RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 46 - Testo della trasmissione di mercoledì 15  febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sono gli umili e i poveri gli “eletti” di Dio, che predilige i cuori  senza arroganza e distaccati dall’idolatria del potere e della ricchezza: così Benedetto XVI all’udienza generale dedicata al canto del Magnificat, con cui il Papa ha concluso le catechesi sulla Liturgia delle Ore

 

In un messaggio per il 20° anniversario dell’Incontro Nazionale Ecclesiale Cubano Benedetto XVI ripete l’invito di Papa Wojtyla: “Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”

 

Il Papa nomina mons. Michael Fitzgerald nunzio in Egitto  e delegato presso la Lega Araba

 

Messaggio del Pontefice per la IX Assemblea generale del Consiglio mondiale delle Chiese, in corso a Porto Alegre, in Brasile

 

Il Cammino Neocatecumenale e le norme liturgiche  sulla celebrazione dell’Eucaristia: ne parliamo con il cardinale Francis Arinze

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sempre più grave l’allarme carestia in diversi Paesi dell’Africa: intervista con Donata Lodi

 

Convegno a Vercelli su Dietrich Bonhoeffer a 100 anni dalla nascita: con noi mons. Enrico Masseroni

 

CHIESA E SOCIETA’:

Influenza aviaria: è allarme  in tutta Europa

 

Lettera pastorale dei vescovi della Colombia in vista delle prossime elezioni a marzo

 

E’ morto don Divo Barsotti, teologo e poeta. Aveva 91 anni. Ha fatto conoscere all’Italia i mistici russi

 

Ieri, a Roma, la conferenza stampa dell’Opus Dei per lanciare il Progetto Harambee 2006 per raccogliere fondi  per quattro Paesi africani

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, una bomba uccide tre ragazzi che andavano a scuola

 

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 febbraio 2006

 

SONO GLI UMILI E I POVERI GLI “ELETTI” DI DIO, CHE PREDILIGE I CUORI

SENZA ARROGANZA E DISTACCATI DALL’IDOLATRIA DEL POTERE E DELLA RICCHEZZA:

COSI’ BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE DEDICATA AL CANTO DEL MAGNIFICAT,

CON CUI IL PAPA HA CONCLUSO LE CATECHESI SULLA LITURGIA DELLE ORE

 

 

Con l’udienza generale di poco fa, che Benedetto XVI ha iniziato in un’affollata Basilica di San Pietro per poi proseguirla nell’Aula Paolo VI, il Papa ha concluso con la spiegazione del Magnificat la riflessione sulla Liturgia delle Lodi e dei Vespri, iniziata da Giovanni Paolo II nel 2001. Ma Benedetto XVI ha nuovamente invitato i fedeli ad approfondire il tema dell’amore divino, oggetto della sua prima Enciclica Deus caritas est. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(Canto Magnificat)

 

Un ultimo pensiero a ciò che in ultimo si canta nella recita dei Vespri: il Magnificat. Benedetto XVI chiude ciò che Giovanni Paolo II aveva cominciato cinque anni prima: la sistematica catechesi sui Salmi e i Vespri della Liturgia delle ore. Il Papa lo ha definito un “pellegrinaggio testuale”, tra strofe e cantici di contemplazione e preghiera.

 

Il Magnificat di Maria - ha spiegato Benedetto XVI alle circa novemila persone dell’Aula Paolo VI – è un suggello ideale, “un canto che rivela in filigrana la spiritualità degli anawim biblici:

 

“Ossia di quei fedeli che si riconoscevano ‘poveri’ non solo nel distacco da ogni idolatria della ricchezza e del potere, ma anche nell’umiltà profonda del cuore, spoglio dalla tentazione dell’orgoglio, aperto all’irruzione della grazia divina salvatrice. Tutto il Magnificat è, infatti, marcato da questa ‘umiltà’ (…) che indica una situazione di concreta umiltà e povertà”.

        

Nel cantare il Magnificat, la Vergine ha dapprima una “voce solista”, che riconosce le meraviglie di Dio sulla sua persona pur senza essere – ha precisato Benedetto XVI – una voce “solitaria e intimistica”, giacché Maria “è consapevole di avere una missione da compiere per l’umanità”. Quindi, la voce si fa “corale”: il Cantico passa a celebrare la potenza e la giustizia di Dio, che mostra – ha osservato il Papa – uno “stile” particolare:

 

“Egli si schiera dalla parte degli ultimi. Il suo è un progetto che è spesso nascosto sotto il terreno opaco delle vicende umane, che vedono trionfare ‘i superbi, i potenti e i ricchi’. Eppure la sua forza segreta è destinata alla fine a svelarsi, per mostrare chi sono i veri eletti di Dio:Coloro che lo temono’, fedeli alla sua parola; ‘gli umili, gli affamati, Israele suo servo’, ossia la comunità del popolo di Dio che, come Maria, è costituita da coloro che sono ‘poveri’, puri e semplici di cuore”.

 

E a quel popolo, quel “piccolo gregge”, Benedetto XVI ha augurato di poter avere un’anima aperta come Maria al richiamo di Dio:

 

“Che nella nostra anima, nella nostra vita, il Signore trovi una dimora, e non solo una dimora che noi portiamo nel cuore, ma che portiamo al mondo, così possiamo anche noi generare Cristo per i nostro tempi. Preghiamo il Signore che ci aiuti a magnificarlo con lo spirito e l’anima di Cristo, per portare di nuovo Cristo al nostro mondo”.

 

Anche se con accenti diversi, il Pontefice aveva parlato della solidarietà verso gli ultimi anche nel breve saluto rivolto ai due grandi gruppi incontrati in precedenza nella Basilica di San Pietro: 6 mila studenti italiani provenienti da Ostia Lido, Roma e Caserta, e 1800 pellegrini francesi della Famiglia religiosa “Frères de Saint-Jean”. Con loro, Benedetto XVI ha collegato il tema della sua Enciclica, Deus caritas est:

 

“Invito ciascuno di voi a comprendere e accogliere sempre più questo Amore che cambia la vita e vi rende testimoni credibili del Vangelo. Diventerete così autentici amici di Gesù e suoi fedeli apostoli. Soprattutto alle persone più deboli e bisognose dobbiamo far sentire la tenerezza del Cuore di Dio e non dimenticate che ognuno di noi, diffondendo la carità divina, contribuisce a costruire un mondo più giusto e solidale”.

 

Durante i saluti finali, il Papa ne ha indirizzato uno particolare ai vescovi partecipanti al 30.mo Convegno promosso dal Movimento dei Focolari, incoraggiandoli “ad approfondire sempre più l’autentica spiritualità di comunione che deve contraddistinguere il ministero presbiterale ed episcopale. Un saluto è stato rivolto anche agli Oblati di S. Giuseppe in Capitolo generale, ma soprattutto Benedetto XVI ha parlato con affetto del servizio svolto dal maestro della Cappella Sistina, mons. Giuseppe Liberto, e dai suoi cantori:

 

“Cari amici, desidero esprimere il mio grato apprezzamento per il servizio che prestate nelle celebrazioni liturgiche presiedute dal Successore di Pietro; vi sono specialmente riconoscente per aver animato con il canto le Udienze Generali. Grazie di tutto”.

 

(applausi – canto Magnificat)

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IN UN MESSAGGIO PER IL XX ANNIVERSARIO DELL’INCONTRO NAZIONALE ECCLESIALE CUBANO BENEDETTO XVI RIPETE L’INVITO DI PAPA WOJTYLA:

“CUBA SI APRA AL MONDO E IL MONDO SI APRA A CUBA”

- A cura di Sergio Centofanti -

 

Dio “cammina con tutti quelli che vivono in questa terra, credenti e non credenti, vicini e lontani, quanti seminano e quanti raccolgono, perché tutti sono invitati alla festa della vita che il Padre ci regala”.  E’ quanto scrive Benedetto XVI al cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, presidente della Conferenza episcopale di Cuba, nel XX anniversario dell’Incontro Nazionale Ecclesiale Cubano che si sta tenendo nella capitale del Paese centroamericano. 

 

Il Papa sottolinea che “la realtà umana è piena di avvenimenti che siamo chiamati a vivere come salvifici, poiché il tempo e la storia sono riempiti della presenza divina che sostiene e rafforza”. La realtà – aggiunge il Papa – è un “cammino di promesse e salvezza, che bisogna percorrere con passo premuroso e compassionevole, per scoprire nella esperienza i segni e i segnali del Dio vivo che cammina” con l’umanità.  A questo riguardo Benedetto XVI ricorda l’appello lanciato da Giovanni Paolo II durante il suo viaggio in questo Paese nel 1998: “Che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba”. Si tratta di “un’apertura che esige che si esamini innanzitutto come aprire il cuore e l’intelligenza alle cose di Dio; come, per quanti vivono insieme, aprirsi reciprocamente, credendo e confidando gli uni negli altri, nonostante ci siano differenze nei modi di pensare o credere; e infine come aprirsi all’ambito mondiale con le sfide delle sue possibilità e difficoltà nello stesso tempo”.

 

Solo partendo “dallo sguardo di Dio, uno sguardo d’amore – scrive il Pontefice -  si potrà giungere alla verità di ogni persona, di ogni gruppo e di quanti vivono in una stessa terra”. Un grande aiuto in questo cammino – aggiunge – è dato dall’ “esperienza di preghiera di ogni cristiano, nel silenzio e l’umiltà del lavoro quotidiano, nella fedeltà alla fede professata, nell’annuncio implicito ed esplicito del Vangelo”. Il Papa affida infine tutti i cubani alla tenerezza della Vergine della Carità del Cobre, Patrona di Cuba.

 

 

NOMINE

 

Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico nella Repubblica Araba d’Egitto e delegato presso l’Organizzazione della Lega degli Stati Arabi mons. Michael Louis Fitzgerald, arcivescovo titolare di Nepte, finora presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

 

 

MESSAGGIO DEL PAPA PER LA IX ASSEMBLEA GENERALE

DEL CONSIGLIO MONDIALE DELLE CHIESE, IN CORSO A PORTO ALEGRE, IN BRASILE

E’ iniziata ieri a Porto Alegre, in Brasile, presso la Pontificia Università Cattolica del Rio Grande do Sul, la 9a Assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese sul tema “Trasforma il mondo, Signore, nella tua grazia”. Partecipa all’evento il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, che ha portato un Messaggio del Santo Padre.

 

“Consapevoli della nostra fede battesimale condivisa nel Dio Trino – scrive Benedetto XVI – la Chiesa cattolica e il Consiglio Mondiale delle Chiese cercano vie per cooperarae sempre più efficacemente nel compito di testimoniare l’amore di Dio. Dopo quarant’anni di fruttuosa collaborazione, auspichiamo di proseguire su questa strada di speranze e promesse mentre intensifichiamo i nostri sforzi per raggiungere il giorno in cui i cristiani si uniranno nella proclamazione a tutti del messaggio evangelico di salvezza per tutti”. Il Papa invita ad “essere aperti ai segni della Provvidenza e alle ispirazioni dello Spirito Santo, perché sappiamo che questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità di una sola e unica Chiesa di Cristo supera le forze e le doti umane”.

 

Partecipano dall’incontro 4 mila persone, tra cui 1.200 delegati delle 347 Chiese del Consiglio, alle quali appartengono 550 milioni di fedeli protestanti, anglicani e ortodossi. La Chiesa Cattolica non aderisce direttamente all’organismo  ma collabora con esso sia attraverso le riunioni di un Gruppo misto di lavoro congiunto, sia attraverso l’impegno nella realizzazione di  progetti  comuni. Durante i lavori di Porto Alegre, che si protrarranno fino al 23 febbraio, sarà esaminata la strategia del Consiglio Mondiale delle Chiese su temi come la giustizia economica, l’eliminazione della povertà, l’identità cristiana e la pluralità religiosa.

 

 

IL CAMMINO NEOCATECUMENALE E LE NORME LITURGICHE

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

Il bollettino Notitiae, organo ufficiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nel suo ultimo numero appena pubblicato, riporta il discorso che Benedetto XVI ha rivolto il 12 gennaio scorso durante il festoso incontro con il Cammino Neocatecumenale e la lettera che il Dicastero ha inviato allo stesso Cammino Neocatecumenale, a nome del Papa, il 1° dicembre scorso. Ascoltiamo in proposito  il cardinale Françis Arinze, prefetto del Dicastero, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – La cosa migliore è di leggere il discorso del Santo Padre. L’abbiamo riprodotto alla pagina 554-56 del bollettino della Congregazione Notitiae, nel numero di novembre-dicembre. Io non leggo tutto il discorso ma solo la parte che affronta la Liturgia. Era un’occasione di gioia: il Santo Padre ha benedetto le tante famiglie del Cammino Neocatecumenale che erano sul punto di essere mandate in missione. Tra le altre cose, il Santo Padre ha detto, ora lo leggo: “L’importanza della Liturgia e in particolare della Santa Messa nell’evange-lizzazione, è stata a più riprese posta in evidenza dai miei predecessori e la vostra lunga esperienza può bene confermare come la centralità del mistero di Cristo, celebrato nei riti liturgici, costituisce una via privilegiata e indispensabile per costruire comunità cristiane vive e perseveranti”. Il Papa continua: “Proprio per aiutare il cammino Neocatecumenale, a rendere ancora più incisiva la propria azione evangelizzatrice in comunione con tutto il popolo di Dio, di recente, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti, vi ha impartito, a mio nome, alcune norme concernenti la celebrazione eucaristica. Dopo il periodo di esperienza che aveva concesso il Servo di Dio, Giovanni Paolo II, sono certo che queste norme, che riprendono quanto è previsto nei libri liturgici approvati dalla Chesa, saranno da voi attentamente osservate”. Ecco le parole del Santo Padre. Egli ha detto loro: “Tramite questa Congregazione ho vi ho dato delle direttive; seguitele”.

 

D. – Ora veniamo al contenuto di queste direttive…

 

R. – Il 1° dicembre 2005 la nostra Congregazione, al  termine di tanti colloqui per un periodo di almeno 2 anni se non più, ha scritto ai responsabile del Cammino Neocatecumenale una lettera di due pagine. Io do soltanto il sommario: “Nella celebrazione della Santa Messa il Cammino Neocatecumenale accetterà e seguirà i libri liturgici approvati dalla Chiesa senza omettere né aggiungere nulla”. Questo è il principio base. Seguire i libri approvati, non aggiungere e non sottrarre. Tutto il resto è dettaglio e ci sono sei punti più precisi per rispondere ad alcune richieste del cammino Neocatecumenale su materie relative alla celebrazione eucaristica. Primo, sulla celebrazione del sabato sera: la domenica è il giorno del Signore. Il Santo Padre decide che per il Cammino Neocatecumenale, almeno una domenica al mese, le loro comunità devono partecipare alla Santa Messa della Comunità parrocchiale. Per le altre tre settimane, il Cammino Neocatecumenale in ogni diocesi sia in dialogo con il vescovo diocesano. Secondo: le ammonizioni previe alle letture si possono fare a condizione che siano brevi. Anche durante l’omelia, pronunciata sempre dal sacerdote o dal diacono, si può fare qualche intervento occasionale che sia breve e che non abbia apparenza di essere l’omelia. Anche questo si può accettare. Poi, per lo scambio della pace: si concede che il Cammino Neocatecumenale possa usufruire dell’indulto già concesso, cioè di fare lo scambio della pace prima dell’offertorio fino ad ulteriori disposizioni. E poi sul modo di ricevere la Santa Comunione: si dà al Cammino Neocatecumenale un periodo di transizione, non più di due anni, per passare dal modo invalso nelle loro comunità di ricevere la Comunione, per esempio, seduti, con l’uso una mensa addobbata posta al centro della chiesa, invece dell’altare dedicato; passare da questo al modo normale per tutta la Chiesa di ricevere la Santa Comunione. Ciò significa che il Cammino Neocatecumenale deve camminare verso il modo previsto nei libri liturgici per la distribuzione del Corpo e del Sangue di Cristo. Infine, il Cammino Neocatecumenale deve utilizzare anche le altre preghiere eucaristiche contenute nel messale e non solo la seconda preghiera eucaristica. La sintesi di tutto questo è che il Cammino, nella celebrazione della Santa Messa, seguirà i libri liturgici approvati, tenendo conto delle specificazioni appena pronunciate. Questa è la lettera.

 

D. – Eminenza da quali esigenze è scaturita questa lettera?

 

R. – E’ scaturita da ciò che emergeva dall’esame di questa Congregazione di come il Cammino Neocatecumenale celebra la Santa Messa da molti anni, perché dopo l’approvazione dei loro statuti per un periodo di cinque anni da parte del Pontificio Consiglio per i laici, rimanevano per gli altri Dicasteri le approvazioni di loro competenza: per la nostra Congregazione, il campo della liturgia. Per l’esame di questo abbiamo avuto una commissione mista tra persone nominate dal Cammino Neocatecumenale e persone nominate dalla nostra Congregazione. Nelle discussione sono emerse tante pratiche che loro fanno durante la Messa, le quali sono state esaminate e molte di loro emergevano che non erano secondo i libri approvati. Questo è il “background”. Il tutto è stato esaminato in molte sessioni dalla commissione mista per un periodo di due anni o più. E c’è stata anche una discussione tra sette cardinali della Curia romana per volere del Santo Padre, i quali hanno esaminato il tutto. Dunque, questa lettera è la conclusione di tutto.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Apre la prima pagina l’udienza generale.

Sempre in prima l’Iraq con un articolo dal titolo: “Un Paese dal futuro negato”; tre bambini uccisi dall’esplosione di un ordigno, a Baghdad, mentre stavano andando a scuola.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla celebrazione delle Giornata del malato nelle diocesi italiane.

 

Servizio estero - Libano: un milione in piazza ad un anno dall’omicidio di Hariri.

 

Servizio culturale - Un articolo di Andrea Fagioli su don Divo Barsotti (fondatore della “Comunità dei figli di Dio”), morto nel sonno alle prime ore di mercoledì 15. Il titolo dell’articolo è “Una spiritualità fondata sul primato dei valori contemplativi”.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema dell’economia: via libera dell’Unione Europea a pensioni e finanziaria.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 febbraio 2006

 

SEMPRE PIU’ GRAVE L’ALLARME CARESTIA IN DIVERSI PAESI DELL’AFRICA:

SECONDO L’UNICEF, E’ A RISCHIO LA VITA DI UN MILIONE E MEZZO DI BAMBINI

- Intervista con Donata Lodi -

 

Grave allarme carestia in Burundi e in Tanzania, ma anche in Kenya, Somalia, Etiopia e Gibuti. Continuano le denunce da parte dell’Agenzia dei missionari MISNA, mentre ieri è intervenuto l’UNICEF, denunciando che è a rischio la vita di un milione e mezzo di bambini.  Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Dall’inizio dell’anno 3500 persone, in fuga dal Burundi, hanno varcato la frontiera con la vicina Tanzania nel tentativo di fuggire siccità e carestia. Il dato è dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR/UNHCR) che sottolinea che la “la cifra continua a crescere” in maniera costante, “con una media di circa 100 nuovi arrivi al giorno”. Da parte sua, il governo del Burundi ha lanciato la scorsa settimana un nuovo appello alla comunità internazionale chiedendo aiuti per 430.000 famiglie rimaste in zone del nord e dell’ovest. Ma se si guarda alla Tanzania si capisce che neanche questo Paese è in grado di far fronte alle necessità. Le autorità  hanno chiesto in questi giorni 100.000 tonnellate di cibo per sostenere fino ad aprile 3,7 milioni di persone per le quali non c’è di che nutrirsi. La mancanza di piogge con la conseguente scarsità di acqua potabile e di sostentamento per gli animali e per i raccolti, rappresentano da anni l’incubo di molti Paesi dell’Africa orientale. L’anno scorso Etiopia ed Eritrea hanno sofferto molto. In questo periodo è coinvolta una zona interna dell’Etiopia fino a Gibuti, mentre la situazione è molto grave in buona parte del Kenya e in una larga fetta della Somalia. In queste zone, secondo i dati UNICEF, almeno 1 milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni corrono gravi rischi. Per salvarli, il direttore generale dell’agenzia dell’ONU per l’infanzia, M. Veneman, chiede di raccogliere 16 milioni di dollari.  C’è una serie di condizioni particolari che rendono tutto più grave, legate ai disperati spostamenti delle persone, come spiega Donata Lodi, portavoce dell’UNICEF Italia: 

 

R. – La migrazione porta con sé numerosi rischi aggiuntivi per i bambini. Innanzitutto, vengono a mancare alcune tradizionali fonti di rifornimento. C’è un abbandono scolastico crescente e, dunque, si perde quel punto di riferimento essenziale  per la nutrizione dei bambini che è la scuola. Pensiamo che addirittura in alcuni distretti della Somalia, sulle 104 scuole esistenti, solo 14 sono aperte. Le altre hanno chiuso perché i bambini non ci sono più. Ricordo che attraverso la scuola noi facciamo anche campagne di nutrizione integrativa. Salta la possibilità di seguire i bambini e accade spesso – è già accaduto in molti altri casi in passato – che nel corso di questi massicci spostamenti di popolazione da una zona all’altra del Paese, alla ricerca di aree non ancora colpite dalla siccità, i bambini perdano i contatti con le famiglie.

 

D. – Immagino che diventi anche molto difficile seguire la situazione dei bambini per prestare assistenza?

 

R. – Certamente. Questa è una delle difficoltà maggiori. Noi abbiamo una serie di uffici locali dislocati nelle diverse aree, però stiamo ovviamente provvedendo in queste ore anche ad una ricollocazione del nostro personale. Dobbiamo tentare di intervenire in aree dove non abbiamo basi operative, dove non abbiamo magazzini con le scorte. E’ uno dei problemi perché si perde la possibilità di censire esattamente la popolazione  a rischio e di raggiungerla velocemente con gli aiuti. Quindi si sta lavorando in queste ore proprio per cercare di intervenire ridislocando il personale, ridislocando i magazzini per gli aiuti, in modo da riuscire a bloccare le conseguenze peggiori della carestia.  D’altra parte, la tendenza della popolazione a spostarsi è comprensibile, se pensiamo che si tratta di persone per le quali la morte del bestiame è la distruzione di ogni loro risorsa.

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RILEGGERE LA TEOLOGIA DI OGGI CON IL CONTRIBUTO DEL PENSIERO

DI BONHOEFFER: NELL’ANNO CENTENARIO DELLA NASCITA DEL PENSATORE TEDESCO,

UN GRUPPO DI STUDIOSI SI È INTERROGATO

SULLA MODERNITÀ DELLE SUE RIFLESSIONI

- Intervista con mons. Enrico Masseroni -

 

Recuperare la teologia e la filosofia di Dietrich Bonhoeffer per mettere a confronto eredità cristiana e modernità. E’ l’obiettivo con il quale si sono incontrati in questi giorni a Vercelli, nell’anno in cui si commemora il centenario della nascita del pensatore tedesco, pastore della Chiesa evangelica. Per essersi opposto al regime nazista nel 1945 fu ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg. Tiziana Campisi ha chiesto all’arcivescovo di Vercelli, mons. Enrico Masseroni, quale riflessione ha voluto sollevare, nel proprio intervento, al convegno dedicato a Bonhoeffer:

 

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R. – Mi sono chiesto quale potesse essere l’attualità, il messaggio di Bonhoeffer per la Chiesa di oggi e mi è parso di poter rispondere che questa attualità del messaggio vada in due direzioni: nella direzione della speranza e nella direzione della testimonianza. Mi sembra di leggere questa attualità della speranza soprattutto in una lettera che Bonhoeffer ha scritto nel ‘44, che poi fu inserita nel libro “Resistenza e resa”, in cui viene fatta una comparazione tra Socrate e Gesù riguardo alla morte. Socrate ci ha insegnato l’“ars moriendi”, Gesù invece ha vinto la morte con la Resurrezione e mi pare di poter dire che la centralità di Cristo, per Bonhoeffer, significa centralità della Pasqua, centralità della vittoria di Cristo risorto sulla morte. Poi mi pare di vedere l’attualità di Bonhoeffer nella direzione della testimonianza. Noi sappiamo che Bonhoeffer ha voluto appartenere alla cosiddetta “Chiesa testimoniante”, la Chiesa fedele al Vangelo sotto il regime duro ed impetuoso di Hitler. Naturalmente per questa fedeltà al Vangelo, Bonhoeffer ha pagato di persona con l’impiccagione. In noi nasce, di fronte alla testimonianza di Bonhoeffer, una domanda: come essere una presenza secondo Gesù, secondo il Vangelo?

 

D. – A suo parere quali piste può suggerire la figura di Bonhoeffer alla modernità che cerca risposte?

 

R. – Innanzitutto Bonhoeffer suggerisce l’importanza delle domande di senso. Noi, soprattutto a livello giovanile, dobbiamo, direi, assumere un atteggiamento di educatori con l’arte maieutica, cioè dobbiamo stimolare le domande sui significati ultimi dell’esistenza e della storia.

 

D. – Bonhoeffer si è accostato ad alcuni movimenti ecumenici. Che cosa ha insegnato in questo senso?

 

R. – A me sembra che l’insegnamento più forte e significativo sia stato l’affer-mazione della centralità di Cristo. Più noi ci accostiamo a Gesù Cristo, più noi leggiamo la Parola e più noi ci sentiamo vicini gli uni agli altri, ci sentiamo più uniti, più in comunione.

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CHIESA E SOCIETA’

15 febbraio 2006

 

INFLUENZA AVIARIA: L’ALLARME SUI NUOVI CASI IN EUROPA PREOCCUPA FORTEMENTE

I CONSUMATORI. SCENDE IN ITALIA DEL 70 PER CENTO

IL CONSUMO DI CARNI AVICOLE MENTRE E I PRODUTTORI DENUNCIANO DANNI

PER 600 MILIONI EURO ED IL TAGLIO DI 30 MILA POSTI DI LAVORO,

TRA LICENZIAMENTI E CASSA INTEGRAZIONE 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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BRUXELLES. = Novantuno morti e 169 contagi dal dicembre 2003 ad oggi, di cui quasi la metà in Vietnam dove si è verificato il primo caso umano di influenza aviaria, che ha colpito anche altri 6 Paesi: Cambogia, Cina, Indonesia, Iraq, Thailandia e Turchia. In termini assoluti, il numero di vittime nel mondo intero per la cosiddetta “febbre dei polli” non è una cifra rilevante, ma la paura che possa espandersi ed assumere le dimensioni di una estesa pandemia perfino nei Paesi sviluppati è davvero grande. Le ultime notizie dalla Germania confermano - come è stato notificato la scorsa notte alla Commissione europea - il contagio dei 2 cigni selvatici trovati morti di recente sull’isola di Ruegen, nel Mar Baltico, colpiti dal ceppo H5N1, il più pericoloso, mentre una decina di altri cigni morti sono stati ritrovati - si appreso a fine mattinata - sempre sull’isola baltica, ambita meta turistica anche invernale. Decine di volatili infetti anche nel sud della Romania e due casi sospetti anche in Austria. Sono saliti intanto ad 8 i casi certi in Italia, gli ultimi contagi riscontrati ieri: due cigni malati in Puglia. E prosegue intensa l’azione di controllo sul territorio italiano delle Forze dell’ordine: 11681 i controlli realizzati da ottobre ad oggi, 80 mila i polli e 7 mila le uova sequestrate, nel raggio di 10 chilometri dai luoghi dove sono stati rinvenuti uccelli migratori, provenienti da Paesi dell’Est, positivi al virus H5N1. Ma la psicosi dei consumatori sale e in Italia il consumo delle carni avicole è sceso in soli due giorni del 70 per cento, nonostante le rassicurazioni della autorità che raccomandano comunque – e questo è forse il punto controverso - di cuocere uova e polli e di non toccare animali morti per non rischiare il contagio che avviene per via aerea. Nessun caso di contagio “è mai avvenuto mangiando polli neppure se infetti”, sottolinea oggi Pieluigi Tucci presidente dei pediatri italiani, rivolto ai genitori particolarmente preoccupati per i loro bambini.

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IERI, A ROMA, LA CONFERENZA STAMPA DELL’OPUS DEI PER LANCIARE

IL PROGETTO HARAMBEE 2006. LA CAMPAGNA PREVEDE LA RACCOLTA DI FONDI

INTERNAZIONALI A FAVORE DI PIANI DI SVILUPPO PER QUATTRO PAESI AFRICANI

 

ROMA. = Ieri, a Roma, c’è stata la presentazione del progetto Harambee 2006, il fondo nato in occasione della canonizzazione di San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei. Durante la conferenza stampa, si è annunciata una raccolta di fondi internazionale, per quattro nuovi progetti di sviluppo in Africa, ovvero: per le donne del Sudan, per i maestri elementari del Kenya, per gli artigiani del Madagascar e per le mamme e i bambini del Congo. Al via, anche la seconda edizione del Premio “Comunicare l’Africa”, per dare un riconoscimento a documentari televisivi che presentano l’Africa in modo realistico e costruttivo. Secondo quanto riferisce l’agenzia ZENIT, il promotore di Harambee, Carlo De Marchi, ha spiegato che la campagna 2006 vuole essere un gesto concreto per risvegliare la speranza degli africani. Questi progetti – ha proseguito – sono solo quattro piccole gocce d’acqua, ma significativi perché incoraggiano chi sta lavorando da tempo e con buoni risultati nel Paese. La coordinatrice internazionale del progetto, Linda Corbi, ha precisato che i quattro piani di sviluppo hanno la peculiarità di essere promossi da organizzazioni locali africane, per cui - ha aggiunto - l’Africa risolverà i suoi problemi attraverso gli africani. Al convegno hanno partecipato anche rappresentanti dei piani di sviluppo in Congo e Sudan. Patiance Mongo, infermiera all’ospedale di Kinshasa, ha raccontato gli sforzi fatti per garantire l’assistenza sanitaria a donne e bambini nelle zone rurali del Congo. Da parte sua, suor Liliana Ugolino, delle Sorelle Canossiane, ha riferito della sua esperienza in Sudan per la promozione sociale e professionale della donna. La conferenza si è conclusa con un appello di De Marchi ai giornalisti, affinché si rechino in questi Paesi, per rendersi conto dell’impegno profuso dalle persone che operano in Africa. L’Opus Dei ha già dato il via ad altri 24 progetti di educazione in 13 Stati africani, promossi sia da organizzazioni locali che da varie istituzioni della Chiesa che lavorano stabilmente nel continente. (A.E.)

 

 

LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI DELLA COLOMBIA IN VISTA

DELLE PROSSIME ELEZIONI DEL 12 E 28 MARZO NEL PAESE LATINOAMERICANO.

AI CATTOLICI SI CHIEDE UN VOTO

PER LA PACE, LA VITA, LA FAMIGLIA, L’AMBIENTE, LA GIUSTIZIA

- A cura di Lisa Zengarini -

 

BOGOTA’. = I vescovi colombiani esortano i cittadini a partecipare alle prossime elezioni parlamentari e presidenziali - il 12 marzo e il 28 maggio – valutando attentamente le priorità del Paese. In una lettera pastorale pubblicata nei giorni scorsi al termine della loro 80.ma plenaria a Bogotá, i presuli richiamano in particolare l’attenzione di candidati ed elettori su alcune questioni prioritarie che a loro giudizio riguardano la “soluzione politica al conflitto civile che da anni affligge il Paese, la difesa della vita umana, la lotta alla povertà, il benessere sociale e l’impegno per la pace e il bene comune”. L’episcopato non appoggia nessun candidato particolare, poiché - afferma il documento - esso “non pretende di esercitare alcun tipo di pressione o di limitare la libertà di opinione dei cattolici”. Il suo obiettivo è piuttosto di “educare e illuminare”. I vescovi colombiani hanno tuttavia idee molto chiare sui candidati e le cause che meritano il sostegno del voto cattolico, come ha precisato nella conferenza stampa conclusiva mons. Hector Gutierrez Pabon, vescovo di Engativa: “Un cattolico – ha sottolineato - vota per la vita, per la famiglia, per l’ambiente, per la giustizia”. A preoccupare in particolare la Chiesa colombiana, sono i tentativi di legalizzare l’aborto, le pressioni per il riconoscimento dei matrimoni omosessuali e tutte le altre minacce che oggi insidiano la famiglia anche in Colombia. I vescovi  sottolineano anche l’urgenza di un impegno serio delle forze politiche contro la povertà e per la promozione di uno sviluppo sostenibile, dell’occupazione, della crescita economica nel Paese. In conclusione, il documento ribadisce l’assiduo impegno della Chiesa locale per la riconciliazione e la pace nel Paese ed esorta i colombiani a contribuire alla lotta contro “la corruzione, il narcotraffico e la violenza”, scegliendo candidati seriamente impegnati su questo fronte. Il conflitto civile in Colombia vede contrapposte da quattro decenni le forze governative e, da un lato, le forze paramilitari delle sedicenti “Autodifese unite della Colombia” (AUC) e, dall’altro, i guerriglieri di estrema sinistra delle FARC e dell’ELN. Ogni anno, esso causa mediamente più di 3.500 vittime, cui vanno aggiunti centinaia di migliaia di sfollati. La Chiesa, che ha anch’essa pagato il suo tributo di sangue, da anni cerca di mediare tra le parti. 

 

 

E’ MORTO DON DIVO BARSOTTI, TEOLOGO E POETA. AVEVA 91 ANNI.

HA FATTO CONOSCERE ALL’ITALIA I MISTICI RUSSI

 

FIRENZE. = E’ morto stamani nell’eremo di Casa San Sergio, a Settignano, sui colli fiorentini, don Divo Barsotti, teologo, scrittore e poeta. Il 14 aprile avrebbe compiuto 92 anni.  Grande interprete del monachesimo orientale, don Barsotti ha  scritto oltre 150 libri: commenti alla Sacra Scrittura, studi sui santi, opere di spiritualità, diari e poesie. Ha dialogato con i più grandi  filosofi e pensatori del Novecento: da Hans Urs Von Balthasar a Thomas Merton, da Giuseppe Dossetti a Giorgio La Pira. Tra i suoi testi più importanti, figurano “La teologia spirituale di San Giovanni  della Croce”, “La legge è l’amore”, “Cristianesimo russo”. Nel 1946 ha fondato la Comunità dei Figli di Dio,  formata da laici consacrati che vivono nel mondo e  religiosi che vivono in case di vita comune: in tutto circa duemila  persone. La Comunità è presente in Italia e nel mondo (Africa, Australia, Sri Lanka, Colombia) e si impegna a vivere la radicalità  battesimale con i mezzi che sono propri della grande tradizione monastica. Don Barsotti ha insegnato teologia presso la Facoltà teologica di Firenze e ha vinto diversi premi letterari come scrittore religioso. Sua fu la prima versione, uscita nel 1950, de “Le  relazioni di un pellegrino”. In quel volume, vennero resi noti gli insegnamenti di alcuni tra i più grandi maestri spirituali della Russia, che all’epoca erano in Italia praticamente ignoti. I funerali di don Divo Barsotti sono  previsti per martedì 21 febbraio, alle ore 15, nella Basilica fiorentina della Santissima Annunziata. (S.C)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco –

 

In Iraq, una serie di attentati ha scosso Baghdad: l’episodio più grave è avvenuto in un quartiere centrale, dove tre ragazzi sono morti per l’esplosione di una bomba. In questo scenario, dominato dalla violenza, si devono poi registrare la diffusione di un filmato con immagini di uccisioni di soldati americani da parte di un cecchino della guerriglia e di nuove, strazianti foto che mostrano abusi contro prigionieri iracheni. Il nostro servizio:

 

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A Baghdad, il consueto tragitto da casa a scuola si è trasformato in una trappola mortale per tre ragazzi rimasti uccisi a causa di un ordigno esploso sul ciglio della strada. L’attentato aveva probabilmente come obiettivo una pattuglia della polizia. Sempre nella capitale, tre civili sono morti per la deflagrazione di un ordigno nei pressi di un negozio di alcolici e una persona è rimasta uccisa in seguito ad un attacco kamikaze compiuto davanti alla sede di una facoltà universitaria. La serie di attentati è proseguita, poi, nella zona meridionale di Baghdad, dove uomini armati hanno assassinato un ufficiale di polizia e il suo autista. La polizia ha annunciato, inoltre, di aver trovato quattro cadaveri in un quartiere settentrionale della capitale a maggioranza sciita. Alla violenza perpetrata sul terreno si aggiunge poi quella mostrata da scioccanti video. Dopo il filmato di qualche giorno fa che documenta il pestaggio di giovani iracheni da parte di militari britannici, un nuovo video diffuso da un quotidiano australiano mostra drammatiche azioni della guerriglia: nel filmato si vede un cecchino iracheno mentre uccide soldati americani. Dopo ripetute immagini di corpi senza vita, il cecchino, conosciuto con il nome di “Jouba”, si rivolge quindi alla telecamera e dice: “Questo è un regalo per Bush”. Un’emittente australiana ha mostrato, infine, nuove raccapriccianti foto di prigionieri iracheni torturati da soldati americani nella famigerata prigione irachena di Abu Ghraib.

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In Pakistan tre persone, tra cui un bambino di sette anni colpito da un proiettile e un uomo caduto su un cavo elettrico, sono morte nella città nord occidentale di Peshawar durante una nuova ondata di proteste contro le caricature su Maometto. Sempre a Peshawar, sono stati devastati la sede di una banca e gli uffici di una compagnia norvegese di telecomunicazioni. Le violenze hanno colpito anche altre aree del Paese: dure manifestazioni si sono tenute infatti a Tank, teatro di uno scontro a fuoco tra miliziani e forze paramilitari, e a Faisalabad dove hanno protestato migliaia di studenti. Ieri a Lahore, nella provincia orientale del Punjab, le proteste hanno causato, inoltre, la morte di due persone. Durante queste ultime manifestazioni, i dimostranti hanno anche dato alle fiamme edifici governativi ed un fast food americano.

 

Le proteste per le caricature su Maometto producono anche effetti economici: un gruppo di importatori indonesiani ha iniziato, infatti, un boicottaggio dei prodotti danesi per protestare contro le vignette satiriche, pubblicate inizialmente da un giornale danese. Subito dopo la notizia del boicottaggio, il presidente della Commissione Europea, Barroso, ha assicurato la solidarietà dell’Unione alla Danimarca e ha avvertito: “Chi boicotta la Danimarca boicotta tutta l’Unione Europea”.

 

In Iran, dove manifestazioni contro le vignette satiriche su Maometto sono degenerate ieri in dure proteste contro le ambasciate di Gran Bretagna e Germania, è stato fissato un nuovo, importante appuntamento per affrontare la delicata questione “nucleare”: il governo di Teheran ha annunciato che lunedì prossimo una delegazione della Repubblica islamica parteciperà a colloqui per discutere sulla proposta di arricchire l’uranio in territorio russo. Sempre oggi, durante un incontro tenutosi a Vienna tra il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ed alti rappresentanti dell’Unione Europea, la Commissione Europea ha chiesto all’Iran di accettare il piano russo. Ieri, Lavrov aveva anche ribadito il “no” di Mosca ad eventuali sanzioni contro Teheran.

 

In Medio Oriente, un adolescente palestinese con problemi psichici è morto in seguito ad un ennesimo raid sferrato da forze israeliane in Cisgiordania. Secondo fonti della sicurezza palestinese, il ragazzo, che aveva in mano un’arma giocattolo, è stato ritenuto una minaccia dai soldati dello Stato ebraico. Sulla vicenda è stata aperta un’indagine. Sul versante politico, il governo israeliano ha ribadito che non intende negoziare con Hamas, fino a quando il movimento radicale non avrà abbandonato definitivamente l’idea di distruggere Israele. Il leader del gruppo estremista ha risposto che la lotta armata di Hamas contro lo Stato ebraico cesserà quando Israele porrà fine all’occupazione dei Territori palestinesi.

 

In Libano almeno un milione di persone si sono riversate ieri nelle strade di Beirut per commemorare il primo anniversario dell'assassinio dell’ex premier libanese, Rafik Hariri. L’omicidio, nel quale vi è il presunto coinvolgimento della Siria, portò nel caos il Paese, ancora alle prese con le conseguenze della guerra civile terminata nel 1990. Ma perché ancor oggi il Libano, ufficialmente uscito dalla sfera di influenza di Damasco, non è un Paese stabile? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed esperto di Medio Oriente:

 

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R. – E’ vero che l’assassinio dell’ex primo ministro Hariri ha provocato uno scossone importante in Medio Oriente con la commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, con i sospetti addirittura sul vertice della Siria. Se questo assassinio, in qualche misura aveva stimolato una maggiore pacificazione di tutte le vari componenti libanesi, direi che oggi siamo tornati ad una situazione dove tutti - la componente maronita, quella sciita e quella sunnita sembrano procedere in ordine sparso. E’ anche vero che altre vicende – mi riferisco per esempio alla storia delle vignette satiriche - hanno contribuito a riaccendere gli animi già abbastanza ‘caldi’ dopo gli attentati che hanno seguito quello dell’ex primo ministro Hariri.

 

D. – La nuova maggioranza antisiriana è andata al potere con le ultime elezioni. Come può cambiare questa situazione?

 

R. – Abbiamo una situazione estremamente incerta con un progetto politico che non è ancora definitivamente abbozzato con questa opposizione, che è diventata maggioranza e che non ha ancora la forza per essere veramente il bastione di quello che dovrebbe diventare un Libano più indipendente. La Siria, probabilmente, continua ad avere delle propaggini importanti in Libano. A questo punto si può concludere dicendo che il Libano sta soffrendo anche dell’aggravarsi di tutta la situazione regionale. Mi riferisco a tutte quelle tensioni che in Libano storicamente si sono sempre scaricate ed oggi stanno continuando a farlo.

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A otto giorni dalle elezioni generali ad Haiti, le prime dopo la caduta del presidente Aristide nel 2004, il Paese caraibico ricomincia da zero: il governo provvisorio ha ordinato che siano ricontati tutti i voti delle elezioni. Una commissione d’inchiesta indagherà, inoltre, sui presunti brogli elettorali compiuti nelle consultazioni del 7 febbraio scorso. Ce ne parla Giada Aquilino:

 

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Doveva essere il primo passo verso la democrazia. E invece il voto della scorsa settimana per ora è solo un’incognita. I risultati delle elezioni verranno pubblicati a fine indagine della commissione d’inchiesta. Ad invocare la costituzione di un organismo super partes è stato il candidato presidenziale René Preval, seppure in testa ai risultati provvisori. Il suo partito, Speranza, farà parte della commissione, formata pure da rappresentanti del governo provvisorio e del Consiglio elettorale. Da giorni Preval, ex presidente e alleato del destituito Aristide, aveva denunciato “errori giganteschi e grosse frodi” durante il voto e i suoi sostenitori erano scesi in piazza per protestare. Secondo la legge haitiana, infatti, se nessun candidato dovesse superare il 50% dei voti si andrebbe ad un ballottaggio: e Preval al momento è fermo al 49 per cento. In un eventuale secondo turno sfiderebbe l’altro ex presidente Manigat, che ha raccolto quasi il 12 per cento delle preferenze. E proprio questo clima accresce le preoccupazioni internazionali: il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha chiesto il rispetto del voto invitando gli haitiani a non usare la violenza.

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