RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 29  - Testo della trasmissione di domenica 29 gennaio 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I Santi, testimoni del primato della carità nella vita del cristiano. Così il Papa all’Angelus. Benedetto XVI ha espresso il suo dolore per il tragico incidente di Katowice, in Polonia; ha ricordato la Giornata dei malati di lebbra e ai ragazzi dell’Azione Cattolica ha affidato un messaggio: dite e fate sempre la verità

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cordoglio nella Chiesa per la morte di mons. Dino Foglio, uno degli iniziatori del Rinnovamento nello Spirito in Italia: intervista con Salvatore Martinez

 

Si celebra oggi la Giornata mondiale dei malati di lebbra: ce ne parla il dottor Sunil Deepak

 

Haiti: continuano a regnare insicurezza, violenza e povertà, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali e legislative. Appello di Medici Senza Frontiere alla comunità internazionale: con noi  Kostas Moschochoritis

 

CHIESA E SOCIETA’:

I giornalisti devono essere custodi della libertà. E’ quanto ribadito ieri dal cardinale Dionigi Tettamanzi, in un incontro svoltosi nella sede del circolo della stampa di Milano

 

Nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, a Roma, celebrata la Messa in ricordo dei senza fissa dimora morti a causa del freddo e dell’abbandono

 

Ha preso il via nella provincia di Firenze ‘La settimana della pace’

 

In Pakistan è nata la “National solidarity for equal rights”: chiede l’abolizione della legge sulla blasfemia

 

Grazie a Dio esiste lo sport! E’ il titolo dell’opuscolo ecumenico, pubblicato in Germania da cattolici ed evangelici, per gli atleti tedeschi impegnati nelle Olimpiadi invernali di Torino

 

24 ORE NEL MONDO:

Israele esclude negoziati con Hamas e annuncia nuove “azioni mirate” contro gli estremisti palestinesi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 gennaio 2006

 

 

I SANTI, TESTIMONI DEL PRIMATO DELLA CARITA’ NELLA VITA DEL CRISTIANO.

COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS. BENEDETTO XVI HA ESPRESSO IL SUO DOLORE

PER IL TRAGICO INCIDENTE DI KATOWICE, IN POLONIA; HA RICORDATO LA GIORNATA DEI MALATI DI LEBBRA E AI RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA AFFIDA UN MESSAGGIO:

DITE E FATE SEMPRE LA VERITA

 

I Santi sono i testimoni del primato della carità nella vita del cristiano. E’ quanto ha detto oggi all’Angelus il Papa, ricordando la sua prima Enciclica, “Deus Caritas est”. Benedetto XVI ha salutato quindi i malati di lebbra, nella Giornata a loro dedicata, e ai ragazzi dell’Azione Cattolica ha affidato un messaggio per tutti: imparate a dire e fare sempre la verità. Il Papa ha poi espresso il suo dolore per il tragico incidente avvenuto ieri a Katowice, in Polonia. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Il Papa, parlando in polacco, ha espresso il suo profondo dolore per il tragico incidente avvenuto ieri nei pressi di Katowice, in Polonia, dove, sotto il peso della neve, è crollato il tetto di un padiglione fieristico causando la morte di decine di persone:

 

ZAWIERZAM BOŻEMU MIŁOSIERDZIU TYCH…

“Affido alla misericordia di Dio quanti sono scomparsi, mi unisco nello spirito ai loro famigliari e a quanti sono rimasti feriti”.

 

Quindi, ricordando la sua prima Enciclica, Deus caritas est, pubblicata mercoledì scorso, ha affermato che i Santi sono “testimoni privilegiati” del “primato della carità nella vita del cristiano e della Chiesa”. I Santi – ha detto citandone alcuni di cui si fa memoria in questi giorni – “hanno fatto della loro esistenza, pur con mille diverse tonalità, un inno a Dio Amore”:

 

“Sono Santi molto differenti tra loro: i primi appartengono agli inizi della Chiesa, e sono i missionari della prima evangelizzazione; nel Medioevo, Tommaso d’Aquino è il modello del teologo cattolico, che incontra in Cristo la suprema sintesi della verità e dell’amore; nel Rinascimento, Angela Merici propone una via di santità anche per chi vive in ambito laico; nell’epoca moderna, don Bosco, infiammato dalla carità di Gesù Buon Pastore, si prende cura dei ragazzi più disagiati e diventa, per loro, padre e maestro”.

 

La folta schiera dei Santi, “uomini e donne, che lo Spirito di Cristo ha plasmato facendone dei modelli di dedizione evangelica, ci porta – ha detto il Papa - a considerare l’importanza della vita consacrata come espressione e scuola di carità”. Proprio per questo la Chiesa celebra il prossimo 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore al Tempio, la Giornata della Vita Consacrata. E Benedetto XVI ricorda che per questa occasione presiederà, nel pomeriggio, la Santa Messa nella Basilica Vaticana, “come amava fare Giovanni Paolo II”. In questo cammino di santità il Papa ha invitato i fedeli a farsi sostenere dalla Vergine Maria, “specchio di carità”. Importante – ha aggiunto salutando i fedeli nelle altre lingue - è che “ognuno sappia fare silenzio per accogliere la Buona Novella, meditandola nel suo cuore e facendone il suo nutrimento”. “Se noi capiamo che l'amore di Dio è una questione fondamentale della nostra vita allora cambia la nostra prospettiva'', perché avremo “una comprensione più profonda dell'amore di Dio per noi uomini”.

 

Benedetto XVI ha poi rivolto un saluto speciale ai malati di lebbra nella Giornata a loro dedicata e iniziata più di cinquant’anni fa da Raoul Follereau:

 

“Incoraggio i missionari, gli operatori sanitari e i volontari impegnati su questa frontiera di servizio all’uomo. La lebbra è sintomo di un male più grave e più vasto, che è la miseria. Per questo, sulla scia dei miei Predecessori, rinnovo l’appello ai responsabili delle Nazioni, affinché uniscano gli sforzi per superare i gravi squilibri che ancora penalizzano larga parte dell’umanità”.

 

Infine ha salutato i ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma, che si sono radunati in Piazza San Pietro alla fine del “Mese della Pace”. Due ragazzi si sono affiancati al Papa alla finestra del suo studio privato per liberare due colombe, simbolo di pace. Quindi Benedetto XVI ha lanciato questo invito:

 

“Cari ragazzi! So che vi siete proposti di ‘allenarvi alla pace’, guidati dal grande ‘allenatore’ che è Gesù. Per questo affido a voi dell’Azione Cattolica Ragazzi il compito che ho proposto a tutti nel Messaggio del 1° gennaio: imparate a dire e fare sempre la verità, così diventerete costruttori di pace”.

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Ed erano circa 5.000 i ragazzi dell’Azione Cattolica di Roma presenti stamattina in Piazza San Pietro. E tutti hanno partecipato ai “Cento metri per la pace”, la marcia benefica promossa dall’ACR e dal Centro sportivo italiano. Sotto lo slogan “Se ti alleni per la pace, sei l’atleta che ci piace”, i ragazzi hanno raggiunto correndo il colonnato di Piazza San Pietro, per dimostrare simbolicamente che la pace è un problema più che mai urgente. La manifestazione, inoltre, è stata legata ad una raccolta di fondi da devolvere al Centro sportivo albanese, nato nel 1997 proprio grazie all’Azione Cattolica. Ma ascoltiamo, al microfono di Isabella Piro, le testimonianze dei giovani.

 

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(Musica)

 

D. – Perché hai deciso di partecipare a questa corsa?

 

R. – Perché si fa del bene e si cerca di dare un po’ di pace a questa città.

 

D. – Tu ci credi alla pace? Che cos’è per te?

 

R. – Sì, io ci credo e per me la pace è un sentimento bellissimo, che lega tante persone.

 

D. – Tu sei vestita con la bandiera della pace, perché?

 

R. – Perché io voglio che la pace vada in tutte le città e non voglio che ci siano più guerre e che nessuno soffra.

 

D. – Che significa essere atleta di pace?

 

R. – Significa allenarsi sempre per la pace: pregare, portare nel mondo la pace, come facciamo oggi.

 

D. – Tu ti sei allenata per questa corsa?

 

R. – Sì, abbastanza.

 

D. – E’ stato faticoso?

 

R. – Delle volte sì, anche se allenarsi per la pace non è mai faticoso. 

 

La pace non è una tappa singola della vita di ognuno di noi, ma è un lungo percorso che richiede un allenamento costante. Don Antonio, assistente diocesano dell’ACR, ci spiega come si sono preparati i ragazzi:

 

R. – Quelli di sei, otto anni hanno riflettuto sull’importanza delle regole. Per poter giocare e divertirsi bisogna rispettare le regole e rispettare gli altri. I più grandi, di 9, 11 anni, si sono concentrati soprattutto su chi ci può insegnare queste regole e chi allena per la pace, cioè Gesù, che rimane il grande allenatore, il grande Mister. Quelli di 12 e 14 anni hanno riflettuto su come si diventa campioni. Il campione non è quello che presenta i muscoli, ma il vero campione è quello che fa qualcosa di bello per gli altri, sudando e faticando, con la volontà di un intenso allenamento. E la pace richiede questo impegno, questo allenamento.

 

I cento metri per la pace si ricollegano naturalmente al messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio, che quest’anno si intitolava “Nella verità la pace”. Daniela Lombardi, presidente dell’AC di Roma:

 

R. – Tutti vogliamo la pace, in tutto il mondo, ma ognuno di noi vuole poi la pace a suo modo. Invece, Benedetto XVI ci ha ricordato che la pace è solo nella verità. Allora, è importante educarci alla pace, quella che ha spazio solo nella lealtà, solo nelle relazioni buone.

 

(Musica)

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 gennaio 2006

 

 

CORDOGLIO NELLA CHIESA PER LA MORTE DI MONS. DINO FOGLIO,

UNO DEGLI INZIATORI DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO IN ITALIA

- Intervista con Salvatore Martinez -

 

Cordoglio nella Chiesa italiana per la scomparsa di mons. Dino Foglio, morto venerdì scorso all’età di 83 anni. Nato a Bagolino, in provincia di Brescia, nel 1922, è stato uno degli iniziatori del Rinnovamento nello Spirito in Italia nella stagione post-conciliare. Attualmente era consigliere spirituale nazionale del movimento che in Italia conta oltre 250 mila aderenti e nel mondo oltre 100 milioni. I funerali si svolgeranno domani alle 14.00 nella cattedrale di Brescia. Ma ascoltiamo un ricordo di mons. Dino Foglio nella testimonianza di Salvatore Martinez, che gli è succeduto nel 1997 come coordinatore nazionale del movimento. L’intervista è di Sergio Centofanti.

 

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R. – Un padre forte ed un fratello umile, capace di seminare la fede cattolica in un modo straordinariamente efficace. Lo testimoniano le almeno mille vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa che don Dino Foglio è stato capace di raccogliere e offrire alla Chiesa, ma anche una generazione di giovani che sono stati incoraggiati a dedicare la loro vita alla causa della nuova evangelizzazione. Un fratello umile, che seppe interpretare con grande decisione le istanze di rinnovamento spirituale che il Concilio Ecumenico Vaticano II poneva. Siamo grati a don Dino, perché seppe interpretare, come pochi in altri Paesi del mondo, l’identità cattolica del Rinnovamento nello Spirito, la sua adesione al Magistero e la forte propensione al servizio delle Chiese. 

 

D. – Mons. Dino Foglio ha iniziato in Italia il cammino del Rinnovamento, anche in un tempo in cui da alcuni potevano esserci delle perplessità. Poi lui è riuscito invece a inserirlo pienamente nella Chiesa, con un contatto vivo anche con le diocesi. Qual è stato quindi il suo ruolo, come iniziatore del Rinnovamento?

 

R. – Noi crediamo che lo Spirito Santo lo abbia scelto, non a caso, per la sua solidità di dottrina e, vorrei dire, anche per la credibilità ecclesiale che don Dino poteva vantare. Tutto questo lo poneva in una posizione di riguardo, ma anche, per molti, di stupore, per questa esperienza di fede gioiosa, vitalmente vissuta, che egli seppe abbracciare e testimoniare in ogni angolo d’Italia. Era particolarmente attratto dalla novità dei laici impegnati nella ministerialità carismatica: la riscoperta della preghiera, della parola di Dio, di questa fede celebrata comunitariamente. Doni grandi in un tempo difficile, quello post-conciliare, che la Chiesa viveva.

 

D. – Un ricordo personale di mons. Dino Foglio, lei che lo ha sostituito come coordinatore nazionale del Rinnovamento…

 

R. – Ho avuto la grazia di poterlo vegliare in questa breve e assai serena agonia che lo Spirito Santo ha voluto regalargli. Seppure con un filo di voce, ha avuto modo di ricordarmi una verità fondamentale: “ogni opera di Dio nasce ai piedi della Croce”.

 

D. – Qual è la realtà oggi del Rinnovamento nello Spirito e cosa vuole dare alla Chiesa?

 

R. – Riproporre questa identità fisiologica della Chiesa, che è appunto per sua natura una esistenza nello Spirito Santo. Una maggiore docilità allo Spirito Santo porta gli uomini a riscoprire la loro fede e a viverla in un modo incidente nella vita quotidiana, senza vergogna e senza paura di dirsi cristiani. C’è questo inesauribile bisogno di Dio, questo infinito bisogno di amore che è in ogni uomo. E questo infinito amore è lo Spirito Santo. Questa voce poi ci porta fuori. L’unzione dello Spirito, l’effusione dello Spirito, è la missione, è per l’evangelizzazione. Le nostre Chiese devono essere sempre più aperte al mondo. Bisogna comprendere sempre di più che accanto alla indispensabile opera di sacramentalizzazione c’è un mondo che attende le ragioni dello Spirito Santo.

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SI CELEBRA OGGI LA GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA

- Intervista con il dottor Sunil Deepak -

 

Si celebra oggi la 53ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, promossa dall'Associazione internazionale Raoul Follereau, intitolata al celebre scrittore e giornalista francese che ha dedicato la sua vita per aiutare quanti sono colpiti dal cosiddetto morbo di Hansen. « Sognare un mondo senza lebbra. Non esistono sogni troppo grandi »: questo il tema della Giornata di quest’anno. I malati di lebbra sono oggi in calo: ce ne sono circa 400 mila rispetto ai 760 mila del 2001. I Paesi più colpiti sono India, Brasile, Nepal, Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Madagascar, Tanzania e Angola. Oltre 1.500 persone si ammalano ogni giorno, con altrettanti casi quotidiani non identificati; tra gli infettati si osserva un'alta percentuale di bambini. Dai primi anni '80, la lebbra è perfettamente curabile. Giovanni Peduto ne ha parlato con il dott. Sunil Deepak, direttore del Dipartimento medico scientifico dell’Associazione Raoul Follereau:

 

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R. - La malattia è facilmente curabile. I malati hanno bisogno di prendere medicine da un minimo di 6 ad un massimo di 12 mesi e già dai primi giorni di trattamento non risultano più contagiosi. Importante è diagnosticare la malattia nella fase precoce altrimenti causa danni ai nervi e crea disabilità. La cura dell’infezione è facile mentre ripristinare le parti del corpo disabili o danneggiate è tutt’altro che facile.

 

D. – Perché vi sono ancora tante vittime di questa malattia?

 

R. - Perché non abbiamo un test sierologico per diagnosticare la malattia nella sua fase precoce. Ciò significa che dobbiamo aspettare che i segni della malattia siano clinicamente evidenti, il ché può richiedere anni, nel frattempo la persona può continuare a diffondere la malattia. L’altro fattore negativo è il forte pregiudizio, per cui i malati rifiutano di essere identificati, spesso cercano di nascondersi e non vanno nei centri sanitari per farsi curare. Alla fine il problema più grave è quello della povertà e del sottosviluppo. Condizioni come malnutrizione, scarsa igiene, affollamento, ecc., favoriscono il diffondersi della malattia. Finché non riusciremo a vincere la povertà, sarà difficile vincere la lebbra.

 

D. – La lebbra resta ancora oggi un simbolo di emarginazione: eppure sono molti i volontari che portano il loro aiuto ai lebbrosi…

 

R. - Storicamente la lebbra è stato uno dei più potenti simboli di emarginazione. Mahatma Gandhi, quando l’India è diventata indipendente, aveva insistito per inserire nelle priorità del primo governo del Paese la lotta alla lebbra perché riteneva che il giorno che i malati di lebbra fossero stati trattati come esseri umani, con i loro diritti, tutti i poveri ed emarginati dell’India avrebbero avuto una giustizia sociale. Oggi abbiamo ottenuto molti successi e la malattia può essere curata facilmente. Ciò nonostante in molti Paesi il pregiudizio sociale continua ad essere elevato. Da sempre i volontari sono stati in prima linea nel soccorrere i malati di lebbra e anche se negli ultimi 10 anni i governi hanno assunto maggiori responsabilità rispetto ai malati, il ruolo dei missionari e dei volontari laici continua ad essere fondamentale.

 

D. – Come possiamo aiutare i malati di lebbra?

 

R. - Anzitutto non chiamandoli “lebbrosi” ma bensì persone affette da lebbra. Si può lavorare nella propria comunità per educare e sensibilizzare l’opinione pubblica affinché i pregiudizi contro la lebbra possano essere sconfitti. E’ altrettanto importante ricordare che la malattia esiste e a tutt’oggi ci sono ancora 14 milioni di persone così dette “guarite”, molte delle quali necessitano di continue cure. Per questo è importante continuare a sostenere il lavoro delle associazioni del volontariato e dei missionari impegnati nella lotta alla lebbra.

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HAITI: CONTINUANO A REGNARE INSICUREZZA, VIOLENZA E POVERTA’,

A POCHI GIORNI DALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI E LEGISLATIVE.

APPELLO DI MEDICI SENZA FRONTIERE ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

- Intervista con Kostas Moschochoritis -

 

Continuano a regnare violenza e insicurezza ad Haiti, nonostante la presenza di 8 mila caschi blu della missione ONU, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali e  legislative che si svolgeranno il 7 febbraio prossimo. Ieri sono stati rilasciati tre operatori umanitari francesi, tra cui una suora di 84 anni, che erano stati rapiti a “Cité Soleil”, una bidonville presso la capitale, Port-au-Prince.  Secondo stime ufficiali 62 persone sono state sequestrate solo nello scorso dicembre e 37 dall’inizio dell’anno: nel 95% dei casi gli ostaggi sono liberati nel giro di pochi giorni dopo il pagamento di un riscatto. Intanto “Medici Senza Frontiere” ha lanciato un appello internazionale per far fronte alla crisi umanitaria in cui versa Haiti, che è uno dei Paesi più poveri del mondo. Ma qual è la situazione d’emergenza in cui l’organizzazione umanitaria deve operare? Francesca Fialdini lo ha chiesto a Kostas Moschochoritis, coordinatore dei progetti di Medici Senza Frontiere ad Haiti:

 

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R. – Ultimamente, i dati dei nostri ospedali sono allarmanti: le vittime civili dei combattimenti fra gruppi armati locali e le forze armate dell’ONU stanno aumentando giorno dopo giorno. Solo nelle prime due settimane di gennaio, abbiamo avuto 50 feriti da arma da fuoco, e circa il 50 per cento di questi feriti sono donne, bambini e anziani. E questo è inaccettabile!

 

D. – Avete mai ricevuto anche combattenti?

 

R. – Siamo un’organizzazione medica umanitaria e seguiamo il codice medico. Per noi, un ferito è un paziente. Se lui non porta armi, è un paziente e non tocca a noi chiedere se è un combattente o no. Quando tutti parlano di “Cité Soleil”, tutti pensano ad una bidonville piena di banditi, però dimenticano che la maggior parte di questa gente è composta da civili, intrappolati nel fuoco incrociato.

 

D. – Voi come siete stati accolti dalla popolazione?

 

R. – Certo, l’accoglienza è stata calda perché i Medici Senza Frontiere hanno restituito ad una popolazione, che da agosto 2004 non aveva più strutture sanitarie, la possibilità di usufruire di cure mediche.

 

D. – Chi sono i pazienti che maggiormente frequentano i vostri centri?

 

R. – Innanzitutto, dobbiamo dire che nell’ospedale abbiamo ogni giorno quattro-cinque parti, abbiamo tante emergenze ostetriche, più di mille consultazioni esterne al giorno …

 

D. – Che cosa chiedere alla comunità internazionale di più, rispetto a quello che sta cercando di fare?

 

R. – Il nostro messaggio è semplice e chiaro: c’è bisogno di massimo impegno per ristabilire la sicurezza in Haiti e più specificamente nella capitale, e di rispettare i civili e di creare uno spazio umanitario.

 

D. – Rispetto ai vostri bisogni materiali, per operare sul campo, di che cosa c’è più bisogno, che cosa manca?

 

R. – Haiti rimane il Paese più povero dell’emisfero occidentale. I bisogni sono enormi. Metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà …

 

D. – Da un punto di vista politico, che cosa si attende la gente?

 

R. – La gente ha sempre sperato tanto, ma sfortunatamente quella che viviamo adesso è una situazione di precarietà, di violenza sia politica che sociale, criminale, militare … La gente è intrappolata in questa spirale di violenza e vediamo che sta iniziando a perdere la speranza …

 

D. – Medici Senza Frontiere lancia un appello:

 

R. - … che in Haiti, nella capitale di Port-au-Prince, i gruppi armati rispettino l’incolumità dei civili e lascino che i soccorritori e gli aiuti umani possano sostenere questi civili.

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CHIESA E SOCIETA’

29 gennaio 2004

 

 

I giornalisti devono essere custodi della libertà. È quanto ribadito ieri

 dal cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, ad un incontro svoltosi nella sede del Circolo della stampa del capoluogo lombardo

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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MILANO. = Essere uomini veri per saper dare le notizie vere, quelle che vanno al cuore della vita. E’ questo il compito primario del giornalista secondo il cardinale Tettamanzi, che, rivolgendosi a numerosi addetti ai lavori, ha sottolineato l’importanza di credere nella possibilità di un “giornalismo serio”. Cioè di un giornalismo che indaga, che si fa voce della libertà di espressione e che raggiunge gli ultimi toccandoli nei loro problemi. Per il porporato questo significa offrire al pubblico tutti gli elementi per interpretare la realtà. Quindi dare soprattutto i fatti, lasciando al giudizio del lettore il compito di trarre le conclusioni. I telegiornali, così come sono fatti, “non mi piacciono tanto” –ha affermato l’arcivescovo di Milano- perché sono diventati sempre di più una “fiera delle parole e delle opinioni” a discapito dei fatti. Sollecitato su molti argomenti, il porporato ha poi fatto riferimento anche alla responsabilità degli editori. Quindi, ribadendo i rischi di un editoria concentrata nelle mani di pochi, ha spiegato che l'aspetto economico non può essere l'unico criterio per decretare il successo di una missione mediatica.
In questo senso – ha specificato - è necessario superare l’ansia degli indici di ascolto e l’eccessiva dipendenza dai mercati pubblicitari. La posizione degli operatori dell’informazione non è certo facile oggi - ha concluso il porporato – che però ha fatto appello all’onestà di ciascuno. “La prima regola di un buon giornalista – ha detto - e' scrivere per gli altri, non per sé o per gli editori”. A suo parere questa è l’unica strada per salvaguardare il bene comune.

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nella basilica di Santa Maria in Trastevere, a roma, Celebrata la messa

 in ricordo dei senza fissa dimora morti a causa del freddo

 e dell’abbandono. L’iniziativa, dal titolo “in Memoria di Modesta”,

è organizzata dalla comunità di sant’Egidio da 23 anni

 

ROMA. = In queste settimane di grande freddo, sono state centinaia le persone che hanno perso la vita in tutta Europa. Fra quanti vivono per strada, una decina di decessi si sono verificati anche a Roma. Proprio a queste vittime, spesso dimenticate da tutti, è stato dedicato il tradizionale appuntamento liturgico promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. Stamani, come ormai da 23 anni, durante la Messa “in memoria di Modesta”, tutte queste persone sono state ricordate per nome. Modesta Valenti, morta a 70 anni il 31 gennaio 1983, è diventata in questi anni il simbolo dell’iniziativa e insieme dell’indifferenza che troppo spesso circonda il popolo dei senza fissa dimora. Questa anziana donna viveva da barbona nei pressi della Stazione Termini. Quel giorno si sentì male. Visibilmente sofferente, non venne soccorsa per 4 lunghe ore, perché troppo sporca. Morì prima di arrivare in ospedale. Oggi un pranzo assieme a tutti i partecipanti, che si è svolto nei locali della Comunità, ha concluso l’appuntamento.

 

 

HA PRESO IL VIA, NELLA PROVINCIA DI FIRENZE ‘LA SETTIMANA DELLA PACE’.

LA MANIFESTAZIONE, CON UN RICCO PROGRAMMA, TERMINERA’ DOMENICA PROSSIMA

 

FIRENZE.= E’ stata incentrata sul messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2006 la tavola rotonda che in questi giorni ha aperto la ‘Settimana della pace’. Alla discussione, nel comune di Reggello, in provincia di Firenze, ovviamente con prospettive e approcci diversi, hanno preso parte mons. Lucio Sembrano, responsabile per le relazioni con Africa orientale e Oceania della Segreteria di Stato, Lapo Pistelli, parlamentare europeo, e il direttore dell’agenzia MISNA, Pietro Mariano Benni. A coordinare il dibattito Andrea Fagioli, vicedirettore di ‘Toscana Oggi’. La serata ha aperto una settimana, dal titolo “Nella verità la pace”, ricca di appuntamenti. Mercoledì prossimo, nella Pieve romanica di San Pietro è in programma una serata cinematografica dedicata alla pace. Si continuerà venerdì con una veglia di preghiera animata dal gruppo ‘Taizé’ il cui nome deriva dall’omonima comunità monastica in Borgogna, che vedrà anche la partecipazione di mons. Luciano Giovanetti, vescovo di Fiesole. Sabato il programma della manifestazione prevede poi una cena etnica col sapore “dei cinque continenti”. (A. E.)

 

 

In pakistan e’ nata “National solidarity for Equal Rights”. lA coalizione,

CHE RACCOGIE DIVERSI organismi, si batteRA’ per il riconoscimento

delle minoranze e per l’abolizione delle leggi sulla blasfemia nel Paese

 

LAHORE. = La pace, la tolleranza religiosa e applicazione dei diritti umani a tutta la popolazione pakistana. Sono gli obiettivi principali della neonata “National solidarity for Equal Rights”, coalizione che mette sotto una stessa sigla diversi organismi impegnati da tempo nel Paese. Fra i componenti dell’organizzazione vi è anche la Commissione episcopale “Giustizia e Pace”, la Caritas pakistana ed il Christian Study Centre di Rawalpindi. Il comunicato che annuncia la nascita dell’organismo – secondo quanto riporta l’agenzia Asia News - specifica che tutte queste realtà hanno sentito il bisogno di unirsi per chiedere, ancora una volta, l’abolizione delle leggi sulla blasfemia” e di altre regole che puniscono comportamenti incompatibili con il Corano. La cosiddetta legge sulla blasfemia prevede punizioni molto severe per chi oltraggia il profeta Maometto. Dal 1996, anno in cui è entrata in vigore, decine di cristiani sono stati uccisi  sotto l’accusa di aver diffamato l’Islam e sono centinaia le persone accusate e ancora in attesa di giudizio. Molto spesso però la legge viene utilizzata per eliminare avversari e nemici. Le ordinanze “Hudood”, che si ispirano al Corano, puniscono anche con la flagellazione e la lapidazione i comportamenti incompatibili con l’Islam come l’adulterio, il gioco d’azzardo, l’uso di alcol. “Dal 1986 al 2005 – afferma la nota – su oltre 745 presunti casi di blasfemia denunciati, più di 106 persone sono state dichiarate innocenti dalle Corti”. Il problema è che spesso, lanciata l’accusa di blasfemia, non si riesce ad arrivare davanti ad una Corte: la folla inferocita pensa da sola a farsi “giustizia”. Le ordinanze Hudood – spiega ancora il comunicato stampa – si possono applicare ai non musulmani, questi però non sono accettati come testimoni in sede processuale. In questo quadro – si legge nel documento - una società civile non può mostrarsi sorda alle richieste delle persone che governa. L’obiettivo principale della campagna è far crescere la consapevolezza della popolazione pakistana riguardo a questi problemi. Nello stesso tempo c’è la volontà di “chiedere al governo di affrontare con serietà queste leggi discriminatorie e gli effetti che producono”. (E. B.)

 

 

Grazie a dio esiste lo spOrt! È il titolo dell’opuscolo ecumenico, pubblicato in germania dalla chiesa cattolica da quella evangelica, e destinato agli atleti tedeschi impegnati nelle prossime olimpiadi invernali di torino

 

BERLINO. = Un dépliant di 40 pagine con testi spirituali, meditazioni, preghiere e benedizioni per gli atleti tedeschi impegnati nelle prossime Olimpiadi invernali di Torino, in programma dal 16 al 26 febbraio. Lo troveranno nelle loro sacche, in consegna in questi giorni, tutti i partecipanti ai Giochi olimpici torinesi. L'opuscolo, intitolato "Grazie a Dio esiste lo sport!", è stato pubblicato lo scorso 19 gennaio dal gruppo di lavoro Chiesa e sport della Chiesa evangelica tedesca (EKD) e dal responsabile per lo sport della Conferenza episcopale tedesca. "Lo sport è degno di preghiera. E noi pregheremo", hanno affermato all’agenzia SIR i cappellani olimpici delle due Chiese, Thomas Weber e Hans-Gerd Schütt, assieme alla cappellana per le Paraolimpiadi, Claudia Rudolff. "La fede è così importante che nessun settore della vita deve essere escluso da essa". Destinatari del depliant non sono solo gli atleti ma anche gli allenatori e i componenti dei vari team, "affinché riescano a trovare momenti di pace e relax nonostante le sollecitazioni fisiche e psichiche dei Giochi". L’iniziativa non è nuova. È dal 1994, infatti, che la Chiesa cattolica e quella evangelica pubblicano un dépliant ecumenico in occasione degli eventi olimpici. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

29 gennaio 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

E’ di almeno 66 morti il drammatico bilancio, ancora provvisorio, dell’incidente avvenuto ieri pomeriggio a Katowice, nel sud della Polonia. Il tetto di una struttura fieristica è crollato sotto il peso della neve. Il nostro servizio:

 

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Le operazioni di soccorso possono dirsi concluse. Fino a qualche ora fa continuavano ad arrivare chiamate dai telefoni cellulari delle persone intrappolate tra le macerie del padiglione ma questi segnali adesso sono stati tragicamente sostituiti dal silenzio. Con queste parole, il capo dei vigili del fuoco di Katowice ha gelato le speranze di trovare ancora qualcuno in vita. Tra le vittime accertate ci sono anche un bambino e almeno 13 stranieri. Il presidente polacco, Lech Kaczynski, ha annunciato il lutto nazionale. Al momento del crollo del tetto, appesantito da uno strato di neve spesso oltre un metro, nell’edificio si trovavano tra le 500 e le 1000 persone, accorse da tutto il nord Europa per assistere ad una esposizione di piccioni viaggiatori. Le temperature rigide, scese nella notte fino a 17 gradi sotto zero, hanno ulteriormente aggravato la situazione. La Polonia sta vivendo, infatti, il suo inverno più freddo degli ultimi decenni, come molte altre zone dell’Europa. L’ondata di gelo ha già ucciso almeno 300 persone nel Paese. Un episodio analogo a quello di Katowice è avvenuto lo scorso 3 gennaio a Bad Reichenhall, in Germania, quando è crollato il tetto di un palazzo del ghiaccio provocando la morte di 15 persone.

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In Israele, il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha ribadito che lo Stato ebraico non negozierà con Hamas e ha annunciato nuove “azioni mirate” contro esponenti di gruppi estremisti palestinesi. I leader di Hamas hanno chiesto, invece, un incontro con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, in visita in Israele e nei Territori. La formazione fondamentialista, che ha ventilato nei giorni scorsi l’ipotesi di un dialogo con Israele tramite mediatori terzi, ha anche dichiarato di non considerare gli Stati Uniti un Paese nemico. Ma quali sono le condizioni ritenute imprescindibili dallo Stato ebraico per accettare un eventuale negoziato con Hamas? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al ministro consigliere dell’ambasciata di Israele a Roma, Elazar Cohen:

 

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R. – Noi parliamo con qualsiasi formazione che accolga tre punti: disarmare i gruppi terroristici, cancellare dallo statuto di Hamas l’obiettivo della distruzione di Israele e accettare tutti gli accordi, di cui si è fatta carico l’Autorità Nazionale Palestinese con Israele. Se queste condizioni non trovano riscontri, non parliamo con nessuno, né direttamente né attraverso mediatori. In realtà vorremmo parlare con tutte le parti ma i nostri interlucutori non possono essere gruppi terroristici. Se si seguono queste condizioni – ribadisco - siamo disposti a parlare con chiunque. Dato che Hamas non segue queste direzioni, per il momento non trattiamo con questo gruppo.

 

D. – Secondo voi Hamas, in questo momento, è un gruppo politico o un’organizzazione terroristica?

 

R. – E’ certamente un gruppo terroristico. Non solo Israele, anche l’Europa, gli Stati Uniti e tutta la comunità internazionale considerano Hamas un gruppo terroristico.

 

D. – Per quanto riguarda il dialogo con Al Fatah?

 

R. – Con il gruppo di Al Fatah, con i politici di Al Fatah, noi parliamo. Al Fatah Ha cambiato la sua strada nel ’93, subito dopo gli accordi Oslo. Il movimento di Hamas, invece, è molto, molto lontano da questa posizione.

 

D. – Dopo la vittoria alle elezioni palestinesi di Hamas, si può considerare attivo il progetto della Road Map per promuovere la pace in Medio Oriente?  

 

R. – Noi crediamo ancora nella Road map. Il problema è che dopo i risultati delle elezioni palestinesi, la Road map è in pericolo: non si può dialogare con un gruppo terroristico che ha come obiettivo la distruzione di Israele. Quindi, per il momento, la Road map non può essere negoziata con Hamas.

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In Iraq è ripreso il processo contro Saddam Hussein ma tutti gli imputati, compreso l’ex rais, hanno lasciato l’aula accusando il tribunale di essere “gestito dagli americani”. L’ordine del giorno dell’udienza prevedeva la deposizione di testimoni del massacro di 148 sciiti avvenuto nel 1982 nel villaggio di Dujail, a nord di Baghdad. La prossima udienza è stata fissata per mercoledì prossimo. La situazione resta tesa anche sul terreno. Almeno undici persone sono rimaste uccise per l’esplosione di una bomba, all’interno di un negozio di Iskindiraya, a sud della capitale. In un altro attentato, condotto a Baghdad, la deflagrazione di un ordigno ha provocato la morte di due militari americani.

 

Il programma nucleare iraniano sarà al centro di nuovi negoziati: si terrà infatti lunedì prossimo, a Bruxelles, una sessione di colloqui tra esponenti del governo iraniano e dei tre Paesi europei che conducono le trattative sul dossier di Teheran. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa iraniana Isna. Commentando l’eventualità di un’azione militare contro la Repubblica islamica, il capo dei pasdaran, il generale Yahya Rahim-Savafi, ha dichiarato intanto che l’Iran reagirà a qualsiasi attacco. “Se ci attaccano – ha precisato - risponderemo con i nostri missili balistici che hanno una gittata di due mila chilometri”.

 

In Kuwait, il Parlamento ha approvato la nomina di sheikh Sabah al Ahmad al Sabah quale nuovo emiro. Lo ha annunciato il presidente dell’assemblea, Jassem al Kharafi, precisando che il nuovo sovrano presterà giuramento oggi pomeriggio. La nomina mette fine ad una crisi istituzionale che ha toccato l’apice martedì scorso, quando il Parlamento aveva giudicato lo sceicco Saad al Salim al Abdullah al Sabah non in grado di governare perchè gravemente malato.

 

Aperti i seggi per il ballottaggio delle presidenziali in Finlandia tra l’attuale presidente della Repubblica, la socialdemocratica, Tarja Halonen, e il conservatore, Sauli Niinisto. Per i sondaggi, è in vantaggio la signora Halonen, la prima donna divenuta presidente della Finlandia. Lo Stato scandinavo è il primo Paese in Europa che ha concesso il voto alle donne.

 

E’ ripresa la fornitura di gas russo alla Georgia, interrotta dopo le esplosioni di sabato scorso. La Georgia dipende totalmente per gli approvvigionamenti da Mosca. Il presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, aveva accusato la Russia di usare il gas come leva politica per punire il suo Paese.

 

Influenza aviaria: la Commissione europea ha annunciato che il virus H5N1 è stato riscontrato su un campione prelevato nell’area di Cipro nord. In Turchia, intanto, 14 persone risultate positive al virus sono state dimesse stamani dagli ospedali. Lo ha reso noto l’unità di crisi turca aggiungendo che tre pazienti rimangono invece sotto osservazione. I casi finora accertati di influenza aviaria in Turchia sono 21. Quattro adolescenti sono morti.

 

La figlia maggiore dell’ex dittatore cileno, Augusto Pinochet, è stata arrestata ieri sera al suo rientro in Cile, di ritorno dagli Stati Uniti dove aveva presentato invano richiesta di asilo. E’ accusata di frode fiscale.

 

 

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