RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 12 - Testo della trasmissione di giovedì 12 gennaio 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Un grave errore” privilegiare sussidi in favore di unioni non fondate sul matrimonio: lo ha detto Benedetto XVI all’udienza agli amministratori della Regione e Provincia del Lazio e del Comune di Roma. Il Papa invoca tutela della vita, degli anziani e dei malati

 

Nella prima udienza al Cammino Neocatecumenale, il Papa ha inviato oltre 200 famiglie in missione nelle zone più scristianizzate del mondo

 

Il viaggio del cardinale Francis Arinze in Ciad: ce ne parla il porporato

 

La responsabilità per il commercio delle armi spetta primariamente ai governi. Così, ai nostri microfoni, l’Osservatore della Santa Sede presso l’ONU, dopo l’intervento di lunedì al Comitato per la preparazione della Conferenza su prevenzione ed eliminazione di armi leggere. Ai nostri microfoni, l’arcivescovo Celestino Migliore

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Presentata presso la Radio Vaticana la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2006, che verrà celebrata domenica prossima: con noi, mons. Lino Bortolo Belotti, il prof. Stefano Zamagni e il ministro Mirko Tremaglia

 

Domani, primo incontro alla Casa Bianca tra Bush e il neocancelliere tedesco, Merkel. Al centro del vertice, la questione del nucleare iraniano e il rafforzamento dei rapporti tra Washington e Berlino: intervista con Gian Enrico Rusconi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il presidente del Mozambico ha inaugurato a Maputo il Vertice “Forum Africa”

 

Le Missionarie dell’Immacolata Concezione istituiscono una nuova provincia religiosa che unisce le comunità di Hong Kong, Taiwan e Giappone

 

Appello del presidente della Commissione dell’Unione Africana: l’unica soluzione per risolvere la crisi tra Sudan e Ciad è il dialogo

 

Evangelizzazione, pastorale e situazione delle Filippine: questi i temi al centro dell’assemblea plenaria dei vescovi filippini in programma a fine mese

 

Sconcerto nella Repubblica dominicana per la morte, martedì scorso, di oltre 20 immigrati haitiani in un incidente dalle dinamiche poco chiare

 

Il 31 gennaio verrà inaugurata a Roma la Biblioteca della Pontificia Università Salesiana, alla presenza del cardinale Zenon Grocholewski

 

24 ORE NEL MONDO:

Rilasciato in mattinata dal carcere di Istanbul, Alì Agca torna in libertà

 

La comunità internazionale si mobilita per l’influenza aviaria, mentre altri decessi si registrano in Cina, Indonesia e Turchia

 

In Israele si aggravano le condizioni di Sharon, nuovamente sotto sedativi

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 gennaio 2006

 

 

“UN GRAVE ERRORE” PRIVILEGIARE SUSSIDI IN FAVORE DI UNIONI NON FONDATE

SUL MATRIMONIO: LO HA DETTO BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA AGLI AMMINISTRATORI DELLA REGIONE E DELLA PROVINCIA DEL LAZIO

E DEL COMUNE DI ROMA.

IL PAPA HA INVOCATO LA TUTELA DELLA VITA NASCENTE, DEGLI ANZIANI E DEI MALATI

 

Tutelare la famiglia fondata sul matrimonio, insieme alla vita nascente, agli anziani e ai malati, senza attribuire riconoscimenti giuridici ad altri tipi di unioni: è questo l’appello rivolto  questa mattina da Benedetto XVI ai responsabili della cosa pubblica della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma, ricevuti in udienza nella Sala Clementina. Un discorso che ha abbracciato molti degli aspetti civili e sociali della regione, nei suoi vari gradi amministrativi. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Dirigere impegni e risorse verso altre forme di unione di coppia o familiari non basate sul vincolo nuziale, a scapito della famiglia legittimamente intesa “è un grave errore”. E’ il messaggio che Benedetto XVI ha indirizzato con chiarezza ai tre gradi dell’amministrazione del Lazio e della città di Roma, nella tradizionale udienza di inizio d’anno. Nel ribadire l’impegno pastorale che da tre anni la diocesi capitolina ha messo in campo in favore della famiglia e dei figli, il Papa ha     esortato le giunte regionale, provinciale e comunale a rispettare le “verità elementari” che riguardano, ha detto, “la nostra comune umanità”. Non si tratta, ha osservato, di “norme peculiari della morale cattolica”, ma di valori il cui rispetto “è essenziale per il bene della persona e della società”:

 

“Da una parte, sono quanto mai opportuni tutti quei provvedimenti che possono essere di sostegno alle giovani coppie nel formare una famiglia e alla famiglia stessa nella generazione ed educazione dei figli: al riguardo vengono subito alla mente problemi come quelli dei costi degli alloggi, degli asili-nido e delle scuole materne per i bambini più piccoli. Dall’altra parte, è un grave errore oscurare il valore e le funzioni della famiglia legittima fondata sul matrimonio, attribuendo ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici, dei quali non vi è, in realtà, alcuna effettiva esigenza sociale”.

 

Benedetto XVI non si è fermato all’emergenza della famiglia. Ha sottolineato e incoraggiato le amministrazioni sulla cura della salute, in particolare dei malati psichici, chiedendo assistenza per le famiglie di questi ultimi, e sulle condizioni degli immigrati. Ma prima di ogni cosa, il Papa ha sollecitato i suoi interlocutori ad avere “attenzione e impegno” a “tutela della vita umana nascente” e della terza età:

 

“Occorre aver cura che non manchino di concreti aiuti le gestanti che si trovano in condizioni di difficoltà ed evitare di introdurre farmaci che nascondano in qualche modo la gravità dell’aborto, come scelta contro la vita. In una società che invecchia diventano poi sempre più rilevanti l’assistenza agli anziani e tutte le complesse problematiche attinenti alla cura della salute dei cittadini”.

 

L’udienza alle rappresentanze della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma – guidate rispettivamente da Pietro Marrazzo, Enrico Gasbarra e Walter Veltroni – era iniziata con i loro saluti al Papa, la descrizione delle maggiori iniziative normative e sociali in favore dei cittadini e l’impegno a proseguire sulla strada della solidarietà e dell’attenzione alle fasce più disagiate della popolazione. E non è mancato nei loro interventi, così come nel discorso di Benedetto XVI, un accenno agli eventi dell’aprile 2005 che hanno ridisegnato il volto della Chiesa:

 

“Le popolazioni di Roma e del Lazio hanno mostrato con straordinaria e  toccante evidenza, nei mesi della malattia e della morte di Giovanni Paolo II, l’intensità della loro risposta di amore all’amore del Papa. Desidero, nella presente circostanza, manifestare la mia più viva gratitudine a voi, distinte Autorità, ed alle Istituzioni che rappresentate per il grande contributo che avete saputo offrire all’accoglienza di milioni di persone, convenute a Roma da ogni parte del mondo, per rendere l’estremo saluto al compianto Pontefice e poi anche in occasione della mia elezione alla Sede di Pietro”.

 

E proprio nel nome e nel ricordo di Giovanni Paolo II, anche una nota di    ilarità ha attraversato la Sala Clementina quando, nel suo indirizzo di saluto al Pontefice, il sindaco di Roma, Veltroni, ha ricordato l’ormai celebre battuta di Papa Wojtyla ai sacerdoti romani, pronunciata nel 2004 -  Semo romani, volemose bene, damose da fa:

 

“Quella esortazione che nel dialetto della terra a lei cara, della sua Baviera, suonerebbe all’incirca “auf geht's, pack ma's!”, è il nostro impegno per il bene di Roma, per il bene di ogni cittadino, nessuno escluso, di questa meravigliosa città”.

 

Poco dopo, questa è stata la risposta di Benedetto XVI:

 

“Non sapevo che il sindaco di Roma non solo parlasse romanesco, ma anche bavarese. Purtroppo non sono in grado di rispondere. Da parte mia, per il prossimo anno, imparerò qualche parola romanesca”. 

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NELLA PRIMA UDIENZA AL CAMMINO NEOCATECUMENALE IL PAPA HA INVIATO

QUESTA MATTINA ALL’AULA PAOLI VI OLTRE 200 FAMIGLIE IN MISSIONE

 NELLE ZONE PIÙ SCRISTIANIZZATE DEL MONDO

 

Benedetto XVI ha inviato questa mattina nell’Aula Paolo VI duecento famiglie in missione in alcune delle zone più scristianizzate del mondo nel corso della prima udienza concessa dal Papa al Cammino Neocatecumenale. Questa esperienza di iniziazione cristiana è presente in più di 900 diocesi del mondo, con oltre 20.000 comunità in 6.000 parrocchie.

 

All’udienza hanno partecipato 5 cardinali e 30 vescovi, insieme a più di 1100 presbiteri missionari formati nei 63 seminari “Redemptoris Mater” nati in questi anni, e duemila seminaristi assieme ai loro rettori. Presenti anche 700 catechisti itineranti in tutto il mondo e i rappresentanti delle comunità neocatecumenali di Roma: in tutto circa 10.000 persone. Il servizio di Roberto Piermarini:

 

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Momento centrale dell’udienza, l’invio di oltre 200 famiglie nelle zone più povere e scristianizzate dei cinque continenti che hanno ricevuto dal Papa un crocifisso che li accompagnerà nella loro missione. Questi nuclei familiari inizieranno una ‘implantatio ecclesiae’ in zone dove grandi masse di persone non hanno più alcun rapporto con la Chiesa.  “E’ un compito questo, ha detto Benedetto XVI, che si colloca nel contesto della nuova evangelizzazione nella quale gioca un ruolo quanto mai importante proprio la famiglia. Il crocifisso che avete ricevuto sarà vostro inseparabile compagno di cammino, mentre proclamerete con la vostra  azione missionaria che solo in Gesù Cristo, morto e risorto, c’è salvezza”.

 

“Di Lui sarete testimoni miti e gioiosi percorrendo in semplicità e povertà le strade d’ogni continente, sostenuti da incessante preghiera ed ascolto della parola di Dio e nutriti dalla partecipazione alla vita liturgica delle Chiese particolari a cui sarete inviati”.

 

“Care famiglie – ha continuato il Papa – voi potete testimoniare con la vostra storia che il Signore non abbandona quanti a Lui si affidano. Continuate a diffondere il Vangelo della vita”:

 

“In un mondo che cerca certezze umane e terrene sicurezze, mostrate che Cristo è la salda roccia su cui costruire l’edificio della propria esistenza e che la fiducia in lui riposta non è mai vana”.

 

Benedetto XVI ha ricordato le numerose vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata nate all’interno del Cammino Neocatecumenale e ha sottolineato che la centralità del mistero di Cristo celebrato nei riti liturgici costituisce una via privilegiata e indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti. Per questo le norme indicate nel recente documento della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti concernente la Celebrazione eucaristica – ha detto - se osservate attentamente, possono rendere ancora più efficace l’apostolato del Cammino Neocatecumenale “in sintonia e comunione piena con il Papa e i Pastori di ogni Diocesi”. “Così facendo – ha affermato il Papa – il Signore continuerà a benedirvi con abbondanti frutti pastorali”.

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Al termine dell’udienza Benedetto XVI ha inviato anche sette presbiteri accompagnati ciascuno da tre famiglie in diverse zone della ex-Germania dell’Est, dell’Olanda e del sud della Francia. L’iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, insieme a Carmen Hernandez e Padre Mario Pezzi ha ricordato come queste famiglie siano il frutto di un cammino di conversione:

 

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Siamo veramente felici. Dio ci sostiene nella nostra missione di portare il Vangelo a tutte le genti. Noi stiamo aprendo un cammino di iniziazione cristiana nelle parrocchie, per riscoprire la ricchezza del Battesimo, formando comunità cristiane. La Vergine Maria ci ha detto:Fate comunità, come la Santa Famiglia di Nazareth, che vivano in umiltà, semplicità e lode, dove l’altro è Cristo’. Questo stiamo portando avanti nelle parrocchie: il Concilio Vaticano II attraverso un cammino di iniziazione cristiana, vissuto in piccole comunità cristiane che diano al mondo i segni che chiamano l’uomo contemporaneo alla fede”.

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A conclusione dell’udienza abbiamo raccolto la testimonianza di alcune famiglie che stanno evangelizzando in varie parti del mondo:

 

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R. – La mia esperienza di missione, fatta fino ad oggi, è che Dio ha sempre provveduto. Ci siamo sentiti accolti ed ha sempre dato, anche ai nostri  figli, una parola in risposta alla sofferenza, alla sofferenza della Croce. I bambini sono stati bravissimi perché sono entrati in queste piccole sofferenze guardando a Cristo che li aiutava e li sosteneva.

 

D. – Che cosa vi spinge a lasciare tutto e ad andare in missione?

 

R. – L’aver sperimentato nella nostra vita la misericordia di Dio, il perdono gratuito sulle nostre debolezze e sui nostri peccati. Questo ci rende sensibili alle sofferenze di tanti fratelli che aspettano l’annuncio di una buona notizia.

 

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D. – La vostra esperienza di missione - famiglia in Israele?

 

R. – Quello che ci ha riempito di gioia è l’evangelizzazione che si fa presso gli   arabo-cristiani della Galilea.

 

D. – L’esperienza di aver lasciato l’Italia e di essere andati in una terra completamente nuova come Israele?

 

R. – Sono arrivata con tanto entusiasmo, poi ho visto invece che Dio da me voleva la fede e ho scoperto che di fede non ne avevo poi molta perché mi ribellavo di fronte alle difficoltà, alle fatiche, a tante cose che mi succedevano. Allora ho scoperto che il dono di essere in missione è proprio fare un incontro vero, autentico con Dio. Le difficoltà ti mettono in crisi però ti vengono anche a dire: e adesso che cosa fai ? L’uomo non ti aiuta, nessuno di aiuta… rimane Dio. Dio ti aiuta? Bene allora esiste.

 

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D. – Un docente universitario che lascia tutta, va in Australia, lascia l’Italia. Che cosa lo spinge a fare questo?

 

R. – Soprattutto la gratitudine per il Signore che ha fatto tantissimo per me, per la mia famiglia. Ho visto come il Signore ha cambiato tutta la mia storia, il mio matrimonio. Io avevo un matrimonio distrutto, il Signore l’ha ricostruito. C’è voluto tempo perché ho capito dopo molto tempo quanto il Signore aveva fatto per me, ma questo mi ha fatto capire che quello che conta soprattutto è seguire Lui, non tanto il lavoro o altre cose. Poi ho ritrovato anche il lavoro all’Università. Ma questo è stato una conferma che il Signore voleva che andassimo là con tutta la famiglia.

 

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D. – L’esperienza della Finlandia?

 

R. – Noi siamo in Finlandia da un anno e mezzo. I bambini si stanno integrando andando a scuola, con le difficoltà che ci sono. E’ una bella esperienza. Stiamo vedendo Dio.

 

D. – A livello ecumenico qual è il rapporto che avete con le altre confessioni cristiane?

 

R. – Ci stiamo aprendo molto con i luterani e con gli ortodossi, con i quali il Cammino Neocatecumenale, attraverso alcuni fratelli, ha iniziato delle catechesi e delle liturgie della Parola insieme ai luterani e agli ortodossi nella città di Oulu.

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NOMINA

 

         Il Santo Padre ha nominato arcivescovo coadiutore dell’Arcidiocesi di Bouaké (Costa d’Avorio), mons. Paul-Siméon Ahouanan Djro, Ordine Francescano Frati Minori, trasferendolo dalla Diocesi di Yamoussoukro (Costa d’Avorio).

 

 

IL VIAGGIO DEL CARDINALE FRANCIS ARINZE IN CIAD

- Intervista col porporato -

 

In qualità di Legato del Santo Padre, il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, si è recato la scorsa settimana in Ciad. Ha presieduto, infatti, le celebrazioni del Congresso eucaristico nazionale che è stato il primo celebratosi in questo Paese africano. Dei momenti forti del Congresso il cardinale Arinze ha parlato con Giovanni Peduto:

 

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R. – Il congresso si è tenuto a Mundu, località che si trova a 5 ore di macchina da N’Djaména. Mundu è la seconda diocesi del  Paese. I momenti principali della celebrazione sono stati l’apertura, il 5 gennaio, con la lettura del messaggio del Papa, con le manifestazioni di gioia dei fedeli, e il saluto di benvenuto del vescovo. Ogni mattina, per tre giorni, due vescovi hanno tenuto una catechesi sull’Eucaristia, incentrata su tre temi: Eucaristia-Fede, Eucaristia–Vita, Eucaristia-Missione. Venerdì pomeriggio si è tenuto un atto penitenziale seguito dalla confessione individuale: tanti sacerdoti si sono sacrificati per confessare i fedeli, un popolo meraviglioso. Sabato pomeriggio e la sera si è svolta la processione eucaristica, partita da quattro punti, quindi quattro processioni che finivano davanti alla cattedrale, dove c’è stata ancora mezz’ora di adorazione e quindi la benedizione eucaristica. Il Ciad conta otto diocesi. Il Congresso si è concluso domenica 8 gennaio con una Santa Messa solenne durante la quale è stata letta la lettera del cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Durante l’offertorio sono state anche lette le proposte delle otto diocesi, che compongono il Ciad, su ciò che intendono fare come risultato del Congresso. Quindi c’è stata una colletta a favore degli ammalati di Aids. Quando ho tenuto l’omelia ho visto che i fedeli veramente seguivano con attenzione anche se il mio francese non era quello classico. C’era davvero di che ringraziare il Signore. Il vescovo, che al termine della Messa voleva ringraziare, ha avuto difficoltà a terminare il suo discorso a causa della grande commozione.

 

D. – Quindi Lei, eminenza, è rimasto molto colpito  da questo avvenimento. Come vivono l’Eucaristia le comunità del Ciad?

 

R. – Insieme, condividendo la vita, le gioie della vita e quella di essere insieme come Chiesa, che è sorta negli ultimi 75 anni: in alcune zone il Vangelo è arrivato appena 50 fa. Il primo sacerdote in assoluto ha 35 anni di sacerdozio ed ha parlato come decano del clero locale, ma è più giovane di me. E’ un popolo sereno, pur nella loro povertà, perché il Ciad non è un Paese ricco, anche se adesso dicono di aver scoperto il petrolio. Mi ha colpito molto il loro senso di pace, il loro desiderio di condivisione, la loro disciplina personale. Non ho notato la presenza della polizia, è un popolo molto disciplinato.

 

D. – Lei, Eminenza, quale messaggio ha portato a queste popolazioni?

 

R. – L’Eucaristia è il centro della nostra fede. La celebrazione della Messa è un momento di gioia, manifesta la nostra fede, l’aumenta e ci spinge all’apostolato. La Messa non è una celebrazione del villaggio, è una cosa universale, ma rispetta anche ciò che la Chiesa ha di locale. Ho portato loro anche il senso della gioia cristiana, anche in mezzo ai problemi del nostro pellegrinaggio terrestre che non possono mai esser completamente evitati, specialmente in un Paese come il Ciad.

 

D. – Eminenza, la Chiesa del Ciad cosa ha bisogno ancora di ricevere e a sua volta cosa può dare?

 

R. – Ha bisogno di molto. Non ha, ad esempio, sufficienti sacerdoti, religiosi, religiose. Necessita di missionari e ne riceve. Infatti, l’episcopato locale è formato da otto vescovi, di cui tre sono ciadiani, due italiani, un canadese, e due mi sembra francesi. La Chiesa del Ciad, però, può anche dare, ad esempio, la gioia per ciò che si ha, perché per essere felici non è necessario possedere banche mondiali. Infatti, il successo non dà la gioia. Questo non significa che noi vogliamo che i popoli del mondo restino poveri: piuttosto, occorre assicurare un minimo di benessere per vivere con dignità la vita. Ma è anche vero che si può dire che molti Paesi africani che sono poveri sono lieti: non poveri ma contenti, bensì poveri e lieti, pacifici. La gente canta di gioia. Infatti era difficile durante il Congresso fermare il coro. La loro gioia era trasparente e questo colpisce moltissimo.

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LA RESPONSABILITÀ PER IL COMMERCIO DELLE ARMI SPETTA PRIMARIAMENTE

 AI GOVERNI. COSÌ, AI NOSTRI MICROFONI, L’OSSERVATORE DELLA SANTA SEDE

PRESSO L’ONU,  DOPO L’INTERVENTO DI LUNEDÌ AL COMITATO PER LA PREPARAZIONE DELLA CONFERENZA SU PREVENZIONE ED ELIMINAZIONE DI ARMI LEGGERE

- Intervista con l’arcivescovo Celestino Migliore -

 

“Promuovere una reale cultura di pace e di vita tra tutti i membri della società” per ridurre la domanda di armi e negoziare un vincolante strumento legale per combattere il traffico illecito di armi. Sono alcuni dei passi dell’intervento di lunedì scorso dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, arcivescovo Celestino Migliore, al Comitato delle Nazioni Unite per la preparazione della Conferenza sulla prevenzione ed eliminazione del commercio illecito di armi leggere. Ma a chi spetta la responsabilità di questo commercio e come è possibile promuovere un effettivo disarmo? Per approfondire questi temi, Emer McCarthy ha intervistato lo stesso arcivescovo Migliore:

 

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R. – La responsabilità per il commercio delle armi spetta primariamente ai governi. Prevenire non basta, soprattutto in situazioni di dopoguerra. Nessuno è pronto a consegnare le armi senza intravedere una via di uscita dalla povertà. Ex combattenti e membri di bande armate consegnano più facilmente le armi se si offrono loro programmi di microcredito, di assistenza alimentare, sanitaria ed altri piani di questo tipo. Quindi, un effettivo disarmo dei civili richiede il concorso di alcune politiche ben precise. Infatti, la circolazione delle armi leggere e di piccolo calibro perderà il suo incentivo quanto più aumenterà l’impegno nel rimuovere le cause della violenza quotidiana e nell’assicurare con rapidità ed efficacia la giustizia, laddove viene a mancare. E poi, a livello internazionale, il mercato delle armi necessita di un controllo più efficace. L’attuale sistema di controllo dei flussi delle armi presenta troppi vuoti e incongruenze che facilmente vengono sfruttati dai mediatori e dai trafficanti di armi.

 

D. – Dietro al commercio delle armi leggere ci sono ingenti guadagni, ma a prezzo di numerose vittime. Chi paga di più la diffusione di queste armi?

 

R. – I civili sono le vittime più comuni dei conflitti armati e dei crimini. Si tratta di giovani, uomini e donne, dei gruppi sociali più vulnerabili. In alcune aree di conflitto si ha l’impressione che l’obiettivo non siano tanto i militari in combattimento, ma la popolazione civile. Molti crimini di guerra e crimini quotidiani nelle case e nelle strade dipendono anche dall’estrema facilità di accesso alle armi.

 

D. – Il Papa, in questi giorni, ha condannato duramente il fatto che tante risorse siano ancora oggi destinate alle armi, mentre la miseria dilaga in tante parti del mondo. E’ così forte l’industria delle armi?

 

R. – Le cento fabbriche di armi più importanti nel mondo insieme, l’anno scorso, hanno aumentato del 25 per cento la loro produzione, mentre disarmo e sviluppo vanno di pari passo. Lo dimostrano recenti ricerche condotte da organismi delle Nazioni Unite. Disarmo, sviluppo e sicurezza si integrano a vicenda e vanno di pari passo. E’ importante sottolineare i vantaggi del disarmo in termini di economia e sviluppo.

 

D. – Benedetto XVI ha anche sottolineato che il processo di disarmo sta ristagnando in una generale indifferenza. E’ giunta l’ora di rimettere il problema al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale?

 

R. – Proprio l’altro ieri, intervenendo al Comitato ONU, ho sottolineato fortemente il ruolo della società civile per capire le dinamiche che danno il via ai conflitti, per educare al disarmo e creare una forte domanda e pressione in favore del disarmo. La gente comune conosce la pericolosità delle armi leggere di piccolo calibro. Non tutti conoscono i meccanismi di mediazione e di traffico illecito di tali armi. La delusione per il silenzio circa il disarmo da parte del documento finale del vertice dei capi di Stato e di governo, nel settembre scorso, è un segno che esiste una sensibilità della gente a questo problema. Occorre, poi, anche superare gli ostacoli posti dalle diverse concezioni della sicurezza, da limitati interessi nazionali, dalla seduzione del guadagno e degli affari facili nel commercio illecito di armi.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo “La famiglia legittima fondata sul matrimonio non va oscurata”: l’accorato appello di Benedetto XVI agli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma durante l’udienza in occasione della presentazione degli auguri per il nuovo anno.

La società - ha sottolineato il Santo Padre - non ha alcuna effettiva esigenza di riconoscere giuridicamente altre forme di unione.

 

Servizio vaticano -  Il discorso di Benedetto XVI al Cammino Neocatecume-nale. Grazie all’adesione fedele ad ogni direttiva della Chiesa - ha evidenziato il Papa - voi renderete ancor più efficace il vostro apostolato. 

 

Servizio estero - Nucleare: vertice europeo per definire le risposte alla ripresa del programma atomico iraniano. Pressioni USA per deferire Teheran al Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitica” un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo “Haiti: persistenti ostacoli alla normalizzazione”.

 

Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Il pensiero politico di Alessandro Manzoni”: in un volume di Mario D’Addio.

 

Servizio italiano - In rilievo la vicenda delle intercettazioni: sempre più rovente lo scontro fra i poli.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 gennaio 2006

 

 

PRESENTATA PRESSO LA RADIO VATICANA LA GIORNATA MONDIALE

DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2006, CHE VERRÀ CELEBRATA DOMENICA PROSSIMA

 

E’ stata presentata questa mattina presso la Sala Marconi della Radio Vaticana la Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato 2006, che verrà celebrata domenica prossima. Molte le manifestazioni promosse in Italia dalla fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, dirette a sensibilizzare la società verso le sfide pastorali e sociali poste dal fenomeno delle migrazioni. Alla conferenza stampa era presente anche il ministro per gli italiani all’estero, Mirko Tremaglia. Il servizio è di Stefano Leszczynski:

 

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Per la prima volta in Italia la Giornata Nazionale delle migrazioni prende nome e forma di Giornata Mondiale. La particolare celebrazione dedicata a tutti i migranti: italiani all’estero, immigrati, Rom e Sinti, Circensi e lunaparchisti, Marittimi ed aeroportuali, ha quest’anno per titolo: “Migrazioni, segno dei tempi: cieli e terra nuova il Signore darà”. Sul significato della attuale Giornata Mondiale, mons. Lino Bortolo Belotti, presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni.

 

“Il titolo è molto importante, nel senso che con il nostro lavoro di accoglienza, soprattutto degli immigrati, noi costruiamo una terra nuova e un cielo nuovo. Vale a dire: è nelle nostre mani il fatto che la nostra società, anche civile, come anche la nostra Chiesa, si rinnovi continuamente nel rapporto con chi è diverso da noi”.

 

La Giornata nasce per volontà di S. Pio X nel 1914 in un periodo in cui gli Italiani vivevano un forte periodo di migrazioni. Dopo 92 anni il significato di questa celebrazione è profondamente cambiato, soprattutto alla luce delle forti pressioni migratorie verso l’Italia e l’Unione Europea. Il commento del prof. Stefano Zamagni, presidente dell’ICMC di Ginevra:

 

“Io penso sia giunto il momento di affermare la centralità delle politiche europee, capendo che nessun Paese per quanto organizzato, ben funzionante esso sia, è in grado di gestire, in maniera efficace e rispettoso delle dignità umane, il fenomeno migratorio. Anche perché in questo modo si eviterebbe quel fenomeno che va sotto il nome di “shopping migratorio”. I migranti arrivano in un Paese, poi si spostano in un altro alla ricerca delle condizioni migliori. Questa “sconcezza” deve terminare. L’Unione Europea deve farsi carico di gestire in maniera omogenea, a livello dell’intera Unione, il problema migratorio”.

 

La Giornata Mondiale offre insomma uno spunto di riflessione importante anche da parte dei rappresentanti istituzionali all’insegna della solidarietà e dell’umanità, come ci conferma il ministro per gli italiani all’estero Mirko Tremaglia, intervenuto alla presentazione presso la Radio Vaticana:

 

“Noi dobbiamo capire soprattutto questo fatto di grande umanità, indispensabile nella nostra vita, perché bisogna ricordare gli italiani maltrattati ovunque, ma bisogna ricordare quei disperati che arrivano sulle nostre coste. Ecco, l’accoglienza è un fatto di umanità, è un fatto di civiltà”.

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DOMANI IL PRIMO INCONTRO ALLA CASA BIANCA TRA GEORGE W. BUSH

E IL NEOCANCELLIERE TEDESCO, ANGELA MERKEL. AL CENTRO DEL VERTICE,

LA QUESTIONE DEL NUCLEARE IRANIANO E IL RAFFORZAMENTO DEI RAPPORTI

TRA WASHINGTON E BERLINO DOPO LE FRIZIONI SULL’IRAQ

 

Sia in Germania che negli Stati Uniti c’è molta attesa per il primo incontro, domani a Washington, tra il neocancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente americano George W. Bush. L’auspicio nelle due capitali è di rinvigorire i rapporti tra i due Paesi, dopo il gelo provocato dalle profonde divergenze tra la Casa Bianca e l'ex cancelliere Schroeder sull’intervento anglo-americano in Iraq. Per una riflessione sulle aspettative di questo vertice, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del germanista Gian Enrico Rusconi, professore di Scienza Politica all’Università di Torino:

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R. – E’ inutile negare che la stampa qualificata sia molto riservata. Ha preso atto che la signora Merkel è abile sul piano europeo. Almeno, come immagine si è imposta. Adesso però c’è la prova più importante. Io penso che ci sarà un cambiamento di stile, di simpatia, perché certamente le due capitali hanno bisogno sia all’interno, sia a livello internazionale, di dire che i vecchi equivoci sono stati superati. Quanto poi ad un cambiamento di sostanza, non credo sarà molto grande, che poi vuol dire l’atteggiamento verso l’Iraq sostanzialmente. E poi non dimentichiamo che accanto alla Merkel c’è un ministro degli Esteri della socialdemocrazia, quindi in realtà lo spazio di manovra per un cambiamento di politica non c’è.

 

D. – Ecco, professore, quale saranno i punti chiave di questo incontro? Cosa, insomma, si diranno Bush e la Merkel?

 

R. – Se fossi Bush direi ai tedeschi: “I vostri rapporti con la Russia come sono?” Il vero problema è anche quello. La Merkel che atteggiamento ha verso Putin? La sua politica verso la Cecenia che è stata dimenticata fino al prossimo disastro, e così via. Insomma, la Merkel deve muoversi per ragioni interne e per ragioni esterne in un campo abbastanza minato. La sua determinazione e la sua capacità di essere simpatica non sono risorse sufficienti.

 

D. – Uno dei temi caldi del vertice sarà sicuramente la questione del nucleare iraniano. Prima di partire per Washington il cancelliere tedesco ha chiamato Blair. Sull‘Iran non ci saranno, dunque, quelle frizioni che hanno caratterizzato l’escalation irachena?

 

R. – No, sull’Iran tra Gran Bretagna, Francia e Germania c’è sempre stata unione. Da questo punto di vista, occorre dire che Blair giocava e gioca su due tavoli diversi. In Iraq c’è la lealtà verso l’alleato americano, poi c’è il vecchio imperialismo inglese... Invece, queste grandi potenze europee – mi lasci usare questa espressione – quindi non l’Europa, ma le tre vecchie grandi potenze europee, hanno sempre avuto un atteggiamento unanime, cioè di tenere a bada l’Iran con la ragionevolezza, entrando in competizione con l’America. Anzi, c’è una certa attesa ironica da parte di Washington che dice: “Vediamo un po’ se questi vecchi europei riescono a tenere buono l’Iran, senza usare le maniere forti come vogliamo fare noi”.

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CHIESA E SOCIETA’

12 gennaio 2006

 

 

IL CONTINENTE AFRICANO PUÒ VINCERE L’EMERGENZA POVERTA’ FACENDOSI CARICO DELLE PROPRIE RESPONSABILITA’ E ABBANDONANDO OGNI GENERE DI VITTIMISMO.

LO HA DETTO IL PRESIDENTE DEL MOZAMBICO INAUGURANDO A MAPUTO IL VERTICE “FORUM AFRICA”, AL QUALE PARTECIPANO EX CAPI DI STATO E DI GOVERNO

 

MAPUTO. = “La battaglia contro la povertà in Africa necessita della nostra autostima e deve accrescere, in noi, la volontà di servire il nostro popolo e il Continente”: lo ha detto il presidente del Mozambico, Armando Guebuza, intervenendo alla sessione inaugurale del “Forum Africa”, vertice al quale partecipano ex capi di Stato e di governo del Continente. Il presidente Guezuba – riferisce l’Agenzia missionaria ‘MISNA’ - ha spiegato che la miseria “rischia di minare l’autentico significato della nostra liberazione e la dignità umana”: per combatterla, occorre “smettere di ricercarne le ragioni negli altri, o in cosa gli altri stanno facendo o non facendo”. Invitando poi il Mozambico e gli altri Stati africani ad abbandonare ogni genere di vittimismo e a farsi carico di precise responsabilità, il presidente si è quindi detto ottimista sul futuro dell’Africa. Ha ricordato i successi contro il colonialismo, nella costruzione di moderne nazioni e nell’integrazione regionale e ha affermato: “L’Africa si è dimostrata in grado di realizzare i suoi sogni; ha mostrato che può fare il salto dal pensiero all’azione, dal volere al fare qualcosa”. Guebuza ha poi invitato gli ex capi di Stato e governo convenuti a Maputo a “concentrare le energie per promuovere pace, sicurezza e stabilità nel Continente, come fattori fondamentali per proseguire nel rafforzamento e nell’espansione dell’Unio-ne Africana”. (A.L.)

 

 

ISTITUITA DALLE MISSIONARIE DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE UNA NUOVA PROVINCIA RELIGIOSA CHE UNISCE LE COMUNITÀ DI HONG KONG, TAIWAN E GIAPPONE

 

HONG KONG. = La congregazione religiosa delle suore missionarie dell’Immaco-lata Concezione (MIC) ha istituito una nuova provincia asiatica che unisce le comunità di Hong Kong, Taiwan e del Giappone per rendere più efficace e coordinato l’impegno nel campo dell’evangelizzazione in Estremo Oriente. Lo rivela il “Kong Ko Bao”, il bollettino diocesano in lingua cinese, precisando che come prima superiora provinciale della nuova provincia religiosa è stata eletta suor Librada Bantilan. Il Consiglio esecutivo provinciale – riferisce l’Agenzia “Fides” - auspica che la nuova provincia possa vivere e testimoniare il Vangelo e promuovere la vita di comunione nel Continente asiatico, contrassegnato da un grande pluralismo religioso. La Congregazione delle Suore Missionarie dell’Immacolata Concezione (MIC) è stata fondata nel 1902 a Montreal, in Canada, dove si trova la casa generalizia. Le prime missionarie sono arrivate a Hong Kong nel 1928 per portare il Vangelo al popolo asiatico. Attualmente, ci sono ad Hong Kong 14 suore e 2 novizie. A Taiwan è presente una comunità formata da 7 suore. (A.L.)

 

 

L’UNICA SOLUZIONE PER RISOLVERE LA CRISI TRA SUDAN E CIAD È IL DIALOGO:

E’ L’APPELLO LANCIATO DAL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE

DELL’UNIONE AFRICANA CHE SOTTOLINEA ANCHE IL RUOLO DELL’ANGOLA

PER LA SOLUZIONE DELLA CRISI TRA I DUE PAESI

 

KHARTOUM. = La risoluzione della crisi tra Ciad e Sudan deve passare attraverso il dialogo: lo ha ribadito il presidente della Commissione dell’Unione Africana (UA), Alpha Omar Konaré, in visita a Luanda, capitale dell’Angola. Secondo Konaré, i due Paesi “devono capire che non c’è altra strada”. Coloro che commettono errori – ha aggiunto Konaré, ex presidente del Mali - devono ammetterli e correggersi, perché in Africa dobbiamo tutti lavorare in un clima di pace e fiducia”. Il presidente della Commissione dell’UA – riferisce inoltre l’Agenzia MISNA - ha sottolineato che è stato forte l’impegno dell’organizzazione africana per scongiurare il pericolo di un inasprimento delle relazioni tra i governi di N’djamena e Khartoum. Dopo l’incontro con il presidente angolano Eduardo dos Santos, l’ex capo di Stato del Mali ha dichiarato, inoltre, che “l’Angola gioca un ruolo molto importante nell’ambito dell’UA”. “Sono convinto – ha osservato - che il suo contributo sarà rilevante nella ricerca di una soluzione della crisi tra Ciad e Sudan”. Konaré ha lasciato Luanda per Lusaka, in Zambia, da dove proseguirà il suo viaggio per raggiungere Khartoum. Nella capitale sudanese parteciperà agli ultimi preparativi del summit dell’UA, in programma il 24 e 25 gennaio prossimi. (A.L.)

 

EVANGELIZZAZIONE, PASTORALE E SITUAZIONE DELLE FILIPPINE.

QUESTI I TEMI AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI FILIPPINI,

IN PROGRAMMA A FINE MESE, INDICATI DAL PRESIDENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE ASIATICO

 

MANILA. = Rinnovare la pastorale nazionale, cambiare realmente mente e cuore della popolazione e sottolineare l’importanza dell’evangelizzazione. Sono i temi prioritari che il presidente della Conferenza episcopale delle Filippine, l’arcivesco-vo di Jaro, mons. Angel Lagdameo, intende porre all’attenzione della 92.ma Assemblea plenaria dei vescovi filippini che si terrà alla fine del mese. “Spero - osserva il presule le cui parole sono state riprese dall’Agenzia “Asia News” - che potremo concentrarci sul rinnovamento della pastorale nazionale, un obiettivo importante messo in luce già nel 1992 e recentemente, con un documento pubblicato nel 2001”. Sottolineando la missione della Chiesa nel rinnovamento nazionale e nella trasformazione sociale, mons. Lagdameo ribadisce, poi, la centralità dell’evangelizzazione. “La conversione – spiega - non è fine a sé stessa e non deve fermarsi al primo stadio. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte come strumenti utili al cambiamento della società e della Chiesa”. “Dio è con noi – conclude – e questo deve darci speranza. Dobbiamo sempre chiedere il Suo aiuto ma dobbiamo essere pronti a fare anche la nostra parte”. (A.L.)

 

 

SCONCERTO NELLA REPUBBLICA DOMINICANA PER LA MORTE, MARTEDÌ SCORSO,

DI OLTRE 20 IMMIGRATI HAITIANI IN UN INCIDENTE DALLE DINAMICHE POCO CHIARE.

IL PADRE GESUITA, REGINO MARTÌNEZ, EVIDENZIA LA MANCANZA DI ADEGUATE MISURE IN DIFESA DEGLI IMMIGRATI E DI POLITICHE MIGRATORIE

 

SANTIAGO. =  Almeno 24 immigrati haitiani sono rimasti uccisi in un incidente stradale dalle dinamiche ancora oscure, nella notte del 10 gennaio, nel nord della Repubblica Dominicana. Il padre gesuita del Servizio dei gesuiti per i rifugiati e migranti del Dajabón, “Soldaridad Frontieriza”, in un’intervista rilasciata all’Agen-zia MISNA, ha dichiarato che nel Paese non c’è la volontà politica di porre fine a questo tipo di incidenti. Manca – ha aggiunto - una vera e propria politica migratoria che sia, al tempo stesso, chiara ed adeguata. In base a testimonianze raccolte tra i superstiti dallo stesso padre Martínez, sembra che gli immigrati coinvolti nell’incidente facessero parte di un gruppo di almeno 200 persone, tra cui anche donne e bambini. Nella Repubblica Dominicana, gli immigrati vengono solitamente reclutati per essere poi impiegati come braccianti, con un basso salario, nelle piantagioni agricole. Secondo quanto dichiarato dallo stesso padre gesuita, l’assurda contraddizione sta nel fatto che la manodopera di questi immigrati è rivendicata da tutti, sia da latifondisti e produttori agricoli, sia dalle autorità locali per la realizzazione di opere pubbliche. Questo in teoria è vietato – ha concluso padre Martínez – ma in pratica diventa legale e nessuno tutela gli immigrati. (A.E.)

 

 

ALLA PRESENZA DEL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI, PREFETTO

DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA,

IL 31 GENNAIO VERRA’ INAUGURATA A ROMA LA BIBLIOTECA

DELLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ SALESIANA

 

ROMA.= Fervono i preparativi per l’inaugurazione, a Roma, della biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Il 31 gennaio, dopo la presentazione della biblioteca, si svolgerà l’atto accademico inaugurale, con il saluto del Rettor Magnifico dell’ateneo, don Mario Toso, e il discorso del cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. Ben 700 mila volumi a disposizione degli studiosi, degli studenti ma anche dei cittadini residenti nella zona Nord-Est di Roma, dove è situata. La nuova biblioteca “Don Bosco” dell’Università Pontificia Salesiana – riferisce l’agenzia SIR – verrà inaugurata dunque nel giorno della festa di San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani e del loro vasto movimento spirituale ed educativo di servizio ai giovani. “La nuova biblioteca – si legge in una nota – è un’ulteriore manifestazione della proposta culturale e formativa che l’ateneo realizza da oltre 30 anni nell’ambito della ricerca e delle attività didattiche sia dei docenti che degli studenti della stessa Università, provenienti da oltre 1200 diverse nazioni del mondo, sia per gli studiosi di altri atenei che vi trovano un ricchissimo patrimonio librario specializzato in vari ambiti e in particolare in quello educativo”. La Biblioteca si struttura in un edificio a cinque piani il cui servizio di ricerca di volumi e riviste è stato concepito e realizzato secondo le esigenze innovative più attuali, come l’informatizzazione del sistema e l’automazione dei servizi. (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 gennaio 2006

 

- A cura di  Eugenio Bonanata -

        

L'Iran ha completato la rimozione dei sigilli da tre dei propri impianti    atomici, compresi quelli al centro di ricerca di Natane. Il tutto è avvenuto sotto la supervisione degli ispettori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Lo hanno riferito fonti diplomatiche riservate presso il quartier generale della stessa AIEA, a Vienna. Nella sua ultima risoluzione, l’AIEA aveva chiesto all’Iran di sospendere ogni attività come l’arricchimento di uranio. Nel pomeriggio i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Gran Bretagna si riuniranno con il responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, per decidere se deferire il dossier iraniano al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Una decisione, questa, definita molto probabile dal ministro degli Esteri britannico, Jack Straw. Il premier britannico Blair ieri aveva ribadito che nei confronti della Repubblica    islamica “non si esclude alcuna misura”. Secca la risposta del presidente iraniano Ahmadinejad che ha affermato: l’Iran non ha paura dell’Occidente. Intanto, il ministro degli Esteri russo, Lavrov, ha annunciato la decisione di riunire a Londra la prossima settimana i rappresentanti di Pechino, Mosca, Washington e Bruxelles.

 

Nuovo tragico episodio a La Mecca, durante il tradizionale pellegrinaggio musulmano dell’Haj, che ogni musulmano è tenuto a compiere almeno una volta nella vita. Secondo un giornalista dell’Agenzia ‘Reuters’, più di 50 persone sono morte nella calca creatasi in uno dei punti più pericolosi del percorso, quello in cui i fedeli devono gettare pietre contro tre stele che simboleggiano il Diavolo. I pellegrini arrivano davanti alle stele gridando ‘Allah Akbar’ - Dio è grande - in un clima di eccitazione generale.

 

In Israele si aggravano le condizioni di Sharon. Nonostante ieri abbia riconosciuto la presenza al suo capezzale di suo figlio, oggi il premier è nuovamente sotto sedativi per un innnalzamento della pressione sanguigna. Secondo il quotidiano Maariv, che cita fonti ospedaliere, Sharon avrebbe inoltre un soffio al cuore: una complicazione potenzialmente pericolosa che potrebbe causare un nuovo ictus. In giornata Sharon sarà sottoposto a una nuova tac. Domani, invece, sono previsti altri test neurologici.  Sul piano politico si dimetteranno domenica prossima i 4 ministri del Likud, rifiutando la richiesta del capo del partito Netanyahu che le pretendeva entro la mattinata di oggi.

 

In Iraq proseguono gli scontri tra guerriglia ed esercito statunitense. Ma ad occupare il primo piano sono le notizie sulle cattive condizioni di salute di Tareq Aziz, l’ex vice premier di Saddam, detenuto dall'esercito americano. Secondo dichiarazioni del suo avvocato, rese alla stampa locale, Tareq Aziz non vivrà più di un mese a causa di una “embolia cerebrale e di malattie cardiache”. Intanto il presidente americano Bush, in un nuovo discorso tenuto per rafforzare il sostegno popolare per la guerra in Iraq, ha affermato: “voglio che le truppe tornino a casa ma non senza la vittoria”.  Da New York, ce ne parla Paolo Mastrolilli:

 

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Il capo della Casa Bianca ha dichiarato che il nemico ha una sola arma, cioè la possibilità di piegare la volontà degli Stati Uniti, quindi ha aggiunto: “Che siate d’accordo con me o no, non riusciranno a piegare la mia”. Bush sta cercando di invertire la tendenza nei sondaggi, che da diversi mesi segnala un declino nell’appoggio per le operazioni militari. Lo fa anche in vista delle elezioni parlamentari di novembre, in cui questi temi giocheranno una parte predominante. In Iraq, ieri, sono avvenuti alcuni scontri, ma la novità politica più significativa è arrivata da Bel Aziz Al Aquila, leader del principale partito sciita. Il religioso ha dichiarato di non essere favorevole a cambiamenti sostanziali nella costituzione approvata nei mesi scorsi, come in un primo tempo era stato promesso alla minoranza sunnita, per convincerla a partecipare al processo democratico. Questo rifiuto potrebbe provocare la reazione del gruppo etnico minoritario, rilanciando le violenze.

 

Per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Sempre alto l’allarme per l’influenza aviaria. La Turchia ha annunciato oggi un terzo decesso e ha identificato due nuovi casi di infezione umana con virus H5N1. Due nuovi morti si registrano anche in Cina e uno in Indonesia. E mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito appropriata e soddisfacente la reazione della Turchia, la FAO ha invece lanciato un appello ad Ankara e ai Paesi confinanti, affinché siano adottate tutte le misure necessarie ad evitare una pandemia. Le Nazioni Unite, dal canto loro, hanno chiesto ai Paesi donatori di impegnarsi stanziando almeno 1,5 miliardi di dollari, la prossima settimana a Pechino, dove si svolgerà una conferenza internazionale sull’argomento. Intanto, 100 ricercatori di 20 Paesi e rappresentanti di varie organizzazioni internazionali sono riuniti a Tokyo per prevenire la diffusione del morbo nell’uomo. Da Tokyo, Chiaretta Zucconi:

 

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Delineare un sistema di prevenzione e contenimento per evitare che il virus H5 possa propagarsi sempre più tra gli umani e istituire un meccanismo in grado di assicurare la presenza di personale medico e la fornitura del farmaco antivirale Tamiflu nelle aree colpite. Questi i temi della conferenza internazionale sull’influenza aviaria, che vede riuniti a Tokyo un centinaio di ricercatori provenienti da Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina ed altri sedici Paesi, oltre a rappresentanti di organismi internazionali, tra cui Banca Mondiale, UNICEF, Organizzazione Mondiale della Sanità. Una conferenza – ha detto il ministro della Sanità giapponese – che cercherà di individuare le risorse finanziarie, logistiche e umane, volte a minimizzare i danni dell’aviaria, attraverso il confronto con i Paesi asiatici più colpiti: Cina e Vietnam in testa. Secondo il quotidiano giapponese “Nihomke Zanshimbn”, i partecipanti alla conferenza si sono trovati d’accordo sulla necessità che in futuro vengano in via obbligatoria riferiti all’Organizzazione Mondiale della Sanità tutti i nuovi casi di contagio tra gli umani e che sia aperto un sito web in grado di fornire informazioni dettagliate sull’epidemia. Nel 2005 le persone morte per aviaria sono più che raddoppiate rispetto al 2004 e l’infezione partita dall’Asia si è diffusa in tutto il continente, raggiungendo l’Europa orientale.

 

Per Radio Vaticana, da Tokyo, Chiaretta Zucconi.

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Sempre complessa la situazione politica in Ucraina, dopo il controverso accordo sul gas siglato con la Russia e considerato negativamente da molte forze politiche. Oggi il presidente ucraino Yushenko ha chiesto al parlamento di ritirare il voto con cui due giorni fa ha sfiduciato il governo capeggiato da Yekanurov. L'Ucraina, che in base al nuovo contratto pagherà alla Russia circa il doppio per il metano, il 26 marzo andrà alle urne per il rinnovo del parlamento. Il presidente Yushenko, che ieri in Kazakhstan ha incontrato il capo del Cremlino Putin, ha specificato che il governo adempierà tutti i suoi obblighi fino alla formazione del nuovo esecutivo.

 

Nuova durissima presa di posizione della Siria nei confronti della commissione d'inchiesta dell’ONU che indaga sull'omicidio dell’ex premier libanese Hariri. Le autorità di Damasco hanno infatti vietato “categoricamente” agli inquirenti dell'ONU di sentire sulla vicenda il presidente siriano, Bashar al-Assad. Lo hanno dichiarato fonti di governo di Damasco in un'intervista alla radio nazionale egiziana, captata e ripresa dal network. Gia ieri il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, si era scagliata contro l’atteggiamento del Paese siriano, minacciando di portare il caso davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Intanto a Sharm el Sheik, in Egitto, proseguono gli incontri fra i capi di Stato e di Governo di alcuni Paesi mediorientali in merito alla crisi sorta tra Siria e Libano dopo l’assassinio di Hariri. Oggi è previsto l’incontro fra il presidente egiziano, Hosni Mubarak, e il primo ministro del Libano, Fuad Siniora.

 

E’ stato rilasciato in mattinata dal carcere di Istanbul, Ali Agca l’uomo che il 13 maggio del 1981 attentò alla vita di Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Ad attenderlo vi erano molti giornalisti e alcuni cordoni di poliziotti. Non è chiaro adesso se Agca, che è renitente alla leva, sarà arruolato per svolgere in tutto o in parte il servizio militare obbligatorio. Sulla liberazione di Agca, l’episcopato turco invita a “non fare troppo clamore”, come spiega al microfono di Debora Donnini il portavoce dei vescovi, mons. Georges Màrovitch:

 

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R.- Questa persona certamente non è stata un esempio e allora se il Papa ha fatto quel gesto che ogni cristiano dovrebbe fare e cioè l’ha perdonato, però dopo è il Signore che lo deve perdonare se si pente veramente di tutto cuore e vuole ricominciare una nuova vita. Noi preghiamo per questo: che il Signore lo aiuti.

 

D. – Il giudice italiano Imposimato è convinto che, dopo la liberazione, Ali Agca sia in serio pericolo di vita…

 

R.  – Può essere, se ci sono persone che l’hanno spinto a fare l’attentato. Ma non si sa, perché ogni volta racconta una storia diversa. Certamente quello che ripetiamo è che meno si parla di questo meglio è. Per lui ancora una volta preghiamo che il Signori lo illumini e che faccia una nuova vita.

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Quattro lavoratori della compagnia petrolifera anglo-olandese Shell sono stati rapiti da un gruppo di uomini armati in un campo petrolifero nel sud della Nigeria. Lo ha riferito oggi un portavoce della Shell. Gli impiegati sequestrati sono un britannico, un americano, un bulgaro e un honduregno. I quattro stavano lavorando a bordo di una nave, la Sea Eagle, che stava caricando il greggio in una zona di estrazione situata a poche miglia della costa del Delta del Niger, quando e' avvenuto l'attacco. Per il momento nessun gruppo ha rivendicato l'azione. La Shell ha avuto a lungo controversie con alcuni gruppi militanti i cui villaggi si trovano vicino ai campi petroliferi.

 

Nove marinai dello Sri Lanka sono rimasti uccisi per l'esplosione di una mina dei separatisti delle Tigri Tamil. Lo ha affermato un portavoce militare specificando che nell'esplosione ci sono stati anche sette feriti.

 

La commissione Bilancio del Parlamento europeo ha adottato ieri sera una risoluzione con la quale boccia l'intesa raggiunta sulle prospettive finanziarie dell’Unione fino al 2013 e da’ via libera all'apertura del negoziato con il Consiglio. La risoluzione sara' votata dall'aula di Strasburgo mercoledi’ prossimo durante la plenaria. Lo stesso giorno, è previsto un incontro fra il cancelliere austriaco, Schessel, il presidente della Commissione, Barroso, e il presidente del Parlamento europeo, Borrell, per discutere del calendario per il negoziato sul bilancio europeo.

 

L’ex dittatore cileno Augusto Pinochet, assegnato dal 23 novembre dello scorso anno agli  arresti domiciliari, ha ottenuto la libertà su cauzione, pagando dieci milioni di pesos, pari a 19.200 dollari. Pinochet, che ha 90 anni, è stato incriminato per la sua responsabilità nella morte di nove cileni nell’ambito della cosiddetta 'Operazione Colombia', messa in atto nel 1975 dalla polizia segreta della dittatura in collaborazione con i servizi segreti di Argentina e  Brasile.

 

 

 

 

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