RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 48 - Testo della trasmissione di venerdì 17  febbraio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Di fronte al relativismo individualista, i cattolici sono chiamati a sviluppare il dialogo con una cultura tendenzialmente chiusa a Dio, aprendola ai valori della trascendenza: così, Benedetto XVI nell’udienza al Collegio degli scrittori della Civilta’ Cattolica

 

Il cordoglio del Pontefice per le vittime della disastrosa frana nelle Filippine, che ha causato centinaia di morti

 

Incontro oggi in Vaticano tra il ministro degli esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos e il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano

 

Il cardinale Renato Raffaele Martino a Cuba  rilancia  il dialogo  sulla base di quattro sfide: la vita, l’alimentazione, la pace e la libertà

 

Relazione dell’arcivescovo Giovanni Lajolo sulle sfide della diplomazia vaticana ai nostri giorni

 

Il cardinale Edmund Szoka presiede nella Cappella Sistina la Messa per i 500 anni dei Musei Vaticani: intervista con Francesco Buranelli, direttore dei Musei

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Dopo l’elezione del nuovo presidente, Haiti cerca le vie della pace e dello sviluppo: ai nostri microfoni, mons. André Dumas

 

CHIESA E SOCIETA’:

Appello della Caritas Internationalis: in Africa orientale la carestia minaccia   8 milioni di persone

“Un mondo senza povertà è possibile!”: lo afferma il Consiglio Ecumenico delle Chiese

 

Appello dei vescovi peruviani in occasione delle prossime elezioni presidenziali

 

Conclusa ad Algeri la Riunione della Conferenza dei vescovi della Regione Nord dell’Africa (CERNA)

 

110mila contagiati e 52 morti il bilancio dell’epidemia della cosiddetta “malattia dell’uomo piegato” che ha colpito l’isola francese de La Réunion

 

L’ecumenismo al centro della Conferenza internazionale di adorazione e lode che si svolgerà a Bari sabato e domenica

 

 

24 ORE NEL MONDO:

Anche  Berlino e Londra, dopo ONU e Parlamento europeo, chiedono agli Stati Uniti  di chiudere il centro di detenzione di Guantanamo

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 febbraio 2006

 

 

DI FRONTE AL RELATIVISMO INDIVIDUALISTA, I CATTOLICI SONO CHIAMATI

A SVILUPPARE IL DIALOGO CON LA CULTURA APRENDOLA AI VALORI

DELLA TRASCENDENZA: COSI’, BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA AL COLLEGIO

 DEGLI SCRITTORI DELLA CIVILTA’ CATTOLICA

 

Divulgare la verità della fede cristiana nel dibattito culturale contemporaneo: così, Benedetto XVI ai padri gesuiti che fanno parte del Collegio degli Scrittori della Civiltà Cattolica, ricevuti in udienza stamani nella Sala dei Papi. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal preposito generale dei gesuiti, padre Hans Kolvenbach. L’incontro con gli scrittori della rivista fondata 155 anni fa da padre Carlo Maria Curci ha offerto al Pontefice l’occasione per ribadire i rischi insiti in una cultura individualista chiusa a Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Per “essere fedele alla sua natura e al suo compito”, la Civiltà Cattolica non manchi di rinnovarsi continuamente “leggendo correttamente i segni dei tempi”. E’ l’esortazione rivolta da Benedetto XVI al Collegio degli Scrittori della storica Rivista voluta da Pio IX, per la quale ha espresso apprezzamento, riconoscendone l’utilità per il bene della Chiesa e la costante fedeltà alle direttive del Magistero. D’altro canto, il Papa ha sottolineato come non ci si possa “dispensare dalla ricerca di nuovi approcci alla situazione storica” in cui viviamo per presentare in forme efficaci il Vangelo della Salvezza. Impegno ancor più urgente dinanzi alle spinte relativiste che caratterizzano la società odierna:

 

“Oggi va sempre più affermandosi una cultura caratterizzata dal relativismo individualista e dallo scientismo positivista; una cultura, quindi, tendenzialmente chiusa a Dio e alla sua legge morale, anche se non sempre pregiudizialmente avversa al cristianesimo. E’ grande perciò lo sforzo che i cattolici sono chiamati a compiere per sviluppare il dialogo con la cultura odierna e aprirla ai valori perenni della Trascendenza”.

 

E’ questo uno sforzo, ha detto il Pontefice, “in cui il credente si avvale degli strumenti offerti dalla fede e dalla ragione: strumenti a prima vista poco adeguati, ma resi efficaci dalla potenza di Dio, che segue strade lontane dal potere e dal successo”. D'altra parte, ha aggiunto non va dimenticato che “oggi nel mondo ci sono anche tanti segni di speranza, frutto dell'azione dello Spirito nella storia”.E qui Benedetto XVI ha citato “la nuova sensibilità per i valori religiosi”, “la rinnovata attenzione nei confronti della Sacra Scrittura”, “il rispetto dei diritti umani in misura ben maggiore di quanto avveniva anche in un passato recente, la volontà di dialogo con le altre religioni”. Segni di speranza che trovano in Cristo la loro sorgente:

“In particolare, la fede in Gesù può aiutare molti a cogliere il senso della vita e dell'avventura umana, offrendo loro quei punti di riferimento che spesso mancano in un mondo tanto frenetico e disorientato”.

 

Il Papa non ha così mancato di indicare quale sia la missione di una rivista di cultura come La Civiltà Cattolica:

 

“Partecipare al dibattito culturale contemporaneo, sia per proporre, in modo serio e nello stesso tempo divulgativo, le verità della fede cristiana in maniera chiara e insieme fedele al Magistero della Chiesa, sia per difendere senza spirito polemico la verità, talvolta deformata anche attraverso accuse prive di fondamento alla comunità ecclesiale”.

 

Quindi, a conclusione del suo intervento, ha indicato il Concilio Vaticano II come faro sulla strada che La Civiltà Cattolica è chiamata a percorrere:

 

“Le ricchezze dottrinali e pastorali che esso contiene - e, soprattutto, l’ispirazione di fondo - non sono state ancora assimilate appieno dalla comunità cristiana, anche se sono passati 40 anni dalla sua conclusione. Indubbiamente esso ha dato alla Chiesa un impulso capace di rinnovarla e di disporla a rispondere in modo adeguato ai problemi nuovi che la cultura contemporanea pone agli uomini e alle donne del nostro tempo”.

 

Dal canto suo, il preposito generale dei gesuiti, padre Hans Kolvenbach ha ringraziato il Papa per aver concesso l’udienza alla comunità della Civiltà Cattolica. Un incontro, ha detto, che è “per tutti noi un segno di apprezzamento per il lavoro che la nostra rivista compie a servizio della Santa Sede, alla quale la unisce da sempre un particolare vincolo di adesione e, insieme, un incoraggiamento a proseguire con alacrità nel nostro umile servizio”.

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Il Papa dunque ha invitato a proporre le verità della fede cristiana in modo chiaro ma con uno stile  dialogante. Ascoltiamo in proposito padre Gianpaolo Salvini, direttore di Civiltà Cattolica dal 1985:

 

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Credo che sia nostro compito precipuo, questo sforzo di dialogo nella linea che la Chiesa ha adottato dopo il Concilio Vaticano II. In passato la rivista non è stata sempre di dialogo, alle volte è stata di difesa accanita, di polemica, che era del resto lo stile del giornalismo di altri tempi. Adesso ci si adatta molto volentieri a questo nuovo stile di incontro; cercare di capire le ragioni degli altri ed esporre le nostre con molta chiarezza ma anche con molto rispetto per le posizioni altrui.

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Da un secolo e mezzo al servizio della Chiesa, la rivista diretta dai padri gesuiti rappresenta uno strumento unico per la qualità dei suoi contributi e il particolare legame con la Santa Sede. Un profilo de La Civiltà Cattolica nel servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La Civiltà Cattolica fu fondata a Napoli da un gruppo di gesuiti, i quali dopo il primo numero - stampato il 6 aprile 1850 - a causa della censura oppressiva dei Borboni, furono costretti a trasferirsi a Roma. È dunque la più antica di tutte le riviste italiane ancora attive. Esce il primo e il terzo sabato del mese, 24 quaderni l’anno per complessive 2.500 pagine. Ispiratore e primo direttore della rivista fu padre Carlo Maria Curci, ma a volerla fu soprattutto Pio IX, in quel momento esule a Gaeta. L’intenzione di Papa Mastai Ferretti era di disporre di uno strumento adatto a difendere il pensiero cattolico; ma poiché — pensava padre Curci — “il giornalismo dell’epoca era figlio della Rivoluzione francese e diffondeva le nuove idee liberali, agnostiche e antireligiose, bisognava combattere il nemico con le stesse armi, contrapponendo giornale a giornale, periodico a periodico”. L’idea che spinse alla fondazione della rivista fu perciò quella di difendere “la civiltà cattolica”, minacciata dai nemici della Chiesa. I cattolici avvertirono subito nella nuova rivista una voce franca e battagliera in difesa della fede e del Papato, tanto più che, dopo il passaggio della redazione da Napoli a Roma, La Civiltà Cattolica assunse sempre più il carattere dì interprete fedele del pensiero e delle direttive della Santa Sede.

 

 Rispetto al passato, oggi è cambiato profondamente lo stile della rivista, non più polemico, con una varietà assai maggiore di argomenti trattati. Ma il cambiamento più radicale sta nel fatto che essa cerca di porsi non più in opposizione ma “in dialogo” col mondo moderno, senza venire meno alla verità cristiana e senza compromessi, ma cercando di instaurare un dialogo tra fede e cultura. Nonostante questi cambiamenti, La Civiltà Cattolica conserva invariato il suo particolare rapporto, di “sintonia”, con la Santa Sede, che fa parte della sua identità. Quando il fascicolo della rivista è ancora in bozze viene inviato alla Segreteria di Stato della Santa Sede per l’approvazione definitiva. Il giudizio riguarda essenzialmente tre punti: la conformità degli articoli pubblicati sulla rivista con l’insegnamento ufficiale della Chiesa in materia di fede e di morale; la conformità o almeno la non sostanziale difformità con gli indirizzi seguiti dalla Santa Sede nei confronti degli Stati; l’opportunità o meno di pubblicare taluni articoli in particolari situazioni.

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IL CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME

 DELLA DISASTROSA FRANA NELLE FILIPPINE,

 CHE HA CAUSATO CENTINAIA DI MORTI

 

Il Papa esprime profondo cordoglio per le vittime della frana che nel villaggio di Guinsaugon, nelle regione centrale delle Filippine, ha causato centinaia di morti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, indirizzato al vescovo di Maasin, mons. Precioso Cantillas, il Pontefice esprime la sua vicinanza spirituale a quanti sono provati da tale tragedia. Prega inoltre affinché gli aiuti ai sopravvissuti del disastro siano “rapidi” e “generosi”.

 

Benedetto XVI incoraggia infine chi si sta adoperando in queste ore per portare sollievo alle vittime ed assicura le sue preghiere a quanti soffrono, impartendo a tutti la sua benedizione apostolica.

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Stamane il Papa ha ricevuto in successive udienze alcuni presuli in visita “ad Limina”: mons. Maixent Coly, vescovo di Ziguinchor (Senegal); mons. Martin Albert Happe, vescovo di Nouakchott (Mauritania); mons. Arlindo Gomes Furtado, vescovo di Mindelo (Capo Verde); mons. Paulino do Livramento Évora,vescovo di Santiago de Cabo Verde (Capo Verde); mons. Carlos Pedro Zilli, vescovo di Bafatá (Guinea Bissau); mons. José Câmnate na Bissign, vescovo di Bissau (Guinea Bissau).

 

Nel pomeriggio, il Santo Padre riceverà l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

        

In Italia, il Santo Padre ha nominato ausiliare del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla mons. Lorenzo Ghizzoni, attualmente rettore del Seminario vescovile diocesano e vice-direttore del Centro Nazionale Vocazioni, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ottana. Mons. Ghizzoni è nato a Cognento (comune di Campagnola, nella Provincia di Reggio Emilia) il 3 aprile 1955. E’ stato ordinato sacerdote il 14 settembre 1979. Dopo l’ordinazione ha proseguito gli studi alla Pontificia Università Gregoriana, conseguendo la Licenza in Diritto Canonico e in Psicologia. Rientrato in diocesi nel 1984, ha assunto l’insegnamento di Diritto Canonico nel Seminario diocesano di Reggio Emilia e di Psicologia nell’Istituto di Scienze Religiose della stessa città. Dal 1984 al 1994 ha ricoperto anche l’incarico di vice-cancelliere in Curia e, dal 1986 al 1996, è stato direttore del Servizio diocesano Vocazioni. Dal 1987 è Difensore del Vincolo nelle cause matrimoniali del Tribunale Ecclesiastico. E’ anche docente all’Istituto Superiore per Formatori sponsorizzato dalla Pontificia Università Gregoriana. Dal 1998 è Assistente diocesano dei Giuristi Cattolici.

 

Infine, il Santo Padre ha concesso il suo assenso all’elezione canonicamente fatta il 7 febbraio 2006 dal Sinodo della Chiesa Greco-Melkita cattolica, riunitosi a Ain Traz dal 6 all’11 febbraio, dell’archimandrita Elias Chacour, finora parroco di Ibillin e presidente di Mar Elias Educational Institutions, ad arcivescovo di Akka dei greco-melkiti cattolici. L’archimandrita Elias Chacour è nato nel 1939 a Biram, in Galilea. Nel 1958, dopo aver compiuto gli studi secondari a Nazareth è stato inviato a Parigi dove ha compiuto gli studi teologici e biblici presso il Seminario di San Sulpizio e presso la Sorbona. Il 24 luglio 1965 è stato ordinato presbitero a Nazareth. Per un breve tempo è stato destinato alla parrocchia greco-melkita di Ibillin, paesino della Galilea. Nel 1968, come primo palestinese, ha conseguito la laurea all’Università Ebraica di Gerusalemme in studi biblici e talmudici. Nel 1972 ha ottenuto il dottorato in Teologia ecumenica all’Università di Ginevra. In seguito ha ricevuto 6 lauree Honoris causa da università europee e soprattutto americane. Nel 2001 gli è stato conferito il titolo di archimandrita. Successivamente è stato parroco a Nazareth, economo eparchiale e parroco a Ibillin. In quell’ultima località ha fondato il centro educativo "Mar Elias" che oggi conta 4.000 studenti.

 

 

INCONTRO OGGI IN VATICANO TRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO

MIGUEL ÁNGEL MORATINOS E IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO ANGELO SODANO

 

Oggi il Ministro degli Esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos, ha reso visita in Vaticano al cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. “Nel corso del cordiale incontro – afferma in una nota  la Sala Stampa vaticana – sono stati passati in rassegna diversi argomenti riguardanti i rapporti bilaterali ed altri problemi attinenti la vita della Chiesa in Spagna nell’attuale situazione. La visita ha permesso uno scambio di vedute sulla situazione internazionale, particolarmente su Medio Oriente ed America Latina”. Il Ministro degli Esteri – prosegue la nota – “ha assicurato la più ampia disponibilità del Governo di Spagna ad accogliere il Santo Padre nella sua visita a Valencia, nel prossimo mese di luglio, in occasione del V Incontro Internazionale delle Famiglie”. Moratinos ha quindi invitato la Santa Sede ad appoggiare l’iniziativa del Governo spagnolo per “Una Alianza de Civilizaciones entre el mundo occidental y el mundo árabe y musulmán”.

 

 

IL CARDINALE RENATO MARTINO HA PRESENTATO A CUBA

IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA CATTOLICA

 

Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha presentato ieri a Cuba  il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. La visita avviene mentre sono in corso  all’Avana le celebrazioni per il  XX anniversario dell’Incontro Nazionale  Ecclesiale Cubano. Per questa occasione il Papa ha inviato un messaggio ribadendo l’invito di Giovanni Paolo II: “Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. Il servizio di Paolo Scappucci:

 

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Il Compendio non solo costituisce una completa e organica sintesi dell’insegnamento sociale della Chiesa, ma è anche uno strumento formidabile di apertura e di dialogo con i credenti di altre fedi religiose e con tutti gli uomini di buona volontà per la realizzazione del bene comune in campo sociale e politico, sulla base dei condivisi valori fondamentali di umanità, di rispetto della dignità di ogni persona, e della comune aspirazione allo sviluppo, alla riconciliazione e alla pace.  

 

Il cardinale Martino lo ha sottolineato ieri nella concelebrazione di apertura della grande assise ecclesiale cubana, quando il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Ortega, ha dato lettura del messaggio papale, e soprattutto nella relazione introduttiva e nella lezione magistrale che sono seguite, sempre ieri mattina e ieri sera, per la presentazione del Compendio.

 

Egli ha evidenziato che la dottrina sociale della Chiesa prende in considerazione l’uomo  in tutte le sue concrete necessità, materiali e spirituali, e si propone di indicare il senso profondo della nostra vita comune, della nostra lotta per la giustizia, della nostra sofferenza per lacerazioni e i ritardi della pace. In troppi Paesi – ha  detto il porporato – non si è ancora giunti a soddisfare le esigenze di giustizia relative ai diritti più elementari come l’accesso all’acqua potabile, un’abitazione dignitosa, la previdenza e l’assistenza sanitaria di base, mentre in altri si rivendica il soddisfacimento di diritti sofisticati cosiddetti di “nuova generazione”, come la riservatezza o il libero uso del superfluo. La solidarietà precede i diritti individuali e li fonda, la stessa libertà non è fine a se stessa ma in funzione dell’impegno per gli altri.

 

Il Presidente di Giustizia e Pace si è soffermato in particolare su quattro sfide, terreno del comune impegno tra credenti e non  credenti, a favore dell’uomo sotto tutte le latitudini. Anzitutto la sfida cruciale per la vita, da difendersi senza se e senza ma dal concepimento alla conclusione naturale, con particolare attenzione  alla famiglia, chiave di volta del futuro dell’umanità. Poi la sfida dell’alimentazione, con la lotta alla denutrizione e alla povertà, che richiede lo sforzo solidale di tutti i Paesi ricchi e l’intelligente e onesto impegno di quelli in via di sviluppo, bandendo corruzione e malgoverno. La sfida della  pace, che si vince con l’attuazione della giustizia, della riconciliazione, del dialogo, cessando la corsa agli armamenti a vantaggio degli aiuti alla cooperazione. Infine la sfida della libertà, con in testa la libertà religiosa, fondamento di tutte le altre libertà.

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LE SFIDE DELLA DIPLOMAZIA VATICANA AI NOSTRI GIORNI:

LIBERTA’ RELIGIOSA, PACE, SVILUPPO E DIRITTI UMANI.

I PUNTI CALDI DEL PIANETA E LE QUESTIONI URGENTI:

IL DISARMO NUCLEARE E LA DIFESA DELLA FAMIGLIA

 

“Uno sguardo sulla diplomazia vaticana, oggi”, sotto la guida dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, che ieri pomeriggio ha tenuto una conversazione, organizzata dal “Circolo di Roma” presso il Palazzo Diaconale di Santa Maria in Cosmedin, nel cuore della Città eterna. Il servizio è di Roberta Gisotti:

 

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Una sguardo a 360 gradi sulla più antica diplomazia nel mondo, con caratteri certo peculiari, ha spiegato l’arcivescovo Lajolo. Un’attività in grande espansione nell’ultimo quarto di secolo scorso. Ad oggi sono 174 i Paesi che vantano piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, cui si aggiungono l’Ordine di Malta e le Missioni Speciali della Federazione russa e dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. 101 le Rappresentanze pontificie presso gli Stati e 15 presso le Organizzazioni internazionali. In tutto circa 250 i nunzi, gli osservatori e il personale ecclesiastico nelle sedi diplomatiche, di 50 nazionalità.

 

Ma quali sono gli interessi prioritari della diplomazia vaticana? Anzitutto – ha risposto l’arcivescovo Lajolo – lo status della Chiesa cattolica nei vari Stati, in particolare l’aspetto della “libertà religiosa”. E, da qui la rilevanza dei Concordati: in vigore ce ne sono 160. Tra i temi controversi, specie in Italia – ha sottolineato – è quello della laicità dello Stato che limiterebbe – secondo un’errata interpretazione – la possibilità per gli esponenti della Chiesa cattolica di intervenire su questioni di carattere socio-politico, che hanno spesso implicazioni morali religiose, per cui tali interventi non possono essere intesi come limite all’autonomia della Stato che resta indipendente nelle sue decisioni, ha ribadito il presule.

        

Altri ambiti d’interesse per nunzi e osservatori sono in generale la pace, lo sviluppo, i diritti umani, il dialogo ecumenico e interreligioso. Riguardo poi ai “punti caldi” del Pianeta che più impegnano al momento la diplomazia vaticana, l’arcivescovo Lajolo ha indicato: la Terra Santa, Israele, il Libano, l’Iraq, e poi in Africa la zona del Darfur in Sudan e la regione dei Grandi Laghi. Ma ci sono molti altri Paesi che preoccupano anche in Europa, come la Bosnia Erzegovina ed il Kosovo o in America Latina, Haiti. Menzione particolare poi per la critica situazione dei cristiani in diversi Paesi dell’Asia, soprattutto in Cina, e “le gravi limitazioni che non pochi regimi islamici – ha denunciato il presule - pongono alla vita della Chiesa cattolica”.

 

Tra altre questioni più urgenti per la missione diplomatica vaticana sono i negoziati per il disarmo nucleare e l’interdizione degli esperimenti atomici, “per cui – ha lamentato il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati - ci trova oggi in una situazione di stallo” che vede le potenze nucleari divergere sul rapporto armi-sicurezza; c’è poi la difesa della famiglia di fronte al tentativo in molti Paesi dell’area occidentale e in alcune organizzazioni internazionali di snaturarne il significato naturale attribuendo lo stesso valore alle unioni omosessuali. “Si tratta - ha stigmatizzato l’arcivescovo Lajolo - di “un’involuzione che tocca il fondamento stesso della civiltà umana.

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IL CARDINALE SZOKA PRESIEDE NELLA CAPPELLA SISTINA

LA SANTA MESSA PER I 500 ANNI DEI MUSEI VATICANI

- Intervista con Francesco Buranelli -

 

Messa oggi pomeriggio nella Cappella Sistina in occasione dei 500 anni dei Musei Vaticani. La presiede il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Martedì scorso sono state presentate tutte le iniziative che i Musei Vaticani promuovo quest’anno per celebrare il 5° centenario: tra queste, i nuovi allestimenti del Museo Cristiano e del Museo Missionario Etnologico, il restauro dei dipinti murali del Pinturicchio nell’Appartamento Borgia, l’apertura del  nuovo settore della necropoli Romana  lungo la Via Triumphalis e infine  la Mostra dedicata al Laocoonte, il gruppo marmoreo scoperto nel 1506 sul Colle Oppio e portato nel Palazzetto del Belvedere in Vaticano, nucleo originario dei Musei. Ascoltiamo in proposito il direttore dei Musei Vaticani, Francesco Buranelli, intervistato da Emer McCarthty:

 

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R. – Per la scoperta del Laocoonte siamo fortunatissimi perché abbiamo un vero e proprio intervento di un cronista dell’epoca e non era un cronista qualunque, era Francesco da San Gallo, figlio del noto architetto Giuliano da San Gallo, che all’epoca stava lavorando per Giulio II per la sistemazione della Basilica e del Palazzo Apostolico. Fu talmente grande l’eco della scoperta di questa scultura che avvenne, appunto, sul Colle Oppio a Roma, che arrivò subito all’orecchio del Papa. Giulio II incaricò un palafreniere di far andare sul posto Giuliano da San Gallo, il quale vi portò Michelangelo, col quale stava lavorando, e il piccolo Francesco che, 60 anni dopo, raccontò proprio l’emozione di quella scoperta, tanto è vero che il padre si portò proprio a cavalcioni il figliolo, così lo racconta 60 anni dopo Francesco da San Gallo. Appena arrivarono sul posto si accorsero che la scultura rappresentava il Laocoonte di cui fa menzione Plinio. Il Papa, a questa notizia, lo volle subito in Vaticano. Già era collezionista, non aveva portato ancora le sue sculture private in Vaticano, ma quell’acquisto portò di conseguenza un arricchimento e un trasporto in Vaticano di tante altre sculture importanti che formarono subito quel nucleo che venne definito il Cortile delle statue. Da questo nucleo nacquero poi, attraverso tanti illuminati Pontefici e acquisizioni di opere d’arte e di collezioni, i Musei Vaticani.

 

D. – Papa Giovanni Paolo II, nell’inaugurazione della nuova Porta di Cecco Buonanotte, disse che questa Porta era una delle più importanti perché apriva la Santa Sede  sul mondo. E’ tuttora vera oggi questa affermazione? Quale ruolo hanno i Musei nel rappresentare la Chiesa e la società di oggi?

 

R. – E’ assolutamente attuale ancora oggi il discorso di Giovanni Paolo II che lo pronunciò nel febbraio del 2000, in occasione dell’inaugurazione del nuovo ingresso dei Musei Vaticani. I Musei Vaticani sono realmente una delle porte della Santa Sede aperte sul mondo, proprio perché il collezionismo pontificio, la committenza pontificia attraverso i secoli ha sempre cercato attraverso l’arte di far conoscere il messaggio evangelico e l’arte in questo indubbiamente aiuta la conoscenza.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “Partecipare al dibattito culturale contemporaneo per proporre le verità della fede cristiana in maniera chiara e fedele al Magistero della Chiesa”: il discorso di Benedetto XVI al Collegio degli Scrittori de “La Civiltà Cattolica”.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Africa.

 

Servizio estero - Filippine: centinaia di dispersi per frane causate dalle piogge.

Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, suggerisce di chiudere Guantanamo “il prima possibile”. Secondo l’amministrazione USA i detenuti nella prigione “vengono trattati umanamente”.

 

Servizio culturale - Un articolo del cardinale Carlo Maria Martini dal titolo “Alla ‘scuola dell’amore di Dio’”: un volume postumo di Tommaso Federici.

Un articolo di Marcello Filotei dal titolo “Nei quotidiani rintocchi della ‘Maria Dolens’ l’incessante monito per un futuro senza guerre”: a Rovereto una mostra ricostruisce gli ottant’anni di storia della Campana della pace.

 

Servizio italiano - In primo piano l’influenza aviaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 febbraio 2006

 

 

LE SPERANZE DI HAITI DOPO L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE

- Intervista con mons. André Dumas -

 

Haiti ha un nuovo presidente. Si tratta di René Preval, candidato della Piattaforma Speranza. Secondo i dati forniti dal Consiglio elettorale provvisorio Preval ha ottenuto la maggioranza assoluta con il 51,15% dei voti, rendendo così inutile il ballottaggio. Nei giorni scorsi migliaia di sostenitori di Preval erano scesi in piazza minacciando una escalation di violenza qualora il loro candidato non fosse stato proclamato vincitore. Anche il Primo Ministro, Gerard Latortue, ha confermato i risultati salutando Preval come nuovo presidente di Haiti. Ma ascoltiamo le impressioni di mons. André Dumas, vescovo ausiliare di Port-au-Prince, raggiunto telefonicamente da Lucas Duran:

 

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R. – Chiunque ha vinto queste elezioni deve mettersi molto seriamente a lavorare. Bisogna ricomporre il Paese, rifondare le istituzioni e soprattutto bisogna normalizzare la vita. Ci sono delle sfide che aspettano il vincitore delle elezioni e sono tante. Abbiamo un Paese quasi distrutto, la Nazione divisa, quindi ci sono problemi molto spinosi che aspettano chi ha vinto le elezioni.

 

D. – Eppure gli oppositori di René Preval lo presentavano come la controfigura del deposto presidente Aristide…

 

R. – Personalmente credo che bisogna sapere andare al di là dei propri sentimenti, delle proprie passioni. Occorre approfittare di questa situazione per dare una nuova svolta al Paese e non ritornare ai contenziosi passati, i problemi che hanno sempre diviso il paese. Bisogna considerare che da tantissimi anni il popolo haitiano sta vivendo un calvario, è quasi un popolo crocifisso dalla storia. Il servizio che possono rendere i politici è proprio quello di portare una nuova speranza, ma una speranza che abbia delle radici, una speranza che non sia di parole, ma una speranza che possa davvero riconciliare gli haitiani tra di loro. Questo è un lavoro molto impegnativo, per questo credo che non si tratta neanche di proclamare chi sia il vincitore o il perdente. Penso che dobbiamo metterci tutti d’accordo per far vincere il Paese.

 

D. – Quali sono le priorità che dovrà affrontare il nuovo presidente?

 

R. – Una priorità è di aiutare la nazione a pacificarsi, a risolvere le tensioni ormai secolari, i contenziosi storici, evitare che ci siano esclusioni. In questo senso l’esclusione può venire sia da chi ha vinto o sia da chi ha il potere economico. Quindi cercare le vie di riconciliazione per la Nazione. La prima sfida è proprio questa. Una seconda cosa è che Haiti, fino adesso, è sempre stata identificata con Port-au-Prince, la capitale. Occorre avviare delle riforme per dare una maggiore autonomia alle grandi province che ci sono, in modo che la gente in campagna, la gente della provincia possa vivere in modo adeguato. Un’ultima cosa, penso che bisogna mettersi subito a lavorare perché c’è tanta disoccupazione e la disoccupazione crea criminalità e poiché in questi ultimi anni siamo stati molto colpiti dalla criminalità occorre offrire un’alternativa ai nostri giovani.

 

D. – Quale deve essere, secondo lei, il ruolo della comunità internazionale in questa fase?

 

R. – La comunità internazionale, che ha iniziato ad accompagnare il Paese durante il processo elettorale e anche prima, non può pensare che tutto si sia risolto con le elezioni. Ora occorre supportare questa giovane democrazia che sta prendendo corpo, fornendo tutto l’aiuto necessario a livello economico, ma soprattutto portando la gente a prendere in mano la propria responsabilità, il proprio destino.

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CHIESA E SOCIETA’

17 febbraio 2006

 

 

FORTE APPELLO DI CARITAS INTERNATIONALIS AD AIUTARE LE POPOLAZIONI DELL’AFRICA ORIENTALE COLPITE DA SICCITA’ E CARESTIA: “OCCORRONO ALMENO

UN MILIONE E 200 MILA DOLLARI PER IL KENYIA E 45 MILA DOLLARI PER DJIBOUTI”

- A cura di Roberta Moretti -

 

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ROMA. = Otto milioni di persone senza cibo a causa della siccità in Kenya, Etiopia, Somalia e Djibouti: sono le drammatiche cifre fornite da Caritas Internationalis, che in questi giorni ha lanciato due appelli a raccogliere un milione e 200 mila dollari per il Kenya e 45 mila dollari per Djibuti. In Kenya, dove la carestia mette in pericolo la vita di 3 milioni e mezzo di persone, la Caritas locale ha elaborato un programma di aiuti alimentari destinato a 45 mila kenyioti. 14 mila di questi, soprattutto bambini denutriti, donne incinte e che allattano, riceveranno anche cibo altamente nutritivo. Il progetto, portato avanti insieme alla britannica Cafod e al Catholic Relief Services, è destinato in particolare a coloro che attualmente non ricevono aiuti dai governi o dalle organizzazioni internazionali. A Isiolo, ad esempio, “una delle zone più colpite dalla siccità, le razioni governative raggiungono solo il 10 per cento delle persone e – ha sottolineato Caritas Kenya – i più denutriti sono troppo deboli per raggiungere i centri di distribuzione del cibo”. In più, ad oltre 18 mila agricoltori saranno distribuiti semi di piante resistenti alla siccità, in attesa delle prossime piogge. Per quanto riguarda Djibouti, invece, sono circa 150 mila le persone che hanno bisogno di aiuti alimentari, soprattutto tra coloro che vivono di pastorizia e che quindi dipendono dall’erba della prateria per sfamare gli animali. Occorrono dunque almeno 45 mila dollari, perché la Caritas locale possa realizzare il suo programma e distribuire aiuti a 200 famiglie, attraverso l’aiuto delle missioni cattoliche nel Paese.

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“UN MONDO SENZA POVERTA’ È POSSIBILE!”: E’ QUANTO AFFERMANO I RAPPRESENTANTI DI 340 CHIESE CRISTIANE, RIUNITI IN QUESTI GIORNI A PORTO ALEGRE, IN BRASILE, PER LA IX ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE

 

PORTO ALEGRE. = “Un mondo senza povertà è non solo possibile, ma è in accordo con la grazia di Dio per il mondo”: si apre con questa affermazione l’appello “all’amore e all’azione” lanciato ieri pomeriggio a Porto Alegre, in Brasile, dai rappresentanti delle 340 Chiese cristiane riunite per la IX Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Nell’appello, redatto dalla Commissione “Giustizia, pace e creato”, i responsabili delle Chiese esprimono la loro preoccupazione di fronte alla “ineguaglianza crescente, alla concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi e alla distruzione del pianeta, il tutto aggravato dallo scandalo della povertà del Sud che si sta espandendo anche al Nord”. “Riuniti a Porto Alegre, luogo che ha accolto il Social Forum mondiale – spiegano i partecipanti – siamo incoraggiati dal messaggio costruttivo e positivo” lanciato dai quei movimenti che “ci dicono che altre soluzioni sono possibili”. Le Chiese chiamano tutti ad agire su vari fronti. Il primo “impegno” è per “l’eliminazione della povertà e dell’ineguaglianza, sviluppando economie di solidarietà”. Riguardo al commercio, le Chiese chiedono “giustizia nelle relazioni commerciali internazionali” e una più stretta collaborazione “con i movimenti sociali, perché gli accordi siano giusti, duraturi e democratici”. Al punto “Finanza”, le Chiese chiedono, oltre “all’annullamento incondizionato del debito”, anche “una regolamentazione dei mercati finanziari mondiali” e che “gli investimenti siano orientati in direzione di affari che rispettano la giustizia sociale e l’ecologia”. “No” anche a quelle banche e istituti che operano speculazioni e incoraggiano l’evasione fiscale. L’appello contiene poi tutta una serie di impegni a favore di un utilizzo ecologico della terra e delle risorse naturali. “Il processo di trasformazione – concludono le Chiese – esige da noi che ci riconosciamo responsabili davanti alle vittime del processo di mondializzazione economica”. (R.M.)

 

 

“TUTTI DOBBIAMO CONTRIBUIRE, COME SINGOLI E COME COMUNITÀ,

ALLA TRASFORMAZIONE E ALLA RIGENERAZIONE MORALE DELLA NOSTRA PATRIA”:

E’ L’APPELLO LANCIATO DAI VESCOVI PERUVIANI,

A MENO DI 2 MESI DALLE ELEZIONI NEL PAESE

 

LIMA. = “È il momento di incoraggiare la fiducia e la fede in noi stessi, nel nostro Paese, nelle nostre istituzioni. Tutti siamo responsabili del bene comune. Tutti dobbiamo contribuire, come singoli e come comunità, alla trasformazione e alla rigenerazione morale della nostra patria”. E’ l’esortazione dei vescovi peruviani, in un comunicato pubblicato nei giorni scorsi, dal titolo: “Impegno etico per il Perù”. Scopo del messaggio è fornire, a meno di due mesi dalle elezioni presidenziali e parlamentari nel Paese, orientamenti etici, affinché sia gli elettori che i candidati assumano gli impegni civili con responsabilità. Come riferisce l’agenzia Fides, i presuli affermano che per i cittadini votare è un diritto, ma anche un dovere, perché è la forma attraverso cui essi esprimono in coscienza la loro propensione politica. In questo modo, essi partecipano responsabilmente al futuro del Paese. Rivolgendosi ai candidati e alle autorità politiche, i vescovi ribadiscono che il Perù si attende dei programmi concreti ed efficaci per la lotta alla corruzione, che ormai ha contagiato sia le istituzioni, che la morale pubblica. Quindi, l’episcopato peruviano esorta i mezzi di comunicazione a non scadere in mera propaganda manipolatrice o interessata, ma ad adoperarsi, affinché gli elettori dispongano di un’informazione vera, onesta ed efficace. Infine, l’appello affinché la campagna elettorale si conduca in forma onesta, pulita, con dignità, contenuti e nel dovuto rispetto della vita privata. (A.E.)

 

 

LA SITUAZIONE DELLE COMUNITÀ CATTOLICHE NORDAFRICANE E LA TRAGEDIA

DEI MIGRANTI: SONO GLI ARGOMENTI DISCUSSI NEI GIORNI SCORSI AD ALGERI,

DURANTE LA RIUNIONE DELLA CONFERENZA

DEI VESCOVI DELLA REGIONE NORD DELL’AFRICA (CERNA)

 

ALGERI. = Si è conclusa nei giorni scorsi ad Algeri la Riunione della Conferenza dei vescovi della Regione Nord dell’Africa (CERNA), dedicata alla tragedia dei migranti e alla situazione delle comunità cattoliche locali. Di fronte al dramma di migliaia di emigranti, che utilizzano il Nord del Continente come trampolino per raggiungere l’Europa, i membri della CERNA hanno affermato: “I cristiani presenti nel Maghreb, spesso essi stessi stranieri, ben comprendono la sofferenza dei migranti”. Rifacendosi poi alla recente Enciclica di Benedetto XVI, Deus Caritas est, i presuli si sono uniti in preghiera, affinché Dio doni alle comunità cristiane locali la forza di praticare una carità concreta, quando le circostanze fanno del migrante il loro prossimo. Come riferisce l’agenzia Fides, i vescovi hanno ribadito l’impegno a far prendere coscienza alle comunità cattoliche africane del problema delle migrazioni e hanno proposto che tale argomento venga trattato nel prossimo Sinodo africano. Durante la Conferenza, i vescovi hanno anche eletto i nuovi vertici della CERNA, tra cui il presidente, mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat. Nella prossima Conferenza, che si terrà a Tunisi dal 26 al 29 ottobre 2006, si discuterà dei lineamenti del Sinodo africano, della carità cristiana alla luce dell’ultima Enciclica e dell’evoluzione dei rapporti islamico-cristiani. (A.E.)

 

 

110 MILA CONTAGIATI E 52 MORTI: È IL DRAMMATICO BILANCIO DELL’EPIDEMIA

DI “CHIKUNGUNYA”, LA COSIDDETTA “MALATTIA DELL’UOMO PIEGATO”,

CHE HA COLPITO L’ISOLA FRANCESE DE LA RÉUNION, NELL’OCEANO INDIANO

 

SAINT DENIS DE LA REUNION. = L’epidemia di “chikungunya”, che sta colpendo l’isola francese de La Réunion, nell’Oceano Indiano, ha già contagiato 110 mila persone, uccidendone direttamente e indirettamente 52. E’ quanto emerge da un bilancio ufficiale pubblicato oggi. Attiva nell’isola dal febbraio del 2005, la cosiddetta “malattia dell’uomo piegato” è stata prima trascurata, poi dimenticata e alla fine quasi nascosta. Oggi la “chikungunyaviene affrontata con reparti dell’Esercito francese che stanno cercando di disinfestare l’isola dalle zanzare, all’origine del virus. L’infezione presenta sintomi pesanti: febbre molto alta, eruzioni cutanee e crampi alle articolazioni, che possono provocare temporanee paralisi. Non esistono né vaccini, né trattamenti medici preventivi. L’evoluzione di questa epidemia ha provocato un crollo dell’economia dell’isola, che vive grazie al turismo: 10 mila prenotazioni sono state annullate in 10 giorni, secondo la presidente del Comitato del turismo di La Réunion, Jocelyne Lauret. “Occorrono misure d’urgenza – ha spiegato – Questa psicosi ci ha fatto perdere 1,4 milioni di euro; ovvero l’equivalente di tutto quello che avevamo investito nella promozione dell’isola”. Secondo Lauret, si tratta di una “catastrofe senza precedenti”. E’ per questo che è stato chiesto al ministro del Turismo, Leon Bertrand, di classificare l’isola come “zona sinistrata”.

 

 

L'ECUMENISMO AL CENTRO DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE

DI ADORAZIONE E LODE CHE SI SVOLGERA' A BARI SABATO E DOMENICA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

BARI. = Un evento a carattere ecumenico, che ormai da sei anni caratterizza il cammino del Rinnovamento carismatico cattolico, è la Conferenza internazionale di adorazione e lode, promossa a Bari dalla Comunità di Gesù, che appartiene alla fioritura delle nuove Comunità sorte nella grande corrente spirituale carismatica. All’atteso appuntamento, in programma domani e dopodomani, quest’anno converranno 1.500 fedeli di diverse confessioni cristiane, da 11 Paesi europei, americani e dal Brasile. Tema dell’incontro sarà “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei Cieli”. L’evento, a carattere ecumenico e rientrante nelle costanti attività della Comunità di Gesù dirette alla riconciliazione fra i cristiani, vedrà quali oratori di parte cattolica il prof. Matteo Calisi, presidente della Comunità di Gesù e della Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships di Diritto Pontificio, che ha il suo Centro Internazionale di Comunicazioni a Bari, e padre Carlo Colonna, teologo gesuita, consigliere spirituale della Comunità di Gesù. Oratori di altre Chiese cristiane saranno: il rev. Gerard O’Flaherty, della Comunione delle Chiese Episcopali Evangeliche in Inghilterra; mons. Sergej Gajek, visitatore apostolico ad nutum Sanctae Sedis della Chiesa Greco-Cattolica di Bielorussia; Gloria e Kenneth Copeland, della Eagle Mountains International Church, Tx (USA). L’animazione della lode e dell’adorazione sarà a cura dalla Band di Canção Nova del Brasile, guidati dal worship leader, Ricardo . Il Rinnovamento Carismatico è un movimento trasversale al Cristianesimo contemporaneo, che in tutto il mondo sta promuovendo un’autentica esperienza dello Spirito, definita dai più come la grazia delBattesimo dello Spirito Santo’. Una grazia ecumenica, che oggi raccoglie oltre 600 milioni di cristiani di tutte le denominazioni. Questa rappresenta una grande sfida, un grande dono per l’unità dei cristiani.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 febbraio 2006

                                                                                          

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Tragedia nelle Filippine: una gigantesca frana ha sepolto, questa notte, due villaggi alle porte di Saint Bèrnard, città situata al sud dell'isola di Leyte, nel centro dell'arcipelago. Alcune fonti parlano di circa 200 morti e 1.500 dispersi ma si teme che il bilancio possa arrivare ad oltre 2000 vittime. Su questa tragedia, ascoltiamo al microfono di Salvatore Sabatino, padre Erwin Balagàbo, vicario dell’arcidiocesi di Palò, non lontano dal luogo del disastro:

 

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R. - La tragedia è avvenuta in una piccola città che si chiama Saint Bernard, nel sud dell’isola Leyte; alcune fonti dicono che sono coinvolti più o meno 600 studenti in una scuola elementare, e almeno tre villaggi, composti di case piccole. Dicono che ci sono intere famiglie sepolte dalla valanga …

 

D. – Sa per caso quali sono i motivi che hanno provocato questo smottamento?

 

R. – Piove da tre settimane, in tutta l’isola. In quel posto, sono stati tagliati alberi senza permesso, e vanno considerate queste conseguenze dovute al disboscamento.

 

D. – I soccorsi sono arrivati subito?

 

R. – Sì, ho chiamato in una città vicina al luogo della tragedia e lì e mi hanno detto che stanno inviando un gruppo di soccorso. Stanno arrivando aiuti anche a livello nazionale.

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Dopo la richiesta delle Nazioni Unite, anche un ministro britannico e un rappresentante del governo tedesco chiedono la chiusura del carcere americano di Guantanamo. Riferendosi al centro di detenzione statunitense, il premier britannico Tony Blair ha detto inoltre che Guantanamo costituisce un’anomalia. Ma l’amministrazione americana ribadisce che non intende chiudere il carcere. Il nostro servizio:

 

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Dopo la pubblicazione del documento della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite sul carcere di Guantanamo, anche Germania e Gran Bretagna, oltre ad ONU e Parlamento europeo, chiedono la chiusura del centro penitenziario statunitense. Un ministro britannico e il responsabile tedesco dei rapporti con gli Stati Uniti hanno precisato, stamani, che il carcere di Guantanamo deve essere chiuso immediatamente. Di fronte a questa richiesta, la risposta dell’amministrazione americana sembra però irremovibile: la Casa Bianca ha già ribadito ieri sera che i detenuti del carcere sono “pericolosi terroristi” che ricevono “un trattamento umano”. L’amministrazione americana ha anche ridimensionato il rapporto delle Nazioni Unite affermando che mette insieme vecchie accuse. La risposta statunitense al documento dell’ONU è stata dunque decisa ma la questione non sembra comunque chiusa. Il premier britannico Tony Blair ha dichiarato, stamani, nella conferenza congiunta a Berlino con il cancelliere tedesco Angela Merkel, che il centro di Guantanamo “è un’anomalia” di cui ci si dovrà occupare. Nel documento diffuso ieri dall’ONU, i relatori delle Nazioni Unite parlano di “detenzioni arbitrarie”, tecniche di interrogatorio “degradanti” e “ricorso eccessivo alla violenza”. A Guantanamo ci sono attualmente circa 490 detenuti, molti dei quali si trovano da oltre quattro anni in una sorta di “limbo giuridico” non essendo stati né incriminati né processati. La maggior parte di loro, talebani o elementi vicini ai fondamentalisti afghani, è stata arrestata in Afghanistan alla fine del 2001.

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Il movimento di Hamas sia parte legittima e integrante del processo di pace in Medio Oriente. È l’auspicio espresso stamani a Mosca dal ministro degli Esteri russo Lavrov. Nei giorni scorsi il Cremlino si era offerto come mediatore tra il gruppo radicale e Israele. Nello Stato ebraico, intanto, il governo israeliano ha previsto una serie di sanzioni destinate ad indebolire Hamas se l’organizzazione estremista dirigerà il futuro governo palestinese. Nel quadro di tali misure, Israele sospenderebbe i fondi, in particolare i diritti doganali, dovuti all’Autorità Nazionale Palestinese. Del movimento fondamentalista, vincitore alle elezioni dello scorso 25 gennaio, hanno discusso a Berlino anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il premier britannico, Tony Blair. Entrambi sono d’accordo nel ritenere che condizioni per l’avvio di un dialogo con Hamas sono la rinuncia alla violenza, il riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele e l’accettazione degli accordi conclusi, finora, nell’ambito del processo di pace.

 

Nuova ondata di sequestri in Iraq: due serbomontenegrini, che lavoravano nell’aeroporto della città meridionale di Bassora, sono stati rapiti da uomini armati. A Baghdad miliziani armati hanno inoltre rapito, nella notte, un ricco banchiere e suo figlio. Lo ha reso noto il ministero dell’Interno precisando che cinque guardie del corpo sono rimaste uccise durante le concitate fasi del rapimento. Sul versante politico, il ministro degli Esteri iraniano ha chiesto il ritiro immediato delle truppe britanniche da Bassora. La presenza britannica e la conseguente tensione nella regione - ha detto il ministro iraniano - creano effetti negativi anche nella Repubblica islamica.

 

Continua in Pakistan l’ondata di proteste contro le caricature su Maometto: Karachi è stata teatro di nuovi scontri tra dimostranti e forze di polizia e a Multan, nel sud del Paese, sono stati arrestati più di 120 manifestanti. Questi provvedimenti di fermo sono scattati dopo la decisione di imporre il divieto di raduno, presa dalle autorità di Islamabad dopo quattro giorni consecutivi di disordini, costati la vita a cinque persone. Una ferma condanna alle violenze e alle proteste innescate dalla pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto è arrivata, inoltre, da una risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo. Nel documento si afferma che la libertà d’espressione è un diritto fondamentale da difendere. Un valore – si legge ancora nella risoluzione – di cui non si deve però abusare incitando all’odio religioso e alla xenofobia. Il testo deplora anche la ripresa della propaganda antisemitica e condanna l’assassinio, in Turchia, di padre Andrea Santoro.

 

Saranno rimpatriate domani le salme di Iendi Iannelli e Stefano Siringo, i due cooperanti italiani trovati morti ieri a Kabul in circostanze ancora non chiare. Le cause della morte verranno chiarite non appena verrà eseguita l’autopsia. Sui corpi dei due non sono stati trovati segni di violenze ed è sfumata l’ipotesi delle esalazioni da monossido di carbonio provenienti da una stufa difettosa.

 

Cresce l’allarme per l’influenza aviaria: le autorità russe hanno reso noto che è stato scoperto un nuovo focolaio nella Repubblica caucasica del Daghestan.  In Germania, il ministero dell’Agricoltura Mecklembourg-Pomerania aveva confermato ieri che altri dieci decessi di volatili sono da attribuire al virus H5N1, potenzialmente letale per l’uomo. Sempre ieri è stato confermato un altro caso in Austria. In Italia, intanto, un folto gruppo di allevatori della Confederazione italiana agricoltori (CIA) ha manifestato stamani davanti a Palazzo Chigi per sollecitare risposte adeguate alla crisi che ha colpito il settore avicolo.

 

Espulse 6 ONG italiane in Eritrea: il governo di Asmara ha chiesto a sei organizzazioni italiane di lasciare il Paese e di cessare le proprie attività per la mancanza dei requisiti necessari ad operare nello Stato africano.

 

In Italia, è alta la percezione di rischio attentati nella “finestra temporale” tra le Olimpiadi invernali di Torino e le elezioni politiche del 9 aprile. Lo sottolinea la relazione semestrale redatta dai Servizi di Informazione e di Sicurezza (CESIS).

 

 

 

 

 

 

 

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