RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 47 - Testo della
trasmissione di giovedì 16 febbraio
2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
E’ cresciuta del 40 per cento nel 2005 la
contraffazione dei farmaci: lo denuncia l’OMS
Dichiarazione
finale della XII assemblea dell’Unione delle Conferenze europee dei Superiori
maggiori
René Preval è stato proclamato
nuovo presidente di Haiti
Morti due cooperanti
italiani
in Afghanistan: ai nostri microfoni, l’ambasciatore italiano a Kabul
16
febbraio 2006
Il comune impegno ad
educare le popolazioni alla riconciliazione
ed alla pace, nel rispetto dei diritti umani ed in
particolare
della liberta' religiosa: e’ quanto emerso dall’incontro del papa
con il primo ministro libanese Fouad Siniora,
ricevuto stamane in vaticano
Uno scambio di opinioni sulla
situazione esistente in Libano e nel Medio Oriente in generale: questo è stato
l’incontro stamane in Vaticano del Papa con il primo
ministro del Libano,
Fouad Siniora. Ad un anno
dall’assassinio del premier libanese Rafiq Hariri, ucciso il 14 febbraio con altre venti persone,
Benedetto XVI ha
ricevuto stamane proprio il successore, con la
consorte e seguito. Il premier, arrivato ieri in Italia con una delegazione di
4 ministri, ha già incontrato il presidente del Consiglio, Berlusconi.
Il servizio di Fausta Speranza:
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“Il comune impegno di lavorare
per educare le popolazioni alla riconciliazione ed alla pace, nel
rispetto dei diritti umani ed in particolare della libertà religiosa”. E’
quanto emerso dal colloquio del Papa con il primo ministro libanese, secondo
quanto riportato dalla nota della Sala Stampa vaticana. Si legge anche che “la
visita del Capo del Governo libanese e della Delegazione ufficiale che
l’accom-pagnava, ha inteso confermare la grande devozione del popolo libanese
verso il Romano Pontefice, come verso la Santa Sede in generale, sempre molto
vicino a quella nobile Nazione”.
Del Paese dei cedri, dobbiamo
dire che due giorni fa il centro di Beirut era assediato: bandiere bianche e rosse, slogan contro i servizi segreti siriani accusati
dell’assassinio e la richiesta delle dimissioni del presidente filosiriano Emile Lahoud. Un anno fa, proprio l’intensa mobilitazione di
massa, detta “rivoluzione dei cedri”, ha portato al ritiro dei soldati siriani
dal Libano a primavera, dopo 29 anni di presenza militare. Nel Paese il cambiamento
non può ancora essere stato assimilato in tutti i suoi aspetti sociali. C’è la
Chiesa maronita, pronunciatasi
più volte per una “riconciliazione nazionale” e presa di mira recentemente da
una serie di attacchi. Nei giorni scorsi, in occasione della festa di San
Marone, il monaco vissuto
in Siria (345-420) i cui fedeli nei secoli successivi vennero chiamati
Maroniti, il patriarca, cardinale Nasrallah Pierre Sfeir ha lanciato un forte appello “a tutti i maroniti
perché riprendano un cammino nuovo di vera spiritualità fondata sulla
riconciliazione, sulla tolleranza e sul perdono reciproco”.
Ricordando gli incidenti della
settimana scorsa che hanno causato danni materiali in diversi luoghi di culto e
conventi maroniti a Beirut, il patriarca Sfeir ha
chiesto “ai responsabili di garantire la massima protezione e vigilanza per
evitare lo scoppio di una nuova guerra civile che può distruggere la missione
del Libano”. Ricordiamo che in occasione dell’incontro con il Corpo
Diplomatico, a inizio anno, Benedetto XVI, quando ha rivolto un pensiero al
Libano, lo ha fatto sottolineando che “la popolazione deve ritrovare, anche con
il sostegno della solidarietà internazionale, la sua vocazione storica alla
collaborazione sincera e fruttuosa tra le comunità di diversa fede”.
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ALTRE
UDIENZE
Il Papa ha ricevuto stamane
alcuni presuli della Conferenza
episcopale del Senegal in visita
“ad Limina”.
Questo pomeriggio, il Santo Padre riceverà l’arcivescovo Fortunato
Baldelli, nunzio
apostolico in Francia.
AMPIE RIFLESSIONI DEL PUBBLICO IERI A ROMA ALLA
PRESENTAZIONE DELL’ENCICLICA DI BENEDETTO XVI DEUS CARITAS
EST PROMOSSA DALLE PAOLINE.
AD
APRIRE IL DIBATTITO, MONS. ANGELO COMASTRI E
-
Intervista con mons. Angelo Comastri e con Liliana Cavani
-
Grande partecipazione ieri a Roma all’incontro-dibattito
sull’Enciclica di Benedetto XVI Deus caritas est. All’iniziativa promossa dalle Paoline hanno preso parte mons. Angelo Comastri, vicario
generale del Papa per lo Stato della Città del Vaticano e la regista Liliana Cavani. Il servizio di Tiziana Campisi:
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A meno di un mese dalla pubblicazione, sono oltre un
milione le copie vendute della prima Enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est. Ieri pomeriggio tanti hanno voluto ascoltarne
la presentazione con il commento del vicario generale del Papa per lo Stato
della Città del Vaticano mons. Angelo Comastri e della regista Liliana Cavani. Un pubblico attento quello che ha posto tante
domande. “Pensavo che l’amore di Dio per l’uomo fosse solo agape” confessa una
persona. “L’amore di Dio comprende tutte le dimensioni” ha risposto mons.
Comastri. E un’altra domanda: “Come può l’amore trovare spazio oggi anche nella
giustizia e nella politica?”. “L’amore non può restare un’astrazione” ha affermato
il presule e la regista Liliana Cavani ha voluto
aggiungere che amore è approfondire cosa vuole da noi Gesù Cristo. E c’è chi
l’Enciclica l’ha letta per spiegarla al figlio non credente: ma cosa rispondere
quando ci viene chiesto “perché il male” se Dio è
amore?. Tema difficile, ha osservato mons. Comastri, il mondo non è più come è
uscito dalle mani di Dio e di fronte alla libertà dell’uomo Dio è impotente, la
sua potenza si è manifestata invece nell’amore per noi che lo ha condotto alla
Croce. Ma ascoltiamo quanto ha voluto precisare mons. Comastri:
R. – Innanzitutto questa Enciclica ci ricorda qual è il
Dio cristiano. Pascal diceva - già ai suoi tempi,
eravamo nel 1600 – “molti bestemmiano in nome di Dio, del Dio cristiano, perché
non lo conoscono. Pensano che il Dio cristiano sia il Dio grande, potente,
onnipotente. Il Dio cristiano non è questo; questo è il Dio dei filosofi. Il
Dio cristiano è il Dio nel quale l’onnipotenza coincide con l’amore”. Dio è
onnipotente nell’amore, e il Papa ci ricorda questa verità, e ricordarla è
fondamentale in questo momento perché è forte la tentazione di diventare
violenti nel nome di Dio e per esaltare Dio. E’ una contraddizione assoluta.
Nel nome di Dio si può soltanto amare. E nel nome di Dio si può morire martiri,
ma mai uccidere gli altri.
E questo è il commento della regista Liliana Cavani:
R. – L’Enciclica mi ha sorpreso. Sarà necessario secondo
me, parlarne, commentarla ecc., se no il rischio è -
se viene letta superficialmente, o non letta e basta - che resti una generica
comunicazione sull’amore, tanto si sa che i cristiani devono amare, devono
amarsi ecc., quindi sembrerebbe non aggiungere niente. In realtà bisogna,
secondo me, tirare fuori il nocciolo che c’è dentro, che è questa unità di
corpo ed anima. E’ questo, a mio parere non abbiamo approfondito.
D. – Nel leggere l’Enciclica, quali sono gli aspetti che
l’hanno più incuriosita?
R. – Il fatto che è stata evidenziata l’unità di corpo ed anima.
Il Papa ha voluto far notare l’origine divina dell’amore, l’ha precisata. E’
non ha esitato a pronunciare il nome di eros: è un Dio dell’amore, perché
l’amore ha sempre avuto a che fare con il divino. Il Vangelo è nuovo, proprio
nuovo, perché porta al centro il corpo di Cristo. Dio in Gesù si è fatto corpo,
si è fatto uomo. Ci vorrà tempo prima che quest’unità di corpo e anima,
evidenziata dall’Enciclica, passi dallo scritto alla cultura diffusa.
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NON MIGLIORA
PIRATERIA,
SICUREZZA, SFRUTTAMENTO E MALTRATTAMENTI I PROBLEMI PRINCIPALI. COSI’ I
COORDINATORI REGIONALI DELL’APOSTOLATO DEL MARE
“Ci sono oltre 200 milioni di persone che dipendono, per
vivere, dal mondo della pesca, e spesso sono i più poveri tra i poveri”. E’ quanto afferma
Secondo i Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare
“le condizioni a bordo dei pescherecci spesso rasentano livelli disumani.
Nonostante questa professione sia considerata tra le più pericolose al mondo,
la mancanza di un appropriato equipaggiamento di salvataggio e di un’adeguata
formazione è problema di urgente preoccupazione”. Continua anche - si legge
nella Dichiarazione - “il
reclutamento illegale dei membri degli equipaggi delle navi da pesca, mentre
sfruttamento e maltrattamenti sono diffusi. Ci sono, poi, intere comunità di
pescatori migranti privi di documenti che soffrono continui soprusi. Nuova
tecnologia, pesca di frodo ed intensiva stanno, inoltre, rapidamente esaurendo
gli stock rimasti. D’altro lato, in molte parti del mondo le quote e i
regolamenti di pesca colpiscono duramente le comunità che lottano per
sopravvivere. I pescatori, pertanto, devono essere coscientizzati
circa l’urgenza della protezione ambientale”.
“Lo tsunami
– si rileva - ha reso il mondo
maggiormente consapevole della situazione dei pescatori. Nell’Asia Meridionale
… l’Apostolato del Mare … ha risposto all’emergenza e continua ad essere ancora
attivo nel relief work in atto. La mancanza di reti e
di una casa restano, a tutt’oggi, un grave problema.
L’approccio specifico dell’Apostolato del Mare è stato, fin dall’inizio, quello
di prendersi cura di coloro che sono rimasti esclusi dai principali piani delle
grandi agenzie di finanziamento”. Il XXII Congresso Mondiale dell’Apostolato
del Mare si terrà a Gdynia, in Polonia, dal 24 al 29
giugno 2007.
MARTEDI’
PROSSIMO 21
FEBBRAIO
DELLA RADIO VATICANA: AVRA’ LUOGO NELLA SALA
STAMPA VATICANA
Martedì 21 febbraio, alle ore
11.30, nella Sala Stampa della Santa Sede, avrà luogo la conferenza stampa sul tema: “
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l’Iraq con un articolo dal
titolo “Nuovi orrori da Abu Ghraib”:
foto inedite documentano torture e sevizie inflitte a prigionieri iracheni.
Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla
celebrazione della Giornata mondiale del malato nelle diocesi italiane.
Servizio estero – L’intervento della Santa Sede dal
titolo “L’equa condivisione dei benefici della crescita economica è condizione
indispensabile per la rapida riduzione della povertà”.
Servizio culturale – “Cerco Dio solo” è il titolo
dell’articolo di Alberto Migone in ricordo di don
Divo Barsotti.
Un articolo di Timothy Verdon in occasione dei 150 anni dalla morte del Beato Angelico.
Servizio italiano - In rilievo l’emergenza legata
all’influenza aviaria.
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16 febbraio 2006
IL
CROCIFISSO, UN SIMBOLO D’AMORE UNIVERSALE CHE NON
OFFENDE NESSUNO:
AI
NOSTRI MICROFONI, LA RIFLESSIONE DEL PROF. ANTONIO
MARIA BAGGIO
DOPO
LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO
SULLA
PRESENZA DEL CROCIFISSO NELLE SCUOLE
Il
crocifisso deve restare nelle aule scolastiche perché non è un simbolo
discriminatorio e rappresenta valori alla base dell’identità italiana: è quanto
stabilito ieri da una sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il
ricorso di una madre finlandese che chiedeva la rimozione del crocifisso dalla
scuola media frequentata dai suoi figli in provincia di Padova. Sulla vicenda,
Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica all'Università
Gregoriana:
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R. – Il ragionamento del giudice e la sentenza sono
intelligenti perché mettono insieme una consapevolezza esatta, professionale
del diritto e il senso storico, perché i valori che noi viviamo – quindi anche
la tolleranza, il rispetto per gli altri, ecc. – sono frutto di esperienze
storiche e molto spesso hanno nella loro radice un’origine religiosa. Quindi
non si possono considerare questi frutti senza gli alberi che li hanno
prodotti. La sentenza semplicemente ricorda come sono andate le cose.
D. – Date a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di
Cesare : in fondo la laicità, il concetto sano di
laicità nasce proprio con Gesù Cristo e allora perché stracciarsi ancora le
vesti?
R. – Questo concetto di laicità è importante perché con il
Cristianesimo e l’Incarnazione di Dio si dà un enorme valore alla realtà della
storia e quindi si dà autonomia anche alle nostre vicende di uomini. E’
importante ciò che facciamo giorno per giorno. La dimensione della laicità è
proprio il Cristianesimo a portarla alla sua massima espressione. Lo fa con un
dono. Il dono di Dio della Rivelazione, dell’importanza dell’uomo e della
salvezza è qualche cosa che abbiamo ricevuto. C’è stato dato. Questa è la
laicità. Il Crocifisso ci ricorda questo. Ci dà anche il senso che noi non
siamo onnipotenti, ma tutti siamo debitori di qualche cosa. C’è una sorta di
limite nell’esercizio umano del potere e della conoscenza e il crocifisso da
una parte ci dice tutto il valore che abbiamo, dall’altra che questo valore non
è assoluto e quindi non possiamo ergerci a padroni degli altri. Tutto questo è
dentro il concetto di laicità rettamente inteso.
D. – Quasi 20 anni fa, un’atea di cultura ebraica, Natalia
Ginzburg, scriveva - per altro sull’Unità -
chiedeva di non togliere dalle scuole quella Croce perché essa rappresenta tutti, rappresenta il dolore umano. Due decenni
dopo ancora se ne discute. Perché, secondo Lei?
R. – Se ne discute perché si fanno confusioni, si tende ad
utilizzare per un interesse politico di parte un simbolo universale. Io ho
esperienza di dialogo, di incontro con rappresentanti delle grandi religioni.
“Cristo non fa difficoltà” e sto mettendo tra virgolette, citando alla lettera
le espressioni di un grande studioso indù, che ho avuto modo di incontrare a
Delhi in dicembre. Cosa intende dire con “Cristo non fa difficoltà”? Che si
riconosce tutto l’insieme di significati profondi che il Cristo porta e
soprattutto si vede il dolore innocente, cioè un dono disarmato. Allora,
trasformare in arma, in strumento di contesa colui che per definizione si offre
come dolore innocente e disarmato, sembra proprio un’operazione ideologica
delle peggiori. Questa sentenza ha rimesso le cose a posto.
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LA
COMMISSIONE ONU PER I DIRITTI UMANI CHIEDE AGLI USA
DI
CHIUDERE IL CENTRO DI DETENZIONE DI GUANTANAMO
-
Intervista con Riccardo Noury -
I detenuti del carcere militare
statunitense di Guantanamo, a Cuba, vanno processati
subito oppure liberati. E’ quanto sollecitato oggi agli Stati Uniti dai cinque
esperti indipendenti della Commissione dell’ONU per i diritti umani. Nella loro
relazione di 54 pagine, pubblicata a Ginevra, gli esperti delle Nazioni Unite
chiedono “la chiusura immediata del centro di detenzione di Guantanamo
Bay, di processare tutti i prigionieri davanti a un tribunale indipendente e
competente o rilasciarli”. Ma perché i relatori
dell’ONU accusano Washington di “detenzioni arbitrarie”, tecniche di
interrogatorio “degradanti”, “ricorso eccessivo alla violenza”, in alcuni casi
di “tortura”? Giada Aquilino lo ha chiesto a Riccardo Noury,
portavoce della sezione italiana di Amnesty International:
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R. – Perché questa situazione va avanti da cinque anni ed
è bene che le Nazioni Unite, con una loro commissione d’inchiesta, se ne siano
accorte. A Guantanamo - Amnesty
lo sostiene dal 2002 - è in corso una vera e propria demolizione del sistema di
garanzie del diritto internazionale nei confronti delle persone detenute. Vi
sono oggi più di 500 persone, di oltre 30 Paesi, alle quali viene
negato il diritto che un giudice indipendente possa valutare se la loro
detenzione sia legale o no. Tali prigionieri non
hanno cioè diritto a conoscere di cosa siano accusati, non hanno diritto ad una
difesa. A questo si aggiunge un trattamento crudele, disumano e degradante, che
in molti casi sfocia nella tortura vera e propria, come rivelato dalla stessa
Commissione dell’ONU che ha stilato il rapporto su Guantanamo.
D. – Quali convenzioni o leggi internazionali tutelano i
detenuti di Guantanamo?
R. – Innanzitutto gli accordi internazionali che
proibiscono l’uso della tortura. Questo vale in qualunque circostanza, nei
confronti di qualunque prigioniero ed in qualunque tempo. In secondo luogo c’è
la Convenzione di Ginevra, che riguarda il trattamento dei cosiddetti
prigionieri di guerra. Va ricordato che in buona parte le oltre 500 persone e
le circa 200 rilasciate nel corso di questi anni da Guantanamo
erano e sono persone prelevate in Afghanistan, in Pakistan, in terreni di
battaglia. L’amministrazione degli Stati Uniti ha coniato da sola, in maniera del tutto improvvisata e non corrispondente al diritto
internazionale, una definizione che è di “combattenti nemici”, sottraendo in
questo modo i detenuti di Guantanamo alle protezioni
previste dalla Convenzione di Ginevra. Tale Convenzione dice molto chiaramente
che deve essere una terza parte indipendente a valutare se un detenuto debba godere o meno delle garanzie previste dalla stessa e
che in caso di dubbio, fino a prova contraria, queste garanzie devono essere
loro conferite.
D. – Quanto è vincolante il pronunciamento degli esperti
ONU che chiedono la chiusura della base e di processare i detenuti davanti ad
un tribunale indipendente?
R. – Vale forse di più delle denunce fatte da Amnesty International, dalla
Croce Rossa, dalle inchieste giornalistiche. Vale perché la fonte è autorevole
e gli esperti sono indipendenti. Il problema è che nei confronti di rapporti di
questo tipo - che non hanno un potere vincolante - gli Stati Uniti, come altri Paesi in contesti
diversi, hanno manifestato contrarietà e disinteresse nell’applicare le
raccomandazioni indicate.
D. – Quanto incide nell’opinione pubblica internazionale
la questione di Guantanamo, quando proprio in queste
ore è scoppiato nuovamente lo scandalo degli abusi nel carcere iracheno di Abu Ghraib?
R. – Tutte queste situazioni stanno emergendo alla luce
del sole. Allora una politica cosiddetta di sicurezza - che vuole ottenere la
fine di un pericolo che indiscutibilmente è grave come quello del terrorismo
internazionale - non può permettersi di violare il diritto internazionale in
maniera così scientifica. Un certo giorno ci si accorgerà - e l’opinione
pubblica se ne sta accorgendo - che questa politica di
combattere il terrore con il terrore è moralmente sbagliata, giuridicamente
illegale e soprattutto completamente inefficace.
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GESU’ CROCIFISSO E ABBANDONATO, AL CENTRO DEL CONVEGNO
DEI
VESCOVI AMICI DEI FOCOLARI, IN CORSO A CASTEL GANDOLFO
-
Intervista con il cardinale Ennio Antonelli -
E’ in corso a Castel Gandolfo, fino a domani, il 30.esimo Convegno spirituale di Vescovi amici del Movimento
dei Focolari. Al centro della riflessione del centinaio di presuli convenuti da
tutto il mondo, tra cui 6 cardinali, Gesù crocifisso e abbandonato come sorgente e modello dell’amore e dell’unità. Ieri la
partecipazione all’udienza generale di Benedetto XVI che nel suo saluto ha
raccomandato ai vescovi di “approfondire sempre più l’autentica spiritualità di
comunione che deve contraddistinguere il ministero presbiterale ed episcopale”.
Al microfono di Adriana Masotti il commento del cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, tra i partecipanti al
Convegno:
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R. – Il ministero dei vescovi e, in un certo senso, anche
quello dei sacerdoti è un ministero chiaramente di comunione. Occorre saper
fare discernimento prima, valorizzare e poi ricondurre
all’unità tutte le esperienze e le realtà vive che il Signore fa sorgere nella
Chiesa. Quindi il nostro è un ministero che valorizza la varietà nell’unità.
Questa è la comunione. Il Papa, mi pare, ci ha raccomandato di essere portatori
di comunione nella vita e nel servizio pastorale.
D. – Tema centrale del vostro convegno annuale a Castelgandolfo quest’anno è:“Il
Cristo crocifisso e abbandonato, volto di Dio amore e via per l’umanità”. Che
rapporto allora c’è tra Gesù crocifisso e abbandonato e l’unità, la comunione
di cui si diceva poco fa?
R. – Gesù crocifisso e abbandonato,cioè
Gesù nel punto più abissale del suo dolore è la chiave dell’unità perché per
poter vincere le divisioni, l’incomuni-cabilità tra gli uomini occorre un amore
più grande e l’amore più grande si realizza nel più grande dolore. Quindi imparare
a seguire Gesù sulla via della croce, portando i propri limiti, le proprie
sofferenze, portando il peso dei peccati degli altri, le sofferenze degli altri,
seguire Gesù su questa via ci porta a collaborare con Lui per la
riconciliazione, per costruire realtà di comunione nella Chiesa e nel mondo.
D. – Nel corso dell’incontro avete preso in esame anche
l’enciclica del Papa: “Deus
caritas est”.
Quale contributo alla comprensione dell’Enciclica può venire dalla
spiritualità dell’unità?
R. – Si è rilevata una grande sintonia. Dio è amore, chi
sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. Questo è anche il primo punto
cardine della spiritualità del Movimento dei Focolari: la scoperta di Dio
Amore. Nella spiritualità di Gesù abbandonato non c’è nessuna negazione della
vita autentica, anzi è la chiave per arrivare alla pienezza della vita che si attua
nell’unità, nella comunione. In fondo, il Papa nella prima parte viene a dire questo quando dice che l’eros raggiunge la sua verità, la
sua pienezza nell’agape, l’amore-donazione, l’amore-dedizione, viene a dire
proprio questo: che l’anelito profondo di vita che muove tutto il dinamismo
dell’uomo trova il suo compimento nella comunione con Dio e con gli altri.
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16 febbraio 2006
DUE INDONESIANI SONO MORTI A GIAKARTA CON SINTOMI SIMILI
ALL’AVIARIA.
POSITIVI ALL’H5N1 I TEST IN ROMANIA. IN ITALIA DANNI DI OLTRE 650
MILIONI DI EURO AL MERCATO AVICOLO, MA CRESCONO LE ESPORTAZIONI
- A cura di Tiziana Campisi -
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ROMA. = Due indonesiani di Giakarta,
ricoverati ieri con sintomi simili a quelli dell’influenza aviaria, sono morti
oggi. Fino ad ora i decessi accertati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
per il virus dell’influenza aviaria in Indonesia sono 18, ma si presume che il
numero sia più elevato, considerando che la raccolta dei dati da parte della
sanità pubblica nelle seimila isole abitate dell’arcipelago è assai carente. Ed
è risultato positivo al ceppo H5N1 il pollame trovato morto in Romania. Si
attendono invece i risultati delle analisi sui tre cigni trovati morti in
Svizzera. Confermata la presenza del virus H5N1 sull’isola baltica di Ruegen, nel nord-est della Germania,
mentre gli esami condotti sugli 11 cigni trovati morti ieri sul Danubio, a
circa 40 chilometri a nord di Budapest, sono risultati negativi. Intanto il
pollo “ruspante” scompare dalle tavole degli italiani, la “psicosi da aviaria”
sta distruggendo i mille allevamenti rurali e biologici del Paese. A lanciare
l’allarme è la CIA, Confederazione italiana agricoltori, per la quale i
produttori, negli ultimi cinque giorni, hanno visto praticamente paralizzate le
vendite. Anzi, in alcuni casi, i contratti già sottoscritti non sono stati
rispettati. I consumi di pollo sono diminuiti di oltre il 70 per cento con un
danno che supera abbondantemente i 650 milioni di euro.
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“CREDO ALLO SVILUPPO DELL’ECUMENISMO”: COSÌ IL CARDINALE WALTER KASPER
ALL’ASSEMBLEA DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
CHE SI STA SVOLGENDO IN QUESTI GIORNI A PORTO ALEGRE, IN BRASILE
PORTO ALEGRE. = “Credo ai progressi e allo
sviluppo dell’ecumenismo, in particolare con gli ortodossi con i quali siamo
molto vicini ed intratteniamo rapporti di amicizia”. Lo ha affermato il
cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio
Consiglio per l’unità dei cristiani, a Porto Alegre,
in Brasile dove si sta svolgendo l’assemblea del Consiglio Ecumenico delle
Chiese. “Io sono
andato a Mosca – ha detto il porporato – loro sono venuti a Roma. Non è ancora
arrivato il momento di un incontro in Russia tra il patriarca di Mosca, che non
vuole, e Benedetto XVI. Ma il Papa è molto aperto all’ecumenismo”. Il pastore
metodista kenyota Samuel Kobia,
segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ha sottolineato che i
cristiani hanno in comune una identità e che la loro
pluralità religiosa deve crescere. L’avvenire ecumenico, ha detto, sarà
costruito attraverso le esperienze comuni. Kobia
considera un grande progresso che le 347 Chiese che fanno parte del Consiglio
Ecumenico oggi possano prendere delle decisioni
insieme. (T.C.)
YAMOUSSOUKRO.
= Appello del neo-presidente dell’Unione Africana (UA)
e capo di Stato della Repubblica del Congo,
Denis Sassou Nguesso, per una tregua politica e militare in
Costa d’Avorio. A diffonderlo, oggi, un portavoce del governo di Brazzaville. Per porre fine al conflitto, in atto nel Paese
dal settembre 2002, il presidente dell’UA si è rivolto direttamente agli
“attori politici” ivoriani, chiedendo di astenersi da tutte le azioni che potrebbero
compromettere il processo di pace e di adoperarsi, invece, per le future
elezioni. L’appello è stato lanciato, precisa l’agenzia MISNA, durante
l’incontro tra Nguesso e il presidente del Consiglio
economico e sociale della Costa d’Avorio, Laurent
Dona Fologo. Quest’ultimo ha precisato che la tregua
dovrebbe permettere il disarmo delle milizie e la registrazione degli elettori
per il voto fissato entro il 30 ottobre, come previsto dall’ONU. In attesa delle elezioni, l’economista Charles
Konan Banny è stato nominato
capo del governo di transizione. (A.E.)
È CRESCIUTA DEL 40 PER CENTO NEL 2005
LO
DENUNCIA IN UN SUMMIT A ROMA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
ROMA. = La contraffazione dei farmaci è
cresciuta dal 2004 al 2005 del 40 per cento. Lo afferma Howard
Zucker, vice direttore generale all'Organizzazione
Mon-diale della Sanità (OMS). I dati emergono dal summit internazionale organizzato
a Roma dall’OMS e dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco). I falsi interesserebbero
dal 6 al 10 per cento del mercato mondiale, con un picco in Asia fino al 20-30
per cento, e in alcuni Paesi, dove sono un fatto di tutti i giorni, addirittura
il 50 per cento. “Sono stati 557 i casi di contraffazione segnalati nel mondo
nel 2004, con 67 Paesi coinvolti, e 781 nel 2005 - ha detto Harvey
Bale, presidente dell’International Federation Pharmaceutical
Manifactures Association
(IFPMA) e del Pharmaceutical Security Institute (PSI) - mentre le nazioni interessate hanno
raggiunto quota 89. Ma si tratta di una vera
sottostima”. Tra i farmaci contraffatti “più gettonati”, oltre quelli contro
l'HIV, figurano il Viagra, i cardiovascolari e gli
antibiotici, tutti farmaci costosi rispetto ai quali la contraffazione consente
di avere in maniera criminale alti guadagni. Anche gli anabolizzanti sono
oggetto di contraffazione che tra l’altro può avvenire in molti modi: alterando
la data di scadenza, presentando farmaci che hanno di simile al vero soltanto
il colore della scatola oppure che contengono sostanze innocue o diverse, o
farmaci con etichette cambiate. (T.C.)
CHE
CON
QUESTO PROPOSITO SI È CONCLUSA NEI GIORNI SCORSI A FATIMA,
IN
PORTOGALLO,
DELLE
CONFERENZE EUROPEE DEI SUPERIORI MAGGIORI
FATIMA.= “L’esperienza della preghiera e della
contemplazione ci fa testimoni capaci di proporre la fede in un mondo alla
ricerca di senso, spesso privo di speranza e incerto per l’avvenire”: è questa
una delle riflessioni emerse nella XII Assemblea dell’Unione delle Conferenze
europee dei superiori maggiori (UCESM), che si è svolta a Fatima, in Portogallo,
nei giorni scorsi. “La vita religiosa oggi: la nostra vita spirituale di fronte
alle sfide europee”: questo il tema sul quale si sono confrontati religiosi e religiose, in rappresentanza dei circa 395 mila
che aderiscono all’UCESM. Durante l’incontro i religiosi hanno ribadita la
volontà di rispettare i valori della consacrazione, liberamente scelta:
castità, povertà e obbidienza, con il proponimento di
divenire, poi, una risposta alle sfide dell’Europa. Nell’incipit del
messaggio, stilato al termine dell’assemblea, si evoca “il primato di Dio”
scelto dai religiosi nelle loro vite. E un energico appello alla
riconciliazione conclude il testo: “Diventiamo testimoni di un perdono capace
di guarire le ferite dentro di noi, tra noi, e tra i popoli che soffrono del
peso della storia e nelle società segnate dalla violenza”. (A.E.)
VIETNAM: DECINE DI SACERDOTI E RELIGIOSI OGNI ANNO
NELLE FILIPPINE
PER COMPLETARE I LORO STUDI TEOLOGICI.
STUDIANO NELLE UNIVERSITÀ E NEGLI ISTITUTI CATTOLICI
QUEZON CITY. = Circa 250 sacerdoti,
seminaristi e religiosi in Vietnam non possono completare i loro studi
superiori a causa delle limitazioni governative, studiano nelle università e
negli istituti cattolici delle Filippine. Si tratta per lo più di studenti di
teologia che non hanno potuto iscriversi ai seminari a numero chiuso nel loro
Paese. Molti hanno ottenuto borse di studio, grazie ai generosi finanziamenti
di benefattori stranieri. Uno degli istituti cattolici filippini con il più
alto numero di studenti dal Vietnam è l’ICLA (Istituto per la vita consacrata
in Asia) di Quezon City gestito dai Claretiani, dove 32 sacerdoti e religiosi vietnamiti stanno
svolgendo attualmente diversi corsi di laurea e master. “Abbiamo cercato di venire
incontro alle richieste dei vescovi vietnamiti che vogliono avere propri
teologi e aggiornare la formazione dei parroci più anziani”, ha spiegato
all’agenzia UCAN il rettore, padre Domingo Moraleda.
Gli studenti vietnamiti sono oggi il gruppo straniero più numeroso
nell’istituto che accoglie alunni da 30 Paesi. In questi ultimi cinque anni vi
si sono laureati una cinquantina di sacerdoti da varie diocesi e congregazioni
religiose in Vietnam. L’ICLA offre anche corsi di base di teologia e studi
biblici e ha preparato diversi docenti in vista della possibile apertura a Ho
Chi Minh City di un istituto di vita consacrata. Un
altro istituto cattolico filippino frequentato da un consistente numero di
studenti vietnamiti è l’antica Università domenicana di San Tommaso di Manila
(UST), che ne ospita attualmente 29, mentre 14 vi hanno conseguito la laurea e sette il dottorato. Altri istituti di educazione
superiore che ospitano sacerdoti e religiosi dal Vietnam sono, a Manila, il
Seminario San Carlos,
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16 febbraio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco –
Dopo giorni di tensione, sono stati resi noti,
ad Haiti, i risultati definitivi delle presidenziali
tenutesi nel Paese caraibico lo scorso 7 febbraio: Renè Preval ha vinto la consultazione
con il 51,15% dei voti ed è stato proclamato capo di Stato. Il nostro servizio:
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Renè Preval
è il nuovo presidente di Haiti. Lo ha annunciato ufficialmente la Commissione
elettorale dopo una decisiva intesa tra il governo provvisorio e il Consiglio
elettorale haitiano. L’accordo ha assegnato in modo proporzionale le schede
bianche tra tutti i candidati. Il nuovo conteggio, completato con questo nuovo
criterio, ha permesso a Preval di ottenere la
maggioranza assoluta e di evitare il ballottaggio. Ma la sua elezione arriva
dopo forti tensioni: in una discarica pubblica sono state trovate centinaia di
schede proprio in favore di Preval. Circa 200 osservatori internazionali hanno comunque
definito “libere” le elezioni dello scorso 7 febbraio anche se Preval
aveva denunciato “frodi massicce” nello spoglio delle
schede. In seguito a queste presunte irregolarità, lo scrutinio era
stato sospeso ed era anche stata annunciata una commissione di inchiesta.
Durante gravi disordini e proteste è morta, inoltre, almeno una persona. Adesso
lo stato di impasse è superato e
numerosi haitiani si sono già riversati tra le strade della capitale, Port-au-Prince, per celebrare il
nuovo presidente. Dal suo programma elettorale, erano emerse soprattutto tre
priorità: lotta alla corruzione, miglioramento del sistema educativo e rafforzamento
delle forze di sicurezza. Preval, in passato alleato
dell’ex capo di Stato, Aristide, destituito con un golpe militare nel 2004, ha
ricevuto l’appoggio della maggioranza povera del Paese. Proprio la povertà è il
principale flagello di Haiti: la disoccupazione supera il 60 per cento e gran
parte di quelli “fortunati” che hanno un lavoro, vive con meno di due dollari al giorno.
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In Medio Oriente almeno una
persona è rimasta uccisa durante un attacco da parte di estremisti palestinesi
contro un insediamento israeliano in Cisgiordania. Nei Territori palestinesi,
intanto, Hamas ha ricevuto un invito ufficiale per
prendere parte a colloqui in Russia. Il gruppo radicale ha già fatto sapere che
accetterà l’invito di Mosca, che non considera Hamas
un gruppo terroristico. Stati Uniti, ONU e Unione Europea, che con la Russia
fanno parte del quartetto impegnato nella Road
Map, ritengono invece Hamas
un’organizzazione terroristica e non intendono avviare un dialogo con il
movimento fondamentalista se questo non rinuncerà
alla lotta armata e non riconoscerà lo Stato di Israele.
Continua
l’emergenza scoppiata in seguito alla pubblicazione delle caricature su Maometto:
in Pakistan almeno 20 mila persone hanno manifestato stamani per le strade di
Karachi. Nella
dimostrazione di ieri a Peshawar, gli scontri tra
dimostranti e polizia avevano provocato la morte di tre persone.
In Afghanistan, sono stati trovati a Kabul i corpi senza
vita di due cooperanti italiani impegnati in programmi nel settore della
giustizia. In base alle prime ricostruzioni, i due italiani, Iendi Iannelli e Stefano Siringo,
potrebbero essere stati uccisi dal monossido di carbonio di una stufa difettosa.
Ma chi erano i due cooperanti umanitari morti nel Paese asiatico? Paolo Ondarza lo ha chiesto all’ambasciatore italiano a Kabul,
Ettore Francesco Sequi:
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R. – Erano due persone ammirevoli,
veramente straordinari e che operano in Afghanistan con grande
sacrificio e, talvolta, anche con qualche rischio per permettere alle
istituzioni afgane di svilupparsi. Iannelli lavorava
per l’organizzazione IDLO che per
conto del governo italiano svolge dei programmi nel
settore della riforma alla giustizia. Siringo lavorava all’ufficio Giustizia
del ministero degli Esteri. Io vorrei che questi due connazionali, che erano
qui veramente molto apprezzati, siano ricordati come esempio di impegno, di dedizione
ma sempre con il sorriso, sempre con l’entusiasmo.
D. – Le varie organizzazioni italiane che operano in
Afghanistan quali compiti in particolare, sono chiamati a svolgere?
R. – Qui abbiamo una presenza molto variegata nel settore
della giustizia, quindi per la riforma dell’istituzione giudiziaria. Per la
promozione del ruolo della donna, abbiamo dei progetti come la costruzione, ad
esempio, di un’importante arteria stradale. Ci sono progetti nel settore
dell’agricoltura, la risorsa fondamentale dell’Afghanistan.
D. – I frequenti attacchi lanciati da talebani o comunque
anche le violenze, le proteste che in questi giorni si sono acuite in seguito
alle vignette, in che modo mettono a repentaglio, in questo momento, le
attività degli italiani nel Paese?
R. – La nostra attività continua così come quotidianamente
facciamo, sia per quanto riguarda i nostri militari sia per quanto riguarda i
cooperanti, i rappresentanti dello Stato. Naturalmente abbiamo delle norme di
cautela. L’unità di crisi e il ministero degli Esteri seguono con particolare
attenzione la situazione in Afghanistan. Quello che va detto è che noi godiamo,
come italiani, di una grandissima simpatia perché c’è una consapevolezza da
parte degli afgani dell’impegno che abbiamo nella ricostruzione del loro Paese.
Ci sono state delle proteste, comunque, sempre molto contenute. Abbiamo
rilevato una grande moderazione che è stata dimostrata da varie autorità
afgane, a cominciare dallo stesso presidente Karzai. Le autorità afghane hanno invitato la popolazione alla calma e alla
moderazione.
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Il governo francese
accusa l’Iran: “Teheran ha un programma nucleare
segreto”. Il ministro
degli Esteri francese ha precisato che il piano atomico iraniano è un progetto
“militare clandestino”. Ma l’Iran, che martedì scorso ha ripreso il processo
per l’arricchimento dell’uranio, respinge le accuse: “Non vogliamo costruire la
bomba atomica”, ha replicato il capo dei negoziatori
iraniani per il nucleare.
Anche la Cina esprime preoccupazione per il programma
di Teheran. Siamo estremamente preoccupati e “invochiamo
una soluzione pacifica della questione nucleare iraniana attraverso negoziati diplomatici”,
ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese. Proprio per trovare
nuove intese sull’intricata questione nucleare iraniana, una delegazione della
Repubblica islamica parteciperà, lunedì prossimo a Mosca, a colloqui sulla
proposta di arricchire l’uranio in territorio russo.
Il Parlamento europeo ha approvato la normativa Bolkestein, la direttiva sulla liberalizzazione dei servizi
commerciali nei 24 Paesi dell’Unione Europea. In base a questo provvedimento,
le leggi che il prestatore dei servizi dovrà rispettare sono quelle del Paese dove
opera e non dello Stato di origine dell'azienda, come prevedeva il testo
proposto dall’ex commissario Frits Bolkestein. Il testo passerà ora all'esame del Consiglio
europeo e quindi tornerà all’Assemblea di Strasburgo. In caso di mancato
accordo, si procederà alla conciliazione.
In
Nepal, continua il confronto armato tra ribelli maoisti, che controllano vaste
zone del Paese himalayano, e il governo di Kathmandu. Ieri tre militari sono stati uccisi nella regione
occidentale, dove l’esercito ha intensificato le operazioni per far fronte alla
guerriglia: una situazione difficile, dunque, aggravatasi dopo le recenti
elezioni municipali, boicottate da gran parte della popolazione. Ma che cosa
c’è all’origine dell’escalation della tensione nei rapporti tra opposizione e
governo del re Gyanendra? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maura Giallantini,
responsabile del progetto a sostegno della popolazione femminile nepalese della
fondazione “Pangea”:
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R. – Ci sono state queste elezioni municipali che il re Gyanendra ha in qualche modo presentato all’attenzione del
Paese come il primo passo per ripristinare una situazione di presunta
democrazia. Ma in realtà, queste elezioni municipali servono
di fatto al re per consolidare ancora il proprio controllo nel resto del
Paese.
D. – Proprio durante le elezioni, l’opposizione maoista
aveva fatto dichiarazioni abbastanza concilianti e poi questo passaggio al
dialogo non c’è stato. Perché?
R. – La situazione del Paese cambia di volta in volta; a
dicembre la coalizione dei sette partiti dell’opposizione e i maoisti avevano
rilasciato una dichiarazione di 12 punti in cui indicavano delle possibili
soluzioni al re Gyanendra. In realtà, il governo non
ha mai riconosciuto questa dichiarazione. Quindi, di fatto, non riconosce tale
coalizione nella gestione del conflitto.
D. – In questo momento, allora, qual è l’obiettivo delle
opposizioni?
R. – La richiesta che si fa al governo del re è di
ripristinare la democrazia. Il re, il primo febbraio 2005, ha
di fatto delegittimato il Parlamento e ha assunto su di sé il potere con
il controllo dell’esercito.
D. – Il Nepal sembra abbastanza isolato dal contesto
internazionale …
R. – La cosa che mi ha sconcertato al mio ritorno, è che
in realtà della situazione del Nepal si parla molto poco.
Avrebbe bisogno di più spazio a livello internazionale ma,
in realtà, questa copertura non c’è. Quando si è in Nepal e si leggono i
giornali locali, si accede a tutto un sistema presunto di informazione. Ma
questo sistema, sicuramente, non ti fa comprendere quello che succede nel
Paese. Il governo ha di fatto il controllo su quasi tutto
il sistema dell’informazione. Anche attraverso i giornali si ha comunque sempre
e soltanto una visione abbastanza limitata della situazione. Una visione che
non corrisponde a quella reale.
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