RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 28
- Testo della trasmissione di sabato
28 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il Papa riceve il presidente greco Papoulias
Domani la Giornata mondiale dei malati
di lebbra: il messaggio del cardinale Lozano Barragán
OGGI IN PRIMO PIANO:
Le Chiese europee invitano ad un cammino per l’unità. Ai nostri microfoni mons. Aldo Giordano
CHIESA E SOCIETA’:
In
Kazakistan due feste religiose entreranno a far parte del calendario civile
La rivista francescana ‘Terrasanta’ si veste di nuovo
Al
Forum sociale, a Caracas, l’intervento, ieri, del presidente venezuelano, Hugo
Chavez
In
corso a Davos il Forum economico
mondiale
Italia: al via l’anno giudiziario tra le proteste: l’Associazione
Nazionale Magistrati dice “no” alla riforma sulla giustizia. Il presidente Ciampi,
intanto, invita la Rai ad una vera “par condicio”
28 gennaio 2006
BENEDETTO XVI AI GIUDICI DELLA ROTA ROMANA:
TEMPI RAGIONEVOLI PER I PROCESSI DI NULLITA’
MATRIMONIALE, CHE DEVONO
CONCILIARE NELLA VERITA’ LE ESIGENZE DELLE NORME
CON LA SENSIBILITA’ PASTORALE
Stabilire l’eventuale nullità di
un matrimonio deve essere un processo che – in “tempi ragionevoli” – cerchi
sempre di unire al bene delle persone coinvolte l’amore per la verità, senza
tralasciare mai lo sforzo della riconciliazione. Sono alcuni dei punti del
primo discorso rivolto da Benedetto XVI ai giudici della Rota Romana, ricevuti
all’inizio del loro Anno giudiziario. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Uno strumento “per rendere
servizio alla verità”, per ristabilire “con tempestività” una visione di
giustizia, e non per rendere più complicato, o addirittura litigioso, il
dissidio che ha condotto due coniugi davanti ai giudici della Rota Romana.
Benedetto XVI pone subito alla base della sua riflessione sui processi di
nullità matrimoniale un elemento caro al suo Pontificato: l’“amore per la
verità”. E’ su questo piano, dice con chiarezza, che va trovato il “punto
d’incontro” tra le esigenze del diritto e quelle della persona, ferma restando
l’indissolubilità del matrimonio cristiano. E’ solo una “pretesa
contrapposizione”, allora, quella che opporrebbe la sensibilità pastorale di
alcuni vescovi alla legislazione canonica che stabilendo il riconoscimento o
meno del vincolo matrimoniale tra due persone, ne condiziona anche la
possibilità di accostarsi o meno alla Comunione.
Un nodo nevralgico che Benedetto
XVI ha toccato ribadendo l’importanza dell’Istruzione canonica Dignitas connubii. Da un lato, ha osservato,
sembrerebbe che i padri che hanno preso parte al Sinodo sull’Eucaristia dello
scorso ottobre “abbiano invitato i tribunali ecclesiastici ad adoperarsi affinché
i fedeli non canonicamente sposati possano regolarizzare la loro situazione matrimoniale e riaccostarsi al
banchetto eucaristico”. Dall’altra parte, ha aggiunto, “la legislazione
canonica e la recente Istruzione sembrerebbero invece porre dei limiti a tale
spinta pastorale”, come se in sostanza le “formalità giuridiche” del processo
fossero più rilevanti “della finalità pastorali”:
“Il processo canonico di nullità del matrimonio costituisce
essenzialmente uno strumento per accertare la verità sul vincolo coniugale. Il
suo scopo costitutivo non è quindi di complicare inutilmente la vita ai fedeli
né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio
alla verità (…) Il processo, proprio nella sua struttura essenziale, è istituto
di giustizia e di pace”.
Dunque, ha continuato Benedetto
XVI, “il ricorso alla via processuale, nel cercare di determinare ciò che è
giusto, non solo non mira ad acuire i conflitti, ma a renderli più umani,
trovando soluzioni oggettivamente adeguate alle esigenze della giustizia”. Per
ottenere tali risultati, ha affermato il Papa, occorre quindi che i giudici
della Rota Romana assicurino “l’oggettività, la tempestività e l’efficacia”
delle loro decisioni. Ricordando, ha puntualizzato, che “nessun processo è a
rigore contro l’altra parte, come se si trattasse di infliggerle un
danno ingiusto”:
“L’obiettivo non è di togliere un bene a nessuno, bensì di stabilire e
tutelare l’appartenenza dei beni alle persone e alle istituzioni. A questa
considerazione, valida per ogni processo, nell’ipotesi di nullità matrimoniale
se ne aggiunge un’altra più specifica. Qui non vi è alcun bene conteso tra le
parti, che debba essere attribuito all’una o all’altra. L’oggetto del processo
è invece dichiarare la verità circa la validità o l’invalidità di un concreto
matrimonio, vale a dire circa una realtà che fonda l’istituto della famiglia e
che interessa in massima misura la Chiesa e la società civile”.
E qui il Papa, spostando la
riflessione dalla giusta applicazione delle norme alla dimensione pastorale, ha
stigmatizzato come la ricerca della verità “sull’indissolubilità del
matrimonio” sia talvolta piegata alle esigenze dei singoli per un distorto
senso della solidarietà:
“Può avvenire infatti che la carità pastorale sia a
volte contaminata da atteggiamenti compiacenti verso le persone. Questi
atteggiamenti possono sembrare pastorali, ma in realtà non rispondono al bene
delle persone e della stessa comunità ecclesiale. (…) Oggi purtroppo ci è dato
di constatare che questa verità è talvolta oscurata nella coscienza dei
cristiani e delle persone di buona volontà. Proprio per questo motivo è
ingannevole il servizio che si può offrire ai fedeli e ai coniugi non cristiani
in difficoltà rafforzando in loro, magari solo implicitamente, la tendenza a
dimenticare l’indissolubilità della propria unione. In tal modo, l’eventuale
intervento dell’istituzione ecclesiastica nelle cause di nullità rischia di
apparire quale mera presa d’atto di un fallimento”.
“La
verità cercata nei processi di nullità matrimoniale - ha ripetuto ancora
Benedetto XVI - non è tuttavia una verità astratta, avulsa dal bene delle
persone”:
“È pertanto assai importante che la sua dichiarazione arrivi in tempi
ragionevoli. La Provvidenza divina sa certo trarre il bene dal male, anche quando
le istituzioni ecclesiastiche trascurassero il loro dovere o commettessero
degli errori. Ma è un obbligo grave quello di rendere l’operato istituzionale
della Chiesa nei tribunali sempre più vicino ai fedeli. Inoltre, la sensibilità
pastorale deve portare a cercare di prevenire le nullità matrimoniali in sede
di ammissione alle nozze e ad adoperarsi affinché i coniugi risolvano i loro
eventuali problemi e trovino la via della riconciliazione”.
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IL PAPA RICEVE IL
PRESIDENTE GRECO PAPOULIAS
Il Papa ha ricevuto stamane il presidente della
Grecia Karolos Papoulias, con la moglie e il
seguito. Dopo il colloquio, durato circa 15 minuti, e il consueto
scambio dei doni, il presidente greco ha incontrato il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano.
NOMINE
In Francia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Évreux, presentata da mons. Jacques David,
per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Christian Nourrichard, finora
vescovo coadiutore della medesima diocesi.
In Italia, il Papa ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Velletri-Segni, presentata da
mons. Andrea Maria Erba, per raggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha
nominato vescovo della diocesi Suburbicaria di Velletri-Segni mons. Vincenzo
Apicella, vescovo titolare di Gerafi, finora vescovo ausiliare di Roma per il
Settore Ovest della diocesi. Mons. Vincenzo Apicella, del clero della diocesi
di Roma, è nato a Napoli il 22 gennaio 1947. Alunno dell’Almo Collegio
Capranica, è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 25 marzo 1972.
Ha conseguito la licenza in Filosofia e in Teologia alla Pontificia Università
Gregoriana. Eletto vescovo titolare di Gerafi ed ausiliare per il Settore Ovest
di Roma il 19 luglio 1996 è stato consacrato il 14 settembre dello stesso anno.
Il Santo Padre ha nominato
vescovo ausiliare della diocesi di Roma mons. Benedetto Tuzia, finora parroco
della Parrocchia di San Roberto Bellarmino, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Nepi. Mons. Benedetto Tuzia è nato a Subiaco il 22 dicembre 1944.
Ha compiuto gli studi filosofici e teologici al Seminario di Subiaco. Ordinato
sacerdote il 29 giugno 1969 per l'Abbazia sublacense, si è licenziato in
Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense. Nel 1970 si è
trasferito a Roma e dal 1° settembre 1980 fa parte del clero diocesano
dell’Urbe. Dal 27 agosto 1993 è Cappellano di Sua Santità.
In India, il Papa ha nominato
vescovo di Gumla mons. Paul Alois Lakra, amministratore diocesano della
medesima diocesi. Mons. Paul Alois Lakra, è nato l’11 luglio 1955 nel villaggio
di Naditoli, diocesi di Gumla. E’ stato ordinato sacerdote il 6 maggio 1988.
In Messico, il Santo Padre ha
nominato vescovo di Tehuacán mons. Rodrigo Aguilar Martínez, finora vescovo di
Matehuala. Mons. Rodrigo Aguilar Martínez è nato il 13 marzo 1952 a Valle di
Santiago, diocesi di Irapuato. E’ stato ordinato sacerdote il 25 luglio 1975.
Ha ottenuto, poi, la Licenza in Scienze dell’Educazione presso la Pontificia
Università Salesiana a Roma. Nominato primo vescovo di Matehuala il 28 maggio
1997, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 31 luglio dello stesso anno.
Attualmente è presidente della
Commissione Episcopale per la Famiglia della Conferenza Episcopale Messicana.
Il Papa ha nominato Consultore
della Congregazione per la Dottrina della Fede il padre domenicano Wojciech
Giertych, Teologo della Casa Pontificia.
L’ARMONIA TRA AMORE
UMANO E DIVINO NELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI,
“DEUS CARITAS EST”. IL COMMENTO DEL PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA,
PADRE RANIERO
CANTALAMESSA
“Volevo mostrare l'umanità della
fede, di cui fa parte l'eros – il
"sì" dell'uomo alla sua corporeità creata da Dio”. Così Benedetto XVI
ha spiegato in questi giorni lo scopo della sua prima Enciclica, “Deus caritas
est”, pubblicata mercoledì scorso. Una visione dunque positiva dell’amore umano,
che vede l'eros armonizzarsi con l’agàpe, diventando amore che non cerca
più se stesso, ma cura dell'altro, fino alla disposizione al
sacrificio per lui. Ma ascoltiamo il commento su questa Enciclica di Padre
Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. L’intervista è di
Tiziana Campisi.
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R. – C’è una sintesi molto
lucida che va all’essenziale e fa vedere le caratteristiche dell’amore
cristiano senza opporlo all’eros.
L’amore umano non è opposto all’amore divino, è una sua manifestazione, incompleta,
bisognosa di guarigione, come dice bene l’Enciclica in più punti: L’amore cristiano
non annulla, non squalifica l’amore umano, ma certamente lo redime, lo guarisce
dalle tendenze intrinseche, che lo portano a sfociare nell’egoismo.
D. - Questa visione positiva
dell’eros, questa complementarietà
con l’agape: come viverla?
R. - Questo è tutto un processo
che, si potrebbe dire, è il cammino della santità. Anche i santi sono dovuti
passare da questo amore umano iniziale che vuole, che desidera per sé, ad un
amore sempre più gratuito, spoglio, sempre più di donazione. Si basa
sull’esempio di Cristo, si basa sull’uso dei Sacramenti, perché la Confessione
è anche questo, il chiedere perdono continuamente anche a proposito dell’amore,
dell’incapacità di elevarsi ad un amore di donazione, quindi di vincere
l’egoismo.
D. – Benedetto XVI parte da una
dimensione umana della fede. Come porsi?
R. – Come tradurre anche sul
piano umano questa rivelazione dell’amore di Dio?
Mi piace ricordare una parola di
Sant’Agostino che diceva: se tutte le Bibbie del mondo andassero perdute per
qualche cataclisma e ne rimanesse una copia sola e questa copia fosse così
danneggiata che solo una pagina fosse ancora intera, e questa pagina fosse così
stropicciata e solo una riga si potesse ancora leggere, se questa riga è quella
della Prima Lettera di Giovanni dove è scritto “Dio è amore”, tutta la Bibbia
sarebbe salva, perché tutto è lì. Quindi il titolo di questa Enciclica “Deus
caritas est”, che è appunto quella frase di Giovanni, va al cuore della Bibbia
e si presta per una infinita traduzione. Io credo che il Papa certamente ha in
mente – lo cita mi pare anche – quella parola di Giovanni che si trova sempre
nello stesso contesto: noi abbiamo
creduto nell’amore di Dio, e cioè l’amore di Dio è prima di tutto un
oggetto di fede, prima ancora che di imitazione. Sembrerebbe facile credere
nell’amore di Dio, perché è una cosa gratificante. Io sono convinto, invece,
che questo è uno dei traguardi più alti della fede: credere,convincersi che Dio
ci ama.
D. – E’ questo, dunque, il
significato della fede nell’amore di Dio?
R. – Sì. io credo che, siccome
Dio è amore, la fede nell’amore di Dio in fondo è la fede cristiana in Dio.
Credere che Dio è amore, che Dio ci ama è l’oggetto supremo della fede. Come
sempre, nella visione cattolica la fede deve accompagnarsi o tradursi nelle
opere. Quindi la seconda parte dell’Enciclica lancia alcune piste di
riflessione sull’ ambito politico, sociale, esistenziale, in cui questo amore
dovrebbe tradursi. Questo risponde proprio alla logica della Chiesa, non solo
cattolica, ma ormai di tutti i cristiani. Le opere non ci salvano, ma non ci
salviamo senza le opere. Cioè la fede nell’amore di Dio che non si traduce in
amore del prossimo nei vari ambiti concreti della politica, della giustizia,
eccetera, finirebbe per essere una fede morta, come dice San Giacomo.
D. – Dopo una prima lettura
della “Deus caritas est”, quali sono i punti che suggerisce di approfondire?
R. – Direi che soprattutto
bisogna insistere sulla prima parte perché le traduzioni pratiche, poi,
dipendono molto dalla competenza di ciascuno, ma tutti ci unisce quella prima
parte di rimettere al cuore del Cristianesimo il messaggio che Dio è amore
perché non è così scontato che ci sia. Ne siamo convinti, però molto spesso a
livello pratico domina ancor all’idea che Dio è dovere, che se facciamo alcune
cose Dio ci amerà, ci darà la sua grazia, quindi la grazia di Dio diventa
l’effetto di quello che facciamo. L’amore di Dio che poi, in noi si traduce –
come diceva già San Tommaso - in
capacità e in bisogno di far passare questo amore, cioè di amare gli altri.
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UN INVITO AD OFFRIRE
RISPOSTE CONCRETE AI BISOGNI DI CURA DEI MALATI
DI LEBBRA. LO RIVOLGE A TUTTE LE COMUNITÀ
CRISTIANE IL PRESIDENTE
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA
SALUTE
JAVIER LOZANO BARRAGÁN. NEL MESSAGGIO PER LA 53ª
GIORNATA MONDIALE
PER I LEBBROSI, L’ESORTAZIONE DEL PORPORATO A FAR
SI’ CHE L’EUCARISTIA
DIVENTI SORGENTE DI SOLIDARIETÀ
Annunciare il Vangelo e curare
gli infermi: è questa la missione che Cristo ha lasciato alla Chiesa. Una
missione che si traduce anche nella Giornata mondiale per i malati di lebbra,
domani alla 53ª edizione. Lo scopo, dar voce al grido di aiuto delle tante persone
che ancora, nei cinque continenti, sono colpite dal morbo di Hansen. Il
servizio di Tiziana Campisi:
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Nel messaggio che il cardinale
Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale
della Salute, ha scritto per la 53ª Giornata mondiale dei malati di lebbra,
l’invito perché tutti si sentano coinvolti, con le diverse possibilità e
responsabilità, nell’impegno di offrire risposte concrete ai bisogni di cura
dei lebbrosi. Il numero più elevato lo scorso anno è stato registrato in Africa:
oltre 47 mila i malati, seguono l’America con circa 37 mila, il Sud-Est
asiatico con 186 mila e il Mediterraneo orientale con più di 5 mila. Ma
l’Organizzazione Mondiale della Sanità registra un regresso della malattia; dal
2001 al 2004 i malati sono diminuiti da 763 mila a 407 mila. L’esortazione del
cardinale Lozano Barragán è a superare pregiudizi e disfunzioni organizzative
nella lotta contro la lebbra. Occorre collaborazione tra organismi
internazionali, ha sottolineato il porporato, tra governi, organizzazioni non
governative e Chiese locali, necessitano progetti formativi per operatori
socio-sanitari. “La celebrazione della 53ª Giornata mondiale dei malati di
lebbra deve diventare, per tutte le nostre comunità, invito a rinnovare il
nostro comune impegno di solidarietà, di sensibilizzazione al problema, di
sostegno alle nostre missioni”, afferma il cardinale Lozano Barragán.
L’Eucaristia, si legge nel messaggio del porporato, “diventi la sorgente di un
amore e di una solidarietà più grande verso le persone sofferenti e malate di
lebbra, capace di edificare una umanità più giusta, fraterna e in pace”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina -
"L'amore per la verità, fondamentale punto di incontro tra diritto e pastorale":
il discorso di Benedetto XVI in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario
del Tribunale della Rota Romana.
Servizio vaticano - Una
pagina dedicata all'ingresso in Diocesi del Vescovo di Forlì-Bertinoro.
Servizio estero - Medio
Oriente - Bush: niente aiuti all'Autorità palestinese se Hamas non abbandona la
violenza.
Servizio culturale - Un
articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Un raggio di luce nel buio della
Shoà": presentato alla Farnesina il volume "I Giusti d'Italia. I non
ebrei che salvarono gli ebrei".
Servizio italiano -
L'inaugurazione dell'Anno giudiziario: critiche alla riforma e ad altre recenti
leggi nelle relazioni dei presidenti di Corte d'Appello.
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28
gennaio 2006
HAMAS PRONTO A COLLABORARE CON
TUTTE LE COMPONENTI DELLA SOCIETÀ POLITICA PALESTINESE
E AD APRIRE UN DIALOGO CON STATI
UNITI E UNIONE EUROPEA
- Intervista con Marcella
Emiliani -
Nei Territori palestinesi
proseguono gli scontri tra militanti di Hamas e sostenitori di Al Fatah: due
ufficiali di polizia sono rimasti feriti, questa mattina, per un imboscata tesa
da estremisti dell’organizzazione radicale. Sul versante politico, sembrano
profilarsi negoziati indiretti di Hamas con Israele anche grazie alla proposta
di una mediazione da parte della Turchia e la collaborazione del gruppo
fondamentalista con tutte le componenti della società palestinese. Un leader di Hamas in esilio ha detto
che il gruppo radicale è pronto a dialogare anche con Stati Uniti e Unione
Europea. Ma è veramente possibile un esecutivo formato da ministri del
movimento integralista islamico e da esponenti moderati del partito di Al
Fatah? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di relazioni
internazionali del Medio Oriente all’Università di Bologna:
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R. - Bisogna che il problema
venga risolto all’interno di Al Fatah dove, attualmente, c’è una grossa
spaccatura. Parte dell’ala giovanile di Al Fatah, quella vicina a Barghuti,
sarebbe anche disponibile ad entrare in un esecutivo con Hamas. Non è così,
invece, per la vecchia guardia dell’OLP. Il problema che si sta prefigiurando,
quindi, è quello di un esecutivo tecnico. Ma a questo punto, chiunque accetti
di far parte del governo, sa di essere stretto tra incudine e martello. Nessuna
delle due formazioni è disponibile, infatti, a fare un passo indietro. Al Fatah
non vuol perdere il potere che ha accumulato fino ad oggi, Hamas intende
esercitarlo.
D. – Proprio le divergenze tra
estremisti di Hamas e moderati di Al Fatah possono sfociare in una drammatica
polarizzazione nella società palestinese?
R. – Era già sfociata a dire la
verità. Questa seconda Intifada è stata da molti definita anche un’“Intrafada”,
cioè una sorta di guerra civile strisciante all’interno degli stessi
palestinesi. A questa spaccatura si è arrivati non solo per questioni
ideologiche: i maggiori centri dell’autonomia nazionale palestinese sono stati
gestiti, infatti, in maniera molto personalistica, nepotistica. Si tratta,
quindi, di perdere feudi di potere. Naturalmente poi ci sarà il comportamento
della comunità internazionale che sarà assolutamente determinante. Servono
fondi che attualmente vengono in parte dall’occidente e in parte anche dai
Paesi del Golfo. Ma se si seccano queste due fonti di finanziamento, chiunque
vada al potere, non riuscirà a mandare avanti tutto il sistema.
D. – Proprio la minaccia del
taglio degli aiuti umanitari è quella di una recrudescenza della violenza,
possono tramutarsi paradossalmente in condizioni favorevoli per il processo di
pace?
R. – Assolutamente sì. Io spero
che la diplomazia internazionale si metta in moto subito per evitare
l’isolamento dell’Autorità Nazionale Palestinese in mano ad Hamas e per evitare
che alla rabbia e alla frustrazione che hanno già portato alla vittoria del movimento
islamico, si aggiunga anche una bella crociata contro il “cattivo mondo esterno”.
Questo processo rafforzerebbe Hamas.
D. – Professoressa, adesso a che
punto è la “Road Map”?
R. – La “Road Map” è
morta, nel senso che qui bisogna cambiare totalmente mentalità: bisogna
inventare un’altra “Road Map”. Gli interlocutori della Road Map
non ci sono più e quindi serve un enorme sforzo creativo a livello politico per
riavviare un processo di pace che sarà inevitabilmente nuovo.
D. - Un altro dialogo deve
avvenire all’interno di Hamas, ovvero tra i militanti che vivono nei Territori
e quelli che si trovano all’estero. Le posizioni di queste fazioni si possono
far conciliare?
R. – Hamas ha una specie di
cervello pensante che si trova in Siria. In questo momento, però, pare proprio
che l’Hamas dell’esterno e l’Hamas dell’interno abbiano capito entrambe che non
riuscire a governare significherebbe assolutamente la sconfitta totale del
movimento. Il problema è che i veri capi, quelli diciamo carismatici, sono
stati eliminati da Isralele. A questo punto, diciamo che si innescherà anche
una sorta di competizione interna e finalmente anche in Hamas vedremo comparire
una diversità di posizioni. Adesso anche Hamas deve subire una qualche
mutazione genetica. Speriamo in una direzione democratica.
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LE CHIESE D’EUROPA INVITANO AD
UN CAMMINO CHE CONDUCA ALL’UNITÀ.
IN UNA LETTERA SCRITTA A ROMA, DOPO LA PRIMA TAPPA
DI PREPARAZIONE
ALLA TERZA ASSEMBLEA ECUMENICA, L’ESORTAZIONE ALLA
PREGHIERA
E ALLA RIFLESSIONE PERCHÉ LA FEDE NON RESTI AI
MARGINI DELLA VITA SOCIALE
- Intervista con mons. Aldo Giordano -
Un invito, a tutte le Chiese
d’Europa, ad un cammino verso l’unità. Lo rivolgono, in una lettera, i delegati
delle Chiese e Conferenze episcopali europee, comunità e movimenti ecumenici.
Ieri a Roma hanno concluso la prima tappa in preparazione della Terza Assemblea
Ecumenica Europea, prevista a Sibiu, in Romania dal 4 all’8 settembre del 2007.
Nell’udienza con i partecipanti a questo incontro, Benedetto XVI ha
sottolineato che l’unità dei cristiani richiede anzitutto, nell’odierno
contesto culturale spesso segnato dal relativismo, un’autentica professione di
fede. Inoltre, ha detto ancora il Santo Padre, perché il processo di unificazione
sia fruttuoso, è necessario che l’Europa riscopra le sue radici cristiane,
dando spazio ai valori etici che fanno parte del suo patrimonio spirituale. Ma
che cosa è emerso durante le giornate che hanno visto confrontarsi le diverse
Chiese europee? Tiziana Campisi lo ha chiesto al segretario generale del
Consiglio Conferenze Episcopali Europee, mons. Aldo Giordano.
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R. - I delegati di quasi tutte
le Chiese erano qui a Roma per ritrovare le radici di quel Vangelo portato da
Pietro e da Paolo. Abbiamo avuto due incontri con il Vescovo di Roma e questo è
stato molto importante; anche le altre Chiese hanno molto apprezzato questi
incontri, questa possibilità di scoprire la Chiesa cattolica nella sua casa
madre, diciamo, nella sua radice.
D. - Quali parole del Papa vi
hanno maggiormente colpito?
R. – Innanzitutto il fatto che,
citando la sua Enciclica “Deus caritas est”, ci ha richiamato sul fatto che
Dio, come amore, è la roccia su cui si fonda il nostro cammino, il nostro
paziente cammino di ricerca dell’unità della Chiesa e della riconciliazione.
Anche noi, in questi giorni, ci siamo resi conto che dobbiamo tornare a questa
roccia, sapere che l’unità è un dono di Dio, che va supplicata e va cercata
attraverso una via radicalmente spirituale.
D. – Nell’incontro che si è
svolto a Roma, quali problematiche in particolare, sono emerse?
R. – Da una parte ci sono le
problematiche ecumeniche. Sono state evidenziate le diversità, le differenze
che esistono tra le diverse chiese. A livello teologico, sono chiare le
differenze che esistono per esempio tra le Chiese ortodosse, la Chiesa
cattolica e le Chiese protestanti; si pensi al tema dei ministeri, al tema del
sacerdozio femminile, al tema della successione apostolica e a quello
dell’Eucaristia. E’ emersa in particolare la necessità di approfondire insieme
problematiche etiche, come quelle legate alla famiglia, legate alla vita, perché
su questioni etiche spesso siamo divisi. Rispetto alle Chiese dell’Est avevamo
un muro, abbiamo storie diverse, abbiamo paure, paure psicologiche ecc., però
positivamente, in questi tempi, in questi giorni, abbiamo visto che possiamo,
nonostante queste difficoltà, camminare insieme, e abbiamo delle differenze che
possono diventare delle ricchezze reciproche. Abbiamo delle differenze che
dovremmo superare.
D. – L’Assemblea Ecumenica che
si svolgerà nel settembre del 2007 a Sibiu prevede 4 tappe. Quella di Roma era
la prima, con quali conclusioni vi avviate verso la seconda?
La conclusione è, anzitutto,
l’invito a mettersi in cammino, perché in primo luogo ne ha bisogno l’Europa –
quest’Europa che cerca, anche a livello politico ed economico una via di
unificazione – un’Europa che si confronta con le grandi sfide del mondo, dal
tema del terrorismo, della pace, alle domande che vengono dagli altri
continenti. Quest’Europa ha bisogna di cristiani che camminino insieme e che
possano testimoniare insieme il Vangelo, facendo emergere la luce che il
Vangelo ha in sé, luce che dona risposte a tutte le sfide del mondo. Abbiamo
concluso questo nostro incontro con una celebrazione dedicata a Gesù Risorto,
Gesù Luce. Abbiamo acceso la nostra candela dal Cero Pasquale e dal nostro incontro abbiamo sentito la presenza dello
spirito del Risorto. Questo ci ha lasciato molta gioia e quindi tutti i
partecipanti porteranno questa gioia, questo ardere del cuore, ciascuno nei
loro Paesi.
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NEI CINEMA IN ITALIA L’ULTIMO FILM DI STEVEN
SPIELBERG, “MUNICH”
- Intervista con il regista e con l’on. Mario
Pescante -
Da ieri nelle sale italiane l’ultimo e
problematico film di Steven Spielberg “Munich”, ispirato al libro di George
Jonas “Vengeance”, con il quale il regista americano esplora un momento tragico
della nostra storia, quello generato dai fatti di sangue avvenuti durante le
Olimpiadi di Monaco del 1972. Servizio di Luca Pellegrini:
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Questa notizia invase gli schermi televisivi e le radio di tutto
il mondo, infrangendo deboli illusioni e superficiali speranze. Era il 5
settembre del 1972: a Monaco, in Germania, si stavano disputando le Olimpiadi
che erano state soprannominate “della Pace e della Gioia”. Si tramutarono, invece,
in quelle dell’odio e della morte. Un attacco terroristico messo a punto
dall’organizzazione Settembre nero, formata da estremisti palestinesi, aveva
assaltato gli appartamenti della squadra olimpica israeliana causando subito la
morte di due atleti, poi la presa in ostaggio dei superstiti, infine il loro
annientamento dopo un inetto tentativo di liberazione. Furono trucidati in
undici. Con questo sangue una nuova era, molto diversa e dalle inaspettate
conseguenze, aveva purtroppo inizio. Ad oltre trent’anni di distanza, con la
ponderazione storica che il tempo riesce ad innescare e sulla scia dei tempi
che stiamo vivendo e che molto altro sangue hanno prodotto, Steven Spielberg
lascia la “guerra dei mondi” e si inabissa nella guerra più infida e dolorosa
che affligge il nostro mondo. Guerra spietata, guerra inutile. Quella che
oppone fazioni diverse in nome di Dio. Contrapposizione che ha assunto il nome
di terrorismo e che Benedetto XVI ha stigmatizzato come attività infamante e
“tanto più deprecabile quando si fa scudo di una religione, abbassando così la
pura verità di Dio alla misura della propria cecità e perversione morale”.
Ebbene, il regista americano
affronta con coraggio ciò che avvenne dopo le morti israeliane, ossia il
meccanismo della vendetta messo a punto con totale segretezza da Israele e
finalizzato all’eliminazione di tutti i mandanti arabi della strage. A Monaco
l’Italia ebbe un testimone d’eccezione, che ricorda per noi quanto accadde
quella notte ed i riflessi che quei fatti ebbero sui giochi olimpici ed il loro
spirito. Si tratta dell’On. Mario Pescante, sotto-segretario ai Beni e alle
Attività Culturali con delega allo Sport:
“Sono stato testimone indiretto
delle trattative, della prima parte degli avvenimenti già di per se stessa
terribile perché erano stati uccisi già nell’irruzione 2 degli 11 atleti
israeliani. Abbiamo assistito ad un tentativo, per la verità molto approssimativo,
di stabilire un dialogo tra un tenente della polizia , che parlava solo
tedesco, e un palestinese che era incappucciato e rispondeva in inglese. Po
alla fine, come interprete è arrivato un dirigente libanese che traduceva
l’arabo. Noi tutti abbiamo capito molto poco allo stadio di quello che poi
sarebbe accaduto. Giravano molte voci. Poi quando fu celebrata la Messa allo
stadio, allora prendemmo coscienza di quello che era avvenuto. Ma di quello che
era accaduto, della drammaticità degli eventi, del sangue versato, praticamente
la piena consapevolezza, l’avemmo solo al ritorno”.
Lo stesso Steven Spielberg
riassume le ragioni che lo hanno portato a realizzare questa nuova sfida
cinematografica:
“Io credo che questo film oggi
sia molto importante e non costituisce un argomento di qualunquismo, al
contrario credo che questo film dia delle risposte, suggerisca che potrebbe
esserci una risposta giusta; ti mette di fronte a fatti di una profonda gravità
e quando oggi cerchiamo di combattere il terrorismo la cosa fondamentale
dovrebbe essere non perdere comunque di vista un processo di comprensione,
irridendoci su certe posizioni. Occorre essere sicuri che i risultati che vengono
da certe azioni siano davvero quel che ci prefiggiamo. Ecco perché quello che
ho cercato di fare in questo film è concentrare l’attenzione su certi problemi
che hanno bisogno di una discussione. Non ho la presunzione di dare risposte.
Spero che il film, a parte il fatto che esplora il dramma umano di chi deve
compiere una missione, riesca a scatenare questo dibattito”.
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Domani, 29 gennaio, 4a Domenica
del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù entra nella
sinagoga di Cafàrnao, in giorno di sabato, mettendosi ad insegnare. Ed erano
stupiti del suo insegnamento, perché insegnava
come uno che ha autorità e non come gli scribi. Nella sinagoga c’era
anche un uomo posseduto da uno spirito immondo: Gesù lo guarisce. Tutti allora
furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda:
«Che è mai questo? Una dottrina
nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli
obbediscono!».
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Cristo
entra nella sinagoga e si mette ad insegnare. Il suo insegnamento viene messo a
confronto con l’insegnamento degli scribi. L’evangelista diceva che Cristo
insegnava come uno che ha autorità; ciò vuol dire che la sua parola era Lui
stesso. Ciò che diceva si poteva contemplare. La parola non era semplicemente
espressione di un pensiero, ma era la Vita stessa, era il suo Volto, il volto
di Colui per mezzo del quale tutto fu creato. La sua parola ha immediatamente
infastidito gli spiriti immondi i quali hanno evidentemente trovato uno spazio
pacifico nell’insediamento degli scribi che non li infastidivano affatto. Lo
spirito immondo è uno spirito di opposizione a Dio, di sfiducia nell’amore e
dunque di spersonalizzazione dell’uomo. Un tale spirito ha trovato la sua sussistenza
in una religione dove le cose, i precetti e le forme esterne, dominavano
sull’amore personale di Dio. Perciò Dio rappresenta per loro una minaccia
perché è la rivelazione di Dio che è Padre e che si prende cura di ogni uomo.
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28
gennaio 2004
sospendere le ostilità per avviare un dialogo sincero
con il governo.
E’ la richiesta dei vescovi colombiani all’esercito
di liberazione nazionale in vista dei colloqui preliminari con le autorità,
previsti per il mese prossimo
BOGOTA’. = La Chiesa cattolica
colombiana esorta la guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN) a
decretare un “immediato cessate-il-fuoco” per favorire l’avvio di un negoziato
di pace con il governo. Secondo quanto riporta l’agenzia MISNA, nei giorni
scorsi mons. Luis Augusto Castro ha chiarito di aver accettato di ospitare
temporaneamente nella sede della Conferenza episcopale, di cui è presidente, il
portavoce dell’ELN, Francisco Galán, per consentirgli di effettuare una serie
di incontri con personalità della società civile e della comunità internazionale.
L’obiettivo dell’ELN “è presentare la necessità di una soluzione politica
negoziata al conflitto colombiano”, ha affermato mons. Castro. I vescovi - ha
aggiunto - “sono stati molto decisi nell’esigere un’immediata sospensione delle
ostilità” come condizione affinché “il dialogo sia realmente sincero”. Il
presule ha anche riferito che l’ELN avrebbe chiesto una presenza della Chiesa
ai colloqui preliminari previsti a febbraio a Cuba col governo. Un’eventualità,
questa, che sarà presa in considerazione solo con l’accordo delle autorità.
Ottimismo per l’apertura delle trattative è stato espresso dal vice-presidente
della Repubblica, Francisco Santos. “Non c’è mai stato clima migliore per un
processo di pace con l’ELN che sia capace di dare frutti in tempi molto brevi”
ha dichiarato Santos, ritenendo che “uno dei passi più importanti sarà il
raggiungimento di una tregua”. (E. B.)
In kazakistan due feste religiose entreranno a far
parte del calendario
civile. I cristiani presenti nel paese SODDISFATTI
PER la decisione
che consente loro di festeggiare il natale
ASTANA. = Nell’ex Repubblica
sovietica del Kazakistan, per la prima volta nella storia del Paese, sono state
introdotte per legge due feste religiose. Si tratta del Natale, secondo il
calendario ortodosso, e del Kurbanaid, la festa musulmana del sacrificio (Eid).
È un passo importante visto che, fino ad ora, il Kazakistan, in nome di una
laicità assoluta, non aveva mai accettato di festeggiare appuntamenti
religiosi. Dopo anni di insistenze da parte cristiana e musulmana, lo Stato ha
approvato una commissione di studio. Fra gli esperti, come specifica l’agenzia
Asia News, vi era anche padre Edoardo Canetta, sacerdote Fidei Donum della
diocesi di Milano e professore all’università della capitale Astana. Così, dopo
molte discussioni, la decisione di accettare nel calendario civile le due feste
religiose. L’idea di fondo è che lo stato, proprio perchè laico, deve
riconoscere i valori presenti nel popolo. In questo quadro, è indubbio che fra
i valori più forti vi siano il cristianesimo e l’Islam. La popolazione kazaka
comprende anche emigrati polacchi, tedeschi, ucraini e russi, ormai cittadini
dello stato. I cristiani, circa il 30% dei circa 17 milioni di abitanti,
aspettano finalmente che le ricorrenze del 7 e dell’8 gennaio sostituiscano
come importanza l’unica festa del periodo, quella del capodanno. Nella vecchia
URSS, questo appuntamento era infatti usato, in alternativa al Natale, come la
festa della famiglia e della gioia. Per molti cristiani questa decisione è “un
regalo inaspettato”. I cattolici di rito orientale, seguendo il calendario
giuliano, festeggiano già il Natale insieme agli ortodossi il 7 gennaio. I
musulmani, che sono la maggioranza nel Paese, il 60% della popolazione, da
molto tempo chiedevano il riconoscimento dell’Eid. Lo Stato, però, si era
sempre rifiutato di avallare la richiesta temendo spinte estremiste. In
Kazakistan, la libertà di religione è garantita dallo Stato, ma con l’obbligo
di registrazione e un certo controllo. L’islam kazako, a carattere mistico, non
è fondamentalista. Fra cristiani e musulmani in genere vi è rapporto di
dialogo, sebbene tutta l’area centroasiatica soffra alcune scosse estremistiche
esportate da Afghanistan e Pakistan. (E. B.)
LA RIVISTA FRANCESCANA ‘TERRASANTA’ SI VESTE DI
NUOVO.
IL RINNOVATO MAGAZINE È
STATO PRESENTATO IERI A ROMA
DA PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA, CUSTODE
FRANCESCANO DI TERRA SANTA
ROMA. = La rivista “Terrasanta” ha una rinnovata veste
grafica. Il Custode francescano di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa,
ieri presso la Pontificia Università Antonianum, a Roma, ha presentato il nuovo
periodico, edito dai francescani già dal 1921. La rivista, pubblicata oltre che
in italiano anche in francese, spagnolo, inglese ed arabo, “vuole essere –
secondo le indicazioni di padre Pizzaballa - un magazine di informazione, attualità,
cultura biblica e dialogo tra le religioni”. Ma soprattutto, “una finestra aperta
sui problemi e le sfide della Chiesa nei Luoghi Santi e nel Medio Oriente”.
Come riferisce l’agenzia MISNA, padre Pizzaballa ha ricordato poi che i
Francescani di Terra Santa oltre alla custodia sono tenuti ad informare e a far
conoscere i Luoghi Santi della Palestina. “Il nostro compito è quello di
‘intercedere’, nel senso camminare in mezzo e insieme alla gente, anche se lì
come cristiani siamo un’esigua minoranza e non superiamo il 2%” – ha ricordato
infine il Custode francescano - Il rinnovamento della testata – spiega il
direttore, Giuseppe Caffulli – “rientra in un ampio progetto editoriale, che a
partire dalle nuove edizioni di ‘Terrasanta’, pubblica oltre a questa rivista
bimestrale, anche un mensile divulgativo di agile consultazione: ‘l’Eco di Terrasanta’.
Dal prossimo aprile - spiega infine Caffulli – sarà attivato il portale
terrasanta.net, con segnalazioni di libri, news e informazione sui Luoghi Santi”.
(A. E.)
Il Forum Sociale, che si tiene a Caracas è entrato
ieri nel vivo
con l’intervento del presidente venezuelano, Hugo
Chavez, inseritoSI
Nel dibattito sul futuro del movimento nato a Porto
Alegre nel 2001
- A cura di Maurizio Salvi -
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CARACAS. = Come era prevedibile
l’intervento di Chavez ha impresso al Forum una svolta, facendo emergere il
vero dibattito rimasto fra le righe fra quanti pensano che il popolo di Porto
Alegre debba restare un movimento e chi ritiene, invece, che esso possa servire
per il cambiamento della società. Il capo dello Stato ha sostenuto che negli
ultimi anni sono accadute molte cose nel mondo e in particolare in America
Latina e che i termini si sono ribaltati, perché quelli che hanno avuto
l’iniziativa, difendendo un modello di ingiustizia dall’alto di teorie capitaliste,
sono ora sulla difensiva. Dopo aver ricordato che abbiamo poco tempo per
salvare la vita del pianeta, Chavez ha sostenuto che un Forum che si riunisce
come un happening, con caratteristiche quasi folkloristiche, può andare bene,
ma non aiuta per questo il progetto di cambiamento della società. Noi qui – ha
chiarito – stiamo risollevando la bandiera del socialismo per imboccare nuovi
cammini del XXI secolo e per costruire un movimento autenticamente socialista
nel pianeta: un socialismo nuovo, fresco – ha aggiunto – che qui in America latina
deve avere una forte componente indigena, senza copiare modelli, il che fu uno
dei grandi errori del socialismo del XX secolo.
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''Cercando un equilibrio per l’economia globale''. E’
il titolo della sessione del World Economic Forum che a Davos ha acceso
i riflettori
su un paradosso: c’è un grande flusso finanziario che va dai Paesi poveri a
quelli ricchi
DAVOS. = Nel suo intervento, il
presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Trichet, ha suggerito al G7 la
sua ricetta per evitare nuove 'crisi' alla luce dei cambiamenti di equilibrio
in atto soprattutto nei paesi emergenti. Per Trichet l’Europa può contribuire
al riequilibrio mondiale solo in maniera indiretta. Le riforme strutturali,
però, possono elevare il livello di crescita dei Paesi dell’Euro. E questo può
facilitare l’aggiustamento degli squilibri. Ma il presidente della BCE ha
lanciato un chiaro messaggio ai Paesi emergenti, come Cina e India affinché incrementino
la propria domanda interna. Devono favorire i consumi, insomma, anche
attraverso maggiore flessibilità dei cambi. E’ la comunità internazionale a
chiederlo - ha specificato Trichet – “ed è ora che questo sia messo in pratica”.
Quindi, facendo riferimento all’enorme flusso di capitali cinesi e indiani
diretto sui mercati statunitensi - Trichet ha affermato che si tratta di una
vera e propria anomalia. E se l’ex ministro del Tesoro americano, Summer ha
affermato che “la crescita dei Paesi emergenti si realizza soprattutto
attraverso l’export”, il ministro delle Finanze indiano ha lanciato invece
l’allarme sull’impatto di alcuni squilibri. Innanzitutto, i movimenti del dollaro, poi l’inaspettato aumento dei tassi
di interesse e infine l’ aumento dei prezzi dell’energia. Problemi che secondo
il ministro indiano, sia separatamente sia insieme, non aiutano certo i Paesi
in via di sviluppo. (E. B.)
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28 gennaio 2006
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
“Tutte le opzioni dovrebbero
restare aperte; l’ultima è quella militare”. Lo ha dichiarato il presidente
americano, George Bush in un’intervista rilasciata alla CBS News rispondendo ad
una domanda sul programma nucleare iraniano. “Il mondo libero – ha aggiunto
Bush - non può consentire all’Iran di dotarsi di armi nucleari”. Nella
Repubblica islamica il governo di Teheran ha chiesto, intanto,
più tempo per esaminare la proposta di Mosca per il trasferimento, in Russia,
delle attività per l’arricchimento dell’uranio.
La tv satellitare araba “Al Jazeera” ha annunciato,
poco fa, la messa in onda di un nuovo video con i quattro operatori umanitari
occidentali rapiti in Iraq lo scorso 26 novembre. I quattro ostaggi sono un
britannico, uno statunitense e due canadesi. Nel Paese arabo, intanto, riprenderà domani a Baghdad, dopo alcune
settimane di polemiche e con un nuovo giudice, il processo contro Saddam Hussein.
Ad
Haiti sono stati liberati i tre cittadini francesi, rapiti mercoledì scorso a
Port au Prince da uomini armati. Secondo quanto riferito dalla polizia i tre
ostaggi, una suora e due operatori umanitari, sarebbero stati rilasciati senza
il versamento di alcun riscatto.
Un terremoto,
di magnitudine 7,7 gradi della scala Richter, ha colpito stamani la parte
orientale dell’Indonesia. Il sisma non sembra aver provocato danni o vittime.
L’Istituto americano di geofisica ha assicurato, inoltre, che non c’è alcun
pericolo tsunami. L’onda
anomala che il 26 dicembre del 2004 si è abbattuta sulle coste di diversi
Paesi, tra cui Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e India, aveva causato la morte di oltre 230 mila persone.
Il virus dell’influenza aviaria potrebbe essere debellato.
Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell’università di Pittsburgh,in
Pennsylvania, che ha messo a punto un nuovo vaccino, sperimentato per ora con
successo, su polli di allevamento. Il commissario europeo alla salute, Markos
Kyprianou, ha dichiarato intanto che l’Unione europea è la regione più
preparata del mondo ad affrontare una eventuale pandemia.
La RAI deve garantire fin da ora una vera par
condicio in tutte le trasmissioni radiotelevisive, senza attendere la data
di scioglimento delle Camere. Lo sostiene il presidente della Repubblica
italiana, Carlo Azeglio Ciampi, in una lettera indirizzata al presidente della
Commissione parlamentare di vigilanza, Paolo Gentiloni. Il capo di Stato si dichiara
inoltre soddisfatto per l’impegno della Commissione parlamentare di vigilanza
ad intensificare i controlli ad essa affidati “con particolare riferimento alla
campagna elettorale”.
In Italia, i magistrati hanno bocciato senza appello,
all’inaugurazione dell’anno giudiziario, la riforma dell’ordinamento
giudiziario approvata dal governo. Ieri a Roma
il discorso del primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli
davanti al presidente della Repubblica e a tutte le altre massime autorità
dello Stato. Questa mattina in tutta Italia le relazioni dei presidenti di
Corte d’appello. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Nella giustizia, l’Italia ha due
primati: il maggior numero di giudici, ma anche il maggior tempo nella definizione
dei processi civili e penali. Nel suo intervento di ieri all’inaugurazione
dell’anno giudiziario, il primo presidente di Cassazione, Nicola Marvulli,
ha sottolineato che la lentezza è una vera e propria componente
fisiologica dell’amministrazione della giustizia. Ma - aggiunge Marvulli - la
riforma appena approvata non migliorerà le cose ma, anzi, pregiudicherà
ulteriormente l’efficienza della magistratura. Di tutt’altro avviso il ministro della Giustizia Castelli, che ha
difeso e valorizzato le leggi approvate in questa legislatura: dalla rogatoria
internazionale, al falso in bilancio, dalla recidiva all’inappellabilità. Norme
che secondo Castelli contribuiranno a ridurre la durata dei processi e a incrementare
la competitività del sistema. Dura la
protesta dei magistrati
aderenti all’ANM, che in molti casi hanno disertato le cerimonie di
inaugurazione. E parlano di controriforma che riporta indietro di 50 anni il
modello di magistrato, limitando l’autonomia e l’indipendenza previste dalla
Costituzione a garanzia dei cittadini. La protesta dei magistrati è condivisa dai presidenti di Corte
d’appello, che nei loro interventi hanno anche lamentato i tagli di
investimenti e i vuoti di organico. Ma al Sud naturalmente la prima emergenza resta
la criminalità organizzata. A Palermo viene delineato l’inquietante scenario
della mafia che controlla la politica. A Bari c’è
l’allarmante fenomeno di padri che armano i figli minori. Mentre a Catanzaro
viene sottolineata la significativa e confortante reazione dei ragazzi di Locri
all’assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria,
Francesco Fortugno.
Per la Radio Vaticana, Gianpiero Guadagni
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Si
stende il fronte della crisi energetica: una perdita in un gasdotto ha
provocato l’interruzione delle fornitura di gas in Cecenia. La Georgia, non più
raggiunta dal gas russo, ha trovato intanto un’intesa per forniture dall’Iran.
Le autorità di Tblisi hanno precisato, intanto, che il gasdotto danneggiato
sabato scorso da due esplosioni è stato riparato. La fornitura di gas
riprenderà entro domani mattina.
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