RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 54 - Testo della trasmissione di giovedì  23  febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dopo l’annuncio del primo Concistoro di Benedetto XVI, con noi il cardinale Jozef Tomko parla del legame tra porporati e Successore di Pietro; il futuro cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, arcivescovo di Hong Kong, pensa alla Chiesa dell’Asia

 

Dayton, una pace solo sulla carta: a dieci anni dall’accordo che concluse la guerra civile nei Balcani, le riflessioni dei vescovi della Bosnia Erzegovina, da oggi in visita ad limina in Vaticano: con noi, mons. Pero Sudar

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Anche una chiesa nel mirino delle proteste di chi ha attaccato giorni fa il Consolato italiano a Bengasi: dalla città libica ci parla  mons. Sylvester Magro, da Tripoli mons. Giovanni Martinelli

 

La condizione dei minori nei centri di detenzione per stranieri: al centro del Rapporto di Amnesty International presentato oggi a Roma

 

 Javier 2006, incontro di cultura universale”: le inziative in Navarra nel  quinto Centenario della nascita di San Francesco Saverio. Ai nostri microfoni, padre Gianfranco Ghirlanda, mons. Fernando Sebastián Aguilar e Miguel Sanz Sesma

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il governo italiano interviene a sostegno del settore avicolo in grave crisi a causa dell’influenza aviaria

 

Prestigioso riconoscimento della Repubblica di Taiwan al cardinale Paul Shan Kuo-Hsi, vescovo emerito di Kaohsiung

 

Si inaugura domani a Roma la mostra “La gioielleria di Dio”, promossa dal Fondo edifici di culto del Viminale

 

Per tutelare il patrimonio marino, la Nuova Zelanda vieta la pesca a strascico di fondo in un terzo delle sue acque territoriali

 

Dal 9 all’11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità promuove un Forum internazionale a Firenze sulla salute degli adolescenti

 

24 ORE NEL MONDO:

68 moschee incendiate e  almeno 100 persone uccise dopo l'attentato di ieri alla moschea  sciita di Samara: la più grande formazione politica sunnita abbandona le trattative per il nuovo governo

 

In Nigeria, uccisi 80 musulmani dopo le violenze della settimana scorsa costate la vita, nel nord, a decine di cristiani. Con noi il nunzio apostolico in Nigeria, mons. Renzo Fratini

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 febbraio 2006

 

 

 

ALL’INDOMANI DELL’ANNUNCIO DEL PRIMO CONCISTORO DI BENEDETTO XVI,

IL CARDINALE JOZEF TOMKO SI SOFFERMA CON NOI SUL LEGAME TRA

I PORPORATI E IL SUCCESSORE DI PIETRO, E IL FUTURO CARDINALE

JOSEPH ZEN ZE-KIUN, VESCOVO DI HONG KONG, PARLA DELL’IMPORTANZA

DELLA SUA NOMINA PER LA CHIESA DELL’ASIA

 

“I cardinali hanno il compito di sostenere ed aiutare il Successore di Pietro nell’adempimento dell'ufficio apostolico che gli è stato affidato a servizio della Chiesa”: nell’annunciare, ieri, il concistoro del 24 marzo prossimo, il Papa ha sottolineato con queste parole il fondamentale contributo che il collegio cardinalizio offre all’adempimento del ministero petrino. Nel prossimo concistoro - il primo di Benedetto XVI - verranno creati 15 nuovi cardinali, 12 dei quali elettori. Sulla figura del cardinale nella Chiesa e il suo profondo legame con la Cattedra di Pietro, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del cardinale Jozef Tomko, prefetto emerito della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, porporato dal 1985:

 

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R. – Un cardinale è S.R.E., Sanctae Romanae Ecclesiae. Praticamente il nome non è sostantivo è aggettivo. Presbiter Cardinalis significa il “principale prete”, quelli che erano una volta i principali preti romani. Ed è questa la ragione per cui ogni cardinale ha il suo titolo, la sua Chiesa a Roma, anche in rapporto al fatto che il Papa è Vescovo di Roma!

 

D. – Il colore dei cardinali è la porpora, che rappresenta la disponibilità al sacrificio fino all’effusione del sangue. Che significato ha oggi?

 

R. – Forse non ci sono più i cardinali uccisi, quelli che attuano questa promessa nella realtà fisica, però di persecuzioni ce n’é nel mondo… Mi ricordo che quando consegnavo la croce pettorale ai vescovi, quando li ordinavo, dicevo sempre: “Una te la do qui davanti, ma quella vera, invisibile, ti resta sulle spalle”. In un certo senso, direi, che questo si possa applicare ai nuovi cardinali. Ma è anche segno di una fedeltà totale al servizio dell’ufficio petrino, e a ciò che oggi è estremamente importante per il mondo, non solo per la Chiesa.

 

D. – Lei è stato creato cardinale nel Concistoro del 1985. Cosa si sente di poter augurare a questi nuovi porporati?

 

R. – A loro auguro solo di sentire fortemente questo legame con la Sede Apostolica, con il Papa, e di sentire fortemente questo onore di servizio.

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E ampia eco ha destato la nomina a cardinale del vescovo di Hong Kong, Joseph Zen Ze-Kiun. Al futuro porporato, Alessandro Gisotti ha chiesto con quali sentimenti abbia accolto la notizia e quale significato abbia la sua elevazione alla dignità cardinalizia per la Chiesa della Cina e dell’Asia:

 

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R. - Ovviamente è uno speciale segno di benevolenza da parte del Santo Padre. Il numero dei nuovi cardinali è molto ristretto ed ha voluto includere un cinese! Ciò vuol dire che veramente ha una predilezione per il popolo cinese e per questo siamo molto riconoscenti.

 

D. – Il Papa ha sottolineato, annunciando i nomi dei nuovi cardinali, che nella schiera dei nuovi porporati si rispecchia bene l’universalità della Chiesa…

 

R. – Sì, difatti io vedo che sono presenti tutti i continenti. Noi in Asia, ne abbiamo tre tra i nuovi dodici. E’ veramente un gesto di universalità della paternità del nostro Santo Padre.

 

D. – Lei ha dedicato tutta la sua vita al servizio a Cristo, ma anche alla difesa dei diritti umani e al rispetto della libertà religiosa. Sente un incoraggiamento da parte del Papa per questa sua battaglia importante? 

 

R. – Senz’altro, perché il Papa è ben informato su quello che facciamo e questo gesto di benevolenza conferma che siamo sulla buona strada.

 

D. – Quanto può aiutare la nomina di un cardinale cinese nel dialogo tra la Santa Sede e Pechino?

 

R. – Il dialogo ufficiale è certamente a livello diplomatico, è tra il ministero degli Esteri di Pechino e la Segreteria di Stato. Naturalmente, siccome questo dialogo riguarda gli affari religiosi, dalla parte cinese ci sono ufficiali dell’Ufficio degli Affari religiosi che fanno da consiglieri. E da questa parte deve entrare nel dialogo anche, per esempio, la Congregazione per l’Evangelizzazione. Il Santo Padre, con questa nomina, fa dunque capire che gradisce anche la voce dei vescovi cinesi.

 

D. – Come hanno accolto i fedeli questa nomina?

 

R. – Sono molto felici. Sanno che questa nomina è intesa per tutta la Cina, ma anche per Hong Kong. Quindi, sono molto felici e riconoscenti.

 

D. – Con quale spirito si appresta a ricevere la berretta cardinalizia fra poche settimane?

 

R. – Ho 74 anni e ho già scritto la lettera per essere “lasciato in pace” l’anno prossimo. Questo nuovo compito è un atto di fiducia del Santo Padre e lo accetto volentieri, anche se mi avvicino ai 75 anni. Offrirò tutto quello che rimarrà della mia vita, delle mie forze, per servire la Santa Chiesa.

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DAYTON, UNA PACE SOLO SULLA CARTA: A DIECI ANNI DALLA FIRMA DELL’ACCORDO

CHE CONCLUSE LA GUERRA CIVILE NEI BALCANI, IL COMMENTO DEI VESCOVI

DELLA BOSNIA ERZEGOVINA, DA OGGI IN VISITA AD LIMINA IN VATICANO

- Intervista con mons. Pero Sudar -

 

Da questa mattina, i vescovi della Bosnia Erzegovina hanno iniziato i loro incontri con Benedetto XVI per la visita ad Limina. L’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic, con il suo ausiliare mons. Pero Sudar, e i vescovi di Banja Luka, Franjo Komarica, e quello di Mostar-Duvno, Ratko Peric, hanno aperto la serie di udienze in programma fino al 28 febbraio. La visita in Vaticano cade in un momento simbolico per il Paese balcanico, a dieci anni dagli Accordi di Dayton che conclusero gli anni tragici del conflitto ex jugoslavo. Per un quadro della Bosnia Erzegovina, il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Conosco la lunga prova che avete vissuto, la sofferenza che accompagna la vostra vita quotidiana, la tentazione dello scoraggiamento”. “Siate voi stessi i primi costruttori del vostro futuro (…) La ripresa è possibile”. Il 22 giugno 2003, nel corso del suo 101° viaggio apostolico, Giovanni Paolo II lasciava questa esortazione alla Bosnia Erzegovina, come eredità della sua costante attenzione alla tormentata vicenda dei Balcani. Gli avvenimenti che all’inizio degli Anni Novanta sgretolarono la Jugoslavia di Tito sono ancora ben impressi nella memoria delle popolazioni locali. Prima della guerra, croati, serbi e musulmani erano distribuiti uniformemente sul territorio. Per effetto della “pulizia etnica”, si sono avuti più di 300 mila morti e quasi due milioni di profughi. Alla fine del 2000 erano rientrati circa 20 mila rifugiati, mentre 18 mila persone risultavano ancora tra gli scomparsi.

 

Il 21 novembre 1995 gli Accordi di Dayton hanno sancito l’integrità e la sovranità della Repubblica della Bosnia-Erzegovina (BiH), seppure divisa in due “entità”, ciascuna dotata di un proprio parlamento e governo: la Federazione della Bosnia-Erzegovina croato-musulmana, con il 51% del territorio, e la Repubblica Serba o Srpska, con il 49%. La Federazione è guidata da un presidente e da un vice-presidente alternativamente croato e musulmano; il potere legislativo spetta al Parlamento composto da una Camera dei rappresentanti di 140 membri e da una Camera popolare di 74 membri.

 

Anche la Chiesa ha patito duramente la guerra civile. Nella sola Sarajevo, i cattolici sono passati da mezzo milione a 125 mila e in tutta la Bosnia ed Erzegovina il bollettino degli anni della violenza è drammatico: nove sacerdoti e una suora uccisi, 99 chiese distrutte e 127 danneggiate, senza contare altre dozzine di attacchi a monasteri e strutture diocesane. Si valuta in 450 mila il numero dei cattolici costretti ad abbandonare le proprie case. Tra i significativi momenti di ricostruzione, non solo morale ma culturale della capitale bosniaca, la riapertura, con un solenne Atto Accademico, dell'Istituto Teologico del Seminario francescano a Nedjarici, una delle zone di Sarajevo più devastate dalla guerra.

 

Dieci anni dopo la cessazione delle ostilità, i vescovi della Bosnia Erzegovina non hanno dubbi: “Dayton ha interrotto la guerra ma non ha portato la pace”, hanno affermato ieri a Roma, durante l’incontro alla Sala stampa estera organizzato per il decennale degli Accordi per la pace nell’ex Jugoslavia. Tra i presuli a prendere la parola, mons. Franjo Komarica, vescovo di Banja Luka, e mons Pero Sudar, vescovo ausiliare di Vrhbosna Sarajevo. Quest’ultimo ha definito Dayton un accordo “schizofrenico”. Al microfono di Paolo Ondarza spiega perché:

 

R. – Prima di tutto, ha diviso la Bosnia Erzegovina secondo il criterio etnico, dicendo, cioè, che in Bosnia Erzegovina, essendo presenti diversi popoli, questo Paese andasse diviso. Se volevano, però, seguire questa chiave dovevano dividerlo in tre. Loro, invece, lo hanno diviso in due, prolungando questa tensione che è scoppiata durante la guerra. Secondo me, è una situazione schizofrenica, che fa vedere come qualcosa in questa soluzione, moralmente e politicamente, non vada.

 

D. – Che cosa vi aspettate da questa visita ad Limina?

 

R. – Ci aspettiamo che aiuti a far capire al mondo che non è possibile risolvere o arrivare alla giustizia con la violenza, e che non è possibile una pace senza giustizia. Questi sono due sbagli della Bosnia Erzegovina. Prima abbiamo pensato che con la guerra potessimo risolvere le cose ingiuste e abbiamo distrutto anche ciò che era positivo e buono. Adesso la comunità internazionale tende a garantire la pace in Bosnia Erzegovina senza giustizia. Penso non ci sia un’altra autorità nel mondo che possa autorevolmente gridare e puntare il dito su questa situazione come il Santo Padre.

 

D. – Che cosa deve e può fare la comunità internazionale?

 

R. – A me viene spesso rivolta la stessa domanda dai rappresentanti della comunità internazionale a Sarajevo e in Bosnia Erzegovina e la mia risposta è: “Signori, fate in Bosnia ciò che sareste disposti a fare a casa vostra”. Vuol dire tentare almeno di risolvere e di proporre, anche di imporre, una soluzione più giusta, tenendo conto dei diritti umani, ma anche tenendo molto conto dell’uguaglianza tra i diversi popoli e le comunità religiose in Bosnia Erzegovina. Questa sarà la cornice che ci permetterà, ci inviterà e sfiderà a mettercela tutta per realizzare una Bosnia Erzegovina come paradigma, un esempio in Europa dove sia possibile che diverse religioni, culture, anche quella cristiana e islamica, possano convivere e costruire una pace e un mondo degni dell’uomo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq, dove continuano ad imperversare le violenze. I sunniti sospendono i negoziati sulla formazione del nuovo Governo.

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla visita del cardinale Crescenzio Sepe in Sudan.

 

Servizio estero - Islam: il Segretario della Lega Araba a Bruxelles per definire una strategia contro le proteste.

 

Servizio culturale - Un articolo di Agnese Pellegrini dal titolo "Tempo soggettivo e tempo oggettivo nell'opera di Ovidio"; un approfondito saggio di Claudia Montuschi.  

 

Servizio italiano - Islam; gli incidenti di Bengasi: Fini accusa Calderoli. Dall'ex Ministro "atti provocatori e reiterati".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 febbraio 2006

 

ANCHE UNA CHIESA NEL MIRINO DELLE PROTESTE DI CHI HA ATTACCATO GIORNI FA

IL CONSOLATO ITALIANO A BENGASI:

DALLA CITTÀ LIBICA CI PARLA  MONS. MAGRO,

MENTRE DA TRIPOLI ASCOLTIAMO MONS. MARTINELLI

 

Fonti in Libia hanno specificato l’entità della protesta anti-italiana di Bengasi. Dopo le manifestazioni contro il Consolato italiano, è stata saccheggiata e incendiata anche la Chiesa dell’Immacolata. Due sacerdoti cattolici sono riusciti a nascondersi e a sfuggire miracolosamente alla folla inferocita. Anche la casa canonica è stata data alle fiamme. Al microfono di Roberto Piermarini il vicario apostolico a Bengasi, mons. Sylvester Magro racconta come ha vissuto quelle ore.

 

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R. – E’ naturale che l’abbiamo vissuto con molto dolore e apprensione. Vedere  crollare tutto è un momento di desolazione e di sofferenza, pensando anche a quanto la Chiesa dell’Immacolata è servita  per tanti lavoratori, per tanti africani, per tanti poveri. Per loro era il punto di incontro e di riferimento per la loro vita spirituale, sociale ed anche caritativa.

 

D. -  Mons. Magro, è difficile il dialogo con i musulmani a Bengasi?

 

R. – Noi abbiamo vissuto sempre in completa e totale amicizia con i nostri vicini, con tanta serenità; basti pensare che abbiamo perfino celebrato la Messa di Natale a mezzanotte, senza nessuna difficoltà.

 

D. – Sarà ricostruita la chiesa dell’Immacolata di Bengasi?

 

R. – Qualora avessimo la possibilità e gli aiuti necessari, perché tutto è andato in fumo. Tutto, anche le camere dei padri, le stanze, le suppellettili della chiesa, tutto quello che si poteva incendiare, è stato incendiato.

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Anche le suore che operavano a Bengasi ed i due religiosi scampati miracolosamente all’incendio della Chiesa dell’Immacolata sono stati trasferiti a Tripoli, come ci riferisce dalla capitale libica il vicario apostolico mons. Giovanni Martinelli:

 

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R. – A Bengasi c’erano tre comunità religiose, le suore dell’Immacolata Concezione di Ivrea, due comunità, più una comunità di suore polacche del Sacro Cuore, tutte sono state evacuate, in tutto una quindicina, insieme ai due sacerdoti a Tripoli, perché le autorità libiche hanno chiesto di partire perché la situazione era incandescente quindi temevano per la sicurezza delle persone.

 

D. – Mons. Martinelli, in questo momento a Bengasi, ma in Libia in generale, essere cristiano pone delle difficoltà?

 

R. – Assolutamente no! E’ stata una frangia di fanatismo, di fondamentalismo che è apparsa, per condannare queste prese di posizione dell’occidente quindi anche dell’Italia e del ministro Calderoli. Questa è stata un po’ la scintilla della protesta. Ma la nostra vita a Tripoli, attualmente, è serena e tranquilla ed altre comunità religiose, che sono presenti in Cirenaica, a Beita, a Derma e a Tobruk, sono rimaste nella massima sicurezza delle persone, degli amici che hanno voluto che le suore restassero anche se al momento hanno evitato di andare nelle strutture sanitarie per il servizio.

 

D. – I leader islamici hanno condannato queste violenze fatte da queste frange estremiste islamiche?

 

R. – Certo, il problema è riportare la serenità, il controllo nell’ambiente e i libici stessi sono preoccupati di portare la pace tra questa gente. Certamente è una cosa dolorosa ma loro sono preoccupati anche di mettere in salvo tutte le persone straniere, compreso gli italiani, ma anche le religiose che lavorano negli ospedali.

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LA CONDIZIONE DEI MINORI NEI CENTRI DI DETENZIONE PER STRANIERI:

AL CENTRO DEL RPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL PRESENTATO OGGI A ROMA

 

Negli ultimi cinque anni circa 80 mila migranti e richiedenti asilo hanno raggiunto l’Italia via mare. Tra il 2002 ed il 2005 Amnesty International ha ricevuto 890 denunce riguardanti la presenza di minori nella maggior parte dei centri di detenzione per stranieri. Tra di loro molto spesso neonati o minorenni al di sotto dei cinque anni, non accompagnati. Questi bambini sono gli “Invisibili”, il titolo del rapporto che Amnesty International Italia ha presentato oggi a Roma. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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Arrivano in Italia da soli, o con uno dei genitori, o all’interno di interi nuclei familiari. Arrivano in Italia dopo aver attraversato deserti, mari, provenienti da Eritrea, Somalia, Etiopia, Turchia, dall’Africa del Nord, dall’Africa Sub-sahariana e dal Medio oriente, e dopo aver lasciato dietro di loro guerre, violazioni dei diritti umani, persecuzioni, sfruttamento lavorativo o sessuale. Arrivano in Italia e diventano “Invisibili”, perché i minori richiedenti asilo una volta attraversata la frontiera marittima italiana, finiscono in centri di detenzione per stranieri. La denuncia di Amnesty International è forte: “Le autorità italiane, consentendo questa situazione, violano le norme e gli standard dei diritti internazionali dei diritti umani e nella maggior parte dei casi la stessa legge nazionale”. Giusy D’Alconzo, ricercatrice di Amnesty Italia è la curatrice del rapporto:

 

“Per la maggior parte dei bambini arrivati in questi anni via mare nel nostro Paese, il cartello di benvenuto è stato un centro di detenzione. Non c’è dubbio che la condizione in cui i richiedenti asilo, emigranti, si trovano nelle strutture come Lampedusa, come Crotone, fanno parlare di detenzione a tutti gli effetti. Sono strutture chiuse da cancelli, le persone non possono uscire, tra queste persone, in questi anni, ci sono stati centinaia di bambini, di adolescenti”.

 

Questi ragazzini sono invisibili – sottolinea Amnesty – non esistono statistiche ufficiali pubbliche che indichino il reale numero di quanti sono  e soprattutto che ne riportino le condizioni di vita all’interno dei centri, considerando anche la totale mancanza di trasparenza delle strutture di detenzione, risultate inaccessibili nell’arco di tutto il 2005 ad Amnesty, così come a giornalisti, avvocati, rappresentanti politici. Ancora la D’Alconzo:

 

“Quello che la maggior parte delle persone ha denunciato è il caldo torrido     o l’umidità durante l’inverno. Quindi, un caldo estremo d’estate per neonati, a volte nati negli stessi centri. Un container al sole non è il luogo migliore in cui trascorrere il periodo dello svezzamento. Se un minore viene detenuto, deve essere separato dagli adulti. Questo lo chiede la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. L’Italia è stato uno dei primi Stati firmatari di questa convenzione. E’ possibile, possiamo dire nella maggior parte dei centri, il contatto tra bambini anche molto piccoli e adulti estranei al proprio nucleo familiare”.

 

L’Italia quindi, è la richiesta di Amnesty, “deve porre fine alle violazioni dei diritti umani che si verificano nel caso specifico contro i minori migranti e deve porre fine alla pratica delle detenzione sistematica, nonché adottare una legge organica sull’asilo e garantire loro la necessaria protezione”.

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“Javier 2006, incontro di cultura universale”:

le inziative in Navarra nel  quinto Centenario della nascita

di San Francesco Saverio

 

Javier 2006, incontro di cultura universale”: questo il titolo del programma promosso in occasione del quinto Centenario della nascita di San Francesco Saverio, gesuita e patrono delle missioni. Da marzo a dicembre 2006, mostre, concerti e celebrazioni religiose trasformeranno la città di Javier, in Navarra, in un faro della spiritualità per ricordare il primo santo che riuscì a mettere in contatto      Oriente e Occidente. Il programma è stato presentato martedì sera presso l’Università Gregoriana di Roma. C’era per noi Isabella Piro: 

 

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“La pasta più dura che mi sia mai capitato di impastare”: così Sant’Ignazio di Loyola descriveva San Francesco Saverio, mettendone il luce il temperamento combattivo e ardente. Nato a Javier, nel cuore della Navarra, il 7 aprile del 1506, Francesco studia alla Sorbona di Parigi. Nel 1541 parte per le Indie in veste di rappresentante papale e da allora i suoi viaggi non si fermano più. Spinto dal desiderio di evangelizzare i popoli, attraversa l’Europa, l’Africa e l’Asia. Nel 1549, è il primo occidentale ad entrare in Giappone ed a studiarne le usanze. Non gli riesce, invece, di avvicinarsi alla Cina, dove l’ingresso agli stranieri è proibito. La morte lo coglie sull’isola di Sancian, vicino Canton, nel 1552. 70 anni dopo, la Chiesa lo dichiara Santo. Ma qual è oggi la sua eredità? Padre Gianfranco Ghirlanda, rettore dell’Università Gregoriana:

 

“La sua attualità di grande missionario rimane, facendo crescere nelle persone e nei cristiani il senso della bellezza di aver ricevuto l’annuncio del Vangelo ed averlo abbracciato”.

 

Sono moltissime le iniziative promosse dalla Navarra per celebrare il V centenario della nascita di San Francesco: dall’arrivo della reliquia del braccio del Santo, conservata attualmente a Roma, alla Commemorazione solenne in programma per il 7 aprile, alle numerose Javieradas, ossia pellegrinaggi collettivi. Tantissime le mostre e anche i concerti, tra cui quello dedicato alla Pace in programma il 10 giugno.  Il 29 ottobre, invece, è prevista una giornata della gioventù. Ma perché oggi San Francesco Saverio è così importante? Ci risponde l’arcivescovo di Pamplona, mons. Fernando Sebastián Aguilar:

 

“E’ una personalità che raggiunge l’universo intero. Possiamo vedere la forza del Vangelo sulla capacità del Cristianesimo, della Chiesa cattolica di creare fraternità, unità tra i popoli. Anche per noi in Spagna e Navarra è un esempio di generosità nel vivere la fede e lavorare anche per annunciare il Vangelo di Gesù in questo momento di novità, di cambiamenti anche culturali”.

 

Oggi San Francesco Saverio è patrono delle missioni e la sua figura fa molta presa anche sui giovani. Il presidente della Navarra, Miguel Sanz Sesma, ci spiega perché:

 

“YO CREO SINCERAMENTE QUE …

Credo sinceramente che l’universalità e lo spirito di avventura siano insiti nel suo animo. Bisogna collocarsi idealmente nel XVI secolo per comprendere le difficoltà incontrare da San Francesco Saverio per compiere i suoi viaggi, unicamente ed esclusivamente per il desiderio di evangelizzare i popoli”.

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CHIESA E SOCIETA’

23 febbraio 2006

 

 

AVIARIA: INTERVENTO DEL GOVERNO ITALIANO A SOSTEGNO DEL SETTORE AVICOLO

 IN GRAVE CRISI. DOPO L’AUSTRIA ANCHE IN GERMANIA RILEVATO

UN SOSPETTO CASO DI CONTAGIO DA H5N1 IN UN POLLO

 

ROMA. = Nell’Unione Europea cresce la paura da aviaria, soprattutto dopo il ritrovamento ieri in Austria, di due polli infetti. In Germania, dove è stato rilevato un sospetto caso di infezione da H5N1 in un pollo, per precauzione sono stati abbattuti tutti gli animali che facevano parte dell’allevamento. In Francia e Slovacchia, il virus sembra invece aver contagiato, per il momento, solo alcuni animali selvatici. In Italia non cessa la psicosi da influenza aviaria, che ha determinato una crisi profonda per il settore avicolo. Da qui, l’intervento di sostegno del governo ai lavoratori delle imprese operanti nei settori in difficoltà: è stato deciso lo stanziamento di ulteriori 100 milioni di euro. Lo ha reso noto stamane il ministro del Welfare Roberto Maroni, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il provvedimento avrà valore retroattivo a partire dal primo gennaio 2006, per cui le Regioni dove risiedono le aziende interessate dalla crisi, potranno fare richiesta, entro il 15 marzo, degli ammortizzatori sociali, ovvero cassa integrazione e mobilità. (A.E.)

 

 

PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO DELLA REPUBBLICA DI TAIWAN

AL CARDINALE PAUL SHAN KUO-HSI, INSIGNITO DELLA MEDAGLIA

DELL’ORDINE DELLA STELLA BRILLANTE, PER IL CONTRIBUTO OFFERTO

ALLA PROMOZIONE DEI RAPPORTI TRA STATO E CHIESA CATTOLICA

 

TAIPEI. = Il cardinale Paul Shan Kuo-hsi, vescovo emerito di Kaohsiung e già presidente della Conferenza episcopale regionale cinese di Taiwan è stato insignito della Medaglia dell’Ordine della Stella Brillante, in riconoscimento del suo contributo alla promozione dei rapporti tra Stato e Chiesa nell’isola. L’alta onorificenza viene attribuita ogni anno dalla Repubblica di Taiwan ai servitori dello Stato, ma anche a personalità straniere distintesi per i servigi resi al Paese. La medaglia è stata conferita nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica di Taiwan, Chen Shui-bian. Alla cerimonia l’anziano cardinale ha voluto sottolineare come essa sia un riconoscimento dell’opera di tutta la Chiesa a Taiwan: “Rappresento i vescovi cattolici, i sacerdoti, i religiosi, le suore e i laici di Taiwan - ha detto – e la medaglia non è solo per me, ma per la loro opera di promozione dei valori morali, dell’educazione, della cultura della carità e dei servizi sanitari, come anche per il loro contribuito ai buoni rapporti tra Taiwan e la Santa Sede”. A questo proposito il porporato ha sottolineato come il “Vaticano apprezzi la libertà religiosa garantita nel Paese e i suoi generosi aiuti umanitari”. “Questi elementi  – ha aggiunto – sono alla base della forte amicizia e dei rapporti diplomatici tra Santa Sede e Taiwan”. Prima del cardinale Shan, altre due personalità ecclesiastiche sono state insignite della Medaglia dell’Ordine della Stella Brillante a Taiwan: lo scomparso arcivescovo Stanislao Lo Kuang, già presidente della Conferenza episcopale regionale cinese, ed il cardinale Jean-Louis Tauran, già segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. (L.Z.)

 

 

AL VIA LA MOSTRA “LA  GIOIELLERIA DI DIO”, NELL’ABBAZIA DI SANTA CROCE

IN GERUSALEMME A ROMA, PROMOSSA DAL FONDO EDIFICI DI CULTO (FEC)

DEL VIMINALE. L’ESPOSIZIONE PRESENTERA’ AL PUBBLICO

INESTIMABILI TESORI DELL’ARTE CRISTIANA

 

ROMA. = Si aprirà domani a Roma, la mostra “La gioielleria di Dio”, che esporrà il patrimonio artistico del Fondo Edifici di Culto (FEC) del Viminale. Sarà il ministro dell’Interno Pisano ad inaugurare nella cappella dei Reliquiari e nell’antica Sacrestia dell’Abbazia di Santa Croce in Gerusalemme, l’esposizione. La mostra rimarrà nella capitale fino al 19 marzo, per poi spostarsi dal 25 marzo al 2 aprile a Bari, presso il Palazzo del Governo. Tra le iniziative previste, anche due giornate, quella di sabato 25 e domenica 26 febbraio dedicate alle visite guidate e letture di testi sacri negli edifici di culto più noti d’Italia. Il Fondo si propone di far conoscere al grande pubblico i tesori dell’arte cristiana, per molto tempo rimasti nascosti nelle sacrestie delle chiese. Infatti, il FEC è oggi uno dei più importanti proprietari di beni artistici e architettonici, che annovera nella sua proprietà oltre 700 chiese. È un ente autonomo, amministrato dal ministero dell’Interno, che già nel XIX secolo con la soppressione delle corporazioni religiose, era entrato in possesso di tale patrimonio artistico. L’esposizione - curata dalla direzione centrale del FEC in collaborazione con la Sovrintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico del Lazio - riunirà opere di inestimabile valore. Tra i capolavori esposti: il Ciborio dell’altare maggiore della chiesa romana dei Santi Domenico e Sisto del Bernini; il “San Giovanni Battista” di Guido Reni dalla chiesa di S. Michele Arcangelo di Ottaviano; Il “Crocifisso” di Van Dyck della chiesa di S. Marcello al Corso di Roma; il polittico di Paolo Veneziano proveniente dalla Chiesa di S. Giacomo Maggiore di Bologna e “La decapitazione di S. Agapito” del Caravaggio. (A.E.)

 

 

IMPORTANTE PROVVEDIMENTO DELLA NUOVA ZELANDA A TUTELA DEL PATRIMONIO

MARINO: UN TERZO DELLE SUE ACQUE TERRITORIALI SARA’ VIETATO ALLA PESCA

A STRASCICO DI FONDO, LA PIU’ DANNOSA PER LE RISERVE ITTICHE

 

SYDNEY. = Importante decisione della Nuova Zelanda per la tutela dell’ambiente marino. Un terzo delle acque territoriali neozelandesi, in totale 1 milione e 200 mila  kmq, sarà vietato alle forme più invasive di pesca, in particolare quella a strascico dei pescherecci che trascinando pesanti reti lungo il fondo marino distruggono banchi corallini ed altri organismi. L’annuncio è giunto oggi a conclusione di una Conferenza  internazionale a Sidney, cui hanno preso parte delegati di 20 Paesi, per discutere la gestione delle acque del Pacifico meridionale, dove vi è scarso controllo sui metodi di pesca e sulla tutela delle riserve ittiche non migratorie. Secondo gli scienziati marini, la pesca a strascico di fondo è la più distruttiva fra quelle condotte negli Oceani. Alcune delle specie colpite hanno una crescita molto lenta e ci vorranno centinaia, o anche migliaia di anni, per recuperare le perdite al patrimonio ittico. (R.G.)

 

 

DAL 9 ALL'11 MARZO, FORUM INTERNAZIONALE A FIRENZE SULLA SALUTE DEGLI

ADOLESCENTI, PROMOSSO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’,

PER VALUTARE I CONDIZIONAMENTI SOCIALI SUGLI STILI DI VITA

 

FIRENZE. = La salute degli adolescenti sarà al centro di un Forum internazionale a Firenze, promosso dall'Ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in collaborazione con la Regione Toscana e l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer del capoluogo fiorentino. L’assise, che si svolgerà il 10 e 11 marzo, sarà ospitata dal Convitto della Calza e preceduta il 9 marzo da una giornata dedicata alla situazione italiana. Nell’ambito del Forum sarà resa nota una ricerca sui fattori sociali, economici, culturali e ambientali che influenzano le abitudini alimentari e l'attività  fisica dei ragazzi, condotta dall'OMS in 35 nazioni dell’Europa e del Nord America; indagine che viene fatta ogni 4 anni. L’incontro di Firenze ha l’obiettivo di promuovere politiche e strategie a tutela della salute, nella consapevolezza che ''stili di vita'' corretti si acquisiscono sin da giovanissimi nell'ambito del proprio contesto sociale, familiare e scolastico che modellano i comportamenti di ciascuno. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

23 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, il già precario equilibrio tra sciiti e sunniti sta vivendo uno dei momenti più difficili: dopo l’attentato sferrato ieri contro il mausoleo sciita di Samarra, episodio condannato dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE Javier Solana, sono state incendiate 68 moschee e uccise decine di sunniti. Il nostro servizio:

 

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All’attacco contro la moschea sciita sono seguiti sanguinosi scontri: a Baghdad sono stati rinvenuti i corpi senza vita di oltre 100 persone, in maggioranza sunniti. Si tratta di rappresaglie compiute da estremisti sciiti dopo l’attentato di ieri contro il mausoleo di Samarra. La notizia degli attacchi ha prodotto anche ripercussioni politiche: i sunniti del Fronte dell’accordo iracheno hanno deciso, infatti, di sospendere i negoziati sul nuovo governo. Al conflitto interno tra sciiti e sunniti si aggiungono, poi, le violenze contro le forze di sicurezza: a Baquba, l’esplosione di una bomba che aveva come obiettivo una pattuglia dell’esercito iracheno, ha provocato 12 morti. A Samarra sono stati trovati, inoltre, i cadaveri dei tre giornalisti iracheni rapiti ieri. Dopo l’attacco contro la moschea sciita, nel mondo islamico si punta il dito, intanto, contro gli Stati Uniti. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha detto che l’attentato contro il mausoleo, il quarto luogo santo degli sciiti, è opera degli “americani e dei sionisti che si oppongono a Dio e alla giustizia”. Anche gli hezbollah sostengono questa tesi. Secondo Washington, invece, l’attacco contro la moschea di Samarra è stato compiuto dal gruppo di Al Zarqawi, legato ad Al Qaeda. “I terroristi – ha precisato l’amministrazione statunitense - continuano a dimostrare di essere contro tutte le religioni del mondo”. Dall’Iraq giungono, infine, anche appelli alla moderazione: il primo ministro al Jafaari, che ha proclamato tre giorni di lutto, ha detto che un’aggressione su tale scala richiede alla comunità islamica e a tutti gli uomini di intensificare i loro sforzi per proteggere templi che hanno un valore spirituale per tutta l’umanità.

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Una delegazione di Hamas sarà a Mosca il prossimo 3 marzo con l’obiettivo di porre fine all’isolamento politico ed economico del popolo palestinese. Lo ha annunciato un portavoce del movimento radicale. Intanto, oltre all’invito russo, è giunto alla nuova leadership palestinese guidata dai leader del gruppo estremista, anche l’appoggio finanziario da parte dell’Iran. Hamas continua, inoltre, a portare avanti le trattative per la formazione del nuovo governo: in linea di principio, è stata raggiunta un’intesa anche con Al Fatah, il partito di Abu Mazen uscito sconfitto dalle elezioni dello scorso 25 gennaio.

 

In Nigeria, almeno 80 persone sono rimaste uccise, durante scontri scoppiati nei giorni scorsi nella città meridionale di Onitsha, nella regione di Anambra, zona a maggioranza cristiana. Questi nuovi episodi di violenza sono avvenuti dopo le proteste anti-cristiane scoppiate sabato scorso nel nord del Paese e costate decine di morti. Ma quali sono le motivazioni alla base di questa recrudescenza della violenza? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al nunzio apostolico in Nigeria, mons. Renzo Fratini:

 

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R. – L’elemento religioso è un elemento, un fattore. Ma non è l’unico. Ci sono anche elementi etnici, politici, sociali. E poi la tensione è cresciuta per la vicenda della pubblicazione delle vignette satiriche. La Nigeria è un Paese dove c’è un equilibrio delicato tra musulmani e cristiani. Anche la situazione politica attuale è delicata: il presidente della Repubblica pare che voglia ripresentarsi per un terzo mandato. Ma la Costituzione prevede solo 2 mandati consecutivi.

 

D. – Mons. Fratini, questa combinazione di cause riflette, dunque, l’intricato tessuto formato da molteplici componenti sociali e anche la recente esperienza totalitaria della Nigeria?

R. – E’ tutto un intreccio di fattori politici sociali, religiosi ed etnici. Bisogna vedere gli scontri a Maiduguri e anche ad Onitsha nel contesto più vasto di tutta la situazione della Nigeria, un Paese dove vivono 130 milioni di abitanti, 150 gruppi etnici. In Nigeria le ricchezze si trovano nel Sud e il potere è rimasto in mano ai militari per tanti anni nel nord. Quindi c’è questa tensione e un delicato equilibrio.

D. – Quale futuro scenario politico si può dunque prefigurare nel Paese africano?

 

R. – E’ un cammino faticoso verso la democrazia di un Paese che ha conosciuto per circa 20 anni l’esperienza di regimi militari. Solo da 6, 7 anni la Nigeria ha intrapreso un percorso democratico. Ma la povertà e la corruzione rimangono. Ad esempio, nella zona del petrolio, nel sud, si fa ben poco per la popolazione. Tutti sanno che la più grande ricchezza del Paese è il petrolio ma poi la popolazione locale non vede i risultati.

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Giornata di elezioni presidenziali e politiche oggi in Uganda. Il favorito per la più alta carica di Stato è Yoweri Museveni, presidente uscente e al potere dal 1986. Suo principale avversario è Kizza Besigye, ex medico personale dello stesso Museveni, già uscito sconfitto alle presidenziali del 2001. Gli oltre 10 milioni di elettori dovranno scegliere anche 317 membri del Parlamento.

 

Cresce la tensione in Somalia. E’ salito ad almeno 33 morti il bilancio delle vittime degli scontri che da sabato sconvolgono Mogadiscio. Nei combattimenti si oppongono uomini reclutati nelle scuole coraniche e i miliziani dell’Alleanza per la restaurazione della pace e per l’antiterrorismo, partito creato da alcuni ministri e signori della guerra che sostiene di opporsi all’estremismo islamico e al terrorismo.

 

Almeno due persone sono morte e altre 13 sono rimaste ferite per la scossa di terremoto di magnitudo 7,5 della scala Richter che ha colpito questa notte il Mozambico. Il sisma è stato avvertito fino a Durban, in Sud Africa, e ad Harare, nello Zimbabwe.

 

In Russia, è di almeno 60 morti il drammatico bilancio del crollo del tetto del mercato moscovita di Bauman. Lo ha reso noto il ministero per le Situazioni di Emergenza. Alcune fonti hanno anche precisato che sotto le macerie ci potrebbero essere una quarantina di persone. Il crollo sarebbe stato causato dall’accumulo di neve. Il mercato era stato progettato negli anni Settanta da Nodar Kracnheli, lo stesso architetto che aveva disegnato il parco acquatico moscovita “Transvaal”, dove il crollo del tetto attribuito ad un difetto di progettazione costò la vita, nel febbraio del 2004, a 24 persone.

 

Il neo presidente di Haiti, René Preval, ha tenuto ieri una conferenza stampa sul suo programma di governo. Preval ha anche risposto a domande sull’ex capo di Stato Aristide, destituito con un golpe militare nel 2004. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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Nella prima conferenza stampa dopo la proclamazione da parte delle autorità elettorali, Preval ha posto fine ai dubbi sulla sorte di Aristide: Preval ha ricordato che in base all’art. 41 della Costituzione, nessun cittadino haitiano può essere deportato o forzato a lasciare il territorio nazionale. Inoltre, ha detto che non vi è bisogno di visto per entrare e uscire dal Paese. In precedenza, Aristide aveva espresso in Sudafrica la sua disponibilità a rientrare in Patria assicurando di non cercare incarichi ma di voler aiutare il nuovo governo con consigli e attività nel settore dell’educazione. Non si può negare – ha detto a Pretoria – che chi ha votato per Preval abbia anche votato un po’ per me. Per due volte eletto presidente, per due volte estromesso dal potere, Aristide nel febbraio 2004 fu costretto ad abbandonare Haiti da un’azione energica ispirata dagli Stati Uniti. E con questo più che probabile rientro, Washington potrebbe trovarsi di nuovo con un problema politico di difficile soluzione. C’è chi assicura, però, che fra Preval ed Aristide il clima sia cambiato e che il primo potrebbe voler mantenere le distanze a causa anche della necessità che ha di stringere alleanze con settori moderati per governare il Paese.

 

Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.

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Ratko Mladic è “ancora in fuga”, può essere arrestato ma per catturarlo è necessario il “fermo sostegno” dell'Europa. E’ quanto ha dichiarato, ieri, il  procuratore capo del Tribunale penale internazionale sull’ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, smentendo così definitivamente la notizia dell’arresto dell’ex comandante serbo bosniaco. Carla Del Ponte ha anche inviato un messaggio molto chiaro a Belgrado: “La Serbia sa che se non coopera chiaramente con la Corte, i negoziati per l’adesione all’Unione Europea potrebbero essere sospesi ... o potrebbero non finire mai”.  Raccomandazione lanciata anche dal commissario dell’Unione Europea all’allargamento, Olli Rehn, che ha chiesto una stretta collaborazione con il Tribunale penale internazionale dell’Aja a Serbia e Montenegro nell’ambito dell’Accordo di stabilità e associazione (ASA) con l’UE.

 

Fusako Shigenobu, fondatrice e leader del gruppo terroristico Armata Rossa Giapponese, è stata condannata a venti anni di prigione da un tribunale di Tokyo. La donna è stata riconosciuta colpevole di aver organizzato, nel settembre del 1974, il blitz all’ambasciata francese all’Aja e il sequestro dell’ambasciatore e di altre dieci persone.

 

“I popoli, le culture, le religioni devono dialogare tra loro per conseguire il bene comune degli uomini. Perchè ci sia dialogo sono necessari la vicendevole conoscenza, il reciproco rispetto, l’accettazione dell’altro”. Lo ha detto il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, durante la vista al museo ebraico di Roma. “Così come nessun uomo della mia generazione può dimenticare la tremenda giornata del rastrellamento degli ebrei di Roma – ha aggiunto  Ciampi - nessuno può dimenticare la Shoah”.

 

 

 

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