RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 10 - Testo della trasmissione di martedì 10 gennaio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’impegno per la verità fondamento della pace, della giustizia e della libertà: sulle parole di Benedetto XVI ieri al Corpo Diplomatico la riflessione del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, del prof. Giuseppe Dalla Torre e di Sergio Marelli

 

Intervento al Palazzo di Vetro di New York del rappresentante della Santa Sede all’ONU contro la diffusione delle armi leggere nel mondo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Inaugurato oggi a Roma il primo anno accademico dell'Università europea. Il cardinale Ruini  parla di forti correnti culturali che spingono verso la scristianizzazione del Continente: con noi, padre Paolo Scarafoni

 

Il 2005 “Anno dei due Papi”: la testimonianza del cardinale Bertone, per lungo tempo stretto collaboratore dell’allora cardinale Ratzinger, come segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede

 

CHIESA E SOCIETA’:

Discorso del Gran Maestro dell’Ordine di Malta al Corpo Diplomatico accreditato presso la comunità melitense

 

In Turchia nuovo caso umano di influenza aviaria

 

In India, nella diocesi di Jalandhar, è in uscita la prima edizione del Nuovo Testamento in lingua punjabi

Un’inchiesta dell’Università di Seoul conferma che la ricerca sulla clonazione condotta dallo scienziato sudcoreano Hwang è “una frode scientifica”

 

Il sovrano del Marocco, Mohammed VI, ha chiesto ufficialmente scusa al Paese per gli abusi dei diritti umani compiuti nella sua Nazione

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iran rimuove i sigilli ai propri impianti nucleari nonostante gli ammonimenti di Stati Uniti e Unione Europea

 

Critiche ma stabili le condizioni di Sharon. Confermate  le elezioni palestinesi del 25 gennaio

 

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 gennaio 2006

 

 

L’IMPEGNO PER LA VERITA’ FONDAMENTO DELLA PACE, DELLA GIUSTIZIA

E DELLA LIBERTA’: SULLE PAROLE DI BENEDETTO XVI IERI AL CORPO DIPLOMATICO

 LA RIFLESSIONE DEL CUSTODE DI TERRA SANTA, PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA,

DEL PROF. GIUSEPPE DALLA TORRE E DI SERGIO MARELLI DELLA FOCSIV

 

E’ la ricerca della verità a condurci alla pace e alla riconciliazione tra i popoli: il discorso del Papa, all’udienza di ieri al Corpo Diplomatico, ha destato ampia eco in tutto il mondo. Benedetto XVI ha sottolineato come nell’impegno per la verità possiamo ottenere giustizia, libertà, perdono e dunque pace per l’umanità. Il Pontefice ha richiamato l’attenzione sui tanti conflitti che mortificano le speranze di popoli interi. Un pensiero speciale il Papa lo ha rivolto alla Terra Santa, “punto nevralgico della scena mondiale”. Particolarmente apprezzata l’esortazione del Santo Padre alla convivenza pacifica dei popoli israeliano e palestinese. Lo sottolinea padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Alessandro Gisotti:

 

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R.  - Come sempre questi discorsi suscitano molto interesse in modo particolare qui in Terra Santa. Insieme all’interesse c’è anche tanta ammirazione e ovviamente qualche strascico di critica o di delusione, perché le aspettative sono sempre molto alte, da ambo i lati, devo dire.

 

D. - Tutto il discorso del Papa è stato incentrato sull’impegno per la verità quale precondizione per raggiungere la riconciliazione tra i popoli. In Terra Santa si sente ancora più forte questo richiamo?

 

R. – Assolutamente sì, qui soprattutto dove c’è questo conflitto che dura da tanti decenni, c’è sempre la tendenza a schierarsi da una parte o dall’altra, di lasciarsi trascinare dalle diverse logiche. Ecco, richiamarsi alla verità è il primo passo fondamentale per mantenersi liberi nei confronti di tutti, richiamarli a dei principi, a dei punti o a degli obiettivi comuni di confronto e di dialogo. Sicuramente l’aspetto del richiamo alla verità è un punto di partenza fondamentale.

 

D. – Benedetto XVI ha ravvisato che nel contesto odierno c’è il pericolo di uno scontro delle civiltà. Pericolo acuito dal terrorismo. Come lavorare concretamente per un incontro delle civiltà?

 

R. – Bisogna, con moltissima pazienza, sempre cercare occasione di dialogo e di incontro. Il terrorismo vuole evitare qualsiasi forma di dialogo. Il terrorismo è mancanza di dialogo e vuole imporre le logiche della violenza e dello scontro. Per questo, noi dobbiamo reagire innanzitutto con una mentalità di incontro cercando soprattutto ciò che costruisce, rimanendo però fedeli alla verità che significa anche mettere sul tavolo le cose che ci dividono, le cose che non ci vedono d’accordo, ma sempre con uno spirito di dialogo e di comunione, di rispetto reciproco.

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Nel suo discorso, Benedetto XVI ha messo l’accento anche sulla libertà religiosa. “Purtroppo in alcuni Stati – ha detto il Papa – anche tra quelli che pure possono vantare tradizioni culturali plurisecolari, essa, lungi dall’essere garantita, è anzi gravemente violata, in particolare nei confronti delle minoranze”. Su questo passaggio dell’intervento del Pontefice, la riflessione del giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore dell’Università LUMSA di Roma, intervistato da Alessandro Guarasci:

 

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R. - Ci sono violazioni della libertà religiosa che nascono dall’odio per una religione. Ma ci sono violazioni della libertà religiosa che nascono da una posizione ideologica antireligiosa. Sappiamo che altro è la laicità, altro è il laicismo. La laicità significa il rispetto della legittima autonomia delle realtà temporali. Il laicismo è invece un aspetto degenerativo, se vogliamo una visione ideologica, che guarda alla religione come mito, come favola, diciamo come realtà che deve essere in qualche modo combattuta ed estirpata o quanto meno condotta alla coscienza personale. Per questo, si può dire che questa posizione è antireligiosa e quindi lesiva, almeno potenzialmente, del diritto di libertà religiosa.

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Ma il Papa non ha mancato di dedicare ampio spazio alle emergenze umanitarie. “Alla mente – ha affermato di fronte al Corpo Diplomatico – si affacciano spontaneamente le immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati - in diverse parti del mondo - raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto bisognosi”. “Non sono questi esseri umani nostri fratelli e sorelle?”, è stato il richiamo di Benedetto XVI che interroga le coscienza di ognuno di noi. Le parole del Papa sono state accolte con  entusiasmo dal mondo delle ONG e del volontariato. Ecco il commento di Sergio Marelli presidente della FOCSIV, Federazione degli Organismi Cristiani per il Servizio Internazionale Volontario, raccolto da Fabio Colagrande:

 

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R. – C’è un passaggio molto significativo, quando proprio rivolgendosi a quell’enorme esercito che sta nella povertà dice che sempre più queste cause sono dovute a rapporti internazionali politici e commerciali, piuttosto che a delle circostanze incontrollabili. E quindi è un monito molto duro, molto esplicito a quei governi, a quegli Stati prosperi, così come lui li definisce, che hanno una responsabilità e proprio il dovere di aiutare i Paesi poveri. E’ un messaggio molto chiaro, molto esplicito che era atteso anche dal nostro mondo delle ONG anche quelle che non condividono la nostra appartenenza cattolica alla Chiesa Cattolica. Era atteso proprio per vedere come questo Papa si sarebbe pronunciato anche sulle grandi tematiche degli aiuti umanitari, delle emergenze umanitarie.

 

D. – Benedetto XVI ha ricordato che meno della metà delle immense somme globalmente destinate agli armamenti, sarebbero più che sufficienti per togliere stabilmente dall’indigenza, lo sterminato esercito dei poveri. Questo è  una di quelle situazioni che non sono incontrollabili. Si potrebbe chiaramente fare qualcosa?

 

R. – Controllabilissime. Penso che queste, insieme alla citazione esplicita nel suo messaggio al Corpo Diplomatico delle ONG, sia fonte di grande incoraggiamento per noi. Noi da sempre diciamo che un piccolo sforzo per una riduzione anche parziale delle spese destinate agli armamenti, oltre che a favorire la costruzione della pace, potrebbe essere il rimedio e la soluzione anche più concreta e sostenibile per destinare le risorse adeguate alla lotta contro la povertà e la miseria.

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NOMINE

In Bolivia il Santo Padre ha nominato vescovo di Tarija il rev. Francisco Javier Del Río Sendino,  rettore della Basilica Cattedrale di Santa Cruz de la Sierra e responsabile della pastorale sacerdotale. Il rev. Francisco Javier Del Río Sendino è nato il 22 gennaio 1942 a Palencia, in Spagna. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1965. Ha ottenuto la Licenza in Liturgia presso il Pontificio Ateneo di Sant’ Anselmo a Roma. E’ in Bolivia dal 1994.

 

 

negoziare un vincolante strumento legale riguardo al commercio

 internazionale di armi: e’ l’invito dell’arcivescovo Migliore,

intervenuto ieri al comitato ONU per la preparazione della Conferenza

sulla prevenzione ed eliminazione del commercio illecito di armi leggere

 

Sulla questione del commercio delle armi ha parlato proprio ieri l’arcivescovo Celestino Migliore. L’Osservatore permanente della Santa Sede a New York presso l’ONU ha sottolineato che è’ tempo di iniziare una seria riflessione sulla possibilità di negoziare un vincolante  strumento legale riguardo al commercio internazionale di armi. Lo ha detto  intervenendo al comitato ONU per la preparazione della Conferenza sulla prevenzione ed eliminazione del commercio illecito di armi leggere. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Il nuovo strumento per combattere il traffico illecito di armi - suggerisce l’Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite – dovrebbe essere basato sui più importanti principi internazionali di legge e, in particolare, sui diritti umani e sulle norme che regolano questioni umanitarie. Uno strumento di questo genere potrebbe efficacemente contribuire a sradicare il traffico illecito di armi e a sottolineare le responsabilità degli Stati.  Il punto chiave, secondo l’arcivescovo Migliore, è prestare davvero grande attenzione per ridurre la domanda di piccole armi e armi cosiddette leggere. Ed ecco che il presule mette in luce come sia importante arrivare a livello della società civile per capire le dinamiche che danno il via a conflitti, crimini, violenze. L’obiettivo vero deve essere “promuovere una reale cultura di pace e di vita tra tutti i membri della società”: questo è il segreto per ridurre la domanda di armi. Una sfera determinante è quella che riguarda le attività di scolarizzazione, primo passo per la formazione della società civile, con la quale è fondamentale cooperare. Indicando in quale direzione muovere la riflessione per il futuro, l’arcivescovo Migliore sottolinea l’importanza di incontri come quello di ieri, che mantengono aggiornato il dibattito dopo l’adozione nel 2001 del Programma di Azione per prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi piccole o leggere. Quello – ricorda il presule – è stato un primo passo fondamentale in materia.   

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq: gli Usa smentiscono di avere trattative con i terroristi e con gli uomini di Saddam Hussein.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Europa.

 

Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Il Sudan resta immerso in crisi gravissime"; ad un anno dall'accordo che ha posto fine all'ultraventennale conflitto nel Sud.

 

Servizio culturale - Un articolo di Ferdinando Montuschi in merito al settimo rapporto sulla Scuola Cattolica in Italia.

Un articolo di Matthew Fforde dal titolo "Polanski è abile, ma dov'è la dickensiana apertura alla speranza?": in margine alla riduzione cinematografica del romanzo "Oliver Twist".

 

Servizio italiano - In rilievo l'influenza aviaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 gennaio 2006

 

 

L’UNIVERSITA’ CONTRIBUISCA A SCONGIURARE IN EUROPA IL “DISTACCO

DAL CRISTIANESIMO”, REAGENDO A SECOLARIZZAZIONE E SCRISTIANIZZAZIONE:

 COSÌ, IL VICARIO DEL PAPA PER LA DIOCESI DI ROMA, CARDINALE CAMILLO RUINI,

INAUGURANDO STAMANI L’“UNIVERSITÀ EUROPEA DI ROMA” DEI LEGIONARI DI CRISTO

- Con noi, padre Paolo Scarafoni -

 

L’università, tramite “una ricerca e un insegnamento che si richiamino all’eredità cristiana”, contribuisca a scongiurare in Europa il “distacco dal Cristianesimo”: è quanto ha detto stamani il vicario del Papa per la diocesi di Roma, cardinale Camillo Ruini, inaugurando il primo anno accademico dell’“Università Europea di Roma” dei Legionari di Cristo. Il porporato ha esortato così a reagire alle “forti correnti culturali” che “spingono verso la secolarizzazione e la scristianizzazione”. All’inaugurazione ha partecipato anche il presidente del Senato Marcello Pera che ha parlato della necessità di promuovere i principi della civilta' cristiana: civiltà – ha detto - che risulta minacciata dalla sua “cedevolezza interna”. Il servizio di Roberta Moretti:

 

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“La vocazione internazionale è naturale per il Cattolicesimo, anche e specificamente in ambito universitario”. Secondo il cardinale Ruini, “la fede cristiana è capace di incarnarsi nelle più diverse culture, per comunicare loro la propria linfa di verità e valorizzare quanto di vero, di buono e di bello in esse è contenuto”. “Così – ha spiegato – è accaduto finora nella storia e così deve accadere anche oggi”. Di fronte a quel “distacco dal Cristianesimo che si è purtroppo verificato in molti ambienti culturali europei”, Ruini ha ricordato le parole pronunciate a Subiaco dall’allora cardinale Ratzinger, pochi giorni prima della sua elezione a successore di Pietro: “Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo diritto verso Dio”. “La dimensione internazionale – ha aggiunto il porporato – è molto importante anche in rapporto all’attuale configurazione dell’Europa, al cui itinerario di unificazione stanno partecipando le istituzioni universitarie”. Ma come si realizzerà concretamente questa “vocazione internazionale” presso la nuova Università Europea di Roma? Risponde il rettore, padre Paolo Scarafoni:

 

R. – Gli studenti sono accompagnati da un tutor, che ha il compito di insegnare a studiare e poi a inserirsi nel mondo del lavoro con il tirocinio, lo stage. Una formazione che preveda scambi di esperienze di studio all’estero. E poi, questa internazionalità significa anche dare importanza allo studio delle lingue e all’utilizzo dei mezzi di comunicazione, che oggi sono la base per questi rapporti internazionali.

 

D. – Scienze e tecniche psicologiche, Scienze giuridiche, Scienze storiche: perché la scelta di partire proprio da questi tre corsi di laurea?

 

R. – Sono tre grandi ambiti da affrontare proprio per il futuro e per l’Europa: la storia, ovvero, le radici; la psicologia, quindi il valore della persona; e finalmente la legge, che deve avere un fondamento di valori universali.

 

D. – Avete deciso inoltre di dedicare uno spazio formativo concreto all’impegno sociale, al volontariato…

 

R. – La piena realizzazione della propria professione si ha quando si svolge anche come missione. Per esempio, stiamo facendo delle attività con l’infanzia abbandonata e abbiamo poi un progetto che riguarda tutto l’ambiente dell’immigrazione, dell’accoglienza, della formazione. Abbiamo avviato alcuni master proprio per addentrarci nella conoscenza di queste problematiche. Inoltre, abbiamo avviato degli interventi di tipo umanitario a livello internazionale. Quest’azione sociale conta come credito formativo.

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IL 2005 “ANNO DEI DUE PAPI”: LA TESTIMONIANZA DEL CARDINALE BERTONE,

PER LUNGO TEMPO STRETTO COLLABORATORE DELL’ALLORA CARDINALE RATZINGER, COME SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 

L’anno che si è appena concluso è già passato alla storia come l’anno dei due Papi. La morte di Giovanni Paolo II e l’elezione di Benedetto XVI restano due avvenimenti, iscritti nell’anno dell’Eucaristia, che hanno segnato in profondità il 2005, non solo per quanto riguarda la vita della Chiesa. Anche il Papa, nel suo discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi, il 22 dicembre scorso, aveva ricordato questa svolta epocale, sottolineando in particolare “la lezione che Giovanni Paolo II ci ha dato dalla cattedra della sofferenza e del silenzio”. Sempre in quell’occasione Benedetto XVI aveva fatto cenno alle sua elezione a successore di San Pietro, il 19 aprile dello scorso anno. Una scelta accolta – aveva detto il Papa – “con mio non piccolo spavento”. Per commentare questa pagina della storia della Chiesa, Fabio Colagrande si è rivolto al cardinale Tarcisio Bertone, attualmente arcivescovo di Genova, ma dal 1995 al 2003 segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede. In quegli anni, trascorsi sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, il porporato ha lavorato accanto al futuro Pontefice, l’allora cardinale Ratzinger, che presiedeva il dicastero. Ecco allora il commento del cardinale Tarcisio Bertone sul 2005: “l’anno dei due Papi”:

 

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R. - La morte di Papa Giovanni Paolo II, l’elezione di Papa Benedetto XVI sono stati due eventi che hanno colpito al cuore tutto il mondo. Questi avvenimenti hanno confermato che la Chiesa è veramente piantata nel cuore del mondo e assieme ad essa lo sono i suoi due testimoni fedeli: il Papa che se ne va, tenendo alta la Croce della sofferenza, la Croce della compartecipazione alla sofferenze e ai dolori, e anche alle speranze di tutta l’umanità, e il Papa che si affaccia dalla Loggia di San Pietro, quindi si affaccia sulla scena dell’umanità, tenendo alta la Verità dell’annuncio cristiano e tenendo alto il problema centrale del senso della vita e della fede, della fede nel futuro, della fede in un Dio che è amico dell’umanità. Mi sembra che una delle caratteristiche più accentuate dei primi interventi di Benedetto XVI sia proprio questa sottolineatura dell’amicizia: avere un Dio come amico, che ci dice le cose essenziali della vita e che ci accompagna, che non ci abbandona mai. Quindi, credo che l’umanità abbia avuto la sensazione di avere una grandissima autorità morale nei due Papi e che non abbia visto una soluzione di continuità tra l’uno e l’altro e abbia sentito la Chiesa vicina, amica.

 

D. – Lei, cardinale Bertone, come ha vissuto personalmente questo passaggio epocale?

 

R. – Io ho dei ricordi bellissimi del mio lavoro accanto al cardinale Ratzinger e accanto a Papa Giovanni Paolo II, già da quando ero consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, quindi dagli anni Ottanta, prima ancora di diventare segretario di questo dicastero. Ricordi incancellabili, della cordialità, anche – a volte – diciamo della irruenza, della personalità forte di Giovanni Paolo II, anche in momenti distinti della storia della Chiesa. Quindi, di Giovanni Paolo II ricordo la forza dell’annuncio, della testimonianza della centralità di Cristo nella storia umana e soprattutto nella storia della Chiesa e nella teologia della Chiesa, di fronte alle riduzioni cristologiche. Nello stesso tempo ho in mente la chiarezza di dottrina del cardinale Ratzinger, la fiducia totale che legava Papa Giovanni Paolo II al nostro cardinale. La mia esperienza accanto ai due Papi, nei ruoli diversi, è stata una scuola di vita, una scuola di fede, una scuola di spiritualità.

 

D. – Benedetto XVI ha ricordato la lezione che il suo predecessore ci ha donato dalla cattedra del silenzio e della sofferenza. Quale eredità spirituale ci ha lasciato Giovanni Paolo II, secondo lei?

 

R. – Giovanni Paolo II, specialmente negli ultimi anni della sua vita, è stato proprio un’icona della sofferenza, dell’umanità che si è appoggiata alla Croce di Cristo. Ci ha parlato dal silenzio, dalla sua impotenza, dalla sua sofferenza, come prima ci aveva parlato con il vigore, la forza della sua voce, con il suo coraggio nell’annunciare anche le verità più scomode. Ci ha lasciato anche un amore appassionato per la Chiesa, la Chiesa del Concilio: tutti e due sono Pontefici del Concilio Vaticano II.

 

D. – Cardinal Bertone, ci sono dei tratti che, secondo lei, accomunano i due Papi del 2005?

 

R. – Ci sono certamente dei tratti comuni. Tutti e due vengono da due grandi esperienze, quella del pre-Concilio, quindi della preparazione alla grande riforma della Chiesa, e l’esperienza del Concilio Vaticano II. Quindi, Papi che hanno vibrato con il cuore della Chiesa, che hanno vibrato anche con le istanze dell’umanità, con le aspirazioni dell’umanità, con la sete di cambiamento, di rinnovamento e di aggiornamento. Quindi, anzitutto direi che il patrimonio comune è proprio il Concilio Vaticano II. E poi, due Papi – certo – di Nazioni diverse, di educazione diversa, ma che sono passati attraverso i totalitarismi, che hanno vissuto in profondità proprio i problemi della oppressione, della soppressione delle libertà. Due uomini di Dio, due uomini di Chiesa, appassionati della verità, appassionati della libertà, amanti dell’umanità, quindi amici dell’uomo, dell’uomo del nostro tempo.

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CHIESA E SOCIETA’

10 gennaio 2006

 

 

L’ORDINE DI MALTA E LE GRANDI EMERGENZE INTERNAZIONALI: L’IMPEGNO OPERATIVO, LA SPIRITUALITA’ MILLENARIA, IL RAPPORTO PRIVILEGIATO CON LA SANTA SEDE E LA PROFONDA AMICIZIA CON LA “CARA ITALIA”, NELL’ODIERNO DISCORSO DEL GRAN MAESTRO AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO PRESSO LA COMUNITA’ MELITENSE

- A cura di Adriano Monti Buzzetti -

 

ROMA. = Le splendide architetture settecentesche del Piranesi ed un mosaico di sgargianti uniformi di gala, tenuta cerimoniale di ambasciatori giunti dai quattro angoli del globo. Immagini eleganti e particolarissime, amalgamate ancora una volta nella suggestiva cornice  dell’incontro tra il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Frà Andrew Bertie, ed il Corpo diplomatico accreditato presso la quasi millenaria istituzione melitense, per il tradizionale scambio d’auguri all’inizio del nuovo anno. Alla forma - indiscutibilmente straordinaria - non difetta tuttavia la sostanza. Ricevendo infatti assieme ai membri del governo dell’Ordine i rappresentanti dei 94 Paesi accreditati, il capo indiscusso della quasi millenaria istituzione cavalleresca ha condiviso con loro riflessioni di estrema attualità. Il suo discorso di benvenuto - pronunciato nella storica sede della Villa Magistrale sul colle dell’Aventino a Roma, di proprietà dell’Ordine da oltre sette secoli - ha evocato anzitutto alcune delle più drammatiche emergenze con cui il S.M.O.M. si è confrontato lo scorso anno: dal flagello dello Tsunami nel sud-est asiatico alla devastazione causata dall’uragano Katrina a New Orleans. Ed ancora, i tanti e complessi scenari di crisi in cui operano medici e specialisti con le insegne della Croce ottagona: dall’Afghanistan al Vietnam, dalla Romania al Niger, al Pakistan. Un impegno difficile e oneroso: basti pensare che solo per gli interventi di ricostruzione nel sud-est asiatico sconvolto dallo Tsunami l’Ordine ha raccolto oltre 30 milioni di euro. Nel riaffermare poi la “relazione privilegiata, e prima di tutto spirituale” intrattenuta con la Santa Sede in virtù della “doppia missione” dell’Ordine - che accosta all’aiuto ai bisognosi la difesa della fede cristiana e della Chiesa di Roma - il Gran Maestro non ha voluto far mancare un affettuoso ricordo dei due più grandi eventi ecclesiali del 2005: la scomparsa di Papa Giovanni Paolo II e l’elezione del suo successore Benedetto XVI, entrambi seguiti con intensa partecipazione da tutti i membri dell’Ordine. Di particolare rilievo le parole di elogio rivolte ai cavalieri italiani per l’impegno profuso nell’Ospedale romano di San Giovanni Battista alla Magliana, struttura d’avanguardia nel campo della neuroriabilitazione, e più ancora l’inciso con cui Fra’ Andrew Bertie ha ribadito “l’eccellenza delle nostre relazioni con la cara Italia”, che come noto ospita nella sua capitale da oltre 170 anni la sede di governo e le principali pertinenze istituzionali dell’antichissimo Ordine-Stato. Prima di congedarsi dai suoi ospiti Sua Altezza Eminentissima ha infine accompagnato agli auguri di rito l’auspicio che la comunità internazionale s’impegni sempre più per il rispetto della dignità umana, con particolare attenzione alla famiglia, alla condizione femminile e all’infanzia. Un obiettivo che il Gran Maestro vede legato in modo particolare all’”azione infaticabile” dei professionisti della diplomazia, salutati con il lusinghiero titolo di “artigiani della pace”.

 

 

IN INDIA, Nella diocesi di Jalandhar, E’ IN USCITA LA PRIMA EDIZIONE

DEL NUOVO TESTAMENTO IN LINGUA PUNJABI. DOPO DIECI ANNI DI LAVORO,

LA SPERANZA DEL VESCOVO Keeprath E’ CHE IL TESTO POSSA GIUNGERE

IN OGNI FAMIGLIA CATTOLICA DELLA COMUNITà

 

JALANDHAR.= Milioni di indiani presto potranno leggere il Nuovo Testamento nella loro lingua, il punjabi, grazie ad un lavoro di traduzione durato per ben dieci anni. A dare l’annuncio –riferisce l’Agenzia Zenit – è il sito web (www.cbsite.com) della conferenza dei Vescovi Cattolici dell’India che ha fissato per i prossimi giorni l’uscita dell’opera. La prima tiratura conta 40.000 esemplari. L’iniziativa di tale traduzione è stata promossa dalla Commissione Biblica Cattolica della diocesi indiana di Jalandhar, nello Stato del Punjab, ed in particolare al lavoro di padre George Cheruvil, di Shamaun Yousaf Sandhu, di padre Michael Ani e di padre Emmanuel Yousaf Diwan. Il vescovo Symphorian Thomas Keeprath, alla guida della diocesi, è stato incaricato di lanciare, lo scorso 27 dicembre, la prima edizione cattolica del Nuovo Testamento in punjabi nel Seminario Maggiore Regionale della Santissima Trinità. Il presule, ringraziando quanti hanno contribuito all’imponente opera, ha manifestato il desiderio che ciascuna famiglia cattolica della diocesi possa avere in casa una copia tradotta del Nuovo Testamento. Tale traduzione rappresenta un traguardo significativo, visto che questa è la lingua più importante del gruppo nord-occidentale di lingue indo-ariane. Si calcola, infatti, che sia parlata da circa 100 milioni di persone.

 

 

Un nuovo caso umano di influenza aviaria è stato confermato

 dalle autorità sanitarie turche nella provincia di Sivas,

nella zona centrale del Paese. Lo riferisce l’emittente Cnn

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

ISTANBUL. = Sale a 15 il numero di persone contagiate dal micidiale virus dell’influenza aviaria in Turchia. Il nuovo paziente è uno degli 8 ricoverati che erano sotto osservazione a Sivas; ma ci sono almeno un’altra decina di persone, in tutto il Paese, sui quali sono in corso accertamenti. Solo ieri le autorità turche avevano reso noto che erano 14 i casi di contagio. Tre di loro, tutti bambini di una stessa famiglia, di una zona rurale nella parte orientale del Paese, erano deceduti nei giorni scorsi. Proprio in questa zona, il ministro della Sanità turca, Akdag, è stato contestato. Aree di quarantena sono state disposte in diverse zone del Paese, tra cui tre anche ad Istanbul. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dal canto suo ha precisato che i contagi finora avvenuti sono da imputare solo al contatto diretto con pollame malato. E anche il portavoce dell’Unione Europea sulle questioni agricole, Michael Mann, ha affermato che nonostante il vercficarsi di molti casi nella stessa regione, non ci sono prove di una trasmissione del virus da uomo a uomo. E mentre anche le autorità ucraine hanno confermato l'esistenza di altri tre focolai nel sud del Paese, in Italia il ministro della Salute, Francesco Storace ha istituito il varo dell’unità di crisi sull'influenza aviaria. Il ministro, che ha definito “relativamente tranquilla” la situazione, ha anche annunciato a breve il lancio di un opuscolo informativo che sarà distribuito ai diretti o provenienti dalla Turchia. Anche in Russia, visto il diffondersi del virus in Paesi come Cina e Romania, il presidente Putin ha ordinato il rafforzamento delle misure sanitarie ai confini. In Giappone, infine, sono almeno 77 le persone che potrebbero essere stati contagiati dal virus aviario H5N2, la variante meno intensa dell'H5N1 responsabile del recente allarme in Asia.

 

 

un’inchiesta dell’Università di Seoul conferma che La ricerca sulla

CLONAZIONE condotta dallo scIenziato sudcoreano Hwang è “una frode scientifica”. la magistratura ha aperto un’inchiesta vietando

al ricercatore e alla sua equipe di lasciare il Paese

 

SEOUL. = Lo scienziato sudcoreano Hwang Woo-suk nel 2004 e 2005 ha falsificato completamente i risultati di due ricerche sulla clonazione di cellule staminali embrionali. E’ il verdetto finale, reso noto oggi, di una commissione di inchiesta dell'Universita' statale di Seul, chiamata il mese scorso ad esaminare le controverse scoperte dell’equipe medica. Hwang era considerato fino a pochi mesi fa un candidato al Premio Nobel per le ricerche pubblicate su prestigiose riviste scientifiche internazionali. In un articolo pubblicato nel 2004 nella rivista americana Science, infatti, lo scienziato aveva affermato la creazione di cellule staminali embrionali umane. L'annuncio era stato salutato con entusiasmo dalla comunità scientifica. Alla fine del 2005, la commissione dell’Università di Seoul, aveva già resa nota la falsità di un’altra ricerca dello stesso gruppo. Pubblicata lo stesso anno sempre su Science, la celebre ricerca conteneva l’annuncio della creazione di 11 cellule staminali umane su 'misura', clonate cioè a partire da cellule di pazienti afflitti da malattie incurabili. Dunque in tutti e due i casi si tratta di risultati ‘fabbricati su misura’. La stessa inchiesta definisce però “un successo” la prima clonazione mondiale di un cane, un levriero afghano, effettuata dallo stesso gruppo questa estate. Questo dimostra certamente che il team è in possesso di un livello significativo di tecnologia. Tuttavia, nel campo delle cellule staminali umane  come ha affermato il responsabile della commissione di inchiesta, Chung Myung Hee - Hwang non ha fatto alcun passo avanti e non possiede alcuna tecnologia specifica, come invece da lui più volte sostenuto''. Il verdetto, anche se atteso, ha provocato un terremoto in Corea del Sud dove Hwang era stato insignito nel giugno scorso dal governo del titolo di '' supremo scienziato'' di Stato, un riconoscimento mai offerto finora ad altri, che gli era valso un compenso annuo di circa 3,1 milioni di dollari, e consistenti fondi di ricerca per i prossimi cinque anni. Il tutto in aggiunta ai 66 miliardi di won, quasi 67 milioni di dollari, ricevuti dal team di Hwang dal 1998 ad oggi. La procura di Seul ha annunciato che esaminerà il dossier 'Hwang' per verificare possibili reati di truffa e storno di fondi pubblici. Secondo alcune fonti, i magistrati indagheranno inoltre sulle infrazioni alla legge sulla bioetica commesse dal ricercatore durante l’acquisizione degli ovuli usati nelle sue ricerche. Lo scienziato aveva infatti ricevuto 2.061 ovociti da 129 donne, tra cui alcune ricercatrici dello suo stesso team, costrette, stando all'inchiesta, a 'donare' i propri ovuli. I ricercatori medici definiscono il caso, che ha prodotto “shock e vergogna” in molti sudcoreani, uno dei più clamorosi casi di frode scientifica della storia recente. I pubblici ministeri del Paese annunciano inchieste penali. L’autorità giudiziaria – secondo quanto riporta Asia News - ha proibito al ricercatore e ai 10 membri del suo staff di abbandonare il Paese. (E. B.)

 

 

Il sovrano del Marocco, Mohammed VI, ha chiesto ufficialmente scusa

al paese per i 40 anni di abusi dei diritti umani compiuti nella sua nazione

 e denunciati il mese scorso in un dossier della Commissione

per la riconciliazione e la verità (IER)

 

RABAT. = In un discorso alla nazione il monarca, Mohammed VI, commentando per la prima volta l’esito dell’indagine, ha affermato in questi giorni di voler dare una tangibile dimostrazione di “forte sostegno per il consolidamento della verità, dell’equità e della riconciliazione”. Secondo quanto riporta l’agenzia MISNA, sottolineando che non bisogna scordare il passato, Mohammed VI ha poi affermato che il “perdono collettivo è uno dei pilastri della riforma istituzionale”. Una profonda riforma – ha specificato – “in grado di aiutare il Paese a liberarsi dai fallimenti del passato senza dimenticare i diritti politici e civili”. Era stata la principale organizzazione indipendente per i diritti umani,Moroccan Association for Human Rights’ (AMDH), a sollecitare il sovrano, successore di re Hassan, a scusarsi di persona a nome dello Stato per gli abusi passati. Secondo il documento diffuso dai 17 componenti della Commissione indipendente per la riconciliazione, istituita dal re nel novembre 2003 per indagare sui crimini commessi durante il regno di Hassan II, dal 1956 – anno dell’indipendenza del Marocco dalla Francia - fino al 1999 furono iscritte nella lista degli ‘scomparsi’ 592 persone. 322 di queste furono uccise da esponenti delle forze dell’ordine in scontri e manifestazioni di protesta. Altri 174 morirono mentre erano in stato di detenzione arbitraria. La Commissione – la prima del genere nel mondo arabo – ha anche confermato almeno 9.779 casi di abusi dei diritti umani perpetrati negli ultimi decenni, dai casi di morti e ferimenti durante la detenzione a omicidi extra-giudiziari, da “sparizioni ed esili forzati” fino agli abusi sessuali. (E. B.)

 

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24 ORE NEL MONDO

10 gennaio 2006

 

-  A cura di Amedeo Lomonaco -

        

         L’Iran ha rimosso i sigilli dai suoi centri di ricerca atomica. “Per il momento – assicurano le autorità iraniane – lavoreremo alla produzione di combustibile nucleare, mentre rimarrà per ora sospesa l’attività di arricchimento dell’uranio”. Nella comunità internazionale cresce la preoccupazione per l’atteggiamento dell’Iran che rischia di mettere in forse il buon esito dei negoziati, programmati per il 18 gennaio prossimo, con Francia, Germania e Gran Bretagna. Quali effetti sui rapporti internazionali potrà avere, dunque, la decisione iraniana? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Caren Davidkhanian, giornalista iraniano del quotidiano “Il Riformista”:

 

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R. – Vedendo le cose che sono successe fino ad oggi, io non credo che abbia effetti particolarmente gravi. Ogni volta l’Iran spinge un po’ di più e ogni volta pare che la comunità internazionale decida di dargli ancora un’altra occasione. Il problema della teocrazia iraniana è che si trova a gestire un Paese che ormai è completamente fuori controllo. La gente è scontenta politicamente e socialmente e l’economia è veramente a pezzi. Questo è un Paese ricchissimo, eppure ha quasi 10 milioni di disoccupati, che sarebbero circa il 10 per cento della popolazione. Quindi, spingere sul discorso nucleare è un fatto di sopravvivenza, al di là della politica estera degli Ayatollah.

 

D. – Quindi, sono veritiere le dichiarazioni delle autorità iraniane sulla riattivazione del programma nucleare solo per usi civili…

 

R. – No, personalmente non lo credo. Credo che l’evidenza dei fatti degli ultimi mesi faccia pensare che forse c’è qualcosa in più, rispetto a quello che si dice a Teheran.

 

D. – A questo punto cosa potrà fare la comunità internazionale? Proseguire sulla strada del negoziato o adottare delle decisioni più severe?

 

R. – Mi sembra che si punti sempre sulla stessa soluzione, nonostante il non risultato che c’è stato fino ad oggi. Mi sembra che il negoziato non abbia portato a nessun fatto concreto, se non rimandare continuamente questo problema. Bisognerebbe trovare maggiore concretezza, se c’è l’intenzione di non permettere che l’Iran oltrepassi un certo limite.

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 E’ stato arrestato uno degli uomini che hanno pianificato l’attacco del 2003 contro la caserma italiana a Nassiriya. In Iraq, intanto, non si arrestano le violenze: un attacco condotto ieri contro un folto gruppo di poliziotti, radunati al ministero dell’Interno di Baghdad, ha causato la morte di almeno 28 persone. Negli Stati Uniti si susseguono, inoltre, gli appelli per la liberazione di Jill Carroll, la giornalista americana rapita sabato scorso nel Paese arabo. Il nostro servizio:

 

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E’ stato catturato in Spagna il presunto reclutatore dei kamikaze responsabili dell’attacco perpetrato contro la base militare italiana a Nassiriya. L’arresto è stato compiuto nell’ambito di una vasta operazione delle forze di sicurezza spagnole a Madrid, in Catalogna e nei Paesi Baschi. Tra i 20 sospetti estremisti islamici finiti in manette con l’accusa di aver reclutato mujaheddin per conto della guerriglia irachena, c’è anche l’imam di una moschea. Nell’attentato a Nassiriya, sono morti 18 soldati italiani e nove iracheni. L’Iraq e l’Italia sono sullo sfondo di un’altra tragica vicenda: sono state infatti mostrate ieri, per la prima volta, le agghiaccianti immagini dell’assassinio di un altro italiano, Fabrizio Quattrocchi, ucciso in Iraq il 14 aprile del 2004. Quattrocchi, circondato da uomini armati, è inginocchiato al centro di una fossa con le mani legate. Rivolgendosi ai rapitori, chiede di poter abbassare la kefiah che gli copre il volto. “Posso levare?”. “No”, gli rispondono i miliziani. Quattrocchi replica, allora, con la frase divenuta tristemente celebre: “Vi faccio vedere come muore un italiano”. La parte secretata e non trasmessa del filmato, contiene la sequenza dell’uccisione.

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 Restano critiche ma stabili le condizioni di salute del premier israeliano Sharon, ricoverato all'ospedale Hadassah di Gerusalemme dopo le gravi emorragie cerebrali della settimana scorsa. Secondo il portavoce dell’ospedale, Sharon respira autonomamente ma è presto per valutare eventuali danni cerebrali. Il prossimo bollettino medico sulle sue condizioni di salute è previsto nel pomeriggio. Il presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato, intanto, che le elezioni palestinesi si terranno, come previsto, il prossimo 25 gennaio. Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha assicurato che potranno votare anche i palestinesi residenti a Gerusalemme est. Intanto, il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha deciso di inviare in missione in Medio Oriente due alti funzionari per rilanciare il processo di pace.

 

 Almeno 7 soldati pakistani sono morti in un attacco sferrato da guerriglieri islamici al confine dell'Afghanistan. Lo hanno riferito fonti dell’esercito precisando che l’episodio è avvenuto a circa 3 miglia a sud-est di Miranshah, capitale della regione tribale del nord Waziristan.

 

 Il leader nordcoreano, Kim Jong Il, è in Cina per una visita e per colloqui con i massimi dirigenti cinesi. Lo hanno reso noto fonti dei servizi di informazione militare sudcoreani precisando che Kim Jong Il ha attraversato nella notte, a bordo di un treno, la frontiera tra Corea del Nord e Cina tra ingenti misure di sicurezza. L’ultima sua visita a Pechino risale al 2004.

 

 Nella pagina politica italiana, domina ancora la vicenda della scalata di Unipol alla Banca nazionale del lavoro, che sta provocando tensioni soprattutto all’interno dei Ds. Ieri il presidente della Quercia D’Alema ha riconosciuto che l’operazione è stata azzardata. Mentre il premier Berlusconi è tornato ad attaccare gli intrecci tra regioni rosse e mondo delle cooperative. Intanto le indagini vanno avanti e gli inquirenti ipotizzano versamenti di forti somme di denaro anche a politici. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Una lobby politica trasversale interessata alle scalate bancarie. E’ l’ipotesi su cui stanno lavorando in questi giorni gli inquirenti milanesi, dopo aver più volte interrogato l’ex numero uno della Banca popolare italiana Giampiero Fiorani, agli arresti dallo scorso 13 dicembre. Si parla di milioni di euro versati a politici italiani in cambio del loro appoggio a diverse scalate bancarie. Oggi i PM milanesi faranno il punto con i colleghi romani che conducono inchieste parallele, come quella che riguarda la scalata di Unipol alla Banca nazionale del lavoro. Proprio su questa vicenda si sono accesi i riflettori negli ultimi giorni. Unipol è il gruppo assicurativo che fa parte del mondo delle cooperative e che ha sempre avuto come punto di riferimento politico i DS. Proprio i DS sono nell’occhio del ciclone, dopo la pubblicazione delle intercettazioni di telefonate tra Fassino e l’allora presidente di Unipol, Consorte. Ieri, il presidente della Quercia, Massimo D’Alema, ha definito sciocchezze gigantesche le accuse ai DS di aver preso tangenti. Ma ha riconosciuto che l’appoggio del suo partito alla scalata Unipol è stata un errore. Quell’operazione, ha aggiunto D’Alema, era valida e legittima ma azzardata perché mancavano alleanze adeguate. La Margherita di Rutelli si dice in sintonia con i DS. Ma il leader dell’Unione Prodi sembra cogliere il disagio degli elettori del centrosinistra e rilancia il progetto del Partito democratico. Che però non piace alla sinistra più radicale, la stessa che sollecita Fassino e D’Alema ad una autocritica più convincente sui rapporti tra politica e affari.

 

All’attacco, naturalmente, il centrodestra. E Berlusconi, che assicura di essere rimasto neutrale nella vicenda Unipol nonostante sia stato interpellato da azionisti della BNL, definisce intollerabile l’intreccio tra sinistra e sistema delle cooperative. Ma il premier è a sua volta nel mirino delle polemiche per un condono fiscale da 1.800 euro in relazione ad un processo su diritti televisivi. A questo proposito, Berlusconi ha definito accuse “assolutamente infondate” quelle di ieri sul condono fiscale del quale avrebbe beneficiato. “Non c'è stato alcun risparmio da parte mia”, ha detto Berlusconi precisando che si tratta di “un’operazione di routine dei commercialisti”.

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 Per tentare di risolvere le annose controversie tra Etiopia ed Eritrea, gli Stati Uniti hanno avviato un’iniziativa diplomatica, inviando una delegazione con a capo Fraser, segretario di Stato aggiunto per gli Affari africani. Scopo della missione è di compiere  passi avanti nel processo di demarcazione della frontiera tra i due Paesi che non hanno mai accettato il tracciato definito nel 2002.

 

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