RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 48 - Testo della
trasmissione di venerdì 17 febbraio
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Relazione dell’arcivescovo Giovanni Lajolo sulle sfide della diplomazia vaticana ai nostri
giorni
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Appello della Caritas Internationalis: in Africa
orientale la carestia minaccia 8 milioni di persone
“Un
mondo senza povertà è possibile!”: lo afferma il Consiglio Ecumenico delle
Chiese
Appello dei vescovi
peruviani in occasione delle prossime elezioni presidenziali
Conclusa ad Algeri
la Riunione della Conferenza dei vescovi della Regione Nord dell’Africa (CERNA)
Anche Berlino e Londra, dopo ONU e Parlamento
europeo, chiedono agli Stati Uniti di
chiudere il centro di detenzione di Guantanamo
17
febbraio 2006
DI FRONTE
AL RELATIVISMO INDIVIDUALISTA, I CATTOLICI SONO CHIAMATI
A SVILUPPARE IL DIALOGO CON LA CULTURA APRENDOLA AI
VALORI
DELLA TRASCENDENZA: COSI’, BENEDETTO XVI
NELL’UDIENZA AL COLLEGIO
DEGLI
SCRITTORI DELLA CIVILTA’ CATTOLICA
Divulgare la
verità della fede cristiana nel dibattito culturale contemporaneo: così, Benedetto
XVI ai padri gesuiti che fanno parte del Collegio degli Scrittori della Civiltà
Cattolica, ricevuti in udienza stamani nella Sala dei Papi. L’indirizzo
d’omaggio al Papa è stato rivolto dal preposito
generale dei gesuiti, padre Hans Kolvenbach.
L’incontro con gli scrittori della rivista fondata 155 anni fa da padre Carlo
Maria Curci ha offerto al Pontefice l’occasione per
ribadire i rischi insiti in una cultura individualista chiusa a Dio. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
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Per “essere
fedele alla sua natura e al suo compito”, la Civiltà Cattolica non manchi di
rinnovarsi continuamente “leggendo correttamente i segni dei tempi”. E’
l’esortazione rivolta da Benedetto XVI al Collegio degli Scrittori della
storica Rivista voluta da Pio IX, per la quale ha espresso apprezzamento,
riconoscendone l’utilità per il bene della Chiesa e la costante fedeltà alle
direttive del Magistero. D’altro canto, il Papa ha sottolineato come non ci si possa “dispensare dalla ricerca di nuovi approcci alla
situazione storica” in cui viviamo per presentare in forme efficaci il Vangelo
della Salvezza. Impegno ancor più urgente dinanzi alle spinte relativiste che
caratterizzano la società odierna:
“Oggi va sempre
più affermandosi una cultura caratterizzata dal relativismo individualista e
dallo scientismo positivista; una cultura, quindi, tendenzialmente chiusa a Dio
e alla sua legge morale, anche se non sempre pregiudizialmente avversa al
cristianesimo. E’ grande perciò lo sforzo che i cattolici sono chiamati a
compiere per sviluppare il dialogo con la cultura odierna e aprirla ai valori
perenni della Trascendenza”.
E’ questo uno sforzo, ha detto il Pontefice, “in cui il
credente si avvale degli strumenti offerti dalla fede e dalla ragione:
strumenti a prima vista poco adeguati, ma resi efficaci dalla potenza di Dio,
che segue strade lontane dal potere e dal successo”. D'altra parte, ha aggiunto
non va dimenticato che “oggi nel mondo ci sono anche tanti segni di speranza,
frutto dell'azione dello Spirito nella storia”.E qui
Benedetto XVI ha citato “la nuova sensibilità per i valori religiosi”, “la
rinnovata attenzione nei confronti della Sacra Scrittura”, “il rispetto dei
diritti umani in misura ben maggiore di quanto avveniva anche in un passato
recente, la volontà di dialogo con le altre religioni”. Segni di speranza che
trovano in Cristo la loro sorgente:
“In particolare, la
fede in Gesù può aiutare molti a cogliere il senso della vita e dell'avventura
umana, offrendo loro quei punti di riferimento che spesso mancano in un mondo
tanto frenetico e disorientato”.
Il Papa non ha
così mancato di indicare quale sia la missione di una
rivista di cultura come La Civiltà Cattolica:
“Partecipare al
dibattito culturale contemporaneo, sia per proporre, in modo serio e nello
stesso tempo divulgativo, le verità della fede cristiana in maniera chiara e
insieme fedele al Magistero della Chiesa, sia per difendere senza spirito
polemico la verità, talvolta deformata anche attraverso accuse prive di
fondamento alla comunità ecclesiale”.
Quindi, a
conclusione del suo intervento, ha indicato il Concilio Vaticano II come faro
sulla strada che La Civiltà Cattolica è chiamata a percorrere:
“Le ricchezze
dottrinali e pastorali che esso contiene - e, soprattutto, l’ispirazione di fondo
- non sono state ancora assimilate appieno dalla comunità cristiana, anche se
sono passati 40 anni dalla sua conclusione. Indubbiamente esso ha dato alla
Chiesa un impulso capace di rinnovarla e di disporla a rispondere in modo adeguato
ai problemi nuovi che la cultura contemporanea pone agli uomini e alle donne
del nostro tempo”.
Dal canto suo,
il preposito generale dei gesuiti, padre Hans Kolvenbach ha ringraziato il
Papa per aver concesso l’udienza alla comunità della Civiltà Cattolica. Un
incontro, ha detto, che è “per tutti noi un segno di
apprezzamento per il lavoro che la nostra rivista compie a servizio della Santa
Sede, alla quale la unisce da sempre un particolare vincolo di adesione e,
insieme, un incoraggiamento a proseguire con alacrità nel nostro umile
servizio”.
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Il Papa dunque ha invitato a proporre le verità della fede
cristiana in modo chiaro ma con uno stile dialogante. Ascoltiamo in proposito
padre Gianpaolo Salvini, direttore di Civiltà
Cattolica dal 1985:
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Credo che sia nostro compito precipuo, questo sforzo di
dialogo nella linea che
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Da un secolo e
mezzo al servizio della Chiesa, la rivista diretta dai padri gesuiti rappresenta
uno strumento unico per la qualità dei suoi contributi e il particolare legame
con la Santa Sede. Un profilo de La Civiltà Cattolica nel servizio di Alessandro
Gisotti:
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La Civiltà Cattolica fu fondata a Napoli da un gruppo di gesuiti, i
quali dopo il primo numero - stampato il 6 aprile 1850 - a causa della censura
oppressiva dei Borboni, furono costretti a
trasferirsi a Roma. È dunque la più antica di tutte le riviste italiane ancora
attive. Esce il primo e il terzo sabato del mese, 24 quaderni l’anno per
complessive 2.500 pagine. Ispiratore e primo direttore della rivista fu padre
Carlo Maria Curci, ma a volerla fu soprattutto Pio
IX, in quel momento esule a Gaeta. L’intenzione di Papa Mastai
Ferretti era di disporre di uno strumento adatto a difendere il pensiero
cattolico; ma poiché — pensava padre Curci — “il
giornalismo dell’epoca era figlio della Rivoluzione francese e diffondeva le
nuove idee liberali, agnostiche e antireligiose, bisognava combattere il nemico
con le stesse armi, contrapponendo giornale a giornale, periodico a periodico”.
L’idea che spinse alla fondazione della rivista fu perciò quella di difendere
“la civiltà cattolica”, minacciata dai nemici della Chiesa. I cattolici
avvertirono subito nella nuova rivista una voce franca e battagliera in difesa
della fede e del Papato, tanto più che, dopo il passaggio della redazione da
Napoli a Roma, La Civiltà Cattolica assunse sempre più il carattere dì
interprete fedele del pensiero e delle direttive della Santa Sede.
Rispetto al
passato, oggi è cambiato profondamente lo stile della rivista, non più polemico,
con una varietà assai maggiore di argomenti trattati. Ma il cambiamento più
radicale sta nel fatto che essa cerca di porsi non più in opposizione ma “in
dialogo” col mondo moderno, senza venire meno alla verità cristiana e senza
compromessi, ma cercando di instaurare un dialogo tra fede e cultura.
Nonostante questi cambiamenti, La Civiltà
Cattolica conserva
invariato il suo particolare rapporto, di “sintonia”, con la Santa Sede, che fa
parte della sua identità. Quando il fascicolo della rivista è ancora in bozze viene inviato alla Segreteria di Stato della Santa Sede per
l’approvazione definitiva. Il giudizio riguarda essenzialmente
tre punti: la conformità degli articoli pubblicati sulla rivista con
l’insegnamento ufficiale della Chiesa in materia di fede e di morale; la
conformità o almeno la non sostanziale difformità con gli indirizzi seguiti
dalla Santa Sede nei confronti degli Stati; l’opportunità o meno di pubblicare
taluni articoli in particolari situazioni.
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IL
CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME
DELLA DISASTROSA FRANA NELLE FILIPPINE,
CHE HA CAUSATO CENTINAIA DI MORTI
Il Papa esprime profondo cordoglio
per le vittime della frana che nel villaggio di Guinsaugon,
nelle regione centrale delle Filippine, ha causato
centinaia di morti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato,
Angelo Sodano, indirizzato al vescovo di Maasin,
mons. Precioso Cantillas,
il Pontefice esprime la sua vicinanza spirituale a quanti sono provati da tale
tragedia. Prega inoltre affinché gli aiuti ai sopravvissuti del disastro siano
“rapidi” e “generosi”.
Benedetto XVI incoraggia
infine chi si sta adoperando in queste ore per portare sollievo alle vittime ed
assicura le sue preghiere a quanti soffrono, impartendo a
tutti la sua benedizione apostolica.
ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Stamane il Papa ha ricevuto in successive udienze alcuni presuli
in visita “ad Limina”: mons. Maixent
Coly, vescovo di Ziguinchor
(Senegal); mons. Martin Albert
Happe, vescovo di Nouakchott
(Mauritania); mons. Arlindo Gomes
Furtado, vescovo di Mindelo
(Capo Verde); mons. Paulino do Livramento
Évora,vescovo di Santiago de Cabo
Verde (Capo Verde); mons. Carlos Pedro
Zilli, vescovo di Bafatá (Guinea Bissau);
mons. José Câmnate na Bissign, vescovo di Bissau
(Guinea Bissau).
Nel
pomeriggio, il Santo Padre riceverà l’arcivescovo Angelo Amato, segretario
della Congregazione per
In
Italia, il Santo Padre ha nominato ausiliare del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla mons. Lorenzo Ghizzoni,
attualmente rettore del Seminario vescovile diocesano e vice-direttore del
Centro Nazionale Vocazioni, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ottana. Mons. Ghizzoni
è nato a Cognento (comune di Campagnola, nella
Provincia di Reggio Emilia) il 3 aprile 1955. E’ stato ordinato sacerdote il 14
settembre 1979. Dopo l’ordinazione ha proseguito gli studi alla Pontificia
Università Gregoriana, conseguendo
Infine, il Santo Padre ha concesso il suo assenso
all’elezione canonicamente fatta il 7 febbraio 2006 dal Sinodo della Chiesa Greco-Melkita cattolica, riunitosi a Ain
Traz dal 6 all’11 febbraio, dell’archimandrita Elias Chacour, finora parroco di Ibillin
e presidente di Mar Elias Educational Institutions, ad arcivescovo di Akka
dei greco-melkiti cattolici. L’archimandrita Elias Chacour è nato nel
INCONTRO
OGGI IN VATICANO TRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO
MIGUEL ÁNGEL MORATINOS E IL CARDINALE SEGRETARIO
DI STATO ANGELO SODANO
Oggi il Ministro degli Esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos,
ha reso visita in Vaticano al cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. “Nel
corso del cordiale incontro – afferma in una nota
IL CARDINALE RENATO MARTINO HA
PRESENTATO A CUBA
IL COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA CATTOLICA
Il cardinale Renato Raffaele
Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha presentato
ieri a Cuba il Compendio della dottrina sociale della Chiesa. La visita avviene mentre sono in corso
all’Avana le celebrazioni per il
XX anniversario dell’Incontro Nazionale
Ecclesiale Cubano. Per questa occasione il Papa ha inviato un messaggio
ribadendo l’invito di Giovanni Paolo II: “Cuba si apra al mondo e il mondo si
apra a Cuba”. Il servizio di Paolo Scappucci:
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Il Compendio non solo costituisce una completa e organica
sintesi dell’insegnamento sociale della Chiesa, ma è anche uno strumento
formidabile di apertura e di dialogo con i credenti di altre fedi religiose e
con tutti gli uomini di buona volontà per la realizzazione del bene comune in
campo sociale e politico, sulla base dei condivisi valori fondamentali di
umanità, di rispetto della dignità di ogni persona, e della comune aspirazione
allo sviluppo, alla riconciliazione e alla pace.
Il cardinale Martino lo ha sottolineato ieri nella
concelebrazione di apertura della grande assise
ecclesiale cubana, quando il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Ortega, ha dato lettura del messaggio papale, e soprattutto
nella relazione introduttiva e nella lezione magistrale che sono seguite,
sempre ieri mattina e ieri sera, per la presentazione del Compendio.
Egli ha evidenziato che la dottrina sociale della Chiesa
prende in considerazione l’uomo in tutte le sue concrete necessità,
materiali e spirituali, e si propone di indicare il senso profondo della nostra
vita comune, della nostra lotta per la giustizia, della nostra sofferenza per
lacerazioni e i ritardi della pace. In troppi Paesi – ha detto il porporato – non si è ancora
giunti a soddisfare le esigenze di giustizia relative ai diritti più elementari
come l’accesso all’acqua potabile, un’abitazione dignitosa, la previdenza e
l’assistenza sanitaria di base, mentre in altri si rivendica il soddisfacimento
di diritti sofisticati cosiddetti di “nuova generazione”, come la riservatezza
o il libero uso del superfluo. La solidarietà precede i diritti individuali e
li fonda, la stessa libertà non è fine a se stessa ma in funzione dell’impegno
per gli altri.
Il Presidente
di Giustizia e Pace si è soffermato in particolare su quattro sfide, terreno
del comune impegno tra credenti e non credenti, a favore dell’uomo sotto
tutte le latitudini. Anzitutto la sfida cruciale per la vita, da difendersi
senza se e senza ma dal concepimento alla conclusione naturale, con particolare
attenzione alla
famiglia, chiave di volta del futuro dell’umanità. Poi la sfida
dell’alimentazione, con la lotta alla denutrizione e alla povertà, che richiede
lo sforzo solidale di tutti i Paesi ricchi e l’intelligente e onesto impegno di
quelli in via di sviluppo, bandendo corruzione e malgoverno. La sfida della pace, che si vince
con l’attuazione della giustizia, della riconciliazione, del dialogo, cessando
la corsa agli armamenti a vantaggio degli aiuti alla cooperazione. Infine la
sfida della libertà, con in testa la libertà
religiosa, fondamento di tutte le altre libertà.
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LE SFIDE DELLA DIPLOMAZIA VATICANA AI NOSTRI
GIORNI:
LIBERTA’
RELIGIOSA, PACE, SVILUPPO E DIRITTI UMANI.
I
PUNTI CALDI DEL PIANETA E LE QUESTIONI URGENTI:
IL
DISARMO NUCLEARE E
“Uno sguardo sulla diplomazia vaticana, oggi”, sotto la
guida dell’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario
per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, che ieri pomeriggio ha tenuto
una conversazione, organizzata dal “Circolo di Roma” presso il Palazzo Diaconale di Santa Maria in Cosmedin,
nel cuore della Città eterna. Il servizio è di Roberta Gisotti:
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Una sguardo a 360 gradi sulla più antica
diplomazia nel mondo, con caratteri certo peculiari, ha spiegato l’arcivescovo Lajolo. Un’attività in grande espansione nell’ultimo quarto
di secolo scorso. Ad oggi sono 174 i Paesi che vantano piene relazioni diplomatiche
con
Ma quali sono gli interessi prioritari della diplomazia
vaticana? Anzitutto – ha risposto l’arcivescovo Lajolo
– lo status della Chiesa cattolica
nei vari Stati, in particolare l’aspetto della “libertà religiosa”. E, da qui
la rilevanza dei Concordati: in vigore ce ne sono 160. Tra i temi controversi,
specie in Italia – ha sottolineato – è quello della laicità dello Stato che
limiterebbe – secondo un’errata interpretazione – la possibilità per gli esponenti
della Chiesa cattolica di intervenire su questioni di carattere socio-politico,
che hanno spesso implicazioni morali religiose, per cui
tali interventi non possono essere intesi come limite all’autonomia della Stato
che resta indipendente nelle sue decisioni, ha ribadito il presule.
Altri ambiti d’interesse per nunzi e osservatori sono in
generale la pace, lo sviluppo, i diritti umani, il dialogo ecumenico e
interreligioso. Riguardo poi ai “punti caldi” del Pianeta che più impegnano al
momento la diplomazia vaticana, l’arcivescovo Lajolo
ha indicato:
Tra altre questioni più urgenti per la missione
diplomatica vaticana sono i negoziati per il disarmo nucleare e l’interdizione
degli esperimenti atomici, “per cui – ha lamentato il
segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati - ci trova oggi in una
situazione di stallo” che vede le potenze nucleari divergere sul rapporto
armi-sicurezza; c’è poi la difesa della famiglia di fronte al tentativo in
molti Paesi dell’area occidentale e in alcune organizzazioni internazionali di
snaturarne il significato naturale attribuendo lo stesso valore alle unioni
omosessuali. “Si tratta - ha stigmatizzato l’arcivescovo Lajolo
- di “un’involuzione che tocca il fondamento stesso della civiltà umana.”
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IL CARDINALE SZOKA PRESIEDE NELLA CAPPELLA SISTINA
LA
SANTA MESSA PER I 500 ANNI DEI MUSEI VATICANI
-
Intervista con Francesco Buranelli -
Messa oggi pomeriggio nella Cappella Sistina in occasione
dei 500 anni dei Musei Vaticani. La presiede il cardinale Edmund
Casimir Szoka, presidente
del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Martedì scorso sono
state presentate tutte le iniziative che i Musei Vaticani promuovo quest’anno
per celebrare il 5° centenario: tra queste, i nuovi allestimenti del Museo
Cristiano e del Museo Missionario Etnologico, il restauro dei dipinti murali
del Pinturicchio nell’Appartamento Borgia, l’apertura del nuovo settore della necropoli
Romana lungo
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R. – Per la scoperta del Laocoonte
siamo fortunatissimi perché abbiamo un vero e proprio intervento di un cronista
dell’epoca e non era un cronista qualunque, era Francesco da San Gallo, figlio
del noto architetto Giuliano da San Gallo, che all’epoca stava lavorando per
Giulio II per la sistemazione della Basilica e del Palazzo Apostolico. Fu
talmente grande l’eco della scoperta di questa scultura che avvenne, appunto,
sul Colle Oppio a Roma, che arrivò subito all’orecchio del Papa. Giulio II
incaricò un palafreniere di far andare sul posto Giuliano da San Gallo, il
quale vi portò Michelangelo, col quale stava lavorando, e il piccolo Francesco
che, 60 anni dopo, raccontò proprio l’emozione di quella scoperta, tanto è vero
che il padre si portò proprio a cavalcioni il
figliolo, così lo racconta 60 anni dopo Francesco da San Gallo. Appena
arrivarono sul posto si accorsero che la scultura rappresentava il Laocoonte di cui fa menzione Plinio. Il Papa, a questa
notizia, lo volle subito in Vaticano. Già era collezionista, non aveva portato
ancora le sue sculture private in Vaticano, ma quell’acquisto portò di conseguenza un arricchimento e un
trasporto in Vaticano di tante altre sculture importanti che formarono subito
quel nucleo che venne definito il Cortile delle statue. Da questo nucleo
nacquero poi, attraverso tanti illuminati Pontefici e acquisizioni di opere
d’arte e di collezioni, i Musei Vaticani.
D. – Papa Giovanni Paolo II, nell’inaugurazione della
nuova Porta di Cecco Buonanotte, disse che questa Porta era una delle più
importanti perché apriva la Santa Sede sul mondo. E’ tuttora vera oggi questa affermazione? Quale ruolo hanno i Musei nel
rappresentare la Chiesa e la società di oggi?
R. – E’ assolutamente attuale ancora oggi il discorso di
Giovanni Paolo II che lo pronunciò nel febbraio del 2000, in occasione
dell’inaugurazione del nuovo ingresso dei Musei Vaticani. I Musei Vaticani sono
realmente una delle porte della Santa Sede aperte sul mondo, proprio perché il
collezionismo pontificio, la committenza pontificia attraverso i secoli ha
sempre cercato attraverso l’arte di far conoscere il messaggio evangelico e
l’arte in questo indubbiamente aiuta la conoscenza.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Partecipare al dibattito culturale
contemporaneo per proporre le verità della fede cristiana in maniera chiara e
fedele al Magistero della Chiesa”: il discorso di Benedetto XVI al Collegio
degli Scrittori de “La Civiltà Cattolica”.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino
della Chiesa in Africa.
Servizio estero - Filippine: centinaia di dispersi
per frane causate dalle piogge.
Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, suggerisce di
chiudere Guantanamo “il prima possibile”. Secondo
l’amministrazione USA i detenuti nella prigione “vengono
trattati umanamente”.
Servizio culturale - Un articolo del cardinale
Carlo Maria Martini dal titolo “Alla ‘scuola dell’amore di Dio’”:
un volume postumo di Tommaso Federici.
Un articolo di Marcello Filotei
dal titolo “Nei quotidiani rintocchi della ‘Maria Dolens’
l’incessante monito per un futuro senza guerre”: a Rovereto una mostra ricostruisce
gli ottant’anni di storia della Campana della pace.
Servizio italiano - In primo piano l’influenza
aviaria.
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17 febbraio 2006
LE
SPERANZE DI HAITI DOPO L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE
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Intervista con mons. André Dumas -
Haiti ha un nuovo presidente. Si tratta di René Preval, candidato della
Piattaforma Speranza. Secondo i dati forniti dal Consiglio elettorale
provvisorio Preval ha ottenuto la maggioranza
assoluta con il 51,15% dei voti, rendendo così inutile il ballottaggio. Nei
giorni scorsi migliaia di sostenitori di Preval erano
scesi in piazza minacciando una escalation di violenza
qualora il loro candidato non fosse stato proclamato vincitore. Anche il Primo
Ministro, Gerard Latortue,
ha confermato i risultati salutando Preval come nuovo
presidente di Haiti. Ma ascoltiamo le impressioni di mons. André
Dumas, vescovo ausiliare di Port-au-Prince,
raggiunto telefonicamente da Lucas Duran:
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R. – Chiunque ha vinto queste elezioni deve mettersi molto
seriamente a lavorare. Bisogna ricomporre il Paese, rifondare le istituzioni e
soprattutto bisogna normalizzare la vita. Ci sono delle sfide che aspettano il
vincitore delle elezioni e sono tante. Abbiamo un Paese quasi distrutto, la
Nazione divisa, quindi ci sono problemi molto spinosi che aspettano chi ha
vinto le elezioni.
D. – Eppure gli oppositori di René
Preval lo presentavano come la controfigura del deposto
presidente Aristide…
R. – Personalmente credo che bisogna sapere andare al di
là dei propri sentimenti, delle proprie passioni. Occorre approfittare di
questa situazione per dare una nuova svolta al Paese e non ritornare ai
contenziosi passati, i problemi che hanno sempre diviso il paese. Bisogna
considerare che da tantissimi anni il popolo haitiano sta vivendo un calvario,
è quasi un popolo crocifisso dalla storia. Il servizio che possono rendere i
politici è proprio quello di portare una nuova speranza, ma una speranza che
abbia delle radici, una speranza che non sia di parole, ma una speranza che
possa davvero riconciliare gli haitiani tra di loro.
Questo è un lavoro molto impegnativo, per questo credo che non si tratta neanche
di proclamare chi sia il vincitore o il perdente. Penso che dobbiamo metterci
tutti d’accordo per far vincere il Paese.
D. – Quali sono le priorità che dovrà affrontare il nuovo
presidente?
R. – Una priorità è di aiutare la nazione a pacificarsi, a
risolvere le tensioni ormai secolari, i contenziosi storici, evitare che ci
siano esclusioni. In questo senso l’esclusione può venire sia da chi ha vinto o
sia da chi ha il potere economico. Quindi cercare le vie di riconciliazione per
la Nazione. La prima sfida è proprio questa. Una seconda cosa è che Haiti, fino
adesso, è sempre stata identificata con Port-au-Prince,
la capitale. Occorre avviare delle riforme per dare una maggiore autonomia alle
grandi province che ci sono, in modo che la gente in campagna, la gente della
provincia possa vivere in modo adeguato. Un’ultima cosa, penso che bisogna
mettersi subito a lavorare perché c’è tanta disoccupazione e la disoccupazione
crea criminalità e poiché in questi ultimi anni siamo stati molto colpiti dalla
criminalità occorre offrire un’alternativa ai nostri giovani.
D. – Quale deve essere, secondo lei, il ruolo della
comunità internazionale in questa fase?
R. – La comunità internazionale, che ha iniziato ad
accompagnare il Paese durante il processo elettorale e anche prima, non può
pensare che tutto si sia risolto con le elezioni. Ora occorre supportare questa
giovane democrazia che sta prendendo corpo, fornendo tutto l’aiuto necessario a
livello economico, ma soprattutto portando la gente a prendere in mano la
propria responsabilità, il proprio destino.
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17 febbraio 2006
FORTE APPELLO DI CARITAS INTERNATIONALIS
AD AIUTARE LE POPOLAZIONI DELL’AFRICA ORIENTALE COLPITE DA SICCITA’ E CARESTIA:
“OCCORRONO ALMENO
UN MILIONE
E 200 MILA DOLLARI PER IL KENYIA E 45 MILA DOLLARI PER
DJIBOUTI”
- A cura di Roberta Moretti -
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ROMA. = Otto milioni di persone senza cibo a causa della
siccità in Kenya, Etiopia, Somalia e Djibouti: sono
le drammatiche cifre fornite da Caritas Internationalis, che in questi giorni ha lanciato due
appelli a raccogliere un milione e 200 mila dollari per
il Kenya e 45 mila dollari per Djibuti. In Kenya,
dove la carestia mette in pericolo la vita di 3 milioni e mezzo di persone, la Caritas locale ha elaborato un programma di
aiuti alimentari destinato a 45 mila kenyioti.
14 mila di questi, soprattutto bambini denutriti, donne incinte e che allattano,
riceveranno anche cibo altamente nutritivo. Il
progetto, portato avanti insieme alla britannica Cafod
e al Catholic Relief Services, è destinato in particolare a coloro che attualmente
non ricevono aiuti dai governi o dalle organizzazioni internazionali. A Isiolo, ad esempio, “una delle zone più colpite dalla
siccità, le razioni governative raggiungono solo il 10 per cento delle persone
e – ha sottolineato Caritas Kenya – i più denutriti
sono troppo deboli per raggiungere i centri di distribuzione del cibo”. In più,
ad oltre 18 mila agricoltori saranno distribuiti semi di piante resistenti alla
siccità, in attesa delle prossime piogge. Per quanto
riguarda Djibouti, invece, sono circa 150 mila le persone
che hanno bisogno di aiuti alimentari, soprattutto tra coloro che vivono di
pastorizia e che quindi dipendono dall’erba della prateria per sfamare gli
animali. Occorrono dunque almeno 45 mila dollari, perché la Caritas
locale possa realizzare il suo programma e distribuire aiuti a 200 famiglie,
attraverso l’aiuto delle missioni cattoliche nel Paese.
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“UN
MONDO SENZA POVERTA’ È POSSIBILE!”: E’ QUANTO AFFERMANO I RAPPRESENTANTI DI 340
CHIESE CRISTIANE, RIUNITI IN QUESTI GIORNI A PORTO ALEGRE, IN BRASILE, PER LA
IX ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
PORTO ALEGRE. = “Un mondo senza povertà è non solo
possibile, ma è in accordo con la grazia di Dio per il mondo”: si apre con
questa affermazione l’appello “all’amore e all’azione” lanciato ieri pomeriggio
a Porto Alegre, in Brasile, dai rappresentanti delle
340 Chiese cristiane riunite per la IX Assemblea del
Consiglio Ecumenico delle Chiese. Nell’appello, redatto dalla Commissione
“Giustizia, pace e creato”, i responsabili delle Chiese esprimono la loro
preoccupazione di fronte alla “ineguaglianza crescente, alla concentrazione
della ricchezza e del potere nelle mani di pochi e alla distruzione del
pianeta, il tutto aggravato dallo scandalo della povertà del Sud che si sta
espandendo anche al Nord”. “Riuniti a Porto Alegre,
luogo che ha accolto il Social Forum mondiale – spiegano i partecipanti – siamo
incoraggiati dal messaggio costruttivo e positivo” lanciato dai quei movimenti
che “ci dicono che altre soluzioni sono possibili”. Le Chiese chiamano tutti ad
agire su vari fronti. Il primo “impegno” è per “l’eliminazione della povertà e
dell’ineguaglianza, sviluppando economie di solidarietà”. Riguardo al commercio,
le Chiese chiedono “giustizia nelle relazioni commerciali internazionali” e una
più stretta collaborazione “con i movimenti sociali, perché gli accordi siano
giusti, duraturi e democratici”. Al punto “Finanza”, le Chiese chiedono, oltre
“all’annullamento incondizionato del debito”, anche “una regolamentazione dei
mercati finanziari mondiali” e che “gli investimenti siano orientati in
direzione di affari che rispettano la giustizia sociale e l’ecologia”. “No” anche
a quelle banche e istituti che operano speculazioni e incoraggiano l’evasione
fiscale. L’appello contiene poi tutta una serie di impegni a favore di un
utilizzo ecologico della terra e delle risorse naturali. “Il processo di
trasformazione – concludono le Chiese – esige da noi che ci riconosciamo
responsabili davanti alle vittime del processo di mondializzazione economica”.
(R.M.)
“TUTTI DOBBIAMO CONTRIBUIRE, COME SINGOLI E COME
COMUNITÀ,
ALLA
TRASFORMAZIONE E ALLA RIGENERAZIONE MORALE DELLA NOSTRA PATRIA”:
E’
L’APPELLO LANCIATO DAI VESCOVI PERUVIANI,
A MENO
DI 2 MESI DALLE ELEZIONI NEL PAESE
LIMA. =
“È il momento di incoraggiare la fiducia e la fede in noi stessi, nel nostro
Paese, nelle nostre istituzioni. Tutti siamo responsabili del bene comune.
Tutti dobbiamo contribuire, come singoli e come comunità, alla trasformazione e
alla rigenerazione morale della nostra patria”. E’ l’esortazione dei vescovi
peruviani, in un comunicato pubblicato nei giorni scorsi, dal titolo: “Impegno
etico per il Perù”. Scopo del messaggio è fornire, a meno di due mesi dalle
elezioni presidenziali e parlamentari nel Paese, orientamenti etici, affinché
sia gli elettori che i candidati assumano gli impegni
civili con responsabilità. Come riferisce l’agenzia Fides, i presuli affermano
che per i cittadini votare è un diritto, ma anche un dovere, perché è la forma
attraverso cui essi esprimono in coscienza la loro propensione politica. In
questo modo, essi partecipano responsabilmente al futuro del Paese.
Rivolgendosi ai candidati e alle autorità politiche, i vescovi ribadiscono che
il Perù si attende dei programmi concreti ed efficaci per la lotta alla corruzione,
che ormai ha contagiato sia le istituzioni, che la morale pubblica. Quindi,
l’episcopato peruviano esorta i mezzi di comunicazione a non scadere in mera
propaganda manipolatrice o interessata, ma ad
adoperarsi, affinché gli elettori dispongano di un’informazione vera, onesta ed
efficace. Infine, l’appello affinché la campagna elettorale si conduca in forma
onesta, pulita, con dignità, contenuti e nel dovuto rispetto della vita
privata. (A.E.)
LA SITUAZIONE DELLE COMUNITÀ CATTOLICHE NORDAFRICANE
E LA TRAGEDIA
DEI
MIGRANTI: SONO GLI ARGOMENTI DISCUSSI NEI GIORNI SCORSI AD ALGERI,
DURANTE
LA RIUNIONE DELLA CONFERENZA
DEI
VESCOVI DELLA REGIONE NORD DELL’AFRICA (CERNA)
ALGERI.
= Si è conclusa nei giorni scorsi ad Algeri la Riunione della Conferenza dei vescovi
della Regione Nord dell’Africa (CERNA), dedicata alla tragedia dei migranti e
alla situazione delle comunità cattoliche locali. Di fronte al dramma di
migliaia di emigranti, che utilizzano il Nord del Continente come trampolino per
raggiungere l’Europa, i membri della CERNA hanno affermato: “I cristiani presenti
nel Maghreb, spesso essi stessi stranieri, ben
comprendono la sofferenza dei migranti”. Rifacendosi poi alla recente Enciclica
di Benedetto XVI, Deus Caritas est, i presuli
si sono uniti in preghiera, affinché Dio doni alle comunità cristiane locali la
forza di praticare una carità concreta, quando le circostanze fanno del
migrante il loro prossimo. Come riferisce l’agenzia Fides, i vescovi hanno
ribadito l’impegno a far prendere coscienza alle comunità cattoliche africane
del problema delle migrazioni e hanno proposto che tale argomento venga trattato nel prossimo Sinodo africano. Durante la
Conferenza, i vescovi hanno anche eletto i nuovi vertici della CERNA, tra cui
il presidente, mons. Vincent Landel,
arcivescovo di Rabat. Nella prossima Conferenza, che si terrà a Tunisi dal 26
al 29 ottobre 2006, si discuterà dei lineamenti del Sinodo africano, della
carità cristiana alla luce dell’ultima Enciclica e dell’evoluzione
dei rapporti islamico-cristiani. (A.E.)
110 MILA CONTAGIATI E 52 MORTI: È IL
DRAMMATICO BILANCIO DELL’EPIDEMIA
DI “CHIKUNGUNYA”,
LA COSIDDETTA “MALATTIA DELL’UOMO PIEGATO”,
CHE HA
COLPITO L’ISOLA FRANCESE DE LA RÉUNION, NELL’OCEANO INDIANO
SAINT
DENIS DE LA
L'ECUMENISMO AL CENTRO DELLA CONFERENZA
INTERNAZIONALE
DI
ADORAZIONE E LODE CHE SI SVOLGERA' A BARI SABATO E DOMENICA
- A
cura di Giovanni Peduto -
BARI. =
Un evento a carattere ecumenico, che ormai da sei anni caratterizza il cammino
del Rinnovamento carismatico cattolico, è
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17 febbraio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Tragedia nelle Filippine: una gigantesca frana ha sepolto, questa notte, due villaggi alle porte di Saint Bèrnard, città situata al sud dell'isola di Leyte, nel centro dell'arcipelago. Alcune fonti parlano di
circa 200 morti e 1.500 dispersi ma si teme che il bilancio possa arrivare ad
oltre 2000 vittime. Su questa tragedia, ascoltiamo al microfono di Salvatore
Sabatino, padre Erwin Balagàbo,
vicario dell’arcidiocesi di Palò, non lontano dal luogo del disastro:
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R. - La tragedia è avvenuta in una piccola città che si
chiama Saint Bernard, nel sud dell’isola Leyte; alcune fonti dicono che sono coinvolti più o meno
600 studenti in una scuola elementare, e almeno tre villaggi, composti di case
piccole. Dicono che ci sono intere famiglie sepolte dalla valanga …
D. – Sa per caso quali sono i motivi che hanno provocato
questo smottamento?
R. – Piove da tre settimane, in tutta l’isola. In quel
posto, sono stati tagliati alberi senza permesso, e vanno considerate queste
conseguenze dovute al disboscamento.
D. – I soccorsi sono arrivati subito?
R. – Sì, ho chiamato in una città vicina al luogo della
tragedia e lì e mi hanno detto che stanno inviando un gruppo di soccorso.
Stanno arrivando aiuti anche a livello nazionale.
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Dopo la richiesta delle Nazioni Unite, anche un ministro
britannico e un rappresentante del governo tedesco chiedono la chiusura del
carcere americano di Guantanamo. Riferendosi al
centro di detenzione statunitense, il premier britannico Tony Blair ha detto inoltre che Guantanamo
costituisce un’anomalia. Ma l’amministrazione americana ribadisce che non
intende chiudere il carcere. Il nostro servizio:
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Dopo la
pubblicazione del documento della Commissione dei diritti umani delle Nazioni
Unite sul carcere di Guantanamo, anche Germania e
Gran Bretagna, oltre ad ONU e Parlamento europeo, chiedono la chiusura del
centro penitenziario statunitense. Un ministro britannico e il
responsabile tedesco dei rapporti con gli Stati Uniti hanno precisato,
stamani, che il carcere di Guantanamo deve essere
chiuso immediatamente. Di fronte a questa richiesta, la risposta
dell’amministrazione americana sembra però irremovibile:
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Il movimento di Hamas sia parte legittima e integrante del
processo di pace in Medio Oriente. È l’auspicio espresso stamani a Mosca dal
ministro degli Esteri russo Lavrov. Nei giorni scorsi
il Cremlino si era offerto come mediatore tra il gruppo radicale e Israele.
Nello Stato ebraico, intanto, il governo israeliano ha previsto una serie di sanzioni destinate ad indebolire
Hamas se l’organizzazione estremista dirigerà il futuro governo palestinese.
Nel quadro di tali misure, Israele sospenderebbe i fondi, in particolare i
diritti doganali, dovuti all’Autorità Nazionale Palestinese. Del movimento fondamentalista,
vincitore alle elezioni dello scorso 25 gennaio, hanno discusso a Berlino anche
il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il premier britannico, Tony Blair.
Entrambi sono d’accordo nel ritenere che condizioni per l’avvio di un dialogo
con Hamas sono la rinuncia alla violenza, il riconoscimento del diritto
all’esistenza di Israele e l’accettazione degli accordi conclusi, finora,
nell’ambito del processo di pace.
Nuova
ondata di sequestri in Iraq: due serbomontenegrini,
che lavoravano nell’aeroporto della città meridionale di Bassora, sono stati
rapiti da uomini armati. A Baghdad miliziani armati hanno inoltre rapito, nella
notte, un ricco banchiere e suo figlio. Lo ha reso noto il ministero
dell’Interno precisando che cinque guardie del corpo sono rimaste uccise durante
le concitate fasi del rapimento. Sul versante politico, il ministro degli
Esteri iraniano ha chiesto il ritiro immediato delle truppe britanniche da
Bassora. La presenza britannica e la conseguente tensione nella regione - ha
detto il ministro iraniano - creano effetti negativi
anche nella Repubblica islamica.
Continua
in Pakistan l’ondata di proteste contro le caricature su Maometto: Karachi è stata
teatro di nuovi scontri tra dimostranti e forze di polizia e a Multan, nel sud del Paese, sono stati arrestati più di 120
manifestanti. Questi provvedimenti di fermo sono scattati dopo la decisione di
imporre il divieto di raduno, presa dalle autorità di Islamabad
dopo quattro giorni consecutivi di disordini, costati la vita a cinque persone.
Una ferma condanna alle violenze e alle proteste innescate dalla pubblicazione
delle vignette satiriche su Maometto è arrivata, inoltre, da una risoluzione
approvata ieri dal Parlamento europeo. Nel documento si afferma che la libertà
d’espressione è un diritto fondamentale da difendere. Un valore – si legge
ancora nella risoluzione – di cui non si deve però abusare incitando all’odio
religioso e alla xenofobia. Il testo deplora anche la ripresa della propaganda
antisemitica e condanna l’assassinio, in Turchia, di padre Andrea Santoro.
Saranno
rimpatriate domani le salme di Iendi Iannelli e Stefano Siringo, i due cooperanti italiani
trovati morti ieri a Kabul in circostanze ancora non chiare. Le cause della
morte verranno chiarite non appena verrà eseguita
l’autopsia. Sui corpi dei due non sono stati trovati segni di violenze ed è
sfumata l’ipotesi delle esalazioni da monossido di carbonio provenienti da una
stufa difettosa.
Cresce l’allarme per l’influenza aviaria: le autorità
russe hanno reso noto che è stato scoperto un nuovo focolaio nella Repubblica caucasica del Daghestan. In Germania, il ministero dell’Agricoltura Mecklembourg-Pomerania aveva confermato ieri che altri dieci decessi di volatili
sono da attribuire al virus H5N1, potenzialmente letale per l’uomo. Sempre ieri
è stato confermato un altro caso in Austria. In Italia, intanto, un folto
gruppo di allevatori della Confederazione italiana agricoltori (CIA) ha
manifestato stamani davanti a Palazzo Chigi per
sollecitare risposte adeguate alla crisi che ha colpito il settore avicolo.
Espulse 6 ONG italiane in Eritrea: il governo di Asmara ha
chiesto a sei organizzazioni italiane di lasciare il Paese e di cessare le
proprie attività per la mancanza dei requisiti necessari ad operare nello Stato
africano.
In Italia, è alta la
percezione di rischio attentati nella “finestra temporale” tra le Olimpiadi
invernali di Torino e le elezioni politiche del 9 aprile. Lo sottolinea la
relazione semestrale redatta dai Servizi di
Informazione e di Sicurezza (CESIS).
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