RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 51 - Testo della trasmissione di lunedì 20 febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Le religioni e i loro simboli siano rispettati, ma l’intolleranza e la violenza non possono mai essere giustificate come risposta alle offese”: così Benedetto XVI nel suo discorso al nuovo ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede

 

Rafforzare l’identità cristiana: lo ha chiesto il Papa ai vescovi in visita ad Limina di Senegal, Mauritania, Guinea Bissau e Capo Verde

 

Il Papa incontra il Consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel

 

Il cardinale Renato Martino a Puerto Rico dopo l’incontro a Cuba con Fidel Castro  

 

Prosegue nella città di Juba la visita in Sudan del cardinale Crescenzio Sepe

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cresce la preoccupazione delle comunità cristiane dopo gli attacchi alle chiese in Nigeria e Pakistan: il commento di  padre Justo Lacunza Balda

 

Un sacerdote siciliano denuncia la scomparsa di decine di ragazzi immigrati da un centro di accoglienza in provincia di Ragusa: intervista con don Beniamino Sacco

Riapre dopo un lungo restauro il museo Bandini di Fiesole: ce ne parla Bruno Santi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Le spoglie di suor Lucia traslate nel santuario di Fatima

 

Tre giorni dopo la frana avvenuta nell’isola di Leyte, nelle Filippine, le squadre di soccorso hanno tratto in salvo cinquanta persone

 

Resta grave l’emergenza alimentare nell’ Africa orientale

 

La Francia appoggia le richieste dell’Italia alla Commissione Europea per sostegni agli allevatori danneggiati dall’arrivo in Europa dell'influenza aviaria

 

Esplosione in una miniera in Messico: 7 i minatori salvi, oltre 60 bloccati a 300 metri sottoterra

 

24 ORE NEL MONDO:

Hamas avvia contatti in vista del nuovo esecutivo

 

Almeno 12 persone uccise dall'esplosione di un kamikaze su un minibus a Baghdad

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 febbraio 2006

 

 

“LE RELIGIONI E I LORO SIMBOLI SIANO RISPETTATI, MA L’INTOLLERANZA E LA VIOLENZA NON POSSONO MAI ESSERE GIUSTIFICATE COME RISPOSTA ALLE OFFESE”:

COSI’ BENEDETTO XVI NEL SUO DISCORSO AL NUOVO AMBASCIATORE DEL MAROCCO PRESSO LA SANTA SEDE. APPELLO DEL PAPA A NON CONSIDERARE GLI IMMIGRATI

“COME MERCE E FORZA LAVORO”

 

Rispetto per i simboli religiosi, ma aperta condanna per gli atti di violenza che stanno sconvolgendo alcuni Paesi. Questo in sintesi quanto ha detto stamane Benedetto XVI incontrando il nuovo ambasciatore del Marocco presso la Santa Sede, Ali Achour. Ce ne parla Sergio Centofanti:

 

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“Nell’attuale contesto internazionale – ha detto il Papa – la Chiesa cattolica resta convinta che per promuovere la pace e la comprensione tra i popoli e gli uomini è necessario e urgente che le religioni e i loro simboli siano rispettati e che i credenti non siano l’oggetto di provocazioni che feriscano il loro modo di pensare e i loro sentimenti religiosi. Tuttavia l’intolleranza e la violenza – ha aggiunto – non possono mai essere giustificate come risposte alle offese, perché non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione; è per questo che non si può che deplorare le azioni di quanti approfittano deliberatamente dell’offesa causata ai sentimenti religiosi per fomentare azioni violente, tanto più che ciò viene fatto per fini estranei alla religione. Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà – ha proseguito il Papa - la sola via che può condurre alla pace e alla fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui, affinché in modo reciproco in tutte le società sia realmente assicurato per ciascuno l’esercizio della religione liberamente scelta”.

 

Il Papa auspica quindi “una collaborazione sempre più stretta” tra i Paesi del Mediterraneo per affrontare non solamente le questioni relative alla sicurezza e alla pace nella regione ma anche la questione dello sviluppo, “con una presa di coscienza rinnovata dei doveri di solidarietà e giustizia” e in particolare riguardo al fenomeno delle migrazioni: quanti emigrano “in cerca di migliori condizioni di vita” – ha affermato – non possono essere considerati “come merce o semplice forza di lavoro”: occorre invece “rispettare i loro diritti fondamentali e la loro dignità umana”. “Più che mai il Mediterraneo – ha concluso Benedetto XVI – è chiamato ad essere un luogo di incontro e di dialogo tra i popoli e le culture.

 

Da parte sua il nuovo ambasciatore del Marocco, Ali Achour, ha ricordato lo storico viaggio di Giovanni Paolo II in questo Paese nel 1985 e la visita in Vaticano del Re marocchino Mohammed VI, “felice occasione per il rafforzamento del dialogo islamo-cristiano”. Infine ha affermato che “il Marocco condanna l’estre-mismo e il terrorismo che vanno contro i principi e i valori dell’Islam”.

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RAFFORZARE L’IDENTITA’ CRISTIANA PERCHE’ I VALORI SPIRITUALI E SOCIALI

DEL VANGELO SI AFFERMINO AL DI LA’ DI CREDENZE ATAVICHE O TENDENZE

 SECOLARISTICHE. COSI’ IL PAPA AI VESCOVI IN VISITA AD LIMINA DI SENEGAL,

MAURITANIA, GUINEA BISSAU E CAPO VERDE

 

Promuovere lo sviluppo sociale in collaborazione con i fedeli di altre religioni, coniugando la penetrazione del Vangelo con la salvaguardia dei più alti valori africani. E’ il compito principale dei vescovi del Senegal, della Mauritania, delle Isole di Capo Verde e della Guinea Bissau, che Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina per la loro visita ad Limina. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La società africana non è immune da alcune “seduzioni” incompatibili con la fede e l’agire cristiano: compito di vescovi e sacerdoti è di contrastare tali influenze presentando il volto vivo del Vangelo, che “deve essere interamente radicato nella cultura dei vostri popoli”. Pur nella “grande diversità” delle situazioni “umane ed ecclesiali” dei rispettivi Paesi, l’analisi che fa Benedetto XVI di Senegal, Mauritania, Guinea Bissau e Isole di Capo Verde trova un comune denominatore nell’urgenza di rendere salda l’identità cristiana in mezzo alle tendenze fuorvianti che vengono dal passato, con gli antichi costumi mai dimenticati, e dal presente, con le tendenze indotte dalla secolarizzazione:

 

LE RETOUR A CERTAINES PRATIQUES DE LA RELIGION TRADITIONNELLE…

Il ritorno ad alcune pratiche della religione tradizionale, che constatate a volte nei cristiani deve spingere a cercare mezzi adeguati per ravvivare e rinforzare la fede alla luce del Vangelo, e per consolidare le basi teologiche delle vostre chiese particolari, pur prendendo ciò che c’è di meglio dell'identità africana”.

 

Ricevere il Battesimo, ha proseguito il Pontefice, implica necessariamente una “rottura” con le “abitudini” della vita precedente, ma allo stesso tempo – ha messo in guardia - ricevere il sacramento dell’iniziazione cristiana non deve tradursi in un isolamento del battezzato rispetto al suo popolo o alla sua famiglia. Benedetto XVI ha caldeggiato la formazione, basata sul testo del Catechismo della Chiesa cattolica, anche perché, ha affermato, una fede “solida” permette “di fare fronte ai fenomeni nuovi della vita contemporanea come lo sviluppo dell'urbanizzazione, lo scarso impegno di numerosi giovani, le seduzioni materiali di qualsiasi tipo, o l'influenza esercitata da idee che provengono da qualsiasi orizzonte” culturale:

 

CHERS FRERES DANS L’ÉPISCOPAT, DANS CETTE DIFFICILE…

Cari fratelli nell’episcopato, in questo difficile compito dell’evangelizzazione, i vostri sacerdoti sono collaboratori generosi che incoraggio cordialmente nei loro impegni apostolici”.

 

In favore del clero locale, il Papa ha auspicato una formazione intellettuale e spirituale che faccia dei sacerdoti “uomini equilibrati umanamente e spiritualmente, capaci di rispondere alle sfide che sono tenuti ad affrontare, tanto nella loro vita personale che pastorale”. Una di queste sfide, ha proseguito il Pontefice, è certamente “lo sviluppo sociale”, che vede tutte le diocesi locali impegnate nel servizio dei più poveri. In Guinea Bissau - ha notato Benedetto XVI, passando al portoghese – le priorità sono la famiglia, con l’inculturazione sempre in primo piano, e le strutture politiche e amministrative nelle quali è necessario promuovere un “corretto” funzionamento al servizio dei cittadini.

 

In ogni caso, ha puntualizzato ancora una volta Benedetto XVI, “il cristianesimo non deve essere ridotto ad una saggezza puramente umana né confondersi con un servizio sociale, poiché si tratta anche di un servizio spirituale”. E nemmeno deve manifestarsi come “un mezzo al servizio del proselitismo”, perché, ha asserito, “l’amore è gratuito”. Il Papa si è quindi soffermato sulla “collaborazione” con i musulmani e sul diritto di professare liberamente il proprio credo. Tali “sforzi”, ha aggiunto, “contribuiscono alla realizzazione concreta del bene autentico delle persone e della società”.

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CONTINUATE NELLA VOSTRA OPERA DI CARITÀ CRISTIANA,

CHE E’ UN SERVIZIO ALL’UMANITÀ E UN CONTRIBUTO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO. LO HA DETTO IL PAPA RIVOLGENDOSI AL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

DELLA FONDAZIONE GIOVANNI PAOLO II PER IL SAHEL

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

I molti progetti sostenuti e finanziati da oltre 20 anni dalla vostra Fondazione per contrastare il fenomeno della desertificazione in varie aree dell’Africa, dimostrano che l’amore per il prossimo, un compito di ciascun fedele ma anche dell’intera comunità ecclesiale, deve esprimersi in gesti concreti. Con queste parole il Papa si è rivolto al Consiglio di amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. Vi incoraggio – ha aggiunto Benedetto XVI – a proseguire con determinazione in questa opera di carità cristiana, che è un servizio all’umanità e un contributo per il dialogo interreligioso e per la rivelazione dell’amore di Dio agli uomini. Questa vostra organizzazione – ha poi detto il Santo Padre – fa dunque parte integrante dell’azione di evangelizzazione.

 

La Fondazione ha iniziato la propria attività nel 1984 per rispondere all’appello lanciato nel 1980 da Giovanni Paolo II a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, in favore delle popolazioni gravemente colpite dalla siccità e dalla progressiva desertificazione del Sahel. Questa area comprende nove Paesi, tra i più poveri dell’Africa. Si tratta di Burkina Faso, Niger, Mali, Guinea Bissau, Capo Verde, Mauritania, Senegal, Gambia e Ciad. Ad oltre 25 anni di distanza, tale appello non ha perso, purtroppo, la sua attualità: non solo nelle zone desertiche dell’Africa settentrionale, ma in tutto il pianeta il problema dell’accesso all’acqua è divenuto, infatti, sempre più grave ed urgente. Per affrontare questa cruciale sfida la Fondazione, istituita grazie ai generosi finanziamenti provenienti soprattutto da fedeli tedeschi, ha sostenuto molti progetti nel campo dell’educazione. Sono stati formati operatori della sanità, idraulici, meccanici e molteplici figure legate all’agricoltura. Preziosa caratteristica della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel è, poi, la sua apertura alle differenti religioni che la rende anche un importante strumento di dialogo interreligioso.

 

 

ALTRE UDIENZE

        

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina anche mons. Andrea Maria Erba, vescovo emerito di Velletri-Segni.

 

 

DOPO IL LUNGO E CORDIALE INCONTRO CON IL PRESIDENTE CUBANO FIDEL CASTRO,

 IL CARDINALE RENATO MARTINO HA PRESENTATO IERI A SANTO DOMINGO

IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, OGGI LO FARA’ A PONCE

E NEI GIORNI PROSSIMI A SAN JUAN DE PUERTO RICO, RIENTRANDO A ROMA SABATO 25

 

Con larga e intensa partecipazione prosegue nei Caraibi l’itinerario del cardinale Renato Martino per presentare anche in quell’area geografica, dopo i viaggi allo stesso scopo in vari Paesi dei cinque continenti, il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. Servizio di Paolo Scappucci.

 

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Sabato si è conclusa la prima tappa di 3 giorni a Cuba, suggellata con un cordiale incontro tra il porporato e il presidente cubano Fidel Castro, che ha avuto ampio rilievo sulla televisione del Paese e sulla stampa centroamericana. Oggetto del colloquio, di oltre due ore, i rapporti tra religione e società, i nodi cruciali della politica internazionale e interna su istruzione, salute, libertà religiosa, iniziative culturali e sanitarie della Chiesa nell’isola. Come affermato dal cardinale Ortega y Alamino, presidente del vescovi cubani, nell’incontro Fidel Castro ha avuto parole di grande amicizia verso il Papa Benedetto XVI, accennando anche ad un possibile invito rivolto al Pontefice a visitare  Cuba. Dal canto suo, il cardinale Martino si è dichiarato molto soddisfatto del colloquio, aggiungendo che il presidente cubano gli ha parlato in particolare dell’impegno del Paese in campo sanitario con il prezioso contributo dei religiosi e delle religiose cattoliche. Ma trattati nell’incontro sono stati anche i temi della pace nel mondo e del rispetto dei diritti umani. Il Presidente di Giustizia e Pace ha offerto in dono a Fidel Castro una copia in spagnolo del Compendio della dottrina sociale della Chiesa e due serigrafie a vivaci colori dell’artista ungherese Giovanni Hajnal, autore di notevoli opere in Vaticano, l’una rappresentante simbolicamente la Pacem in Terris  e l’altra illustrante la frase di Sant’Agostino: “E’ segno di maggior gloria uccidere le guerre con la parola anziché gli uomini con le armi e conquistare la pace con la pace non con la guerra”.

 

Illustrando l’insegnamento sociale della Chiesa ieri a Santo Domingo, il cardinale Martino ha insistito su un’idea di fondo del Compendio, quella della promozione di una cultura della solidarietà per instaurare un ordine economico in cui non sia dominante solo il criterio del lucro, ma anche e soprattutto la ricerca del bene comune nazionale e internazionale, l’equa distribuzione delle ricchezze e la promozione integrale degli individui e dei popoli.

 

Il porporato si trova attualmente a Ponce per presentare l’importante documento della Santa Sede in campo sociale presso la Pontificia Università Cattolica di Puerto Rico, oggi a sacerdoti, religiosi e laici impegnati, domattina a docenti, allievi e amministratori dell’ateneo, e domani pomeriggio a politici, imprenditori e professionisti. Mercoledì e giovedì il cardinale Martino concluderà il suo itinerario caraibico a San Juan de Puerto Rico, facendo rientro a Roma sabato 25 febbraio.

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PROSEGUE NELLA CITTÀ DI JUBA LA VISITA IN SUDAN DEL PREFETTO

DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI,

CARDINALE CRESCENZIO SEPE

 

L’attività missionaria deve essere guidata dalla carità. Lo ha detto stamani il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, cardinale Crescenzio Sepe, durante la Santa Messa presso la cattedrale di Santa Teresa a Juba. Pastori, laici e religiosi – ha aggiunto il porporato – sono chiamati ad impegnarsi apostolicamente ognuno secondo la propria specifica vocazione. Se vogliamo che il nostro ministero rechi frutti - ha precisato - la nostra unione con Dio non deve essere un’opzione ma un imperativo. Sempre a Juba, il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha sottolineato come la città e la regione siano caratterizzate dalla presenza di coraggiosi fedeli cristiani, impegnati nella promozione dei valori evangelici della riconciliazione. Ieri a Khartoum, il porporato ha presieduto, inoltre, la Santa Messa per un’ordinazione diaconale. La fede – ha detto il cardinale Sepe durante l’omelia - rimuove gli ostacoli. La misericordia – ha concluso - non lascia niente come prima perché è un segno effettivo che richiede un cambiamento.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Prima pagina - "E' necessario ed urgente che le religioni ed i loro simboli siano rispettati e che i credenti non siano oggetto di provocazioni offensive": il discorso di Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore del Marocco.

 
Servizio vaticano - Il discorso del Papa ai vescovi della Conferenza Episcopale di Senegal-Mauritania-Capo Verde-Guinea Bissau.

 

Servizio estero - Islam: sacerdote ucciso in Nigeria. Il tragico avvenimento a due settimane dall'assassinio di Don Andrea Santoro nella sua parrocchia di Trazbon.  

Servizio culturale - Un articolo di Marco Impagliazzo dal titolo "'I visitatori dei poveri' e l'Italia del dopoguerra": pubblicato il terzo volume di un'opera dedicata alla storia della Società di S. Vincenzo de' Paoli.

 

Servizio italiano - Islam: il Governo riferirà al Parlamento sulla vicenda Calderoli.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 febbraio 2006

 

        

GLI ORGANISMI INTERNAZIONALI NON RESTINO INDIFFERENTI DI FRONTE

ALLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI DELLE MINORANZE RELIGIOSE: COSI’

AI NOSTRI MICROFONI IL RETTORE DEL PONTIFICIO DI STUDI ARABI E D’ISLAMISTICA, PADRE JUSTO LACUNZA BALDA, DOPO GLI ASSALTI ALLE CHIESE CRISTIANE

IN NIGERIA E PAKISTAN

 

“La situazione per il momento é calma e le forze dell’ordine pattugliano le strade”. E’ quanto riferito all’agenzia Fides da mons. Matthew Manoso Ndagoso, vescovo di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno nella Nigeria nord-orientale, dove nella fine settimana si sono verificate gravi violenze che hanno provocato, secondo il vescovo, “almeno 15 morti, tra i quali don Michael Gajere, un sacerdote locale”. Nell’assalto sono state bruciate 4 chiese cattoliche insieme a strutture di altre confessioni cristiane. Anche in Pakistan, a Sukkur, sono state attaccate due chiese da centinaia di manifestanti musulmani. Dietro questa ondata di violenza non ci sarebbe, però, la reazione alle vignette satiriche su Maometto. Ne è convinto padre Justo Lacunza Balda rettore del Pontificio Istituto di studi arabi e di islamistica, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. - Penso che le vignette satiriche siano un pretesto. Le cause bisogna trovarle altrove. Prima nel disagio sociale, la miseria nella quale versano migliaia e migliaia di cittadini in Nigeria e nel Pakistan. D’altra parte, gli scontri, non sono eventi di oggi. Questi scontri sono avvenuti nel passato e c’è una questione, in particolare nella Nigeria, che è molto preoccupante: nel Paese siamo alla fine del secondo mandato del presidente. Quindi, ci saranno le elezioni. In alcuni Stati del nord della Nigeria hanno già espresso molto chiaramente che vogliono un presidente musulmano.

 

D. – In Turchia, Paese considerato modello di laicità per il mondo musulmano, dopo l’uccisione di don Andrea Santoro, continuano le minacce nei confronti della comunità cristiana. Il fondamentalismo islamico guadagna terreno?

 

R. – Penso che uno dei grandi problemi che attanaglia il mondo attuale, nei suoi rapporti fra credenti, tra fedeli di religioni diverse, sia appunto questo problema dello status delle minoranze all’interno di un Paese come la Turchia. Non basta definire che un Paese sia laico, secolare, che abbia una legislazione civile. Occorre che nella pratica, le minoranze e i cristiani abbiano la possibilità e la libertà di praticare la propria fede e di esprimere il proprio culto. Niente di meno e niente di più. Quello che in altre parti del mondo, ad esempio in Europa, si sottolinea è la necessità di questa libertà religiosa come elemento fondamentale di convivenza.

 

D. - In Occidente proviamo vergogna per le torture nel carcere di Abu Ghraib ed anche le vignette di Maometto sono state criticate da tantissimi cristiani, dalla Santa Sede stessa. Perché non si registra un analogo fenomeno tra gli islamici quando per esempio vengono distrutte chiese o uccisi i sacerdoti e i missionari?

 

R. – Penso che una cosa molto preoccupante è che il garante dei diritti umani, e fra questi il diritto alla libertà religiosa, deve essere lo Stato. Mi preoccupa moltissimo che grandi organismi come l’ONU, la Lega dei Paesi arabi e altri organismi, dimostrino piuttosto un’indifferenza, un’apatia, a volte un astio riguardo alle religioni. Nei casi come questo dell’uccisione di don Andrea, dell’uccisione dei cristiani o la distruzione dei luoghi di culto dei cristiani, in Iraq o in Indonesia o nel Pakistan, non mi sembra e non mi risulta che delle voci istituzionali si siano alzate, non soltanto per condannare ma per sottolineare il diritto di ogni minoranza e di ogni essere umano a far valere e ad esprimere liberamente la sua fede e la sua religione.

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IN ITALIA, LA REGIONE SICILIA ANNUNCIA NUOVI PIANI PER L’ASSISTENZA DEGLI

IMMIGRATI. MA L’EMERGENZA “SBARCHI” E’ ALTA: UN SACERDOTE SICILIANO HA

DENUNCIATO, NEI GIORNI SCORSI, LA SCOMPARSA DI DECINE DI BAMBINI E RAGAZZI IMMIGRATI DA UN CENTRO DI ACCOGLIENZA IN PROVINCIA DI RAGUSA

- Intervista con Don Beniamino Sacco -

 

In Italia, dove resta alta l’emergenza sbarchi, e stata sottoscritta nei giorni scorsi un’intesa con cui la regione Sicilia si impegna a garantire l’attuazione di interventi di assistenza, anche sanitario e socio-psicologica degli immigrati che raggiungono le coste siciliane. Ma la situazione resta comunque difficile e presenta nuove problematiche: recentemente, un sacerdote siciliano, don Beniamino Sacco, ha denunciato che almeno 200 immigrati di età compresa tra 8 e 14 anni, sono scomparsi, negli ultimi due mesi, dopo pochi giorni di permanenza in un centro di accoglienza. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, proprio don Beniamino Sacco:

 

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R. – Questi ragazzi, dopo tre, quattro giorni di permanenza nel centro sono andati via, di nascosto o arbitrariamente. Non sappiamo dove siano andati. Questa tendenza si sta ripetendo con una certa regolarità. Tale fenomeno ci porta a porci alcuni interrogativi: dove sono diretti? Chi c’è dietro queste sparizioni? Quali strade sono, eventualmente, costretti ad intraprendere i piccoli immigrati?

 

D. – L’ipotesi più inquietante è quella di uno sfruttamento di questi minori da parte di organizzazioni criminali. E’ un’ipotesi realistica?

 

R. – Sicuramente sì. Noi abbiamo il timore che ci sia qualcuno che li sfrutti. Sembra che ci siano dei personaggi locali, sempre extracomunitari, che gestiscono questa loro partenza chiedendo in cambio una ricompensa. C’è qualcosa che non funziona già qui, in Sicilia.

 

D. – Questi ragazzi spesso arrivano da soli, senza genitori, dopo uno dei tanti sbarchi sulle coste siciliane. Questo li rende più vulnerabili?

 

R. – Sicuramente. Questo è un fenomeno nuovo perché in genere negli sbarchi degli anni precedenti c’erano dei minori solitamente accompagnati dai genitori o da familiari. Può darsi, invece, che adesso ci sia una nuova strategia: quella di inviare ragazzi, sapendo che poi vengono garantiti in tutti i modi. Ma è una situazione che, purtroppo, crea nuove problematiche.

 

D. – Il centro ospita chiunque abbia bisogno di un letto, di un pasto, senza alcuna distinzione. Quale posto occupa la spiritualità in questa struttura?

 

R. – Innanzitutto, l’accoglienza è a 360 gradi: noi non abbiamo mai fatto differenze. Questo centro è all’interno di una parrocchia. E’ la comunità che si fa carico dell’accoglienza. E’ con la comunità che ci si confronta. Non è un centro isolato perché non ci sono solamente gli ospiti. Nel centro c’è un travaso di esperienze, di disponibilità, di confronti, senza alcuna preclusione. Ci teniamo alla nostra autonomia proprio per garantire la carità, senza nulla pretendere, senza nulla chiedere, in un confronto sereno e libero tra culture diverse, tra religioni diverse.

 

D. – Da dove provengono solitamente questi ragazzi?

 

R. – Dall’Etiopia, dall’Eritrea, dalla Somalia, da tutti questi popoli sventurati che vivono la tragedia della guerra. Ne abbiamo tanti e tutti portano sulle loro spalle una storia individuale, ma che diventa anche collettiva.

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RIAPRE DOPO UN LUNGO RESTAURO IL MUSEO BANDINI DI FIESOLE,

 SCRIGNO D’ARTE MEDIEVALE E RINASCIMENTALE

- Con noi, Bruno Santi -

 

Il Museo Bandini di Fiesole di nuovo aperto al pubblico dopo un lungo intervento di restauro. La collezione, risalente alla seconda metà del '700, è arricchita da alcune opere, mai esposte fino ad oggi. Nato nel 1919, grazie alla donazione, avvenuta un secolo prima, della raccolta d'arte del canonico Angelo Maria Bandini, il museo è considerato uno dei gioielli della cittadina toscana. Sulla figura del canonico Bandini, l’intervista di Alessandro Gisotti con il dott. Bruno Santi, soprintendente per il patrimonio storico, artistico delle province di Firenze, Pistoia e Prato:

 

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R. – Non soltanto è stato canonico di una delle più insigni chiese fiorentine, cioè la Basilica minore di San Lorenzo, ma ha anche avuto contatti epistolari con l’ambiente culturale del suo tempo; poi, ha raccolto quello che, purtroppo, andava perduto, ossia le opere d’arte provenienti dalle varie soppressioni che c’erano state: quella lorenese e quella napoleonica, dei complessi ecclesiastici e addirittura dei conventi e degli ordini religiosi. Queste opere d’arte che erano essenzialmente di carattere religioso, sarebbero andate perdute senza l’opera di questo canonico.

 

D. – Ogni museo è uno scrigno di tesori. Ma perché il Museo Bandini si può dire che è unico nel suo genere?

 

R. – Prima di tutto per la sua origine, ma anche perché presenta questo nucleo di manifatture Robiane di grandissimo interesse, che altrimenti sarebbero andate perdute; poi, perché trova sede in una palazzina fatta costruire appositamente per conservare le opere del canonico. Ma in più, ha la qualità di essere saldamente legata alla Chiesa fiesolana

 

D. – Ecco, il Museo Bandini è “la gloria di Fiesole”, una città amata dai viaggiatori eruditi e curiosi del gran tour. Oggi, che cosa racconta al visitatore, Fiesole?

 

R. – Prima di tutto, la sua ubicazione topografica: è un balcone per la piana di Firenze, da dove si gode uno dei panorami più attraenti della città; il secondo motivo di interesse è la persistenza di costruzioni appartenenti all’antichità etrusca – le mura – e romana – il teatro. La terza ragione è una ragione del tutto religiosa, in quanto Fiesole è il centro, con la sua cattedrale, con l’edificio del seminario, con la chiesa di San Francesco, con la chiesa di Santa Maria Primerana, della diocesi fiesolana che si estende per una notevole parte della Toscana, sia in provincia di Firenze, sia in provincia di Arezzo e di Siena.

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CHIESA E SOCIETA’

20 febbraio 2006

 

 

DUECENTOCINQUANTAMILA FEDELI, PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO,

HANNO RIVOLTO IERI L’ULTIMO SALUTO, IN UN CLIMA DI GRANDE COMMOZIONE,

ALLE SPOGLIE MORTALI DI SUOR LUCIA. IL SUO CORPO È STATO TRASLATO

AL GRANDE SANTUARIO MARIANO DI FATIMA

- A cura di Riccardo Carucci -

 

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LISBONA. = Suor Lucia riposa finalmente accanto ai cugini Giacinta e Francisco, con i quali visse la meravigliosa avventura delle apparizioni della Vergine a Fatima. I resti mortali di suor Lucia, che era sepolta nel monastero carmelitano di Santa Teresa a Coimbra, dove aveva vissuto in clausura dal 1948 fino alla morte, il 13 febbraio 2005, sono stati infatti traslati al Santuario di Fatima. Dopo un rosario davanti alla Cappella delle Apparizioni e una Messa eucaristica celebrata all’aperto dal vescovo di Leiria - Fatima, mons. Serafim de Sousa Ferreira e Silva, i resti mortali di suor Lucia sono stati inumati all’interno della Basilica accanto a quelli dei cugini. A differenza di Lucia, spirata quasi a 98 anni di età, i cugini Giacinata e Francisco morirono ancora bambini. Dopo l’inumazione, una processione ha chiuso le cerimonie del giorno, alle quali hanno assistito molte decine di migliaia di fedeli portoghesi e stranieri. Dopo la sua lunga e feconda avventura terrena, suor Lucia è tornata, dunque, come desiderava, a pochi metri dal luogo dell’apparizione della Vergine nel lontano 1917 e a poca distanza dal villaggio di Aljustrel, dove erano nati sia lei che gli altri due pastorelli di Fatima. Questa cerimonia ha dato l’avvio ad un lungo periodo di celebrazioni per il 90.mo anniversario delle apparizioni, l’anno prossimo: anno che vedrà anche l’inaugurazione della nuova chiesa di Fatima dedicata alla Santissima Trinità e che sarà la più grande Chiesa del Portogallo. Intanto, non si nasconde tra i fedeli il desiderio di una rapida beatificazione di suor Lucia. I suoi cugini furono beatificati nel 2000, 80 anni dopo la morte. Per suor Lucia si spera in un periodo più breve e già si accumulano testimonianze di miracoli e intercessioni.

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SALVE 50 PERSONE TRE GIORNI DOPO LA FRANA AVVENUTA NELL’ISOLA DI LEYTE,

NELLE FILIPPINE, MA SONO ANCORA DIVERSE CENTINANIA I DISPERSI

- A cura di Maria Grazia Coggiola -

 

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MANILA. = Tre giorni dopo la frana che ha investito due villaggi delle Filippine, almeno 50 persone sono state tratte in salvo dalle macerie di una scuola. Le operazioni di soccorso sono state condotte da soldati americani dopo una serie di rumori provenienti dall’area ricoperta dai resti della scuola. Nell’edificio si trovavano, al momento della tragedia, almeno 240 persone. Dopo questo salvataggio, più di 1300 persone risultano ancora disperse a 72 ore dalla gigantesca frana che ha completamente sommerso un villaggio nel centro delle Filippine. Secondo notizie non confermate, all’appello mancherebbero anche altri abitanti di alcuni villaggi adiacenti. Dal fango finora sono state recuperate vive oltre 400 persone dalle squadre di soccorso che sono giunte numerose sul luogo della tragedia. Ma i metri di terra e di detriti e la mancanza di corrente elettrica rendono particolarmente ardue le operazioni di soccorso. Come ha detto il ministro della Difesa filippino, è però necessario continuare a scavare perché potrebbero ancora esserci superstiti. Intanto, continuano le polemiche sulle cause del disastro, legate alle piogge record di queste settimane, ma anche la deforestazione illegale, secondo i responsabili locali di Greenpeace.

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GRAVE EMERGENZA ALIMENTARE IN AFRICA: SICCITÀ E CARESTIA CONTINUANO

 A SCONVOLGERE KENYA, ETIOPIA E SOMALIA. SECONDO UNO STUDIO AMERICANO,

ENTRO IL 2015, SARANNO PIÙ DI 100 MILIONI LE PERSONE COLPITE NEL MONDO

DAL DRAMMA DELLA FAME

 

NAIROBI, ADDIS ABEBA. = Il dramma della siccità e il conseguente flagello della carestia continuano ad affliggere diversi territori del Corno d’Africa. I Paesi più colpiti sono Kenya, Etiopia e Somalia. Nell’area nord orientale del Kenya, migliaia di persone e molte tribù nomadi dedite alla pastorizia hanno abbandonato le zone rurali a causa delle siccità e si sono riversate nei pressi della città di Garissa, quasi 400 chilometri a nord est di Nairobi. Il vescovo di Garissa, Paul Darmanin, ha riferito all’Agenzia MISNA che la città, abitata da oltre 200 mila persone, potrebbe raddoppiare la propria popolazione tra qualche settimana. Ma la situazione è già gravissima: non ci sono pascoli, l’acqua scarseggia e molte persone sono colpite da malattie e da una cronica scarsità di cibo. L’allarme è alto anche in Etiopia, dove la siccità e la carestia hanno innescato nuove tensioni: nel corso di scontri, scoppiati in un villaggio al confine con la Somalia, sono morte almeno 8 persone. Le principali cause di queste violenze tra clan e gruppi rivali, sono l’accesso all’acqua e l’utilizzo dei pascoli. Secondo stime fornite dalle Nazioni Unite, la siccità e la conseguente carestia costituiscono una grave minaccia per oltre 3 milioni di persone in Etiopia e in Somalia. A questo drammatico scenario si aggiunge, poi, l’allarme lanciato dagli scienziati dell’Associazione americana per lo sviluppo della scienza: gli studiosi, sostengono che entro il 2015, saranno più di 100 milioni le persone colpite, nel mondo, dal dramma della fame. Nello studio gli scienziati sottolineano, inoltre, che l’obiettivo delle Nazioni Unite di dimezzare il numero di quanti sono colpiti dalla malnutrizione sembra irraggiungibile senza adeguati investimenti finanziari. Di fronte a questo fosco scenario, si registrano comunque anche importanti progressi: Cina e Vietnam, ad esempio, hanno aumentato la disponibilità di cibo in maniera considerevole grazie al miglioramento delle infrastrutture e all’impiego delle nuove tecnologie per aumentare le superfici coltivabili. (A.L.)

 

 

AL VERTICE DEI MINISTRI DELL’AGRICOLTURA EUROPEI, LA FRANCIA APPOGGIA

LE RICHIESTE DELL’ITALIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA PER VENIRE IN AIUTO

DEGLI ALLEVATORI DANNEGGIATI DALL’ARRIVO IN EUROPA DELL'INFLUENZA AVIARIA. APPELLO DEL VESCOVO DI CESENA PER EVITARE FACILI ALLARMISMI

 

BRUXELLES. = La questione dell’influenza aviaria è stata al centro della riunione a Bruxelles fra i ministri dell’Agricoltura dei 25 stati-membri dell’Unione Europea. La Francia ha appoggiato le richieste dell'Italia alla Commissione europea per sostenere la produzione avicola, in crisi dopo il diffondersi del virus. Il ministro dell’Agricoltura italiano, Gianni Alemanno, ha chiesto che si intervenga per neutralizzare i focolai del virus anche al di fuori dell’Unione Europea. In Italia, in particolare, sono 16 i casi di influenza aviaria riscontrati in animali selvatici. Commentando questi casi, il vescovo di Cesena-Sarsina, Antonio Lanfranchi, ha lanciato un appello per “evitare facili allarmismi che fanno agire in base all’emotività”. Il presule ha espresso poi tutta la propria solidarietà verso chi è direttamente o indirettamente coinvolto in questa difficile situazione. “Condivido le preoccupazioni di chi si sia venuto a trovare in difficoltà per la perdita del lavoro o per i timori verso un futuro che si presenta assai incerto”, ha aggiunto mons. Lanfranchi. Il vescovo ha anche precisato che si devono garantire “i diritti dei cittadini all’informazione e alla tutela della salute pubblica”, ma si è augurato al tempo stesso che  “si possano mettere in campo tutti quegli accorgimenti in grado di evitare facili allarmismi”. (A.L.)

 

 

ESPLOSIONE IN UNA MINIERA IN MESSICO: SOLO 7 I MINATORI TRATTI IN SALVO,

OLTRE UNA SESSANTINA SONO INTRAPPOLATI, INVECE, IN UN CUNICOLO A 300 METRI SOTTOTERRA. LA SPERANZA DI TROVARLI IN VITA SI RIDUCE D’ORA IN ORA

 

CITTÀ DEL MESSICO. = Oltre 65 minatori sono rimasti intrappolati, a seguito di una violenta esplosione, avvenuta ieri in una miniera di carbone, nello stato di Cohaulla nel nord del Messico. Secondo fonti locali, all’origine dell’incidente, potrebbe esserci una fuga di grisou, ma per ora è solo un’ipotesi. Le cause, infatti, sono ancora da determinare. Le squadre di soccorso della polizia e della Croce Rossa, immediatamente accorse sul posto, hanno tratto in salvo solo sette minatori feriti, che al momento dell’esplosione si trovavano non lontani dall’uscita della miniera. I lavoratori rimasti intrappolati – riferisce il direttore del Gruppo industriale minerario proprietario della miniera - dispongono, invece, di una quantità limitata di ossigeno, sufficiente ancora per poche ore. Le squadre di soccorso non hanno ancora individuato la galleria investita dall’esplosione. Queste difficoltà hanno vanificato, finora, gli sforzi compiuti per raggiungere i minatori rimasti intrappolati. (A.E.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 febbraio 2006

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Emerso vincitore assoluto alle elezioni politiche del 25 gennaio, e teoricamente in grado di comporre un governo monocolore, Hamas avvia contatti con altre fazioni palestinesi in vista della formazione del nuovo esecutivo, la cui guida sarà affidata al capolista  Ismail Hanyeh. Nel tardo pomeriggio, è previsto l'atteso incontro fra Hanyeh e il presidente dell'Anp, Abu Mazen, giunto appositamente ieri da Ramallah a Gaza. Intanto, un deputato di Hamas accusa Israele di compiere “un genocidio silenzioso contro milioni di uomini, donne e bambini” nei Territori. E’ il commento alla decisione presa ieri dal governo di Olmert di sospendere i versamenti all'ANP dal giorno in cui il nuovo governo di Hamas otterrà la fiducia del parlamento di Ramallah. Ma perché colpire economicamente l’Autorità Nazionale Palestinese? Risponde, nell’intervista di Giada Aquilino, Marcella Emiliani, docente di Sviluppo politico del Medio Oriente all’Università di Bologna:

 

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R. – Per isolarla, in buona sostanza. Credo che sia uno strumento per spingere la leadership di Hamas ad entrare, comunque, in trattative con Israele. Il problema, però, è capire che effetti ha un isolamento o uno strangolamento economico dell’Autorità Nazionale Palestinese, su un movimento che fino ad oggi è andato avanti con una logica che è stata quella dello scontro frontale. Bisogna vedere se è la strategia giusta per portarlo a più miti consigli, o se invece non va a rafforzare le ali estremiste.

 

D. – Tra le misure adottate, anche il blocco delle entrate fiscali. Di cosa si tratta?

 

R. – Sono fondi che Israele incassa su tasse soprattutto di dogana e di commercio di import-export. Ricordiamo che l’Autorità Nazionale Palestinese non è uno Stato, non è ancora uno Stato, è uno Stato in fieri, non ha sovranità, soprattutto non ha controllo sulle frontiere che sono, appunto, di pertinenza ancora di Israele. Quindi Israele incassa questi fondi e poi annualmente li versa all’Autorità Nazionale Palestinese.

 

D. – Sono fondi che derivano da cosa?

 

R. – Dal commercio di prodotti agricoli, dal commercio di macchinari che vanno e che vengono, insomma. Ci sono anche tutte le esportazioni dell’Autorità Nazionale Palestinese: cioè, non dimentichiamo che l’Autorità Nazionale Palestinese ha un’economia che è soprattutto basata sull’agricoltura, per quello che riesce a stare in piedi, e ha comunque delle sue forme di commercio estero.

 

D. – Anche se non è stato bloccato il transito dei lavoratori pendolari palestinesi, con questi provvedimenti non si rischia di peggiorare la crisi economica palestinese?

 

R. – Assolutamente sì! Ricordiamoci sempre che sono proprio le condizioni di estrema precarietà economica che hanno dato fuoco all’Intifada, e sono una voce importante nella vittoria di Hamas.

 

D. – E a questo punto, cosa ci si deve attendere e da Israele e dall’Autorità Nazionale Palestinese e quindi da Hamas?

 

R. – Non dimentichiamo che Israele è in campagna elettorale. Quindi, Olmert è un po’ spinto ad essere duro in questo momento storico, proprio perché in ballo ci sono le elezioni. Io credo che finora tutti abbiano recitato la propria parte pirandelliana: Hamas non poteva che dire: “No, con Israele non tratto”, Israele non poteva che dire: “No, con i terroristi non si tratta”. E così ha fatto la comunità internazionale. Però, ormai un Parlamento è stato democraticamente insediato, quindi bisogna mettersi ad un tavolo e ragionare seriamente!

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A Nablus e nel vicino campo profughi di Balata un massiccio raid è diretto da ieri da forze militari israeliane in prevalenza contro i miliziani di al-Fatah e della Jihad islamica. Oggi i soldati hanno ucciso Ahmed Abu Sharah, un ingegnere specializzato nella confezione di ordigni, e un altro miliziano palestinese. Nella notte, sempre a Nablus, era stato ucciso il leader del braccio armato del movimento radicale palestinese Jihad islamica, Hamad Abu Sharif.

 

Sono almeno 12 le persone uccise dall'esplosione di un kamikaze all'interno di un minibus a Baghdad. Il quartiere Kadimiyah, dove è avvenuto l'attentato, è abitato in prevalenza da sciiti. A sud di Baghdad tre soldati americani sono stati feriti dall'esplosione di un ordigno al passaggio del loro convoglio fra le città sante di Kerbala e Najaf. Intanto, sono stati rilasciati, due contractor macedoni, che erano stati rapiti nei giorni scorsi nei pressi di Bassora.

 

“C'è ancora il tempo per trovare un compromesso tra le parti” sulla questione del nucleare. E’ quanto ha detto il ministro iraniano degli Esteri, Mottaki, a Bruxelles rilevando che “i tempi delle minacce sono terminati”. Su quanto si muove sul piano della diplomazia intorno a questa dichiarazione positiva, il nostro servizio:

 

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Mottaki, incontrando il titolare belga degli Esteri, ha detto di attendersi da Bruxelles “nuove proposte”. Mottaki ha in programma incontri anche con l'Alto rappresentante per la Politica estera UE Javier Solana e un'audizione davanti alla commissione per gli Affari esteri del Parlamento europeo. Intanto, una delegazione iraniana, con a capo Ali Hosseini Tash, numero due del Consiglio superiore della sicurezza nazionale, è arrivata stamattina a Mosca per cruciali consultazioni sulla proposta avanzata dal Cremlino nel  tentativo di risolvere la dirompente questione dei progetti  nucleari portati avanti da Teheran. Con l’appoggio di Stati Uniti ed Europa, la Russia si offre di arricchire sul proprio territorio l'uranio che serve all'Iran per le centrali atomiche. In cambio Teheran dovrebbe ritornare alla moratoria sulle ricerche nucleari, dissipando così il forte sospetto che in effetti punti alla  fabbricazione di ordigni atomici. Nei primi incontri previsti proprio in questi minuti, la delegazione iraniana ha come interlocutore principale il vicesegretario del Consiglio di Sicurezza russo, Valentin Soboliev. Che è già stato in missione a Teheran. Nel tardo pomeriggio la delegazione sarà ricevuta dal consigliere per la Sicurezza nazionale russo Igor Ivanov, affiancato dal vice ministro degli Esteri, Serghiei Kisliak.

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Almeno 18 persone sono rimaste uccise da sabato in scontri tra fazioni armate a Mogadiscio. Almeno 14 sono morte nel week-end, mentre quattro sono state uccise nella mattinata di oggi. Il numero dei feriti sembra sia molto alto. I combattimenti sono iniziati due giorni fa quando un gruppo di uomini armati ha cercato di erigere un posto di blocco e i miliziani pagati dai tribunali islamici hanno cercato di  impedirlo. I gruppi si sono affrontati nel quartiere Daynile, - nel sud della capitale somala - che è controllato da numerosi capiclan, anche con mortai e lanciarazzi.

 

Sono iniziati stamattina a Vienna i primi colloqui diretti fra serbi e albanesi del Kosovo sul futuro di questa provincia della Serbia meridionale. Attualmente è amministrata dall'ONU ma rivendica l’indipendenza. I colloqui hanno per oggetto ufficialmente la ''decentralizzazione'' della provincia serba. In realtà resta sullo sfondo la questione dell'indipendenza reclamata dagli albanesi che rappresentano il 90% della popolazione del Kosovo. I negoziati sul futuro statuto della provincia, pilotati dall'inviato speciale dell'ONU per il Kosovo, il finlandese Martti Ahtisaari, dovrebbero durare fino alla fine dell'anno. 

 

L'ex ministro italiano Roberto Calderoni, è indagato dalla Procura di Roma per l'ipotesi di reato di vilipendio alla confessione religiosa. L'indagine è stata avviata d'iniziativa dopo l'intervento di Calderoli alla trasmissione di Clemente Mimun durante la quale ha mostrato una maglietta con le vignette anti islamiche. Da parte sua, il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, ha dichiarato oggi che in una realtà internazionale complessa ora “occorre una strategia contro l'ignoranza e il fanatismo”. Lo ha fatto in occasione del forum economico in corso a Palermo. Fino a questo momento - ha sottolineato il vice premier - “abbiamo puntato sullo sviluppo economico e sociale. Bisogna invece fare un ulteriore sforzo per rimuovere soprattutto l'ignoranza e il fanatismo”.

 

E’ morto questa mattina Luca Coscioni, leader dell'Associazione che porta il suo nome e Presidente di Radicali Italiani. Coscioni era affetto da quasi dieci anni da sclerosi laterale amiotrofica e ha legato le sue battaglie politiche alle possibilità della ricerca. Tra tante dichiarazioni di cordoglio, c’è quella dei giovani dell’UDC che ricordano Luca Coscioni come uno straordinario esempio: pur limitato da una malattia invalidante è riuscito a fare tanto per se e per gli altri”. “Politicamente quasi mai condividevamo le stesse idee, - afferma Domenico Barbuto, segretario dei Giovani UDC - ma abbiamo sempre apprezzato la sua passione, il suo impegno e la sua grande forza di volontà”.

 

Oltre ventimila abitanti di Yibin, nella Cina occidentale, sono da quattro giorni senza acqua corrente a causa dell'inquinamento del fiume Yuexi. I rifornimenti sono stati sospesi dopo che sostanze tossiche come la fluorite e l'azoto sono stati trovati in grosse quantità nel fiume, dal quale proviene l'acqua usata nelle case. L'alto tasso d'inquinamento del fiume, secondo un funzionario del locale ufficio per la protezione dell'ambiente, potrebbe essere dovuto ad una fuga di materiale tossico da una vicina centrale elettrica. Fonti del Sepa, l'organismo incaricato della lotta all'inquinamento, affermano che dallo scorso novembre sono stati ricevute oltre 40 segnalazioni di incidenti ''gravi'' per le loro conseguenze sull’ambiente.

 

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