionali o interterritoriali. Un gruppo di
esperti analizzerà la messa in opera di questo piano pastorale e la pedagogia
della santità. Non è un caso la scelta di Abidjan per questa 16.ma plenaria. I
vescovi hanno voluto manifestare la loro solidarietà alla Chiesa della Costa
d’Avorio e ai suoi fedeli. Il Paese infatti, è attraversato, dal settembre
2002, da una grave crisi socio-politica che ha diviso la nazione in due parti.
**********
=======ooo=======
30 gennaio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
● In Iraq, un ordigno è
esploso stamani, alla periferia di Nassiriya, al passaggio di un convoglio
militare italiano composto da tre automezzi. Un soldato è rimasto leggermente
ferito. Ieri, intanto, azioni della guerriglia sono state condotte
vicino a chiese cristiane a Baghdad e a Kirkuk. Gli attacchi hanno causato la
morte di tre persone ed il ferimento di altre 15. Una bomba, esplosa nei pressi
della nunziatura della capitale, ha provocato fortunatamente solo danni
materiali. Ma quale strategia si cela dietro questi nuovi attentati?
Massimiliano Menichetti lo ha chiesto al nunzio apostolico a Baghdad, mons.
Fernando Filoni:
**********
R. – Io posso
confermare che ci sono state alcune esplosioni vicino ad alcune chiese qui a
Baghdad; un’esplosione è stata qui vicino alla nunziatura e grazie a Dio non
abbiamo danni alle persone. La polizia presidia tutto il quartiere.
D. – Una strategia
di attacco nei confronti delle Chiese. Perché secondo lei?
R. – Ancora in
questo momento è difficile fare una teorizzazione di questi attacchi, è un po’
troppo presto. In passato, già un anno e mezzo fa, ci sono stati attentati. Poi
c’è stato questo periodo senza particolari problemi, se non quelli legati
all’insicurezza generale. Adesso vedo che sono ripresi gli attacchi. E’ chiaro
che destabilizzare il Paese è uno degli aspetti fondamentali di chi vuole
lasciare il Paese nel caos.
D. – Qual è quindi
l’auspicio adesso?
R. – L’auspicio è
quello di convivenza civile tra tutte le componenti del Paese. I cristiani sono
una piccolissima minoranza, certamente non possono recare un peso specifico
particolare con nessuna delle forze che hanno partecipato alle votazioni. Loro
ovviamente contribuiscono con quelle che sono le risorse umane, spirituali,
morali, e poi di ciascun cittadino.
**********
Restiamo in Iraq, dove il ministro della Salute ha annunciato il primo caso di influenza aviaria. La vittima è un’adolescente originaria della regione curda di Rania, al confine con la Turchia. Nella regione sono state moltiplicate le misure di prevenzione per evitare il diffondersi della malattia e sono stati creati dei posti di decontaminazione di tutti i veicoli provenienti dalla Turchia.
Nuove ispezioni dell’AIEA in Iran. L’agenzia internazionale dell’ONU per l’energia atomica ha condotto altri sopralluoghi al sito militare di Lavizan per cercare tracce di uranio arricchito. E’ attesa per oggi, intanto, la decisione dei ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia Germania, Cina e Russia riuniti a Londra per trovare una risposta comune alla decisione di Teheran di riprendere le attività nucleari. Una delegazione iraniana è in arrivo, inoltre, a Bruxelles, per presentare all’Unione Europea una proposta sul dossier atomico di Teheran.
In
Nigeria, sono stati rilasciati i quattro ostaggi occidentali, impiegati della
compagnia petrolifera Shell, rapiti 19 giorni fa dai guerriglieri separatisti
della regione del delta del Niger. Lo ha affermato un portavoce del governo
locale. Per la liberazione dei quattro - un britannico, un honduregno, un
americano e un bulgaro - i ribelli avevano chiesto un riscatto di 1,5 miliardi
di dollari, il rilascio di due loro leader e la fine dello sfruttamento del
petrolio da parte di compagnie straniere. Le autorità hanno sempre respinto
tali richieste. Si ignora se vi sia stata qualche intesa per ottenere il
rilascio.
Alta tensione in Nepal, in vista delle elezioni amministrative del
prossimo 8 febbraio. Negli ultimi giorni, infatti, oltre 600 rappresentanti
hanno ritirato la loro candidatura, per timore di rappresaglie dei ribelli
maoisti. Decine di candidati, inoltre, sono stati trasferiti dalle forze di
polizia in accampamenti militari nel tentativo di garantire la loro sicurezza ed
evitare attacchi e rapimenti.
In Finlandia la presidente socialdemocratica
uscente, Tarja Hàlonen, ha vinto ieri il suo secondo mandato battendo lo
sfidante conservatore Sauli Niinisto con il 51,8 per cento dei suffragi. La
Hàlonen, 62 anni, era stata eletta prima donna presidente del Paese nordico nel
2000. Il servizio di Vincenzo Lanza:
**********
Tarja Hàlonen è riuscita, seppur di poco, a far
convergere sulla sua persona e sui positivi risultati del suo primo mandato
presidenziale, la maggioranza degli elettori social-democratici e di sinistra,
ma anche, in parte, di quelli ad orientamento borghese, tra cui molte donne. La
signora Halonen, di estrazione ideologica social-democratica, ha sempre
sostenuto di essere stata e di voler continuare ad essere presidente di tutti i
finlandesi. Ha mantenuto in campagna elettorale e senza deflettere i principi
ai quali si era ispirata già nel 2000, quando venne eletta per i primi sei anni
di mandato: impegno di collaborazione con il governo di Helsinki nel migliorare
lo stato del welfare per le fasce più disagiate della società finlandese;
decisivo impegno attivo della Finlandia nell’Unione Europea di cui fa parte;
irrinunciabile consolidamento di buoni rapporti con la Russia; realistico avvicinamento
per l’eventuale adesione alla Nato nei tempi e nelle forme che ha sempre caratterizzato
la cauta politica estera di neutralità dei precedenti presidenti della
Repubblica finlandese.
Per la Radio Vaticana, Vincenzo
Lanza.
**********
Un
leader della guerriglia indipendentista cecena e altri due ribelli sono stati
uccisi nella città di Khasavyurt, in Daghestan, durante un'operazione speciale
della polizia. Lo ha reso noto il ministero dell’Interno russo precisando che
il leader ceceno ucciso era Lechi Eskiyev, capo del sedicente “Fronte ceceno
del Nord”.
Dopo una settimana di black out, la Russia è tornata a rifornire di gas la Georgia. Alcune esplosioni ad un gasdotto avevano interrotto l’erogazione del combustibile e un guasto ad una delle linee elettriche aveva lasciato la capitale Tblisi per quattro giorni senza corrente elettrica.
In Italia continua a tenere banco l’appello al pluralismo e alla correttezza nei mezzi di comunicazione di massa lanciato alcuni giorni fa dal presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi. I principali schieramenti di centrosinistra e centrodestra, l’Unione e la Casa delle Libertà, continuano a scontrarsi sul tema della par condicio. Criticate dall’opposizione, in particolare, le numerose presenze sui media del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
Sono
cominciati ad uscire in superficie i 70 minatori canadesi rimasti intrappolati
da ieri sera a causa di un improvviso incendio, in una cava di potassio a Esterhazy, Saskatchewan, in Canada. I
lavoratori erano riusciti a rifugiarsi in camere di sicurezza, dove sono stati
poi raggiunti dalle squadre di soccorso.
=======ooo=======