RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 10 - Testo della
trasmissione di martedì 10 gennaio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Turchia
nuovo caso umano di influenza aviaria
L’Iran rimuove i sigilli ai propri impianti nucleari nonostante gli
ammonimenti di Stati Uniti e Unione Europea
Critiche ma stabili le
condizioni di Sharon. Confermate le elezioni palestinesi del 25 gennaio
10 gennaio 2006
L’IMPEGNO
PER LA VERITA’ FONDAMENTO DELLA PACE, DELLA GIUSTIZIA
E DELLA LIBERTA’: SULLE PAROLE DI BENEDETTO XVI IERI AL CORPO
DIPLOMATICO
LA RIFLESSIONE DEL CUSTODE DI TERRA SANTA,
PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA,
DEL PROF. GIUSEPPE DALLA TORRE E DI SERGIO MARELLI DELLA FOCSIV
E’ la
ricerca della verità a condurci alla pace e alla riconciliazione tra i popoli:
il discorso del Papa, all’udienza di ieri al Corpo Diplomatico, ha destato
ampia eco in tutto il mondo. Benedetto XVI ha sottolineato come nell’impegno
per la verità possiamo ottenere giustizia, libertà, perdono e dunque pace per
l’umanità. Il Pontefice ha richiamato l’attenzione sui tanti conflitti che
mortificano le speranze di popoli interi. Un pensiero speciale il Papa lo ha
rivolto alla Terra Santa, “punto nevralgico della scena mondiale”.
Particolarmente apprezzata l’esortazione del Santo Padre alla convivenza
pacifica dei popoli israeliano e palestinese. Lo
sottolinea padre Pierbattista Pizzaballa,
Custode di Terra Santa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Alessandro Gisotti:
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R. - Come sempre questi
discorsi suscitano molto interesse in modo particolare qui in Terra Santa.
Insieme all’interesse c’è anche tanta ammirazione e ovviamente qualche
strascico di critica o di delusione, perché le aspettative sono sempre molto
alte, da ambo i lati, devo dire.
D. - Tutto il discorso del Papa è stato incentrato
sull’impegno per la verità quale precondizione per
raggiungere la riconciliazione tra i popoli. In Terra Santa si sente ancora più
forte questo richiamo?
R. – Assolutamente sì, qui soprattutto dove c’è questo
conflitto che dura da tanti decenni, c’è sempre la tendenza a schierarsi da una
parte o dall’altra, di lasciarsi trascinare dalle diverse logiche. Ecco,
richiamarsi alla verità è il primo passo fondamentale per mantenersi liberi nei
confronti di tutti, richiamarli a dei principi, a dei punti o a degli obiettivi
comuni di confronto e di dialogo. Sicuramente l’aspetto del richiamo alla
verità è un punto di partenza fondamentale.
D. – Benedetto XVI ha ravvisato che nel contesto odierno
c’è il pericolo di uno scontro delle civiltà. Pericolo acuito dal terrorismo.
Come lavorare concretamente per un incontro delle civiltà?
R. – Bisogna, con moltissima pazienza, sempre cercare
occasione di dialogo e di incontro. Il terrorismo vuole evitare qualsiasi forma
di dialogo. Il terrorismo è mancanza di dialogo e vuole imporre le logiche
della violenza e dello scontro. Per questo, noi dobbiamo reagire innanzitutto
con una mentalità di incontro cercando soprattutto ciò che costruisce, rimanendo però fedeli alla verità che significa anche
mettere sul tavolo le cose che ci dividono, le cose che non ci vedono
d’accordo, ma sempre con uno spirito di dialogo e di comunione, di rispetto
reciproco.
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Nel suo
discorso, Benedetto XVI ha messo l’accento anche sulla libertà religiosa. “Purtroppo
in alcuni Stati – ha detto il Papa –
anche tra quelli che pure possono vantare tradizioni
culturali plurisecolari, essa, lungi dall’essere garantita, è anzi
gravemente violata, in particolare nei confronti delle minoranze”. Su questo
passaggio dell’intervento del Pontefice, la riflessione del giurista Giuseppe
Dalla Torre, rettore dell’Università LUMSA di Roma, intervistato da Alessandro
Guarasci:
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R. - Ci sono violazioni della libertà religiosa che
nascono dall’odio per una religione. Ma ci sono violazioni della libertà
religiosa che nascono da una posizione ideologica antireligiosa. Sappiamo che
altro è la laicità, altro è il laicismo. La laicità significa il rispetto della
legittima autonomia delle realtà temporali. Il laicismo è invece un aspetto
degenerativo, se vogliamo una visione ideologica, che guarda alla religione
come mito, come favola, diciamo come realtà che deve essere in qualche modo
combattuta ed estirpata o quanto meno condotta alla coscienza personale. Per questo,
si può dire che questa posizione è antireligiosa e quindi lesiva, almeno
potenzialmente, del diritto di libertà religiosa.
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Ma il Papa non ha mancato di dedicare ampio spazio
alle emergenze umanitarie. “Alla mente – ha affermato di fronte al Corpo Diplomatico – si
affacciano spontaneamente le immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi
o di rifugiati - in diverse parti del mondo - raccolti in condizioni di
fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto bisognosi”. “Non sono
questi esseri umani nostri fratelli e sorelle?”, è
stato il richiamo di Benedetto XVI che interroga le coscienza di ognuno di noi.
Le parole del Papa sono state accolte con entusiasmo dal mondo delle ONG e del
volontariato. Ecco il commento di Sergio Marelli
presidente della FOCSIV, Federazione degli Organismi Cristiani per il Servizio
Internazionale Volontario, raccolto da Fabio Colagrande:
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R. –
C’è un passaggio molto significativo, quando proprio rivolgendosi a
quell’enorme esercito che sta nella povertà dice che sempre più queste cause sono dovute a rapporti internazionali politici e
commerciali, piuttosto che a delle circostanze incontrollabili. E quindi è un
monito molto duro, molto esplicito a quei governi, a quegli Stati prosperi,
così come lui li definisce, che hanno una responsabilità e proprio il dovere di
aiutare i Paesi poveri. E’ un messaggio molto chiaro, molto esplicito che era atteso anche dal nostro mondo delle ONG anche quelle che
non condividono la nostra appartenenza cattolica alla Chiesa Cattolica. Era
atteso proprio per vedere come questo Papa si sarebbe pronunciato anche sulle
grandi tematiche degli aiuti umanitari, delle emergenze umanitarie.
D. – Benedetto XVI ha ricordato
che meno della metà delle immense somme globalmente destinate agli armamenti,
sarebbero più che sufficienti per togliere stabilmente dall’indigenza, lo
sterminato esercito dei poveri. Questo è una di quelle situazioni che non sono
incontrollabili. Si potrebbe chiaramente fare qualcosa?
R.
– Controllabilissime. Penso che queste, insieme alla citazione esplicita nel
suo messaggio al Corpo Diplomatico delle ONG, sia fonte di grande incoraggiamento
per noi. Noi da sempre diciamo che un piccolo sforzo per una riduzione anche
parziale delle spese destinate agli armamenti, oltre che a favorire la
costruzione della pace, potrebbe essere il rimedio e la soluzione anche più
concreta e sostenibile per destinare le risorse adeguate alla lotta contro la
povertà e la miseria.
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NOMINE
In
Bolivia il Santo Padre ha nominato vescovo di Tarija
il rev. Francisco Javier Del Río
Sendino, rettore della Basilica Cattedrale di
Santa Cruz de la Sierra e responsabile della
pastorale sacerdotale. Il rev. Francisco Javier Del Río Sendino è nato il 22 gennaio
1942 a Palencia, in Spagna. E’ stato ordinato
sacerdote il 29 giugno 1965. Ha ottenuto la Licenza in Liturgia presso il
Pontificio Ateneo di Sant’ Anselmo a Roma. E’ in
Bolivia dal 1994.
negoziare un vincolante strumento legale riguardo al
commercio
internazionale
di armi: e’ l’invito dell’arcivescovo Migliore,
intervenuto ieri al comitato ONU per la preparazione
della Conferenza
sulla prevenzione ed eliminazione del commercio
illecito di armi leggere
Sulla questione del commercio delle armi ha parlato
proprio ieri l’arcivescovo Celestino Migliore. L’Osservatore permanente della
Santa Sede a New York presso l’ONU ha sottolineato che è’ tempo di iniziare una
seria riflessione sulla possibilità di negoziare un vincolante strumento legale
riguardo al commercio internazionale di armi. Lo ha detto intervenendo al comitato ONU per la
preparazione della Conferenza sulla prevenzione ed eliminazione del commercio
illecito di armi leggere. Il servizio di Fausta Speranza:
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Il nuovo strumento per combattere il traffico illecito di
armi - suggerisce l’Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni
Unite – dovrebbe essere basato sui più importanti principi internazionali di
legge e, in particolare, sui diritti umani e sulle norme che regolano questioni
umanitarie. Uno strumento di questo genere potrebbe efficacemente contribuire a
sradicare il traffico illecito di armi e a sottolineare le responsabilità degli
Stati. Il punto chiave, secondo
l’arcivescovo Migliore, è prestare davvero grande attenzione per ridurre la
domanda di piccole armi e armi cosiddette leggere. Ed ecco che il presule mette
in luce come sia importante arrivare a livello della società civile per capire
le dinamiche che danno il via a conflitti, crimini, violenze. L’obiettivo vero
deve essere “promuovere una reale cultura di pace e di vita tra tutti i membri
della società”: questo è il segreto per ridurre la domanda di armi. Una sfera determinante
è quella che riguarda le attività di scolarizzazione, primo passo per la formazione
della società civile, con la quale è fondamentale cooperare. Indicando in quale
direzione muovere la riflessione per il futuro, l’arcivescovo Migliore
sottolinea l’importanza di incontri come quello di ieri, che mantengono
aggiornato il dibattito dopo l’adozione nel 2001 del Programma di Azione per
prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi piccole o
leggere. Quello – ricorda il presule – è stato un primo passo fondamentale in
materia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq: gli Usa smentiscono di
avere trattative con i terroristi e con gli uomini di Saddam Hussein.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino
della Chiesa in Europa.
Servizio estero - Un articolo di Pierluigi Natalia
dal titolo "Il Sudan resta immerso in crisi gravissime"; ad un anno
dall'accordo che ha posto fine all'ultraventennale conflitto nel Sud.
Servizio culturale - Un articolo di Ferdinando Montuschi in merito al settimo rapporto sulla Scuola
Cattolica in Italia.
Un articolo di Matthew Fforde dal titolo "Polanski
è abile, ma dov'è la dickensiana apertura alla
speranza?": in margine alla riduzione cinematografica del romanzo "Oliver Twist".
Servizio italiano - In rilievo l'influenza aviaria.
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10 gennaio
2006
L’UNIVERSITA’ CONTRIBUISCA A SCONGIURARE IN EUROPA
IL “DISTACCO
DAL CRISTIANESIMO”, REAGENDO A SECOLARIZZAZIONE E
SCRISTIANIZZAZIONE:
COSÌ, IL
VICARIO DEL PAPA PER LA DIOCESI DI ROMA, CARDINALE CAMILLO RUINI,
INAUGURANDO STAMANI L’“UNIVERSITÀ EUROPEA DI ROMA”
DEI LEGIONARI DI CRISTO
- Con
noi, padre Paolo Scarafoni -
L’università, tramite “una ricerca e un insegnamento che
si richiamino all’eredità cristiana”, contribuisca a scongiurare in Europa il
“distacco dal Cristianesimo”: è quanto ha detto stamani il vicario del Papa per
la diocesi di Roma, cardinale Camillo Ruini, inaugurando
il primo anno accademico dell’“Università Europea di Roma” dei Legionari di Cristo.
Il porporato ha esortato così a reagire alle “forti correnti culturali” che
“spingono verso la secolarizzazione e la scristianizzazione”.
All’inaugurazione ha partecipato anche il presidente del Senato Marcello Pera
che ha parlato della necessità di promuovere i principi della civilta' cristiana: civiltà – ha detto - che risulta
minacciata dalla sua “cedevolezza interna”. Il servizio di
Roberta Moretti:
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“La vocazione internazionale è naturale per il
Cattolicesimo, anche e specificamente in ambito universitario”. Secondo il cardinale Ruini, “la fede cristiana è capace di incarnarsi nelle più
diverse culture, per comunicare loro la propria linfa di verità e valorizzare
quanto di vero, di buono e di bello in esse è contenuto”. “Così – ha
spiegato – è accaduto finora nella storia e così deve accadere anche oggi”. Di
fronte a quel “distacco dal Cristianesimo che si è purtroppo verificato in
molti ambienti culturali europei”, Ruini ha ricordato
le parole pronunciate a Subiaco dall’allora cardinale
Ratzinger, pochi giorni prima della sua elezione a successore
di Pietro: “Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo diritto verso
Dio”. “La dimensione internazionale – ha aggiunto il porporato – è molto importante
anche in rapporto all’attuale configurazione dell’Europa, al cui itinerario di
unificazione stanno partecipando le istituzioni universitarie”. Ma come si
realizzerà concretamente questa “vocazione internazionale” presso la nuova
Università Europea di Roma? Risponde il rettore, padre Paolo Scarafoni:
R. – Gli studenti sono accompagnati da un tutor, che ha il compito di insegnare a studiare e
poi a inserirsi nel mondo del lavoro con il tirocinio, lo stage. Una formazione
che preveda scambi di esperienze di studio all’estero. E poi, questa internazionalità
significa anche dare importanza allo studio delle lingue e all’utilizzo dei
mezzi di comunicazione, che oggi sono la base per questi rapporti internazionali.
D. – Scienze e tecniche psicologiche, Scienze giuridiche,
Scienze storiche: perché la scelta di partire proprio da questi tre corsi di
laurea?
R. – Sono tre grandi ambiti da
affrontare proprio per il futuro e per l’Europa: la storia, ovvero, le radici;
la psicologia, quindi il valore della persona; e finalmente la legge, che deve
avere un fondamento di valori universali.
D. – Avete deciso inoltre di dedicare uno spazio formativo
concreto all’impegno sociale, al volontariato…
R. – La piena realizzazione della propria professione si ha quando si svolge anche come missione. Per esempio, stiamo
facendo delle attività con l’infanzia abbandonata e abbiamo poi un progetto che
riguarda tutto l’ambiente dell’immigrazione, dell’accoglienza, della formazione.
Abbiamo avviato alcuni master proprio per addentrarci nella conoscenza
di queste problematiche. Inoltre, abbiamo avviato degli interventi di tipo
umanitario a livello internazionale. Quest’azione sociale conta come credito
formativo.
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IL 2005
“ANNO DEI DUE PAPI”: LA TESTIMONIANZA DEL CARDINALE BERTONE,
PER
LUNGO TEMPO STRETTO COLLABORATORE DELL’ALLORA CARDINALE RATZINGER, COME
SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
L’anno che si è appena concluso è già passato alla storia
come l’anno dei due Papi. La morte di Giovanni Paolo II e l’elezione di
Benedetto XVI restano due avvenimenti, iscritti nell’anno dell’Eucaristia, che
hanno segnato in profondità il 2005, non solo per quanto riguarda la vita della
Chiesa. Anche il Papa, nel suo discorso alla Curia Romana per gli auguri
natalizi, il 22 dicembre scorso, aveva ricordato questa svolta epocale, sottolineando
in particolare “la lezione che Giovanni Paolo II ci ha dato dalla cattedra
della sofferenza e del silenzio”. Sempre in quell’occasione Benedetto XVI aveva
fatto cenno alle sua elezione a successore di San
Pietro, il 19 aprile dello scorso anno. Una scelta accolta – aveva detto il
Papa – “con mio non piccolo spavento”. Per commentare questa pagina della storia
della Chiesa, Fabio Colagrande si è rivolto al
cardinale Tarcisio Bertone, attualmente arcivescovo
di Genova, ma dal 1995 al 2003 segretario della Congregazione per la Dottrina
della Fede. In quegli anni, trascorsi sotto il Pontificato di Giovanni Paolo
II, il porporato ha lavorato accanto al futuro Pontefice, l’allora cardinale Ratzinger, che presiedeva il dicastero. Ecco allora il
commento del cardinale Tarcisio Bertone sul 2005: “l’anno dei due Papi”:
**********
R. - La morte di Papa Giovanni Paolo II, l’elezione di Papa
Benedetto XVI sono stati due eventi che hanno colpito al cuore tutto il mondo.
Questi avvenimenti hanno confermato che la Chiesa è veramente piantata nel
cuore del mondo e assieme ad essa lo sono i suoi due
testimoni fedeli: il Papa che se ne va, tenendo alta la Croce della sofferenza,
la Croce della compartecipazione alla sofferenze e ai dolori, e anche alle
speranze di tutta l’umanità, e il Papa che si affaccia dalla Loggia di San Pietro,
quindi si affaccia sulla scena dell’umanità, tenendo alta la Verità
dell’annuncio cristiano e tenendo alto il problema centrale del senso della
vita e della fede, della fede nel futuro, della fede in un Dio che è amico
dell’umanità. Mi sembra che una delle caratteristiche più accentuate dei primi
interventi di Benedetto XVI sia proprio questa sottolineatura dell’amicizia:
avere un Dio come amico, che ci dice le cose essenziali della vita e che ci
accompagna, che non ci abbandona mai. Quindi, credo che l’umanità abbia avuto
la sensazione di avere una grandissima autorità morale nei due Papi e che non
abbia visto una soluzione di continuità tra l’uno e l’altro e abbia sentito la
Chiesa vicina, amica.
D. – Lei, cardinale Bertone,
come ha vissuto personalmente questo passaggio epocale?
R. – Io ho dei ricordi bellissimi del mio lavoro accanto
al cardinale Ratzinger e accanto a Papa Giovanni
Paolo II, già da quando ero consultore della Congregazione per la Dottrina
della Fede, quindi dagli anni Ottanta, prima ancora di diventare segretario di
questo dicastero. Ricordi incancellabili, della cordialità, anche – a volte –
diciamo della irruenza, della personalità forte di Giovanni Paolo II, anche in
momenti distinti della storia della Chiesa. Quindi, di Giovanni Paolo II
ricordo la forza dell’annuncio, della testimonianza della centralità di Cristo
nella storia umana e soprattutto nella storia della Chiesa e nella teologia
della Chiesa, di fronte alle riduzioni cristologiche.
Nello stesso tempo ho in mente la chiarezza di dottrina del cardinale Ratzinger, la fiducia totale che legava Papa Giovanni Paolo
II al nostro cardinale. La mia esperienza accanto ai due Papi, nei ruoli
diversi, è stata una scuola di vita, una scuola di fede, una scuola di
spiritualità.
D. – Benedetto XVI ha ricordato la lezione che il suo
predecessore ci ha donato dalla cattedra del silenzio e della sofferenza. Quale
eredità spirituale ci ha lasciato Giovanni Paolo II, secondo lei?
R. – Giovanni Paolo II, specialmente negli ultimi anni
della sua vita, è stato proprio un’icona della sofferenza, dell’umanità che si
è appoggiata alla Croce di Cristo. Ci ha parlato dal silenzio, dalla sua impotenza,
dalla sua sofferenza, come prima ci aveva parlato con il vigore, la forza della
sua voce, con il suo coraggio nell’annunciare anche le verità più scomode. Ci
ha lasciato anche un amore appassionato per la Chiesa, la Chiesa del Concilio:
tutti e due sono Pontefici del Concilio Vaticano II.
D. – Cardinal Bertone, ci sono
dei tratti che, secondo lei, accomunano i due Papi del 2005?
R. – Ci sono certamente dei tratti comuni. Tutti e due
vengono da due grandi esperienze, quella del pre-Concilio,
quindi della preparazione alla grande riforma della Chiesa, e l’esperienza del
Concilio Vaticano II. Quindi, Papi che hanno vibrato con il cuore della Chiesa,
che hanno vibrato anche con le istanze dell’umanità, con le aspirazioni
dell’umanità, con la sete di cambiamento, di rinnovamento e di aggiornamento.
Quindi, anzitutto direi che il patrimonio comune è proprio il Concilio Vaticano
II. E poi, due Papi – certo – di Nazioni diverse, di educazione diversa, ma che
sono passati attraverso i totalitarismi, che hanno vissuto in profondità
proprio i problemi della oppressione, della soppressione delle libertà. Due
uomini di Dio, due uomini di Chiesa, appassionati della verità, appassionati
della libertà, amanti dell’umanità, quindi amici dell’uomo, dell’uomo del nostro
tempo.
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10 gennaio 2006
L’ORDINE DI MALTA E LE GRANDI
EMERGENZE INTERNAZIONALI: L’IMPEGNO OPERATIVO, LA SPIRITUALITA’ MILLENARIA, IL
RAPPORTO PRIVILEGIATO CON LA SANTA SEDE E LA PROFONDA AMICIZIA CON LA “CARA
ITALIA”, NELL’ODIERNO DISCORSO DEL GRAN MAESTRO AL CORPO DIPLOMATICO
ACCREDITATO PRESSO LA COMUNITA’ MELITENSE
- A cura di Adriano Monti Buzzetti -
ROMA. = Le splendide architetture settecentesche del Piranesi ed un mosaico di sgargianti uniformi di gala,
tenuta cerimoniale di ambasciatori giunti dai quattro angoli del globo.
Immagini eleganti e particolarissime, amalgamate ancora una volta nella suggestiva
cornice dell’incontro
tra il Gran Maestro dell’Ordine di Malta, Frà Andrew Bertie, ed il Corpo
diplomatico accreditato presso la quasi millenaria istituzione melitense, per il tradizionale scambio d’auguri all’inizio
del nuovo anno. Alla forma - indiscutibilmente straordinaria - non difetta
tuttavia la sostanza. Ricevendo infatti assieme ai
membri del governo dell’Ordine i rappresentanti dei 94 Paesi accreditati, il
capo indiscusso della quasi millenaria istituzione cavalleresca ha condiviso
con loro riflessioni di estrema attualità. Il suo discorso di benvenuto -
pronunciato nella storica sede della Villa Magistrale sul colle dell’Aventino a
Roma, di proprietà dell’Ordine da oltre sette secoli - ha evocato anzitutto
alcune delle più drammatiche emergenze con cui il S.M.O.M. si è confrontato lo
scorso anno: dal flagello dello Tsunami nel sud-est
asiatico alla devastazione causata dall’uragano Katrina a New Orleans. Ed
ancora, i tanti e complessi scenari di crisi in cui operano medici e
specialisti con le insegne della Croce ottagona: dall’Afghanistan
al Vietnam, dalla Romania al Niger, al Pakistan. Un impegno difficile e
oneroso: basti pensare che solo per gli interventi di ricostruzione nel sud-est
asiatico sconvolto dallo Tsunami l’Ordine ha raccolto oltre 30 milioni di euro. Nel riaffermare poi la
“relazione privilegiata, e prima di tutto spirituale” intrattenuta con la Santa
Sede in virtù della “doppia missione” dell’Ordine - che accosta all’aiuto ai
bisognosi la difesa della fede cristiana e della Chiesa di Roma - il Gran
Maestro non ha voluto far mancare un affettuoso ricordo dei due più grandi
eventi ecclesiali del 2005: la scomparsa di Papa Giovanni Paolo II e l’elezione
del suo successore Benedetto XVI, entrambi seguiti con intensa partecipazione
da tutti i membri dell’Ordine. Di particolare rilievo le parole di elogio rivolte
ai cavalieri italiani per l’impegno profuso nell’Ospedale romano di San Giovanni
Battista alla Magliana, struttura d’avanguardia nel
campo della neuroriabilitazione, e più ancora
l’inciso con cui Fra’ Andrew
Bertie ha ribadito “l’eccellenza delle nostre
relazioni con la cara Italia”, che come noto ospita nella sua capitale da oltre
170 anni la sede di governo e le principali pertinenze istituzionali
dell’antichissimo Ordine-Stato. Prima di congedarsi dai suoi ospiti Sua Altezza
Eminentissima ha infine accompagnato agli auguri di rito l’auspicio che la comunità
internazionale s’impegni sempre più per il rispetto
della dignità umana, con particolare attenzione alla famiglia, alla condizione
femminile e all’infanzia. Un obiettivo che il Gran Maestro vede legato in modo
particolare all’”azione infaticabile” dei professionisti della diplomazia,
salutati con il lusinghiero titolo di “artigiani della pace”.
IN INDIA, Nella diocesi di Jalandhar, E’ IN USCITA LA PRIMA EDIZIONE
DEL NUOVO TESTAMENTO IN LINGUA PUNJABI. DOPO DIECI
ANNI DI LAVORO,
LA SPERANZA DEL VESCOVO Keeprath E’ CHE IL TESTO
POSSA GIUNGERE
IN OGNI FAMIGLIA
CATTOLICA DELLA COMUNITà
JALANDHAR.=
Milioni di indiani presto potranno leggere il Nuovo Testamento nella loro
lingua, il punjabi, grazie ad un lavoro di traduzione
durato per ben dieci anni. A dare l’annuncio –riferisce l’Agenzia Zenit – è il
sito web (www.cbsite.com) della conferenza
dei Vescovi Cattolici dell’India che ha fissato per i prossimi giorni l’uscita
dell’opera. La prima tiratura conta 40.000 esemplari. L’iniziativa di tale
traduzione è stata promossa dalla Commissione Biblica Cattolica della diocesi
indiana di Jalandhar, nello Stato del Punjab, ed in particolare al lavoro di padre George Cheruvil, di Shamaun Yousaf Sandhu, di padre Michael Ani e di
padre Emmanuel Yousaf Diwan.
Il vescovo Symphorian Thomas
Keeprath, alla guida della diocesi, è stato
incaricato di lanciare, lo scorso 27 dicembre, la prima edizione cattolica del
Nuovo Testamento in punjabi nel Seminario Maggiore
Regionale della Santissima Trinità. Il presule, ringraziando quanti hanno
contribuito all’imponente opera, ha manifestato il desiderio che ciascuna
famiglia cattolica della diocesi possa avere in casa una copia tradotta del
Nuovo Testamento. Tale traduzione rappresenta un traguardo significativo, visto
che questa è la lingua più importante del gruppo nord-occidentale di lingue indo-ariane. Si calcola, infatti, che sia parlata da circa
100 milioni di persone.
Un nuovo caso umano di influenza aviaria è stato
confermato
dalle autorità
sanitarie turche nella provincia di Sivas,
nella zona centrale del Paese. Lo riferisce
l’emittente Cnn
- A cura di Eugenio Bonanata
-
ISTANBUL. = Sale a 15 il numero
di persone contagiate dal micidiale virus dell’influenza aviaria in Turchia. Il
nuovo paziente è uno degli 8 ricoverati che erano sotto osservazione a Sivas; ma ci sono almeno un’altra decina di persone, in
tutto il Paese, sui quali sono in corso accertamenti.
Solo ieri le autorità turche avevano reso noto che erano 14 i casi di contagio.
Tre di loro, tutti bambini di una stessa famiglia, di una zona rurale nella
parte orientale del Paese, erano deceduti nei giorni scorsi. Proprio in questa
zona, il ministro della Sanità turca, Akdag, è stato
contestato. Aree di quarantena sono state disposte in diverse zone del Paese,
tra cui tre anche ad Istanbul. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS),
dal canto suo ha precisato che i contagi finora avvenuti sono da imputare solo
al contatto diretto con pollame malato. E anche il portavoce dell’Unione
Europea sulle questioni agricole, Michael Mann, ha affermato che nonostante il vercficarsi
di molti casi nella stessa regione, non ci sono prove di una trasmissione del
virus da uomo a uomo. E mentre anche le autorità ucraine hanno confermato
l'esistenza di altri tre focolai nel sud del Paese, in Italia il ministro della
Salute, Francesco Storace ha istituito il varo dell’unità di crisi
sull'influenza aviaria. Il ministro, che ha definito “relativamente tranquilla”
la situazione, ha anche annunciato a breve il lancio di un opuscolo informativo
che sarà distribuito ai diretti o provenienti dalla Turchia. Anche in Russia,
visto il diffondersi del virus in Paesi come Cina e Romania, il presidente Putin ha ordinato il rafforzamento delle misure sanitarie
ai confini. In Giappone, infine, sono almeno 77 le persone che
potrebbero essere stati contagiati dal virus aviario H5N2, la variante meno
intensa dell'H5N1 responsabile del recente allarme in Asia.
un’inchiesta
dell’Università di Seoul conferma che La ricerca sulla
CLONAZIONE condotta dallo
scIenziato sudcoreano Hwang è “una frode scientifica”. la magistratura ha
aperto un’inchiesta vietando
al ricercatore e alla sua
equipe di lasciare il Paese
SEOUL. = Lo scienziato sudcoreano Hwang Woo-suk nel 2004 e 2005 ha falsificato completamente i
risultati di due ricerche sulla clonazione di cellule staminali
embrionali. E’ il verdetto finale, reso noto oggi, di una commissione di
inchiesta dell'Universita' statale di Seul, chiamata
il mese scorso ad esaminare le controverse scoperte dell’equipe medica. Hwang era considerato fino a pochi mesi fa un candidato al
Premio Nobel per le ricerche pubblicate su prestigiose riviste scientifiche
internazionali. In un articolo pubblicato nel 2004 nella rivista americana “Science”, infatti, lo scienziato aveva affermato la
creazione di cellule staminali embrionali umane.
L'annuncio era stato salutato con entusiasmo dalla comunità scientifica. Alla
fine del 2005, la commissione dell’Università di Seoul,
aveva già resa nota la falsità di un’altra ricerca dello stesso gruppo.
Pubblicata lo stesso anno sempre su “Science”,
la celebre ricerca conteneva l’annuncio della creazione di 11 cellule staminali umane su 'misura', clonate cioè a partire da
cellule di pazienti afflitti da malattie incurabili. Dunque in tutti e due i
casi si tratta di risultati ‘fabbricati su misura’.
La stessa inchiesta definisce però “un successo” la
prima clonazione mondiale di un cane, un levriero afghano,
effettuata dallo stesso gruppo questa estate. Questo dimostra certamente che il
team è in possesso di un livello significativo di tecnologia. Tuttavia, nel
campo delle cellule staminali umane come ha affermato il responsabile
della commissione di inchiesta, Chung Myung Hee - Hwang
non ha fatto alcun passo avanti e non possiede alcuna tecnologia specifica,
come invece da lui più volte sostenuto''. Il verdetto,
anche se atteso, ha provocato un terremoto in Corea del Sud dove Hwang era stato insignito nel giugno scorso dal governo del
titolo di '' supremo scienziato'' di Stato, un
riconoscimento mai offerto finora ad altri, che gli era valso un compenso annuo
di circa 3,1 milioni di dollari, e consistenti fondi di ricerca per i prossimi
cinque anni. Il tutto in aggiunta ai 66 miliardi di won,
quasi 67 milioni di dollari, ricevuti dal team di Hwang
dal 1998 ad oggi. La procura di Seul ha annunciato che esaminerà il
dossier 'Hwang' per
verificare possibili reati di truffa e storno di fondi pubblici. Secondo alcune
fonti, i magistrati indagheranno inoltre sulle infrazioni alla legge sulla
bioetica commesse dal ricercatore durante l’acquisizione degli ovuli usati
nelle sue ricerche. Lo scienziato aveva infatti ricevuto
2.061 ovociti da 129 donne, tra cui alcune
ricercatrici dello suo stesso team, costrette, stando all'inchiesta, a 'donare'
i propri ovuli. I ricercatori medici definiscono il caso, che ha prodotto
“shock e vergogna” in molti sudcoreani, uno dei più
clamorosi casi di frode scientifica della storia recente. I pubblici ministeri
del Paese annunciano inchieste penali. L’autorità giudiziaria – secondo quanto
riporta Asia News - ha proibito al ricercatore e ai 10 membri del suo staff di
abbandonare il Paese. (E. B.)
Il sovrano del Marocco,
Mohammed VI, ha chiesto ufficialmente scusa
al paese per i 40 anni di
abusi dei diritti umani compiuti nella sua nazione
e denunciati il mese scorso in un dossier
della Commissione
per la riconciliazione e
la verità (IER)
RABAT. = In un discorso alla
nazione il monarca, Mohammed VI, commentando per la
prima volta l’esito dell’indagine, ha affermato in questi giorni di voler dare
una tangibile dimostrazione di “forte sostegno per il consolidamento della
verità, dell’equità e della riconciliazione”. Secondo quanto riporta l’agenzia
MISNA, sottolineando che non bisogna scordare il passato, Mohammed
VI ha poi affermato che il “perdono collettivo è uno dei pilastri della riforma
istituzionale”. Una profonda riforma – ha specificato – “in grado di aiutare il
Paese a liberarsi dai fallimenti del passato senza dimenticare i diritti
politici e civili”. Era stata la principale organizzazione indipendente per i
diritti umani, ‘Moroccan Association for Human Rights’ (AMDH), a sollecitare
il sovrano, successore di re Hassan, a scusarsi di
persona a nome dello Stato per gli abusi passati. Secondo il documento diffuso
dai 17 componenti della Commissione indipendente per la riconciliazione,
istituita dal re nel novembre 2003 per indagare sui crimini commessi durante il
regno di Hassan II, dal 1956 – anno dell’indipendenza
del Marocco dalla Francia - fino al 1999 furono
iscritte nella lista degli ‘scomparsi’ 592 persone. 322 di queste furono uccise
da esponenti delle forze dell’ordine in scontri e manifestazioni di protesta.
Altri 174 morirono mentre erano in stato di detenzione
arbitraria. La Commissione – la prima del genere nel mondo arabo – ha anche
confermato almeno 9.779 casi di abusi dei diritti umani perpetrati negli ultimi
decenni, dai casi di morti e ferimenti durante la detenzione a omicidi
extra-giudiziari, da “sparizioni ed esili forzati” fino agli abusi sessuali. (E. B.)
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10
gennaio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco
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L’Iran
ha rimosso i sigilli dai suoi centri di ricerca atomica. “Per il momento – assicurano
le autorità iraniane – lavoreremo alla produzione di combustibile nucleare,
mentre rimarrà per ora sospesa l’attività di arricchimento dell’uranio”. Nella
comunità internazionale cresce la preoccupazione per l’atteggiamento dell’Iran
che rischia di mettere in forse il buon esito dei negoziati, programmati per il
18 gennaio prossimo, con Francia, Germania e Gran Bretagna. Quali effetti sui
rapporti internazionali potrà avere, dunque, la decisione
iraniana? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a Caren Davidkhanian,
giornalista iraniano del quotidiano “Il Riformista”:
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R. –
Vedendo le cose che sono successe fino ad oggi, io non
credo che abbia effetti particolarmente gravi. Ogni volta l’Iran spinge un po’
di più e ogni volta pare che la comunità internazionale decida di dargli ancora
un’altra occasione. Il problema della teocrazia iraniana è che si trova a gestire
un Paese che ormai è completamente fuori controllo. La gente è scontenta politicamente
e socialmente e l’economia è veramente a pezzi. Questo è un Paese ricchissimo,
eppure ha quasi 10 milioni di disoccupati, che sarebbero circa il 10 per cento
della popolazione. Quindi, spingere sul discorso nucleare è un fatto di sopravvivenza,
al di là della politica estera degli Ayatollah.
D. – Quindi, sono veritiere le dichiarazioni delle
autorità iraniane sulla riattivazione del programma nucleare solo per usi
civili…
R. – No, personalmente non lo credo. Credo che l’evidenza
dei fatti degli ultimi mesi faccia pensare che forse c’è qualcosa in più,
rispetto a quello che si dice a Teheran.
D. – A questo punto cosa potrà fare la comunità
internazionale? Proseguire sulla strada del negoziato o adottare delle
decisioni più severe?
R. – Mi sembra che si punti sempre sulla stessa soluzione,
nonostante il non risultato che c’è stato fino ad oggi. Mi sembra che il
negoziato non abbia portato a nessun fatto concreto, se non rimandare
continuamente questo problema. Bisognerebbe trovare maggiore concretezza, se
c’è l’intenzione di non permettere che l’Iran oltrepassi un certo limite.
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E’ stato arrestato uno degli
uomini che hanno pianificato l’attacco del 2003 contro la caserma italiana a Nassiriya. In Iraq, intanto, non si
arrestano le violenze: un attacco condotto ieri contro un folto gruppo di
poliziotti, radunati al ministero dell’Interno di Baghdad, ha causato la morte
di almeno 28 persone. Negli Stati Uniti si susseguono, inoltre, gli appelli per
la liberazione di Jill Carroll,
la giornalista americana rapita sabato scorso nel Paese arabo. Il nostro servizio:
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E’ stato
catturato in Spagna il presunto reclutatore dei
kamikaze responsabili dell’attacco perpetrato contro la base militare italiana
a Nassiriya. L’arresto è stato compiuto nell’ambito
di una vasta operazione delle forze di sicurezza spagnole a Madrid, in Catalogna
e nei Paesi Baschi. Tra i 20 sospetti estremisti islamici finiti in manette con
l’accusa di aver reclutato mujaheddin per conto della guerriglia irachena, c’è anche l’imam di una moschea. Nell’attentato a Nassiriya,
sono morti 18 soldati italiani e nove iracheni. L’Iraq e l’Italia sono sullo sfondo
di un’altra tragica vicenda: sono state infatti
mostrate ieri, per la prima volta, le agghiaccianti
immagini dell’assassinio di un altro italiano, Fabrizio
Quattrocchi, ucciso in Iraq il 14 aprile del 2004. Quattrocchi, circondato da
uomini armati, è inginocchiato al centro di una fossa con le mani legate.
Rivolgendosi ai rapitori, chiede di poter abbassare la kefiah
che gli copre il volto. “Posso levare?”. “No”, gli rispondono i miliziani.
Quattrocchi replica, allora, con la frase divenuta tristemente celebre: “Vi
faccio vedere come muore un italiano”. La parte secretata
e non trasmessa del filmato, contiene la sequenza dell’uccisione.
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Restano critiche ma stabili le
condizioni di salute del premier israeliano Sharon,
ricoverato all'ospedale Hadassah
di Gerusalemme dopo le gravi emorragie cerebrali della settimana scorsa.
Secondo il portavoce dell’ospedale, Sharon respira autonomamente ma è presto per valutare eventuali danni
cerebrali. Il prossimo bollettino medico sulle sue condizioni di salute è
previsto nel pomeriggio. Il presidente palestinese Abu
Mazen ha annunciato,
intanto, che le elezioni palestinesi si terranno, come previsto, il prossimo 25
gennaio. Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha assicurato che potranno votare anche i palestinesi
residenti a Gerusalemme est. Intanto, il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha deciso di
inviare in missione in Medio Oriente due alti funzionari per rilanciare il
processo di pace.
Almeno
7 soldati pakistani sono morti in un attacco sferrato da guerriglieri islamici
al confine dell'Afghanistan. Lo hanno riferito fonti dell’esercito precisando
che l’episodio è avvenuto a circa 3 miglia a sud-est di Miranshah,
capitale della regione tribale del nord Waziristan.
Il leader nordcoreano, Kim Jong Il, è in Cina per una visita
e per colloqui con i massimi dirigenti cinesi. Lo hanno reso noto
fonti dei servizi di informazione militare sudcoreani
precisando che Kim Jong Il
ha attraversato nella notte, a bordo di un treno, la frontiera tra Corea del
Nord e Cina tra ingenti misure di sicurezza. L’ultima sua visita a Pechino risale
al 2004.
Nella pagina politica italiana, domina ancora la vicenda della scalata di Unipol alla Banca nazionale del lavoro, che sta provocando
tensioni soprattutto all’interno dei Ds. Ieri il
presidente della Quercia D’Alema ha
riconosciuto che l’operazione è stata azzardata. Mentre il premier Berlusconi è tornato ad attaccare gli intrecci tra regioni
rosse e mondo delle cooperative. Intanto le indagini vanno avanti e gli
inquirenti ipotizzano versamenti di forti somme di denaro anche a politici. Il
servizio di Giampiero Guadagni:
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Una lobby
politica trasversale interessata alle scalate bancarie. E’ l’ipotesi su cui
stanno lavorando in questi giorni gli inquirenti milanesi, dopo aver più volte
interrogato l’ex numero uno della Banca popolare italiana Giampiero Fiorani, agli arresti dallo scorso 13 dicembre. Si parla di
milioni di euro versati a politici italiani in cambio del loro appoggio a
diverse scalate bancarie. Oggi i PM milanesi faranno il punto con i colleghi
romani che conducono inchieste parallele, come quella che riguarda la scalata
di Unipol alla Banca nazionale del lavoro. Proprio su
questa vicenda si sono accesi i riflettori negli ultimi giorni. Unipol è il gruppo assicurativo che fa parte del mondo
delle cooperative e che ha sempre avuto come punto di riferimento politico i
DS. Proprio i DS sono nell’occhio del ciclone, dopo la pubblicazione delle intercettazioni
di telefonate tra Fassino e l’allora presidente di Unipol, Consorte. Ieri, il presidente della Quercia,
Massimo D’Alema, ha definito sciocchezze gigantesche
le accuse ai DS di aver preso tangenti. Ma ha riconosciuto che l’appoggio del
suo partito alla scalata Unipol è stata un errore. Quell’operazione, ha aggiunto D’Alema,
era valida e legittima ma azzardata perché mancavano alleanze adeguate. La
Margherita di Rutelli si dice in sintonia con i DS.
Ma il leader dell’Unione Prodi sembra cogliere il
disagio degli elettori del centrosinistra e rilancia il progetto del Partito democratico.
Che però non piace alla sinistra più radicale, la stessa che sollecita Fassino e D’Alema ad una autocritica più convincente sui rapporti tra politica e
affari.
All’attacco,
naturalmente, il centrodestra. E Berlusconi, che
assicura di essere rimasto neutrale nella vicenda Unipol
nonostante sia stato interpellato da azionisti della BNL, definisce intollerabile
l’intreccio tra sinistra e sistema delle cooperative. Ma il premier è a sua
volta nel mirino delle polemiche per un condono fiscale da 1.800 euro in
relazione ad un processo su diritti televisivi. A questo proposito, Berlusconi ha definito accuse “assolutamente infondate”
quelle di ieri sul condono fiscale del quale avrebbe beneficiato. “Non c'è
stato alcun risparmio da parte mia”, ha detto Berlusconi
precisando che si tratta di “un’operazione di routine dei commercialisti”.
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Per tentare di risolvere le
annose controversie tra Etiopia ed Eritrea, gli Stati Uniti hanno avviato
un’iniziativa diplomatica, inviando una delegazione con a
capo Fraser, segretario di Stato aggiunto per gli
Affari africani. Scopo della missione è di compiere passi avanti nel processo di
demarcazione della frontiera tra i due Paesi che non hanno mai accettato il
tracciato definito nel 2002.
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