RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 28  - Testo della trasmissione di sabato 28 gennaio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI ai giudici della Rota Romana: tempi ragionevoli per i processi di nullità matrimoniale, che devono conciliare nella verità le esigenze delle norme con la sensibilità pastorale

 

Il Papa riceve il presidente greco Papoulias

 

L’armonia tra amore umano e divino nell’Enciclica di Benedetto XVI, “Deus caritas est”. Il commento del predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa

 

Domani la Giornata mondiale dei malati di lebbra: il messaggio del cardinale Lozano Barragán

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Hamas si dice pronto a collaborare con tutte le componenti della società politica palestinese e ad aprire un dialogo con Stati Uniti e Unione Europea: con noi la prof. Marcella Emiliani

 

Le Chiese europee invitano ad un cammino per l’unità. Ai nostri microfoni mons. Aldo Giordano

 

Nei cinema in Italia,“Munich”, l’ultimo film di Steven Spielberg: interviste con il regista e con l’on. Mario Pescante

 

Nel Vangelo di domani Gesù insegna e guarisce nella sinagoga di Cafarnao: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa cattolica colombiana esorta la guerriglia dell’ELN a decretare un “immediato cessate-il-fuoco” per favorire l’avvio di un negoziato di pace con il governo

 

In Kazakistan due feste religiose entreranno a far parte del calendario civile

 

La rivista francescana ‘Terrasanta’ si veste di nuovo

 

Al Forum sociale, a Caracas, l’intervento, ieri, del presidente venezuelano, Hugo Chavez

 

In corso a Davos il  Forum economico mondiale

 

24 ORE NEL MONDO:

Italia: al via l’anno giudiziario tra le proteste: l’Associazione Nazionale Magistrati dice “no” alla riforma sulla giustizia. Il presidente Ciampi, intanto, invita la Rai ad una vera “par condicio”

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 gennaio 2006

 

 

BENEDETTO XVI AI GIUDICI DELLA ROTA ROMANA:

TEMPI RAGIONEVOLI PER I PROCESSI DI NULLITA’ MATRIMONIALE, CHE DEVONO

CONCILIARE NELLA VERITA’ LE ESIGENZE DELLE NORME CON LA SENSIBILITA’ PASTORALE

 

Stabilire l’eventuale nullità di un matrimonio deve essere un processo che – in “tempi ragionevoli” – cerchi sempre di unire al bene delle persone coinvolte l’amore per la verità, senza tralasciare mai lo sforzo della riconciliazione. Sono alcuni dei punti del primo discorso rivolto da Benedetto XVI ai giudici della Rota Romana, ricevuti all’inizio del loro Anno giudiziario. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Uno strumento “per rendere servizio alla verità”, per ristabilire “con tempestività” una visione di giustizia, e non per rendere più complicato, o addirittura litigioso, il dissidio che ha condotto due coniugi davanti ai giudici della Rota Romana. Benedetto XVI pone subito alla base della sua riflessione sui processi di nullità matrimoniale un elemento caro al suo Pontificato: l’“amore per la verità”. E’ su questo piano, dice con chiarezza, che va trovato il “punto d’incontro” tra le esigenze del diritto e quelle della persona, ferma restando l’indissolubilità del matrimonio cristiano. E’ solo una “pretesa contrapposizione”, allora, quella che opporrebbe la sensibilità pastorale di alcuni vescovi alla legislazione canonica che stabilendo il riconoscimento o meno del vincolo matrimoniale tra due persone, ne condiziona anche la possibilità di accostarsi o meno alla Comunione.

 

Un nodo nevralgico che Benedetto XVI ha toccato ribadendo l’importanza dell’Istruzione canonica Dignitas connubii. Da un lato, ha osservato, sembrerebbe che i padri che hanno preso parte al Sinodo sull’Eucaristia dello scorso ottobre “abbiano invitato i tribunali ecclesiastici ad adoperarsi affinché i fedeli non canonicamente sposati possano regolarizzare la loro  situazione matrimoniale e riaccostarsi al banchetto eucaristico”. Dall’altra parte, ha aggiunto, “la legislazione canonica e la recente Istruzione sembrerebbero invece porre dei limiti a tale spinta pastorale”, come se in sostanza le “formalità giuridiche” del processo fossero più rilevanti “della finalità pastorali”:

 

“Il processo canonico di nullità del matrimonio costituisce essenzialmente uno strumento per accertare la verità sul vincolo coniugale. Il suo scopo costitutivo non è quindi di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità (…) Il processo, proprio nella sua struttura essenziale, è istituto di giustizia e di pace”.

 

Dunque, ha continuato Benedetto XVI, “il ricorso alla via processuale, nel cercare di determinare ciò che è giusto, non solo non mira ad acuire i conflitti, ma a renderli più umani, trovando soluzioni oggettivamente adeguate alle esigenze della giustizia”. Per ottenere tali risultati, ha affermato il Papa, occorre quindi che i giudici della Rota Romana assicurino “l’oggettività, la tempestività e l’efficacia” delle loro decisioni. Ricordando, ha puntualizzato, che “nessun processo è a rigore contro l’altra parte, come se si trattasse di infliggerle un danno ingiusto”:

 

“L’obiettivo non è di togliere un bene a nessuno, bensì di stabilire e tutelare l’appartenenza dei beni alle persone e alle istituzioni. A questa considerazione, valida per ogni processo, nell’ipotesi di nullità matrimoniale se ne aggiunge un’altra più specifica. Qui non vi è alcun bene conteso tra le parti, che debba essere attribuito all’una o all’altra. L’oggetto del processo è invece dichiarare la verità circa la validità o l’invalidità di un concreto matrimonio, vale a dire circa una realtà che fonda l’istituto della famiglia e che interessa in massima misura la Chiesa e la società civile”.

 

E qui il Papa, spostando la riflessione dalla giusta applicazione delle norme alla dimensione pastorale, ha stigmatizzato come la ricerca della verità “sull’indissolubilità del matrimonio” sia talvolta piegata alle esigenze dei singoli per un distorto senso della solidarietà:

 

“Può avvenire infatti che la carità pastorale sia a volte contaminata da atteggiamenti compiacenti verso le persone. Questi atteggiamenti possono sembrare pastorali, ma in realtà non rispondono al bene delle persone e della stessa comunità ecclesiale. (…) Oggi purtroppo ci è dato di constatare che questa verità è talvolta oscurata nella coscienza dei cristiani e delle persone di buona volontà. Proprio per questo motivo è ingannevole il servizio che si può offrire ai fedeli e ai coniugi non cristiani in difficoltà rafforzando in loro, magari solo implicitamente, la tendenza a dimenticare l’indissolubilità della propria unione. In tal modo, l’eventuale intervento dell’istituzione ecclesiastica nelle cause di nullità rischia di apparire quale mera presa d’atto di un fallimento”.

 

“La verità cercata nei processi di nullità matrimoniale - ha ripetuto ancora Benedetto XVI - non è tuttavia una verità astratta, avulsa dal bene delle persone”:

 

“È pertanto assai importante che la sua dichiarazione arrivi in tempi ragionevoli. La Provvidenza divina sa certo trarre il bene dal male, anche quando le istituzioni ecclesiastiche trascurassero il loro dovere o commettessero degli errori. Ma è un obbligo grave quello di rendere l’operato istituzionale della Chiesa nei tribunali sempre più vicino ai fedeli. Inoltre, la sensibilità pastorale deve portare a cercare di prevenire le nullità matrimoniali in sede di ammissione alle nozze e ad adoperarsi affinché i coniugi risolvano i loro eventuali problemi e trovino la via della riconciliazione”.

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IL PAPA RICEVE IL PRESIDENTE GRECO PAPOULIAS

 

Il Papa ha ricevuto stamane  il  presidente della Grecia Karolos Papoulias, con la moglie e il  seguito. Dopo il colloquio, durato circa 15 minuti, e il consueto scambio dei doni, il presidente greco ha incontrato  il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano.

 

 

NOMINE

In Francia, il  Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Évreux, presentata da mons. Jacques David, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Christian Nourrichard, finora vescovo coadiutore della medesima diocesi.

 

In Italia, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Velletri-Segni, presentata da mons. Andrea Maria Erba, per raggiunti limiti di età. Il Santo Padre ha nominato vescovo della diocesi Suburbicaria di Velletri-Segni mons. Vincenzo Apicella, vescovo titolare di Gerafi, finora vescovo ausiliare di Roma per il Settore Ovest della diocesi. Mons. Vincenzo Apicella, del clero della diocesi di Roma, è nato a Napoli il 22 gennaio 1947. Alunno dell’Almo Collegio Capranica, è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 25 marzo 1972. Ha conseguito la licenza in Filosofia e in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Eletto vescovo titolare di Gerafi ed ausiliare per il Settore Ovest di Roma il 19 luglio 1996 è stato consacrato il 14 settembre dello stesso anno.

 

Il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare della diocesi di Roma mons. Benedetto Tuzia, finora parroco della Parrocchia di San Roberto Bellarmino, assegnandogli la sede titolare vescovile di Nepi. Mons. Benedetto Tuzia è nato a Subiaco il 22 dicembre 1944. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici al Seminario di Subiaco. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1969 per l'Abbazia sublacense, si è licenziato in Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense. Nel 1970 si è trasferito a Roma e dal 1° settembre 1980 fa parte del clero diocesano dell’Urbe. Dal 27 agosto 1993 è Cappellano di Sua Santità.

 

In India, il Papa ha nominato vescovo di Gumla mons. Paul Alois Lakra, amministratore diocesano della medesima diocesi. Mons. Paul Alois Lakra, è nato l’11 luglio 1955 nel villaggio di Naditoli, diocesi di Gumla. E’ stato ordinato sacerdote il 6 maggio 1988.

 

In Messico, il Santo Padre ha nominato vescovo di Tehuacán mons. Rodrigo Aguilar Martínez, finora vescovo di Matehuala. Mons. Rodrigo Aguilar Martínez è nato il 13 marzo 1952 a Valle di Santiago, diocesi di Irapuato. E’ stato ordinato sacerdote il 25 luglio 1975. Ha ottenuto, poi, la Licenza in Scienze dell’Educazione presso la Pontificia Università Salesiana a Roma. Nominato primo vescovo di Matehuala il 28 maggio 1997, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 31 luglio dello stesso anno. Attualmente  è presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia della Conferenza Episcopale Messicana.

 

Il Papa ha nominato Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede il padre domenicano Wojciech Giertych, Teologo della Casa Pontificia.

 

 

L’ARMONIA TRA AMORE UMANO E DIVINO NELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI,

“DEUS CARITAS EST”. IL COMMENTO DEL PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA,

 PADRE RANIERO CANTALAMESSA

 

“Volevo mostrare l'umanità della fede, di cui fa parte l'eros – il "sì" dell'uomo alla sua corporeità creata da Dio”. Così Benedetto XVI ha spiegato in questi giorni lo scopo della sua prima Enciclica, “Deus caritas est”, pubblicata mercoledì scorso. Una visione dunque positiva dell’amore umano, che vede l'eros armonizzarsi con l’agàpe, diventando amore che non cerca più se stesso, ma  cura  dell'altro, fino alla disposizione al sacrificio per lui. Ma ascoltiamo il commento su questa Enciclica di Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. L’intervista è di Tiziana Campisi.

 

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R. – C’è una sintesi molto lucida che va all’essenziale e fa vedere le caratteristiche dell’amore cristiano senza opporlo all’eros. L’amore umano non è opposto all’amore divino, è una sua manifestazione, incompleta, bisognosa di guarigione, come dice bene l’Enciclica in più punti: L’amore cristiano non annulla, non squalifica l’amore umano, ma certamente lo redime, lo guarisce dalle tendenze intrinseche, che lo portano a sfociare nell’egoismo.

 

D. - Questa visione positiva dell’eros, questa complementarietà con l’agape: come viverla?

 

R. - Questo è tutto un processo che, si potrebbe dire, è il cammino della santità. Anche i santi sono dovuti passare da questo amore umano iniziale che vuole, che desidera per sé, ad un amore sempre più gratuito, spoglio, sempre più di donazione. Si basa sull’esempio di Cristo, si basa sull’uso dei Sacramenti, perché la Confessione è anche questo, il chiedere perdono continuamente anche a proposito dell’amore, dell’incapacità di elevarsi ad un amore di donazione, quindi di vincere l’egoismo.

 

D. – Benedetto XVI parte da una dimensione umana della fede. Come porsi?

 

R. – Come tradurre anche sul piano umano questa rivelazione dell’amore di Dio?

        

Mi piace ricordare una parola di Sant’Agostino che diceva: se tutte le Bibbie del mondo andassero perdute per qualche cataclisma e ne rimanesse una copia sola e questa copia fosse così danneggiata che solo una pagina fosse ancora intera, e questa pagina fosse così stropicciata e solo una riga si potesse ancora leggere, se questa riga è quella della Prima Lettera di Giovanni dove è scritto “Dio è amore”, tutta la Bibbia sarebbe salva, perché tutto è lì. Quindi il titolo di questa Enciclica “Deus caritas est”, che è appunto quella frase di Giovanni, va al cuore della Bibbia e si presta per una infinita traduzione. Io credo che il Papa certamente ha in mente – lo cita mi pare anche – quella parola di Giovanni che si trova sempre nello stesso contesto: noi abbiamo  creduto nell’amore di Dio, e cioè l’amore di Dio è prima di tutto un oggetto di fede, prima ancora che di imitazione. Sembrerebbe facile credere nell’amore di Dio, perché è una cosa gratificante. Io sono convinto, invece, che questo è uno dei traguardi più alti della fede: credere,convincersi che Dio ci ama.

 

D. – E’ questo, dunque, il significato della fede nell’amore di Dio?

 

R. – Sì. io credo che, siccome Dio è amore, la fede nell’amore di Dio in fondo è la fede cristiana in Dio. Credere che Dio è amore, che Dio ci ama è l’oggetto supremo della fede. Come sempre, nella visione cattolica la fede deve accompagnarsi o tradursi nelle opere. Quindi la seconda parte dell’Enciclica lancia alcune piste di riflessione sull’ ambito politico, sociale, esistenziale, in cui questo amore dovrebbe tradursi. Questo risponde proprio alla logica della Chiesa, non solo cattolica, ma ormai di tutti i cristiani. Le opere non ci salvano, ma non ci salviamo senza le opere. Cioè la fede nell’amore di Dio che non si traduce in amore del prossimo nei vari ambiti concreti della politica, della giustizia, eccetera, finirebbe per essere una fede morta, come dice San Giacomo.

 

D. – Dopo una prima lettura della “Deus caritas est”, quali sono i punti che suggerisce di approfondire?

 

R. – Direi che soprattutto bisogna insistere sulla prima parte perché le traduzioni pratiche, poi, dipendono molto dalla competenza di ciascuno, ma tutti ci unisce quella prima parte di rimettere al cuore del Cristianesimo il messaggio che Dio è amore perché non è così scontato che ci sia. Ne siamo convinti, però molto spesso a livello pratico domina ancor all’idea che Dio è dovere, che se facciamo alcune cose Dio ci amerà, ci darà la sua grazia, quindi la grazia di Dio diventa l’effetto di quello che facciamo. L’amore di Dio che poi, in noi si traduce – come diceva già San Tommaso  - in capacità e in bisogno di far passare questo amore, cioè di amare gli altri.

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UN INVITO AD OFFRIRE RISPOSTE CONCRETE AI BISOGNI DI CURA DEI MALATI

DI LEBBRA. LO RIVOLGE A TUTTE LE COMUNITÀ CRISTIANE IL PRESIDENTE

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE

JAVIER LOZANO BARRAGÁN. NEL MESSAGGIO PER LA 53ª GIORNATA MONDIALE

PER I LEBBROSI, L’ESORTAZIONE DEL PORPORATO A FAR SI’ CHE L’EUCARISTIA

DIVENTI SORGENTE DI SOLIDARIETÀ

 

Annunciare il Vangelo e curare gli infermi: è questa la missione che Cristo ha lasciato alla Chiesa. Una missione che si traduce anche nella Giornata mondiale per i malati di lebbra, domani alla 53ª edizione. Lo scopo, dar voce al grido di aiuto delle tante persone che ancora, nei cinque continenti, sono colpite dal morbo di Hansen. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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Nel messaggio che il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, ha scritto per la 53ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, l’invito perché tutti si sentano coinvolti, con le diverse possibilità e responsabilità, nell’impegno di offrire risposte concrete ai bisogni di cura dei lebbrosi. Il numero più elevato lo scorso anno è stato registrato in Africa: oltre 47 mila i malati, seguono l’America con circa 37 mila, il Sud-Est asiatico con 186 mila e il Mediterraneo orientale con più di 5 mila. Ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità registra un regresso della malattia; dal 2001 al 2004 i malati sono diminuiti da 763 mila a 407 mila. L’esortazione del cardinale Lozano Barragán è a superare pregiudizi e disfunzioni organizzative nella lotta contro la lebbra. Occorre collaborazione tra organismi internazionali, ha sottolineato il porporato, tra governi, organizzazioni non governative e Chiese locali, necessitano progetti formativi per operatori socio-sanitari. “La celebrazione della 53ª Giornata mondiale dei malati di lebbra deve diventare, per tutte le nostre comunità, invito a rinnovare il nostro comune impegno di solidarietà, di sensibilizzazione al problema, di sostegno alle nostre missioni”, afferma il cardinale Lozano Barragán. L’Eucaristia, si legge nel messaggio del porporato, “diventi la sorgente di un amore e di una solidarietà più grande verso le persone sofferenti e malate di lebbra, capace di edificare una umanità più giusta, fraterna e in pace”. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "L'amore per la verità, fondamentale punto di incontro tra diritto e pastorale": il discorso di Benedetto XVI in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata all'ingresso in Diocesi del Vescovo di Forlì-Bertinoro.

 

Servizio estero - Medio Oriente - Bush: niente aiuti all'Autorità palestinese se Hamas non abbandona la violenza.

 

Servizio culturale - Un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Un raggio di luce nel buio della Shoà": presentato alla Farnesina il volume "I Giusti d'Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei".

 

Servizio italiano - L'inaugurazione dell'Anno giudiziario: critiche alla riforma e ad altre recenti leggi nelle relazioni dei presidenti di Corte d'Appello.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 gennaio 2006

 

 

 

HAMAS PRONTO A COLLABORARE CON TUTTE LE COMPONENTI DELLA SOCIETÀ POLITICA PALESTINESE

E AD APRIRE UN DIALOGO CON STATI UNITI E UNIONE EUROPEA

- Intervista con Marcella Emiliani -

 

Nei Territori palestinesi proseguono gli scontri tra militanti di Hamas e sostenitori di Al Fatah: due ufficiali di polizia sono rimasti feriti, questa mattina, per un imboscata tesa da estremisti dell’organizzazione radicale. Sul versante politico, sembrano profilarsi negoziati indiretti di Hamas con Israele anche grazie alla proposta di una mediazione da parte della Turchia e la collaborazione del gruppo fondamentalista con tutte le componenti della società palestinese. Un leader di Hamas in esilio ha detto che il gruppo radicale è pronto a dialogare anche con Stati Uniti e Unione Europea. Ma è veramente possibile un esecutivo formato da ministri del movimento integralista islamico e da esponenti moderati del partito di Al Fatah? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di relazioni internazionali del Medio Oriente all’Università di Bologna:

 

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R. - Bisogna che il problema venga risolto all’interno di Al Fatah dove, attualmente, c’è una grossa spaccatura. Parte dell’ala giovanile di Al Fatah, quella vicina a Barghuti, sarebbe anche disponibile ad entrare in un esecutivo con Hamas. Non è così, invece, per la vecchia guardia dell’OLP. Il problema che si sta prefigiurando, quindi, è quello di un esecutivo tecnico. Ma a questo punto, chiunque accetti di far parte del governo, sa di essere stretto tra incudine e martello. Nessuna delle due formazioni è disponibile, infatti, a fare un passo indietro. Al Fatah non vuol perdere il potere che ha accumulato fino ad oggi, Hamas intende esercitarlo.

 

D. – Proprio le divergenze tra estremisti di Hamas e moderati di Al Fatah possono sfociare in una drammatica polarizzazione nella società palestinese?

 

R. – Era già sfociata a dire la verità. Questa seconda Intifada è stata da molti definita anche un’“Intrafada”, cioè una sorta di guerra civile strisciante all’interno degli stessi palestinesi. A questa spaccatura si è arrivati non solo per questioni ideologiche: i maggiori centri dell’autonomia nazionale palestinese sono stati gestiti, infatti, in maniera molto personalistica, nepotistica. Si tratta, quindi, di perdere feudi di potere. Naturalmente poi ci sarà il comportamento della comunità internazionale che sarà assolutamente determinante. Servono fondi che attualmente vengono in parte dall’occidente e in parte anche dai Paesi del Golfo. Ma se si seccano queste due fonti di finanziamento, chiunque vada al potere, non riuscirà a mandare avanti tutto il sistema.

 

D. – Proprio la minaccia del taglio degli aiuti umanitari è quella di una recrudescenza della violenza, possono tramutarsi paradossalmente in condizioni favorevoli per il processo di pace?

 

R. – Assolutamente sì. Io spero che la diplomazia internazionale si metta in moto subito per evitare l’isolamento dell’Autorità Nazionale Palestinese in mano ad Hamas e per evitare che alla rabbia e alla frustrazione che hanno già portato alla vittoria del movimento islamico, si aggiunga anche una bella crociata contro il “cattivo mondo esterno”. Questo processo rafforzerebbe Hamas.

 

D. – Professoressa, adesso a che punto è la “Road Map”?

 

R. – La “Road Map” è morta, nel senso che qui bisogna cambiare totalmente mentalità: bisogna inventare un’altra “Road Map”. Gli interlocutori della Road Map non ci sono più e quindi serve un enorme sforzo creativo a livello politico per riavviare un processo di pace che sarà inevitabilmente nuovo.

 

D. - Un altro dialogo deve avvenire all’interno di Hamas, ovvero tra i militanti che vivono nei Territori e quelli che si trovano all’estero. Le posizioni di queste fazioni si possono far conciliare?

 

R. – Hamas ha una specie di cervello pensante che si trova in Siria. In questo momento, però, pare proprio che l’Hamas dell’esterno e l’Hamas dell’interno abbiano capito entrambe che non riuscire a governare significherebbe assolutamente la sconfitta totale del movimento. Il problema è che i veri capi, quelli diciamo carismatici, sono stati eliminati da Isralele. A questo punto, diciamo che si innescherà anche una sorta di competizione interna e finalmente anche in Hamas vedremo comparire una diversità di posizioni. Adesso anche Hamas deve subire una qualche mutazione genetica. Speriamo in una direzione democratica.

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LE CHIESE D’EUROPA INVITANO AD UN CAMMINO CHE CONDUCA ALL’UNITÀ.

IN UNA LETTERA SCRITTA A ROMA, DOPO LA PRIMA TAPPA DI PREPARAZIONE

ALLA TERZA ASSEMBLEA ECUMENICA, L’ESORTAZIONE ALLA PREGHIERA

E ALLA RIFLESSIONE PERCHÉ LA FEDE NON RESTI AI MARGINI DELLA VITA SOCIALE

- Intervista con mons. Aldo Giordano -

 

Un invito, a tutte le Chiese d’Europa, ad un cammino verso l’unità. Lo rivolgono, in una lettera, i delegati delle Chiese e Conferenze episcopali europee, comunità e movimenti ecumenici. Ieri a Roma hanno concluso la prima tappa in preparazione della Terza Assemblea Ecumenica Europea, prevista a Sibiu, in Romania dal 4 all’8 settembre del 2007. Nell’udienza con i partecipanti a questo incontro, Benedetto XVI ha sottolineato che l’unità dei cristiani richiede anzitutto, nell’odierno contesto culturale spesso segnato dal relativismo, un’autentica professione di fede. Inoltre, ha detto ancora il Santo Padre, perché il processo di unificazione sia fruttuoso, è necessario che l’Europa riscopra le sue radici cristiane, dando spazio ai valori etici che fanno parte del suo patrimonio spirituale. Ma che cosa è emerso durante le giornate che hanno visto confrontarsi le diverse Chiese europee? Tiziana Campisi lo ha chiesto al segretario generale del Consiglio Conferenze Episcopali Europee, mons. Aldo Giordano.

 

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R. - I delegati di quasi tutte le Chiese erano qui a Roma per ritrovare le radici di quel Vangelo portato da Pietro e da Paolo. Abbiamo avuto due incontri con il Vescovo di Roma e questo è stato molto importante; anche le altre Chiese hanno molto apprezzato questi incontri, questa possibilità di scoprire la Chiesa cattolica nella sua casa madre, diciamo, nella sua radice.

 

D. - Quali parole del Papa vi hanno maggiormente colpito?

 

R. – Innanzitutto il fatto che, citando la sua Enciclica “Deus caritas est”, ci ha richiamato sul fatto che Dio, come amore, è la roccia su cui si fonda il nostro cammino, il nostro paziente cammino di ricerca dell’unità della Chiesa e della riconciliazione. Anche noi, in questi giorni, ci siamo resi conto che dobbiamo tornare a questa roccia, sapere che l’unità è un dono di Dio, che va supplicata e va cercata attraverso una via radicalmente spirituale.

 

D. – Nell’incontro che si è svolto a Roma, quali problematiche in particolare, sono emerse?

 

R. – Da una parte ci sono le problematiche ecumeniche. Sono state evidenziate le diversità, le differenze che esistono tra le diverse chiese. A livello teologico, sono chiare le differenze che esistono per esempio tra le Chiese ortodosse, la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti; si pensi al tema dei ministeri, al tema del sacerdozio femminile, al tema della successione apostolica e a quello dell’Eucaristia. E’ emersa in particolare la necessità di approfondire insieme problematiche etiche, come quelle legate alla famiglia, legate alla vita, perché su questioni etiche spesso siamo divisi. Rispetto alle Chiese dell’Est avevamo un muro, abbiamo storie diverse, abbiamo paure, paure psicologiche ecc., però positivamente, in questi tempi, in questi giorni, abbiamo visto che possiamo, nonostante queste difficoltà, camminare insieme, e abbiamo delle differenze che possono diventare delle ricchezze reciproche. Abbiamo delle differenze che dovremmo superare.

 

D. – L’Assemblea Ecumenica che si svolgerà nel settembre del 2007 a Sibiu prevede 4 tappe. Quella di Roma era la prima, con quali conclusioni vi avviate verso la seconda?

 

La conclusione è, anzitutto, l’invito a mettersi in cammino, perché in primo luogo ne ha bisogno l’Europa – quest’Europa che cerca, anche a livello politico ed economico una via di unificazione – un’Europa che si confronta con le grandi sfide del mondo, dal tema del terrorismo, della pace, alle domande che vengono dagli altri continenti. Quest’Europa ha bisogna di cristiani che camminino insieme e che possano testimoniare insieme il Vangelo, facendo emergere la luce che il Vangelo ha in sé, luce che dona risposte a tutte le sfide del mondo. Abbiamo concluso questo nostro incontro con una celebrazione dedicata a Gesù Risorto, Gesù Luce. Abbiamo acceso la nostra candela dal Cero Pasquale e dal nostro  incontro abbiamo sentito la presenza dello spirito del Risorto. Questo ci ha lasciato molta gioia e quindi tutti i partecipanti porteranno questa gioia, questo ardere del cuore, ciascuno nei loro Paesi.

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NEI CINEMA IN ITALIA L’ULTIMO FILM DI STEVEN SPIELBERG, “MUNICH”

- Intervista con il regista e con l’on. Mario Pescante -

 

         Da ieri nelle sale italiane l’ultimo e problematico film di Steven Spielberg “Munich”, ispirato al libro di George Jonas “Vengeance”, con il quale il regista americano esplora un momento tragico della nostra storia, quello generato dai fatti di sangue avvenuti durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. Servizio di Luca Pellegrini:

 

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 Questa notizia invase gli schermi televisivi e le radio di tutto il mondo, infrangendo deboli illusioni e superficiali speranze. Era il 5 settembre del 1972: a Monaco, in Germania, si stavano disputando le Olimpiadi che erano state soprannominate “della Pace e della Gioia”. Si tramutarono, invece, in quelle dell’odio e della morte. Un attacco terroristico messo a punto dall’organizzazione Settembre nero, formata da estremisti palestinesi, aveva assaltato gli appartamenti della squadra olimpica israeliana causando subito la morte di due atleti, poi la presa in ostaggio dei superstiti, infine il loro annientamento dopo un inetto tentativo di liberazione. Furono trucidati in undici. Con questo sangue una nuova era, molto diversa e dalle inaspettate conseguenze, aveva purtroppo inizio. Ad oltre trent’anni di distanza, con la ponderazione storica che il tempo riesce ad innescare e sulla scia dei tempi che stiamo vivendo e che molto altro sangue hanno prodotto, Steven Spielberg lascia la “guerra dei mondi” e si inabissa nella guerra più infida e dolorosa che affligge il nostro mondo. Guerra spietata, guerra inutile. Quella che oppone fazioni diverse in nome di Dio. Contrapposizione che ha assunto il nome di terrorismo e che Benedetto XVI ha stigmatizzato come attività infamante e “tanto più deprecabile quando si fa scudo di una religione, abbassando così la pura verità di Dio alla misura della propria cecità e perversione morale”.

 

Ebbene, il regista americano affronta con coraggio ciò che avvenne dopo le morti israeliane, ossia il meccanismo della vendetta messo a punto con totale segretezza da Israele e finalizzato all’eliminazione di tutti i mandanti arabi della strage. A Monaco l’Italia ebbe un testimone d’eccezione, che ricorda per noi quanto accadde quella notte ed i riflessi che quei fatti ebbero sui giochi olimpici ed il loro spirito. Si tratta dell’On. Mario Pescante, sotto-segretario ai Beni e alle Attività Culturali con delega allo Sport:

 

“Sono stato testimone indiretto delle trattative, della prima parte degli avvenimenti già di per se stessa terribile perché erano stati uccisi già nell’irruzione 2 degli 11 atleti israeliani. Abbiamo assistito ad un tentativo, per la verità molto approssimativo, di stabilire un dialogo tra un tenente della polizia , che parlava solo tedesco, e un palestinese che era incappucciato e rispondeva in inglese. Po alla fine, come interprete è arrivato un dirigente libanese che traduceva l’arabo. Noi tutti abbiamo capito molto poco allo stadio di quello che poi sarebbe accaduto. Giravano molte voci. Poi quando fu celebrata la Messa allo stadio, allora prendemmo coscienza di quello che era avvenuto. Ma di quello che era accaduto, della drammaticità degli eventi, del sangue versato, praticamente la piena consapevolezza, l’avemmo solo al ritorno”.

 

Lo stesso Steven Spielberg riassume le ragioni che lo hanno portato a realizzare questa nuova sfida cinematografica:

 

“Io credo che questo film oggi sia molto importante e non costituisce un argomento di qualunquismo, al contrario credo che questo film dia delle risposte, suggerisca che potrebbe esserci una risposta giusta; ti mette di fronte a fatti di una profonda gravità e quando oggi cerchiamo di combattere il terrorismo la cosa fondamentale dovrebbe essere non perdere comunque di vista un processo di comprensione, irridendoci su certe posizioni. Occorre essere sicuri che i risultati che vengono da certe azioni siano davvero quel che ci prefiggiamo. Ecco perché quello che ho cercato di fare in questo film è concentrare l’attenzione su certi problemi che hanno bisogno di una discussione. Non ho la presunzione di dare risposte. Spero che il film, a parte il fatto che esplora il dramma umano di chi deve compiere una missione, riesca a scatenare questo dibattito”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

Domani, 29 gennaio, 4a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù entra nella sinagoga di Cafàrnao, in giorno di sabato, mettendosi ad insegnare. Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava  come uno che ha autorità e non come gli scribi. Nella sinagoga c’era anche un uomo posseduto da uno spirito immondo: Gesù lo guarisce. Tutti allora furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda:

 

«Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!».

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Cristo entra nella sinagoga e si mette ad insegnare. Il suo insegnamento viene messo a confronto con l’insegnamento degli scribi. L’evangelista diceva che Cristo insegnava come uno che ha autorità; ciò vuol dire che la sua parola era Lui stesso. Ciò che diceva si poteva contemplare. La parola non era semplicemente espressione di un pensiero, ma era la Vita stessa, era il suo Volto, il volto di Colui per mezzo del quale tutto fu creato. La sua parola ha immediatamente infastidito gli spiriti immondi i quali hanno evidentemente trovato uno spazio pacifico nell’insediamento degli scribi che non li infastidivano affatto. Lo spirito immondo è uno spirito di opposizione a Dio, di sfiducia nell’amore e dunque di spersonalizzazione dell’uomo. Un tale spirito ha trovato la sua sussistenza in una religione dove le cose, i precetti e le forme esterne, dominavano sull’amore personale di Dio. Perciò Dio rappresenta per loro una minaccia perché è la rivelazione di Dio che è Padre e che si prende cura di ogni uomo.

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CHIESA E SOCIETA’

28 gennaio 2004

 

 

sospendere le ostilità per avviare un dialogo sincero con il governo.

E’ la richiesta dei vescovi colombiani all’esercito di liberazione nazionale in vista dei colloqui preliminari con le autorità, previsti per il mese prossimo

 

BOGOTA’. = La Chiesa cattolica colombiana esorta la guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN) a decretare un “immediato cessate-il-fuoco” per favorire l’avvio di un negoziato di pace con il governo. Secondo quanto riporta l’agenzia MISNA, nei giorni scorsi mons. Luis Augusto Castro ha chiarito di aver accettato di ospitare temporaneamente nella sede della Conferenza episcopale, di cui è presidente, il portavoce dell’ELN, Francisco Galán, per consentirgli di effettuare una serie di incontri con personalità della società civile e della comunità internazionale. L’obiettivo dell’ELN “è presentare la necessità di una soluzione politica negoziata al conflitto colombiano”, ha affermato mons. Castro. I vescovi - ha aggiunto - “sono stati molto decisi nell’esigere un’immediata sospensione delle ostilità” come condizione affinché “il dialogo sia realmente sincero”. Il presule ha anche riferito che l’ELN avrebbe chiesto una presenza della Chiesa ai colloqui preliminari previsti a febbraio a Cuba col governo. Un’eventualità, questa, che sarà presa in considerazione solo con l’accordo delle autorità. Ottimismo per l’apertura delle trattative è stato espresso dal vice-presidente della Repubblica, Francisco Santos. “Non c’è mai stato clima migliore per un processo di pace con l’ELN che sia capace di dare frutti in tempi molto brevi” ha dichiarato Santos, ritenendo che “uno dei passi più importanti sarà il raggiungimento di una tregua”. (E. B.)

 

 

In kazakistan due feste religiose entreranno a far parte del calendario

civile. I cristiani presenti nel paese SODDISFATTI PER la decisione

che consente loro di festeggiare il natale

 

ASTANA. = Nell’ex Repubblica sovietica del Kazakistan, per la prima volta nella storia del Paese, sono state introdotte per legge due feste religiose. Si tratta del Natale, secondo il calendario ortodosso, e del Kurbanaid, la festa musulmana del sacrificio (Eid). È un passo importante visto che, fino ad ora, il Kazakistan, in nome di una laicità assoluta, non aveva mai accettato di festeggiare appuntamenti religiosi. Dopo anni di insistenze da parte cristiana e musulmana, lo Stato ha approvato una commissione di studio. Fra gli esperti, come specifica l’agenzia Asia News, vi era anche padre Edoardo Canetta, sacerdote Fidei Donum della diocesi di Milano e professore all’università della capitale Astana. Così, dopo molte discussioni, la decisione di accettare nel calendario civile le due feste religiose. L’idea di fondo è che lo stato, proprio perchè laico, deve riconoscere i valori presenti nel popolo. In questo quadro, è indubbio che fra i valori più forti vi siano il cristianesimo e l’Islam. La popolazione kazaka comprende anche emigrati polacchi, tedeschi, ucraini e russi, ormai cittadini dello stato. I cristiani, circa il 30% dei circa 17 milioni di abitanti, aspettano finalmente che le ricorrenze del 7 e dell’8 gennaio sostituiscano come importanza l’unica festa del periodo, quella del capodanno. Nella vecchia URSS, questo appuntamento era infatti usato, in alternativa al Natale, come la festa della famiglia e della gioia. Per molti cristiani questa decisione è “un regalo inaspettato”. I cattolici di rito orientale, seguendo il calendario giuliano, festeggiano già il Natale insieme agli ortodossi il 7 gennaio. I musulmani, che sono la maggioranza nel Paese, il 60% della popolazione, da molto tempo chiedevano il riconoscimento dell’Eid. Lo Stato, però, si era sempre rifiutato di avallare la richiesta temendo spinte estremiste. In Kazakistan, la libertà di religione è garantita dallo Stato, ma con l’obbligo di registrazione e un certo controllo. L’islam kazako, a carattere mistico, non è fondamentalista. Fra cristiani e musulmani in genere vi è rapporto di dialogo, sebbene tutta l’area centroasiatica soffra alcune scosse estremistiche esportate da Afghanistan e Pakistan. (E. B.)

 

 

LA RIVISTA FRANCESCANA ‘TERRASANTA’ SI VESTE DI NUOVO.

IL RINNOVATO MAGAZINE È STATO PRESENTATO IERI A ROMA

DA PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA, CUSTODE FRANCESCANO DI TERRA SANTA

 

ROMA. = La rivista “Terrasanta” ha una rinnovata veste grafica. Il Custode francescano di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ieri presso la Pontificia Università Antonianum, a Roma, ha presentato il nuovo periodico, edito dai francescani già dal 1921. La rivista, pubblicata oltre che in italiano anche in francese, spagnolo, inglese ed arabo, “vuole essere – secondo le indicazioni di padre Pizzaballa - un magazine di informazione, attualità, cultura biblica e dialogo tra le religioni”. Ma soprattutto, “una finestra aperta sui problemi e le sfide della Chiesa nei Luoghi Santi e nel Medio Oriente”. Come riferisce l’agenzia MISNA, padre Pizzaballa ha ricordato poi che i Francescani di Terra Santa oltre alla custodia sono tenuti ad informare e a far conoscere i Luoghi Santi della Palestina. “Il nostro compito è quello di ‘intercedere’, nel senso camminare in mezzo e insieme alla gente, anche se lì come cristiani siamo un’esigua minoranza e non superiamo il 2%” – ha ricordato infine il Custode francescano - Il rinnovamento della testata – spiega il direttore, Giuseppe Caffulli – “rientra in un ampio progetto editoriale, che a partire dalle nuove edizioni di ‘Terrasanta’, pubblica oltre a questa rivista bimestrale, anche un mensile divulgativo di agile consultazione: ‘l’Eco di Terrasanta’. Dal prossimo aprile - spiega infine Caffulli – sarà attivato il portale terrasanta.net, con segnalazioni di libri, news e informazione sui Luoghi Santi”. (A. E.)

 

 

Il Forum Sociale, che si tiene a Caracas è entrato ieri nel vivo

con l’intervento del presidente venezuelano, Hugo Chavez, inseritoSI

Nel dibattito sul futuro del movimento nato a Porto Alegre nel 2001

- A cura di Maurizio Salvi -

 

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CARACAS. = Come era prevedibile l’intervento di Chavez ha impresso al Forum una svolta, facendo emergere il vero dibattito rimasto fra le righe fra quanti pensano che il popolo di Porto Alegre debba restare un movimento e chi ritiene, invece, che esso possa servire per il cambiamento della società. Il capo dello Stato ha sostenuto che negli ultimi anni sono accadute molte cose nel mondo e in particolare in America Latina e che i termini si sono ribaltati, perché quelli che hanno avuto l’iniziativa, difendendo un modello di ingiustizia dall’alto di teorie capitaliste, sono ora sulla difensiva. Dopo aver ricordato che abbiamo poco tempo per salvare la vita del pianeta, Chavez ha sostenuto che un Forum che si riunisce come un happening, con caratteristiche quasi folkloristiche, può andare bene, ma non aiuta per questo il progetto di cambiamento della società. Noi qui – ha chiarito – stiamo risollevando la bandiera del socialismo per imboccare nuovi cammini del XXI secolo e per costruire un movimento autenticamente socialista nel pianeta: un socialismo nuovo, fresco – ha aggiunto – che qui in America latina deve avere una forte componente indigena, senza copiare modelli, il che fu uno dei grandi errori del socialismo del XX secolo.

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''Cercando un equilibrio per l’economia globale''. E’ il titolo della sessione del World Economic Forum che a Davos ha acceso

 i riflettori su un paradosso: c’è un grande flusso finanziario che va dai Paesi poveri a quelli ricchi

 

DAVOS. = Nel suo intervento, il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Trichet, ha suggerito al G7 la sua ricetta per evitare nuove 'crisi' alla luce dei cambiamenti di equilibrio in atto soprattutto nei paesi emergenti. Per Trichet l’Europa può contribuire al riequilibrio mondiale solo in maniera indiretta. Le riforme strutturali, però, possono elevare il livello di crescita dei Paesi dell’Euro. E questo può facilitare l’aggiustamento degli squilibri. Ma il presidente della BCE ha lanciato un chiaro messaggio ai Paesi emergenti, come Cina e India affinché incrementino la propria domanda interna. Devono favorire i consumi, insomma, anche attraverso maggiore flessibilità dei cambi. E’ la comunità internazionale a chiederlo - ha specificato Trichet – “ed è ora che questo sia messo in pratica”. Quindi, facendo riferimento all’enorme flusso di capitali cinesi e indiani diretto sui mercati statunitensi - Trichet ha affermato che si tratta di una vera e propria anomalia. E se l’ex ministro del Tesoro americano, Summer ha affermato che “la crescita dei Paesi emergenti si realizza soprattutto attraverso l’export”, il ministro delle Finanze indiano ha lanciato invece l’allarme sull’impatto di alcuni squilibri. Innanzitutto, i movimenti del  dollaro, poi l’inaspettato aumento dei tassi di interesse e infine l’ aumento dei prezzi dell’energia. Problemi che secondo il ministro indiano, sia separatamente sia insieme, non aiutano certo i Paesi in via di sviluppo. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 gennaio 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

“Tutte le opzioni dovrebbero restare aperte; l’ultima è quella militare”. Lo ha dichiarato il presidente americano, George Bush in un’intervista rilasciata alla CBS News rispondendo ad una domanda sul programma nucleare iraniano. “Il mondo libero – ha aggiunto Bush - non può consentire all’Iran di dotarsi di armi nucleari”. Nella Repubblica islamica il governo di Teheran ha chiesto, intanto, più tempo per esaminare la proposta di Mosca per il trasferimento, in Russia, delle attività per l’arricchimento dell’uranio.

 

La tv satellitare araba “Al Jazeera” ha annunciato, poco fa, la messa in onda di un nuovo video con i quattro operatori umanitari occidentali rapiti in Iraq lo scorso 26 novembre. I quattro ostaggi sono un britannico, uno statunitense e due canadesi. Nel Paese arabo, intanto, riprenderà domani a Baghdad, dopo alcune settimane di polemiche e con un nuovo giudice, il processo contro Saddam Hussein.

 

Ad Haiti sono stati liberati i tre cittadini francesi, rapiti mercoledì scorso a Port au Prince da uomini armati. Secondo quanto riferito dalla polizia i tre ostaggi, una suora e due operatori umanitari, sarebbero stati rilasciati senza il versamento di alcun riscatto.

 

Un terremoto, di magnitudine 7,7 gradi della scala Richter, ha colpito stamani la parte orientale dell’Indonesia. Il sisma non sembra aver provocato danni o vittime. L’Istituto americano di geofisica ha assicurato, inoltre, che non c’è alcun pericolo tsunami. L’onda anomala che il 26 dicembre del 2004 si è abbattuta sulle coste di diversi Paesi, tra cui Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e  India, aveva causato la morte di oltre 230 mila persone.

 

Il virus dell’influenza aviaria potrebbe essere debellato. Lo sostiene un gruppo di ricercatori dell’università di Pittsburgh,in Pennsylvania, che ha messo a punto un nuovo vaccino, sperimentato per ora con successo, su polli di allevamento. Il commissario europeo alla salute, Markos Kyprianou, ha dichiarato intanto che l’Unione europea è la regione più preparata del mondo ad affrontare una eventuale pandemia.

 

La RAI deve garantire fin da ora una vera par condicio in tutte le trasmissioni radiotelevisive, senza attendere la data di scioglimento delle Camere. Lo sostiene il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, in una lettera indirizzata al presidente della Commissione parlamentare di vigilanza, Paolo Gentiloni. Il capo di Stato si dichiara inoltre soddisfatto per l’impegno della Commissione parlamentare di vigilanza ad intensificare i controlli ad essa affidati “con particolare riferimento alla campagna elettorale”.

 

In Italia, i magistrati hanno bocciato senza appello, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, la riforma dell’ordinamento giudiziario approvata dal governo. Ieri a Roma  il discorso del primo presidente della Cassazione Nicola Marvulli davanti al presidente della Repubblica e a tutte le altre massime autorità dello Stato. Questa mattina in tutta Italia le relazioni dei presidenti di Corte d’appello. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Nella giustizia, l’Italia ha due primati: il maggior numero di giudici, ma anche il maggior tempo nella definizione dei processi civili e penali. Nel suo intervento di ieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il primo presidente di Cassazione, Nicola Marvulli, ha sottolineato che la lentezza è una vera e propria componente fisiologica dell’amministrazione della giustizia. Ma - aggiunge Marvulli - la riforma appena approvata non migliorerà le cose ma, anzi, pregiudicherà ulteriormente l’efficienza della magistratura. Di tutt’altro avviso il ministro della Giustizia Castelli, che ha difeso e valorizzato le leggi approvate in questa legislatura: dalla rogatoria internazionale, al falso in bilancio, dalla recidiva all’inappellabilità. Norme che secondo Castelli contribuiranno a ridurre la durata dei processi e a incrementare la competitività del sistema.  Dura la protesta dei magistrati aderenti all’ANM, che in molti casi hanno disertato le cerimonie di inaugurazione. E parlano di controriforma che riporta indietro di 50 anni il modello di magistrato, limitando l’autonomia e l’indipendenza previste dalla Costituzione a garanzia dei cittadini. La protesta dei magistrati è condivisa dai presidenti di Corte d’appello, che nei loro interventi hanno anche lamentato i tagli di investimenti e i vuoti di organico. Ma al Sud naturalmente la prima emergenza resta la criminalità organizzata. A Palermo viene delineato l’inquietante scenario della mafia che controlla la politica. A Bari c’è l’allarmante fenomeno di padri che armano i figli minori. Mentre a Catanzaro viene sottolineata la significativa e confortante reazione dei ragazzi di Locri all’assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno.

 

Per la Radio Vaticana, Gianpiero Guadagni

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Si stende il fronte della crisi energetica: una perdita in un gasdotto ha provocato l’interruzione delle fornitura di gas in Cecenia. La Georgia, non più raggiunta dal gas russo, ha trovato intanto un’intesa per forniture dall’Iran. Le autorità di Tblisi hanno precisato, intanto, che il gasdotto danneggiato sabato scorso da due esplosioni è stato riparato. La fornitura di gas riprenderà entro domani mattina.

 

 

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