RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 52 - Testo della trasmissione di martedì 21  febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dolore di Benedetto XVI per le vittime degli attacchi alle chiese in Nigeria: con noi il presule nigeriano Anthony Obinna e il vescovo Bruno Forte

 

Benedetto XVI nomina il cardinale Attilio Nicora Legato pontificio per le Basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi

 

Ricevimento celebrativo dei Patti Lateranensi ieri pomeriggio a Roma

 
Una radio di 75 anni, ma una radio sempre giovane: così padre Federico Lombardi oggi in conferenza stampa per parlare del 75° anniversario della Radio Vaticana e della visita del Papa alla nostra emittente il 3 marzo prossimo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi pomeriggio a Roma, presso l’Università Lateranense, la presentazione dell’Enciclica di Benedetto XVI “Deus caritas est”: intervista con mons. Rino Fisichella

           

Oggi i funerali di don Divo Barsotti, teologo e poeta. Solo nel silenzio - diceva - si può ascoltare l’unica parola necessaria: ce ne parla don Serafino Tognetti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Si terrà la prossima estate ad Hong Kong la quarta “Giornata asiatica per la gioventù”

 

Indonesia: le Suore Orsoline hanno festeggiato i 150 anni di presenza nel Paese

 

In India 75 donne scampate al grave disastro chimico di Bhopal iniziano la loro marcia a piedi verso New Delhi

 

Siccità e carestia mettono a repentaglio la vita di oltre 10 milioni di africani

 

In Europa resta alta l’attenzione sul virus dell’influenza aviaria

 

In Liberia la Commissione per la verità e la riconciliazione ha iniziato ad investigare sui crimini commessi durante gli anni di guerra civile nel Paese africano

24 ORE NEL MONDO:

A Vienna si discute il futuro del Kosovo

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 febbraio 2006

 

IL DOLORE DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME DEGLI ATTACCHI ALLE CHIESE

IN NIGERIA. IN UN TELEGRAMMA, L’INCORAGGIAMENTO DEL PAPA A LAVORARE

PER LA PACE NEL PAESE AFRICANO. CON NOI, IL PRESULE NIGERIANO ANTHONY OBINNA E IL VESCOVO BRUNO FORTE, CHE SI SOFFERMA SULL’APPELLO DEL PONTEFICE

AL RISPETTO DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA

 

Profondo cordoglio di Benedetto XVI per le vittime delle “violenti proteste nel Nord della Nigeria”, che hanno provocato la morte di almeno 15 cristiani. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, il Papa esprime la sua vicinanza spirituale alle famiglie delle vittime e ricorda in particolare padre Michael Gajere, ucciso nell’attacco alla sua chiesa. L’Osservatore Romano sottolinea come il sacerdote ha reso “testimonianza al Vangelo con il supremo dono della vita”, proprio come don Andrea Santoro. Padre Gajere è “stato brutalmente assassinato” ma “non prima di aver messo eroicamente in salvo i chierichetti presenti nella parrocchia”. Il Santo Padre prega dunque “per tutte le persone impegnate nel garantire la sicurezza, incoraggiandole nei loro sforzi per assicurare la pace e promuovere lo stato di diritto, in cui sperano tutte le persone di buona volontà”. Ma come sta vivendo la Chiesa in Nigeria questo momento difficile? Al microfono di Roberto Piermarini risponde il presule nigeriano Anthony Obinna, arcivescovo di Owerri: 

 

**********

R. – Cerchiamo sempre di avere un dialogo con i musulmani, specialmente nella diocesi del nord di Mauduguri dove i cristiani hanno sempre condannato le vignette su Maometto.

 

D. – Mons. Obinna, è una questione solo religiosa o ci sono anche aspetti politici dietro questi scontri?

 

R. – Il governo del Nord non ha mai fatto abbastanza per proteggere la vita dei cristiani. Dopo l’11 settembre, quando a New York Al Qaida ha abbattuto le Torri Gemelle, in Nigeria circa 200 cristiani sono stati uccisi e numerose chiese sono state bruciate. Spesso i politici musulmani strumentalizzano i poveri fedeli islamici e usano il nome di Dio, di Allah, per spingere la gente alla violenza. Nel Nord della Nigeria i leader islamici usano così la povera gente per compiere queste violenze, per scopi che non sono religiosi ma politici. Tra l’altro oltre al sacerdote ucciso anche il vescovo di Mauduguri ha rischiato di morire. Gli hanno infatti bruciato la casa ma lui era fuori diocesi. 

**********   

 

E passando al continente asiatico, la polizia pachistana ha annunciato di aver arrestato 23 persone che domenica avevano appiccato il fuoco a due chiese cristiane nella città meridionale di Sukkur. Dal canto suo, la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana ha diffuso un comunicato in cui si condanna “la terribile violazione della legge e l’incapacità del governo di fermare l’abuso della religione verificatosi” in Pakistan. Intanto, hanno destato ampia eco le parole di Benedetto XVI che ieri, nel discorso all’ambasciatore del Marocco, ha ribadito che nessuna offesa giustifica atti violenti. Sull’appello del Papa, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto:

 

**********

R. – L’argomento principe di ciò che il Papa dice è che il rispetto della coscienza e, dunque, la libertà religiosa, è un valore fondamentale connesso con quello della dignità infinita della persona, di ogni persona umana. Partendo da questo presupposto si traggono delle conseguenze importantissime, che l’offesa alla coscienza religiosa, da qualunque parte venga, è qualcosa di non ammissibile, e che va rifiutata con decisione. Secondo, che per la stessa ragione, coloro che si sentono offesi, perché è stata fatta satira su valori e simboli religiosi fondamentali del loro credo, debbano essere i garanti, i custodi della libertà religiosa degli altri. Questo significa che se l’Islam ha il diritto di sentirsi ferito dalle vignette, ha al tempo stesso, e per la stessa ragione, il dovere di garantire la dignità e la libertà religiosa di qualunque altra persona.

 

D. – Il Papa ribadisce anche in questo frangente un tema forte che sta già caratterizzando il suo Pontificato: verità e carità sono inscindibili. Come declinare questo principio nell’ambito dei rapporti fra religioni e culture?

 

R. – La grande verità, che è alla base di questo rapporto, è appunto il valore inalienabile, sacro, della persona umana, dell’essere umano in quanto tale. In questo argomentare, dunque, il Papa usa motivi che sono di riflessione antropologica generale. Il Papa non fa l’avvocato di Dio. Il Papa fa l’avvocato dell’uomo, cioè è in nome della dignità dell’essere umano, di ogni essere umano che egli parla. Ecco perché quanto egli dice va ascoltato non solo dai credenti, ma da tutti. Sulla base di questa verità fondamentale della dignità della persona, dell’essere umano, della coscienza, il rapporto religione-cultura deve essere garantito da due principi fondamentali: primo, la libertà religiosa; secondo, però, che la libertà di ognuno debba essere misurata e verificata sulla libertà degli altri.

 

D. – Proprio riprendendo queste sue ultime parole, da più parti si chiede il rispetto del diritto di reciprocità. Nel mondo islamico questa sensibilità per la libertà religiosa non è forte come in Occidente. Da dove partire dunque?

 

R. – Certamente da un processo di dialogo di carattere culturale che naturalmente è anche religioso. Va, dunque, sempre sostenuto il valore del dialogo. Secondo, dalla chiarezza anche nei rapporti internazionali. In altre parole, nel sistema internazionale di rapporti i Paesi occidentali che garantiscono e tutelano i diritti di tutti, a cominciare dal diritto delle libertà religiose, hanno il dovere di far pesare la loro voce perché questi diritti siano rispettati dappertutto. Ed è questo peraltro anche uno dei compiti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

 

D. – Al centro del messaggio cristiano, ci ricorda il Papa con la Deus caritas est, ma anche la madre di don Andrea Santoro che ha perdonato l’assassino del figlio, c’è l’amore. Cosa possono fare i cristiani per sconfiggere l’odio di chi strumentalizza il nome di Dio?

 

R. – Certamente quello che ha fatto la madre di don Santoro è quello che ha fatto don Santoro, cioè la prima cosa è amarli tutti indistintamente, avere il coraggio, perché di coraggio si tratta, di dare il perdono anche agli assassini. Questo è, a mio avviso, un messaggio altissimo che è stato lanciato e che mette a confronto la barbarie dell’assassino con la ricchezza di umanità e di spiritualità del perdono offerto dalla madre di don Andrea. E’ chiaro che questa via sia non solo individuale, ma debba essere uno stile collettivo. Vanno cercati ponti di incontro e di dialogo, vanno date e offerte occasioni di testimonianze.

**********          

 

 

BENEDETTO XVI NOMINA IL CARDINALE ATTILIO NICORA

LEGATO PONTIFICIO PER LE BASILICHE DI SAN FRANCESCO

E DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI IN ASSISI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI ha nominato Legato Pontificio per le Basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi il cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Ricordiamo che, con un motu proprio del 9 novembre scorso, il Papa ha stabilito nuove disposizioni per i massimi luoghi della tradizione francescana. Alle Basiliche – si legge nel documento pontificio – il Papa assegna un suo Legato che, “pur non godendo di giurisdizione”, che spetta al vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, “avrà il compito di perpetuare con la sua autorità morale gli stretti vincoli di comunione tra i luoghi sacri alla memoria” di San Francesco e la Sede Apostolica. “Il Legato – stabilisce ancora il motu proprio – potrà impartire la Benedizione papale nelle celebrazioni che presiederà in occasione delle maggiori solennità liturgiche”.

 

Nel motu proprio, il Papa stabilisce dunque che il vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino “avrà la giurisdizione prevista dal diritto sulle chiese e sulle case religiose per quanto riguarda tutte le attività pastorali svolte dai Padri Conventuali della Basilica di San Francesco e dai Frati Minori di Santa Maria degli Angeli”. I padri francescani, Conventuali e Minori, “per tutte le iniziative che hanno risvolti pastorali, dovranno pertanto chiedere ed ottenere il consenso del vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Questi, poi, sentirà il parere del presidente della Conferenza Episcopale Umbra per le iniziative che hanno riflessi sulla Regione umbra o della presidenza della Conferenza Episcopale Italiana per quelle a più ampio raggio”.

 

        

ALTRE NOMINE

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Villa de la Concepción del Río Cuarto, in Argentina, presentata da mons. Ramón Artemio Staffolani, per raggiunti limiti di età.

 

Gli succede mons. Eduardo Eliseo Martín, finora vicario generale e parroco della Cattedrale della diocesi di Venado Tuerto. Mons. Eduardo Eliseo Martín è nato a Venado Tuerto il 26 dicembre 1953. È stato ordinato sacerdote il 26 dicembre 1980.

 

 

RICEVIMENTO CELEBRATIVO DEI PATTI LATERANENSI IERI POMERIGGIO A ROMA

PRESSO L’AMBASCIATA D’ITALIA PRESSO LA SANTA SEDE

 

Tra Italia e Santa Sede c’è concordia, collaborazione, e rispetto reciproco. Lo ha affermato il cardinale segretario di Stato  Angelo Sodano al termine dei colloqui all’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede ieri pomeriggio, in occasione dell’annuale ricevimento a ricordo dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1929 e dell’Accordo dell’’84 di modifica del Concordato. All’incontro erano presenti il capo di Stato Carlo Azeglio Ciampi, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il vicepremier Gianfranco Fini e i presidenti di Camera e Senato Pier Ferdinando Casini e Marcello Pera. Per la Santa Sede oltre al cardinale Angelo Sodano, erano presenti il sostituto per gli Affari Generali mons. Leonardo Sandri, il segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Giovanni Lajolo e il cardinale Attilio  Nicora. A rappresentare la Chiesa italiana, il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana. Il servizio è di Alessandro Guarasci.


**********
Tra Italia e Santa Sede c'è un clima di massima serenità. D’altronde lo stesso cardinale Sodano, all’uscita dell’incontro a porte chiuse, ha sottolineato che in tema di rapporti tra Stato e Chiesa l’Italia fornisce al mondo “un buon esempio di rispetto e di collaborazione”. Un buon esempio che si è snodato lungo i 16 anni, durante i quali il cardinale Sodano ha partecipato agli incontri tra Italia e Santa Sede. Il segretario di Stato non ha nascosto invece la propria preoccupazione per quanto avvenuto in Nigeria dove sono state prese di mira alcune chiese e uccisi numerosi cristiani:


“Giustamente il presidente Ciampi ha detto:Non basta la tolleranza, ci vuole il rispetto’. E noi in Italia dobbiamo continuare questa missione nel mondo. In questo Chiesa e Stato lavorano insieme. Se diciamo ai nostri ‘non c’è libertà di offendere’, dobbiamo dire anche agli altri ‘non c’è libertà di distruggerci ed ucciderci’. Sul piano politico, però, dobbiamo far giocare il concetto di reciprocità, soprattutto quando si tratta, quando si viaggia. E questo è il contributo che l’Italia e l’Europa in generale possono dare al progresso degli Stati, di altre culture, di altre religioni”.


Anche per il premier Berlusconi le tensioni scoppiate nei Paesi arabi fanno preoccupare. Il presidente del Consiglio, davanti ai giornalisti, non ha parlato direttamente delle vicende legate alle vignette satiriche, ma ha ribadito che l’estremismo non deve vincere:


”C’è preoccupazione perché esiste questo movimento all’interno delle masse islamiche che punta non soltanto contro l’Occidente, come sappiamo, ma contro gli stessi governi, che vengono accusati di essere governi corrotti perché stanno occidentalizzando i loro Paesi. Credo che il comportamento del governo sia tale da poter fare escludere che il nostro Paesi diventi un bersaglio singolo”.


Per il presidente del Consiglio i rapporti tra Italia e Santa Sede non sono mai stati buoni come ora.

**********

 

 

“LA RADIO VATICANA HA 75 ANNI MA SI SENTE GIOVANE”:

COSI’ IL NOSTRO DIRETTORE GENERALE, P. FEDERICO LOMBARDI, HA PRESENTATO

IN SALA STAMPA VATICANA IL 75° ANNIVERSARIO DELL’EMITTENTE,

CHE BENEDETTO XVI VISITERA’ IL 3 MARZO PROSSIMO

 

Dopo aver festeggiato lo scorso 12 febbraio i suoi 75 anni di vita, e in attesa di celebrarli il prossimo 3 marzo con la visita del Papa alla sua sede, per la Radio Vaticana oggi è stato il giorno della presentazione pubblica del proprio anniversario. Il direttore generale, padre Federico Lombardi, e i massimi vertici della nostra emittente hanno incontrando i giornalisti nella Sala Stampa vaticana per illustrare l’attività della Radio del Papa, tra storia e nuovi progetti. A seguire la conferenza stampa c’era Alessandro De Carolis.

 

**********

Un laboratorio giornalistico e culturale, che ebbe il privilegio di essere forgiato dall’inventore stesso della radiofonia. Un’istituzione che ha scritto sin dalle prime pagine la storia dell’emittenza internazionale nella sua veste di membro fondatore dell’Unione Europea di Radio-televisione (UER-EBU). Una emittente  che oggi - oltre alla tradizionale, e per molti versi insostituibile, diffusione via etere – è arrivata a parlare con disinvoltura il linguaggio più avanzato della multimedialità e del web. Con un obiettivo rimasto immutato in 75 anni: portare con i suoi microfoni nel mondo la voce del Papa e della Chiesa, trovare instancabilmente modi e spazi per diffondere tra le notizie la Buona Notizia. E’ la Radio Vaticana che è stata presentata questa mattina ai giornalisti. Una comunità professionale di 384 dipendenti, di 59 nazioni, con 45 lingue per oltre 23 mila ore di trasmissione annuale. Numeri che dimostrano una realtà che è soprattutto una dote dell’emittente: la sua “multiculturalità”, così spiegata dal direttore generale della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi:

 

“Vogliamo essere un po’ uno specchio dell’universalità della Chiesa e della sua passione per tradurre il suo messaggio che è comune in tante lingue e in tante culture diverse per i diversi popoli del mondo”.

 

Padre Lombardi ha introdotto il suo intervento ribadendo che l’anniversario della Radio avrà il suo culmine il prossimo 3 marzo con la visita di Benedetto XVI a Palazzo Pio, sede della Radio. “Sarà una visita itinerante”, ha detto, durante la quale il Papa inaugurerà una delle nuove regie digitali dedicata a Giovanni Paolo II, che da cardinale più volte  aveva parlato dai microfoni dell’emittente. L’estrema varietà di offerta radiofonica, declinata dagli stili giornalistici e professionali degli oltre 200 redattori della Radio Vaticana, è stata sottolineata dal direttore dei Programmi, padre Adrezej Koprowski:

 

“Credo di poter dire che la Radio Vaticana costituisca un laboratorio culturale e giornalistico veramente singolare nel panorama dei mezzi di comunicazione, facendosi quotidianamente voce del magistero e dell’attività del Papa e della Santa Sede, con un occhio attento ai bisogni delle rispettive società, delle diversità culturali e delle rispettive Chiese particolari”.

 

Tra i “fiori all’occhiello” dell’anniversario, padre Lombardi ha messo il nuovo sito della Radio Vaticana, che per l’occasione ha “rivestito” graficamente con una nuova home page i contenuti in 30 lingue che quotidianamente arricchiscono in tempo reale gli archivi multimediali del sito. Uno dei suoi progettisti, il responsabile del Webteam, Pietro Cocco, ne ha messo in risalto la filosofia:

 

“L’utilizzo di internet da parte della Radio è stato pensato non come una semplice vetrina espositiva, né come qualcosa che diventasse alternativo alla sua natura radiofonica. Ma piuttosto, che potesse massimizzare la capacità di veicolare contenuti multimediali. (…) E’ nato così il progetto “Oecumene” (…) Il progetto permette di scrivere con i 13 alfabeti diversi che abbiamo in Radio, nelle 39 lingue con cui noi ci rivolgiamo al mondo”.

 

Le domande dei giornalisti hanno toccato argomenti diversi, tra cui la questione dell’elettrosmog, sulla quale padre Lombardi ha fatto il punto della situazione nel rapporto tra le preoccupazioni della popolazioni e quanto fatto dalla Radio Vaticana:

 

“Da un punto di vista della nostra coscienza, come persone responsabili, noi abbiamo una coscienza tranquilla perché abbiamo studiato in modo approfondito l’argomento, ci manteniamo informati anche da un punto di vista, diciamo, scientifico e medico, e la maggioranza – a nostro avviso schiacciante – della letteratura competente è sul fatto che non ci siano questi danni alla salute e che quindi le preoccupazioni non siano fondate. Per quanto riguarda le preoccupazioni della popolazione, noi ci siamo impegnati già dal 2001 al rispetto rigoroso dei limiti previsti dalla legislazione italiana. Tutte le misurazioni fatte dalle autorità italiane, in questo tempo, hanno riscontrato che noi stiamo rispettando questi limiti che sono notoriamente i più stretti del mondo e quindi quanto mai cautelativi (…) Quindi noi riteniamo, anche per quanto riguarda le preoccupazioni della popolazione, che il rispetto della legislazione italiana sia un comportamento oggettivamente verificabile, quanto mai serio”.

 

Anche la Radio Vaticana ha avuto la sua “rivoluzione digitale”. Il “passaggio completo dall’analogico” alla nuova forma di produzione e di messa in onda è stato “praticamente completato” nel giro di 6-7 anni, ha spiegato il vicedirettore tecnico dell’emittente, l’ing.  Sandro Piervenanzi, che ha sottolineato soprattutto il notevole sforzo compiuto per la riconversione professionale di redattori e tecnici. La Radio Vaticana del terzo millennio conta 20 trasmettitori – in onde corte, medie e modulazione di frequenza - 36 antenne e 8 canali satellitari. I suoi archivi sonori custodiscono 13 mila ore di materiale audio riguardante i Pontefici, la cui corretta gestione e tutela è uno dei compiti specifici dell’emittente vaticana. Padre Lombardi, rispondendo a una delle domande, ha spiegato lo stretto rapporto di collaborazione che lega la Radio Vaticana al CTV, il Centro Televisivo Vaticano, che cura la ripresa di ogni cerimonia papale.

 

Il direttore generale dell’emittente ha chiarito diversi punti sulla gestione dell’emittente, tra cui uno spesso ricorrente sul possibile uso della pubblicità come risorsa per attenuare l’impatto dei costi annuali, che si aggirano attorno ai 20-25 milioni di euro:

 

“Noi siamo molto attenti ad una politica di risparmio, però cerchiamo veramente – è il nostro grande impegno – di osservare il risparmio senza sacrificare la sostanza dell’attività che svolgiamo. La digitalizzazione, l’automazione ci hanno permesso di risparmiare su certi fronti, e continuiamo a farlo continuamente. Per quanto riguarda la pubblicità, se uno conosce e segue bene la realtà della Radio Vaticana, si rende conto che è una via molto difficilmente praticabile. E’ veramente problematico l’aspetto della pubblicità con un’attività così differenziata e anche così caratterizzata come proposta. Per fare un esempio, noi parliamo ai cinesi per 45 minuti, poi giriamo le antenne e parliamo ai vietnamiti per 45 minuti, poi le giriamo e parliamo agli indiani, in tamil, per 20 minuti. Allora: che cosa ‘vendiamo’, ai cinesi, ai vietnamiti, agli hindi e ai tamil? (…) E comunque, tutte le soluzioni a carattere di ‘pubblicità’ ci sono sempre sembrate, ogni volta che le abbiamo studiate, così irrisorie come risultato, rispetto al problema, che era più la perdita della nostra caratterizzazione che il guadagno da un punto di vista economico”.

 

Un altro argomento d’interesse ha riguardato gli ascolti. Padre Lombardi ha ribadito l’impossibilità di contabilizzarli in una sorta di mappatura mondiale, perché a percentuali di ascolto verificabili di una certa parte del pianeta – quelle delle oltre 1000 emittenti che ritrasmettono i programmi della Radio Vaticana - si contrappongono i dati solo indiziari rintracciabili in altre zone, come ad esempio in quei Paesi in cui il cristianesimo è minoritario. Ma, in fondo, ha aggiunto il direttore generale, non è un obiettivo strenuamente inseguito dalla Radio:

 

“A dire il vero, abbiamo anche una certa libertà da questo punto di vista perché noi lavoriamo più per portare un servizio anche a delle minoranze, piuttosto che cercare il successo della grande audience”.

 

Settantacinque anni di servizio alla Santa Sede e alla Chiesa universale al quale Benedetto XVI - proseguendo una tradizione alla quale non poté purtroppo conformarsi il solo Giovanni Paolo I – renderà omaggio tra dieci giorni, visitando le stanze e le regie dalle quali ogni ora, grazie al centro di Santa Maria di Galeria, la sua voce può raggiungere i cristiani, e non solo, delle metropoli, dei ghiacci e delle foreste.

**********

 

=======ooo=======

 

 

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Prima pagina - Islam: non si placano le luttuose violenze e le strumentalizzazioni delle proteste, nonostante gli appelli al dialogo dei massimi esponenti civili e religiosi della comunità internazionale.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla visita del cardinale Crescenzio Sepe in Sudan.

 

Servizio estero - Corno d’Africa: milioni di vite umane in pericolo per la siccità; l’ONU sollecita aiuti.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Paolo Miccoli dal titolo “Dietrich Bonhoeffer e lo stile ‘cristonomico’”: il centenario della nascita del teologo.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Marco Testi dal titolo “Clemente Rebora e il silenzio come dono di sé”: lettere, pagine di diario e inediti nel libro “Il tuo Natale”.  

 

Servizio italiano - Islam; il presidente del Consiglio esclude che il Paese “sia nel mirino dei terroristi”.

 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

21 febbraio 2006

 

OGGI POMERIGGIO A ROMA, PRESSO L’UNIVERSITA’  LATERANENSE,

LA PRESENTAZIONE DELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI “DEUS CARITAS EST”

- Intervista con mons. Rino Fisichella -

        

Oggi pomeriggio alle 15.30 nell’Aula Pio XI della Pontificia Università Lateranense ci sarà la presentazione dell’Enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI. All’incontro, organizzato dall’Università e dalla Caritas Italiana, parteciperà il cardinale Vicario Camillo Ruini, mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana e il Rettore Magnifico della Lateranense, mons. Rino Fisichella, che al microfono di Marco Cardinali, commenta la decisione del Papa di centrare la  sua prima Enciclica sull’amore di Dio:

 

**********

R. – Credo che proprio perché il Papa rappresenta uno dei più grandi teologi di questo secolo abbia voluto iniziare il suo Pontificato con una Enciclica programmatica, puntando sull’essenziale. Deus caritas est va direttamente a quello che è il cuore e la fonte stessa della fede cristiana. Io credo che questo non potesse essere altrimenti, perché il Papa dall’inizio dice che presentare Dio come amore significa, non soltanto entrare direttamente nel mistero di Dio, ma anche nel mistero dell’uomo. Quindi, tiene unita la relazione tra Dio e l’uomo. In una parola, siamo davanti a quello che è il mistero di un Dio che si rivela nella persona di Gesù Cristo che è il figlio di Dio e che mostra il volto dell’amore del Padre.

 

D. – Mons. Fisichella, come è suddivisa l’Enciclica Deus Caritas est?

 

R. – L’Enciclica è suddivisa in due parti. Nella prima parte, più a carattere teologico, il Papa entra in quello che è il mistero stesso dell’amore. E la seconda parte è quella invece che più direttamente coinvolge la Chiesa, coinvolge l’agire, la testimonianza dei cristiani, e mostra come non potrebbe essere altrimenti, per la vita di quanti credono in Cristo, che vivere dell’amore.

 

D. – Eccellenza, oggi pomeriggio alla Pontificia Università Lateranense la presentazione dell’Enciclica con vari relatori ed esperti. Questo aiuta certamente chi ascolta, a conoscere, approfondire, il significato di questa lettera del Papa. Ma è bene anche leggere direttamente il documento. Molti, però, sono forse spaventati di andare direttamente alla lettura di un testo papale? Secondo lei invece tutti possono leggerla e approfondire direttamente il significato dell’Enciclica?

 

R. – Io penso che essere cristiani significhi anche affrontare in alcuni momenti situazioni un po’ più difficili. Sono convinto che molti hanno letto già l’Enciclica. Ma a quanti ancora temono di dover aprire quelle pagine esprimo l’augurio che possano trovare quella ricchezza che non è difficile. E là dov’è difficile, allora l’impegno a leggere con maggior calma e, perché no, essere anche capaci di scoltare delle catechesi che possano spiegare, essere capaci di fare degli incontri, essere capaci ed avere anche l’umiltà di farcelo spiegare.  Ma in tutto questo credo che la cosa più importante da ribadire sia che la fede ha bisogno di essere sempre più sostenuta, che abbiamo sempre tutti bisogno di dare intelligenza a ciò che crediamo e soprattutto di dare uno spessore di profonda sapienza a quello che riteniamo essere per tutti noi il centro, non soltanto della nostra fede, ma anche del senso della nostra vita. Quindi, di dare intelligenza all’amore.

**********   

 

 

OGGI I FUNERALI DI DON DIVO BARSOTTI, TEOLOGO E POETA,

SCOMPARSO MERCOLEDI’ SCORSO ALL’ETA’ DI 91 ANNI.

AVEVA FONDATO LA COMUNITA’ DEI FIGLI DI DIO.

SOLO NEL SILENZIO - DICEVA - SI PUO’ ASCOLTARE L’UNICA PAROLA NECESSARIA

- Intervista con don Serafino Tognetti -

 

Oggi la comunità cristiana dà l’ultimo commosso saluto a don Divo Barsotti, morto mercoledì scorso nell’eremo di Casa San Sergio, a Settignano, sui colli fiorentini: aveva 91 anni. I funerali si svolgono alle 15.00 nella Basilica fiorentina della Santissima Annunziata. Teologo, poeta e mistico, don divo Barsotti è stato un grande interprete del monachesimo orientale in particolare russo. Nel 1946 aveva fondato la Comunità dei Figli di Dio, formata da laici consacrati e religiosi che vivono in case di vita comune: in tutto circa duemila persone. Ma per un ricordo di don Barsotti  ascoltiamo il suo successore don Serafino Tognetti, intervistato da Luca Collodi:

 

**********

R. – Aveva un’indole molto contemplativa, dedita allo studio e soprattutto alla preghiera, all’adorazione eucaristica … E quindi, ha vissuto da monaco in questa Comunità, senza essere canonicamente un monaco, come un benedettino o un trappista. Però ha vissuto quella vocazione originaria alla vita intima, contemplativa, interiore di un prete diocesano, all’interno di questa Comunità, in dialogo con tante persone della cultura non solo italiana, ma anche extra-italiane. Ricordo il suo interesse vivissimo per la Chiesa russa, il suo interesse vivissimo per la spiritualità orientale, per la mistica, per la poesia, per la teologia. Era un uomo libero e  portava ovunque questa sua profondità. Forse non era tanto conosciuto: in effetti, ha sempre fuggito un po’ – ma questo mi sembra sia anche una buona testimonianza: come buon monaco! – la visibilità, la vetrina, il farsi vedere, l’apparire. Questo lui non lo voleva, non lo desiderava. Lui predicava esercizi spirituali ovunque ma poi non voleva  un pubblico ‘plaudente’ …

**********

 

Don Divo Barsotti predicava il silenzio: perché solo nel silenzio – diceva – si può aprire il cuore all’ascolto dell’unica Parola necessaria, quella di Dio. Riascoltiamo la sua testimonianza, raccolta alcuni anni fa dai colleghi del programma di RAI UNO “A Sua immagine”:

 

**********

La prima conoscenza che l’uomo ha, è la conoscenza di sé. Di qui ne viene che senza il silenzio, l’uomo cessa di essere un uomo e invece diviene sempre più uomo, consapevole della sua grandezza, nella misura in cui cresce in lui il bisogno del silenzio, il bisogno – cioè – di aprirsi a questa presenza arcana che riempie la sua vita, ed egli non sa che cosa sia. Soltanto con il silenzio l’uomo finalmente vive la sua vita vera. Vivere il silenzio, amare il silenzio è la consegna che vorrei dare oggi specialmente ai giovani. Non credano, i giovani, di possedere una vita maggiore, moltiplicando i loro rapporti, moltiplicando le parole, moltiplicando le cose da dire, le cose da fare … Più che la moltiplicazione delle cose, è l’approfondimento di una cosa sola che costituisce la vita umana: l’approfondimento di questa Presenza che noi chiamiamo “Dio”; dobbiamo capire che ogni parola che si dice non dice nulla perché il mistero è molto più grande delle nostre parole. Se dunque noi vogliamo essere uomini, amiamo il silenzio!

**********

 

 

   =======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

21 febbraio 2006

 

Si terrà la prossima estate ad Hong Kong la quarta “Giornata asiatica

per la gioventù”. “Il grande potenziale e la creatività della gioventù”

sarà il tema centrale della settimana di incontri

 

Hong Kong. = La diocesi di Hong Kong si prepara ad ospitare la quarta “Giornata asiatica per la gioventù”, che si terrà dal 28 luglio al 5 agosto prossimi. Organizzatrice dell’evento – afferma l’agenzia AsiaNews - è la “Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia” (FABC). Il tema della settimana di incontri sarà “Il grande potenziale e la creatività della gioventù”. Alla prima riunione organizzativa hanno partecipato 21 rappresentanze di 14 Paesi, fra i quali Giappone, Corea del Sud, Macao, Taiwan, Filippine e Turkmenistan, primo Paese dell’Asia centrale ad aderire. I componenti del gruppo di Hong Kong che cura l’organizzazione, diretto dal vescovo Rolando Tria-Tirona, hanno illustrato la preparazione dei lavori, mentre i rappresentanti degli altri Paesi hanno spiegato le loro aspettative. Il sacerdote giapponese padre Nobuaki Tanaka, presente alla riunione, si è detto d’accordo con il tema dell’evento, specificando che gli adulti devono collaborare con i giovani e ascoltare con pazienza le loro opinioni. In particolare il sacerdote ha sottolineato che gli adulti, vista la loro esperienza, non devono giudicare i giovani ma capirli ed aiutarli a maturare la loro creatività. Alla conclusione della riunione, che è durata tre giorni, dal 13 al 16 gennaio scorsi, il vescovo Joseph Zen Ze-kiun ha celebrato una messa e durante l’omelia ha ringraziato ed incoraggiato tutti quelli che si mettono a disposizione dei giovani e di Dio, ricordando inoltre l’importante impegno della diocesi di Hong Kong per aver dato la disponibilità ad ospitare l’evento.

 

 

INDONESIA: LE SUORE ORSOLINE HANNO FESTEGGIATO I 150 ANNI DI PRESENZA

NEL PAESE, SEMPRE A SERVIZIO DEI GIOVANI

 

JAKARTA. = Le Suore Orsoline sono presenti in Indonesia da 150 anni. Le prime sei religiose partirono dall’Olanda il 7 febbraio del 1856, per giungere a Jakarta, allora colonia olandese. L’anniversario della congregazione è stato festeggiato in questi giorni con una solenne celebrazione liturgica presieduta dal cardinale Julius Riyadi Darmaatmadja, presidente della Conferenza episcopale indonesiana. Durante l’omelia, l’arcivescovo della capitale indonesiana ha ringraziato a nome della Chiesa le religiose, i loro collaboratori, gli insegnanti, gli studenti e tutti gli operatori impegnati nelle attività educative e sociali. Nel suo intervento, invece, la Superiora della provincia indonesiana delle Orsoline, suor Maria Dolorosa Sasmita, ha ribadito l’impegno della congregazione, fondata nel 1535 da Angela Merici, che continuerà la missione educativa al servizio dei giovani. Nel Paese le Orsoline, oltre ad orfanotrofi e corsi di catechismo, gestiscono infatti anche scuole di ogni ordine e grado che ospitano 24 mila studenti, molti dei quali non cattolici. (L.Z.)

 

 

IN INDIA 75 DONNE SCAMPATE AL GRAVE DISASTRO CHIMICO DI BHOPAL, INIZIANO

LA LORO MARCIA A PIEDI VERSO NEW DELHI. AL GOVERNO, DOPO 21 ANNI,

CHIEDONO ANCORA ACQUA POTABILE E RISARCIMENTI

 

BHOPAL. = E' cominciata ieri, nell’indifferenza totale della stampa indiana e di tutto il Paese, la marcia di protesta di 75 donne indiane di Bhopal, la città teatro del più tragico disastro chimico mondiale. A distanza di 21 anni dal grave incidente, e a 17 anni dalla prima marcia, le donne di Bhopal sono partite a piedi dalla città indiana e contano di raggiungere in 33 giorni New Delhi, dove protesteranno contro il governo. Al centro delle rivendicazioni, i risarcimenti stanziati e mai ricevuti e l’impossibilità, ancora oggi, per gli abitanti di Bhopal di avere acqua decontaminata. Le donne cercheranno solidarietà e supporto nel loro viaggio a piedi e si ciberanno solo ricevuto in offerta, riposando nei luoghi messi a disposizione dai volontari che incontreranno. “E’ assurdo - racconta all'Ansa Javier Moro, autore, insieme a Dominique Lapierre, del libro Mezzanotte e Cinque a Bhopal, con i proventi del quale hanno costruito un ospedale per i sopravvissuti - che nessuno si interessi della marcia, come è assurdo che a 21 anni i cittadini di Bhopal non abbiano ancora acqua decontaminata per bere”. Dati certi sul fenomeno non sono mai state diffusi, tuttavia, secondo stime non ufficiali oltre 15 mila persone sono morte a causa della nube tossica sprigionatasi dallo scoppio della fabbrica di proprietà dell'americana Union Carbide e migliaia continuano a morire per la contaminazione del suolo e dell’acqua. Sono moltissime inoltre le persone che soffrono di malattie legate al disastro e i bambini che nascono con malformazioni e menomazioni. (E. B.)

 

 

SICCITA’ E CARESTIA METTONO A REPENTAGLIO LA VITA DI OLTRE 10 MILIONI

DI PERSONE IN DIVERSI PAESI AFRICANI COME TANZANIA E KENYA.

SECONDO LE PREVISIONI NON CI SARANNO PIOGGE PRIMA DI APRILE.

SERVONO RISPOSTE IMMEDIATE DA PARTE DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

 

GINEVRA. = Undici milioni di persone rischiano di morire di fame in Africa orientale a causa della siccità, aggravata da “passate e presenti situazioni di conflitto”. A lanciare l’allarme è stato Jean Ziegler, relatore della Commissione dell’ONU per il diritto all’alimentazione. Citato dall’agenzia MISNA, l’esperto ha poi sottolineato che sono Gibuti, Etiopia, Kenya, Somalia e Tanzania i Paesi colpiti dalla mancanza di acqua e cibo iniziata negli ultimi mesi del 2005. In particolare le crisi più allarmanti si registrano in Tanzania e Kenya, dove le persone a rischio sono rispettivamente 3,7 milioni e 3,5 milioni. In Somalia sono stimate invece in 2 milioni; 1,75 in Etiopia e nella piccola Gibuti le persone a rischio sono 150 mila. Sono inoltre decine di migliaia i capi di bestiame morti per la mancanza di acqua e pascoli. Ricordando che l’Organizzazione meteorologica mondiale ritiene improbabili nuove piogge prima di aprile, Ziegler – sociologo svizzero conosciuto anche per essersi occupato della situazione dei civili palestinesi- ha chiesto agli Stati membri dell’ONU di rispondere velocemente e in maniera adeguata per salvare migliaia di vite umane. (E. B.)

 

 

IN EUROPA RESTA ALTA L’ATTENZIONE SUL VIRUS DELL’INFLUENZA AVIARIA.

22 NUOVI CASI SONO STATI INDIVIDUATI IN GERMANIA, SULL’ISOLA DI RUEGEN,

 NEL MAR BALTICO. REGISTRATI I PRIMI CASI ANCHE IN UNGHERIA E BOSNIA

 

BERLINO. = In Germania è salito a 103 il numero degli uccelli morti risultati positivi al virus dell’influenza aviaria. Altri 22 casi sono stati infatti accertati sull'isola baltica di Ruegen, nel nordest del Paese, sempre nella stessa zona dove in questi giorni sono stati rinvenuti gli altri 81 uccelli morti. Per affrontare l’emergenza, nelle regioni colpite sono stati inviati alcune centinaia di soldati che stanno concentrando le ricerche anche sulla terraferma. Intanto, dalla scoperta dei primi casi di aviaria, in Germania il consumo di pollame è calato fra il 10% e il 12%. Anche se il dato non è a livelli drammatici come in altri Paesi - dove si è superato il 50% di mancate vendite, con punte del 70% in Italia - la Federazione degli agricoltori ha messo in guardia da un peggioramento della situazione. “Dobbiamo prepararci a tempi difficili”, ha detto il vicepresidente della Federazione, Helmut Born. Sul versante italiano, proseguono le segnalazioni del ritrovamento di volatili morti, le ultime nella province di Bergamo e Cosenza. Tuttavia è il via libera dell’Unione Europea agli aiuti che occupa il primo piano. Si tratta di 100 milioni di euro da destinare al comparto avicolo, che da oltre una settimana sta vivendo una crisi che si aggrava di giorno in giorno. Le misure saranno adottate dal Consiglio dei ministri italiano tra mercoledì e giovedì con un apposito decreto legge. E mentre da Bruxelles gli esperti ribadiscono che non c’è motivo di rinunciare a consumare carne di pollo, il virus si diffonde anche in altri Paesi: accertati i primi focolai in Ungheria, Bosnia e Croazia, mentre in India nove persone con i sintomi dell’influenza aviaria sono sotto strettissima osservazione delle autorità sanitarie. In questo quadro l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha diffuso l’ultimo aggiornamento: dal primo caso umano, nel dicembre 2003, ad oggi i casi umani sono 107 in totale, di cui 92 mortali, confermati in 7 Paesi. I più colpiti sono Vietnam, Indonesia e Thailandia; seguono Cambogia, Cina e anche Turchia. (E. B.)

 

 

IN LIBERIA LA COMMISSIONE PER LA VERITÀ E LA RICONCILIAZIONE HA INIZIATO

AD INVESTIGARE SUI CRIMINI COMMESSI DURANTE GLI ANNI DI GUERRA CIVILE

NEL PAESE AFRICANO

 

MONROVIA. = “Quando emerge la verità, l’umanità si riscatta dalla codardia e dagli artigli della violenza”. E’ quanto ribadito dal presidente della Commissione per la verità e la riconciliazione, Ellen Johnson Sirleaf, in occasione dell’inaugu-razione dell’organismo che avrà il compito di far luce sulle gravi violazioni dei diritti umani avvenute in Liberia durante la guerra civile. “Dobbiamo avere sufficiente coraggio come Nazione di guardare in faccia il passato – ha continuato Johnson Sirleaf, secondo quanto riporta l’agenzia MISNA - e di condannare come un affronto a tutti i popoli civilizzati i deprecabili atti subiti dal nostro popolo nei passati 14 anni di guerra civile”. La Commissione, composta da sette giudici, è stata formata sull’esempio della Commissione per la verità e la riconciliazione sudafricana, voluta nel 1995 dal vescovo Desmond Tutu per sanare la società sudafricana lacerata da decenni di apartheid e violenze. Analogamente alla corte sudafricana anche quella liberiana non ha poteri giudiziali diretti, il suo mandato è infatti quello di “investigare sulle peggiori violazioni dei diritti umani e delle leggi umanitarie internazionali, come anche sugli abusi avvenuti durante la guerra, inclusi massacri, stupri, assassinii, esecuzioni extragiudiziali e crimini economici”. I lavori sono sostenuti con 350mila dollari di fondi pubblici e 500mila promessi dalle Nazioni Unite. Benché le gravi violenze iniziarono in Liberia nel 1980 con il colpo di stato di Samuel Doe, il Parlamento liberiano ha dato alla commissione ‘giurisdizione’ solo sui fatti accaduti dal 1989, anno del coinvolgimento nel conflitto interno dei ribelli di Charles Taylor. C’è da ricordare, infine, come l’esempio sudafricano abbia ispirato anche una commissione simile in Sierra Leone. (E. B.)

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

21 febbraio 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

 

Consultazioni rapide e dall'esito in fondo scontato tra il presidente palestinese Abu Mazen e i leader di Hamas. Ieri in serata è stato annunciato che oggi dovrebbe essere affidato l'incarico di formare il governo a Ismail Haniyeh, personaggio più in vista del movimento che ha  sbaragliato il campo nelle elezioni del 25 gennaio. Da quando riceverà l'incarico Haniyeh avrà a disposizione tre settimane per formare un governo e farlo approvare dal parlamento. Intanto ingenti reparti militari israeliani proseguono per il terzo giorno consecutivo un  raid all'interno della città cisgiordana di Nablus e del vicino campo profughi di Balata. Obiettivo dell'operazione - che non ha limiti di tempo - è secondo Israele lo scompaginamento di ''infrastrutture terroristiche'' palestinesi. La scorsa notte artificieri israeliani hanno scoperto all'interno della 'casbah' un laboratorio dove venivano confezionati ordigni. Ieri i soldati israeliani hanno ucciso a Nablus un comandante locale della Jihad islamica e hanno compiuto diversi arresti. 

 

C’è spazio per un accordo tra Russia e Iran per la questione nucleare. Ali-Hossein-Tash, capo della delegazione iraniana ripartita oggi da Mosca dopo due giorni di trattative ha detto che si può “raggiungere un accordo sulla proposta russa per creare una joint-venture sull'arricchimento dell'uranio in territorio russo''. Viene annunciato che i negoziati tra Mosca e Teheran  continueranno  nella capitale iraniana, dove andrà tra due giorni Kirienko, capo di Rosatom, l'agenzia atomica russa. Intanto il ministro degli Esteri iraniano ha detto che Teheran non  discuterà più con la troika formata da Francia, Germania, Gran  Bretagna ma con i singoli Paesi europei. Ma l’accordo di massima tra Iran e Russia può essere considerato un primo passo nella soluzione della crisi innescata dal programma atomico della Repubblica islamica? Giada Aquilino lo ha chiesto a Pierantonio Lacqua, corrispondente Ansa da Mosca:

 

**********

R. - La sensazione a Mosca è che non ci sia assolutamente un accordo ancora che possa disinnescare la crisi, che vede in rotta di collisione l’Iran con l’Occidente. E’ stata raggiunta un’intesa di massima soltanto su come potrebbe essere fatto l’arricchimento dell’uranio iraniano sul territorio russo. Manca, però, un elemento fondamentale e cioè che l’Iran non è disposto a ritornare alla moratoria sulle ricerche nucleari, chiesto appunto da Mosca come condizione indispensabile per andare all’arricchimento dell’uranio sul territorio russo.

 

D. – Si parla di una joint-venture russo-iraniana. Intanto i negoziati proseguiranno a Teheran

 

R. – Il 23 febbraio sarà a Teheran il capo di Rosatom, l’agenzia atomica russa, Serghei Kirienko. Va a Teheran per fare il punto sulla centrale nucleare che i russi stanno costruendo su territorio iraniano a Busher: una centrale da un miliardo di dollari. Sarà l’occasione per portare avanti questi negoziati sull’arricchimento dell’uranio. Chiaramente il tempo comincia a stringere, perché sappiamo che il 6 marzo c’è un appuntamento fondamentale, a livello di Agenzia atomica internazionale, su come affrontare questo caso dell’Iran.

**********      

 

Tre bombe sono esplose a Baghdad provocando la morte di un agente della sicurezza e il ferimento di alcuni civili. Ad un altro attentato invece è sfuggita il ministro iracheno per gli Emigrati e gli sfollati, signora Suhaila Abd Jaafar. E' stato inoltre trovato il corpo crivellato di proiettili di Saad Jarallah, portavoce di un responsabile del partito sunnita Fronte della Concordia, che era scomparso venerdì scorso. Intanto il governatore della provincia di Kerbala, Aqil al-Khazali, ha detto di aver sospeso ogni cooperazione con le forze americane perchè la loro sicurezza aveva usato cani poliziotto durante una perquisizione negli edifici del governatorato. Molti musulmani considerano degradante avere cani introdotti nella loro casa o nei loro uffici. 

 

E' stato fondato in Somalia un nuovo partito che vuole opporsi al terrorismo e all'integralismo. Della nuova formazione, che si chiama 'Alleanza per il ripristino della pace e per l'anti-terrorismo', con base a Mogadiscio sud, fanno parte quattro ministri, tra cui  quelli della Sicurezza nazionale e degli affari religiosi. 

 

Il futuro del Kosovo si discute da oggi a Vienna. Si tratta della prima fase tecnica di un negoziato tra le delegazioni di Belgrado e Pristina sotto l’egida dell’ONU. Ma per il momento pesano negativamente alcune dichiarazioni della vigilia. Il nostro servizio:

 

**********

Debutta sotto la cattiva stella di una polemica tra il governo di Belgrado e il mediatore dell'Onu, Ahtisaari, la prima fase del negoziato sul futuro status del Kosovo, la provincia serba a maggioranza albanese che dal ’99 è amministrata dalle Nazioni Unite. Rappresentata da una delegazione di consiglieri del premier Kostunica e del presidente Boris Tadic, la Serbia, almeno ufficialmente, si è seduta al tavolo ferma sulla sua strenua rivendicazione di sovranità storica sul Kosovo. Si aggrappa al diritto internazionale e ai paletti della risoluzione 1244 varata dall'ONU a fine '99. Non ha quindi gradito la dichiarazione attribuita nel fine settimana da un giornale tedesco ad Ahtisaari, in base alla quale Belgrado dovrebbe ammettere ormai come inevitabile l'indipendenza della  provincia contesa: l’evidenza sarebbe nel fatto che gli albanesi che reclamano l’indipendenza rappresentano oltre il 90% dei kosovari. Un portavoce del governo serbo e lo stesso presidente Tadic, non accettano che l’emissario dell’ONU sia arrivato con soluzioni predeterminate. Ad attenuare l'irritazione dei vertici belgradesi non è bastata neppure la precisazione di una portavoce di Ahtisaari: le affermazioni dell'ex presidente finlandese sarebbero state male interpretate dal giornale tedesco. Sul fronte interno serbo, bisogna dire che il liberale Goran Svilanovic, già ministro degli Esteri nei primi tempi dopo la caduta nel 2000 del regime di Slobodan Milosevic, intervistato in tv, ha sollecitato l'attuale governo ad abbandonare la strategia del muro contro muro. E a informare onestamente l'opinione pubblica serba che l'orientamento prevalente nella comunità internazionale appare ormai di concedere gradualmente l'indipendenza al Kosovo.  

**********

 

Ma per capire quanto è difficile il negoziato e le implicazioni nell’area dei Balcani, Fausta Speranza ha intervistato Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica all’Università Tor Vergata di Roma:

 

**********

R. – La questione kosovara è molto delicata, lontana dall’essere veramente risolta. Da una parte c’è la Repubblica Serba, quella che si chiama Serbia e Montenegro, ciò che resta dell’ex Jugoslavia, che vorrebbe ancora mantenere il Kosovo come provincia, al massimo autonoma, perché legalmente è ancora una provincia della Serbia e Montenegro anche se de facto il controllo ce l’ha l’ONU. Dall’altra parte ci sono i kosovari, guidati dal presidente che è succeduto a Rugova alla sua morte pochi giorni fa, che vorrebbero invece l’indipendenza.

 

D. – Che valore può avere una soluzione Kosovo per i Balcani? Ci sono altre situazioni che guardano a questa soluzione?

 

R. – I serbi guardano molto da vicino a questa faccenda per due aspetti fondamentali: la presenza della loro comunità sul territorio kosovaro - il 10 per cento della popolazione è comunque ancora serba - e il fatto che una eventuale indipendenza di una parte del loro territorio, che loro considerano  fondamentale, possa provocare un effetto domino. Cioè la Serbia potrebbe eventualmente perdere in seguito anche il Montenegro, che già manifesta volontà di secessione, e definitivamente perdere il controllo su quella Bosnia-Erzegovina che è legata alla Serbia.

 

D. – La presenza dell’ONU dal 1999 per il controllo di questa provincia sicuramente ha assicurato che non ci fossero altri disordini o scontri, però lo possiamo considerare un successo della comunità internazionale?

 

R. – Sicuramente non si può assolutamente gridare al successo. Si è investito tanto in questa area e giustamente perché stava accadendo qualcosa di orribile, ma al tempo stesso non si è trovata ancora una soluzione. L’ONU purtroppo ha dovuto riconoscere un insuccesso del suo ruolo in quest’area, anche se dobbiamo riconoscere il risultato del mantenimento della pace. Ma è una pace che si mantiene – tutti lo sanno, nessuno è cieco da questo punto di vista – a caro prezzo, nel senso che c’è un controllo molto attento, le tensioni possono esplodere da un momento all’altro. La minoranza in Kosovo è composta da almeno 200 mila serbi, spaventatissimi, preoccupatissimi per certi versi, chiusi in certe aree, non comunicanti assolutamente con l’altra maggioranza albanese. Ci sono diversi problemi che diventano nodo fondamentale di questi incontri di Vienna.

**********  

 

Lo storico negazionista David Irving è stato condannato a tre anni dalla corte d'assise di Vienna per apologia del nazismo. In attesa dell'esame del ricorso, dovrà restare in stato di detenzione. Sulla colpevolezza dello storico inglese gli otto giurati ha raggiunto l'unanimità. Irving ha riconosciuto di avere negato a torto l'Olocausto, ma per la corte d'assise il pentimento non è stato sincero.

 

 

 

=======ooo=======