RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 18  - Testo della trasmissione di mercoledì 18  gennaio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’udienza generale, annunciata da Benedetto XVI per il 25 gennaio la pubblicazione della sua prima Enciclica, Deus Caritas est. La catechesi del Papa dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che inizia oggi e che sarà conclusa dal Pontefice a San Paolo fuori le Mura

 

I vescovi della Repubblica Democratica del Congo in Vaticano per la visita ad Limina: la testimonianza dell’arcivescovo Monsengwo Pasinya

 

“...Ma di tutte più grande è la carità": la Lettera di San Paolo ai Corinzi dà il titolo al Convegno internazionale sulla carità promosso da "Cor Unum" il 23 e  24 gennaio in Vaticano

 

Sviluppo economico, democrazia e pace: al centro del discorso del cardinale Martino per l’apertura del Convegno in Thailandia sulle sfide della comunità globale nel XXI secolo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Emergenza carestia in  Kenya: a rischio più di tre milioni di persone: con noi il padre comboniano Giuseppe Caramazza

 

Il “Don Giovanni” di Mozart inaugura oggi la stagione del Teatro dell’Opera di Roma: intervista  con Franco Zeffirelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Iniziative di preghiera a Roma durante la Settimana  per l’unità dei cristiani

 

Forte appello dei vescovi venezuelani ai cittadini, per il nuovo anno, alla verità, all’umiltà e al rispetto reciproco

 

Per la lotta all’influenza aviaria, la comunità internazionale ha stanziato 1,9 miliardi di dollari

 

Nel 2005, il “Gruppo mobile” del Ministero del lavoro di Brasilia ha liberato più di 4 mila brasiliani costretti a lavorare in condizione di schiavitù

 

L’arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra, e il presidente del Senato italiano, Marcello Pera, hanno presentato a Torino il libro “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”

 

In corso in India il Congresso missionario internazionale dei frati minori conventuali

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iran chiede all’Europa di riaprire il dialogo sul nucleare ma minaccia di non collaborare con l’AIEA in caso di deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’ONU

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

18 gennaio 2006

 

ALL’UDIENZA GENERALE, ANNUNCIATA DA BENEDETTO XVI PER IL 25 GENNAIO

LA PUBBLICAZIONE DELLA PRIMA ENCICLICA, DEUS CARITAS EST.

LA CATECHESI DEDICATA ALLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI,

CHE INIZIA OGGI E CHE SARA’ CONCLUSA DAL PAPA A S. PAOLO FUORI LE MURA

- Intervista con il cardinale Walter Kasper -

 

Sarà pubblicata mercoledì prossimo, 25 gennaio, la prima Enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas est. E’ stato il Papa stesso a darne l’annuncio, al termine della catechesi nell’udienza generale di questa mattina in Aula Paolo VI, affollata da 8 mila persone e conclusa dalla singolare “coda” di un piccolo ed apprezzato spettacolo circense. In precedenza, durante la catechesi, il Pontefice si era soffermato sulla tradizionale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che inizia oggi e che vedrà Benedetto XVI raccogliersi in preghiera con ortodossi e protestanti, sempre mercoledì 25, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Il 25 gennaio sarà finalmente anche pubblicata la mia enciclica dal titolo già conosciuto Deus Caritas est, Dio è Amore”. (applausi)

 

Un “gesto della Provvidenza”. La prima Enciclica del Pontificato, sull’amore di Dio, resa pubblica nel giorno in cui le Chiese cristiane si riuniscono con il Papa per invocare da quello stesso Amore il dono dell’unità. Benedetto XVI ha voluto chiudere l’udienza generale con l’annuncio atteso ormai da tempo. “Vorrei mostrare - ha affermato enunciando il tema dell’Enciclica - il concetto di amore nelle sue diverse dimensioni” perché, ha aggiunto, esso appare oggi “spesso molto lontano da quanto insegna la Chiesa”. Specialmente per ciò che dell’amore viene percepito e vissuto all’interno della coppia:

 

“L’eros, questo dono dell’amore tra uomo e donna, viene dalla stessa fonte della bontà del Creatore, come poi la possibilità di un amore che rinuncia a sé in favore dell’altro. Che eros si trasformi in agape nella misura nella quale i due si amano realmente e uno finalmente non cerchi più se stesso, la sua gioia e le sue delizie, ma cerchi soprattutto il bene dell’altro. Così, questo eros che si trasforma in carità, in un cammino di purificazione, di approfondimento, si apre poi per la propria famiglia, si apre per la più grande famiglia della società, per la famiglia della Chiesa, per la famiglia del mondo”.

 

In modo analogo, ha proseguito Benedetto XVI, questo “atto personalissimo dell’amore che ci viene da Dio” deve anche “esprimersi come atto ecclesiale”, organizzativo, che genera la Chiesa, che è essa stessa “espressione dell’amore di Dio”. “La Chiesa – dunque, ha aggiunto – come comunità, anche in modo istituzionale, deve amare. E questa cosiddetta caritas non è una pura organizzazione”, come ci sono altre organizzazioni di solidarietà, ma è “espressione dell’atto più profondo dell’amore personale che Dio ha creato nel nostro cuore”.

 

(canto)

 

Nell’auspicare che l’Enciclica “possa illuminare ed aiutare la nostra vita cristiana”, Benedetto XVI ha poi asserito che essa rappresenta uno sfondo ideale per il tema dell’unità dei cristiani. Il Papa vi aveva dedicato la riflessione d’apertura, centrandola sul quel valore ritenuto dal Concilio Vaticano II “l’anima di tutto il movimento ecumenico”: la preghiera. Una preghiera basata sulla “solenne assicurazione” di Gesù ai discepoli: “Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà”. Al “centro del problema ecumenico”, ha riconosciuto il Pontefice, vi è “l’obbedienza al Vangelo per fare la volontà di Dio con il suo aiuto necessario e efficace”. E’ questo un terreno privilegiato d’incontro delle diverse confessioni cristiane:

 

“Gli elementi che, nonostante la divisione permanente congiungono ancora i cristiani, sostengono la possibilità di elevare una preghiera comune a Dio. Questa comunione in Cristo sorregge tutto il movimento ecumenico e indica lo scopo stesso della ricerca dell’unità di tutti i cristiani nella Chiesa di Dio. Ciò distingue il movimento ecumenico da ogni altra iniziativa di dialogo e di rapporti con altre religioni e ideologie”.

 

Pur definendo la divisione che ancora permane tra cattolici, ortodossi e protestanti un “dramma” della comunità cristiana, Benedetto XVI ha evidenziato non solo il valore della preghiera comune, che “in forme, tempi e modi diversi”, ha detto, viene innalzata in questi giorni con “il comune impegno” di ristabilire la piena comunione tra i cristiani. C’è anche un cammino di riconciliazione che è stato compiuto e che, pur non facile, resta un dono per cui dire grazie al cielo:

 

“Possiamo anche ringraziare il Signore per la nuova situazione faticosamente creata dalle relazioni ecumeniche tra i cristiani nella ritrovata fraternità per i forti legami di solidarietà stabiliti, per la crescita della comunione e per le convergenze realizzate – certamente in modo diseguale – tra i vari dialoghi. Ci sono tanti motivi per ringraziare e se c’è ancora tanto da sperare e da fare, non dimentichiamo che Dio ci ha dato molto nel cammino verso l’unità, e siamo grati per questi doni. Il futuro sta davanti a noi”.

 

I pellegrini di quattro continenti stipati nell’Aula Paolo VI, tra i quali un gruppo di coreani, hanno goduto alla fine di un simpatico fuori programma. Un gruppo di artisti del circo ha improvvisato sul palco di fianco al Papa un breve spettacolo, sottolineato dai battimani dello stesso Benedetto XVI che si è poi alzato per ringraziare personalmente acrobati e giocolieri:

 

“Un saluto particolare rivolgo agli artisti del mondo circense, presenti a Roma in questi giorni, e li incoraggio a manifestare sempre con gioia la propria fede in Cristo”.

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La prima Enciclica di  Benedetto XVI, “Deus Caritas est”, sarà  presentata mercoledì prossimo 25 gennaio alle ore 12 nella Sala Stampa della Santa Sede. La pubblicazione avverrà dunque provvidenzialmente, come ha detto il Papa, nel giorno della Festa della Conversione di San Paolo, in occasione della chiusura della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ascoltiamo in proposito il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’uni-tà dei cristiani, intervistato da Philippa Hitchen:

 

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R. – Tutto il mondo aspetta questa Enciclica e così anche i nostri amici ortodossi e protestanti. Il tema è la carità e l’amore, tema fondamentale per l’ecumenismo, perché la piena comunione vuol dire anche il pieno amore. Quindi, questa Enciclica avrà un grande impatto ecumenico. Questo tema dell’amore è molto vicino a Papa Benedetto XVI, che è un esperto di Sant’Agostino e di San Bonaventura. E nei due grandi teologi e santi il tema dell’amore e della carità è centrale. Sarà un’Enciclica molto importante.

 

D. – Parliamo di  questa prima settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in questo nuovo Pontificato …

 

R. – Penso che ci sia una perfetta continuità fra Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, ambedue impegnati sulla strada dell’ecumenismo. C’è una differenza di stile, ma non di continuità. Io ho trovato una buona collaborazione con il nuovo Papa e trovo pieno supporto nel nostro lavoro.

 

D. – Guardando all’anno passato, secondo lei quali sono i punti chiave per quanto riguarda questo dialogo tra le Chiese e il lavoro svolto qui da questo Dicastero?         

 

R. – Al funerale di Papa Giovanni Paolo II tutte le Chiese erano presenti ed è stata la prima volta nella lunga storia della Chiesa. Hanno espresso tutti grande stima per il Papa defunto. Penso che questo sia un segno degli enormi progressi fatti nell’ecumenismo. In secondo luogo, il nuovo Papa già nel primo giorno del suo Pontificato ha sottolineato che l’unità della Chiesa è la sua priorità e queste non sono state soltanto parole. Ha incontrato le Chiese a Colonia, ha incontrato nel frattempo il nuovo segretario del Consiglio Mondiale delle Chiese, i rappresentanti della Federazione luterana, metodista, riformata e così via. Tutti sono stati molto contenti dopo le udienze. Un altro punto  è che siamo stati capaci di rilanciare il dialogo con le Chiese ortodosse con un buono spirito. E abbiamo intenzione di parlare adesso della comunione, del primato, questione molto delicata per i nostri amici ortodossi. Un ultimo punto è  che  avremo la firma della Federazione mondiale metodista per la Dichiarazione congiunta sulla giustificazione. Abbiamo adesso un certo allargamento del consenso. Debbo dire che abbiamo fatto dei passi avanti.

 

D. – Quindi, un bilancio positivo per quest’anno, anche se rimangono dei punti molto difficili…

 

R. – Rimangono sempre punti difficili. Siamo solo a metà del viaggio. C’è una certa frammentazione tra le Chiese protestanti, sfortunatamente, sulle questioni etiche. Questo è molto penoso per noi. Questa problematica si vede soprattutto nella Comunione anglicana, ma anche in alcune Chiese protestanti. C’è ancora la questione dell’ecclesiologia, della concezione della Chiesa, del ministero. Abbiamo ancora molto da lavorare.

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ALTRE UDIENZE

 

Al termine dell’udienza generale il Papa ha ricevuto l’arcivescovo Pedro López Quintana, nunzio apostolico in India e in Nepal.

 

 

NOMINE

 

Il Papa ha nominato, per un ulteriore quadriennio, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, a norma dell’art. 10 degli Statuti della medesima Università, mons. Salvatore Fisichella. Vescovo titolare di Voghenza ed ausiliare di Roma, mons. Fisichella è nato 54  anni fa a Codogno, nella diocesi di Lodi, in Lombardia.

 

Il Santo Padre ha nominato preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, a norma dell’art. 8 degli Statuti del medesimo Istituto, per il prossimo quadriennio, il mons. Livio Melina, ordinario di Teologia morale fondamentale e vice-preside della Sezione Centrale dello stesso Istituto.

 

In Brasile, il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari dell’arcidiocesi di Porto Alegre, il reverendo sacerdote Remídio José Bohn, del clero dell’arcidiocesi di Porto Alegre, finora parroco della Parrocchia “Nossa Senhora do Rosário”, assegnandogli la sede titolare vescovile di Uchi maggiore,  e  il  padre scalabriniano Alessandro Carmelo Ruffinoni, finora Superiore provinciale della Provincia degli Scalabriniani con sede a Porto Alegre, assegnandogli la sede titolare vescovile di Fornos maggiore. Mons. Bohn è nato a Feliz, nell’arcidiocesi di Porto Alegre, Stato di Rio Grande do Sul, il 21 maggio 1950. Il 29 novembre 1975 è stato ordinato sacerdote. Mons. Ruffinoni è nato il 26 agosto 1943 a Piazza Brembana, nella diocesi di Bergamo (Italia). E’ stato ordinato sacerdote l’8 marzo 1970. Dal 1998 è Superiore provinciale della Provincia scalabrinianaSão Pedro”, con sede a Porto Alegre.

 

 

I VESCOVI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

IN VATICANO PER LA VISITA AD LIMINA:

LA TESTIMONIANZA DELL’ARCIVESCOVO DI KISANGANI MONSENGWO PASINYA

 

E’ iniziata lunedì scorso in Vaticano  la visita ad Limina dei vescovi della Repubblica Democratica del Congo. I presuli del terzo Paese più grande dell’Afri-ca saranno a colloquio con Benedetto XVI  fino a metà febbraio. Parleranno con il Papa delle speranze e delle sofferenze della Chiesa e della popolazione congolese che sta cercando le vie della pace dopo anni di guerre fratricide. Della situazione di questo Paese  ci parla mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani e presidente della Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo, intervistato da  Alessandro Gisotti:

 

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R. – E’ una situazione di un popolo che ha la speranza di arrivare alla fine di un processo, il processo di democratizzazione, che è cominciato nel 1990. Quindi, sono quasi 16 anni che stiamo attraversando una fase di transizione politica. E adesso che abbiamo avuto il referendum costituzionale, al popolo congolese è stata mostrata la retta via che va verso le elezioni e le scadenze elettorali. Possiamo dire che si vede la luce fuori dal tunnel. E questo è già in sé una speranza di stabilità, non soltanto politica, ma anche economica, e quindi di pace, perché ci sarà uno Stato di diritto, e se c’è uno Stato di diritto che osserva la legge, c’è la speranza che ciascuno possa godere dei suoi diritti e osservare pure i diritti degli altri, che è il fondamento della pace.

 

D. – Qual è oggi la realtà della Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo?

 

R. – Potrei dire che la Chiesa ha continuato il suo lavoro, anche in tempi più oscuri, quando c’è stata la guerra. I vescovi, infatti, e i sacerdoti sono rimasti al loro posto, continuando a visitare le comunità cristiane, continuando a portare alla popolazione anche le cose più elementari, che mancavano a causa della guerra. Quindi, la Chiesa è rimasta a predicare, è rimasta a sostenere lo sviluppo. La Chiesa non ha dato le sue dimissioni davanti a quella difficile situazione. Il culto cristiano, le Messe, sono rimaste praticamente il punto di raduno di tutta la popolazione, il punto dove arrivavano tutti, dove si consolavano, dove si riconfortavano gli uni con gli altri, e il posto dove si offrivano al Signore le  sofferenze, perché il Signore potesse ridurle. Uno dei messaggi centrali riguardo a questo è stato quello che i vescovi dicevano e cioè che l’integrità territoriale e la sovranità del Paese non erano negoziabili. I dati statistici mostrano che la comunità cattolica ha continuato a crescere e ad essere più dinamica, anche se la popolazione è diventata molto più povera.

 

D. – In che modo in una società con delle ferite così profonde la Chiesa sta lavorando per la pacificazione?

 

R. – La Chiesa ha sempre provato a mostrare a tutti che da ambedue le parti ci sono cristiani. Quindi, siamo fratelli in Gesù Cristo. Quindi, la fraternità universale in Gesù Cristo è stato uno dei punti che noi abbiamo sempre rilevato, per far capire a tutti che non è perché uno Stato dichiara guerra ad un altro Stato, che il popolo di quel Paese per forza sia colpevole delle opzioni politiche dei suoi governanti. Questa, dunque, è stata la prima cosa. La seconda cosa è che noi abbiamo sempre provato a dire che non si può essere cristiani senza il perdono e senza la riconciliazione. Abbiamo fatto sì che i vescovi, per esempio, dei Grandi Laghi – Rwanda, Burundi e Congo – si radunassero regolarmente a rotazione in ciascuno dei Paesi, per mostrare chiaramente che noi celebriamo tutti l’Eucaristia, davanti al popolo cristiano di un Paese, e che quei pastori che vengono da fuori sono i pastori di quei Paesi.

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“...MA  DI TUTTE  PIU’ GRANDE E’ LA CARITA’ ": la lettera di San Paolo ai Corinzi

DA’ IL TITOLO AL Convegno Internazionale sulla Carità promosso dal

 Pontificio Consiglio "Cor Unum",  lunedi 23 e martedì 24 gennaio,

presso L'Aula Nuova del Sinodo in Vaticano

 

Cita la lettera di San Paolo ai Corinzi (“..ma di tutte più grande è la carità!”13,13) il titolo del Convegno Internazionale sulla Carità promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” per la promozione umana e cristiana, lunedì 23 e martedì 24 gennaio  presso l’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. II convegno, contestualmente alla prossima pubblicazione della prima Enciclica di Benedetto XVI, “Deus Caritas est”, ha come scopo di tenere vivo nella Chiesa il senso cristiano dell'impegno a favore del prossimo. Lezioni, interviste, testimonianze di vita da ogni parte del mondo caratterizzano la scaletta dei lavori, per i quali è prevista la partecipazione di 200 convegnisti, cardinali, vescovi, ambasciatori, responsabili di istituzioni internazionali di aiuto e assistenza, responsabili delle Caritas nazionali e di organizzazioni non governative. L’apertura del lavori, lunedì 23 alle ore 9.00, è affidata all’arcivescovo Paul Josef Cordes, presidente di “Cor Unum”. Interverranno, durante la mattinata, James Wolfensohn, presidente della Banca Mondiale dal 1995 al 2005, e Denis Viénot, presidente di Caritas Internationalis;  con la moderazione dell’arcivescovo dl Dublino, Diarmuid Martin. Si parlerà dei due grandi settori degli aiuti umanitari: quello della società civile e quello del mondo ecclesiale.

 

A mezzogiomo,  il Papa rivolgerà  la Sua parola al convegnisti. Nel pomeriggio, il direttore della Sala Stampa Vaticana, dott. Joaquín Navarro-Valls, presenterà sei testimonianze su “esperienze di carità”. Martedì 24 al mattino, i lavori riprenderanno con un’intervista a Liliana Cavani, regista italiana di esperienza internazionale, autrice tra gli altri di “Francesco”, una biografia su San Francesco d’Assisi. A lei è affidato il compito di illustrare come una regista laica sente  il richiamo della carità nella rappresentazione dell’amore nelle opere cinematografiche. II cardinale Francis George, arcivescovo di Chicago, conclude con una lezione teologica sulla Carità. Il Convegno Internazionale terminerà, alle ore 17.00 di martedì 24 gennaio, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, presieduta dal cardinale Roger Etchegaray, vice­decano del Collegio dei Cardinali, presidente emerito del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Pontificio Consiglio “Cor Unum”.

 

 

SVILUPPO ECONOMICO E LAVORO, DEMOCRAZIA E PACE:

AL CENTRO DEL DISCORSO DEL CARDINALE MARTINO PER L’APERTURA

DEL CONVEGNO SULLE SFIDE DELLA COMUNITA’ GLOBALE NEL XXI SECOLO, 

PROMOSSO DAI VESCOVI ASIATICI A PATTAYA, IN THAILANDIA

- A cura di Paolo Scappucci -

 

“La testimonianza personale, frutto di una vita cristiana adulta, profonda e matura, non può non cimentarsi  con la costruzione di una nuova civiltà, in dialogo con le altre religioni e con tutti gli uomini di buona volontà, per la realizzazione di un umanesimo integrale e solidale”: è quanto ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, aprendo stamane a Pattaya, in Thailandia, il “Colloquio sulla concordia attraverso la riconciliazione nel contesto asiatico”, promosso dai vescovi del continente per celebrare il 40.mo anniversario della Costituzione conciliare Gaudium et Spes  sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.

 

Riprendendo l’insegnamento del grande documento conciliare, il porporato ne ha messo in luce le parti che  orientano verso una migliore comprensione delle esigenze relative all’annuncio del Vangelo nella società del nostro tempo, con particolare riferimento ai temi cruciali dello sviluppo economico e del lavoro, della democrazia e della pace. Egli ha così sottolineato l’importanza che hanno, nella prospettiva della salvezza, l’umanizzazione del mondo e la sua trasformazione per  consentire all’uomo di esprimere le sue potenzialità creative, oltre che di soddisfare i suoi fondamentali bisogni.

 

Il cardinale Martino ha ribadito che, secondo il principio della destinazione universale dei beni della terra,  la giustizia sociale deve porsi l’obiettivo di una migliore ripartizione di tali beni tra tutti gli uomini, nell’ottica  di quella solidarietà planetaria, che non è  una semplice sollecitazione filantropica o umanitaria, ma un preciso obbligo morale, con il dovere di creare strutture che favoriscano lo sviluppo di tutti i popoli. “Il compito di un’economia a misura dell’uomo – ha detto il Presidente di Giustizia e Pace -  consiste nel rimuovere le naturali disparità e di consentire a tutti i membri della comunità, anche quelli non produttivi, di accedere ai beni necessari per il loro sviluppo umano”.

 

Sempre rifacendosi all’insegnamento conciliare, il cardinale Martino ha posto in evidenza  che la reciproca autonomia nei rapporti tra Stato e Chiesa implica una sana collaborazione tra società civile e società religiosa, senza che ciò comporti né un assoggettamento della Chiesa allo Stato né un uso strumentale dell’autorità dello Stato  per fini di evangelizzazione ad esso estranei. Egli ha anche ripetuto che la genuina laicità dello Stato non comporta l’invisibilità o l’insignificanza sociale della fede e considera la democrazia politica come forma ottimale di governo. Sul tema vitale della pace nel mondo il porporato ha poi riaffermato l’importanza del potenziamento degli organismi internazionali e del  superamento degli squilibri economici, con una ferma condanna della corsa agli armamenti.

 

Infine, dopo aver  ricordato che la straordinaria ed impegnativa eredità degli insegnamenti sociali della Gaudium et Spes è stata accolta interamente ed aggiornata nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa, il cardinale Martino ha annunciato che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace organizzerà sul Compendio, il 10 e l’11 novembre di quest’anno a Bangkok, un Congresso continentale per l’Asia, come già fatto per l’America nel novembre scorso a Città del Messico. 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Il 25 gennaio sarà pubblicata la prima Enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas est”: l’annuncio dato dal Santo Padre all’udienza generale nel giorno dell’inizio della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla Settimana di preghiera.

 

Servizio estero - Influenza aviaria: alla Conferenza di Pechino stanziati 1,9 miliardi di dollari per prevenire la pandemia.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Marchesi dal titolo “Secolarizzazione, nichilismo e concezione cristiana”: una raccolta di saggi di Massimo Borghesi.

 

Servizio italiano - In primo piano sempre l’Unipol.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

18 gennaio 2006

 

 

EMERGENZA SICCITA’ IN DIVERSE ZONE DEL KENYA:

A RISCHIO CARESTIA PIU’ DI TRE MILIONI DI PERSONE,

MENTRE SCORTE ALIMENTARI RESTANO INUTILIZZATE

- Intervista con padre Giuseppe Caramazza -

 

E’ emergenza siccità in diverse zone del Kenya, in particolare nell’estremo Nord-Est.  Per il momento, si parla di una quarantina di vittime ma la carestia minaccia  3,5 milioni di persone. In realtà già da tre anni si registrava una progressiva mancanza di acqua. Ed è sempre grave la situazione di disparità tra poche persone molto ricche, circa il 2% della popolazione, e la grande maggioranza che si colloca sotto il livello di povertà. Nella capitale Nairobi sono 2 milioni le persone che vivono in baraccopoli. Ma in tutto questo c’è da dire che ci sono aiuti alimentari non utilizzati. E’ quanto denuncia padre Giuseppe Caramazza, direttore della rivista dei combonianiNew People”, raggiunto telefonicamente a Nairobi da Fausta Speranza:

 

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R. – Ci sono almeno 4 milioni di sacchi di mais nei luoghi di raccolta del governo e ci sono oltre di 3 milioni di persone che stanno soffrendo la fame. Dunque, c’è una sperequazione enorme tra il cibo presente e il bisogno. Quello che è mancata è la volontà politica di affrontare la fame sino da 3-4 mesi fa quando si sapeva che sarebbe scoppiata la tragedia.

 

D. – Che cosa ha impedito di affrontare questa emergenza?

 

R. – L’uomo politico è sempre più legato alla ricerca del potere. Assolutamente non c’è interesse a servire la gente, la nazione, e la fame, anche se si sapeva benissimo che stava per scoppiare, non è stata presa in considerazione. Anche oggi che questo è finito sui giornali a livello internazionale, il governo  temporeggia. Forse c’è la volontà di punire queste zone che normalmente votano contro il governo e dunque sono dell’opposizione.

 

D. – Padre, lei ci parla di una situazione molto drammatica, molto grave. Secondo lei c’è abbastanza informazione su questo di cui ci sta parlando e non soltanto sull’emergenza siccità a livello internazionale?

 

R. – Senz’altro qui in Kenya il dibattito è molto aperto. Le Chiese, soprattutto quella cattolica, hanno preso una posizione molto dura contro il governo, ma la gente, anche per la strada,  si domanda il perché di questa tragedia. Qui le fotografie delle persone che stanno soffrendo la fame sono presentate in televisione tutte le sere. La gente le vede e si domanda perché si è arrivati a questo.

 

D. – Padre, cosa ci dice sulla presenza della Chiesa in Kenya e sul suo operato?

 

R. – La Chiesa in Kenya è presente in tutto il Paese anche nelle zone a maggioranza musulmana e se non fosse per la Chiesa servizi fondamentali, come la salute, l’acqua, la scuola non esisterebbero perché il governo è completamente assente. E’ interessante vedere come la situazione di oggi fa un altro parallelo a quello che è successo l’anno scorso a metà anno, quando ci sono stati degli eccidi tremendi, persone e bambini trucidati nella zona di Marsabit, nel Nord del Paese. La Chiesa cattolica è l’unica realtà presente lì per aiutare le persone. Il governo, però, nulla fa per aiutare la struttura cattolica presente.

 

D. – Padre, ci dice una parola sulla presenza di altre comunità religiose?

 

R. – Certo, ci sono altre comunità cristiane , ma la Chiesa cattolica è la più grande. Dopo i cattolici, abbiamo gli anglicani, che in questi tempi hanno preso delle posizioni molto forti contro il governo. Le altre denominazioni sono molto piccole però sono presenti in tutto il Paese. E’ chiaro che non hanno le strutture della Chiesa cattolica, capaci di arrivare dappertutto. Molte forte è la presenza islamica sulla costa e nel Nord-Est del Paese: sono circa il 6 per cento degli abitanti. Anche qui, però, ci troviamo di fronte a persone che non hanno una struttura capace di portare aiuti.

 

D. – Padre a parte l’emergenza, in generale  com’è la convivenza tra queste diverse formazioni religiose?

 

R. – Il Kenya è un esempio di possibilità di vivere insieme fra gruppi di culture e di religione diverse. Non ci sono tensioni religiose notabili. Ci sono stati tentativi nel passato di infiammare gli animi degli islamici contro la popolazione cattolica e cristiana in generale. Ma i keniani sono gente pacifica, che vuole l’armonia.

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IL “DON GIOVANNI” DI MOZART,

INAUGURA QUESTA SERA LA STAGIONE DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

- Intervista con Franco Zeffirelli -

 

L’Opera di Roma affida l’inaugurazione della propria stagione lirica, questa sera, alle note sublimi di Mozart con il suo capolavoro assoluto, Don Giovanni. Un ricco e atteso allestimento che sarà diretto da Hubert Saudant e che porta la sicura ed inconfondibile firma di Franco Zeffirelli. Presente anche il capo di Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Servizio di Luca Pellegrini.

 

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Wolfgang Amadeus Mozart viene doverosamente ricordato dall’Opera di Roma in questo 2006, anno celebrativo del 250.mo anniversario della nascita del grande compositore salisburghese, affidando l’allestimento di Don Giovanni alle mani di un artista che non ha bisogno certo di presentazioni, perché nel mondo è riconosciuta la sua statura di regista e di scenografo: Franco Zeffirelli. Nel corso della sua lunga carriera, non ha mai tradito le ragioni della musica e del teatro e ci ha donato memorabili allestimenti d’opera. Ora approda al Teatro lirico della Capitale la sua produzione del capolavoro mozartiano allestita per il “Metropolitan” di New York. Don Giovanni permette tantissime interpretazioni. Abbiamo chiesto al regista e scenografo quali sono gli aspetti di questo capolavoro che più l’hanno colpito:

 

R. – Nel Don Giovanni si affaccia la commedia buffa napoletana, ma che non riesce mai ad essere completamente buffa. Dramma giocoso, come hanno intitolato questo libretto: è poco giocoso e molto dramma, anzi, è un arci-dramma, e poi finisce addirittura in uno dei più grandi confronti che l’umanità possa affrontare ed è quello fra il bene il male e fra la morte e la vita, tra Dio e il demonio, insomma … finisce con questa straordinaria sfida! Quindi, io ho sentito sempre il Don Giovanni come un’opera immensa, un’opera di grandissime proporzioni. Sono permeato di questa cultura che poi divideva nettamente l’umanità: c’erano i signori, i ‘don’, poi c’era il popolino che adoperava le sue astuzie, e poi c’erano i pazzi: c’erano i pazzi come donna Elvira, pazza d’amore, e i pazzarelli, come Leporello

 

D. – Maestro, ci sono dei vincitori nell’opera oppure sono tutti inevitabilmente dei vinti?

 

R. – Che domanda difficile, questa! Tanto per incominciare, nella vita siamo tutti vinti, se ci pensiamo bene, a meno che non abbiamo dentro di noi la forza di lasciare un messaggio che ci tenga in qualche maniera in vita: un messaggio positivo, per cui rimaniamo in vita. Ma rimaniamo in vita solamente nella memoria altrui, quindi siamo tutti sconfitti e soprattutto nel Don Giovanni sono sconfitti tutti: lo dicono, poi, nel Requiem finale: “Questo è il fin di chi fa male …”, e ognuno segue il suo destino, cupamente, perché questo astro fulgente e fiammeggiante che è stato don Giovanni, che ha animato la vita di tutta questa gente, ormai si è spento. E anche le loro vite, adesso, sono destinate ad una triste continuazione verso una fine non gloriosa.

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CHIESA E SOCIETA’

18 gennaio 2004

 

 

INIZIATIVE DI PREGHIERA A ROMA

DURANTE LA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Anche quest’anno la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani trova a Roma un particolare programma di svolgimento in tutte le parrocchie di Roma e, in particolare, presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, la basilica di Santa Maria in via Lata su via del Corso e in piazza Farnese, presso la chiesa di Santa Brigida, la grande mistica del nord, venerata congiuntamente da cattolici e luterani. La Comunità dei monaci benedettini di San Paolo fuori le Mura celebrerà ogni giorno alle ore 17.00 la liturgia solenne dei Vespri, dedicati in modo particolare alla preghiera per chiedere il dono dell'unità di tutti i fedeli in Cristo. La novità di quest’anno è la partecipazione non solo di autorevoli rappresentanti di altre confessioni cristiane, ma anche di intere comunità che parteciperanno al rito interconfessionale. Incoraggiata dal particolare mandato di Benedetto XVI, che ha affidato ai monaci benedettini dell’Abbazia la cura e l’organizzazione di liturgie e programmi ecumenici con il Motu proprio “L’antica e venerabile Basilica” (31 maggio 2005), la Comunità si è rafforzata con l’arrivo di una decina di monaci da varie Abbazie di tutto il mondo ed ha recentemente promosso varie celebrazioni liturgiche e iniziative culturali a carattere ecumenico, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani. Il Centro eucaristico ecumenico di Santa Maria in via Lata, diretto dalle Suore Figlie della Chiesa, da oltre 25 anni, durante la Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani, organizza ogni sera una liturgia cattolica di rito orientale, e così anche quest’anno: questa sera alle 20.00 è in programma la divina liturgia in rito bizantino-greco. Seguiranno nei prossimi giorni, i riti siro-malankarese, bizantino-romeno, etiopico, latino-romano, bizantino-ucraino, siro-maronita e armeno. Anche nella chiesa di Santa Brigida, in piazza Farnese, da questo pomeriggio e per tutto l’Ottavario, si svolgeranno i Vespri solenni con la partecipazione della comunità luterana di Roma. Particolarmente importante sarà venerdì, alle 17.30, la celebrazione della Parola, presieduta dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, insieme con la delegazione ecumenica della Finlandia che si trova già a Roma e che domani sarà ricevuta dal Santo Padre. Questa visita a Roma di una delegazione luterana finlandese è ormai una tradizione che si rinnova da molti anni, come pure l’appuntamento di preghiera in piazza Farnese, dove visse per quasi 20 anni Santa Brigida di Svezia, la cui abitazione attualmente ospita la Casa generalizia delle Suore brigidine. 

 

 

FORTE APPELLO DEI VESCOVI VENEZUELANI AI CITTADINI PER IL NUOVO ANNO:

“PER IL BENE DELLA NAZIONE NON BASTA LAMENTARSI O CRITICARE.

 L’UNICO DIALOGO VERO ED EFFICACE È QUELLO CHE SI BASA SULLA VERITÀ, SULL’UMILTÀ E SUL RISPETTO DELL’ALTRO”

 

CARACAS.= I vescovi venezuelani hanno espresso le preoccupazioni e le speranze per il nuovo anno, in un comunicato reso noto nei giorni scorsi, alla fine della loro 80.ma Assemblea plenaria. Come riferisce l’agenzia vaticana, Fides, nel documento si legge: “Continueremo ad accompagnare il nostro Paese, specialmente i più poveri e i bisognosi, i malati e i carcerati, comunicando loro la forza e la speranza del messaggio centrale del Vangelo: l’amore che Dio Padre ci dona come suoi figli e l’amore che come fratelli deve distinguerci”. I presuli si sentono chiamati in causa da una serie di problemi che affliggono il Paese, come l’incertezza sul futuro democratico, i problemi politici, il deterioramento delle istituzioni, l’abbassamento della qualità della vita e l’aumento incalzante della povertà. Nel loro appello, i vescovi invitano i venezuelani a prendere coscienza che tutti sono necessari ad una possibile individuazione e soluzione dei problemi della società. Vi è anche un invito affinché tutti i gruppi politici ed economici smettano di anteporre i loro personali interessi a quelli generali della popolazione. Al termine del comunicato, i vescovi venezuelani hanno rivolto un appello a tutti i cattolici, affinché si dedichino a un progetto comune “per un Venezuela migliore”. Per il raggiungimento di questo obiettivo, hanno aggiunto, “è indispensabile deporre atteggiamenti o posizioni chiuse ed aprirsi al dialogo. L’unico dialogo vero ed efficace – hanno concluso – è quello che si basa sulla verità, sull’umiltà, sul rispetto dell’altro e sulla disposizione a cambiamenti profondi e duraturi”. (A.E.)

 

 

PER LA LOTTA ALL’INFLUENZA AVIARIA, LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

HA STANZIATO CIRCA DUE MILIARDI DI DOLLARI.

INTANTO, UN NUOVO CONTAGIO IN TURCHIA E UNA MORTE SOSPETTA IN IRAQ

- A cura di Roberta Moretti -

 

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DOGUBEYAZIT/PECHINO. = Un altro caso di contagio da influenza aviaria è stato registrato in Turchia. Lo ha reso noto il Ministero della sanità turco dopo i risultati dei test di laboratorio. Si tratta di un bambino proveniente da Dogubeyazit, nella Turchia orientale, al confine con l’Iran, la stessa città dove vivevano i quattro bambini deceduti nei giorni scorsi a causa dell’H5N1. Il piccolo paziente è adesso ricoverato nell’ospedale di Erzurum. Sale così a 21 il numero delle persone che hanno contratto il virus in Turchia. Intanto, il premier turco, Tayyip Erdogan, ha assicurato che dal 2004 Ankara sta facendo “tutto il necessario” per fermare la diffusione della malattia nel Paese, garantendo che “non ci sono reali ragioni di panico”. Da parte sua, la FAO ha avvertito che il virus potrebbe contaminare le regioni del Mar Nero, del Caucaso e dell’est e diffondersi ulteriormente in primavera in Africa e in Europa attraverso gli uccelli migratori. E intanto l’aviaria potrebbe aver colpito anche in Iraq: le autorità sanitarie del Kurdistan iracheno hanno avviato oggi gli accertamenti sulla morte sospetta di un’adolescente originaria di Raniya, al confine con Iran e Turchia. Comunque, secondo le prime informazioni, i test risulterebbero negativi. Mentre è proprio il virus H5N1 che ha provocato la morte di una donna di 35 anni in Cina, portando a 6 il numero dei decessi causati dall’aviaria nel Paese. Da Pechino, dove si sono conclusi oggi i lavori della Conferenza internazionale dei Paesi donatori, giunge l’annuncio dello stanziamento complessivo di 1,9 miliardi di dollari per far fronte all’emergenza. “Si tratta di una somma significativa di cui possiamo essere soddisfatti”, ha affermato il commissario europeo alla Salute, Markos Kyprianou, considerando che la cifra minima stabilita dalla Banca mondiale per fronteggiare il problema è di 1,2 miliardi di dollari. Secondo il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, che ha parlato ai delegati in collegamento video da New York, la lotta contro la cosidetta influenza dei polli è oggi in una fase “cruciale”. “Non c’è tempo da perdere – ha detto Annan – dobbiamo assicurarci di essere pronti”.

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NEL 2005, IL “GRUPPO MOBILE” DEL MINISTERO DEL LAVORO DI BRASILIA HA LIBERATO PIÙ DI 4 MILA BRASILIANI COSTRETTI A LAVORARE IN CONDIZIONE DI SCHIAVITU’

 

BRASILIA. = Oltre 4 mila brasiliani costretti a lavorare in condizione di schiavitù sono stati liberati nel corso del 2005, dal “Gruppo mobile” del Ministero del lavoro di Brasilia. L’operazione è stata condotta in oltre 183 fazendas del Paese, come rendono noto fonti ufficiali. È soprattutto negli Stati brasiliani a forte espansione agricola che la pratica dello sfruttamento risulta essere più diffusa. Tra questi, spiccano Pará, Mato Grosso, Tocantins, Bahia e Goiás. Solo nel Pará, che detiene il primato per le violazioni dei diritti umani riconducibili ai conflitti per il possedimento della terra, risultano riscattati 1.128 lavoratori. Inoltre, come riporta l’agenzia MISNA, l’ispettore del lavoro, Marcelo Campos, ha spiegato come ad essere sfruttate siano in prevalenza persone analfabete utilizzate nel disboscamento, al fine di creare nuove terre fertili da utilizzare per le monoculture e i pascoli. Sono i gatos, i reclutatori – ha aggiunto – ad attirare i contadini con la promessa di una vita migliore. Ma una volta arrivati al servizio dei latifondisti – ha concluso – vengono schiavizzati, privati dello stipendio e costretti a non abbandonare il lavoro. (A.E.)

 

 

L’ARCIVESCOVO DI BOLOGNA, MONS.CARLO CAFFARRA, E IL PRESIDENTE

DEL SENATO ITALIANO, MARCELLO PERA, HANNO PRESENTATO A TORINO

IL LIBRO  “L’EUROPA DI BENEDETTO NELLA CRISI DELLE CULTURE”,

CHE RACCOGLIE L’ULTIMA CONFERENZA DEL CARDINALE RATZINGER

PRIMA DELL’ELEZIONE A PAPA, INSIEME AD ALTRI TESTI SUL TEMA

- A cura di Stefano Andrini -

 

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BOLOGNA. = E’ lo sradicamento la “cifra” fondamentale della condizione spirituale dell’uomo contemporaneo: lo ha detto l’arcivescovo di Bologna, mons. Carlo Caffarra, intervenendo a Torino, insieme al presidente del Senato italiano, Marcello Pera, alla presentazione del libro “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, che raccoglie l’ultima conferenza del cardinale Ratzinger prima dell’elezione a Papa, insieme ad altri testi sul tema. “L’uomo contemporaneo – ha affermato l’arcivescovo Caffarra – è un uomo sradicato perché non più fondato sulla realtà; perché privato progressivamente di ogni fondamento veritativo circa la possibilità di raggiungere il proprio destino, realizzando ciò che è la sua umanità”. L’Europa, ha aggiunto mons. Caffarra, “aveva iniziato il suo pellegrinaggio attraversando Atene verso la Gerusalemme dei profeti, e da questa verso la Gerusalemme del Golgota e del giardino della Risurrezione. Non camminando più lungo questa strada, l’identità della persona si è dissolta: l’identità del matrimonio, della famiglia, della società”. In che modo Dio può diventare il fattore della ricostruttività dell’agire umano, rendendo fecondi anche i grembi sterili della nostra post-modernità? Per l’arcivescovo Caffarra, bisogna ripartire da un grande lavoro educativo. “Ma non esiste – ha aggiunto – nessun impegno educativo serio che non parta da una tradizione culturale da proporre come interpretazione della realtà al rischio della scelta di chi è educato; che non proponga una forte identità capace di interrogare l’uomo che si vuole educare”. “Lo sfacelo educativo – ha concluso il presule – consiste nell’aver reso impossibile la domanda sul mistero. Pensare di poter educare azzerando ogni identità, è semplicemente pensare che il deserto sia il terreno dove può fiorire la vita”.

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 FORMARE FRANCESCANI PER LA MISSIONE E L’INTERCULTURALITÀ”: SU QUESTO TEMA, È IN CORSO A COCHIN, NELLO STATO INDIANO DEL KERALA,

IL CONGRESSO MISSIONARIO INTERNAZIONALE DEI FRATI MINORI CONVENTUALI

 

COCHIN. = Rispondere alle sfide della missione nel terzo millennio: uniti in questo obiettivo, 61 rappresentanti dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, provenienti da tutto il mondo, sono riuniti in questi giorni, fino al 22 gennaio, a Cochin, nello Stato indiano del Kerala, per un Congresso missionario internazionale. All’incontro partecipano il ministro generale, padre Joachim Giermek, numerosi inviati delle Conferenze provinciali, formatori ed esperti. I temi su cui l’assemblea si confronta partono da “Missione e pluralismo religioso in un mondo globalizzato”; toccano la “Spiritualità della missione”; guardano al rapporto fra “Missione e culture emergenti”, comprese le cosiddette “culture secolarizzate”; indagano gli aspetti specifici della missione nel carisma francescano; si interrogano, infine, su una possibile “Missiologia francescana”, che delinei un rapporto proficuo fra Chiesa locale e missione francescana. L’Ordine si confronterà anche sul “Progetto missionario comunitario”, che interessa l’apostolato nelle aree dell’Europa e del Nord America, come quelle del sud del mondo. Parte della riflessione è dedicata all’impegno per la “formazione alla missione” e al rapporto con le realtà locali: i partecipanti si chiedono se esista “un modo zambiano, brasiliano, statunitense di essere francescani”. Previste, su questo argomento, testimonianze di fraternità francescane da Cuba, Turchia, India ed ex Unione Sovietica. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

18 gennaio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

L’Iran ha chiesto a Germania, Francia e Gran Bretagna di riallacciare il negoziato sul nucleare ma ha ribadito che è irrevocabile la propria decisione di riprendere le attività di ricerca. Il governo di Teheran ha anche minacciato di sospendere la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) in caso di deferimento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I governi di Berlino, Parigi e Londra insistono, invece, per il deferimento all’ONU e chiedono all’esecutivo di Teheran di “chiarire gli interrogativi su un eventuale programma militare atomico”. Ma quali sono gli obiettivi dell’Iran in questa crisi nucleare? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore ed esperto di Iran:

 

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R. – Questa trattativa si è aperta come una sorta di negoziato, in cui gli iraniani sembravano orientati a stabilire la contropartita in cambio di un loro impegno in piani di non proliferazione nucleare. Teheran ha chiesto aiuti da parte dell’economia occidentale, l’ingresso nel WTO, migliori rapporti con l’Occi-dente. In realtà, poi, è successo che in questi ultimi due anni, soprattutto da quando c’è stata l’occupazione americana dell’Iraq, i termini della questione sono cambiati: soldati americani sono stati inviati prima in Afghanistan e poi in Iraq. Lo stesso quadro geopolitico del Medio Oriente è mutato e dopo l’elezione di Ahmadinejad si è irrobustita l’ala dura del regime. Questa potente lobby a questo punto ritiene che l’arma nucleare possa costituire, forse, un deterrente in relazione ad un possibile attacco contro l’Iran.

 

D. – C’è veramente il rischio che l’Iran possa essere terreno di un prossimo conflitto militare?

 

R. – Per ora le diplomazie occidentali, compresa quella americana, sembrano    escluderlo. Sappiamo che Israele nelle settimane e nei mesi scorsi aveva già dichiarato che, eventualmente, sarebbe disponibile ad attaccare l’Iran. Ma un eventuale intervento militare contro l’Iran pone dei problemi militari non indifferenti. Anche uno strike, cioè un attacco limitato ai siti nucleari, pone dei problemi di individuazione di questi siti e delle conseguenze. Non credo certamente in un attacco in grande scala.

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In Israele, è stata nominata ministro degli Esteri la signora Tzipi Livni, già ministro della Giustizia ed esponente del partito “Kadima” fondato dal premier Ariel Sharon. A Gerusalemme, intanto, restano stabili ma gravi le condizioni di Sharon, sottoposto nella notte ad una nuova operazione per sostituire un tubo per la respirazione difettoso. Sul versante palestinese, si acuisce lo scontro politico tra Fatah ed Hamas in vista delle elezioni del prossimo 25 gennaio. Secondo il principale partito palestinese, non si potranno garantire adeguati aiuti internazionali, se il gruppo radicale non abbandonerà la propria linea di opposizione al processo di pace. Gli ultimi sondaggi prevedono, inoltre, un forte aumento dei consensi per “Hamas” ma molti osservatori non considerano realistica l’ipotesi di una vittoria dei gruppi estremisti. E’ di questo parere anche il Custode francescano di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. – Non credo che i gruppi fondamentalisti vinceranno le elezioni. Ritengo che otterranno un buon risultato. Non bisogna avere troppa paura. Bisogna cercare, anzi, di trovare forme di rinnovamento di questo movimento politico.

 

D. – Nei confronti del processo di pace, un avanzamento così netto dell’estremi-smo cosa potrebbe provocare?

 

R. – Sicuramente, ci sarà all’inizio un momento di difficoltà, ma credo che il processo di pace e le trattative tra i due popoli siano imprescindibili. Quindi, chiunque arriverà alla leadership, dovrà fare i conti con questa realtà.

 

D. – Queste elezioni vanno di pari passo con gli impegni per la road-map di Abu Mazen, il presidente moderato palestinese, che però ha dichiarato di non volersi più presentare in futuro per la presidenza. C’è un sostituto che possa portare avanti il dialogo con gli israeliani? 

 

R. – Sicuramente ci saranno altri personaggi. Comunque, adesso si deve pensare al  nuovo assetto politico palestinese. Abu Mazen dovrà lavorare, quindi, con questo governo. E’ presto ancora per parlare della successione. Adesso si deve pensare a preparare la futura leadership.

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In Iraq, la guerriglia ha assaltato un convoglio con a bordo dipendenti di un’impresa di comunicazioni. Nell’attacco, condotto ad ovest di Baghdad, sono rimaste uccise dieci guardie del corpo. I ribelli hanno anche sequestrato un ingegnere originario del Malawi. Sempre sul fronte dei sequestri, l’emittente araba Al Jazeera ha trasmesso, ieri, un nuovo video choc: il filmato, senza audio, mostra la giornalista americana, Jill Carroll, rapita lo scorso 7 gennaio a Baghdad. I rapitori hanno anche diffuso un comunicato nel quale minacciano di uccidere l’ostaggio se non saranno rilasciate, entro 72 ore, le donne detenute in Iraq. Secondo l’organizzazione “Reporter senza frontiere”, sono 31 i giornalisti rapiti nel Paese arabo dall’inizio della guerra, nel marzo del 2003.

 

Il leader della Corea del Nord, Kim Kong il, è rientrato da una visita di 8 giorni in Cina. Secondo l’agenzia nordcoreanaYonhap”, Kim Yong il ha avuto colloqui a Pechino con il presidente cinese, Hun Jintao, incentrati sul programma nucleare nordcoreano.

 

Negli Stati Uniti, è morto ieri per un’iniezione letale il 76.enne Clarence Ray Allen, accusato di aver ordinato l’assassinio di tre persone. Ad Allen, ormai cieco e costretto su una sedia a rotelle, è stata negata la sospensione della pena capitale dalla Corte Suprema. A nulla sono servite le manifestazioni di molte associazioni e movimenti per salvargli la vita. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio.

 

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R. – Allen era una persona che non poteva più nuocere a nessuno. Era disabile, cieco e gravemente malato. E’ stato curato dopo l’ultimo infarto perché potesse essere eseguita la condanna a morte. Sicuramente si era macchiato di gravi crimini. Questo mostra proprio come la pena di morte sia qualcosa che debba appartenere al passato, come la schiavitù e la tortura. La pena di morte ha alla base un’idea di giustizia retributiva che diventa vendetta di Stato. Se la società si abbassa a livello dell’assassino, non ottiene nulla, inquieta solo la coscienza.

 

D. – Alcuni sottolineano che per Allen non si è lottato abbastanza …

 

R. – Sicuramente si è lottato per Allen. Certo il caso di Stanely Tookie Williams mostra la contraddizione profonda di una società che vuole essere umana, giusta e garante dei diritti umani. Ma questa stessa società uccide, alla fine, chi a fatica, anche con un passato difficile, è cambiato e ha riconosciuto i propri errori. E’ quindi una società che si contorce su se stessa. La mobilitazione mondiale è attiva, però, per tutti i casi di condanna a morte. Non si tratta semplicemente di mantenere alta la protesta caso per caso. Si tratta di dare continuità ad una campagna mondiale per mostrare come la pena di morte sia veramente qualcosa di umiliante per la società che la applica.

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Dopo il drammatico caso “Terri Schiavo”, si torna a discutere di eutanasia negli Stati Uniti: la Corte suprema del Massachusetts ha autorizzato, ieri, i servizi sociali dell’Oregon a staccare il tubo dell’alimentazione a Haleigh Poutre, una bambina di 11 anni ridotta in fin di vita in seguito a percosse da parte dei genitori adottivi.

 

In Polonia il neopresidente, Lech Kaczynski, non esclude elezioni politiche anticipate per risolvere la crisi politica innescata dal mancato sostegno alla Legge finanziaria da parte dal Parlamento. Se non verrà trovata una soluzione entro il 30 gennaio, il presidente potrebbe sciogliere le Camere e fissare nuove elezioni per la prossima primavera.

 

In Costa d’Avorio, almeno 3 persone sono morte durante scontri tra sostenitori del presidente, Laurent Gbagbo, e caschi blu del Bangladesh nei pressi della base militare dell’ONU a Guiglo. Nel Paese africano, sono schierati 7000 caschi blu ed oltre 4000 militari francesi col compito di sorvegliare il cessate il fuoco tra forze governative e ribelli delle “Forze Nuove”.

 

Ad Haiti, nuovo episodio di violenza contro il personale ONU. Ieri, due caschi blu giordani sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco a Port-au-Prince, mentre presidiavano un posto di blocco. Dal febbraio 2004, sono 13 le vittime delle Nazioni Unite. Fra queste, figura anche il capo della missione, il generale brasiliano Urano Bacellar.

 

In Colombia, l’esercito ha annunciato che almeno 15 paramilitari di destra sono rimasti uccisi durante scontri a fuoco avvenuti lunedì scorso nella provincia settentrionale di La Guajira. I combattimenti sono avvenuti poche ore dopo la decisione del governo di formare una commissione di indagine su traffici illeciti tra esponenti politici e i cosiddetti “Squadroni della morte”.

 

 

 

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