RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 47 - Testo della trasmissione di giovedì 16  febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI ha ricevuto il premier libanese Fouad Siniora: sottolineato il comune impegno di lavorare per educare le popolazioni alla pace, nel rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa

 

Dibattito ieri a Roma tra mons. Angelo Comastri e la regista Liliana Cavani sull’Enciclica del Papa Deus caritas est

 

Non migliora la situazione nel mondo marittimo: povertà, pirateria, sicurezza, sfruttamento e maltrattamenti i problemi principali. Così i Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare

 

Martedì prossimo, 21 febbraio, la conferenza stampa per i 75 anni della Radio Vaticana: avrà luogo nella Sala Stampa vaticana

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il crocifisso, un simbolo d’amore universale che non offende nessuno: ai nostri microfoni, la riflessione del prof. Antonio Maria Baggio dopo la sentenza del Consiglio di Stato sulla presenza del crocifisso nelle scuole

 

La commissione ONU per i diritti umani chiede agli USA la chiusura del centro di detenzione di Guantanamo: il commento di  Riccardo Noury

 

In corso a Castel Gandolfo il convegno dei vescovi amici del Movimento dei Focolari: ne parliamo con il cardinale Ennio Antonelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Due indonesiani sono morti a Giakarta con sintomi simili all’aviaria. Positivi all’H5N1 i test in Romania. In Italia, danni di oltre 650 milioni di euro al mercato avicolo

 

“Credo allo sviluppo dell’ecumenismo”: così il cardinale Walter Kasper all’Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese che si sta svolgendo in questi giorni a Porto Alegre, in Brasile

 

Il presidente dell’Unione Africana, Denis Sassou Nguesso, chiede una tregua politica e militare in Costa d’Avorio

 

E’ cresciuta del 40 per cento nel 2005 la contraffazione dei farmaci: lo denuncia l’OMS

 

Dichiarazione finale della XII assemblea dell’Unione delle Conferenze europee dei Superiori maggiori

 

Vietnam: decine di sacerdoti e religiosi ogni anno nelle Filippine per completare i loro studi teologici

 

24 ORE NEL MONDO:

 René Preval è stato proclamato nuovo presidente di Haiti

 

Morti due cooperanti italiani in Afghanistan: ai nostri microfoni, l’ambasciatore italiano a Kabul

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 febbraio 2006

 

Il comune impegno ad educare le popolazioni alla riconciliazione

ed alla pace, nel rispetto dei diritti umani ed in particolare

della liberta' religiosa: e’ quanto emerso dall’incontro del papa

con il primo ministro libanese Fouad Siniora, ricevuto stamane in vaticano

 

Uno scambio di opinioni sulla situazione esistente in Libano e nel Medio Oriente in generale: questo è stato l’incontro stamane in Vaticano del Papa con il primo ministro  del Libano, Fouad Siniora. Ad un anno dall’assassinio del premier libanese Rafiq Hariri, ucciso il 14 febbraio con altre venti persone, Benedetto XVI  ha ricevuto stamane proprio il successore, con la consorte e seguito. Il premier, arrivato ieri in Italia con una delegazione di 4 ministri, ha già incontrato il presidente del Consiglio, Berlusconi. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“Il comune impegno di lavorare per educare le popolazioni alla  riconciliazione ed alla pace, nel rispetto dei diritti umani ed in particolare della libertà religiosa”. E’ quanto emerso dal colloquio del Papa con il primo ministro libanese, secondo quanto riportato dalla nota della Sala Stampa vaticana. Si legge anche che “la visita del Capo del Governo libanese e della Delegazione ufficiale che l’accom-pagnava, ha inteso confermare la grande devozione del popolo libanese verso il Romano Pontefice, come verso la Santa Sede in generale, sempre molto vicino a quella nobile Nazione”.  

 

Del Paese dei cedri, dobbiamo dire che due giorni fa il centro di Beirut era assediato: bandiere bianche e rosse, slogan contro i servizi segreti siriani accusati dell’assassinio e la richiesta delle dimissioni del presidente filosiriano Emile Lahoud. Un anno fa, proprio l’intensa mobilitazione di massa, detta “rivoluzione dei cedri”, ha portato al ritiro dei soldati siriani dal Libano a primavera, dopo 29 anni di presenza militare. Nel Paese il cambiamento non può ancora essere stato assimilato in tutti i suoi aspetti sociali. C’è la Chiesa maronita,  pronunciatasi più volte per una “riconciliazione nazionale” e presa di mira recentemente da una serie di attacchi. Nei giorni scorsi, in occasione della festa di San Marone, il monaco  vissuto in Siria (345-420) i cui fedeli nei secoli successivi vennero chiamati Maroniti, il patriarca, cardinale Nasrallah Pierre Sfeir ha lanciato un forte appello “a tutti i maroniti perché riprendano un cammino nuovo di vera spiritualità fondata sulla riconciliazione, sulla tolleranza e sul perdono reciproco”.

 

Ricordando gli incidenti della settimana scorsa che hanno causato danni materiali in diversi luoghi di culto e conventi maroniti a Beirut, il patriarca Sfeir ha chiesto “ai responsabili di garantire la massima protezione e vigilanza per evitare lo scoppio di una nuova guerra civile che può distruggere la missione del Libano”. Ricordiamo che in occasione dell’incontro con il Corpo Diplomatico, a inizio anno, Benedetto XVI, quando ha rivolto un pensiero al Libano, lo ha fatto sottolineando che “la popolazione deve ritrovare, anche con il sostegno della solidarietà internazionale, la sua vocazione storica alla collaborazione sincera e fruttuosa tra le comunità di diversa fede”.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Papa ha ricevuto stamane alcuni presuli della Conferenza episcopale del Senegal in visita “ad Limina”.

 

Questo pomeriggio, il Santo Padre riceverà l’arcivescovo Fortunato Baldelli, nunzio apostolico in Francia.

 

 

AMPIE RIFLESSIONI DEL PUBBLICO IERI A ROMA ALLA PRESENTAZIONE DELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI DEUS CARITAS EST PROMOSSA DALLE PAOLINE.

AD APRIRE IL DIBATTITO, MONS. ANGELO COMASTRI E LA REGISTA LILIANA CAVANI

- Intervista con mons. Angelo Comastri e con Liliana Cavani -

 

Grande partecipazione ieri a Roma all’incontro-dibattito sull’Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est. All’iniziativa promossa dalle Paoline hanno preso parte mons. Angelo Comastri, vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e la regista Liliana Cavani. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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A meno di un mese dalla pubblicazione, sono oltre un milione le copie vendute della prima Enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. Ieri pomeriggio tanti hanno voluto ascoltarne la presentazione con il commento del vicario generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano mons. Angelo Comastri e della regista Liliana Cavani. Un pubblico attento quello che ha posto tante domande. “Pensavo che l’amore di Dio per l’uomo fosse solo agape” confessa una persona. “L’amore di Dio comprende tutte le dimensioni” ha risposto mons. Comastri. E un’altra domanda: “Come può l’amore trovare spazio oggi anche nella giustizia e nella politica?”. “L’amore non può restare un’astrazione” ha affermato il presule e la regista Liliana Cavani ha voluto aggiungere che amore è approfondire cosa vuole da noi Gesù Cristo. E c’è chi l’Enciclica l’ha letta per spiegarla al figlio non credente: ma cosa rispondere quando ci viene chiesto “perché il male” se Dio è amore?. Tema difficile, ha osservato mons. Comastri, il mondo non è più come è uscito dalle mani di Dio e di fronte alla libertà dell’uomo Dio è impotente, la sua potenza si è manifestata invece nell’amore per noi che lo ha condotto alla Croce. Ma ascoltiamo quanto ha voluto precisare mons. Comastri:

 

R. – Innanzitutto questa Enciclica ci ricorda qual è il Dio cristiano. Pascal diceva - già ai suoi tempi, eravamo nel 1600 – “molti bestemmiano in nome di Dio, del Dio cristiano, perché non lo conoscono. Pensano che il Dio cristiano sia il Dio grande, potente, onnipotente. Il Dio cristiano non è questo; questo è il Dio dei filosofi. Il Dio cristiano è il Dio nel quale l’onnipotenza coincide con l’amore”. Dio è onnipotente nell’amore, e il Papa ci ricorda questa verità, e ricordarla è fondamentale in questo momento perché è forte la tentazione di diventare violenti nel nome di Dio e per esaltare Dio. E’ una contraddizione assoluta. Nel nome di Dio si può soltanto amare. E nel nome di Dio si può morire martiri, ma mai uccidere gli altri.

 

E questo è il commento della regista Liliana Cavani:

 

R. – L’Enciclica mi ha sorpreso. Sarà necessario secondo me, parlarne, commentarla ecc., se no il rischio è - se viene letta superficialmente, o non letta e basta - che resti una generica comunicazione sull’amore, tanto si sa che i cristiani devono amare, devono amarsi ecc., quindi sembrerebbe non aggiungere niente. In realtà bisogna, secondo me, tirare fuori il nocciolo che c’è dentro, che è questa unità di corpo ed anima. E’ questo, a mio parere non abbiamo approfondito.

 

D. – Nel leggere l’Enciclica, quali sono gli aspetti che l’hanno più incuriosita?

 

R. – Il fatto che è stata evidenziata l’unità di corpo ed anima. Il Papa ha voluto far notare l’origine divina dell’amore, l’ha precisata. E’ non ha esitato a pronunciare il nome di eros: è un Dio dell’amore, perché l’amore ha sempre avuto a che fare con il divino. Il Vangelo è nuovo, proprio nuovo, perché porta al centro il corpo di Cristo. Dio in Gesù si è fatto corpo, si è fatto uomo. Ci vorrà tempo prima che quest’unità di corpo e anima, evidenziata dall’Enciclica, passi dallo scritto alla cultura diffusa.

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NON MIGLIORA LA SITUAZIONE NEL MONDO MARITTIMO: POVERTA’ DEI PESCATORI,

PIRATERIA, SICUREZZA, SFRUTTAMENTO E MALTRATTAMENTI I PROBLEMI PRINCIPALI. COSI’ I COORDINATORI REGIONALI DELL’APOSTOLATO DEL MARE

 

“Ci sono oltre 200 milioni di persone che dipendono, per vivere, dal mondo della pesca, e spesso sono i più poveri tra i poveri”.  E’ quanto afferma la Dichiarazione finale   dei Coordinatori Regionali dell’Apostolato del Mare che  si sono riuniti, dal 31 gennaio al 1° febbraio scorso presso la sede del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per il consueto incontro annuale. “La situazione generale nel mondo marittimo non è realmente migliorata - prosegue la Dichiarazione - Sono poi sorti nuovi pericoli quali pirateria, criminalizzazione dei marittimi, restrizioni per scendere a terra, maggiore stress e fatica, che hanno creato un deterioramento dell’ambiente umano”.  E questo “benché gli organismi internazionali ed alcune organizzazioni religiose, governative e non-governative siano molto attivi in questo settore, e nonostante gli sviluppi positivi registrati in alcune regioni”.

 

Secondo i Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare “le condizioni a bordo dei pescherecci spesso rasentano livelli disumani. Nonostante questa professione sia considerata tra le più pericolose al mondo, la mancanza di un appropriato equipaggiamento di salvataggio e di un’adeguata formazione è problema di urgente preoccupazione”. Continua anche - si legge nella Dichiarazione -  “il reclutamento illegale dei membri degli equipaggi delle navi da pesca, mentre sfruttamento e maltrattamenti sono diffusi. Ci sono, poi, intere comunità di pescatori migranti privi di documenti che soffrono continui soprusi. Nuova tecnologia, pesca di frodo ed intensiva stanno, inoltre, rapidamente esaurendo gli stock rimasti. D’altro lato, in molte parti del mondo le quote e i regolamenti di pesca colpiscono duramente le comunità che lottano per sopravvivere. I pescatori, pertanto, devono essere coscientizzati circa l’urgenza della protezione ambientale”. La Dichiarazione invita a sostenere, in particolare con la preghiera, “i cappellani che lavorano in situazioni difficili”.

 

Lo tsunami – si rileva -  ha reso il mondo maggiormente consapevole della situazione dei pescatori. Nell’Asia Meridionale … l’Apostolato del Mare … ha risposto all’emergenza e continua ad essere ancora attivo nel relief work in atto. La mancanza di reti e di una casa restano, a tutt’oggi, un grave problema. L’approccio specifico dell’Apostolato del Mare è stato, fin dall’inizio, quello di prendersi cura di coloro che sono rimasti esclusi dai principali piani delle grandi agenzie di finanziamento”. Il XXII Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare si terrà a Gdynia, in Polonia, dal 24 al 29 giugno 2007.

 

 

MARTEDI’ PROSSIMO  21 FEBBRAIO LA CONFERENZA STAMPA  PER I 75 ANNI

DELLA RADIO VATICANA: AVRA’ LUOGO NELLA SALA STAMPA VATICANA

 

Martedì 21 febbraio, alle ore 11.30, nella Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo la conferenza stampa sul tema: “La Radio Vaticana al traguardo dei 75 anni. Nuove vie per il servizio della Chiesa e prospettive”. All’evento prenderanno parte  padre Federico Lombardi, direttore generale della nostra emittente, padre  Andrzej Koprowski, direttore dei Programmi, l’ing. Sandro Piervenanzi, vice-direttore tecnico, e Pietro Cocco, responsabile del Web Team Radio Vaticana.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l’Iraq con un articolo dal titolo “Nuovi orrori da Abu Ghraib”: foto inedite documentano torture e sevizie inflitte a prigionieri iracheni.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla celebrazione della Giornata mondiale del malato nelle diocesi italiane.

 

Servizio estero – L’intervento della Santa Sede dal titolo “L’equa condivisione dei benefici della crescita economica è condizione indispensabile per la rapida riduzione della povertà”.

 

Servizio culturale – “Cerco Dio solo” è il titolo dell’articolo di Alberto Migone in ricordo di don Divo Barsotti.

Un articolo di Timothy Verdon in occasione dei 150 anni dalla morte del Beato Angelico.

 

Servizio italiano - In rilievo l’emergenza legata all’influenza aviaria.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 febbraio 2006

 

 

IL CROCIFISSO, UN SIMBOLO D’AMORE UNIVERSALE CHE NON OFFENDE NESSUNO:

AI NOSTRI MICROFONI, LA RIFLESSIONE DEL PROF. ANTONIO MARIA BAGGIO

DOPO LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

SULLA PRESENZA DEL CROCIFISSO NELLE SCUOLE

 

Il crocifisso deve restare nelle aule scolastiche perché non è un simbolo discriminatorio e rappresenta valori alla base dell’identità italiana: è quanto stabilito ieri da una sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso di una madre finlandese che chiedeva la rimozione del crocifisso dalla scuola media frequentata dai suoi figli in provincia di Padova. Sulla vicenda, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica all'Università Gregoriana:

 

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R. – Il ragionamento del giudice e la sentenza sono intelligenti perché mettono insieme una consapevolezza esatta, professionale del diritto e il senso storico, perché i valori che noi viviamo – quindi anche la tolleranza, il rispetto per gli altri, ecc. – sono frutto di esperienze storiche e molto spesso hanno nella loro radice un’origine religiosa. Quindi non si possono considerare questi frutti senza gli alberi che li hanno prodotti. La sentenza semplicemente ricorda come sono andate le cose.

 

D. – Date a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare : in fondo la laicità, il concetto sano di laicità nasce proprio con Gesù Cristo e allora perché stracciarsi ancora le vesti?

 

R. – Questo concetto di laicità è importante perché con il Cristianesimo e l’Incarnazione di Dio si dà un enorme valore alla realtà della storia e quindi si dà autonomia anche alle nostre vicende di uomini. E’ importante ciò che facciamo giorno per giorno. La dimensione della laicità è proprio il Cristianesimo a portarla alla sua massima espressione. Lo fa con un dono. Il dono di Dio della Rivelazione, dell’importanza dell’uomo e della salvezza è qualche cosa che abbiamo ricevuto. C’è stato dato. Questa è la laicità. Il Crocifisso ci ricorda questo. Ci dà anche il senso che noi non siamo onnipotenti, ma tutti siamo debitori di qualche cosa. C’è una sorta di limite nell’esercizio umano del potere e della conoscenza e il crocifisso da una parte ci dice tutto il valore che abbiamo, dall’altra che questo valore non è assoluto e quindi non possiamo ergerci a padroni degli altri. Tutto questo è dentro il concetto di laicità rettamente inteso.

 

D. – Quasi 20 anni fa, un’atea di cultura ebraica, Natalia Ginzburg, scriveva - per altro sull’Unità - chiedeva di non togliere dalle scuole quella Croce perché essa rappresenta tutti, rappresenta il dolore umano. Due decenni dopo ancora se ne discute. Perché, secondo Lei?

 

R. – Se ne discute perché si fanno confusioni, si tende ad utilizzare per un interesse politico di parte un simbolo universale. Io ho esperienza di dialogo, di incontro con rappresentanti delle grandi religioni. “Cristo non fa difficoltà” e sto mettendo tra virgolette, citando alla lettera le espressioni di un grande studioso indù, che ho avuto modo di incontrare a Delhi in dicembre. Cosa intende dire con “Cristo non fa difficoltà”? Che si riconosce tutto l’insieme di significati profondi che il Cristo porta e soprattutto si vede il dolore innocente, cioè un dono disarmato. Allora, trasformare in arma, in strumento di contesa colui che per definizione si offre come dolore innocente e disarmato, sembra proprio un’operazione ideologica delle peggiori. Questa sentenza ha rimesso le cose a posto.

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LA COMMISSIONE ONU PER I DIRITTI UMANI CHIEDE AGLI USA

DI CHIUDERE IL CENTRO DI DETENZIONE DI GUANTANAMO

- Intervista con Riccardo Noury -

 

I detenuti del carcere militare statunitense di Guantanamo, a Cuba, vanno processati subito oppure liberati. E’ quanto sollecitato oggi agli Stati Uniti dai cinque esperti indipendenti della Commissione dell’ONU per i diritti umani. Nella loro relazione di 54 pagine, pubblicata a Ginevra, gli esperti delle Nazioni Unite chiedono “la chiusura immediata del centro di detenzione di Guantanamo Bay, di processare tutti i prigionieri davanti a un tribunale indipendente e competente o rilasciarli”. Ma perché i relatori dell’ONU accusano Washington di “detenzioni arbitrarie”, tecniche di interrogatorio “degradanti”, “ricorso eccessivo alla violenza”, in alcuni casi di “tortura”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International:

 

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R. – Perché questa situazione va avanti da cinque anni ed è bene che le Nazioni Unite, con una loro commissione d’inchiesta, se ne siano accorte. A Guantanamo - Amnesty lo sostiene dal 2002 - è in corso una vera e propria demolizione del sistema di garanzie del diritto internazionale nei confronti delle persone detenute. Vi sono oggi più di 500 persone, di oltre 30 Paesi, alle quali viene negato il diritto che un giudice indipendente possa valutare se la loro detenzione sia legale o no. Tali prigionieri non hanno cioè diritto a conoscere di cosa siano accusati, non hanno diritto ad una difesa. A questo si aggiunge un trattamento crudele, disumano e degradante, che in molti casi sfocia nella tortura vera e propria, come rivelato dalla stessa Commissione dell’ONU che ha stilato il rapporto su Guantanamo.

 

D. – Quali convenzioni o leggi internazionali tutelano i detenuti di Guantanamo?

 

R. – Innanzitutto gli accordi internazionali che proibiscono l’uso della tortura. Questo vale in qualunque circostanza, nei confronti di qualunque prigioniero ed in qualunque tempo. In secondo luogo c’è la Convenzione di Ginevra, che riguarda il trattamento dei cosiddetti prigionieri di guerra. Va ricordato che in buona parte le oltre 500 persone e le circa 200 rilasciate nel corso di questi anni da Guantanamo erano e sono persone prelevate in Afghanistan, in Pakistan, in terreni di battaglia. L’amministrazione degli Stati Uniti ha coniato da sola, in maniera del tutto improvvisata e non corrispondente al diritto internazionale, una definizione che è di “combattenti nemici”, sottraendo in questo modo i detenuti di Guantanamo alle protezioni previste dalla Convenzione di Ginevra. Tale Convenzione dice molto chiaramente che deve essere una terza parte indipendente a valutare se un detenuto debba godere o meno delle garanzie previste dalla stessa e che in caso di dubbio, fino a prova contraria, queste garanzie devono essere loro conferite.

 

D. – Quanto è vincolante il pronunciamento degli esperti ONU che chiedono la chiusura della base e di processare i detenuti davanti ad un tribunale indipendente?

 

R. – Vale forse di più delle denunce fatte da Amnesty International, dalla Croce Rossa, dalle inchieste giornalistiche. Vale perché la fonte è autorevole e gli esperti sono indipendenti. Il problema è che nei confronti di rapporti di questo tipo - che non hanno un potere vincolante - gli Stati Uniti, come altri  Paesi in contesti diversi, hanno manifestato contrarietà e disinteresse nell’applicare le raccomandazioni indicate.

 

D. – Quanto incide nell’opinione pubblica internazionale la questione di Guantanamo, quando proprio in queste ore è scoppiato nuovamente lo scandalo degli abusi nel carcere iracheno di Abu Ghraib?

 

R. – Tutte queste situazioni stanno emergendo alla luce del sole. Allora una politica cosiddetta di sicurezza - che vuole ottenere la fine di un pericolo che indiscutibilmente è grave come quello del terrorismo internazionale - non può permettersi di violare il diritto internazionale in maniera così scientifica. Un certo giorno ci si accorgerà - e l’opinione pubblica se ne sta accorgendo - che questa politica di combattere il terrore con il terrore è moralmente sbagliata, giuridicamente illegale e soprattutto completamente inefficace.

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GESU’ CROCIFISSO E ABBANDONATO, AL CENTRO DEL CONVEGNO

DEI VESCOVI AMICI DEI FOCOLARI, IN CORSO A CASTEL GANDOLFO

- Intervista con il cardinale Ennio Antonelli -

 

E’ in corso a Castel Gandolfo, fino a domani, il 30.esimo Convegno spirituale di Vescovi amici del Movimento dei Focolari. Al centro della riflessione del centinaio di presuli convenuti da tutto il mondo, tra cui 6 cardinali, Gesù crocifisso e abbandonato come sorgente e modello dell’amore e dell’unità. Ieri la partecipazione all’udienza generale di Benedetto XVI che nel suo saluto ha raccomandato ai vescovi di “approfondire sempre più l’autentica spiritualità di comunione che deve contraddistinguere il ministero presbiterale ed episcopale”. Al microfono di Adriana Masotti il commento del cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, tra i partecipanti al Convegno:                                                                                                                                                                                                         

 

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R. – Il ministero dei vescovi e, in un certo senso, anche quello dei sacerdoti è un ministero chiaramente di comunione. Occorre saper fare discernimento prima, valorizzare e poi ricondurre all’unità tutte le esperienze e le realtà vive che il Signore fa sorgere nella Chiesa. Quindi il nostro è un ministero che valorizza la varietà nell’unità. Questa è la comunione. Il Papa, mi pare, ci ha raccomandato di essere portatori di comunione nella vita e nel servizio pastorale.

 

D. – Tema centrale del vostro convegno annuale a Castelgandolfo quest’anno è:“Il Cristo crocifisso e abbandonato, volto di Dio amore e via per l’umanità”. Che rapporto allora c’è tra Gesù crocifisso e abbandonato e l’unità, la comunione di cui si diceva poco fa?

 

R. – Gesù crocifisso e abbandonato,cioè Gesù nel punto più abissale del suo dolore è la chiave dell’unità perché per poter vincere le divisioni, l’incomuni-cabilità tra gli uomini occorre un amore più grande e l’amore più grande si realizza nel più grande dolore. Quindi imparare a seguire Gesù sulla via della croce, portando i propri limiti, le proprie sofferenze, portando il peso dei peccati degli altri, le sofferenze degli altri, seguire Gesù su questa via ci porta a collaborare con Lui per la riconciliazione, per costruire realtà di comunione nella Chiesa e nel mondo.

 

D. – Nel corso dell’incontro avete preso in esame anche l’enciclica del Papa:  “Deus caritas est”.  Quale contributo alla comprensione dell’Enciclica può venire dalla spiritualità dell’unità?     

 

R. – Si è rilevata una grande sintonia. Dio è amore, chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Questo è anche il primo punto cardine della spiritualità del Movimento dei Focolari: la scoperta di Dio Amore. Nella spiritualità di Gesù abbandonato non c’è nessuna negazione della vita autentica, anzi è la chiave per arrivare alla pienezza della vita  che si attua nell’unità, nella comunione. In fondo, il Papa nella prima parte viene a dire questo quando dice che l’eros raggiunge la sua verità, la sua pienezza nell’agape, l’amore-donazione, l’amore-dedizione, viene a dire proprio questo: che l’anelito profondo di vita che muove tutto il dinamismo dell’uomo trova il suo compimento nella comunione con Dio e con gli altri.

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CHIESA E SOCIETA’

16 febbraio 2006

 

DUE INDONESIANI SONO MORTI A GIAKARTA CON SINTOMI SIMILI ALL’AVIARIA.

POSITIVI ALL’H5N1 I TEST IN ROMANIA. IN ITALIA DANNI DI OLTRE 650 MILIONI DI EURO AL MERCATO AVICOLO, MA CRESCONO LE ESPORTAZIONI

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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ROMA. = Due indonesiani di Giakarta, ricoverati ieri con sintomi simili a quelli dell’influenza aviaria, sono morti oggi. Fino ad ora i decessi accertati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per il virus dell’influenza aviaria in Indonesia sono 18, ma si presume che il numero sia più elevato, considerando che la raccolta dei dati da parte della sanità pubblica nelle seimila isole abitate dell’arcipelago è assai carente. Ed è risultato positivo al ceppo H5N1 il pollame trovato morto in Romania. Si attendono invece i risultati delle analisi sui tre cigni trovati morti in Svizzera. Confermata la presenza del virus H5N1 sull’isola baltica di Ruegen, nel nord-est della Germania, mentre gli esami condotti sugli 11 cigni trovati morti ieri sul Danubio, a circa 40 chilometri a nord di Budapest, sono risultati negativi. Intanto il pollo “ruspante” scompare dalle tavole degli italiani, la “psicosi da aviaria” sta distruggendo i mille allevamenti rurali e biologici del Paese. A lanciare l’allarme è la CIA, Confederazione italiana agricoltori, per la quale i produttori, negli ultimi cinque giorni, hanno visto praticamente paralizzate le vendite. Anzi, in alcuni casi, i contratti già sottoscritti non sono stati rispettati. I consumi di pollo sono diminuiti di oltre il 70 per cento con un danno che supera abbondantemente i 650 milioni di euro. La Coldiretti invece ha affermato che sono aumentate del 16 per cento le esportazioni di polli Made in Italy, a dimostrazione del fatto che la produzione italiana riscuote grande fiducia all’estero nonostante l’emergenza influenza aviaria. Ma la Coldiretti ha pure precisato che la situazione del settore avicolo resta comunque gravissima e che serve un intervento straordinario del governo. Intanto sulla carcassa di un “germano reale”, scoperta oggi a Foggia, nel cortile di un’abitazione, sono stati avviati accertamenti, mentre non è stato il virus H5N1 ad aver ucciso degli aironi a Lucca ed 8 fagiani a San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza.

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“CREDO ALLO SVILUPPO DELL’ECUMENISMO”: COSÌ IL CARDINALE WALTER KASPER ALL’ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE

CHE SI STA SVOLGENDO IN QUESTI GIORNI A PORTO ALEGRE, IN BRASILE

 

PORTO ALEGRE. = “Credo ai progressi e allo sviluppo dell’ecumenismo, in particolare con gli ortodossi con i quali siamo molto vicini ed intratteniamo rapporti di amicizia”. Lo ha affermato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, a Porto Alegre, in Brasile dove si sta svolgendo l’assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese. “Io sono andato a Mosca – ha detto il porporato – loro sono venuti a Roma. Non è ancora arrivato il momento di un incontro in Russia tra il patriarca di Mosca, che non vuole, e Benedetto XVI. Ma il Papa è molto aperto all’ecumenismo”. Il pastore metodista kenyota Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ha sottolineato che i cristiani hanno in comune una identità e che la loro pluralità religiosa deve crescere. L’avvenire ecumenico, ha detto, sarà costruito attraverso le esperienze comuni. Kobia considera un grande progresso che le 347 Chiese che fanno parte del Consiglio Ecumenico oggi possano prendere delle decisioni insieme. (T.C.)

 

 

IL PRESIDENTE DELL’UNIONE AFRICANA, DENIS SASSOU NGUESSO, CHIEDE UNA TREGUA POLITICA E MILITARE IN COSTA D’AVORIO. ALLE AUTORITÀ IVORIANE L’INVITO

AD ASTENERSI DA TUTTE LE AZIONI

CHE POSSONO COMPROMETTERE IL PROCESSO DI PACE

 

YAMOUSSOUKRO. = Appello del neo-presidente dell’Unione Africana (UA) e capo di Stato della Repubblica del Congo, Denis Sassou Nguesso, per una tregua politica e militare in Costa d’Avorio. A diffonderlo, oggi, un portavoce del governo di Brazzaville. Per porre fine al conflitto, in atto nel Paese dal settembre 2002, il presidente dell’UA si è rivolto direttamente agli “attori politici” ivoriani, chiedendo di astenersi da tutte le azioni che potrebbero compromettere il processo di pace e di adoperarsi, invece, per le future elezioni. L’appello è stato lanciato, precisa l’agenzia MISNA, durante l’incontro tra Nguesso e il presidente del Consiglio economico e sociale della Costa d’Avorio, Laurent Dona Fologo. Quest’ultimo ha precisato che la tregua dovrebbe permettere il disarmo delle milizie e la registrazione degli elettori per il voto fissato entro il 30 ottobre, come previsto dall’ONU. In attesa delle elezioni, l’economista Charles Konan Banny è stato nominato capo del governo di transizione. (A.E.)

 

 

È CRESCIUTA DEL 40 PER CENTO NEL 2005 LA CONTRAFFAZIONE DEI FARMACI.

LO DENUNCIA IN UN SUMMIT A ROMA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ

 

ROMA. = La contraffazione dei farmaci è cresciuta dal 2004 al 2005 del 40 per cento. Lo afferma Howard Zucker, vice direttore generale all'Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS). I dati emergono dal summit internazionale organizzato a Roma dall’OMS e dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco). I falsi interesserebbero dal 6 al 10 per cento del mercato mondiale, con un picco in Asia fino al 20-30 per cento, e in alcuni Paesi, dove sono un fatto di tutti i giorni, addirittura il 50 per cento. “Sono stati 557 i casi di contraffazione segnalati nel mondo nel 2004, con 67 Paesi coinvolti, e 781 nel 2005 - ha detto Harvey Bale, presidente dell’International Federation Pharmaceutical Manifactures Association (IFPMA) e del Pharmaceutical Security Institute (PSI) - mentre le nazioni interessate hanno raggiunto quota 89. Ma si tratta di una vera sottostima”. Tra i farmaci contraffatti “più gettonati”, oltre quelli contro l'HIV, figurano il Viagra, i cardiovascolari e gli antibiotici, tutti farmaci costosi rispetto ai quali la contraffazione consente di avere in maniera criminale alti guadagni. Anche gli anabolizzanti sono oggetto di contraffazione che tra l’altro può avvenire in molti modi: alterando la data di scadenza, presentando farmaci che hanno di simile al vero soltanto il colore della scatola oppure che contengono sostanze innocue o diverse, o farmaci con etichette cambiate. (T.C.)

 

 

 CHE LA NOSTRA VITA SPIRITUALE POSSA RISPONDERE ALLE SFIDE DELL’EUROPA:

CON QUESTO PROPOSITO SI È CONCLUSA NEI GIORNI SCORSI A FATIMA,

IN PORTOGALLO, LA XII ASSEMBLEA DELL’UNIONE

DELLE CONFERENZE EUROPEE DEI SUPERIORI MAGGIORI

 

FATIMA.= “L’esperienza della preghiera e della contemplazione ci fa testimoni capaci di proporre la fede in un mondo alla ricerca di senso, spesso privo di speranza e incerto per l’avvenire”: è questa una delle riflessioni emerse nella XII Assemblea dell’Unione delle Conferenze europee dei superiori maggiori (UCESM), che si è svolta a Fatima, in Portogallo, nei giorni scorsi. “La vita religiosa oggi: la nostra vita spirituale di fronte alle sfide europee”: questo il tema sul quale si sono confrontati religiosi e religiose, in rappresentanza dei circa 395 mila che aderiscono all’UCESM. Durante l’incontro i religiosi hanno ribadita la volontà di rispettare i valori della consacrazione, liberamente scelta: castità, povertà e obbidienza, con il proponimento di divenire, poi, una risposta alle sfide dell’Europa. Nell’incipit del messaggio, stilato al termine dell’assemblea, si evoca “il primato di Dio” scelto dai religiosi nelle loro vite. E un energico appello alla riconciliazione conclude il testo: “Diventiamo testimoni di un perdono capace di guarire le ferite dentro di noi, tra noi, e tra i popoli che soffrono del peso della storia e nelle società segnate dalla violenza”. (A.E.)

 

 

VIETNAM: DECINE DI SACERDOTI E RELIGIOSI OGNI ANNO NELLE FILIPPINE

PER COMPLETARE I LORO STUDI TEOLOGICI.

STUDIANO NELLE UNIVERSITÀ E NEGLI ISTITUTI CATTOLICI

 

QUEZON CITY. =  Circa 250 sacerdoti, seminaristi e religiosi in Vietnam non possono completare i loro studi superiori a causa delle limitazioni governative, studiano nelle università e negli istituti cattolici delle Filippine. Si tratta per lo più di studenti di teologia che non hanno potuto iscriversi ai seminari a numero chiuso nel loro Paese. Molti hanno ottenuto borse di studio, grazie ai generosi finanziamenti di benefattori stranieri. Uno degli istituti cattolici filippini con il più alto numero di studenti dal Vietnam è l’ICLA (Istituto per la vita consacrata in Asia) di Quezon City gestito dai Claretiani, dove 32 sacerdoti e religiosi vietnamiti stanno svolgendo attualmente diversi corsi di laurea e master. “Abbiamo cercato di venire incontro alle richieste dei vescovi vietnamiti che vogliono avere propri teologi e aggiornare la formazione dei parroci più anziani”, ha spiegato all’agenzia UCAN il rettore, padre Domingo Moraleda. Gli studenti vietnamiti sono oggi il gruppo straniero più numeroso nell’istituto che accoglie alunni da 30 Paesi. In questi ultimi cinque anni vi si sono laureati una cinquantina di sacerdoti da varie diocesi e congregazioni religiose in Vietnam. L’ICLA offre anche corsi di base di teologia e studi biblici e ha preparato diversi docenti in vista della possibile apertura a Ho Chi Minh City di un istituto di vita consacrata. Un altro istituto cattolico filippino frequentato da un consistente numero di studenti vietnamiti è l’antica Università domenicana di San Tommaso di Manila (UST), che ne ospita attualmente 29, mentre 14 vi hanno conseguito la laurea e sette il dottorato. Altri istituti di educazione superiore che ospitano sacerdoti e religiosi dal Vietnam sono, a Manila, il Seminario San Carlos, la Facoltà gesuita di Teologia “Loyola”  e l’Università di La Salle. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco –

 

Dopo giorni di tensione, sono stati resi noti, ad Haiti, i risultati definitivi delle presidenziali tenutesi nel Paese caraibico lo scorso 7 febbraio: Renè Preval ha vinto la consultazione con il 51,15% dei voti ed è stato proclamato capo di Stato. Il nostro servizio:

 

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Renè Preval è il nuovo presidente di Haiti. Lo ha annunciato ufficialmente la Commissione elettorale dopo una decisiva intesa tra il governo provvisorio e il Consiglio elettorale haitiano. L’accordo ha assegnato in modo proporzionale le schede bianche tra tutti i candidati. Il nuovo conteggio, completato con questo nuovo criterio, ha permesso a Preval di ottenere la maggioranza assoluta e di evitare il ballottaggio. Ma la sua elezione arriva dopo forti tensioni: in una discarica pubblica sono state trovate centinaia di schede proprio in favore di Preval. Circa 200 osservatori internazionali hanno comunque definito “libere” le elezioni dello scorso 7 febbraio anche se Preval aveva denunciato “frodi massicce” nello spoglio delle schede. In seguito a queste presunte irregolarità, lo scrutinio era stato sospeso ed era anche stata annunciata una commissione di inchiesta. Durante gravi disordini e proteste è morta, inoltre, almeno una persona. Adesso lo stato di impasse è superato e numerosi haitiani si sono già riversati tra le strade della capitale, Port-au-Prince, per celebrare il nuovo presidente. Dal suo programma elettorale, erano emerse soprattutto tre priorità: lotta alla corruzione, miglioramento del sistema educativo e rafforzamento delle forze di sicurezza. Preval, in passato alleato dell’ex capo di Stato, Aristide, destituito con un golpe militare nel 2004, ha ricevuto l’appoggio della maggioranza povera del Paese. Proprio la povertà è il principale flagello di Haiti: la disoccupazione supera il 60 per cento e gran parte di quelli “fortunati” che hanno un lavoro, vive con meno di due dollari al giorno.

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In Medio Oriente almeno una persona è rimasta uccisa durante un attacco da parte di estremisti palestinesi contro un insediamento israeliano in Cisgiordania. Nei Territori palestinesi, intanto, Hamas ha ricevuto un invito ufficiale per prendere parte a colloqui in Russia. Il gruppo radicale ha già fatto sapere che accetterà l’invito di Mosca, che non considera Hamas un gruppo terroristico. Stati Uniti, ONU e Unione Europea, che con la Russia fanno parte del quartetto impegnato nella Road Map, ritengono invece Hamas un’organizzazione terroristica e non intendono avviare un dialogo con il movimento fondamentalista se questo non rinuncerà alla lotta armata e non riconoscerà lo Stato di Israele.

 

Continua l’emergenza scoppiata in seguito alla pubblicazione delle caricature su Maometto: in Pakistan almeno 20 mila persone hanno manifestato stamani per le strade di Karachi. Nella dimostrazione di ieri a Peshawar, gli scontri tra dimostranti e polizia avevano provocato la morte di tre persone.

 

In Afghanistan, sono stati trovati a Kabul i corpi senza vita di due cooperanti italiani impegnati in programmi nel settore della giustizia. In base alle prime ricostruzioni, i due italiani, Iendi Iannelli e Stefano Siringo, potrebbero essere stati uccisi dal monossido di carbonio di una stufa difettosa. Ma chi erano i due cooperanti umanitari morti nel Paese asiatico? Paolo Ondarza lo ha chiesto all’ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Francesco Sequi:

 

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R. – Erano due persone ammirevoli, veramente straordinari e che operano in Afghanistan con grande sacrificio e, talvolta, anche con qualche rischio per permettere alle istituzioni afgane di svilupparsi. Iannelli lavorava per l’organizzazione IDLO che per conto del governo italiano svolge dei programmi nel settore della riforma alla giustizia. Siringo lavorava all’ufficio Giustizia del ministero degli Esteri. Io vorrei che questi due connazionali, che erano qui veramente molto apprezzati, siano ricordati come esempio di impegno, di dedizione ma sempre con il sorriso, sempre con l’entusiasmo.

 

D. – Le varie organizzazioni italiane che operano in Afghanistan quali compiti in particolare, sono chiamati a svolgere?

 

R. – Qui abbiamo una presenza molto variegata nel settore della giustizia, quindi per la riforma dell’istituzione giudiziaria. Per la promozione del ruolo della donna, abbiamo dei progetti come la costruzione, ad esempio, di un’importante arteria stradale. Ci sono progetti nel settore dell’agricoltura, la risorsa fondamentale dell’Afghanistan.

 

D. – I frequenti attacchi lanciati da talebani o comunque anche le violenze, le proteste che in questi giorni si sono acuite in seguito alle vignette, in che modo mettono a repentaglio, in questo momento, le attività degli italiani nel Paese?

 

R. – La nostra attività continua così come quotidianamente facciamo, sia per quanto riguarda i nostri militari sia per quanto riguarda i cooperanti, i rappresentanti dello Stato. Naturalmente abbiamo delle norme di cautela. L’unità di crisi e il ministero degli Esteri seguono con particolare attenzione la situazione in Afghanistan. Quello che va detto è che noi godiamo, come italiani, di una grandissima simpatia perché c’è una consapevolezza da parte degli afgani dell’impegno che abbiamo nella ricostruzione del loro Paese. Ci sono state delle proteste, comunque, sempre molto contenute. Abbiamo rilevato una grande moderazione che è stata dimostrata da varie autorità afgane, a cominciare dallo stesso presidente Karzai. Le autorità afghane hanno invitato la popolazione alla calma e alla moderazione.

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Il governo francese accusa l’Iran: “Teheran ha un programma nucleare segreto”. Il ministro degli Esteri francese ha precisato che il piano atomico iraniano è un progetto “militare clandestino”. Ma l’Iran, che martedì scorso ha ripreso il processo per l’arricchimento dell’uranio, respinge le accuse: “Non vogliamo costruire la bomba atomica”, ha replicato il capo dei negoziatori iraniani per il nucleare. Anche la Cina esprime preoccupazione per il programma di Teheran. Siamo estremamente preoccupati e “invochiamo una soluzione pacifica della questione nucleare iraniana attraverso negoziati diplomatici”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese. Proprio per trovare nuove intese sull’intricata questione nucleare iraniana, una delegazione della Repubblica islamica parteciperà, lunedì prossimo a Mosca, a colloqui sulla proposta di arricchire l’uranio in territorio russo.

 

Il Parlamento europeo ha approvato la normativa Bolkestein, la direttiva sulla liberalizzazione dei servizi commerciali nei 24 Paesi dell’Unione Europea. In base a questo provvedimento, le leggi che il prestatore dei servizi dovrà rispettare sono quelle del Paese dove opera e non dello Stato di origine dell'azienda, come prevedeva il testo proposto dall’ex commissario Frits Bolkestein. Il testo passerà ora all'esame del Consiglio europeo e quindi tornerà all’Assemblea di Strasburgo. In caso di mancato accordo, si procederà alla conciliazione.

 

In Nepal, continua il confronto armato tra ribelli maoisti, che controllano vaste zone del Paese himalayano, e il governo di Kathmandu. Ieri tre militari sono stati uccisi nella regione occidentale, dove l’esercito ha intensificato le operazioni per far fronte alla guerriglia: una situazione difficile, dunque, aggravatasi dopo le recenti elezioni municipali, boicottate da gran parte della popolazione. Ma che cosa c’è all’origine dell’escalation della tensione nei rapporti tra opposizione e governo del re Gyanendra? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maura Giallantini, responsabile del progetto a sostegno della popolazione femminile nepalese della fondazione “Pangea”:

 

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R. – Ci sono state queste elezioni municipali che il re Gyanendra ha in qualche modo presentato all’attenzione del Paese come il primo passo per ripristinare una situazione di presunta democrazia. Ma in realtà, queste elezioni municipali servono di fatto al re per consolidare ancora il proprio controllo nel resto del Paese.

 

D. – Proprio durante le elezioni, l’opposizione maoista aveva fatto dichiarazioni abbastanza concilianti e poi questo passaggio al dialogo non c’è stato. Perché?

 

R. – La situazione del Paese cambia di volta in volta; a dicembre la coalizione dei sette partiti dell’opposizione e i maoisti avevano rilasciato una dichiarazione di 12 punti in cui indicavano delle possibili soluzioni al re Gyanendra. In realtà, il governo non ha mai riconosciuto questa dichiarazione. Quindi, di fatto, non riconosce tale coalizione nella gestione del conflitto.

 

D. – In questo momento, allora, qual è l’obiettivo delle opposizioni?

 

R. – La richiesta che si fa al governo del re è di ripristinare la democrazia. Il re, il primo febbraio 2005, ha di fatto delegittimato il Parlamento e ha assunto su di sé il potere con il controllo dell’esercito.

 

D. – Il Nepal sembra abbastanza isolato dal contesto internazionale …

 

R. – La cosa che mi ha sconcertato al mio ritorno, è che in realtà della situazione del Nepal si parla molto poco. Avrebbe bisogno di più spazio a livello internazionale ma, in realtà, questa copertura non c’è. Quando si è in Nepal e si leggono i giornali locali, si accede a tutto un sistema presunto di informazione. Ma questo sistema, sicuramente, non ti fa comprendere quello che succede nel Paese. Il governo ha di fatto il controllo su quasi tutto il sistema dell’informazione. Anche attraverso i giornali si ha comunque sempre e soltanto una visione abbastanza limitata della situazione. Una visione che non corrisponde a quella reale.

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