RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 56 -
Testo della trasmissione di sabato 25
febbraio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Aperto ieri a Bolzano, il processo di beatificazione
per Josef Mayr-Nusser
Vietnam: la diocesi di Phan Thiêt ha due nuovi
sacerdoti
Assaltato in Brasile il museo Chacara Do Ceu: portati via
quadri di Picasso, Dalì, Monet e Matisse
Stato di
emergenza nelle Filippine, decretato dalla presidente Arroyo dopo un fallito
golpe
25
febbraio 2006
LA CARITA’ IMPLICA SEMPRE L’AMORE DI CRISTO E IL
DONO DI SE’:
E’ LA
RIFLESSIONE DEL PAPA AI SOCI DEL CIRCOLO DI SAN PIETRO,
RICEVUTI
IN VATICANO PER LA CONSEGNA DELL’OBOLO
RACCOLTO
NELLA DIOCESI DI ROMA IN FAVORE DEI BISOGNOSI
Benedetto XVI ha ricevuto stamani nella sala dei Papi i
soci del Circolo San Pietro, che hanno offerto al Pontefice l’Obolo di San Pietro,
raccolto nella diocesi di Roma durante l’anno trascorso, in favore dei più
bisognosi. A guidare i soci il presidente del Circolo, don Leopoldo dei Duchi
di Torlonia. Nell’occasione, il Papa è tornato a parlare della sua Enciclica Deus
caritas est. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“L Obolo di San
Pietro – ha detto il Papa – è l’espressione più tipica della partecipazione
di tutti i fedeli alle iniziative di bene del vescovo di Roma nei confronti
della Chiesa universale”. E’ un gesto, ha aggiunto, che ha valore “non soltanto
pratico, ma anche fortemente simbolico, come segno di comunione col Papa e di
attenzione alle necessità dei fratelli”. Parole corredate da una riflessione
sulla sua prima Enciclica dedicata all’amore cristiano. Che, ha ribadito, ha
tra i primi destinatari proprio i fedeli laici che si impegnano in azioni
caritative:
Ho ricordato che la motivazione principale dell’agire
dev’essere sempre l’amore di Cristo; che la carità è più che semplice attività,
e implica il dono di sé; che questo dono dev’essere umile, scevro da ogni
superiorità, e che la sua forza proviene dalla preghiera, come dimostra
l’esempio dei Santi.
Il Papa ha dunque affidato ai Santi della carità l’opera
del sodalizio. Il Circolo di San Pietro, è attivo dal 1869, assicura con le sue
opere un pasto ai poveri nelle tradizionali “cucine economiche” conosciute
anche come “la minestra del Papa”. Fondato da un gruppo di giovani laici romani
desiderosi di testimoniare, con le loro opere, il profondo attaccamento alla
Chiesa e al Papa, svolge da quasi 140 anni un’intensa attività a servizio dei
poveri a Roma e all’estero.
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BENEDETTO XVI RINGRAZIA LA POLIZIA MUNICIPALE PER
IL SERVIZIO SVOLTO
“CON
PROFESSIONALITA’ E DEDIZIONE” NELLE ZONE ADIACENTI AL VATICANO
Il Papa ha incontrato stamane i membri del XVII Gruppo
della Polizia Municipale di Roma, accompagnati dal comandante generale della
Polizia, Aldo Zanetti. Il Pontefice li ha vivamente ringraziati per il servizio
svolto “con professionalità e dedizione” nella zona di San Pietro. “Nei miei
lunghi anni di permanenza a Roma, abitando nelle adiacenze del Vaticano – ha
detto il Papa – mi è capitato tante volte di vedervi al lavoro, solerti e
cortesi nel regolare il traffico non sempre facile da gestire, specialmente in
occasioni di grandi affluenze di pellegrini in Piazza e nella Basilica di San
Pietro”. “Professionalità e dedizione” – ha detto Benedetto XVI – mostrate in
particolare “durante i memorabili e concitati giorni della malattia, della
morte e dei funerali dell’amato Papa Giovanni Paolo II, come pure in occasione
della mia elezione a Sommo Pontefice”. Quindi il Papa ha espresso un auspicio:
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“Cari amici, voi
esercitate una professione che vi pone a contatto con molta gente, in gran
parte diretta a uno dei luoghi più cari ai cattolici di tutto il mondo, la tomba
dell’apostolo Pietro, sulla quale è edificata la Basilica michelangiolesca.
Inoltre, vi capita spesso di assistere, sia pure da lontano, a incontri del
Papa con i fedeli o a celebrazioni liturgiche in Piazza San Pietro. Esprimo di
cuore l’auspicio che questo possa aiutarvi a crescere spiritualmente e a
sentire sempre accanto a voi la presenza di Cristo. Con il suo aiuto potrete
svolgere la vostra attività serenamente, consapevoli di rendere un servizio
alla comunità”.
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OGGI POMERIGGIO IL PAPA IN VISITA AL SEMINARIO
ROMANO MAGGIORE
IN
OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA
-
Intervista con mons. Giovanni Tani -
Questo pomeriggio alle 17.30 il Papa si reca al Pontificio
Seminario Romano Maggiore in occasione della Festa della Madonna della Fiducia,
patrona del Seminario. Attualmente l’istituto ospita 119 seminaristi, la cui
età media si aggira sui 30 anni.
A Roma sono presenti altri quattro seminari: l’Almo Collegio
Capranica, il Pontificio Seminario Romano Minore, il Seminario della Madonna
del Divino Amore e il Seminario Redemptoris Mater. Ma qual è l’attesa per
l’incontro di questo pomeriggio? Giovanni Peduto lo ha chiesto al rettore del
Seminario Maggiore mons. Giovanni Tani:
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R. – E’ un’attesa molto grande, per due motivi: è la prima
volta che Benedetto XVI viene nel nostro seminario (anche se più volte era
venuto da cardinale): siamo contenti di poterlo avere fra di noi e di ascoltare
le sue parole; inoltre, sono tre anni che il Papa non viene da noi, infatti
negli ultimi tre anni, a causa dello stato di salute di Giovanni Paolo II,
siamo andati noi dal Papa, ricevuti in udienza nell’Aula PaoloVI.
D. – Quale rapporto particolare c’è tra i seminaristi del
Seminario Romano Maggiore e il Papa?
R. – Questo è
il Seminario che tradizionalmente è detto il Seminario del Papa. Chi viene qui
anche da altre diocesi, sa di venire nel Seminario del Papa. A parte questo aspetto,
vero, ma che potrebbe risultare esterno, il rapporto di affetto e attenzione
verso il Papa è un aspetto fondamentale della nostra formazione, e negli anni
di Giovanni Paolo II questo rapporto si è fortemente intensificato.
D. – Da quali esperienze vengono i seminaristi? Come sono
oggi rispetto al passato?
R. – Per una buona parte di loro il percorso è stato
quello tradizionale: una buona famiglia, la presenza in parrocchia, la comunità
giovanile, un sacerdote di riferimento … Per altri, non pochi, si è trattato di
un ritrovamento della fede; qualcosa che si potrebbe definire conversione; e in
questo essere chiamati alla fede si è resa presente anche la chiamata al
sacerdozio: un passaggio da verificare e motivare, ma molto più frequente che
in passato.
D. – Che tipo di formazione prevede il Seminario?
R. – E’ la formazione che la Chiesa prevede per i futuri
sacerdoti. Si basa si un forte impegno di vita spirituale e di studio, vissuto
in un contesto comunitario con una finalità pastorale che viene verificata
anche in alcune esperienze nelle parrocchie e in altri ambiti di
evangelizzazione (ospedali, carceri, case di accoglienza).
D. – Cosa consiglia a un giovane che sente il desiderio di
farsi sacerdote?
R. – Generalmente gli consiglio di maturare questo
desiderio nella preghiera, mantenendosi fedele agli impegni della sua vita
(studio o lavoro). Deve cercarsi poi un direttore spirituale per verificare con
lui la consistenza di questo desiderio e le motivazioni che lo sostengono.
D. – In Europa le vocazioni sono in calo mentre crescono
in Asia e Africa. Che fare?
R. – Sembra che tutto questo dipenda anche da un rarefarsi
della fede in Europa. Da comunità cristiane che non sono propositive di una
vera testimonianza cristiana. Credo che bisogna ascoltare il Signore che ci
chiede di pregare il Padrone della messe… Sarà anche necessario ritrovare la
forza e la semplicità di parlare della vocazione al sacerdozio a coloro che,
avendo trovato in Gesù la risposta alla loro vita, possono farsi annunciatori
di questo incontro anche agli altri.
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ALTRE
UDIENZE
Il Santo Padre ha ricevuto in udienza Salvatore Martinez,
coordinatore nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo.
NOMINE
Il Papa ha nominato nunzio apostolico nelle Filippine
mons. Fernando Filoni, arcivescovo titolare di Volturno, dal 2001 nunzio
apostolico in Iraq e in Giordania. Era stato Giovanni Paolo II a inviare a
Baghdad mons. Filoni “a sostegno delle comunità cristiane sparse in quelle
terre”. “Sono certo – gli disse
Papa Wojtyla nel marzo del 2001 - che sarai per loro un messaggero di pace e
di speranza”. E così è stato: mons. Filoni non ha mai abbandonato la
popolazione irachena, restando nel Paese nei momenti più difficili e rischiosi
a partire dai bombardamenti anglo-americani nel marzo del 2003.
In Gambia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Banjul
presentata da mons. Michael J. Cleary, per raggiunti limiti di età. Gli succede padre Robert Patrick
Ellison, segretario generale della Congregazione dello Spirito Santo. Padre
Robert Patrick Eleison è nato il 12 febbraio 1942 a Dublino, in Irlanda. Dopo
gli studi secondari, è entrato nel noviziato della Congregazione dello Spirito
Santo. Ha compiuto gli studi filosofici in Irlanda e quelli teologici alla
Gregoriana, a Roma, ottenendo una Licenza in Teologia Dogmatica. Ha studiato
anche islamologia a Roma. Ha emesso la professione perpetua nel 1968. Ha
ricevuto l'ordinazione sacerdotale il 6 luglio 1969. E’ stato per lunghi anni
missionario in Gambia. La diocesi di Banjul
è direttamente soggetta alla Santa Sede. Ha una superficie di 10.403
kmq, con 1.639.500 abitanti (di cui 34.000 cattolici), 16 parrocchie, 26
sacerdoti (di cui 15 diocesani e 11 religiosi), 4 seminaristi e 42 religiose.
Sono stati quindi nominati Cerimonieri
pontifici mons. Pier Enrico Stefanetti, mons. Stefano Sanchirico e mons. Diego
Giovanni Ravelli.
Il Santo Padre ha infine nominato il cardinale Nicolás de Jesús López Rodríguez,
arcivescovo
di Santo Domingo, suo Inviato
Speciale alle celebrazioni che avranno luogo a Lima, in Perú, dal 24 al 29 aprile 2006, nel IV centenario della morte di San Toribio di Mogrovejo,
patrono dell’episcopato latinoamericano.
LA SERA DEL
2 APRILE, BENEDETTO XVI COMMEMORERA’ IL PRIMO ANNIVERSARIO
DELLA MORTE DI GIOVANNI PAOLO II ASSIEME AI FEDELI
IN PIAZZA SAN PIETRO.
IL CARDINALE VICARIO, CAMILLO RUINI,
ANNUNCIA LE INIZIATIVE PER RICORDARE LA SCOMPARSA DI
PAPA WOJTYLA
- A cura di Alessandro Gisotti -
Il
prossimo 2 aprile sarà trascorso un anno dalla scomparsa di Papa Giovanni Paolo
II. La diocesi di Roma, annuncia il cardinale vicario Camillo Ruini, si
raccoglierà in preghiera con il suo Successore Benedetto XVI per esprimere i
“forti e profondi sentimenti di gratitudine” che tutti “conserviamo nei cuori
per il nostro amato Pontefice”.
In una
lettera ai fedeli, il porporato informa che domenica 2 aprile, alle ore 21.00,
ci si raccoglierà in Piazza San Pietro per recitare il Santo Rosario e
“rivivere il clima di intensa preghiera che accompagnò il transito” di Giovanni
Paolo II “all’incontro definitivo con il Signore”. Al termine del momento di
preghiera, Benedetto XVI “saluterà i presenti dalla finestra dello Studio”.
Lunedì 3 aprile, poi, alle ore 17.30, nella Basilica di San Pietro, il
Pontefice celebrerà una Messa solenne in suffragio del suo compianto Predecessore.
NON ABBIATE PAURA E SIATE CERTI DELLA
PRESENZA TRA VOI DELLA CHIESA E DI DIO. COSI’ IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE
DURANTE LA VISITA
TRA I PROFUGHI DEL DARFUR, ULTIMA TAPPA DEL SUO VIAGGIO IN SUDAN
- A cura di Amedeo Lomonaco -
“La mia presenza in questo campo
profughi vuole mostrare la solidarietà della Chiesa con voi, esortando tutte le
persone di buona volontà ad intervenire non solo offrendovi ospitalità,
ascolto, assistenza e protezione, ma anche facendo appello alle nazioni e alla
comunità internazionale per prendere azioni decisive per fermare questa
orribile situazione”. Lo ha detto il prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, cardinale Crescenzio Sepe, durante una visita in
un campo profughi del Darfur, ultima tappa del suo viaggio pastorale in Sudan.
“Vi voglio assicurare - ha aggiunto il porporato - che il Santo Padre segue con
particolare attenzione tutto quello che sta succedendo e continua a pregare per
il vostro Paese che è stato tormentato da odio, guerra ed estremismo religioso.
Tutta la Chiesa è con voi e vi sostiene con la fede e la carità”.
Il cardinale Crescenzio Sepe –
come riferisce l’Agenzia Fides - ha poi espresso la propria gratitudine alle
varie organizzazioni della Chiesa, alle realtà internazionali e agli altri organismi
caritativi, che prestano la loro opera di assistenza nel Paese africano. “La
verità del Vangelo di carità universale e illimitata, giustizia e pace – ha
spiegato il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli -
può essere capita da coloro che hanno fede”. Per questo – ha precisato il
porporato - sono venuto qui per irrobustirvi nella vostra fede e per chiedervi
di non perdere coraggio, sapendo che anche nelle vostre sofferenze e angosce,
Dio è con voi e ascolta il vostro pianto… Non abbiate paura e siate certi della
presenza tra voi della Chiesa e di Dio”. Il cardinale ha quindi sottolineato
come la pace, per essere autentica e duratura, debba essere costruita sulle basi
della verità di Dio e dell’uomo. “Solo questa verità – ha concluso il cardinale
Sepe - può creare una sensibilità alla giustizia e un’apertura all’amore e alla
solidarietà, incoraggiando tutti a lavorare per una famiglia umana veramente
libera ed armoniosa”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
In prima pagina le udienze di Benedetto XVI al
Circolo San Pietro e alla Polizia municipale di Roma.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla visita del cardinale Crescenzio
Sepe in Sudan.
Servizio estero - Iraq: violato il coprifuoco
diurno a Baghdad, nuovi scontri tra sciiti e sunniti.
Servizio culturale - Un elzeviro di Mario Gabriele
Giordano dal titolo “Uno scrittore che non liscia la pagina”: le opere di
Domenico Rea nei “Meridiani”.
Servizio italiano - In primo piano il tema della
giustizia. Il Presidente Carlo Azeglio Ciampi sottolinea che “i magistrati
devono non solo essere ma anche apparire imparziali”.
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25
febbraio 2006
IN UN LIBRO
INCHIESTA, IL GIORNALISTA DI CITTA’ NUOVA, MICHELE ZANZUCCHI,
RACCONTA IL VOLTO
MENO CONOSCIUTO DEL MONDO ISLAMICO,
TOLLERANTE E
APERTO AL DIALOGO
Non
esiste solo l'Islam intollerante e fondamentalista; esiste anche un altro Islam
costituito da correnti e tendenze più spirituali, intrise di tolleranza e
misericordia, caratterizzate da un forte impegno sociale e civile. Questo Islam
viene raccontato in un libro inchiesta di Michele Zanzucchi, caporedattore di Città
nuova, la rivista del Movimento
dei Focolari. Il libro,
intitolato significativamente “L’Islam che non fa paura” è un viaggio nel mondo
islamico più tollerante, con interviste a decine di leader religiosi,
intellettuali e accademici musulmani che sostengono lo sviluppo di un Islam di
pace e riconciliazione. A Michele Zanzucchi, Alessandro Gisotti ha chiesto come
valuta il difficile momento che stiamo vivendo nel confronto tra Occidente e
Islam, alla luce delle testimonianze raccolte:
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R. – Alla luce di queste interviste
e di questa lunga esperienza che è durata soprattutto gli ultimi tre anni, in
cui ho visitato 22 Paesi a maggioranza musulmana, mi sembra di poter dire che i
media, soprattutto televisivi, corrono un grave rischio: quello di ingigantire
un particolare. Viene inquadrata una manifestazione e si ha l’impressione che
tutto l’Islam sia così. Io posso affermare che la stragrande maggioranza del
mondo musulmano non è né violenta né terrorista. Non bisogna mai dimenticarlo
per un sano dialogo con il mondo islamico, per evitare che le frange estreme,
non solo da parte musulmana, spingano a qualcosa che si avvicina allo scontro
di civiltà. Anche se dubito che possa esistere, anche in termini semplicemente
teorici, un tale scontro.
D. – Perché queste figure dell’Islam
non emergono? E’ dovuto solo alla scarsa attenzione dei mezzi di comunicazione?
R. – Io non voglio scagliar la
pietra contro la mia categoria, che per forza di cose deve affrontare la
notizia. Però debbo dire anche che si dovrebbe fare uno sforzo di obiettività,
soprattutto in questo momento in cui bisogna dare una visione globale
dell’Islam. Non bisogna mai perdere l’insieme della visione delle cose.
D. – Come uscire da questa
complicata situazione che rischia di avvitarsi su se stessa?
R. – E’ difficile dare una
risposta esauriente. Io mi rifaccio sempre agli ultimi Papi che parlavano di
fraternità, in particolare tra i fedeli delle religioni di Abramo, che
parlavano di valorizzare tutte le forze che sono aperte al dialogo, alla
cooperazione, alla semplicità di vita. Io penso che si debba in particolare
mettere in luce una regola etica che è presente in tutte le grandi religioni
anche nell’Islam che è la regola d’oro: ‘Non fare agli altri quello che non
vorresti fosse fatto a te’. E’ semplicissima, eppure nel dialogo della vita, in
quello che va avanti con i piccoli passi, questa regola può essere veramente
l’ancora di salvezza contro uno scontro di civiltà che tanti prefigurano.
Questo non vuol dire perdere l’identità cristiana totalmente, al contrario mi
sembra che più siamo cristiani più dialoghiamo: il dialogo è insito nella natura
cristiana.
D. – Cosa ti ha colpito di
queste decine di testimonianze che hai raccolto nel mondo islamico?
R. – In tutti gli intervistati,
che sono evidentemente persone scelte dalla parte di chi è aperto il dialogo,
mi sembra di avere riscontrato una disponibilità all’accoglienza che
francamente, spesso, da noi non trovo. E’ vero, nell’avvicinarmi anch’io ho
cercato di vivere come giornalista e di ascoltare molto. Se l’accoglienza è
reciproca viene fuori il vero, quello che questa gente veramente pensa, non
quello che a volte fanno credere perché si sentono stretti alle corde. Mi
sembra molto importante avere una serenità di giudizio, e questo nelle
interviste che ho potuto fare, mi ha colpito molto.
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CONCLUSO PRESSO LA CITTADELLA DI ASSISI IL
CONVEGNO NAZIONALE
DEGLI ASSISTENTI NAZIONALI DELL’AGESCI
- Intervista con don Francesco Marconato -
Si è svolto in questi giorni
alla cittadella di Assisi il Convegno nazionale degli Assistenti ecclesiastici
dell’Agesci, l’Associazione guide e scouts cattolici italiani. Tema
dell’incontro: “Scautismo ed educazione dei giovani alla fede”. Marina Tomarro
ha intervistato don Francesco Marconato, Assistente ecclesiastico generale
dell’Agesci e organizzatore del Convegno:
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R. – Noi abbiamo percepito
l’esigenza di mettere al centro dell’educazione scouts quella che è una delle
sue caratteristiche, cioè il fatto di proporre ai ragazzi un incontro con
l’esperienza di fede. Proprio per questo c’è sembrato opportuno radunare gli
assistenti ecclesiastici, che hanno risposto in forma ben superiore rispetto
alle attese. Sono 380 i partecipanti. Per noi è un’opportunità molto importante
e risulta essere anche un percorso che ai ragazzi dà molte possibilità di
crescita.
D. –
Ma qual è il modo migliore di educare questi ragazzi oggi?
R. –
Lo scoutismo ci dice che l’importante è cercare di scoprire e di individuare
quelle che sono le attese più proprie dei ragazzi. Vuol dire essere capaci di
intercettare quelli che sono i loro interessi. Lo scoutismo ha dei segreti in
questo senso. Ha il segreto della scoperta del gioco, dell’avventura, della
strada, di tutte quelle attività che colpiscono il ragazzo, che lo appassionano,
che lo fanno sentire protagonista della propria crescita. Anche in questo senso
l’assistente è proprio una figura di prete capace di accompagnarsi ai ragazzi
all’interno di queste attività. Non si tratta di insegnare qualche contenuto di
fede, si tratta proprio di accompagnarsi ai ragazzi, di condividere con loro
delle esperienze significative, che possano essere poi interpretate alla luce
del Vangelo.
D. –
Nella vita di questi giovani scout, quanto è importante per loro vivere la fede?
R. –
Sembra che i ragazzi di oggi non credano più, non siano interessati. Noi vediamo
che si tratta proprio di trovare quella possibilità di incontro, di dialogo con
i ragazzi, che poi consenta loro di compiere un cammino. Io vedo anche come
esperienza personale, facendo da assistente spesso ai campi di formazione, da
parte dei ragazzi più grandi o dei capi dell’associazione, che c’è un
grandissimo interesse quando si riesce a far percepire che l’esperienza di fede
è qualcosa che entra in contatto con la vita. C’è grande sete, a me sembra, di
parola di Dio, di incontro con il Signore. Si tratta appunto di trovare i
linguaggi e le modalità che consentano al ragazzo e anche all’adulto, al
giovane, di poter fare proprio questa sintesi attiva tra l’esperienza di Dio e
la propria vita quotidiana.
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Domani,
26 febbraio, ottava Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il
Vangelo in cui i farisei domandano a Gesù perché i discepoli di Giovanni
Battista e dei farisei digiunino, mentre i suoi discepoli non digiunano. Gesù risponde:
“Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con
loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i
giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno”.
Su questo brano evangelico
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Con la venuta di Cristo cambia
anche il significato delle pratiche spirituali. Il digiuno è stato visto come
un’ascesi dei sensi, come un esercizio di rinuncia volontaria e di accettazione
del dolore a causa di Dio. Cristo invece fa notare che il digiuno, più che un
esercizio di ascesi per raggiungere una meta religiosa, è un’arte della
custodia e dell’amore nel cuore. Lui dice che finché lo sposo è presente, non
si digiuna. E’ importante piuttosto stare con lui, partecipare alla sua festa a
causa del suo amore. Ma una volta assaggiata la sua presenza, che è la presenza
del Salvatore, non la si vorrebbe mai dimenticare. Il digiuno vuol dire proprio
custodire questo sapore della sua presenza e non lasciarsela derubare,
sostituire o confondere. Il digiuno è un’ascesi per la qualità della vita dei
sapori interiori e dei sensi spirituali. Quando lo sposo viene tolto attraverso
il digiuno si recupera la memoria della sua presenza.
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25
febbraio 2006
PROSEGUONO IN NIGERIA GLI SCONTRI TRA MUSULMANI E
CRISTIANI,
DOVE S’INNESTANO ODI TRIBALI E INTERESSI ECONOMICI
E POLITICI.
APPELLO ALLE AUTORITÀ GOVERNATIVE DEL PRESIDENTE
DEI VESCOVI NIGERIANI, CHE CHIEDE AIUTO ANCHE ALL’EUROPA
- A cura di Roberta Gisotti -
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ABUJA.
= Non si placano le violenze interconfessionali in Nigeria, dopo le prime rappresaglie
per le vignette satiriche su Maometto: 157 le vittime in totale ed oltre 900
feriti. Gli ultimi scontri a nord, nella città di Kontagorta, dove musulmani
hanno ucciso 9 cristiani, dato alle fiamme 4 chiese e saccheggiato diversi
negozi di cristiani, che a loro volta nella città di Enugu, nel sudest, avevano
ucciso un tassista islamico e incendiato una moschea. Tra le vittime anche una
bambina cristiana di 8 anni, raggiunta da un proiettile vagante. “Lo
stato di diritto è il primo argine per fermare la violenza”: l’arcivescovo
della capitale nigeriana John Olorunfemi Onaiyekan, presidente della Conferenza
episcopale, richiama le autorità civili del suo Paese a garantire la sicurezza
e individuare i responsabili per il degenerare della protesta. Un malessere
diffuso percorre infatti la Nigeria, denuncia il presule: degli “scontri
religiosi” profittano “elementi criminali”, e così anche “predicatori roboanti”
che “trovano facile preda nei giovani disoccupati che vedono nel messaggio
estremista una ragione di vita”. E, “l’Islam ufficiale – aggiunge l’arcivescovo
di Abuja - si trova in difficoltà” di fronte a questi fenomeni “che sfuggono al
suo controllo”. Da qui il monito perché la religione non rimanga vittima di
manipolazioni politiche, in un Paese dove sta avanzando la legge islamica negli
Stati del Nord, proprio da quando - dopo anni di leadership musulmana - è
giunto alla presidenza un cristiano, Obasanjo, al suo secondo mandato, dopo la
riconferma del 2003. Indipendente dal 1960, la Nigeria, solo da pochi anni ha
intrapreso un graduale cammino di democratizzazione, dopo quattro decenni di
colpi di Stato e governi militari. Paese dalle enormi ricchezze naturali,
anzitutto il petrolio, che conta 130 milioni di abitanti, per metà poverissimi,
con un’aspettativa media di vita di soli 46 anni, la Nigeria è attraversata da
una rete di divisioni etniche, di ambizioni politiche e mire economiche, che ne
fanno tra i Paesi più corrotti al mondo. E se oggi tutti guardiamo alla Nigeria
per le rappresaglie scatenate dalle vignette satiriche su Maometto, pochi sanno
degli oltre 10 mila morti, che etnie di ogni confessione hanno seppellito in
questo Paese negli ultimi 5 anni, nel corso di vicendevoli attacchi. E intanto
prospera l’industria dell’ ‘oro nero’, su cui fanno affari americani, olandesi,
francesi e ultimamente anche cinesi, mentre sta morendo l’industria
manifatturiera. Ma questa è una “politica di corto respiro” – si sfoga
l’arcivescovo Onaiyekan – appellandosi all’Europa perché aiuti il suo Paese a
creare una vera democrazia e garantire un futuro ai giovani nigeriani.
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INFLUENZA AVIARIA: 20
VITTIME IN INDONESIA, MENTRE LA FRANCIA
CONFERMA
IL VIRUS H5N1 IN UN ALLEVAMENTO DI TACCHINI DI VERSAILLEUX. L’EPIDEMIA IN
EUROPA RESTA COMUNQUE PER ORA UN PROBLEMA
DI SANITA’
VETERINARIA: COSI’ HANNO STABILITO I 28 MINISTRI DELLA SALUTE, RIUNITI IERI A
VIENNA
- A cura di Roberta Gisotti -
VIENNA. = La questione aviaria
resta per ora un problema di sanità veterinaria: lo hanno stabilito i 28
ministri dell’Unione europea, oltre a Turchia, Romania, Bulgaria e Croazia,
riuniti ieri a Vienna per fare il punto sull’epidemia, che sta creando forti
danni economici al settore avicolo – soprattutto in Italia -, per il timore dei
consumatori. E’ stata cosi accolta la proposta italiana di etichettare tutte le
carni avicole, per seguire l’iter dalla produzione al banco di vendita. I ministri,
premessa l’estrema difficoltà per gli esseri umani di contrarre il virus, hanno
sollecitato messaggi “trasparenti e chiari per la salute pubblica”. E così
stamane il presidente francese Chirac, dopo la conferma ieri del virus H5N1 tra
i tacchini di un allevamento di Versailleux - il primo dell’Unione Europea -,
ha rivolto un nuovo appello a mangiare con tranquillità pollame e uova, poiché
il virus viene distrutto dalla cottura. Sul fronte asiatico, l’Indonesia ha
confermato oggi la sua 20.ma vittima, una donna di 27 anni, mentre l’India ha
scoperto un nuovo focolaio aviario nell’ovest del Paese.
APERTO,
IERI A BOLZANO, IL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE PER JOSEF MAYR-NUSSER. RIFIUTÒ DI
PRESTARE GIURAMENTO A HITLER E VENNE CONDANNATO
ALLA
DEPORTAZIONE NEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI DACHAU
BOLZANO.
= Si è aperto ieri a Bolzano il processo di beatificazione per Josef
Mayr-Nusser, che per tenere fede al suo essere cristiano, rifiutò di prestare
giuramento a Hitler e perciò fu condannato a vivere nel campo di concentramento
di Dachau. Morì nel 1945 di stenti, ad Erlangen (Germania), mentre si trovava
su un vagone di bestiame diretto nel paese tedesco. Come riferisce l’agenzia SIR,
mons. Wilhelm Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone, ha dichiarato: “La
testimonianza di Josef Mayr-Nusser è molto importante perché ci mostra il
messaggio della fede per il nostro mondo, segnato da un relativismo religioso”.
Il postulatore don Josef Innerhofer ha affermato che la sua beatificazione
rappresenta un segno importante per la convivenza in Alto Adige. E’ infatti
fortemente venerato da tutti i gruppi etnici presenti sul territorio
altoatesino. Durante la sua attività nell’Organizzazione sociale di San
Vincenzo, - ha aggiunto - non fece mai distinzione tra tedeschi e italiani o
altre categorie. Per lui contava solo il fratello bisognoso, in quanto ognuno
di loro rappresentava Gesù Cristo stesso. Infine, Mayr-Nusser, - conclude il presbitero
- è stato un testimone di Cristo fino alla morte, un esempio eroico della fede.
La cerimonia che si è svolta proprio nel giorno del 61° anniversario della sua
morte, vede il tribunale per la causa di beatificazione composto da padre Alois
Hillebrand come giudice; padre Willibald Hopfgartner come promotor iustitiae e
Peter e Patrizia Schwienbacher come notai e archivisti. (A.E.)
VIETNAM: LA DIOCESI DI PHAN THIÊT HA DUE NUOVI SACERDOTI. È
SEGNO
DI UN MIGLIORAMENTO NEI RAPPORTI TRA LA CHIESA CATTOLICA
E IL GOVERNO
VIETNAMITA, CHE PER ANNI HA OSTACOLATO LA LIBERTÀ RELIGIOSA
HA NOI.
= Due nuovi sacerdoti per la diocesi di Phan Thiêt in Vietnam. L’evento è di particolare
importanza, in quanto costituisce un passo in avanti per il miglioramento dei
rapporti tra la Chiesa Cattolica e il governo vietnamita. Più di trenta anni
fa, a causa della presa del potere da parte del regime comunista e delle
conseguenti leggi contro la libertà religiosa, i due neo sacerdoti furono
costretti ad interrompere l’Ordinazione sacerdotale. Nel 1975 poi, nell’ottica
del controllo delle coscienze da parte del regime, tutti i Seminari vennero
chiusi e le ordinazioni bloccate. Un ulteriore segnale di distensione e di
normalizzazione per la vita della Chiesa nella società vietnamita è stato
lanciato lo scorso dicembre, durante la visita nel Paese, del cardinale
Crescenzo Sepe, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.
Il porporato nei giorni di permanenza ordinò 57 sacerdoti, visitato tre regioni
ecclesiastiche, incontrato alcuni vescovi e presieduto all’inaugurazione della
nuova diocesi di Ba Ria. Oggi, la diocesi di Phan Thiêt conta più di un milione
di abitanti, di cui 147 mila sono cattolici. (A.E.)
IN
BRASILE ASSALTATO OGGI IL MUSEO CHACARA DO CEU: PORTATI VIA QUADRI
DI
PICASSO, DALÌ, MONET E MATISSE. COLOSSALE IL BOTTINO DELLA RAPINA
RIO DE JANEIRO. = Furto di
inestimabile valore oggi, ai danni del museo Chacara do Ceu, a Rio De Janeiro.
Approfittando della confusione del carnevale, un gruppo di malviventi armati di
bomba a mano ha preso d’assalto il museo, riuscendo ad appropriarsi di opere di
Picasso, Dalì, Monet e Matisse. Colossale il bottino della rapina, visto che
ciascun opera è valutata per svariati milioni di dollari. La notizia del furto
è stata diffusa dall’emittente televisiva O Globo. I ladri dopo aver
sopraffatto i guardiani e trafugato le opere, hanno anche preso di mira i
visitatori del museo, sottraendo soldi e gioielli. La direttrice del museo,
Vera de Alencar, ha precisato che i quadri rubati sono: “La danza” di Picasso;
“Due balconi” di Dalì; “Marine” di Monet e “Giardino di Lussemburgo” di
Matisse. Il quadro di Dalì, - ha sottolineato la direttrice - era l’unico in
America Latina in possesso di un museo pubblico. Non solo, - ha concluso – i rapinatori
si sono anche appropriati del libro “Toros” di Picasso. (A.E.)
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25
febbraio 2006
- A cura di Fausta Speranza e Amedeo Lomonaco -
Ancora violenze in Iraq
nonostante la proroga del coprifuoco decisa dal governo: a Baquba è stata
sterminata una famiglia di sciiti e a Baghdad una bomba è esplosa durante i
funerali di una giornalista irachena uccisa giovedì scorso. Ieri, intanto, il
presidente americano, George Bush, ha chiesto agli iracheni di restare uniti. Il
nostro servizio:
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Dopo l’attentato di mercoledì
scorso contro la moschea sciita di Samarra, la conseguente e lunga serie di
scontri tra sciiti e sunniti costata la vita ad oltre 200 persone e la proroga
del coprifuoco imposto a Baghdad e in tre province limitrofe, l’Iraq continua
ad essere sconvolto dalle violenze: almeno dodici membri di una famiglia sciita
sono stati assassinati a Baquba, nel triangolo sunnita. Un’autobomba
è esplosa, inoltre, vicino ad un affollato mercato di Kerbala, città santa
sciita, provocando la morte di otto persone. Nonostante la straordinaria misura
del coprifuoco, anche Baghdad è stata teatro di un sanguinoso attacco: almeno
due persone sono rimaste uccise quando un ordigno è esploso durante il funerale della giornalista irachena dell’emittente
televisiva “Al Arabiya”, ritrovata morta insieme con due colleghi giovedì
scorso a Samarra. Sempre nella capitale, almeno 14 agenti iracheni sono rimasti
uccisi in scontri tra miliziani e forze di polizia. Sul versante politico, si
devono comunque registrare alcune aperture: il principale partito
sunnita iracheno, ha fatto sapere che “non esiterà a riconsiderare” la sua
decisione di uscire dai negoziati per la formazione di un nuovo governo se
saranno adottate adeguate misure tese a ristabilire la calma. Dal Giappone arriva intanto la notizia, anticipata da un
quotidiano nipponico, che i soldati giapponesi schierati in Iraq, circa 600,
cominceranno a ritirarsi fra aprile e giugno. Ma la situazione dell’Iraq resta
grave ed il Paese appare sempre più diviso da profonde fratture. Proprio per
superare questo difficile e cruciale momento, il presidente statunitense George
Bush, nel discorso tenuto ieri a Washington ad una
associazione di reduci, ha chiesto agli iracheni di restare uniti. Per
la prima volta, Bush ha anche ammesso che Iraq e Medio Oriente sono in crisi,
ma ha ribadito che gli Stati Uniti non cambieranno strategia e vinceranno.
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Il presidente
dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha chiesto la convocazione
urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nell’intento di mettere
fine ai raid israeliani nei Territori. Ma le azioni militari dello Stato ebraico
continuano: dopo le incursioni di ieri a Nablus, un nuovo raid israeliano è
stato condotto, stamani, nella Striscia di Gaza. Il custode di Terra Santa,
padre Pierbattista Pizzaballa, ha dichiarato intanto, in un’intervista
rilasciata al quotidiano “La Repubblica”, di aver avuto incontri con dirigenti
di Hamas. “Mi hanno assicurato – ha detto padre Pizzaballa - che non sarà
introdotta la legge islamica e che i cristiani saranno rispettati”. Sul
versante politico, proseguono poi le trattative per la formazione di un governo
di unità nazionale. Sull’ipotesi di un esecutivo in cui convergano le posizioni
radicali di Hamas e quelle moderate di Al Fatah, ascoltiamo al microfono di
Gianluca Scagnetti, il consigliere del presidente palestinese Abu Mazen,
Nehmer Ahmmad.
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R. – Hamas non si aspettava di
ottenere la vittoria alle elezioni dello scorso 25 gennaio. Al Fatah non si
aspettava la sconfitta. Per questo il movimento di Hamas non è pronto per
governare. Oggi Hamas ha una grande responsabilità: quella di governare. Si
sono presentati alle elezioni con un programma di chiusura, sulle possibilità
di soluzione del conflitto. Questa posizione di Hamas diventa un pretesto per
Israele di dire che non c’è un partner palestinese. Così lo Stato ebraico può
veramente andare avanti nella propria politica per l’ammissione della parte est
della Cisgiordania. Riguardo ad un governo, la nostra posizione è questa: se
Hamas accetta il programma di Abu Mazen, c’è la possibilità di discutere di un
governo di unità nazionale. Se il programma del presidente palestinese non
verrà accolto, credo che non ci sarà invece nessuna possibilità. Quindi,
potrebbero esserci difficoltà per la nascita di un governo.
D. – Possiamo dire che si
verificheranno tensioni tra Hamas e Al Fatah?
R. – No, non credo. Noi vogliamo
evitare queste tensioni. Abbiamo evitato qualunque possibilità di scontro anche
quando c’erano tante pressioni. Vogliamo sicuramente evitare il pericolo di una
guerra civile, ma nello stesso tempo vogliamo portare Hamas nel campo della
politica. E’ molto importante che Hamas accetti di avere un ruolo politico,
evitando qualunque possibilità di scontro.
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La proposta russa sul nucleare rimane sul tavolo. E’ quanto ha
assicurato il capo dell’Agenzia federale di Mosca dell’energia atomica, Kirienko,
dopo il colloquio con il suo omologo iraniano Aghazadeh. Domani si discuterà
sui tempi per il rifornimento del combustile alla centrale nucleare di Bushehr.
Intanto, anche la Cina ha inviato la sua delegazione in Iran per convincere le
autorità della Repubblica islamica a fare un passo indietro sul discusso piano
nucleare.
Sono
quasi definitivi i risultati delle elezioni in Uganda: Museveni, al potere da
20 anni, ha vinto le consultazioni nel Paese Africano battendo l’altro candidato
Besigye. Dopo lo scrutinio di oltre il 90 per cento dei voti, Museveni ha conquistato
oltre il 68 per cento delle preferenze. Per domani è stata indetta nella
capitale Kampala una manifestazione per la vittoria che si concluderà con un
discorso del presidente Museveni.
La polizia ha arrestato il
responsabile dell'opposizione, Crispin Beltran, dopo che ieri il presidente
delle Filippine Gloria Arroyo ha dichiarato lo stato di emergenza. Il tutto in
conseguenza di quello che è stato annunciato come uno sventato tentativo di
colpo di Stato fomentato da alti gradi dell'apparato militare, ora agli
arresti. ''Come capo delle forze armate - ha assicurato la Arroyo - controllo
la situazione''. Intanto, nella capitale, Manila ci sono disordini e tensione.
Il nostro servizio:
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La polizia ha usato idranti e
manganelli per disperdere circa 5 mila manifestanti, tra cui suore e preti, nei
pressi di un santuario che fu punto focale nel 1986 della rivolta contro il
dittatore Ferdinando Marcos e, ancora, nel 2001, di quella che fece cadere il
presidente Joseph Estrada. In un'altra parte della città, nel distretto
finanziario di Makati, gli agenti antisommossa presidiano i centri nevralgici.
Presidiato in forze il palazzo presidenziale, mentre blindati e truppe di
rinforzo sono arrivati al quartier generale delle forze armate di Manila. Presidiate
anche le caserme. E lo “stato di emergenza” già si risente sull'economia: indebolita la moneta
nazionale, il peso, e messa in difficoltà la borsa. Voci di complotti contro la
Arroyo, passata indenne tra le accuse dello scorso anno di brogli elettorali e
corruzione, si erano ripetute e intensificate in questa settimana, anniversario
della rivoluzione ricordata con lo slogan di ''potere al popolo'', del 1986.
Ora sono cancellate tutte le manifestazioni previste per l’anniversario. Comandanti
militari e alleati della Arroyo hanno espresso appoggio alla decisione dello
Stato d'emergenza, mentre Gilbert Remulla, uno dei leader dell'opposizione in
parlamento, ha accusato il governo di ''creare caos e confusione''. Secondo il
ministro della giustizia, Raul Gonzales, ''la situazione è in via di
normalizzazione'', ma ''persistono delle minacce''. Polizia e militari sono in
stato di massima allerta. Il generale Danilo Lim, comandante del corpo d'elite
'Scout Rangers', e il colonnello Ariel
Quevedo, del prestigioso corpo dei 'Marines' filippini sono stati rimossi dalle
loro funzioni e messi in stato d'arresto. 'Scout Rangers' e 'Marines' sono
considerate le unità più efficienti del Paese e punta di lancia della lotta
contro la ribellione comunista e il separatismo musulmano nel sud.
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Gli organizzatori delle
manifestazioni contro il primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra hanno
chiesto oggi alla popolazione di respingere le elezioni anticipate del 2 aprile
prossimo, chiedendo ancora una volta le dimissioni del capo del governo. Questi
dirigenti, raggruppati in quella che è stata chiamata l'Alleanza del popolo per
la democrazia, hanno organizzato una conferenza stampa all'indomani dello
scioglimento della Camera bassa del Parlamento da parte di Thaksin e dell'annuncio di elezioni anticipate.
Thaksin, 56 anni, ricchissimo uomo d'affari convertito alla politica, eletto
nel 2001 e rieletto trionfalmente nel 2005, ha preferito sciogliere la Camera e
indire nuove elezioni, piuttosto che dare le dimissioni. E' al centro di una
controversia dopo la vendita, il 23 gennaio, per 1,9 miliardi di dollari da
parte della sua famiglia di tutte le quote della Shin Corp, gruppo che
comprende un gigante delle telecomunicazioni, che aveva fondato prima di
dedicarsi alla politica.
Sono 54 i morti ufficiali
dell’incendio, sviluppatosi ieri, nello stabilimento tessile a Chittagong nel
sud del Bangladesh. Secondo quanto riferito da fonti ufficiali una dozzina di
operai non sono stati ancora rintracciati perchè intrappolati sotto il cumulo
di macerie e potrebbero non essere ritrovati. Per la Kts Textile Mill,
proprietaria dell'impianto, i morti
sarebbero 65 e i feriti fino a 80, ma non ci sono conferme ufficiali. La
maggior parte delle vittime sono donne del turno notturno.
Il direttore del mercato di
Mosca crollato giovedì causando la morte di almeno 64 persone, è stato
arrestato ieri sera e messo sotto accusa per ''omicidio colposo'', mentre gli
inquirenti ancora oggi cercano sul luogo della sciagura indizi che ne portino a
determinare con certezza le cause.
In
Italia, a sei settimane dal voto la campagna elettorale entra nel vivo con la
presentazione dei programmi. Ieri quello del centrodestra è stato illustrato da
Silvio Berlusconi. Oggi Romano Prodi spiegherà quello dell’Unione. C’è anche
attesa per il confronto televisivo tra i due candidati premier, ma non c’è
ancora accordo sulle regole da seguire. E intanto si accende di nuovo lo
scontro sulla giustizia. Con il Capo dello Stato che invita a moderare i toni e
ai magistrati chiede di fare attenzione non solo ad essere ma anche ad apparire
imparziali. Servizio di Giampiero Guadagni.
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Basta con le tre punte,
sono io l’unico leader della casa delle libertà. La presentazione, ieri, del
programma del centrodestra si è aperta con una sottolineatura di Berlusconi,
non condivisa dagli alleati Fini e Casini. Che insieme a Bossi hanno comunque
firmato ogni punto del progetto di governo del centrodestra, 20 pagine in
tutto. C’è intanto una premessa che contiene il richiamo alle radici cristiano-giudaiche
dell’Italia. Quanto ai contenuti, si va da nuove misure per l’occupazione
all’aumento delle pensioni minime, ai provvedimenti a sostegno della famiglia
fondata sul matrimonio, con il quoziente familiare, il bonus bebè e più asili
aziendali e sociali. E ancora: un progetto per l’emergenza casa e la creazione
della Banca del Sud. Verrà inoltre ridotto di un punto all’anno il cuneo
fiscale: vale a dire la differenza tra i costi sostenuti dall’imprenditore per
l’assunzione di un lavoratore e il reddito netto del lavoratore stesso.
L’Unione intende invece ridurlo di cinque punti. Questa proposta, insieme a
tutte le altre del centrosinistra, verrà presentata oggi da Romano Prodi. Che
intanto dice no ai confronti televisivi con Berlusconi, che la Rai ha fissato
al 13 marzo e al 3 aprile, se prima non saranno fissate regole comuni. Ma c’è
un altro terreno di scontro, e riguarda la giustizia. Berlusconi ha inserito
nel suo programma il completamento della riforma giudiziaria con la separazione
delle carriere tra pm e giudici. Il premier è tornato in questi giorni
all’attacco della magistratura, che a suo dire è intervenuta indebitamente per
bloccare la scalata della Banca popolare ad Antonveneta, dando via libera
all’ingresso di stranieri. Una posizione avallata anche dagli alleati. Mentre
il centrosinistra fa quadrato intorno ai magistrati. Che da parte loro respingono
sdegnati l’accusa e contrattaccano sulla riforma giudiziaria targata centrodestra.
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