RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 12 - Testo della
trasmissione di giovedì 12 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il viaggio
del cardinale Francis Arinze in Ciad: ce ne parla il porporato
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il presidente del Mozambico ha inaugurato
a Maputo il Vertice “Forum Africa”
Rilasciato in mattinata dal carcere di Istanbul, Alì
Agca torna in libertà
La comunità
internazionale si mobilita per l’influenza aviaria, mentre altri decessi si
registrano in Cina, Indonesia e Turchia
In Israele si aggravano le
condizioni di Sharon, nuovamente sotto sedativi
12 gennaio 2006
“UN
GRAVE ERRORE” PRIVILEGIARE SUSSIDI IN FAVORE DI UNIONI NON FONDATE
SUL
MATRIMONIO: LO HA DETTO BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA AGLI AMMINISTRATORI DELLA
REGIONE E DELLA PROVINCIA DEL LAZIO
E DEL
COMUNE DI ROMA.
IL
PAPA HA INVOCATO LA TUTELA DELLA VITA NASCENTE, DEGLI ANZIANI E DEI MALATI
Tutelare la famiglia fondata sul matrimonio, insieme alla
vita nascente, agli anziani e ai malati, senza attribuire riconoscimenti
giuridici ad altri tipi di unioni: è questo l’appello rivolto questa mattina da Benedetto XVI ai
responsabili della cosa pubblica della Regione Lazio, della Provincia e del
Comune di Roma, ricevuti in udienza nella Sala Clementina. Un discorso che ha
abbracciato molti degli aspetti civili e sociali della regione, nei suoi vari
gradi amministrativi. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Dirigere impegni e risorse verso altre forme di unione di
coppia o familiari non basate sul vincolo nuziale, a scapito della famiglia
legittimamente intesa “è un grave errore”. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha
indirizzato con chiarezza ai tre gradi dell’amministrazione del Lazio e della
città di Roma, nella tradizionale udienza di inizio d’anno. Nel ribadire
l’impegno pastorale che da tre anni la diocesi capitolina ha messo in campo in
favore della famiglia e dei figli, il Papa ha esortato le giunte regionale, provinciale
e comunale a rispettare le “verità elementari” che riguardano, ha detto, “la nostra
comune umanità”. Non si tratta, ha osservato, di “norme peculiari della morale cattolica”, ma di valori il cui rispetto “è essenziale per
il bene della persona e della società”:
“Da una parte, sono
quanto mai opportuni tutti quei provvedimenti che possono essere di sostegno
alle giovani coppie nel formare una famiglia e alla famiglia stessa nella generazione
ed educazione dei figli: al riguardo vengono subito
alla mente problemi come quelli dei costi degli alloggi, degli asili-nido e
delle scuole materne per i bambini più piccoli. Dall’altra parte, è un grave
errore oscurare il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul
matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici,
dei quali non vi è, in realtà, alcuna effettiva esigenza sociale”.
Benedetto XVI non si è fermato all’emergenza della
famiglia. Ha sottolineato e incoraggiato le amministrazioni sulla cura della
salute, in particolare dei malati psichici, chiedendo assistenza per le
famiglie di questi ultimi, e sulle condizioni degli immigrati. Ma prima di ogni
cosa, il Papa ha sollecitato i suoi interlocutori ad avere “attenzione e impegno”
a “tutela della vita umana nascente” e della terza età:
“Occorre aver cura
che non manchino di concreti aiuti le gestanti che si
trovano in condizioni di difficoltà ed evitare di introdurre farmaci che
nascondano in qualche modo la gravità dell’aborto, come scelta contro la vita.
In una società che invecchia diventano poi sempre più rilevanti l’assistenza
agli anziani e tutte le complesse problematiche attinenti alla cura della
salute dei cittadini”.
L’udienza alle rappresentanze della Regione Lazio, della
Provincia e del Comune di Roma – guidate rispettivamente da Pietro Marrazzo, Enrico Gasbarra e
Walter Veltroni – era iniziata con i loro saluti al
Papa, la descrizione delle maggiori iniziative normative e sociali in favore
dei cittadini e l’impegno a proseguire sulla strada della solidarietà e
dell’attenzione alle fasce più disagiate della popolazione. E non è mancato nei
loro interventi, così come nel discorso di Benedetto XVI, un accenno agli
eventi dell’aprile 2005 che hanno ridisegnato il volto della Chiesa:
“Le popolazioni di
Roma e del Lazio hanno mostrato con straordinaria e toccante evidenza, nei mesi della
malattia e della morte di Giovanni Paolo II, l’intensità della loro risposta di
amore all’amore del Papa. Desidero, nella presente circostanza, manifestare la
mia più viva gratitudine a voi, distinte Autorità, ed alle Istituzioni che
rappresentate per il grande contributo che avete saputo offrire all’accoglienza
di milioni di persone, convenute a Roma da ogni parte del mondo, per rendere
l’estremo saluto al compianto Pontefice e poi anche in occasione della mia
elezione alla Sede di Pietro”.
E proprio nel nome e nel ricordo di Giovanni Paolo II,
anche una nota di ilarità
ha attraversato la Sala Clementina quando, nel suo indirizzo di saluto al
Pontefice, il sindaco di Roma, Veltroni, ha ricordato
l’ormai celebre battuta di Papa Wojtyla ai sacerdoti
romani, pronunciata nel 2004 - Semo romani, volemose
bene, damose da fa:
“Quella esortazione che nel dialetto della terra a lei
cara, della sua Baviera, suonerebbe all’incirca “auf geht's, pack ma's!”, è il
nostro impegno per il bene di Roma, per il bene di ogni cittadino, nessuno
escluso, di questa meravigliosa città”.
Poco dopo, questa è stata la risposta di Benedetto XVI:
“Non
sapevo che il sindaco di Roma non solo parlasse romanesco, ma anche bavarese.
Purtroppo non sono in grado di rispondere. Da parte mia, per il prossimo anno,
imparerò qualche parola romanesca”.
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NELLA PRIMA UDIENZA AL CAMMINO NEOCATECUMENALE IL PAPA HA INVIATO
QUESTA MATTINA ALL’AULA
PAOLI VI OLTRE 200 FAMIGLIE IN MISSIONE
NELLE ZONE PIÙ SCRISTIANIZZATE DEL MONDO
Benedetto XVI ha inviato questa mattina nell’Aula Paolo VI
duecento famiglie in missione in alcune delle zone più scristianizzate del
mondo nel corso della prima udienza concessa dal Papa al Cammino Neocatecumenale. Questa esperienza di iniziazione cristiana
è presente in più di 900 diocesi del mondo, con oltre 20.000 comunità in 6.000
parrocchie.
All’udienza hanno partecipato 5 cardinali e 30 vescovi,
insieme a più di 1100 presbiteri missionari formati nei 63 seminari “Redemptoris Mater” nati in questi
anni, e duemila seminaristi assieme ai loro rettori. Presenti anche 700
catechisti itineranti in tutto il mondo e i rappresentanti delle comunità neocatecumenali di Roma: in tutto circa 10.000 persone. Il
servizio di Roberto Piermarini:
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Momento centrale dell’udienza, l’invio di oltre 200
famiglie nelle zone più povere e scristianizzate dei cinque continenti che
hanno ricevuto dal Papa un crocifisso che li accompagnerà nella loro missione.
Questi nuclei familiari inizieranno una ‘implantatio ecclesiae’ in zone dove grandi masse di
persone non hanno più alcun rapporto con la Chiesa. “E’ un compito questo, ha detto Benedetto
XVI, che si colloca nel contesto della nuova evangelizzazione nella quale gioca
un ruolo quanto mai importante proprio la famiglia. Il crocifisso che avete
ricevuto sarà vostro inseparabile compagno di cammino, mentre proclamerete con
la vostra azione
missionaria che solo in Gesù Cristo, morto e risorto, c’è salvezza”.
“Di Lui sarete
testimoni miti e gioiosi percorrendo in semplicità e povertà le strade d’ogni
continente, sostenuti da incessante preghiera ed ascolto della parola di Dio e
nutriti dalla partecipazione alla vita liturgica delle Chiese particolari a cui sarete inviati”.
“Care famiglie – ha continuato il Papa – voi potete
testimoniare con la vostra storia che il Signore non abbandona quanti a Lui si
affidano. Continuate a diffondere il Vangelo della vita”:
“In un mondo che
cerca certezze umane e terrene sicurezze, mostrate che Cristo è la salda roccia
su cui costruire l’edificio della propria esistenza e che la fiducia in lui
riposta non è mai vana”.
Benedetto XVI ha ricordato le numerose vocazioni al
sacerdozio ed alla vita consacrata nate all’interno del Cammino Neocatecumenale e ha sottolineato che la centralità del mistero
di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e
indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti. Per questo
le norme indicate nel recente documento della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti concernente la Celebrazione eucaristica – ha
detto - se osservate attentamente, possono rendere ancora più efficace
l’apostolato del Cammino Neocatecumenale “in sintonia
e comunione piena con il Papa e i Pastori di ogni Diocesi”. “Così facendo – ha
affermato il Papa – il Signore continuerà a benedirvi con abbondanti frutti
pastorali”.
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Al
termine dell’udienza Benedetto XVI ha inviato anche sette presbiteri
accompagnati ciascuno da tre famiglie in diverse zone della ex-Germania
dell’Est, dell’Olanda e del sud della Francia.
L’iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, insieme a Carmen Hernandez e Padre Mario
Pezzi ha ricordato come queste famiglie siano il frutto di un cammino di
conversione:
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Siamo veramente felici. Dio ci sostiene nella nostra
missione di portare il Vangelo a tutte le genti. Noi stiamo aprendo un cammino
di iniziazione cristiana nelle parrocchie, per riscoprire la ricchezza del
Battesimo, formando comunità cristiane. La Vergine Maria ci ha detto: ‘Fate comunità, come la Santa Famiglia di Nazareth, che
vivano in umiltà, semplicità e lode, dove l’altro è Cristo’.
Questo stiamo portando avanti nelle parrocchie: il Concilio Vaticano II
attraverso un cammino di iniziazione cristiana, vissuto in piccole comunità
cristiane che diano al mondo i segni che chiamano l’uomo contemporaneo alla fede”.
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A conclusione dell’udienza abbiamo raccolto la
testimonianza di alcune famiglie che stanno evangelizzando in varie parti del
mondo:
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R. – La mia esperienza di missione, fatta fino ad oggi, è
che Dio ha sempre provveduto. Ci siamo sentiti accolti ed ha sempre dato, anche
ai nostri figli,
una parola in risposta alla sofferenza, alla sofferenza della Croce. I bambini
sono stati bravissimi perché sono entrati in queste piccole sofferenze
guardando a Cristo che li aiutava e li sosteneva.
D. – Che cosa vi spinge a lasciare tutto e ad andare in
missione?
R. – L’aver sperimentato nella nostra vita la misericordia
di Dio, il perdono gratuito sulle nostre debolezze e sui nostri peccati. Questo
ci rende sensibili alle sofferenze di tanti fratelli che aspettano l’annuncio
di una buona notizia.
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D. – La vostra esperienza di missione - famiglia in
Israele?
R. – Quello che ci ha riempito di gioia è
l’evangelizzazione che si fa presso gli arabo-cristiani della Galilea.
D. – L’esperienza di aver lasciato l’Italia e di essere
andati in una terra completamente nuova come Israele?
R. – Sono arrivata con tanto entusiasmo, poi ho visto
invece che Dio da me voleva la fede e ho scoperto che di fede non ne avevo poi
molta perché mi ribellavo di fronte alle difficoltà, alle fatiche, a tante cose
che mi succedevano. Allora ho scoperto che il dono di essere in missione è
proprio fare un incontro vero, autentico con Dio. Le difficoltà ti mettono in crisi però ti vengono anche a dire: e adesso che cosa fai ?
L’uomo non ti aiuta, nessuno di aiuta… rimane Dio. Dio
ti aiuta? Bene allora esiste.
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D. – Un docente universitario che lascia tutta, va in
Australia, lascia l’Italia. Che cosa lo spinge a fare questo?
R. – Soprattutto la gratitudine per il Signore che ha
fatto tantissimo per me, per la mia famiglia. Ho visto come il Signore ha
cambiato tutta la mia storia, il mio matrimonio. Io avevo un matrimonio
distrutto, il Signore l’ha ricostruito. C’è voluto tempo perché ho capito dopo
molto tempo quanto il Signore aveva fatto per me, ma questo mi ha fatto capire
che quello che conta soprattutto è seguire Lui, non tanto il lavoro o altre
cose. Poi ho ritrovato anche il lavoro all’Università. Ma questo è stato una
conferma che il Signore voleva che andassimo là con tutta la famiglia.
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D. – L’esperienza della Finlandia?
R. – Noi siamo in Finlandia da un anno e mezzo. I bambini
si stanno integrando andando a scuola, con le difficoltà che ci sono. E’ una
bella esperienza. Stiamo vedendo Dio.
D. – A livello ecumenico qual è il rapporto che avete con
le altre confessioni cristiane?
R. – Ci stiamo aprendo molto con i luterani e con gli
ortodossi, con i quali il Cammino Neocatecumenale,
attraverso alcuni fratelli, ha iniziato delle catechesi e delle liturgie della
Parola insieme ai luterani e agli ortodossi nella città di Oulu.
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NOMINA
Il Santo Padre ha nominato arcivescovo
coadiutore dell’Arcidiocesi di Bouaké (Costa
d’Avorio), mons. Paul-Siméon Ahouanan
Djro, Ordine Francescano Frati Minori, trasferendolo
dalla Diocesi di Yamoussoukro (Costa d’Avorio).
IL
VIAGGIO DEL CARDINALE FRANCIS ARINZE IN CIAD
-
Intervista col porporato -
In
qualità di Legato del Santo Padre, il cardinale Francis Arinze, prefetto della
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, si è recato
la scorsa settimana in Ciad. Ha presieduto, infatti, le celebrazioni del
Congresso eucaristico nazionale che è stato il primo celebratosi in questo
Paese africano. Dei momenti forti del Congresso il cardinale Arinze ha parlato
con Giovanni Peduto:
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R. – Il congresso si è tenuto a Mundu,
località che si trova a 5 ore di macchina da N’Djaména.
Mundu è la seconda diocesi del Paese. I momenti principali della
celebrazione sono stati l’apertura, il 5 gennaio, con la lettura del messaggio
del Papa, con le manifestazioni di gioia dei fedeli, e il saluto di benvenuto
del vescovo. Ogni mattina, per tre giorni, due vescovi hanno tenuto una
catechesi sull’Eucaristia, incentrata su tre temi: Eucaristia-Fede, Eucaristia–Vita, Eucaristia-Missione. Venerdì pomeriggio si
è tenuto un atto penitenziale seguito dalla confessione individuale: tanti
sacerdoti si sono sacrificati per confessare i fedeli, un popolo meraviglioso.
Sabato pomeriggio e la sera si è svolta la processione eucaristica, partita da
quattro punti, quindi quattro processioni che finivano davanti alla cattedrale,
dove c’è stata ancora mezz’ora di adorazione e quindi la benedizione
eucaristica. Il Ciad conta otto diocesi. Il Congresso si è concluso domenica 8
gennaio con una Santa Messa solenne durante la quale è stata letta la lettera
del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Durante l’offertorio sono
state anche lette le proposte delle otto diocesi, che compongono il Ciad, su
ciò che intendono fare come risultato del Congresso. Quindi c’è stata una
colletta a favore degli ammalati di Aids. Quando ho tenuto l’omelia ho visto
che i fedeli veramente seguivano con attenzione anche se
il mio francese non era quello classico. C’era davvero di che ringraziare il
Signore. Il vescovo, che al termine della Messa voleva ringraziare, ha avuto
difficoltà a terminare il suo discorso a causa della grande commozione.
D. – Quindi Lei, eminenza, è rimasto molto colpito da questo
avvenimento. Come vivono l’Eucaristia le comunità del Ciad?
R. – Insieme, condividendo la vita, le gioie della vita e
quella di essere insieme come Chiesa, che è sorta negli ultimi 75 anni: in
alcune zone il Vangelo è arrivato appena 50 fa. Il primo sacerdote in assoluto
ha 35 anni di sacerdozio ed ha parlato come decano del clero locale, ma è più
giovane di me. E’ un popolo sereno, pur nella loro povertà, perché il Ciad non
è un Paese ricco, anche se adesso dicono di aver scoperto il petrolio. Mi ha
colpito molto il loro senso di pace, il loro desiderio di condivisione, la loro
disciplina personale. Non ho notato la presenza della polizia, è un popolo
molto disciplinato.
D. – Lei, Eminenza, quale messaggio ha portato a queste
popolazioni?
R. – L’Eucaristia è il centro della nostra fede. La
celebrazione della Messa è un momento di gioia, manifesta la nostra fede,
l’aumenta e ci spinge all’apostolato. La Messa non è una celebrazione del
villaggio, è una cosa universale, ma rispetta anche ciò che la Chiesa ha di
locale. Ho portato loro anche il senso della gioia cristiana, anche in mezzo ai
problemi del nostro pellegrinaggio terrestre che non possono mai esser
completamente evitati, specialmente in un Paese come il Ciad.
D. – Eminenza, la Chiesa del Ciad cosa ha bisogno ancora
di ricevere e a sua volta cosa può dare?
R. – Ha bisogno di molto. Non ha, ad esempio, sufficienti
sacerdoti, religiosi, religiose. Necessita di missionari e ne riceve. Infatti,
l’episcopato locale è formato da otto vescovi, di cui tre sono ciadiani, due italiani, un canadese, e due mi sembra
francesi. La Chiesa del Ciad, però, può anche dare, ad esempio, la gioia per
ciò che si ha, perché per essere felici non è
necessario possedere banche mondiali. Infatti, il successo non dà la gioia.
Questo non significa che noi vogliamo che i popoli del mondo restino poveri:
piuttosto, occorre assicurare un minimo di benessere per vivere con dignità la
vita. Ma è anche vero che si può dire che molti Paesi africani che sono poveri
sono lieti: non poveri ma contenti, bensì poveri e lieti, pacifici. La gente
canta di gioia. Infatti era difficile durante il
Congresso fermare il coro. La loro gioia era trasparente e questo colpisce
moltissimo.
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LA RESPONSABILITÀ PER IL COMMERCIO DELLE ARMI
SPETTA PRIMARIAMENTE
AI GOVERNI. COSÌ, AI NOSTRI MICROFONI,
L’OSSERVATORE DELLA SANTA SEDE
PRESSO
L’ONU, DOPO
L’INTERVENTO DI LUNEDÌ AL COMITATO PER LA PREPARAZIONE DELLA CONFERENZA SU PREVENZIONE ED ELIMINAZIONE DI
ARMI LEGGERE
- Intervista con l’arcivescovo Celestino
Migliore -
“Promuovere una reale cultura di pace e di vita tra tutti i membri della
società” per ridurre la domanda di armi e negoziare un vincolante strumento
legale per combattere il traffico illecito di armi. Sono alcuni dei passi
dell’intervento di lunedì scorso dell’Osservatore permanente della Santa Sede
presso l’ONU, arcivescovo Celestino Migliore, al Comitato delle Nazioni Unite
per la preparazione della Conferenza sulla prevenzione ed eliminazione del
commercio illecito di armi leggere. Ma a chi spetta la responsabilità di questo
commercio e come è possibile promuovere un effettivo disarmo? Per approfondire
questi temi, Emer McCarthy
ha intervistato lo stesso arcivescovo Migliore:
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R. – La responsabilità per il commercio delle armi spetta
primariamente ai governi. Prevenire non basta, soprattutto in situazioni di
dopoguerra. Nessuno è pronto a consegnare le armi senza intravedere una via di
uscita dalla povertà. Ex combattenti e membri di bande armate consegnano più
facilmente le armi se si offrono loro programmi di microcredito, di assistenza
alimentare, sanitaria ed altri piani di questo tipo. Quindi, un effettivo
disarmo dei civili richiede il concorso di alcune politiche ben precise.
Infatti, la circolazione delle armi leggere e di piccolo calibro perderà il suo
incentivo quanto più aumenterà l’impegno nel rimuovere le cause della violenza
quotidiana e nell’assicurare con rapidità ed efficacia la giustizia, laddove
viene a mancare. E poi, a livello internazionale, il mercato delle armi
necessita di un controllo più efficace. L’attuale sistema di controllo dei
flussi delle armi presenta troppi vuoti e incongruenze che facilmente vengono sfruttati dai mediatori e dai trafficanti di armi.
D. – Dietro al commercio delle armi leggere ci sono
ingenti guadagni, ma a prezzo di numerose vittime. Chi paga di più la
diffusione di queste armi?
R. – I civili sono le vittime più comuni dei conflitti
armati e dei crimini. Si tratta di giovani, uomini e donne, dei gruppi sociali
più vulnerabili. In alcune aree di conflitto si ha l’impressione che
l’obiettivo non siano tanto i militari in combattimento, ma la popolazione
civile. Molti crimini di guerra e crimini quotidiani nelle case e nelle strade
dipendono anche dall’estrema facilità di accesso alle armi.
D. – Il Papa, in questi giorni, ha condannato duramente il
fatto che tante risorse siano ancora oggi destinate
alle armi, mentre la miseria dilaga in tante parti del mondo. E’ così forte
l’industria delle armi?
R. – Le cento fabbriche di armi più importanti nel mondo
insieme, l’anno scorso, hanno aumentato del 25 per cento la loro produzione,
mentre disarmo e sviluppo vanno di pari passo. Lo dimostrano recenti ricerche
condotte da organismi delle Nazioni Unite. Disarmo, sviluppo e sicurezza si
integrano a vicenda e vanno di pari passo. E’ importante sottolineare i
vantaggi del disarmo in termini di economia e sviluppo.
D. – Benedetto XVI ha anche sottolineato che il processo
di disarmo sta ristagnando in una generale indifferenza. E’ giunta l’ora di
rimettere il problema al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica
internazionale?
R. – Proprio l’altro ieri, intervenendo al Comitato ONU,
ho sottolineato fortemente il ruolo della società civile per capire le
dinamiche che danno il via ai conflitti, per educare al disarmo e creare una forte domanda e pressione in favore del disarmo. La
gente comune conosce la pericolosità delle armi leggere di piccolo calibro. Non
tutti conoscono i meccanismi di mediazione e di traffico illecito di tali armi.
La delusione per il silenzio circa il disarmo da parte del documento finale del
vertice dei capi di Stato e di governo, nel settembre scorso, è un segno che
esiste una sensibilità della gente a questo problema. Occorre, poi, anche
superare gli ostacoli posti dalle diverse concezioni della sicurezza, da
limitati interessi nazionali, dalla seduzione del guadagno e degli affari
facili nel commercio illecito di armi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
“La famiglia legittima fondata sul matrimonio non va oscurata”: l’accorato
appello di Benedetto XVI agli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e
della Provincia di Roma durante l’udienza in occasione della presentazione
degli auguri per il nuovo anno.
La società - ha sottolineato il
Santo Padre - non ha alcuna effettiva esigenza di riconoscere giuridicamente
altre forme di unione.
Servizio vaticano - Il
discorso di Benedetto XVI al Cammino Neocatecume-nale. Grazie
all’adesione fedele ad ogni direttiva della Chiesa - ha evidenziato il
Papa - voi renderete ancor più efficace il vostro apostolato.
Servizio estero - Nucleare:
vertice europeo per definire le risposte alla ripresa del programma atomico
iraniano. Pressioni USA per deferire Teheran al
Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Per la
rubrica dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Pierluigi Natalia dal
titolo “Haiti: persistenti ostacoli alla normalizzazione”.
Servizio culturale - Un
articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Il pensiero
politico di Alessandro Manzoni”: in un volume di
Mario D’Addio.
Servizio italiano - In rilievo
la vicenda delle intercettazioni: sempre più rovente lo scontro fra i poli.
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12 gennaio 2006
PRESENTATA
PRESSO LA RADIO VATICANA LA GIORNATA MONDIALE
DEL
MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2006, CHE VERRÀ CELEBRATA DOMENICA PROSSIMA
E’
stata presentata questa mattina presso la Sala Marconi
della Radio Vaticana la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato 2006,
che verrà celebrata domenica prossima. Molte le manifestazioni
promosse in Italia dalla fondazione Migrantes
della Conferenza episcopale italiana, dirette a sensibilizzare la
società verso le sfide pastorali e sociali poste dal fenomeno delle migrazioni.
Alla conferenza stampa era presente anche il ministro per gli italiani
all’estero, Mirko Tremaglia. Il servizio è di Stefano
Leszczynski:
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Per la prima volta in Italia la Giornata Nazionale delle
migrazioni prende nome e forma di Giornata Mondiale. La
particolare celebrazione dedicata a tutti i migranti: italiani all’estero,
immigrati, Rom e Sinti, Circensi e lunaparchisti, Marittimi ed aeroportuali, ha quest’anno per
titolo: “Migrazioni, segno dei tempi: cieli e terra nuova il Signore darà”.
Sul significato della attuale Giornata Mondiale, mons. Lino Bortolo Belotti, presidente della Commissione episcopale per le
Migrazioni.
“Il titolo è molto importante, nel senso che con il nostro
lavoro di accoglienza, soprattutto degli immigrati, noi costruiamo una terra
nuova e un cielo nuovo. Vale a dire: è nelle nostre mani il fatto che la nostra
società, anche civile, come anche la nostra Chiesa, si rinnovi continuamente
nel rapporto con chi è diverso da noi”.
La Giornata
nasce per volontà di S. Pio X nel 1914 in un periodo in cui gli Italiani vivevano
un forte periodo di migrazioni. Dopo 92 anni il significato di questa
celebrazione è profondamente cambiato, soprattutto alla luce delle forti
pressioni migratorie verso l’Italia e l’Unione Europea. Il commento del prof.
Stefano Zamagni, presidente dell’ICMC di Ginevra:
“Io penso sia giunto il momento di affermare la
centralità delle politiche europee, capendo che nessun Paese per quanto
organizzato, ben funzionante esso sia, è in grado di gestire, in maniera efficace e rispettoso delle dignità umane, il
fenomeno migratorio. Anche perché in questo modo si eviterebbe quel fenomeno
che va sotto il nome di “shopping migratorio”. I migranti arrivano in un Paese,
poi si spostano in un altro alla ricerca delle condizioni migliori. Questa
“sconcezza” deve terminare. L’Unione Europea deve farsi carico di gestire in
maniera omogenea, a livello dell’intera Unione, il problema migratorio”.
La Giornata Mondiale offre insomma uno spunto di
riflessione importante anche da parte dei rappresentanti istituzionali
all’insegna della solidarietà e dell’umanità, come ci conferma il ministro per
gli italiani all’estero Mirko Tremaglia, intervenuto
alla presentazione presso la Radio Vaticana:
“Noi dobbiamo capire soprattutto questo fatto di
grande umanità, indispensabile nella nostra vita, perché bisogna ricordare gli
italiani maltrattati ovunque, ma bisogna ricordare quei disperati che arrivano
sulle nostre coste. Ecco, l’accoglienza è un fatto di umanità, è un fatto di
civiltà”.
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DOMANI IL
PRIMO INCONTRO ALLA CASA BIANCA TRA GEORGE W. BUSH
E IL NEOCANCELLIERE TEDESCO, ANGELA MERKEL. AL
CENTRO DEL VERTICE,
LA QUESTIONE DEL NUCLEARE IRANIANO E IL
RAFFORZAMENTO DEI RAPPORTI
TRA WASHINGTON E BERLINO DOPO LE FRIZIONI SULL’IRAQ
Sia in Germania
che negli Stati Uniti c’è molta attesa per il primo incontro, domani a Washington,
tra il neocancelliere tedesco Angela Merkel e il
presidente americano George W. Bush.
L’auspicio nelle due capitali è di rinvigorire i rapporti tra i due Paesi, dopo
il gelo provocato dalle profonde divergenze tra la Casa Bianca e l'ex
cancelliere Schroeder sull’intervento anglo-americano
in Iraq. Per una riflessione sulle aspettative di questo vertice, Alessandro
Gisotti ha raccolto il commento del germanista Gian Enrico Rusconi,
professore di Scienza Politica all’Università di Torino:
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R. – E’
inutile negare che la stampa qualificata sia molto riservata. Ha preso atto che
la signora Merkel è abile sul piano europeo. Almeno,
come immagine si è imposta. Adesso però c’è la prova più importante. Io penso
che ci sarà un cambiamento di stile, di simpatia, perché certamente le due
capitali hanno bisogno sia all’interno, sia a livello internazionale, di dire
che i vecchi equivoci sono stati superati. Quanto poi ad un cambiamento di
sostanza, non credo sarà molto grande, che poi vuol dire l’atteggiamento verso
l’Iraq sostanzialmente. E poi non dimentichiamo che accanto alla Merkel c’è un ministro degli Esteri della socialdemocrazia,
quindi in realtà lo spazio di manovra per un cambiamento di politica non c’è.
D. – Ecco, professore, quale saranno i punti chiave di
questo incontro? Cosa, insomma, si diranno Bush e la Merkel?
R. – Se fossi Bush direi ai
tedeschi: “I vostri rapporti con la Russia come sono?” Il vero problema è anche
quello. La Merkel che atteggiamento ha verso Putin? La sua politica verso la Cecenia
che è stata dimenticata fino al prossimo disastro, e così via. Insomma, la Merkel deve muoversi per ragioni interne e per ragioni
esterne in un campo abbastanza minato. La sua determinazione e la sua capacità
di essere simpatica non sono risorse sufficienti.
D. – Uno dei temi caldi del vertice sarà sicuramente la
questione del nucleare iraniano. Prima di partire per Washington il cancelliere
tedesco ha chiamato Blair. Sull‘Iran non ci saranno, dunque,
quelle frizioni che hanno caratterizzato l’escalation irachena?
R. – No, sull’Iran tra Gran Bretagna, Francia e Germania
c’è sempre stata unione. Da questo punto di vista, occorre dire che Blair giocava e gioca su due tavoli diversi. In Iraq c’è la
lealtà verso l’alleato americano, poi c’è il vecchio imperialismo inglese... Invece, queste grandi potenze europee – mi lasci usare
questa espressione – quindi non l’Europa, ma le tre vecchie grandi potenze
europee, hanno sempre avuto un atteggiamento unanime, cioè di tenere a bada
l’Iran con la ragionevolezza, entrando in competizione con l’America. Anzi, c’è
una certa attesa ironica da parte di Washington che dice: “Vediamo un po’ se
questi vecchi europei riescono a tenere buono l’Iran, senza usare le maniere
forti come vogliamo fare noi”.
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12 gennaio 2006
IL
CONTINENTE AFRICANO PUÒ VINCERE L’EMERGENZA POVERTA’ FACENDOSI CARICO DELLE
PROPRIE RESPONSABILITA’ E ABBANDONANDO OGNI GENERE DI VITTIMISMO.
LO HA
DETTO IL PRESIDENTE DEL MOZAMBICO INAUGURANDO A MAPUTO IL
VERTICE “FORUM AFRICA”, AL QUALE PARTECIPANO EX CAPI DI STATO E DI
GOVERNO
MAPUTO. = “La battaglia contro la povertà in Africa
necessita della nostra autostima e deve accrescere, in noi, la volontà di
servire il nostro popolo e il Continente”: lo ha detto il presidente del Mozambico,
Armando Guebuza, intervenendo alla sessione
inaugurale del “Forum Africa”, vertice al quale partecipano ex capi di Stato e
di governo del Continente. Il presidente Guezuba –
riferisce l’Agenzia missionaria ‘MISNA’ - ha spiegato che la miseria “rischia
di minare l’autentico significato della nostra liberazione e la dignità umana”:
per combatterla, occorre “smettere di ricercarne le ragioni negli altri, o in
cosa gli altri stanno facendo o non facendo”. Invitando poi il Mozambico e gli
altri Stati africani ad abbandonare ogni genere di vittimismo e a farsi carico
di precise responsabilità, il presidente si è quindi detto ottimista sul futuro
dell’Africa. Ha ricordato i successi contro il colonialismo, nella costruzione
di moderne nazioni e nell’integrazione regionale e ha affermato: “L’Africa si è
dimostrata in grado di realizzare i suoi sogni; ha mostrato che può fare il
salto dal pensiero all’azione, dal volere al fare qualcosa”. Guebuza ha poi invitato gli ex capi di Stato e governo
convenuti a Maputo a “concentrare le energie per
promuovere pace, sicurezza e stabilità nel Continente, come fattori
fondamentali per proseguire nel rafforzamento e nell’espansione dell’Unio-ne
Africana”. (A.L.)
ISTITUITA DALLE MISSIONARIE
DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE UNA NUOVA PROVINCIA RELIGIOSA CHE UNISCE LE COMUNITÀ
DI HONG KONG, TAIWAN E GIAPPONE
HONG KONG. = La
congregazione religiosa delle suore missionarie dell’Immaco-lata Concezione (MIC)
ha istituito una nuova provincia asiatica che unisce le comunità di Hong Kong,
Taiwan e del Giappone per rendere più efficace e coordinato l’impegno nel campo
dell’evangelizzazione in Estremo Oriente. Lo rivela il “Kong Ko Bao”, il bollettino diocesano
in lingua cinese, precisando che come prima superiora provinciale della nuova
provincia religiosa è stata eletta suor Librada Bantilan. Il Consiglio esecutivo provinciale – riferisce
l’Agenzia “Fides” - auspica che la nuova provincia possa vivere e testimoniare
il Vangelo e promuovere la vita di comunione nel Continente asiatico,
contrassegnato da un grande pluralismo religioso. La Congregazione delle Suore
Missionarie dell’Immacolata Concezione (MIC) è stata fondata nel 1902 a
Montreal, in Canada, dove si trova la casa generalizia. Le prime missionarie
sono arrivate a Hong Kong nel 1928 per portare il Vangelo al popolo asiatico.
Attualmente, ci sono ad Hong Kong 14 suore e 2
novizie. A Taiwan è presente una comunità formata da 7 suore. (A.L.)
L’UNICA
SOLUZIONE PER RISOLVERE LA CRISI TRA SUDAN E CIAD È IL DIALOGO:
E’
L’APPELLO LANCIATO DAL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
DELL’UNIONE
AFRICANA CHE SOTTOLINEA ANCHE IL RUOLO DELL’ANGOLA
PER LA
SOLUZIONE DELLA CRISI TRA I DUE PAESI
KHARTOUM. = La risoluzione della crisi tra Ciad e Sudan
deve passare attraverso il dialogo: lo ha ribadito il presidente della
Commissione dell’Unione Africana (UA), Alpha Omar Konaré, in visita a Luanda, capitale dell’Angola. Secondo Konaré, i due Paesi “devono capire che non c’è altra
strada”. Coloro che commettono errori – ha aggiunto Konaré,
ex presidente del Mali - devono ammetterli e correggersi, perché in Africa
dobbiamo tutti lavorare in un clima di pace e fiducia”. Il presidente della
Commissione dell’UA – riferisce inoltre l’Agenzia MISNA - ha sottolineato che è
stato forte l’impegno dell’organizzazione africana per scongiurare il pericolo
di un inasprimento delle relazioni tra i governi di N’djamena
e Khartoum. Dopo l’incontro con il presidente angolano Eduardo dos Santos, l’ex capo di Stato del Mali ha dichiarato, inoltre,
che “l’Angola gioca un ruolo molto importante nell’ambito dell’UA”. “Sono
convinto – ha osservato - che il suo contributo sarà rilevante nella ricerca di
una soluzione della crisi tra Ciad e Sudan”. Konaré
ha lasciato Luanda per Lusaka, in Zambia, da dove
proseguirà il suo viaggio per raggiungere Khartoum. Nella capitale sudanese
parteciperà agli ultimi preparativi del summit dell’UA, in programma il 24 e 25
gennaio prossimi. (A.L.)
EVANGELIZZAZIONE,
PASTORALE E SITUAZIONE DELLE FILIPPINE.
QUESTI
I TEMI AL
CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI FILIPPINI,
IN
PROGRAMMA A FINE MESE, INDICATI DAL PRESIDENTE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE ASIATICO
MANILA. = Rinnovare la
pastorale nazionale, cambiare realmente mente e cuore della popolazione e
sottolineare l’importanza dell’evangelizzazione. Sono i temi prioritari che il
presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, l’arcivesco-vo di Jaro, mons. Angel Lagdameo, intende porre all’attenzione della 92.ma Assemblea plenaria dei vescovi filippini che si terrà
alla fine del mese. “Spero - osserva il presule le cui parole sono state riprese
dall’Agenzia “Asia News” - che potremo concentrarci sul rinnovamento della pastorale
nazionale, un obiettivo importante messo in luce già nel 1992 e recentemente,
con un documento pubblicato nel 2001”. Sottolineando la missione della Chiesa
nel rinnovamento nazionale e nella trasformazione sociale, mons. Lagdameo ribadisce, poi, la centralità dell’evangelizzazione.
“La conversione – spiega - non è fine a sé stessa e non deve fermarsi al primo
stadio. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte come strumenti utili al
cambiamento della società e della Chiesa”. “Dio è con noi – conclude – e questo
deve darci speranza. Dobbiamo sempre chiedere il Suo aiuto ma
dobbiamo essere pronti a fare anche la nostra parte”. (A.L.)
SCONCERTO NELLA REPUBBLICA DOMINICANA PER LA MORTE,
MARTEDÌ SCORSO,
DI OLTRE 20 IMMIGRATI HAITIANI IN UN INCIDENTE DALLE
DINAMICHE POCO CHIARE.
IL PADRE GESUITA, REGINO MARTÌNEZ, EVIDENZIA LA
MANCANZA DI ADEGUATE MISURE IN DIFESA DEGLI IMMIGRATI E DI POLITICHE MIGRATORIE
SANTIAGO. = Almeno 24 immigrati haitiani sono
rimasti uccisi in un incidente stradale dalle dinamiche ancora oscure, nella
notte del 10 gennaio, nel nord della Repubblica Dominicana. Il padre gesuita
del Servizio dei gesuiti per i rifugiati e migranti del Dajabón,
“Soldaridad Frontieriza”,
in un’intervista rilasciata all’Agen-zia MISNA, ha dichiarato che nel Paese non
c’è la volontà politica di porre fine a questo tipo di incidenti. Manca – ha
aggiunto - una vera e propria politica migratoria che sia,
al tempo stesso, chiara ed adeguata. In base a testimonianze raccolte tra i
superstiti dallo stesso padre Martínez, sembra che
gli immigrati coinvolti nell’incidente facessero parte
di un gruppo di almeno 200 persone, tra cui anche donne e bambini. Nella
Repubblica Dominicana, gli immigrati vengono
solitamente reclutati per essere poi impiegati come braccianti, con un basso
salario, nelle piantagioni agricole. Secondo quanto dichiarato dallo stesso
padre gesuita, l’assurda contraddizione sta nel fatto che la manodopera di
questi immigrati è rivendicata da tutti, sia da latifondisti e produttori
agricoli, sia dalle autorità locali per la realizzazione di opere pubbliche.
Questo in teoria è vietato – ha concluso padre Martínez – ma in pratica
diventa legale e nessuno tutela gli immigrati. (A.E.)
ALLA
PRESENZA DEL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI, PREFETTO
DELLA
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA,
IL 31
GENNAIO VERRA’ INAUGURATA A ROMA LA BIBLIOTECA
DELLA
PONTIFICIA UNIVERSITA’ SALESIANA
ROMA.= Fervono i preparativi per l’inaugurazione, a
Roma, della biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Il 31 gennaio,
dopo la presentazione della biblioteca, si svolgerà l’atto accademico
inaugurale, con il saluto del Rettor Magnifico
dell’ateneo, don Mario Toso, e il discorso del cardinale Zenon
Grocholewski, prefetto della Congregazione per
l’educazione cattolica. Ben 700 mila volumi a disposizione degli studiosi,
degli studenti ma anche dei cittadini residenti nella zona Nord-Est di Roma,
dove è situata. La nuova biblioteca “Don Bosco” dell’Università Pontificia
Salesiana – riferisce l’agenzia SIR – verrà inaugurata
dunque nel giorno della festa di San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani e
del loro vasto movimento spirituale ed educativo di servizio ai giovani. “La
nuova biblioteca – si legge in una nota – è un’ulteriore manifestazione della
proposta culturale e formativa che l’ateneo realizza da oltre 30 anni
nell’ambito della ricerca e delle attività didattiche sia dei docenti che degli
studenti della stessa Università, provenienti da oltre 1200 diverse nazioni del
mondo, sia per gli studiosi di altri atenei che vi trovano un ricchissimo
patrimonio librario specializzato in vari ambiti e in particolare in quello
educativo”. La Biblioteca si struttura in un edificio a cinque piani il cui
servizio di ricerca di volumi e riviste è stato concepito e realizzato secondo
le esigenze innovative più attuali, come l’informatizzazione del sistema e
l’automazione dei servizi. (A.G.)
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12
gennaio 2006
- A cura di Eugenio Bonanata
-
L'Iran ha completato la rimozione dei sigilli da tre dei
propri impianti atomici,
compresi quelli al centro di ricerca di Natane. Il tutto è avvenuto sotto la
supervisione degli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica
(AIEA). Lo hanno riferito fonti diplomatiche riservate presso il quartier generale della stessa AIEA, a Vienna. Nella sua ultima
risoluzione, l’AIEA aveva chiesto all’Iran di sospendere ogni attività come
l’arricchimento di uranio. Nel pomeriggio i ministri degli Esteri di Germania,
Francia e Gran Bretagna si riuniranno con il responsabile della politica estera
dell’Unione Europea, Javier Solana,
per decidere se deferire il dossier iraniano al Consiglio di Sicurezza
dell’ONU. Una decisione, questa, definita molto probabile dal ministro degli
Esteri britannico, Jack Straw. Il premier britannico Blair ieri aveva ribadito che nei confronti della Repubblica islamica “non si
esclude alcuna misura”. Secca la risposta del presidente iraniano Ahmadinejad
che ha affermato: l’Iran non ha paura dell’Occidente. Intanto, il ministro
degli Esteri russo, Lavrov, ha annunciato la
decisione di riunire a Londra la prossima settimana i rappresentanti di
Pechino, Mosca, Washington e Bruxelles.
Nuovo tragico episodio a La
Mecca, durante il tradizionale pellegrinaggio musulmano dell’Haj, che ogni musulmano è tenuto a compiere almeno una
volta nella vita. Secondo un giornalista dell’Agenzia ‘Reuters’,
più di 50 persone sono morte nella calca creatasi in uno dei punti più
pericolosi del percorso, quello in cui i fedeli devono gettare pietre contro
tre stele che simboleggiano il Diavolo. I pellegrini arrivano davanti alle stele gridando ‘Allah Akbar’
- Dio è grande - in un clima di eccitazione generale.
In Israele si aggravano le condizioni di Sharon.
Nonostante ieri abbia riconosciuto la presenza al suo capezzale di suo figlio,
oggi il premier è nuovamente sotto sedativi per un innnalzamento
della pressione sanguigna. Secondo il quotidiano Maariv,
che cita fonti ospedaliere, Sharon avrebbe inoltre un soffio al cuore: una
complicazione potenzialmente pericolosa che potrebbe causare un nuovo ictus. In giornata Sharon sarà sottoposto a una nuova tac. Domani,
invece, sono previsti altri test neurologici.
Sul piano politico si dimetteranno domenica prossima i 4 ministri del
Likud, rifiutando la richiesta del capo del partito Netanyahu
che le pretendeva entro la mattinata di oggi.
In Iraq proseguono gli scontri tra guerriglia ed esercito
statunitense. Ma ad occupare il primo piano sono le notizie sulle cattive
condizioni di salute di Tareq Aziz,
l’ex vice premier di Saddam, detenuto dall'esercito americano. Secondo dichiarazioni del suo avvocato, rese alla stampa
locale, Tareq Aziz non
vivrà più di un mese a causa di una “embolia cerebrale e di malattie
cardiache”. Intanto il presidente americano Bush, in
un nuovo discorso tenuto per rafforzare il sostegno popolare per la guerra in
Iraq, ha affermato: “voglio che le truppe tornino a
casa ma non senza la vittoria”. Da New
York, ce ne parla Paolo Mastrolilli:
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Il capo
della Casa Bianca ha dichiarato che il nemico ha una sola arma, cioè la
possibilità di piegare la volontà degli Stati Uniti, quindi ha aggiunto: “Che
siate d’accordo con me o no, non riusciranno a piegare la mia”. Bush sta cercando di invertire la tendenza nei sondaggi,
che da diversi mesi segnala un declino nell’appoggio per le operazioni
militari. Lo fa anche in vista delle elezioni parlamentari di novembre, in cui
questi temi giocheranno una parte predominante. In Iraq, ieri, sono avvenuti
alcuni scontri, ma la novità politica più significativa è arrivata da Bel Aziz Al Aquila,
leader del principale partito sciita. Il religioso ha dichiarato di
non essere favorevole a cambiamenti sostanziali nella costituzione approvata
nei mesi scorsi, come in un primo tempo era stato promesso alla minoranza sunnita, per convincerla a partecipare al processo
democratico. Questo rifiuto potrebbe provocare la reazione del gruppo etnico
minoritario, rilanciando le violenze.
Per la
Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Sempre alto l’allarme per l’influenza aviaria. La Turchia
ha annunciato oggi un terzo decesso e ha identificato due nuovi casi di
infezione umana con virus H5N1. Due nuovi morti si
registrano anche in Cina e uno in Indonesia. E mentre l’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) ha definito appropriata e soddisfacente la reazione della
Turchia, la FAO ha invece lanciato un appello ad Ankara e ai Paesi confinanti,
affinché siano adottate tutte le misure necessarie ad evitare una pandemia. Le
Nazioni Unite, dal canto loro, hanno chiesto ai Paesi donatori di impegnarsi
stanziando almeno 1,5 miliardi di dollari, la prossima settimana a Pechino,
dove si svolgerà una conferenza internazionale sull’argomento. Intanto, 100
ricercatori di 20 Paesi e rappresentanti di varie organizzazioni internazionali
sono riuniti a Tokyo per prevenire la diffusione del morbo nell’uomo. Da Tokyo,
Chiaretta Zucconi:
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Delineare un sistema di prevenzione e contenimento per
evitare che il virus H5 possa propagarsi sempre più tra gli umani e istituire
un meccanismo in grado di assicurare la presenza di personale medico e la
fornitura del farmaco antivirale Tamiflu nelle aree
colpite. Questi i temi della conferenza internazionale sull’influenza aviaria,
che vede riuniti a Tokyo un centinaio di ricercatori provenienti da Stati
Uniti, Unione Europea, Russia, Cina ed altri sedici Paesi, oltre a
rappresentanti di organismi internazionali, tra cui Banca Mondiale, UNICEF,
Organizzazione Mondiale della Sanità. Una conferenza – ha detto il ministro
della Sanità giapponese – che cercherà di individuare le risorse finanziarie,
logistiche e umane, volte a minimizzare i danni dell’aviaria, attraverso il
confronto con i Paesi asiatici più colpiti: Cina e Vietnam in testa. Secondo il
quotidiano giapponese “Nihomke Zanshimbn”,
i partecipanti alla conferenza si sono trovati d’accordo sulla necessità che in
futuro vengano in via obbligatoria riferiti all’Organizzazione
Mondiale della Sanità tutti i nuovi casi di contagio tra gli umani e che
sia aperto un sito web in grado di fornire informazioni dettagliate
sull’epidemia. Nel 2005 le persone morte per aviaria sono più che raddoppiate
rispetto al 2004 e l’infezione partita dall’Asia si è diffusa in tutto il
continente, raggiungendo l’Europa orientale.
Per Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.
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Sempre complessa la situazione politica in Ucraina, dopo
il controverso accordo sul gas siglato con la Russia e considerato
negativamente da molte forze politiche. Oggi il presidente ucraino Yushenko ha chiesto al parlamento di ritirare il voto con
cui due giorni fa ha sfiduciato il governo capeggiato da Yekanurov.
L'Ucraina, che in base al nuovo contratto pagherà alla Russia circa il doppio
per il metano, il 26 marzo andrà alle urne per il rinnovo del parlamento. Il
presidente Yushenko, che ieri in Kazakhstan
ha incontrato il capo del Cremlino Putin, ha
specificato che il governo adempierà tutti i suoi obblighi fino alla formazione
del nuovo esecutivo.
Nuova durissima presa di posizione della Siria nei
confronti della commissione d'inchiesta dell’ONU che indaga sull'omicidio
dell’ex premier libanese Hariri. Le autorità di Damasco
hanno infatti vietato “categoricamente” agli
inquirenti dell'ONU di sentire sulla vicenda il presidente siriano, Bashar al-Assad. Lo hanno
dichiarato fonti di governo di Damasco in un'intervista alla radio nazionale
egiziana, captata e ripresa dal network. Gia ieri il segretario di Stato
americano, Condoleeza Rice,
si era scagliata contro l’atteggiamento del Paese siriano, minacciando di
portare il caso davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Intanto a Sharm el Sheik,
in Egitto, proseguono gli incontri fra i capi di Stato e di Governo di alcuni
Paesi mediorientali in merito alla crisi sorta tra Siria e Libano dopo
l’assassinio di Hariri. Oggi è previsto l’incontro
fra il presidente egiziano, Hosni Mubarak,
e il primo ministro del Libano, Fuad Siniora.
E’ stato rilasciato in mattinata
dal carcere di Istanbul, Ali Agca l’uomo che il 13
maggio del 1981 attentò alla vita di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Ad
attenderlo vi erano molti giornalisti e alcuni cordoni di poliziotti. Non è
chiaro adesso se Agca, che è renitente alla leva,
sarà arruolato per svolgere in tutto o in parte il servizio militare obbligatorio.
Sulla liberazione di Agca, l’episcopato turco invita
a “non fare troppo clamore”, come spiega al microfono di Debora Donnini il portavoce dei vescovi, mons. Georges
Màrovitch:
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R.- Questa persona certamente non è stata un esempio e
allora se il Papa ha fatto quel gesto che ogni cristiano dovrebbe fare e cioè
l’ha perdonato, però dopo è il Signore che lo deve perdonare se si pente
veramente di tutto cuore e vuole ricominciare una nuova vita. Noi preghiamo per
questo: che il Signore lo aiuti.
D. – Il giudice italiano Imposimato
è convinto che, dopo la liberazione, Ali Agca sia in
serio pericolo di vita…
R.
– Può essere, se ci sono persone che l’hanno spinto a fare
l’attentato. Ma non si sa, perché ogni volta racconta una storia diversa.
Certamente quello che ripetiamo è che meno si parla di questo meglio è. Per lui
ancora una volta preghiamo che il Signori lo illumini
e che faccia una nuova vita.
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Quattro lavoratori della compagnia petrolifera
anglo-olandese Shell sono stati rapiti da un gruppo
di uomini armati in un campo petrolifero nel sud della Nigeria. Lo ha riferito
oggi un portavoce della Shell. Gli impiegati
sequestrati sono un britannico, un americano, un bulgaro e un honduregno. I quattro stavano lavorando a bordo di una nave,
la Sea Eagle, che stava
caricando il greggio in una zona di estrazione situata a poche miglia della
costa del Delta del Niger, quando e' avvenuto l'attacco. Per il momento nessun
gruppo ha rivendicato l'azione. La Shell ha avuto a lungo controversie con alcuni gruppi militanti i cui
villaggi si trovano vicino ai campi petroliferi.
Nove marinai dello Sri Lanka sono rimasti uccisi per l'esplosione di una mina dei
separatisti delle Tigri Tamil. Lo ha affermato un
portavoce militare specificando che nell'esplosione ci sono stati anche sette
feriti.
La commissione Bilancio del Parlamento europeo ha adottato
ieri sera una risoluzione con la quale boccia l'intesa raggiunta sulle
prospettive finanziarie dell’Unione fino al 2013 e da’ via libera all'apertura
del negoziato con il Consiglio. La risoluzione sara' votata dall'aula di
Strasburgo mercoledi’ prossimo durante la plenaria.
Lo stesso giorno, è previsto un incontro fra il cancelliere austriaco, Schessel, il presidente della Commissione, Barroso, e il presidente del Parlamento europeo, Borrell, per discutere del calendario per il negoziato sul
bilancio europeo.
L’ex dittatore cileno Augusto Pinochet,
assegnato dal 23 novembre dello scorso anno agli arresti domiciliari, ha
ottenuto la libertà su cauzione, pagando dieci milioni di pesos, pari a 19.200
dollari. Pinochet, che ha 90 anni, è stato incriminato per la sua
responsabilità nella morte di nove cileni nell’ambito della cosiddetta
'Operazione Colombia', messa in atto nel 1975 dalla
polizia segreta della dittatura in collaborazione con i servizi segreti di
Argentina e Brasile.
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