RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 27
- Testo della trasmissione di venerdì
27 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
250
anni fa nasceva Wolfgang Amadeus Mozart: la luce della musica sul dolore della
vita
CHIESA E SOCIETA’:
Il cardinale Renato
Raffaele Martino al Forum economico mondiale a Davos
Tutto il mondo celebra oggi
il grande genio musicale di Mozart
L’ondata di
freddo in Europa continua a mietere vittime
27 gennaio 2006
LA DOMENICA, GIORNO DEL RIPOSO, E’ UNA SCELTA DI
CIVILTA’:
LO HA DETTO IL PAPA AI DIRIGENTI DELLE ACLI, NEL
60.MO DI FONDAZIONE,
PONENDO IN RISALTO LA DIFESA DELLA VITA
COME PRIORITA’ SOCIALE DELLA NOSTRA EPOCA
Il primato della vita umana sul
lavoro e sulla scienza, la predilezione per la democrazia come scelta per la
giustizia, l’adesione “appassionata al Vangelo”. Sono le cosiddette “tre
fedeltà” che da decenni guidano l’esperienza delle ACLI, le Associazioni
cristiane dei lavoratori italiani. Benedetto XVI ha accolto in udienza questa
mattina una delegazione di dirigenti del sodalizio cattolico - giunto al 60.mo
di fondazione - riflettendo con loro sui cardini della Dottrina sociale della
Chiesa, a partire da una “scelta di civiltà”: la difesa della domenica come
giorno del riposo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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“Indicare a tutti i lavoratori
del mondo la strada della personale santificazione attraverso il lavoro, e
restituire così alla fatica quotidiana la prospettiva di un’autentica
umanizzazione”. Il mondo globalizzato del 21° secolo, l’opulenza dei mercati
del Nord che toglie respiro a quelli del Sud del pianeta, divenuto un immenso
crocevia di immigrati, non hanno intaccato - 51 anni dopo - ciò che Paolo VI
affermò nell’istituire la Festa di San Giuseppe lavoratore. Il modello
dell’artigiano di Nazareth incarna i valori che i membri delle ACLI hanno
scelto come ragione di vita. Lo hanno ribadito per bocca del loro presidente,
Luigi Bobba, davanti al Papa, che ha ricambiato rilanciando le tre priorità che
costituiscono l’architrave ideale dell’opera delle ACLI: la fedeltà ai
lavoratori, la fedeltà alla democrazia, la fedeltà alla Chiesa:
“La prima fedeltà che le ACLI sono chiamate a vivere è la fedeltà ai lavoratori. E’ la persona
‘il metro della dignità del lavoro’. Per questo il Magistero ha sempre
richiamato la dimensione umana dell’attività lavorativa riconducendola alla sua
vera finalità, senza dimenticare che il coronamento dell’insegnamento biblico
sul lavoro è il comandamento del riposo. Esigere dunque che la domenica non
venga omologata a tutti gli altri giorni della settimana è una scelta di
civiltà”.
Priorità dell’uomo sul lavoro
equivale alla supremazia dell’essere sull’avere. Una “gerarchia” controcorrente
rispetto alla mentalità economica contemporanea, che Benedetto XVI ha
riaffermato con forza, allargando la visione al primato del “lavoro sul
capitale” e “della destinazione universale dei beni sul diritto alla proprietà
privata”, con quello che ha definito “un inedito risvolto” sociale di
fondamentale importanza per la nostra epoca ipertecnologica, la difesa della
vita:
“Viviamo un tempo in cui la scienza e la tecnica offrono possibilità
straordinarie per migliorare l’esistenza di tutti. Ma un uso distorto di questo
potere può provocare gravi e irreparabili minacce per il destino della vita
stessa. (…) La tutela della vita dal concepimento al suo termine naturale, e
ovunque questa sia minacciata, offesa o calpestata, è il primo dovere in cui si
esprime un’autentica etica della responsabilità, che si estende coerentemente a
tutte le altre forme di povertà, di ingiustizia e di esclusione”.
Quindi la fedeltà alla
democrazia che, “sola - ha proseguito il Papa - può garantire l’uguaglianza e i
diritti per tutti”:
“La giustizia è il banco di prova di un’autentica democrazia. Ciò
posto, non va dimenticato che la ricerca della verità costituisce al contempo
la condizione di possibilità di una democrazia reale e non apparente: ‘Una
democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto
oppure subdolo, come dimostra la storia’”.
Benedetto XVI ha concluso con la
terza consegna della fedeltà delle ACLI alla Chiesa. “Solo un’adesione cordiale
ed appassionata al cammino ecclesiale garantirà quella necessaria identità che
sa farsi presente in ogni ambito della società e del mondo, senza perdere il
sapore e il profumo del Vangelo”. Una consegna che si salda alla quarta
proposta nel 1995 da Giovanni Paolo II e riecheggiata da Benedetto XVI:
“Allargare i confini della vostra azione sociale”, ha detto, perché “il futuro
dell’umanità sia sempre animato dalla speranza cristiana”.
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LA CHIESA
DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO PROSEGUA
IL SUO
IMPEGNO IN FAVORE DELLA PACE E DELLA RICONCILIAZIONE:
COSI’, IL PAPA NEL DISCORSO AD UN GRUPPO DI VESCOVI
DEL PAESE AFRICANO,
IN VISITA AD LIMINA
Benedetto XVI
incoraggia il popolo della Repubblica Democratica del Congo, che dopo la
tragedia della guerra, tenta ora la difficile strada verso la democrazia e la
pace. E’ questo lo spirito che ha animato l’incontro del Papa con un gruppo di
vescovi della Conferenza episcopale congolese, ricevuti al termine della visita
ad Limina. Il Pontefice ha espresso la sua vicinanza spirituale ai
presuli, ai fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la pace
e la sicurezza nel grande Paese africano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“CES DERNIERES ANNEES, VOTRE PAYS A
VECU …”
“Negli ultimi anni – ha
ricordato il Papa – il vostro Paese ha vissuto una serie di conflitti
sanguinosi che hanno lasciato delle profonde cicatrici nella memoria del
popolo”. In tale contesto, ha riconosciuto il Pontefice, i vescovi hanno avuto
la forza di “denunciare con messaggi vigorosi” le violenze in corso, chiedendo
alle parti in conflitto “di dare prova di responsabilità e coraggio”, affinché
i congolesi possano vivere nella pace e nella sicurezza”. La conferenza
episcopale, è stata l’esortazione del Papa, deve dunque continuare ad essere
vigilante “per accompagnare i progressi in corso”. Quindi, ha levato una
vibrante invocazione al Signore affinché gli uomini di buona volontà
“perseverino con una ferma speranza nell’edificazione della pace e della
fratellanza”:
“JE
CONNAIS LE CONDITIONS…”
“Conosco – ha detto il Papa – le
condizioni difficili nelle quali molti di voi esercitano la loro missione
e li ringrazio per il servizio spesso eroico in vista della crescita spirituale
delle loro comunità”. Una parte cospicua del discorso, il Pontefice l’ha
dedicata al discernimento delle vocazioni sacerdotali e alla formazione dei
futuri sacerdoti. Un passaggio il Papa lo ha poi dedicato al pericolo
rappresentato dalle sette che “sfruttano la credulità dei fedeli” e propongono
loro “una falsa immagine del Vangelo così come una morale accomodante”:
“LES
COMMUNAUTES ECCLESIALES VIVANTES … »
Per difendersi da queste sette,
ha avvertito, è particolarmente importante il ruolo delle “comunità ecclesiali
vive”. Queste, ha sottolineato, devono essere comunità davvero missionarie e in
grado di rendere testimonianza del Vangelo di fronte agli uomini. Infine, il
Papa ha criticato la permanenza di conflitti che incidono negativamente
sull’unità del presbiterio. Fenomeno, ha aggiunto, che favorisce “lo sviluppo
del tribalismo e della lotta di potere nefasta per l’edificazione del Corpo di
Cristo e fonte di confusione per i fedeli”.
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ALTRE UDIENZE E NOMINE
Il Santo Padre ha ricevuto
stamane anche il cardinale Marc Ouellet, arcivescovo di Québec, (Canada).
Nel pomeriggio riceverà l’arcivescovo
Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il Santo
Padre ha quindi nominato Consultore della Segreteria di Stato – Sezione per i Rapporti con gli Stati –
mons. Marco Dino Brogi, arcivescovo titolare di Città
Ducale, nunzio apostolico.
CON LA DEUS CARITAS EST, IL PAPA HA
GUARDATO AGLI SCENARI DEL CUORE:
COSI’ AI NOSTRI MICROFONI, L’ARCIVESCOVO BRUNO
FORTE
SULLA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI
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R. – Bisogna dire che questo
tema non è affatto scontato, perché tocca le corde profonde del nostro essere e
volerci umani. Ecco perché il Papa ha guardato, potremmo dire, anzitutto gli
scenari del cuore. In secondo luogo, mi sembra che questa Enciclica guardi
anche agli scenari del tempo. Di fronte a questa crescente contrapposizione,
ecco che questa Enciclica ci richiama all’essenziale: non ci sarà pace senza la
via del dialogo e del perdono reciproco e senza la giustizia. E infine, il
terzo scenario a cui questa Enciclica si rivolge è lo scenario della Chiesa stessa.
Joseph Ratzinger da anni porta avanti l’urgenza di una riforma della Chiesa,
quella che il Concilio ha avviato. Ma che cos’è la vera riforma? E’ quella che
ritorna all’essenziale, al centro, alla semplicità di Dio, cioè, appunto, al
tema del Dio che è amore. Ripartire da quell’incontro con l’Amore che cambia la
vita.
D. – Colpisce, nella lettura di
questa Enciclica, anche una dolcezza, una poesia, se vogliamo, che traspare in
alcune parti della “Deus Caritas est” …
R. – Qui si sente il registro
triplice, del grandissimo teologo che è Joseph Ratzinger, e la teologia è bella
perché ha a che fare con la bellezza di Dio; dell’uomo di cultura che ha una
finissima sensibilità letteraria e che dunque ha potuto in qualche modo
conoscere le declinazioni, le coniugazioni dell’amore anche nei registri della
poesia, della musica. E poi, c’è l’ansia del pastore. Il pastore che intende
non solo mostrare la verità del Cristianesimo, ma mostrare quanto questa verità
è bella, quanto essa riempie il cuore e la vita. Diceva Agostino, amatissimo da
questo Papa: “Non possiamo amare se non ciò che è bello”.
D. – Nell’Enciclica, soprattutto
nella prima parte, si parla molto di anima e carne. Cristo è l’amore incarnato
di Dio. Come la Deus Caritas est
affronta questo “realismo inaudito”, fondamento del Cristianesimo?
R. – Ma … attraverso una
assunzione di un dibattito che ha attraversato il Novecento, quello che era
stato avviato intorno agli studi di Anders Nygren, su “Eros e Agape”, con una
soluzione che è veramente geniale, e cioè non quella della contrapposizione
“eros – agape”, amore passionale – amore ablativo, gratuito, ma quella
dell’assunzione dell’eros all’interno dell’agape. Come dire – e il Papa insiste
– non è possibile negare la componente passionale, umana: sarebbe come negare
l’uomo stesso, nel gioco della carità, nel gioco dell’amore. E’ necessario
assumerla e purificarla, liberarla da quelle tensioni egoistiche che feriscono
e non costruiscono l’amore vero.
D. – Fin dalle prime righe della
Deus Caritas est, Benedetto XVI
sottolinea che oggi c’è un problema di linguaggio: si è perso il vero
significato della parola ‘amore’ …
R. – In realtà, il linguaggio
dell’amore è stato sempre complesso e pluralistico. Lo stesso termine ‘eros’ ha
un significato originario più profondo e bello di quello che gli si attribuisce
normalmente. Secondo il “Simposio” di Platone, Eros è figlio di penìa –
povertà, e poros, espediente, come dire: l’eros nasce da un’esigenza profonda
di sentirsi amati e di amare e nello stesso tempo ha quell’audacia e quella
creatività che solo amore riesce effettivamente a motivare. L’eros si può
addirittura attribuire a Dio, come fa per esempio Origene e molti dei Padri,
perché Dio ha il coraggio di amare, ha la creatività nell’amore ed ha, nello
stesso tempo, questa grandezza di farsi Lui umile ad aver bisogno del nostro
amore. Ma, accanto a questo linguaggio, c’è quello dell’“agape”, che è il
termine neo-testamentario per dire l’amore gratuito, l’amore che viene
dall’alto. E poi c’è, finalmente, la “philia”: la “philia” che è l’amore
d’amicizia. Ecco, è questo il messaggio dell’Enciclica. Il Signore che ci ama
di questo amore totale e infinito, da noi chiede l’amore che gli possiamo dare,
e questo amore che Lui riesce a trasfigurare e a rendere sorgente nella storia
di impegno rinnovato nei rapporti umani ma anche nella costruzione di una
società più giusta. La seconda parte dell’Enciclica sarebbe incomprensibile
senza la prima.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina
l’udienza di Benedetto XVI a vescovi della Repubblica Democratica del Congo. Il
Papa ha ricordato che in questi ultimi anni il Paese ha vissuto al ritmo di
conflitti cruenti, che hanno lasciato profonde cicatrici nella memoria dei
popoli. Benedetto XVI ha quindi esortato i presuli a perserverare
nell’edificazione della pace e della fraternità.
Servizio vaticano –
L’udienza del Papa ai dirigenti delle Associazioni Cristiane Lavoratori
Italiani (Acli). Nell’occasione il Santo Padre ha richiamato il valore della
fedeltà ai lavoratori, alla democrazia, alla Chiesa.
Servizio estero - Medio
Oriente: la vittoria di Hamas getta un’ombra sul processo di pace. Il
“quartetto” diplomatico formato da USA, ONU, Russia ed Unione Europea chiede al
gruppo radicale di abbandonare la violenza. Israele contraria al dialogo.
Per la rubrica
dell’“Atlante geopolitica”, un articolo di Giuseppe Fiorentino dal titolo “La
Bolivia dopo l’elezione di Morales alla Presidenza”.
Servizio culturale - Un
articolo di Domenico Volpi dal titolo “L’insidia della cronaca nera e dei
conflitti familiari nei programmi pomeridiani”: in margine al convegno su “Tv e
minori”.
Servizio italiano -
Elezioni: le Camere saranno sciolte l’11 febbraio. Al voto il 9 aprile.
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27 gennaio 2006
il
movimento estremista di hamas si avvia a formare
il nuovo
governo palestinese. la comunità internazionale:
riconosca
l’esistenza dello stato israeliano
In primo piano il risultato delle elezioni legislative
palestinesi che ha visto il trionfo del movimento esremista di Hamas. Oggi il
presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha dichiarato che
chiederà ad Hamas di formare il nuovo governo. Intanto la comunità
internazionale ha dato una prima risposta alla vittoria di Hamas. Il servizio
di Eugenio Bonanata:
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La comunità internazionale guarda con cautela al nuovo
corso palestinese. Il quartetto per il Medio Oriente, composto da Stati Uniti,
Russia, ONU e Comunità Europea, in nottata ha invitato Hamas a rinunciare alla
violenza e a riconoscere l'esistenza dello Stato di Israele. “Il popolo
palestinese merita un futuro pacifico ha affermato il segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice, specificando che solo la ‘road-map’ può garantire questo
avvenire. Una condizione, questa, ribadita anche dal presidente americano Bush,
che ha sottolineato come solo due democrazie rappresentino la speranza di pace
nell’area. “Se ci attaccheranno, ci difenderemo. Ma se proporranno trattative,
andremo ai negoziati”. Questo il commento di Shimon Peres, uno dei dirigenti
del partito israeliano, Kadima. A felicitarsi della vittoria l’Iran che ha
salutato con entusiasmo la scelta dei palestinesi per “il proseguimento della
resistenza” all’occupazione israeliana.
I risultati ufficiali confermano che Hamas ha ottenuto 76
seggi mentre al Fatah, il partito finora al governo, ne ha avuti solo 43. In
questo quadro Hamas muove i primi passi. Il presidente Abu Mazen, chiederà ad
Hamas di formare il nuovo governo. E’ stato lo stesso leader palestinese ad annunciarlo.
In precedenza un portavoce di Hamas aveva reso noto prossimi colloqui con il
presidente dell’Autorità Palestinese per discutere di un’eventuale “alleanza
politica”. Un’ipotesi, questa, peraltro già esclusa da fonti dei vertici di
‘Fatah’. Sullo sfondo, la popolazione palestinese attende concrete risposte a
diversi problemi. Oltre il 47% dei circa quattro milioni di abitanti dei
territori vive infatti al disotto della soglia della povertà e la
disoccupazione è ai massimi storici.
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Ma sulle preoccupazioni della comunità
internazionale per la vittoria di Hamas Roberto Piermarini ha sentito il parere
del padre francescano David Jaeger, della Custodia di Terra Santa, di origine
ebraica:
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R. – La preoccupazione è giusta
visto che si tratta di un movimento essenzialmente teocratico avverso per
vocazione alla democrazia liberale proteso alla creazione di un ordinamento
islamico.
D. – Lei la considera una sorpresa la vittoria da Hamas?
R. – Una sorpresa piuttosto prevedibile, dal momento che
cresceva sempre più la protesta contro la corruzione, il disordine e
l’inefficacia del governo uscente e la delusione per i mancati negoziati di
pace.
D. – A questo punto cosa fare per una ripresa del dialogo
israelo-palestinese?
R. – La risposta sarebbe di accelerare ora nei negoziati
di pace di offrire un accordo di pace ai palestinesi, di cui la stragrande
maggioranza aspira ad una pace con Israele in cambio della libertà per i
palestinesi nei territori ora occupati.
D. – Padre Jaeger per la destra israeliana la vittoria di
Hamas è conseguenza del ritiro unilaterale israeliano da Gaza voluto da Sharon,
lei è d’accordo?
R. – Non è tanto il risultato della ritirata unilaterale
ma del fatto di aver insistito perché fosse unilaterale. Dal momento che
Israele aveva deciso di ritirarsi da Gaza l’avrebbe potuto fare piuttosto per
mezzo di negoziati e accordi con i palestinesi dando così il credito al governo
di Abu Mazen invece di permettere ad Hamas di gloriarsi di aver cacciato via i
coloni e l’esercito israeliano con la violenza: questo sarebbe stato secondo
moltissimi un errore di giudizio storico.
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Ascoltiamo ora al microfono di Luca Collodi, il commento del
Custode di Terra Santa, Padre Pierbattista Pizzaballa:
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R. – Tutti ci aspettavamo un buon risultato di Hamas, ma
non una soluzione così drastica. E’ ancora presto per fare valutazioni e
sicuramente ci sono molti motivi per essere preoccupati, ma vogliamo anche
sperare che la soluzione moderata all’interno di Hamas a questo punto prevalga.
Hamas, anche se non vogliono, dovrà venire ad una negoziazione con Israele. E’
una realtà che non può ignorare almeno dal punto di vista tecnico. Acqua, luce,
corrente, tutte queste cose dipendono da Israele, per cui chi gestisce la cosa
pubblica deve per forza dialogare con Israele.
D. – Come si può spiegare questa vittoria di Hamas?
R. – Hamas si è presentato come il partito nuovo. Al Fatah
ha gestito sempre il governo in questi anni, per cui si un po’ identificato
anche con le difficoltà ed i problemi, soprattutto interni, di carattere
economico e sociale che sono molto gravi in territorio palestinese. Bisogna poi
anche dire che Hamas non è soltanto un partito politico, non è soltanto un
braccio armato, è una rete molto capillare di dispensari, ospedali, scuole. Ha
una presa nel territorio molto forte. E’ finita un’epoca, sicuramente.
D. – Come ipotizza che Israele possa affrontare questo
tipo di situazione nuova?
R. – Sicuramente adesso ci sarà una battuta di arresto per
capire esattamente che cosa succede. Spero che prevalga anche qui la saggezza,
che non si prendano decisioni affrettate e si dia tempo al mondo palestinese di
organizzarsi.
D. – Padre Pizzaballa, cosa succederà ora per i cristiani
di Terra Santa?
R. – Anche per noi come cristiani si pongono molte
domande. I cristiani sono cittadini palestinesi in tutto e per tutto, ma è
chiaro che rivendicano anche la loro identità di cristiani, che deve essere
mantenuta in tutto e per tutto. Quindi è ancora presto per fare dichiarazioni.
Spero che prevalga il buon senso. L’opposizione è una cosa, il governo è
un’altra.
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OGGI
GIORNATA DI COMMEMORAZIONE IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL’OLOCAUSTO. PER LA
PRIMA VOLTA VIENE CELEBRATA IN TUTTO IL MONDO. IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU
KOFI ANNAN: TRAGEDIA DA RICORDARE CON VERGOGNA ED ORRORE. AI NOSTRI MICROFONI,
IL RABBINO CAPO EMERITO DI ROMA, ELIO TOAFF
Oggi, per la prima volta, la Giornata di commemorazione in
memoria delle vittime dell’Olocausto viene celebrata a livello internazionale.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in un messaggio,
afferma che in nessun modo si può tornare indietro ed eliminare quella
tragedia, anzi, essa va ricordata con vergogna e orrore. Ricordare, ha
sottolineato Annan, è un monito doveroso per tutti coloro che invece sostengono
che l’Olocausto sia un’invenzione o un’esagerazione, ed è una forma di
salvaguardia per il futuro. Ma quali i ricordi del rabbino capo emerito di Roma
Elio Toaff? Tiziana Campisi lo ha intervistato:
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R. – Io sono stato partigiano e ho fatto il mio dovere sui
monti della Versilia; ho assistito, per esempio, all’eccidio di Sant’Anna di
Stazzema, quando furono uccisi donne e bambini e poi bruciati nella piazza del
paese con la benzina che le SS avevano gettato sopra di loro. Quindi … sono
ricordi, questi, che non si cancellano. Possono passare secoli: non si
dimenticano! E quindi, ecco, ricordare cose del genere, secondo me, fa bene
perché ci allontana da una mentalità e da un modo di vivere che per noi è
assolutamente inconcepibile.
D. – Ma lei, oggi, come li vive, questi ricordi?
R. – Malamente. Perché, le dico: io per molti anni la
notte mi svegliavo tremando perché rivivevo quello che era successo sui monti
della Versilia. Quindi ero veramente angosciato perché non avevo nessuna voglia
di ricordare!
D. – In che modo ha superato il dolore?
R. – La fede! La fede in Dio. Io mi rivolgevo a Dio perché
mi desse la forza di superare quella prova, che era una prova molto forte.
D. – E adesso, come guardare al futuro, facendo memoria?
R. – Io credo che bisogna guardare al futuro non
nascondendo niente di quello che è avvenuto, perché soltanto così, soltanto
vivendo la realtà di quelli che sono stati i fatti, che sono avvenuti, io credo
che in questo modo noi possiamo allontanare il pericolo che si ripetano.
D. – Cosa direbbe ai giovani di oggi?
R. – Di studiare quello che è avvenuto, di cercare di
andare sui luoghi dove queste cose si sono verificate perché abbiano l’idea che
si parla di cose reali e non di cose inventate o di esagerazione.
D. – In che modo è possibile fare memoria insieme agli
ebrei?
R. – Ma … secondo me, è molto semplice: posso dirle una
mia esperienza personale con Giovanni Paolo II. Abbiamo affrontato tante cose,
insieme, e le posso dire che le abbiamo superate avendo fiducia uno nell’altro,
e soprattutto basandoci sulla forte amicizia che ci legava.
D. – Questa amicizia, che si è sviluppata dal Concilio
Vaticano II tra ebrei e cristiani, in che modo vi ha fatto vivere le Giornate
della memoria?
R. – Molto bene! Perché non ci sono stati più ostacoli,
non ci sono stati più sospetti! Ci siamo veramente riconosciuti amici e
collaboratori nella nostra azione verso il bene.
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Ascoltiamo ora, al microfono di Eugenio Bonanata, la
testimonianza di Nedo Fiano, ebreo di Firenze, che dalle carceri della sua
città, attraverso il campo di concentramento di Fossoli, nel modenese, è giunto
nel tragico luogo della morte di Auschwitz:
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R. – Siamo stati accolti da grida: “Aussteigen! Los, los …
Gemma, gemma! Alle Packete gelassen!”. Siamo scesi giù come tanti sacchi di
cemento, incolonnati. La mamma ha capito che andava a morire, ha detto: “Nedo,
Nedo, Nedo abbracciami, non ci vedremo mai più”, e così è andata. Io l’ho
abbracciata con tutta la forza che avevo, mamma aveva tutto il volto pieno di
lacrime. Questo è il punto più drammatico di tutta la mia esperienza, perché
era mia madre.
D. – Poi lei è sopravissuto, è riuscito a salvarsi, perché
è entrato a far parte di una squadra di interpreti lì, al campo di Auschwitz.
Questo cosa ha comportato?
D. – Ho visto tante violenze, tante aggressioni, tante
grida, tanta paura, tante lacrime; essendo stato prescelto in quella squadra di
cento uomini di giorno e cento di notte, mi sono salvato perché noi dovevamo
trasferire le valigie dal carro ferroviario al camion che dovevano portare
queste valigie nell’ “Effektenlager”, dove venivano aperte e tutto veniva
selezionato; e noi aprivamo queste valigie per vedere se c’era roba da
mangiare.
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250
ANNI FA NASCEVA WOLFGANG AMADEUS MOZART:
LA
LUCE DELLA MUSICA SUL DOLORE DELLA VITA
250 anni fa, il
27 gennaio 1756, nasceva a Salisburgo Wolfgang Amadeus Mozart. Uno dei più
grandi compositori di tutti i tempi, particolarmente apprezzato anche da Benedetto
XVI: mi commuove – ha detto il Papa -
la luminosità e la profondità della sua musica, che non è affatto solamente un divertimento,
ma nasconde tutta la tragicità dell’esistenza umana. Il servizio di Sergio
Centofanti.
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(musica)
Wolfgang Amadeus Mozart
vive nel cuore dell’Impero austriaco, una delle massime potenze europee
dell’epoca. Siamo all’inizio della rivoluzione industriale: le macchine
cominciano a sostituire il lavoro dell’uomo che aspira a mete sempre più alte e
guarda il cielo più da vicino con i primi viaggi in mongolfiera. Si diffondono
le nuove idee dell’lluminismo che con la luce della ragione vogliono portare
progresso e benessere. Ma invece divampano le guerre per la supremazia in
Europa; e mentre sui campi di battaglia
scorre il sangue, nelle corti del Continente si ama la musica brillante
e spensierata. E in quelle corti in cerca di sempre nuove meraviglie si
esibisce Mozart che a soli 5 anni suona e compone da piccolo genio destando lo
stupore di sovrani, principi e nobili: è
un fanciullo prodigio. Il padre sogna per lui gloria e ricchezza.
Amadeus fa suo quel sogno. Ma la realtà sarà ben più dura. Lavora come
musicista alla corte di Salisburgo, indossa la livrea come un maggiordomo e ha
lo stesso stipendio del cocchiere.
(musica)
A 25 anni decide l’avventura della libertà, rara e
temibile a quei tempi per i musicisti: si trasferisce a Vienna. Impartisce
lezioni e compone su commissione: oltre 700 opere che spaziano tra tutti i
generi: sinfonie, musica sacra, da camera,
melodrammi (Don Giovanni, le Nozze di Figaro), tra cui il primo in lingua
tedesca (Il ratto del serraglio). Lavora senza pause ed è preda di esaurimenti.
Ma i soldi arrivano a stento e con la moglie e i due figli conduce una vita
molto povera. Con la morte precoce del padre e della madre cade in una profonda
depressione. Le corti però vogliono musica brillante. Nasce così il miracolo
delle armonie mozartiane che raggiungono la vetta luminosa del classicismo ma
debordano ormai nella forza prorompente di uno stile romantico: melodie di rara
perfezione e bellezza che allo stesso tempo riflettono luce e buio, gioia e
dolore, rassegnazione e dolcezza. E’ una lotta titanica tra il bene e il male:
tra la dura realtà del presente e la nostalgia di un’infanzia felice e piena di
sogni che non tornerà mai più. La sua
musica continua a sorridere davanti alle corti reali, ma tra lacrime amare.
(musica)
Mozart muore stremato dalla fatica e dalla malattia a soli
35 anni, lasciando in miseria la famiglia che non ha il denaro nemmeno per un sepolcro.
Il grande musicista, uno dei più grandi di tutti i tempi, viene sepolto nella
fossa comune dove finiscono i poveri di Vienna. Della sua tomba non c’è
traccia. Poco prima di morire uno sconosciuto gli aveva ordinato un Requiem,
rimasto poi incompiuto. Mozart lavorando a quest’ultima opera così scriveva:
“Non ho più nulla da temere. Lo sento, la mia ora
suona. Sto per morire. Ho finito prima di aver goduto del mio talento. Eppure
la vita era bella: la carriera si apriva sotto auspici tanto fortunati. Bisogna
rassegnarsi, sarà quel che piacerà alla Provvidenza. Termino: ecco il mio canto
funebre, non devo lasciarlo imperfetto”.
Il Kyrie è l’ultimo brano composto da Mozart interamente.
Le sue ultime parole in musica sono un
atto di supremo affidamento nella povertà,
un inno alla misericordia divina che rende perfetto e redime ogni
fallimento umano che si affida all’Amore di Dio.
(musica)
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27
gennaio 2004
ATTESO L’INTERVENTO, A NOME
DELLA SANTA SEDE,
DEL CARDINALE RENATO MARTINO AL
FORUM ECONOMICO MONDIALE,
IN CORSO A DAVOS. TRA LE
PERSONALITA’ CONVENUTE NELLA CITTADINA ELVETICA,
IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU KOFI ANNAN,
CHE IERI HA RILANCIATO IL RUOLO
DELLE NAZIONI UNITE
PER RISOLVERE LE SITUAZIONI DI
CRISI, AIUTANDO NON TANTO I GOVERNI
QUANTO DIRETTAMENTE LE
POPOLAZIONI
DAVOS. = Proseguono i lavori a Davos del Vertice economico
mondiale. Atteso l’intervento del
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della
Giustizia e della Pace, che interverrà a nome della Santa Sede. Il porporato,
partito stamani per la cittadina elvetica, presenterà le indicazioni della
Dottrina sociale della Chiesa contenute nel relativo Compendio, di recente pubblicato dal Dicastero da lui
presieduto: dalla globalizzazione alla remissione del debito internazionale,
dallo sviluppo compatibile all’equa distribuzione delle ricchezze e alla governance del mercato internazionale.
In particolare, il cardinale Martino farà eco alle affermazioni della prima
Enciclica di Papa Benedetto XVI, Deus Caritas Est, sulla relazione tra
il necessario impegno per la giustizia e l’imprescindibile servizio della
carità. Tra gli interventi di ieri a Davos, quello del segretario generale
dell’ONU, che ha evidenziato come le Nazioni Unite si confrontino sempre con
nuovi compiti, perché crescono le minacce che pesano sull'umanità. Kofi Annan
ha citato in particolare la diatriba
sul programma atomico iraniano, il conflitto nel Darfur e l'influenza aviaria.
L'ONU deve proteggere la gente, ha aggiunto Annan. “Genocidi e crimini contro
l'umanità non sono questioni interne ai Paesi, i governi non devono poter celarsi
dietro alla loro sovranità”. Il segretario generale dell’ONU ha aggiunto che
negli ultimi 10 anni ha cercato di imporre all'organizzazione un nuovo
approccio, attento non solo ai rapporti con i governi, bensì anche direttamente
ai bisogni delle popolazioni. Anche sul fronte delle sanzioni vi sono stati
grossi cambiamenti: esse sono oggi “più umane”, perché si applicano alle
singole persone, per esempio attraverso divieti di viaggio o blocco di conti, e
non alle popolazioni. Inoltre l'ONU si impegna maggiormente in favore dei
diritti umani. Secondo Annan, le Nazioni Unite si sono dimostrate un'organizzazione
flessibile. Il segretario generale vedrà il suo mandato scadere alla fine del
2006. (R.G.)
TUTTO
IL MONDO CELEBRA OGGI IL GRANDE GENIO MUSICALE DI MOZART
NEL
250.MO DELLA NASCITA: A SALISBURGO,
CITTA’
NATALE, LE MANIFESTAZIONI PIU’ IMPORTANTI E A VIENNA,
DOVE
MORI’, L’INAUGURAZIONE STAMANE DI UNA NUOVA CASA-MUSEO
SALISBURGO.=
Il 27 gennaio 1756 nasceva Wolfgang Amedeus Mozart, per i suoi 250 anni,
l’Austria ha organizzato una festa di compleanno senza precedenti. Salisburgo,
la sua città natale e Vienna dove morì rappresentano il centro delle
celebrazioni. Altre manifestazioni sono previste in tutti i teatri lirici e
sale di concerto del mondo. La città che ha dato i natali al genio musicale, da
ieri sera è blindata per l’arrivo di migliaia di appassionati di musica giunti
a festeggiare il “compleanno” di Mozart, e per decine di politici europei
invitati nella cittadina dal cancelliere austriaco, Wolfgang Schuessel. Tra gli
eventi in programma oggi a Salisburgo, spiccano i due appuntamenti con i
filarmonici di Vienna. Stamani Nikolaus Harnoncourt dirigerà i Wiener
Philharmoniker al Mozarteum e stasera l’onore del concerto solenne sarà
affidato al maestro Riccardo Muti. La città è sede di una mostra dal titolo
“Viva Mozart” e alle ore 20, ora di nascita del grande musicista, a Salisburgo
e Vienna le campane di tutte le Chiese suoneranno a festa. In occasione dell’anniversario
mozartiano, Schuessel, presidente di turno dell’Unione Europea, ha organizzato
una conferenza di tre giorni, dal titolo “The sound of Europe” riguardante il
futuro, i valori e l’identità dell’Europa. Nella capitale austriaca, dove il
compositore ha vissuto solo dieci anni della sua breve esistenza, si terrà una
“maratona mozartiana”, che inizierà questa mattina con l’inaugurazione della
nuova “Casa di Mozart”, una casa museo detta anche Figaro Haus perché è
qui che il musicista compose le “Nozze di Figaro”. Nel resto d’Europa, le
iniziative più significative sono tre. A Praga, ci sarà l’esibizione della
Filarmonica ceca diretta da Manfred Honek; all’Opéra di Parigi si terrà un
allestimento del “Don Giovanni” presentato dall’austriaco Michael Haneke
e alla Staatsoper di Berlino Daniel Barenboim dirigerà un concerto galà. In
Australia, grazie al fuso orario, Sydney sarà la prima città a dare il via oggi
alle celebrazioni per il 250.mo anniversario della nascita di Mozart, con un
concerto dell’Orchestra sinfonica sydneyana che si esibirà su una piattaforma
galleggiante nella baia. Intorno alle 10, ora italiana, sono risuonate stamani
le note di due delle composizioni più amate del grande compositore: “Eine
Kleine Nachtmusik” e il “Divertimento in re maggiore” K251. Accanto alle numerosissime
iniziative culturali, il grande genio austriaco è diventato anche il centro di
una gigantesca macchina commerciale che promette affari straordinari. (A.E.)
AL VIA IN FEBBRAIO I LAVORI DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA
DEL
PARLAMENTO EUROPEO SUI PRESUNTI VOLI SPECIALI E CARCERI SEGRETE
CHE SI SOSPETTA SIANO STATE INSTALLATE DALLA CIA
IN TERRITORIO EUROPEO, NELL’AMBITO DELLA LOTTA AL TERRORISMO
BRUXELLES. = Si riunirà per la
prima volta a Strasburgo, nella sessione plenaria di febbraio, la Commissione
d’inchiesta del Parlamento europeo sui presunti voli speciali e carceri segrete
che si sospetta siano state installate in Europa dalla CIA, i Servizi di
Intelligence statunitensi che operano all’estero. In quella occasione i 46
europarlamentari incaricati definiranno il calendario dei lavori, che dureranno
un anno. Nominati intanto il presidente e il relatore della Commissione. Sono
Carlos Coelho, portoghese dei Popolari europei, che ha già presieduto la
Commissione su Echelon, e l’italiano Claudio Fava dei Democratici di sinistra.
Coelho ha spiegato che il mandato della Commissione sarà di verificare se sul
territorio dell'Unione Europea si siano verificati casi di tortura o di voli
speciali, se cittadini europei siano stati sequestrati e se vi sia stata la
complicità di Paesi dell'UE, ma ha pure aggiunto che la Commissione non ha veri
e propri poteri di inchiesta e quindi non può obbligare nessuno a presentarsi
per essere ascoltato. Fava, che dovrà preparare una prima relazione fra quattro
mesi, ha segnalato come il ruolo del Parlamento europeo ''sarà principalmente
quello di verificare l'attendibilità delle prove e la gravità di eventuali
responsabilità politiche e di governo'' con un ''obiettivo etico e politico'' e
cioè di ''ripristinare il giusto equilibrio tra l'esigenza della lotta al
terrorismo e la necessità di non abbassare, per nessuna ragione, la tutela dei
diritti fondamentali di ogni essere umano''. Fra i primi a poter essere
convocati ci potrebbe essere il senatore svizzero Dick Marty, che qualche
giorno fa ha reso noto l'esito del suo lavoro di investigazione per conto del
Consiglio d'Europa sulle presunte operazioni illegali della Cia in territorio europeo.
L'idea è di Sarah Ludford, europarlamentare
britannica del gruppo liberaldemocratico, che sarà una dei tre vice
presidenti della Commissione parlamentare. ''Quei governi che guardano con
perplessità alle conclusioni di Marty hanno la responsabilità di sollevare ogni
sospetto presentandosi con documenti e testimonianze. Anche se la nostra
Commissione non ha poteri di inchiesta, abbiamo il dovere di chiamare a
rispondere i governi europei per qualsiasi azione in violazione dei Trattati''.
Secondo Ludford, la Commissione dovrebbe ascoltare, fra gli altri, l'alto
rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza Javier Solana, il commissario
UE alla giustizia, sicurezza e libertà,
Franco Frattini, il responsabile antiterrorismo UE Gijs de Vries, oltre
ad alti esponenti dell'Amministrazione Usa. La vicenda dei voli e delle carceri
segreti Cia in Europa è esplosa alla
fine dello scorso anno quando il “Washington Post” riferì di una rete di
carceri segrete in Europa nella quali la CIA deteneva prigionieri nell'ambito
della lotta al terrorismo. L'organizzazione americana “Human Rights Watch”
aveva individuato in Polonia e Romania i due Paesi che avrebbero ospitato
questi Centri di detenzione. (R.G.)
“LA CHIESA
CONCEPISCE LA FUNZIONE PUBBLICA COME UNA GRANDE OPPORTUNITÀ
DI SERVIRE CON DISINTERESSE GLI ALTRI E
RISOLVERE I PROBLEMI CHE ANGOSCIANO LA SOCIETÀ”: COSÌ, L’ARCIVESCOVO DI LIMA,
CARDINALE CIPRIANI THORNE, IN VISTA DELLE ELEZIONI GENERALI IN PERU’,
IN PROGRAMMA IL PROSSIMO 9 APRILE
LIMA. = In vista delle elezioni generali in Perù, in
programma il prossimo 9 aprile, l’arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis
Cipriani Thorne, ha pubblicato un documento intitolato: “Riflessioni sul
processo elettorale alla luce della Dottrina sociale della Chiesa”. In queste
riflessioni, riporta l’agenzia Fides, il porporato mette in evidenza “alcune
delle principali sfide” che la nazione ha di fronte. Già nell’introduzione, il
cardinale chiarisce che “ogni pronunciamento pontificio o episcopale della
Dottrina sociale non è per la Chiesa un privilegio, bensì un diritto ad
evangelizzare l’ambito sociale” e lancia un forte appello ai fedeli laici
affinché assumano le loro responsabilità in questo senso, sapendo armonizzare
“la fedeltà totale al Magistero e la giusta pluralità nel modo concreto di
esprimerla”. L’arcivescovo di Lima definisce “priorità pastorale” la diffusione
della Dottrina sociale della Chiesa, “in tempi in cui, per ignoranza, si
sostengono progetti che propongono dottrine contrarie agli insegnamenti della
Chiesa” e sollecita ad “analizzare bene le proposte riguardanti matrimonio,
famiglia ed educazione”. Nella prima parte del testo, la riflessione prende in
esame la “dignità della persona umana”, gravemente deteriorata quando si riduce
“al solo benessere materiale”. La chiave per interrompere questa tendenza al
materialismo è una sola: educare ai valori. Di qui, il ruolo fondamentale della
famiglia e l’esempio concreto dei genitori. La seconda parte si sofferma sui
compiti dello Stato, che deve dare l’esempio con un regime di austerità,
ripartendo le risorse secondo un criterio di equità. La missione principale
dello Stato è soprattutto di “mantenere l’ordine nel Paese, perché si sviluppi
un clima di pace e fiducia che faccia germogliare il desiderio di intraprendere
e di investire”. La missione dei cristiani è allora assumere liberamente la
leadership nel compito di sviluppo del Paese. Nella terza ed ultima parte,
mons. Cipriani Thorne ricorda che “la Chiesa insegna che la giustizia è una
delle virtù fondamentali per rendere possibile un retto sviluppo sociale”,
evitando “un trattamento preferenziale nelle politiche economiche, mediante
l’abuso delle ‘amicizie politiche’ (…) per il germe di corruzione e sfiducia
che apportano alla società”. “La Dottrina sociale della Chiesa – conclude il
porporato – concepisce la funzione pubblica come una grande opportunità di
servire con disinteresse gli altri e di cercare di risolvere i molti e gravi
problemi che angosciano la società”. (R.M.)
“LA
COMUNITÀ CATTOLICA SPERA E PREGA PER LA PACE IN NEPAL,
IN
VISTA DELLE ELEZIONI MUNICIPALI DEL PROSSIMO 8 FEBBRAIO”:
QUESTE,
LE PAROLE DEL PRO-PREFETTO APOSTOLICO NEL PAESE,
PADRE
PIUS PERUMANA, ALLA VIGILIA DELLA PREGHIERA PER LA PACE
KATHMANDU.=
“La Comunità cattolica spera e prega per la pace in Nepal, in vista delle prossime
elezioni municipali”: è quanto ha dichiarato il pro-prefetto apostolico in
Nepal, padre Pius Perumana, alla vigilia della manifestazione per la pace, in
programma domani a Kathmandu. All’incontro parteciperanno esponenti delle
diverse Chiese cristiane, associazioni, gruppi e movimenti che operano per la
difesa dei diritti umani. La popolazione nepalese nutre la speranza che il voto
del prossimo 8 febbraio sia un’occasione di apertura per una fase pacifica
nella storia del Paese. In Nepal, spiega il sacerdote, “la situazione risente
sempre di un clima dove la violenza fa da padrona”. Mentre nella capitale,
grazie al controllo delle forze armate, la vita scorre normalmente, nelle aree
montuose e nei villaggi la gente vive terrorizzata a causa degli attacchi e
delle razzie improvvise della guerriglia maoista. Nel Paese vige uno stato di
incertezza tale, da far temere l’annullamento delle operazioni di voto.
Infatti, l’opposizione intende boicottare le elezioni perché vorrebbe prima un
cambiamento della Costituzione; il Re Gyanendra, che dallo scorso anno, in
seguito allo scioglimento del governo, ha assunto pieni poteri, vorrebbe invece
andare al voto, in quanto è alla ricerca di una legittimazione popolare. Sulla
situazione della Chiesa, come riferisce l’agenzia vaticana Fides, padre
Perumana ha affermato: “Come piccola minoranza, viviamo in una situazione
relativamente tranquilla. Condividiamo le ansie e le condizioni della
popolazione”. Il sacerdote ha illustrato, poi, un progetto che ha riscosso
numerosi consensi: le Missionarie della Carità, le religiose seguaci di Madre Teresa
di Calcutta, intendono aprire una nuova casa di accoglienza nella zona di
Pokhara. La struttura presterà cure a diverse categorie di disagiati: anziani
abbandonati, bambini denutriti e orfani, malati terminali, donne povere e
ragazze madri. (A.E.)
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27 gennaio 2006
- A cura
di Eugenio Bonanata -
La tv satellitare araba,
‘al-Jazira’, ha diffuso oggi un video nel quale appaiono i due ingegneri
tedeschi rapiti martedì scorso nel centro petrolifero di Baiji, nel nord
dell’Iraq. Gli ostaggi, inginocchiati e circondati da uomini armati, implorano
le autorità tedesche di aiutarli. Berlino, dal canto suo, ha fatto sapere di
essere pronta a fare tutto il possibile per salvare i due connazionali. I
sequestratori non hanno avanzato nessuna richiesta di riscatto. Intanto
un’operazione delle forze speciali irachene ha portato all’arresto di 35
presunti ribelli in diversi quartieri di Baghdad. Sempre nella capitale,
l'esplosione di una bomba, che avrebbe dovuto colpire una pattuglia di soldati
statunitensi, ha provocato almeno due vittime civili.
Due poliziotti afghani sono
morti e altri due sono rimasti feriti in seguito all'esplosione di una bomba.
L’ordigno ha colpito il veicolo che trasportava i militari nel distretto di
Gritshk, nella provincia di Helmand, circa 180 chilometri ad ovest di Kandahar.
Intanto la Gran Bretagna, che a maggio assumerà il comando della missione NATO,
porterà nel Paese 5700 unità entro il mese di luglio.
Il responsabile iraniano per il
dossier nucleare, Ali Larijani, ha giudicato “insufficiente” il compromesso
proposto dalla Russia per risolvere la controversia sul programma nucleare
iraniano. A suo parere la proposta ha bisogno di essere ulteriormente
rivisitata, sebbene “non si possa dire che essa sia negativa”. In questi giorni
l’offerta di trasferire in territorio russo le attività nucleari iraniane, era
stata accolta con favore da Teheran.
L’ondata di freddo polare prosegue
in tutta Europa, dove anche ieri si sono registrate decine di vittime. Il
bilancio più nero è ancora quello dell’Ucraina che ha annunciato altri 40 morti
nelle ultime 24 ore. Sei persone sono decedute inoltre in Polonia, portando a
69 il bilancio delle vittime dell’ondata di gelo. La situazione è tornata alla
normalità. in Russia, con temperature che vanno dai meno 6 ai meno 8 gradi a
Mosca.
Una perdita in un gasdotto ha
provocato l’interruzione delle fornitura di gas in Cecenia. Lo riferisce
l’agenzia di stampa 'Itar-Tass' che cita la protezione civile russa. La
diminuzione dell’erogazione di gas sarebbe dovuta a un incidente avvenuto ieri,
di cui non si conoscono le cause.
Okimsho Hafisov, capo
dell’Istituto militare del ministero della Difesa del Tagikistan, è stato
assassinato questa mattina a Dushanbe.
L’uomo è stato ucciso con sette colpi di pistola mentre stava salendo
sulla propria auto di rappresentanza. L’assassino, del quale ancora non si conosce
il movente, è riuscito a fuggire.
Il virus dei polli H5N1 sarebbe
così letale a causa di una sua proteina, capace di distruggere le difese
dell’organismo infettato. E’ quanto emerso da un’analisi genetica condotta da
ricercatori del Saint Jude Children’s Research Hospital di Menphis, negli Stati
Uniti. La ricerca, che è stata pubblicata sulla rivista ‘Science’, potrebbe
fornire importanti dettagli su come agisce il virus dell’influenza aviaria.
Anche una religiosa e un
sacerdote sono tra le persone rapite due giorni fa presso l'aeroporto di Port-au-Prince,
ad Haiti. I sequestrati sono quattro, due francesi e due haitiani. Lo hanno
riferito fonti della polizia locale e dell’ONU, precisando che i rapitori hanno
richiesto un riscatto elevato.
Inaugurato in Italia l’anno
giudiziario 2006. In un’aula gremita, davanti alle massime cariche dello Stato,
il primo presidente della Cassazione, Nicola Marvulli, ha denunciato che
“l’Italia, pur disponendo del maggior numero dei giudici, ha il primato per la
lunghezza dei tempi dei processi sia civili che penali”. Il ministro della
Giustizia, Castelli, ha invece sottolineato come in questa legislatura sia
stata approvata una serie di norme “che non è azzardato dichiarare senza
precedenti”. Sulla riforma costituzionale per Castelli “non c'è stato scontro
tra istituzioni”, ma “esercizio di quelle garanzie che vietano la promulgazione
di leggi incostituzionali”. Il ministro ha poi ricordato come il Parlamento
abbia accolto i rilievi del Capo dello Stato, modificando o abrogando alcune
parti.
Secondo il premier spagnolo
Zapatero la fine della guerra tra gli indipendentisti baschi dell’ETA e lo
Stato spagnolo è vicina. In un’intervista il primo ministro ha detto di essere
in possesso di informazioni in questo senso. Zapatero ha ricordato inoltre come
da oltre due anni l’ETA non compia attentati mortali e che in tutta la società
basca c'è un forte ‘anelito di pace’.
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