RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 13  - Testo della trasmissione di venerdì 13  gennaio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“L’essere al servizio della Santa Sede” comporta “prima di tutto una mentalità e uno stile di vita cristiano: così Benedetto XVI, nell’udienza di stamani ai Sediari Pontifici

 

Nessun reato consumato nei confini vaticani tra la morte di Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI, nonostante l’elevatissima affluenza di persone: la “circostanza straordinaria” in evidenza nella relazione inaugurale dell’Anno giudiziario vaticano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

‘Medici Senza Frontiere’ crea un fondo per le crisi dimenticate: intervista con Stefano Savi

 

Appello di Save the Children per i bambini del Darfur: ce ne parla Filippo Ungaro

 

Aperto ad Assisi il XX Seminario nazionale convocato dalla “Tavola della Pace” per celebrare i 10 anni di fondazione: con noi Flavio Lotti

 

Patrasso, capitale europea della cultura per il 2006: il ricordo del martirio di Sant’Andrea in questa città greca: interviste con Piero Coda e Nin Manel

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Turchia  riscontrate mutazioni nel virus dell’aviaria

 

La condizione degli anziani è la prima emergenza sociale in Italia: lo ribadisce l'Osservatorio della terza età

 

Il presidente Ciampi ha inaugurato a Palermo una Piazza in memoria dei giudici vittime della mafia

 

Da domenica prossima una delegazione CEI sarà in Australia, in vista della Giornata Mondiale della Gioventù che porterà i giovani a Sydney dal 15 al 20 luglio 2008

 

Musica classica per diminuire stress e comportamenti antisociali sulla 'tube' è il sistema sperimentato con successo in una stazione metropolitana di Londra

 

24 ORE NEL MONDO:

La Mecca il giorno dopo la tragedia: oltre 300 i fedeli musulmani morti nella calca durante il pellegrinaggio annuale

 

L’Iran non si piega e andrà avanti con il suo programma nucleare

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 gennaio 2006

 

 

“L’ESSERE AL SERVIZIO DELLA SANTA SEDE” COMPORTA

“PRIMA DI TUTTO UNA MENTALITÀ E UNO STILE DI VITA CRISTIANO:

COSI’ BENEDETTO XVI, NELL’UDIENZA DI STAMANI AI SEDIARI PONTIFICI

 

Una mansione antica, evoluta nei secoli secondo diverse modalità, ma che mantiene sempre un legame strettissimo con il Successore di Pietro: così Benedetto XVI ha descritto l’opera dei Sediari Pontifici, che stamani sono stati ricevuti dal Papa in udienza nella Sala del Concistoro. Il Papa li ha ringraziati per il loro servizio, svolto sempre con “solerzia, cortesia e discrezione”. Sull’incontro di stamani, ci riferisce Alessandro Gisotti:

 

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“L’essere al servizio della Santa Sede” comporta “prima di tutto una mentalità e uno stile di vita cristiano”: è il richiamo di Benedetto XVI che nell’udienza ai Sediari Pontifici ha ricordato come “la stessa denominazione” indichi che il loro “è un compito da sempre legato alla Sede di Pietro”. Del Collegio dei Sediari si ha, infatti, notizia fin dal secolo XIV:

 

“Tutto questo, cari amici, deve portarvi a vedere nella vostra attività, al di là dei suoi aspetti transitori e caduchi, il valore del legame con la  Sede di Pietro. Il vostro lavoro, pertanto, si inserisce in un contesto dove tutto deve parlare a tutti della Chiesa di Cristo, e deve farlo in modo coerente, imitando Colui che “non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.

 

“In quest’ottica – ha aggiunto il Papa – vanno viste le recenti riforme attuate dai miei venerati Predecessori, in particolare dal Papa Paolo VI, cui spettò l’attuazione delle nuove istanze conciliari”. In particolare, ha ricordato, per quanto riguarda il cerimoniale, che è stato semplificato per ricondurlo a una “maggiore sobrietà, meglio intonata al messaggio cristiano e alle esigenze dei tempi”.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Santo Padre questa mattina ha ricevuto in successive udienze anche il cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; mons. Salvatore Fisichella, vescovo tit. di Voghenza, ausiliare di Roma, Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense; don Pascual Chávez Villanueva, Rettore Maggiore dei Salesiani.

 

Questo pomeriggio il Papa riceverà in udienza l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, e il padre benedettino dom Edmund Power, abate dell’Abbazia di San Paolo fuori le Mura. 

 

 

NESSUN REATO CONSUMATO NEI CONFINI VATICANI TRA LA MORTE

DI GIOVANNI PAOLO II E L’ELEZIONE DI BENEDETTO XVI, NONOSTANTE L’ELEVATISSIMA AFFLUENZA DI PERSONE: LA “CIRCOSTANZA STRAORDINARIA”

IN EVIDENZA NELLA RELAZIONE INAUGURALE DELL’ANNO GIUDIZIARIO VATICANO

 

“Un apparato giudiziario agile ed armonico nella sua organicità, in grado di amministrare una giustizia sempre equa, tempestiva ed autorevole”. E’ l’obiettivo ideale verso il quale tende la magistratura vaticana, obiettivo enunciato questa mattina dal promotore di giustizia, l’avv. Nicola Picardi, nel suo intervento inaugurale dell’Anno giudiziario vaticano.  Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e alcune alte personalità istituzionali e giudiziarie della Repubblica italiana. Sul contenuto della relazione, il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Milioni di persone in arrivo e in partenza, concentrate in pochi giorni e in pochi spazi. La situazione ideale per commettere scippi o borseggi. Eppure nemmeno un caso del genere si è verificato tra il 2 aprile, giorno della morte di Giovanni Paolo II, e il 24, data d’inizio solenne del Pontificato di Benedetto XVI. Una circostanza straordinaria che è valsa l’apertura della lunga relazione inaugurale del nuovo Anno giudiziario vaticano tenuta dal promotore di giustizia, l’avv. Nicola Picardi:

 

La circostanza è ancora più eccezionale perché l’esperienza ci ha insegnato che il numero delle denunce, e quindi dei rapporti di Polizia Giudiziaria, aumentano in progressione geometrica nei periodi di maggiore affluenza di pellegrini e turisti e, nelle due circostanze sopra ricordate, vi è stata una affluenza straordinaria stimata in almeno sei milioni di persone”.

 

Un paragone tanto più evidente se lo si confronta con i 149 rapporti da parte della Polizia giudiziaria stilati invece nel 2004.

 

Prima di fornire il consueto ventaglio di cifre e di dati percentuali sull’attività del Tribunale, il promotore di giustizia ha voluto mette in evidenza due altre novità del 2005. La prima relativa alla riedizione dell’Ordinamento giuridico dello Stato vaticano, redatto nel 1932 da Federico Cammeo e da tempo introvabile, definito “un testo tuttora fondamentale per gli studiosi e i professionisti che sono chiamati ad applicare il diritto vaticano”. La seconda novità ha riguardato l’attenzione dedicata a livello accademico al sistema giudiziario vaticano, che ha visto coinvolte in tempi ed iniziative diverse l’Università di San Paolo del Brasile, quella cattolica “Pàzmàny Peter” di Budapest e quella cattolica di Lublino, da poco intitolata a Papa Wojtyla. Occasioni, ha rilevato l’avv. Picardi, che hanno fornito al sistema-giustizia pontificio “un notevole incremento del prestigio internazionale”.

 

Lo stesso Picardi è poi passato ad illustrare l’attività del 2005, comparandola con i dati del passato. Nel corso dell'anno, ha riferito, sono stati affrontati e smaltiti 486 procedimenti civili (tra il Giudice Unico, il Tribunale e il Promotore di Giustizia) e 472 procedimenti penali. Raffrontando il totale dei contenziosi con il numero degli abitanti effettivamente residenti nello Stato della Città del Vaticano (492) risulta ovviamente un rapporto altissimo che sfiora il 100%. Ma il promotore di giustizia ha spiegato che questo dato non dipende tanto da una “maggiore litigiosità degli abitanti vaticani” – peraltro implicati in “numero esiguo” in cause penali - quanto piuttosto dal fatto che il Vaticano con la Basilica di San Pietro e i Musei è meta continua di turisti e pellegrini, tra le cui file si consuma la maggior parte della tipologia dei reati registrati nell’anno: furti, soprattutto, e poi appropriazioni indebite, truffe, falsi e peculati. L’avv. Picardi ha notato con soddisfazione che il potenziamento degli organici del tribunale e degli uffici annessi, pur smaltendo la quasi totalità dei procedimenti, mostra qualche problema sui tempi di risoluzione “ancora troppo lunghi”. Il motivo va ricercato nella complessità di alcune procedure e dal loro carattere transnazionale. Tuttavia, se la media nel 2004 davanti al Tribunale era di 466 giorni, nel 2005 è scesa a 121 giorni, mentre le istruttorie presso il promotore di giustizia che richiedevano in media 276 giorni oggi ne durano 145.

 

Il promotore di giustizia ha quindi concluso la relazione auspicando una redistribuzione dei carichi di lavoro, con la nomina di un giudice aggiunto e il potenziamento dell’istituto del Giudice unico, tali da ottimizzare il lavoro della magistratura vaticana. Ha anche invitato a completare l’opera di ammodernamento dei Tribunali implementandone, tra l’altro, il comparto statistico, sul modello del Cantone di Zurigo, che pubblica annualmente quella che l’avv. Picardi ha definito “una delle più complete ed elaborate raccolte europee di dati statistici sulla giustizia”. Infine, l’alto magistrato vaticano è tornato a chiedere la possibilità di adesione dello Stato vaticano all’Accordo di Schengen allo scopo di perfezionare “le misure a tutela della sicurezza”, in un’epoca segnata dal terrorismo internazionale.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il tema del nucleare: l’Unione Europea chiede il deferimento dell’Iran al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Sempre in prima, un articolo di Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi cattolici italiani, dal titolo “Riconoscere le convivenze? Le scorciatoie delle provocazioni”.

 

Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai Sediari Pontifici.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede alla riunione preparatoria della Conferenza d’Esame (a New York) sull’attuazione del piano d’azione per prevenire, combattere e sradicare il traffico illecito delle armi leggere e di piccolo calibro.

 

Servizio culturale - Un articolo di Francesco Buranelli e di Giandomenico Spinola dal titolo “... questo è il Laocoonte di cui fa menzione Plinio”: il 14 gennaio 1506 il famoso gruppo marmoreo viene trovato in una vigna nei pressi di Santa Maria Maggiore.

 

Servizio italiano - In primo piano l’Unipol.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 gennaio 2006

 

 

LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, LA CECENIA E HAITI

TRA I PAESI ELENCATI NEL RAPPORTO ANNUALE DI MEDICI SENZA FRONTIERE

SULLE CRISI IGNORATE DALL’OPINIONE PUBBLICA.

E PER SOSTENERE LE EMERGENZE DIMENTICATE NASCE UN FONDO

- Intervista con Stefano Savi -

 

L’emergenza sanitaria nella Repubblica Democratica del Congo, il conflitto in Cecenia, i morti di Haiti: sono alcune delle questioni umanitarie che Medici Senza Frontiere elenca nel rapporto annuale sulle crisi dimenticate. Il rapporto analizza in particolar modo l’attenzione riservata dai media a queste problematiche. Tiziana Campisi ha chiesto al direttore generale di Medici Senza Frontiere Stefano Savi quali dati emergono da questo documento:

 

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R. – Il dato più eclatante è che il pubblico, soprattutto per quanto riguarda il pubblico italiano, è disinformato rispetto a quello che accade nel mondo, rispetto ad emergenze che non sono mediatizzate. Per cui mette in risalto come i media televisivi italiani non prestino sufficientemente attenzione alle crisi a livello internazionale. Per cui, dà uno spaccato di come il pubblico italiano riceve informazioni esclusivamente dove ci sono, magari, interessi diversi da quelli – diciamo – più umanitari che per noi sono importanti, come organizzazione medica sanitaria.

 

D. – Vogliamo elencare queste ‘crisi dimenticate’?

 

R. – PerMedici Senza Frontiere’, c’è sicuramente la Repubblica Democratica del Congo: in questi ultimi dieci anni, ci sono stati quasi – se non oltre – tre milioni di morti, dovuti alle diverse guerre che ci sono state. La Cecenia: la Cecenia è un altro conflitto che abbiamo un po’ dimenticato. C’è un popolo che sta cercando una propria strada di sopravvivenza: Haiti, anche se è una crisi abbastanza centrata sulla capitale Port-au-Prince, perché ci sono degli scontri importanti. Anche lì la popolazione ha subito e subisce comunque un livello di violenza molto, molto forte. L’AIDS, perMedici Senza frontiere’, è una crisi dimenticata perché è una pandemia a livello mondiale, è una malattia che sta mietendo un numero altissimo di vittime …

 

D. – Per quale motivo queste problematiche restano nell’oblio?

 

R. – Mi sembra che ci sia una volontà di spostare la responsabilità su un pubblico che non è interessato. Siccome il pubblico non è interessato, di conseguenza la televisione non fa nulla per interessarlo, per cui risponde ai bisogni del pubblico. Personalmente, ritengo che sia un ruolo dei media, e specificatamente delle televisioni, di educare, anche, il pubblico ad interessarsi a queste tematiche, per cui dovrebbero essere le televisioni a fare uno sforzo per creare questa cultura su quello che succede nel mondo al di là delle crisi molto appariscenti come l’Iraq o come lo tsunami o come altre crisi.

 

D. –Medici Senza Frontiere’ ha istituito un fondo per le emergenze: come funziona, questo fondo?

 

R. – Piuttosto che lanciare una raccolta fondi – non so – per il terremoto il Pakistan, per cui tutti versano i soldi con la causale: ‘Per il terremoto in Pakistan’, e poi noi ci ritroviamo nella condizione che i progetti che abbiamo in corso necessitano una quantità di fondi minori di quelli ricevuti; abbiamo pensato di istituire un ‘fondo emergenze’, per cui il pubblico, quando versa i soldi per il Pakistan li versa in questo ‘fondo emergenze’, senza dovere ogni volta richiedere al pubblico: ‘Per favore, autorizzateci a spendere questi soldi anche su altre emergenze, che sono meno visibili’, automaticamente da questo fondo ‘Medici Senza Frontiere’ può attingere per coprire tutte quelle crisi che sono dimenticate, che non essendo ‘mediatizzate’, quindi non essendo di accesso al pubblico, non sono neanche di accesso alla solidarietà del pubblico verso queste popolazioni!

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APPELLO DI SAVE THE CHILDREN PER I BAMBINI DEL DARFUR

- Intervista con Filippo Ungano -

 

Nel 2006 il Sudan sarà il Paese più bisognoso di aiuti umanitari. Ad affermarlo è Save the Children, che da anni si occupa della difesa e della promozione nel mondo dei diritti dei bambini. L’organizzazione lancia un ulteriore appello a favore dei piccoli del Darfur, la martoriata regione sudanese da anni in preda ad un sanguinoso conflitto interetnico e dove Save the Children è presente dal 1989. "Dobbiamo impedire - si sottolinea in un comunicato - che una generazione di bambini cresca avendo conosciuto solo paura, intimidazioni, tragici livelli di povertà”. Della situazione in Darfur - sulla quale oggi al Palazzo di Vetro di New York riferirà anche Jan Pronk, inviato speciale del segretario generale Kofi Annan - ci parla Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children-Italia, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Ad un anno dalla pace in Sudan, avvenuta nel gennaio 2005, la situazione nel Paese e in particolare nel Darfur, per quanto riguarda soprattutto i bambini, continua purtroppo a rimanere drammatica. Save the Children pensa addirittura che stia peggiorando di giorno in giorno. Oltre un milione e mezzo sono gli sfollati in tutta la regione e un terzo di questi sono bambini, che continuano a vivere nei campi profughi in situazione di piena indigenza. Quelli che restano nei villaggi sono poi soggetti ad attacchi da parte dei miliziani armati. Tantissimi bambini e le loro famiglie vivono in condizioni igienico-sanitarie assolutamente precarie e quindi scoppiano pericolose epidemie; c’è inoltre un alto tasso di malnutrizione soprattutto per quanto riguarda i più piccoli. Tutti questi elementi, cioè la malnutrizione e le malattie, combinati insieme, possono essere fatali per i bambini. Noi abbiamo allestito, in alcuni campi di rifugiati, 23 centri con degli spazi di gioco, con attività para-scolastiche, inoltre distribuiamo cibo e abbiamo istituito cliniche per l’assistenza sanitaria ai bambini e alle loro famiglie.

 

D. – Perché si prevede che il Sudan nel 2006 sarà il Paese più bisognoso di aiuti?

 

R. – Purtroppo la comunità internazionale ha abbandonato quasi del tutto il Sudan: basti pensare che nel 2005 i governi nazionali hanno inviato fondi pari ad appena il 56 per cento di quanto richiesto dalle Nazioni Unite in termini di aiuti umanitari. Mancano all’appello circa 870 milioni di dollari. Noi sappiamo che in seguito alla tregua in Darfur, l’Unione Africana è stata investita di un mandato di peace keeping, ma purtroppo ancora oggi l’UA - che dovrebbe controllare e garantire la sicurezza degli abitanti - non ha le risorse né finanziarie né di personale per poter svolgere tale compito.

 

D. – La crisi, poi, non riguarda soltanto il Darfur ma anche altre zone del Sudan…

 

R. – Nonostante la pace dello scorso anno, in altre aree del Sudan le violenze e le violazioni della tregua e della pace continuano ad essere frequentissime. L’anno scorso Save the Children ha perso 4 operatori umanitari. Oltre quindi all’attentato alle vite degli operatori, il fatto di non poter lavorare in alcune zone comporta un grave danno per i più bisognosi, cioè quelle popolazioni che devono essere aiutate e che spesso dipendono interamente dagli aiuti esterni. Save the Children chiede quindi alla comunità internazionale di tornare ad occuparsi del Sudan, sia in termini finanziari sia di interesse politico e diplomatico, per cercare di risolvere in maniera definitiva la crisi che riguarda l’intero Paese e in particolar modo il Darfur.

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APERTO AD ASSISI IL XX SEMINARIO NAZIONALE CONVOCATO

DALLA “TAVOLA DELLA PACE” PER CELEBRARE I 10 ANNI DI FONDAZIONE

- Intervista con Flavio Lotti -

 

Si è aperto  questa mattina ad Assisi, nel Sacro Convento di San Francesco, il XX Seminario nazionale convocato dalla “Tavola della Pace” per celebrare i suoi dieci anni. Partecipano rappresentanti di organizzazioni della società civile, di Enti locali e del mondo dell’informazione e della politica. Ce ne parla da Assisi Francesca Smacchia:

 

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“Non c’è pace senza una politica di pace”: questo il titolo del convegno iniziato con l’invito di mons. Sergio Goretti, vescovo di Assisi, Nocera Umbra e Gualdo Tadino, a seguire l’ideale di non violenza di San Francesco, uomo evangelico ed operatore di pace.

 

In una situazione interna ed internazionale sempre più difficile ed incerta, questo incontro rappresenta l’occasione per riflettere su un impegno che ogni giorno diventa più esigente: la pace come condizione essenziale che dev’essere sostenuta da tutti, in modo globale, promuovendo una cultura di pace fondata sul rispetto e la promozione dei diritti umani.

 

“Ad Assisi – ha dichiarato Flavio Lotti, coordinatore nazionale della ‘Tavola della Pace’ – intendiamo riscoprire le radici e riconfermare le ragioni del comune impegno di pace”.

 

Francesca Smacchia, per la Radio Vaticana, Assisi.

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Ma quali sono le richieste della Tavola della Pace  alle forze politiche? Ascoltiamo lo stesso Flavio Lotti:

 

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R. – Di mettere la lotta alla miseria al primo posto dei propri programmi. Secondo, di escludere la guerra dagli strumenti della politica e di impegnarsi attivamente, come ha chiesto anche Benedetto XVI, per una concreta risoluzione dei conflitti e per il disarmo. Terzo, un serio impegno per la democratizzazione e il rafforzamento dell’ONU. Quarto punto, la promozione di un’informazione, di una comunicazione di pace.

 

D. – Quali sono le responsabilità dei costruttori di pace, oggi?

 

R. – Bisogna riconoscere che la pace è una responsabilità di tutti. Vorremmo rilanciare da Assisi quel grande appello che Giovanni Paolo II lanciò dalla Basilica di San Francesco il 24 gennaio 2002: violenza, guerra e terrorismo non sono mai una soluzione. Lo dobbiamo ricordare a partire da una scelta personale e poi anche da una assunzione di responsabilità collettiva.     

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PATRASSO, CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA PER IL 2006:

IL RICORDO DEL MARTIRIO DI SANT’ANDREA IN QUESTA CITTÀ GRECA

- Interviste con Piero Coda e Nin Manel -

 

Viene inaugurata oggi ufficialmente la nomina voluta dalla Commissione europea, di Patrasso a capitale Europea della cultura del 2006. E durante quest’anno ricco di eventi culturali, il mese di novembre sarà dedicato attraverso una serie di concerti conferenze e mostre ispirate a temi religiosi, alla figura di Sant’Andrea apostolo martirizzato nella città greca intorno all’ anno 60 proprio un 30 novembre. Marina Tomarro ha intervistato mons. Piero Coda teologo presso la Pontificia Università Lateranense di Roma, sulla figura di questo santo.

 

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R. – Sant’Andrea, nella tradizione soprattutto della Chiesa ortodossa, è chiamato il “protocleto”, cioè il primo chiamato, perché come ci narra l’evangelista Giovanni, al primo capitolo del suo Vangelo, con un altro discepolo del Battista che molto probabilmente è appunto lo stesso evangelista Giovanni, Andrea è il primo ad essere chiamato da Gesù a seguirlo. E subito Andrea va da suo fratello Simone e lo porta a Gesù. Gesù darà appunto, in quell’occasione, a Simone il nome di Cefa, cioè di Pietro. Andrea è ricordato poi nei Vangeli ancora una volta quando con l’apostolo Filippo si fa mediatore presso Gesù della richiesta di alcuni greci che vogliono incontrare Gesù. Poi, nella tradizione, si racconta che nel 38 d.C. egli avrebbe fondato la Chiesa di Bisanzio, quella che poi nel 330 diventerà la capitale, con il nome di Costantinopoli, dell’Impero Romano d’Oriente. Andrea avrebbe evangelizzato in Asia Minore, nella Russia meridionale ed, infine, sarebbe stato martirizzato appunto a Patrasso, appeso a testa in giù ad una croce a forma di “x”, da cui poi il nome di Croce di Sant’Andrea.

 

D. – Ecco, ma quanto è importante oggi, proprio in Grecia, il culto di questo apostolo?

 

R. – E’ molto importante appunto perché questa veneranda tradizione vede in Andrea il primo della lunga serie di vescovi e poi arcivescovi e patriarchi che staranno sulla sede del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Quindi, rappresenta, come dire, il protettore e l’anima ispiratrice di tutta la Chiesa ortodossa di Oriente. E il fatto stesso che sia stato martirizzato a Patrasso, quindi in terra di Grecia, fa di quel sangue il seme del cristianesimo in queste terre della Grecia. Quindi, in questo senso si riconosce in lui l’ispiratore, il protettore di questa grande tradizione della Chiesa d’Oriente.

 

Sant’Andrea è dunque considerato un ponte tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa: ascoltiamo Nin Manel, rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma:

 

R. – La figura dell’apostolo Andrea nella parte bizantina e la figura dell’apostolo Pietro da parte di Roma sottolineano la dimensione apostolica di queste due Chiese. E’ bene ricordare che ogni anno nella festa di San Pietro e Paolo una delegazione della Chiesa di Costantinopoli va a Roma e il 30 novembre, festa liturgica di Sant’Andrea, una delegazione romana va a Costantinopoli. Quindi, c‘è uno scambio di auguri per le feste patronali. Questa dimensione apostolica crea anche un ponte ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse bizantine.

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CHIESA E SOCIETA’

13 gennaio 2006

 

IN TURCHIA,  RISCONTRATE MUTAZIONI NEL VIRUS DELL’AVIARIA. LA RILEVAZIONE,

 EFFETTUATA IN UNO DEI DUE CASI MORTALI, FAREBBE PENSARE AD UNA EVOLUZIONE DEL VIRUS ANCHE SE LE PICCOLE MUTAZIONI NON SONO ANCORA SUFFICIENTI PER PARLARE DI RISCHI DI RAPIDA DIFFUSIONE TRA GLI UOMINI

 

LONDRA. = Gli scienziati britannici del Medical Research Council (MRC) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), secondo fonti giornalistiche,  hanno rivelato, in base a uno studio effettuato sul ceppo H5N1,  piccole mutazioni. Ma i  ricercatori dell’Istituto nazionale per la Ricerca medica dell’MRC hanno sottolineato che le mutazioni analizzate non sono sufficienti per pensare ad un’epidemia di rapida diffusione tra gli uomini. In Turchia, i casi di contagio accertati sono 18, di cui 3 i decessi. Inoltre, risulterebbe che 11 delle 81 province turche avrebbero pollame affetto dall’influenza aviaria, mentre altre 14 sarebbero solo sospettate di essere portatrici del virus. OMS e UE sono in allerta, anche se quest’ultima non intende innalzare il livello di allarme già fissato dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità. Il ministro dell’agricoltura austriaco, Josef Proell, il cui Paese detiene dall’inizio del nuovo anno la presidenza dell’UE, ha dichiarato che “verrà adottata ogni misura a tempo opportuno”. In effetti - precisano gli esperti -  ancora non c’è stato alcun caso di contagio da uomo a uomo. In Italia, è prevista per oggi  la riunione dell’Unità di crisi annunciata nei giorni scorsi. Questo gruppo, secondo un decreto firmato dallo stesso ministro della Salute Storace, ha il compito di pianificare e organizzare i possibili interventi, nel caso in cui compaiano focolai di influenza aviaria. Dall’Italia, arriva anche l’appello del segretario nazionale del Codacons, Francesco Tanasi, affinchè vengano vietati i viaggi in Turchia. In ogni caso, l’Associazione per i consumatori propone un aumento della vigilanza alle frontiere. Da parte sua, la compagnia aerea russa, la Bashkir Airlines, fa sospendere per un mese i voli con la Turchia. (A. E.)

 

 

La condizione degli anziani e’ la prima emergenza sociale in Italia:

lo ribadisce  l'Osservatorio della Terza Età sottolineando

la sollecitazione di Benedetto XVI

a ''restare al fianco di chi soffre e degli anziani''

 

ROMA. = La vecchiaia è la prima emergenza sociale in Italia e per questo l'Osservatorio della Terza Età condivide la sollecitazione di Benedetto XVI a ''restare al fianco di chi soffre e degli anziani''. In Italia, vi sono 7,2 milioni di disabili, parzialmente o completamente, in maggioranza anziani (oltre il 97%). Le persone con disabilità grave sono 2,6 milioni, pari al 4,8% della popolazione italiana. A queste bisogna aggiungere altri 4,6 milioni con deficit parziali e 234 mila ospiti dei presidi residenziali. ''I dati - dichiara Roberto Messina, segretario generale dell'Osservatorio della Terza Età - ci dicono che siamo di fronte ad una vera e propria emergenza sociale. Il disagio economico cresce con l'età e il sistema non offre correttivi. Le menomazioni fisiche si accoppiano nella stragrande maggioranza dei casi al binomio anziani-solitudine. Un ''problema reale'' che si aggrava di anno in anno, considerando che l'invecchiamento della popolazione porterà a un marcato aumento di tali situazioni. Ai problemi fisici, poi, si associano spesso quelli della povertà, che dilaga tra gli anziani. Secondo l'OTE (fonte ISTAT) la mancanza di un reddito sufficiente per vivere (919 euro al mese pro capite) investe soprattutto gli over 65enni. Nel 2004, il 15,1% delle famiglie di pensionati si è attestato sotto la soglia di povertà. Degli oltre 16 milioni di pensionati, circa il 60% vive con un reddito inferiore ai 1.000 euro al mese. In realtà, la maggioranza dei pensionati è ben al di sotto da questa soglia: il 9,5%, circa un milione e 500 mila persone, vive con una pensione di 250 euro. Solo il 7,8% del totale raggiunge l'importo compreso tra i 750 e 1.000 euro.

 

 

FORTE PRESENZA DELLO STATO E BUONGOVERNO, LE ARMI PER SCONFIGGERE

 LA MAFIA. LO HA DETTO IL PRESIDENTE ITALIANO,

CIAMPI, IN VISITA A PALERMO

- A cura di Alessandra Zaffiro -

 

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PALERMO. = La visita di Carlo Azeglio Ciampi in Sicilia si chiude oggi a Palermo dove il capo dello Stato ha inaugurato la “Piazza della Memoria”, nella quale si trova un’architettonica scala su cui sono incisi nella pietra i nomi di undici magistrati uccisi da “Cosa Nostra”. La piazza, che si trova tra il vecchio Palazzo di Giustizia e gli uffici della nuova Cittadella giudiziaria, è stata inaugurata da Ciampi. Giunto a Palermo con la signora Franca, il capo dello Stato è stato circondato da una grande folla, che ha voluto salutare la coppia presidenziale. “Quanto più lo Stato è presente – ha detto Ciampi – tanto più debole è la mafia. Prima di tutto, ci vuole il buongoverno, secondo: la collaborazione di tutti i cittadini, terzo: ci vuole il sostegno alla magistratura e alle forze dell’ordine. Questo è un punto che qui a Palermo e in tutta la Sicilia si avverte in tutta la sua importanza. La Sicilia dev’essere la prima regione d’Italia ad uscire dal ristagno e a crescere, perché anche quella è una componente importante per la lotta alla criminalità: ci vuole la crescita e lo sviluppo – ha concluso Ciampi prima di lasciare Palermo. “I tanti giovani preparati dell’isola, che non hanno un’occupazione, sono una forza e una potenzialità da utilizzare. Se sapremo utilizzarle – come ritengo si possa e si debba – la crescita può riprendere da questa terra”.

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Da domenica prossima, una delegazione cei sara’ in australia,

in vista della Giornata mondiale della Gioventù

che porterà i giovani a Sydney dal 15 al 20 luglio 2008

 

SYDNEY. = Inizierà domenica prossima il lavoro di preparazione alla prossima Giornata mondiale della Gioventù, che porterà tra gli altri i giovani italiani a Sydney dal 15 al 20 luglio 2008.  Una delegazione del Servizio nazionale CEI per la pastorale giovanile (Snpg) partirà infatti domenica 15 da Roma per l’Australia.  In un'intervista al Sir, il direttore mons. Paolo Giulietti spiega che si vuole ''prendere contatto con la realtà australiana, anche se manca ancora molto tempo”. Ci saranno incontri con i missionari e le comunità di italiani che vivono lì, con i vari consolati e rappresentanze italiane sul posto. Mons Giulietti sottolinea che si tratta di avviare contatti ma anche di mettere in comune esperienze precedenti: ''Cercheremo di comunicare la bellezza e le potenzialità di un evento come la GMG, - afferma - la necessità dell'accoglienza. Da Colonia, abbiamo appreso che se si vogliono dei frutti bisogna prepararsi sia a livello logistico che pastorale''. Tra le iniziative previste, c’è quella di gemellaggi tra comunità ecclesiali. E c’è poi l’idea di organizzare un soggiorno anche più ampio rispetto ai giorni della GMG e per questo è fondamentale una collaborazione per tempo con il Comitato organizzatore australiano. La delegazione italiana, composta anche da rappresentanti della Fondazione CEI Migrantes, partirà il 15 e farà ritorno il 31 gennaio. (F.S.)

 

 

MUSICA CLASSICA PER diminuire stress e comportamenti antisociali

sulla 'tube': IL SISTEMA SPERIMENTATO CON SUCCESSO

IN UNA STAZIONE METROPOLITANA DI LONDRA VERRA’ APPLICATO

IN altre zone “difficili”

 

LONDRA. = Vivaldi e Mozart per calmare gli animi di qualche hooligan esagitato: è il piano della metropolitana di Londra, che prevede l'uso delle rilassanti composizioni con l'intento di diminuire lo stress e contrastare i comportamenti antisociali sulla tube. Alla stazione di Elm Park (est di Londra) il sistema è stato sperimentato, e secondo la London Underground (LU, l'azienda che sovrintende al funzionamento della metropolitana) il numero degli incidenti legati a comportamenti violenti o aggressivi è calato drasticamente. La musica viene diffusa con l'uso di file mp3 programmati ad hoc, e la selezione musicale dovrebbe variare a seconda della stazione. L'intera operazione, che secondo la LU dovrebbe costare attorno ai 37.000 euro, mira a ''migliorare l'ambiente delle stazioni''. Le prossime stazioni ad avere la musica classica saranno tutte in zone “difficili”, in larga parte nell'est di Londra. Tra le proposte musicali, il Concerto per due mandolini in Do di Vivaldi, il Requiem di Verdi, la Boheme di Puccini e l'Ave Verum Corpus di Mozart. (F.S.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 gennaio 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

        

L’Iran “continuerà sicuramente nel suo programma nucleare”. E’ quanto ribadito oggi dal presidente iraniano Ahmadinejad, dopo che i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Gran Bretagna con l'Alto rappresentante europeo per la politica di sicurezza, Solana, ieri a Berlino hanno deciso di chiedere il rinvio del caso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il nostro servizio:

 

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Questa soluzione non fa paura a Teheran che passa al contrattacco. “Nel caso che un dossier venga inviato al Consiglio di Sicurezza - ha ricordato il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki - saremo obbligati a porre fine a tutte le misure volontarie di cooperazione” con i Paesi europei e con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Il carattere obbligatorio di questa scelta – ha precisato – deriva da una recente legge del parlamento iraniano, che, proprio in caso di deferimento all’ONU, impone al Paese di sottrarsi ai controlli speciali e di riprendere le sue attività nucleari. Dopo due anni e mezzo di negoziati, la situazione sembra dunque arenarsi. Ma nessuno si è sbilanciato sulla natura delle sanzioni alla Repubblica islamica, che dipende solo dall’ONU. Il ministro degli Esteri britannico, Straw, oggi ha ribadito che nessuno sta pensando ad un intervento militare per ridimensionare le ambizioni nucleari di Teheran. Un’opzione, questa, che ieri era stata scartata, tra gli altri, anche dal segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Per gli europei, il prossimo passo sarà di chiedere, forse già per la prossima settimana, una riunione straordinaria al Consiglio dei governatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica per confermare le violazioni iraniane. Ma sulla strada verso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU c’è ancora tanto da fare. Russia e Cina ad esempio ricoprono una posizione fondamentale, visto che hanno il diritto di veto in sede ONU. Dalle dichiarazioni delle scorse ore sembra però confermata una sostanziale sintonia con le posizioni occidentali. Ieri il ministro degli Esteri russo, Lavrov, aveva infatti avvertito delle difficoltà per Mosca di continuare sulla strada negoziale. Il passo veramente decisivo sarà allora, gia lunedì prossimo, quando - secondo il nuovo annuncio di oggi - a Londra i rappresentanti dei Paesi europei incontreranno i colleghi cinesi, russi e statunitensi.

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Si ripete il dramma alla Mecca, città santa dei musulmani. Ieri, nell’annuale passaggio davanti alle icone di Satana, 345 pellegrini hanno perso la vita nella calca. Altre 300 persone circa sono rimaste ferite. In seguito a questo nuovo incidente le autorità saudite hanno deciso di adottare particolari misure di sicurezza. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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E’ sembrato di vedere nuovamente un tragico film, ma nulla si è potuto fare per arginare la folla immane – circa 2 milioni di persone – che si muoveva impazzita. Probabilmente a scatenare il caos sarebbero stati alcuni bagagli caduti, da un autobus in movimento, sulla gente che di corsa cercava di raggiungere i tre pilastri che simboleggiano il male e che si trovano a Mina, vicino La Mecca. Si tratta di uno dei cinque precetti che ogni musulmano deve compiere almeno una volta nella vita. La tragica ressa si è venuta a creare sul ponte Jamarat, all'ingresso orientale dello spiazzo delle icone, dove da mezzogiorno al tramonto i pellegrini possono lanciare pietre contro i simboli del diavolo, così come – secondo i testi sacri – fece Abramo per scacciare il demonio che lo tentava. Grande difficoltà anche per gli addetti ai soccorsi che hanno dovuto attendere il parziale deflusso della folla per poter recuperare i corpi senza vita e i feriti. Già negli anni scorsi sono accadute tragedie del genere nei luoghi sacri dell’Islam della Mecca con decine di vittime ogni anno; addirittura 1500 i morti nel 1990. Dall'anno prossimo, il ponte – secondo quanto hanno riferito le autorità – dovrebbe essere sostituito con una più elaborata struttura a quattro livelli, con ingressi e uscite differenziati e una metropolitana, per un costo di oltre un miliardo di dollari. Una decisione purtroppo presa troppo in ritardo.

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Le condizioni del premier israeliano sono “molto preoccupanti”. Ad affermarlo è la radio israeliana, che cita fonti mediche. Sharon, in coma da nove giorni dopo un ictus e tre interventi chirurgici, non sta infatti riprendendo conoscenza, malgrado la riduzione sedativi. L’ultimo bollettino medico parlava di una situazione “grave ma stabile”, mentre si attende nel pomeriggio il prossimo pronunciamento dei medici. Sul piano politico ieri si è  avuto il primo colloquio telefonico tra il presidente americano Bush ed il vice-premier Ehud Olmert. Oggi, intanto, si è dimesso il ministro degli Esteri, Shalom.

 

Il petrolio, che ieri aveva superato i 65 dollari al barile, sul mercato di New York è tornato oggi sotto quota 64 dollari, a 63,75. Il greggio rimane comunque vicino ai massimi da tre mesi, spinto al rialzo soprattutto dalle preoccupazioni relative al programma nucleare dell'Iran. Effetto analogo è stato provocato anche dal calo della produzione in Nigeria, dove ieri è esploso un oleodotto della Shell.

 

Sempre incerta la situazione ad Haiti. Stamani, i soldati spagnoli del contingente delle Nazioni Unite, hanno sparato contro la folla inferocita, che tentava di attraversare la frontiera con la Repubblica Dominicana. Al momento non ci sono altri dettagli. Secondo la polizia locale, almeno un haitiano è rimasto ucciso. Secondo l’esercito haitiano le vittime sono invece due e sette persone sono rimaste ferite, fra cui due uomini della forza internazionale.

 

Dieci ribelli maoisti sono rimasti uccisi negli scontri con la polizia in Nepal, nella città di Chitre. Lo ha annunciato un portavoce del ministero della Difesa. I disordini hanno avuto origine dalla rottura del cessate il fuoco, inaugurato appena il 2 gennaio, da parte dei ribelli.

 

Nelle Filippine non ci sarà nessun colloquio e nessun accordo di pace con i ribelli. Lo hanno annunciato oggi i vertici militari del Paese, specificando che la volontà del governo di Manila è di sradicare completamente un movimento di guerriglia che da numerosi anni minaccia la sicurezza del Paese. I guerriglieri finora hanno provocato la morte di circa 40 mila persone e sono presenti in 69 provincie su 79, dove esigono la “tassa per la guerra rivoluzionaria”.

 

In Italia, come annunciato in questi giorni, il premier italiano, Berlusconi, ha deposto ieri sera alla procura di Roma sulla scalata di Unipol a BNL. Proprio in questi minuti, Berlusconi, parlando in televisione, ha spiegato che quattro esponenti della sinistra italiana hanno avuto incontri con il presidente di Generali, Bernheim, che deteneva un pacchetto di azioni BNL dell'8%. Per la stampa italiana questi incontri avevano lo scopo di convincere la società a vendere la loro quota in BNL. Il premier però non ha precisato i nomi dei DS coinvolti. “I giudici – ha affermato – mi hanno chiesto riservatezza”. Secondo indiscrezioni, la Procura di Roma avrebbe intenzione di sentire come testimoni le persone indicate Berlusconi nella sua deposizione.

 

Polemiche tra le forze politiche italiane dopo il voto trasversale di ieri con cui la Camera ha detto no all’amnistia e all’indulto. Sono stati infatti approvati due emendamenti soppressivi di AN e Lega, nel caso dell’amnistia con il voto favorevole anche di DS e Margherita. Il Senato ha invece approvato la legge sulla inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. E in questo caso è scontro frontale tra maggioranza e opposizione. Il servizio è di Giampiero Guadagni.

 

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Come era iniziata la legislatura si chiude, con un vero e proprio conflitto sullo spinoso tema della giustizia. Dunque, la Camera ha affossato definitivamente amnistia e indulto. Il provvedimento, licenziato il giorno prima dalla commissione Giustizia di Montecitorio, è stato ieri bocciato: per quanto riguarda l'amnistia, con soli otto voti di scarto; con una maggioranza più ampia nel caso dell’indulto. Il risultato è salutato con favore da Lega e AN, da sempre contrarie a concedere i provvedimenti di clemenza. Forza Italia e UDC si sono espresse a favore dell’amnistia e contro l’indulto. Nel centrosinistra, DS e Margherita hanno votato contro l’amnistia. E la “Rosa nel pugno”, l’alleanza tra radicali e socialisti, in prima linea a sostegno della proposta, ha duramente attaccato i nuovi alleati. Insomma una serie di veti incrociati che hanno generato confusione e reso impossibile quel gesto di clemenza sollecitato da Giovanni Paolo II nella sua storica visita a Montecitorio nel novembre 2002. Un esito scontato, ha commentato con amarezza il presiedente della Camera, Casini. Per il quale “sono stati illusi migliaia di detenuti e  c’è chi ha giocato con la vicenda per interessi politici che poco avevano a che fare con il problema”.

 

Voto trasversale a Montecitorio, a Palazzo Madama invece più tradizionale muro contro muro tra maggioranza e opposizione su un altro provvedimento ieri diventato legge: l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. In pratica è fatto divieto d’appello ai pm a fronte di una sentenza che al termine del giudizio di primo grado abbia stabilito l’assoluzione o il proscioglimento dell’imputato. Legge sacrosanta che tutela i diritti dei cittadini, secondo il centrodestra. Legge che tutela solo gli interessi del premier e di alcuni suoi alleati, secondo il centrosinistra. E il presidente della corte di Cassazione, Marvulli, si dice sbigottito per una legge che, sottolinea, distrugge la funzione assegnata alla Suprema Corte.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Il neo-cancelliere tedesco, Angela Merkel da ieri è a Washington e oggi, alla Casa Bianca, incontrerà il presidente americano Bush. Si tratta della prima visita ufficiale negli Stati Uniti da quando la Merkel ha assunto la guida del governo tedesco. L’incontro avviene dopo il superamento dei dissidi tra i due Paesi in tema di intervento militare in Iraq. Al centro degli incontri anche la situzione iraniana.

 

La Camera alta del Parlamento marocchino ha approvato il progetto di legge che modifica il Codice Penale. Già approvato dalla camera bassa, l’obiettivo del provvedimento è di rafforzare la protezione dei diritti umani attraverso l'armonizzazione con il diritto internazionale in materia. Presentando la riforma davanti al Parlamento, il ministro della Giustizia, Bouzoubaa, ha ribadito infatti che essa mira a permettere al Marocco di aderire ed applicare senza riserve una serie di convenzioni ed accordi internazionali, come ad esempio quello contro l'uso della tortura nei procedimenti giudiziari. Bouzoubaa ha poi ricordato che questa riforma fa parte delle iniziative intraprese dal governo per seguire le raccomandazioni dell’ ‘Istanza per l’Equità e la Riconciliazione’ (IER). L’organismo è stato creato da re Mohammed VI per esaminare le violazioni dei diritti umani avvenute nel Paese dall'indipendenza alla sua ascesa al trono.

 

Tragico incidente nel sud della Russia: 22 persone sono morte stamani quando l’autobus sul quale viaggiavano è stato investito da un treno. L’episodio è avvenuto nel distretto di Ust-Labinski, nella regione di Krasnadar, ad un passaggio a livello incustodito mentre in tutta la zona gravava una fitta nebbia. Secondo il ministero della Protezione Civile l’autobus trasportava una quarantina di operai che tornavano a casa dopo il lavoro notturno in fabbrica. Tra i morti figura anche l'autista, al quale è stata subito attribuita la responsabilità della tragedia. Almeno altri cinque altri operai restano in gravi condizioni.

 

 

 

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