RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 40 - Testo della trasmissione di venerdì 10 febbraio 2006

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ragione e fede non sono in competizione: Benedetto XVI invita ad approfondire le verità scoperte dalla ragione senza alcun timore. L’udienza stamane alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede

 

Rilanciare un nuovo sforzo internazionale contro la povertà, soprattutto in Africa: intervento dell’arcivescovo Celestino Migliore all’ONU

 

Proseguono ad Adelaide, in Australia, le celebrazioni della Giornata mondiale del malato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’ultimo atto d’amore di don Andrea Santoro: la madre del sacerdote perdona l’assassino del figlio. A San Giovanni in Laterano, migliaia di fedeli commossi seguono i funerali del missionario ucciso in Turchia. Nell’omelia, il cardinale Ruini annuncia l’intenzione di aprire la causa di beatificazione di don Andrea, testimone dell’amore cristiano

 

Comunicato del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace a margine dei funerali di don Andrea Santoro

 

Oggi a Torino la cerimonia d’avvio delle Olimpiadi invernali: con noi Valentino Castellani e Maurizio Damilano

 

Si celebra in Italia la Giornata del Ricordo per non dimenticare le migliaia di italiani uccisi nelle foibe dai miliziani di Tito: la testimonianza di Nidia Cernecca

 

Messa ieri a Roma per festeggiare i 38 anni della Comunità di Sant’Egidio: intervista con il prof. Andrea Riccardi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oggi in Angola i funerali del missionario portoghese spiritano padre José Alfonso Moreira, ucciso ieri nella sua abitazione di Bailundo

 

Quasi 6 mila persone sono morte nel 2005 in Cina per incidenti in miniere di carbone

 

Si chiude oggi a Lignano Sabbiadoro il convegno CEI sulla pastorale giovanile

 

Seconda giornata di lavori a Roma del convegno nazionale dell’Opera Romana Pellegrinaggi

 

24 ORE NEL MONDO:

In Turchia nuova aggressione ieri contro un prete cattolico. La testimonianza del sacerdote ai nostri microfoni

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 febbraio 2006

 

 

RAGIONE E FEDE NON SONO IN COMPETIZIONE:

BENEDETTO XVI INVITA AD APPROFONDIRE LE VERITA’ SCOPERTE DALLA RAGIONE

SENZA ALCUN TIMORE. L’UDIENZA STAMANE AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA

DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

 

“Gesù è la stella polare della libertà umana”: lo ha ricordato stamane il Papa ricevendo nella Sala Clementina un centinaio di partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, al termine dei lavori. Un incontro particolare per Benedetto XVI, che ha ricordato “con una certa commozione” gli oltre 20 anni trascorsi alla guida del dicastero che “ha il compito – come lui stesso ha spiegato – di promuovere e tutelare la dottrina sulla fede e sui costumi nell’intera Chiesa cattolica”. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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“Nella vita della Chiesa la fede ha un’importanza fondamentale – ha subito premesso il Papa - perché fondamentale è il dono che Dio fa di se stesso nella Rivelazione e questa auto-donazione di Dio viene accolta nella fede”. Per questo la Congregazione per la Dottrina della Fede deve richiamare “la centralità della fede cattolica, nella sua autentica espressione”:

 

“Quando si affievolisce la percezione di questa centralità, anche il tessuto della vita ecclesiale perde la sua originale vivacità e si logora, decadendo in uno sterile attivismo o riducendosi a scaltrezza politica dal sapore mondano. Se la verità della fede è invece posta con semplicità e decisione al centro dell'esistenza cristiana, la vita dell’uomo viene innervata e ravvivata da un amore che non conosce soste né confini …”.

 

Un “amore che nasce dall’incontro con Cristo nella fede”, ha sottolineato Benedetto XVI: è Gesù - dunque - “la stella polare della libertà umana”:

 

“Senza di Lui essa perde il suo orientamento, poiché senza la conoscenza della verità la libertà si snatura, si isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la libertà si ritrova, si riconosce fatta per il bene e si esprime in azioni e comportamenti di carità.

 

“Una verità offerta come realtà che ristora l’uomo ed insieme lo supera e lo sovrasta; come Mistero che accoglie ed eccede nello stesso tempo lo slancio della sua intelligenza. E nulla come l’amore alla verità - ha aggiunto il Santo Padre - riesce a sospingere l’intelligenza umana verso orizzonti inesplorati”:

 

“Solo la verità è infatti capace di invadere la mente e di farla gioire compiutamente.”

 

E con gioia – ha sottolineato infine il Papa riferendosi a temi oggetto di riflessione in questa Plenaria - la Chiesa accoglie “le autentiche conquiste della conoscenza umana”, poiché l’evangelizzazione esige anche di “farsi carico degli orizzonti e delle sfide che il sapere moderno dischiude”:

 

“E’ perciò di vitale importanza ogni studio che si proponga di approfondire la conoscenza delle verità scoperte dalla ragione, nella certezza che non vi è competitività alcuna tra la ragione e la fede. Non dobbiamo avere alcun timore di affrontare questa sfida: Gesù Cristo è infatti il Signore di tutta la creazione e di tutta la storia”.

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ALTRE UDIENZE

 

Stamane il Papa ha ricevuto in successive udienze anche il cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo di Praga, il  cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, e due presuli della Repubblica Democratica del Congo in visita "ad Limina”.

 

 

RILANCIARE UN NUOVO SFORZO INTERNAZIONALE CONTRO LA POVERTA',

SOPRATTUTTO IN AFRICA, TAGLIATA FUORI DALLE POLITICHE

DI SVILUPPO ECONOMICO:INTERVENTO DELL’ARCIVESCVO MIGLIORE ALL’ONU

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Se è vero che la proporzione della popolazione mondiale  che vive in estrema povertà è scesa dal 40 al 21 per cento tra il 1981 e il 2001, è vero però che ancora troppi Paesi e persone vivono alti livelli di povertà”. Ha esordito cosi l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, nel suo intervento ieri ai lavori della Commissione ONU per lo sviluppo sociale. Occorrono dunque – ha sollecitato il presule – “rinnovati sforzi da parte della comunità internazionale” per combattere “la dura realtà della povertà”. Sebbene infatti diversi Paesi asiatici abbiano compiuto passi avanti, “pochi o alcun progresso” è stato invece registrato nell'Africa sub-sahariana negli anni Novanta.

 

Del resto come documenta la stessa Banca Mondiale è quasi raddoppiato dal 1980, da 165 a 365 milioni, il numero degli Africani che oggi vivono con meno di un dollaro al giorno. Dunque “se questa tendenza continua – ha ammonito mons. Migliore – solo otto Paesi africani dimezzeranno la povertà  estrema entro il 2015”. La lezione che arriva dall’esperienza di alcuni Paesi in via di sviluppo, particolarmente in Asia – ha aggiunto il rappresentante vaticano – “mostra chiaramente che una rapida riduzione della povertà non può aver luogo senza una sostenibile crescita economica nella quale il povero condivida equamente i benefici”. 

 

L’arcivescovo Migliore ha quindi indicato tre priorità nell’agenda per sradicare la povertà: “migliorare le condizioni del commercio, raddoppiare l’assistenza umanitaria e fornire un ulteriore alleggerimento del debito”.

 

 

PROSEGUONO AD ADELAIDE, IN AUSTRALIA, LE CELEBRAZIONI DELLA GIORNATA

MONDIALE DEL MALATO SUL TEMA DEL DISAGIO MENTALE. LA GIORNATA CULMINERA’ DOMANI NELLA MEMORIA DELLA VERGINE DI LOURDES

 

Proseguono nella città di Adelaide, in Australia, le celebrazioni della 14a Giornata mondiale del malato sul  tema del disagio mentale. La Giornata culminerà domani, 11 febbraio, nella Memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes.  Il Papa ha concesso per questa occasione  l’Indulgenza plenaria.  Intanto al Convention Center di Adelaide si susseguono gli interventi dei relatori e le testimonianze di quanti sono coinvolti nelle problematiche, spesso drammatiche, legate al disagio mentale. Da Adelaide, il servizio di Gianluca Biccini, inviato de “L’Osservatore Romano”:

 

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In un continente, l’Oceania, in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato 7 milioni di casi di disagio psichico, con oltre  un milione di depressi nella sola Australia, la Chiesa cattolica ha un compito gravoso. Il cardinale Javier Lozano Barragan, Inviato Speciale del Santo Padre alle celebrazioni di Adelaide, ha dettato in proposito alcune linee guida della pastorale sanitaria sottolineando come essa non debba ridursi ad un mero progetto di beneficienza al malato. Il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute ha ribadito che essa partecipa alla missione fondamentale della Chiesa. E’ stato Cristo – ha detto – ad assegnarla ai suoi discepoli e agli Apostoli. Pertanto, occorrono una fede profonda, una carità efficace e una speranza incrollabile per porre in atto il piano divino che vi è contenuto.

 

Nella sua relazione, il cardinale Lozano Barragán si è soffermato sulla realtà dell’Oceania, dove sono attive ben 2.064 strutture sanitarie cattoliche, 152 delle quali sono ospedali, 406 ambulatori, 2 lebbrosari, 381 case di carità per malati terminali, invalidi ed anziani, 64 orfanotrofi, 87 case di cura per bambini senza famiglia, 260 consultori matrimoniali, 554 centri specializzati di rieducazione, 58 istituzioni varie. A fronte di questi aspetti positivi, la pastorale della salute deve però oggi fare i conti con molte sfide, prima fra tutte quella del secolarismo. Si occultano o si presentano in maniera distorta il dolore, la sofferenza e la morte – ha spiegato il porporato. Molte volte si introduce un’idea falsa di carità e la si vuole presentare come filantropia per poter essere meglio accettati nel mondo attuale. Accade così che la pastorale della salute finisca con il concentrarsi solo sul dolore perdendo di vista l’aspetto essenziale che è la fede nella Risurrezione di Cristo, quella stessa fede che muove l’impegno di alcuni testimoni intervenuti al convegno di Adelaide.

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Inaugurato il nuovo varco che collega il vaticano su viale dei bastioni

di Michelangelo. Alla cerimonia, presieduta dal cardinale Casimir Edmund Szoka, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, erano presenti diverse autorità religiose e civili

 

A fare gli onori di casa è stato il cardinale Szoka, che nel suo breve discorso ha lodato i dirigenti e soprattutto le maestranze che hanno realizzato l’opera. Vale la pena ricordare la cura riposta nei lavori. Il vano della nuova porta è stato infatti creato attraverso la demolizione manuale delle mura; quindi, il ripristino del paramento è avvenuto usando il residuo della demolizione con l’aggiunta di laterizi originali. Seguendo le parole del porporato, l’apertura della porta completa un ampio progetto di recupero ambientale della zona che comprende, fra l’altro, anche il restauro delle mura cinquecentesche e del Bastione di Michelangelo. Prima di benedire la porta di bronzo, il porporato ha ricordato inoltre come questa apertura avvenga alla vigilia del 77esimo anniversario della firma dei Patti Lateranensi, che sancirono l’istituzione dello Stato della Città del Vaticano. Bisogna tuttavia ricordare che il varco era stato realizzato proprio nel 1929, sotto il pontificato di Papa Pio XI e poi richiuso per consentire la costruzione della cosi detta “zona industriale vaticana”. Questa nuova apertura regolerà, in alcune ore della giornata, l’uscita di pedoni e delle auto dal parcheggio di Santa Rosa, struttura di recente costruzione, che accoglie più di 300 veicoli.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “Il servizio alla fede è anche un servizio alla gioia”: l’udienza di Benedetto XVI ai partecipanti alla sessione plenaria della Congregazione per la dottrina della fede.

Sempre in prima, un articolo dal titolo “11 febbraio, un nuovo anniversario”.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata all’ingresso in diocesi del vescovo di Assisi.

 

Servizio estero - Angola: ottantenne missionario trovato assassinato a Bailundo. A Smirne, in Turchia, un sacerdote aggredito da un gruppo di facinorosi.

 

Servizio culturale - Un articolo di Egidio Picucci su Trabzon, la città dove è stato assassinato don Andrea Santoro.

 

Servizio italiano - I solenni funerali, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, di don Andrea. All’omelia, il cardinale vicario annuncia l’intenzione di aprire il processo di beatificazione e di canonizzazione del sacerdote.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 febbraio 2006

 

L’ULTIMO ATTO D’AMORE DI DON ANDREA SANTORO: LA MADRE DEL SACERDOTE

PERDONA L’ASSASSINO DEL FIGLIO. A SAN GIOVANNI IN LATERANO, MIGLIAIA

DI FEDELI COMMOSSI SEGUONO I FUNERALI DEL MISSIONARIO UCCISO IN TURCHIA. NELL’OMELIA, IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI ANNUNCIA L’INTENZIONE

DI APRIRE LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI DON ANDREA,

TESTIMONE DELL’AMORE CRISTIANO

 

L’ultimo commosso abbraccio ad un martire cristiano: migliaia di fedeli hanno partecipato stamani ai funerali di don Andrea Santoro, nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano. La Messa esequiale è stata presieduta dal cardinale vicario Camillo Ruini, che si è soffermato sull’esempio di coraggio cristiano offerto alla Chiesa da don Andrea ed ha annunciato che intende aprire la sua causa di beatificazione. Migliaia i fedeli nella Basilica, come tante le autorità istituzionali. Ma tantissimi anche i fedeli che hanno seguito la celebrazione fuori San Giovanni in Laterano e che hanno lungamente applaudito il feretro di don Andrea all’uscita della chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(canti)

 

Un esempio del coraggio cristiano, quel coraggio di amare il prossimo fino al sacrificio della vita che ha animato i martiri della fede attraverso i secoli. In una Basilica San Giovanni gremita di fedeli commossi, il cardinale Camillo Ruini ha sottolineato come don Andrea Santoro sia stato soprattutto un testimone dell’amore cristiano. Ed è per questo che “la sua tragica morte è in realtà la sua glorificazione”. Parole queste accompagnate da un annuncio atteso da tutti i fedeli. Da coloro che hanno avuto la fortuna di incontrare don Andrea e da quanti hanno potuto apprezzarlo solo dopo la sua morte, attraverso i suoi scritti, conoscendo la sua storia semplice e straordinaria di sacerdote:

 

“Rispetteremo pienamente, nel processo di beatificazione e canonizzazione che ho in animo di aprire, tutte le leggi e i tempi della Chiesa, ma fin da adesso sono interiormente persuaso che nel sacrificio di don Andrea ricorrono tutti gli elementi costitutivi del martirio cristiano”.

 

Il porporato ha ripercorso i momenti forti della vita del sacerdote ucciso in Turchia, dagli anni del seminario alla scelta convinta di andare in Anatolia. Qui, ha ricordato, don Andrea “intendeva essere una presenza credente e amica, favorire uno scambio di doni, anzitutto spirituali, tra l’Oriente e Roma, tra cristiani, ebrei e musulmani”. Don Andrea, ha sottolineato, è stato un uomo della Chiesa, che “nemmeno concepiva di poter appartenere a Cristo senza appartenere alla Chiesa”. Un uomo tenace, “addirittura testardo”, ha ricordato il cardinale Ruini, che “ha cercato con tutte le sue forze di muoversi sempre e rigorosamente nella logica di Cristo”. Il porporato si è soffermato sul coraggio di don Andrea Santoro, sul suo significato per tutti i cristiani:

 

“Il suo, infatti, era un coraggio cristiano, quel tipico coraggio di cui i martiri hanno dato prova, attraverso i secoli, in innumerevoli occasioni: un coraggio cioè che ha la sua radice nell’unione con Gesù Cristo, nella forza che viene da lui, in maniera tanto misteriosa quanto vera e concreta. Di un coraggio analogo ciascuno di noi ha bisogno, se vuole affrontare da cristiano il cammino della vita”.

 

Di questo coraggio, ha detto il cardinale Ruini, abbiamo bisogno tutti insieme “se vogliamo, nell’attuale situazione storica, affermare il diritto alla libertà di religione, madre di ogni libertà come valido in concreto, ovunque nel mondo, davvero senza discriminazioni”. Quindi, ha concluso l’omelia, ricordando con la voce rotta dalla commozione le parole pronunciate dalla mamma di don Andrea:

 

“La mamma di don Andrea perdona con tutto il cuore la persona che si è armata per uccidere il figlio e prova una grande pena per lui essendo anche lui un figlio dell’unico Dio che è amore”.

 

Non è morto invano don Andrea. Il suo coraggio cristiano ha vinto. Il coraggio di amare “per costruire l’amicizia e la pace là dove troppo spesso regnano l’intolleranza, il disprezzo e l’odio”.

 

(canti)

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Al termine della celebrazione, è stato letto un messaggio inviato al cardinale Ruini dal presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi. “La rivolta delle coscienze verso la barbarie che ha cancellato la nobile esistenza di don Santoro – afferma Ciampi - rafforza la convinzione di difendere strenuamente il principio di civiltà alla base di ogni umana convivenza”. La scomparsa di don Andrea ha toccato profondamente non solo quanti lo conoscevano. Benedetta Capelli ha raccolto alcune testimonianze tra i fedeli che hanno preso parte alle esequie a San Giovanni in Laterano:

 

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R. – Don Andrea era una persona eccezionalmente buona, dava sempre buoni consigli, molto umile. Io prego per lui e perché il Signore ci dia altri sacerdoti come don Andrea.

 

R. – Conosco la mamma. Mi diceva che aveva un figlio che era un angelo. Portava i barboni a mangiare. Era buono, buono, buono.

 

R. – Io non vado mai in chiesa. Oggi ho sentito la necessità di venire. E’ stata proprio una cosa interiore.

 

R. – Non si può descrivere quello che è stato e che sarà pure da lassù per noi, perché pregherà sempre per noi.

 

R. - Ha lasciato un senso di serenità, di amore per il prossimo.

 

R. – Ha testimoniato veramente il Vangelo.

 

R. – Ciò che possiamo dire è che Dio accolga quello che lui ha fatto e che questo serva da stimolo ad altri per continuare a promuovere la pace, che è il grande messaggio di Gesù Cristo.

 

R. – Sono rimasta veramente molto impressionata da poche battute, vederlo come era pervaso dall’amore, dalla tolleranza, dalla comprensione per tutti. I martiri sono semenza di nuovi cristiani, ma non solo di nuovi cristiani, ma anche di una nuova umanità.

 

R. – Ha lasciato un grande testamento spirituale, un testamento molto semplice: quello di volersi bene.

 

R. – Ho voluto partecipare anch’io a questo omaggio che è anche un segno della nostra unione di cristiani. Noi siamo anche in grado di riconoscere la santità laddove c’è. Egli ci è di sprone e di esempio per tutti, anche per il modo di essere in questa società così avara di riconoscimenti nei confronti dei valori cristiani.

 

R. – Questi uomini servono per tracciare un percorso di verità nella vita di ciascuno e qual è la più grande verità se non quella di Dio?

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Ma ora riascoltiamo la voce di don Andrea. Sono parole forti, toccanti, di un uomo che viveva profondamente in Cristo e per Cristo. Una testimonianza raccolta in Turchia nel 2004  dalla collega Paola Corneli per il  programma  di  RAI UNO “A Sua immagine”  che  ne trasmetterà la versione integrale domani alle 17.10 e domenica alle 11.50. Don Andrea parlava della missione del cristiano. Ascoltiamolo:

 

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La fede è partenza. Come Abramo, così Maria, così Paolo … La fede è accogliere la partenza di Dio verso di noi. Lui cerca noi. Lui viene incontro a noi. Ma poi diventa la nostra partenza, animati dallo stesso spirito d’amore … In che modo ancora oggi possiamo proseguire questa nostra partenza? Armati con lo stesso bagaglio di Paolo: il nome di Gesù, un nome di salvatore, di riconciliatore, di rappacificatore. Un nome nel cui sangue noi siamo radunati nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e un nome nel cui sangue siamo disposti a dare il nostro sangue (…) ri-seminando la stessa parola. Qui siamo nella zona di Antiochia, in tutta la diocesi di Anatolia. E poi c’è la nostra Europa, c’è tutto il Medio Oriente, c’è tutto quanto il mondo intero … Riseminare il Vangelo … ma il Vangelo che è il nome di Gesù Signore, il nome di Gesù che versa il suo sangue, perché nel suo Corpo noi siamo radunati nell’unità. Riseminare, riaccendere queste piccole luci, tornare qui ad Antiochia per riprendere questo fuoco iniziale, per ri-imparare di nuovo come si semina la Chiesa nello spirito di pace … e come si semina qui, a contatto con realtà così diverse ed a pochi passi da luoghi dove, purtroppo, il sangue scorre! A contatto con i musulmani, a contatto con gli ebrei, a contatto con le varie comunità cristiane: ecco, si tratta di presentarsi con il nome di Gesù, avendo in noi le sue stimmate, come fece Gesù quando comparve agli Apostoli. Apparve e disse loro: “La pace del Signore sia con voi, ricevete lo Spirito Santo”. E mostrò le mani ed il costato. Dobbiamo mostrare il nostro amore che ci trapassa il cuore e che si infigge anche sulle nostre mani, perché non c’è dono di Gesù, non c’è dono dell’amore del Padre che non passi attraverso una moneta, che è il dono della nostra vita, che è il dono di amare oltre misura, amando anche chi non ci ama, servendo chi non ci serve, dando la vita a chi a volte ce la rende impossibile.

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LA SOLIDARIETÀ CRISTIANA NEI CONFRONTI DEI FRATELLI MUSULMANI OFFESI

RECLAMA L’ESIGENZA DI RECIPROCITÀ NEI RIGUARDI DELLA FEDE CRISTIANA:

 COSÌ, UN COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE,

A MARGINE DELLE ESEQUIE DI DON ANDREA SANTORO

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“La celebrazione delle esequie di don Andrea Santoro è occasione di cristiana pietà e orante meditazione su ciò che realmente serve la nobile causa dell’incontro tra i popoli e della pace”. E’ quanto sottolinea il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in un comunicato diramato a margine delle esequie del sacerdote ucciso in Turchia domenica scorsa. “Mentre non si arrestano le ingiustificabili reazioni violente per l’oltraggio recato al sentimento religioso musulmano dalle ormai tristemente famose vignette satiriche su Maometto – si legge nel comunicato - non si può non rilevare che laicisti irrispettosi sbeffeggiano gratuitamente sentimenti sacri e intangibili ma chi paga con la vita sono religiosi dediti al dialogo e alla pace”.

 

Il comunicato di “Giustizia e Pace” ribadisce dunque che “restano certamente da condannare le violenze di massa dell’altrui sentimento religioso oltraggiato, tuttavia non è certo elogiabile l’indifferenza, men che mai talvolta il compiacimento per le offese recate ai nostri simboli religiosi, in particolare al Crocefisso, simbolo universale di riconciliazione, fraternità e amore”. Infine, si sottolinea che “la solidarietà cristiana nei confronti dei fratelli musulmani offesi e la riaffermata necessità del rispetto della loro libertà religiosa reclamano indubbiamente la mai abbastanza sottolineata esigenza di reciprocità nei riguardi della fede cristiana”.

 

 

OGGI A TORINO LA CERIMONIA D’AVVIO DELLE  OLIMPIADI INVERNALI

- Interviste con Valentino Castellani e Maurizio Damilano -

 

Gli occhi del mondo saranno da stasera per quindici giorni puntati su Torino dove alle 20 inizia la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali. Occasione di incontro tra i popoli di tutto il mondo in una cornice di correttezza e lealtà sportiva. Il servizio di Benedetta Capelli:

 

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Che siano giochi di pace e che si rispetti la tregua olimpica. E’ l’invito a più riprese rivolto dal presidente della Repubblica Ciampi che anche oggi ha rinnovato l’auspicio. Olimpiadi nel rispetto dello spirito di fratellanza come ha dichiarato ieri da Torino lo stesso capo dello Stato dove oggi darà il via alla cerimonia olimpica:

 

Oggi, più che mai, gli atleti di tutto il mondo devono testimoniare che la convivenza pacifica non solo è possibile, ma è anche fonte di ricchezza, di crescita, di benessere per tutti”.

 

Uno spirito condiviso da Valentino Castellani, presidente del Toroc, comitato organizzatore dei giochi: a lui Luca Collodi ha chiesto quale il senso di incontro tra religione e mondo sportivo, mondo laico, in queste Olimpiadi invernali di Torino:

 

“Uno dei valori fondamentali dell’olimpismo, quindi se vogliamo, dello sport nella sua espressione più originaria, è quello di sottolineare la convivenza, il rispetto di tutti e quindi anche il rispetto delle diverse fedi religiose. Abbiamo fatto un’esperienza bellissima: abbiamo costituito questo Comitato interfedi, che aveva lo scopo di organizzare i servizi religiosi delle varie religioni. In realtà, questo è stato fatto ma quel che ne è venuto fuori è stato per noi tutti un’esperienza straordinaria di lavoro insieme; credo che lasceremo in eredità a questa città un’esperienza di dialogo molto importante”.

 

Dunque, Olimpiadi come sinonimo di aggregazione e rispetto, affinché gli stessi atleti siano “messaggeri di pace”. Proprio ad un atleta Maurizio Damilano, medaglia d’oro a Mosca 1980 per la marcia e presente a Torino come vice-sindaco dei Villaggi olimpici, sempre Luca Collodi ha chiesto cosa vogliamo ricordare dei giochi olimpici:

 

“L’Olimpiade si ricorda sempre con una grande soddisfazione, è un momento nel quale si raggiunge il massimo che un atleta possa raggiungere; poi è l’espressione di un momento in cui non solo lo sport vince ma dove ci si trova riuniti attorno a certi valori importanti, anche se con il passare degli anni magari qualcuno li vede un po’ sbiaditi … Ma credo che all’interno del cuore degli atleti rimanga questo grande spirito di fratellanza”.

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SI CELEBRA IN ITALIA LA GIORNATA DEL RICORDO PER NON DIMENTICARE

MIGLIAIA DI ITALIANI UCCISI NELLE FOIBE DAI MILIZIANI DI TITO

- Intervista con Nidia Cernecca -

 

         Oggi in Italia si celebra la Giornata nazionale del Ricordo per non dimenticare il dramma che le popolazioni giuliano-dalmate vissero tra il 1943 e il 1945. Una vera e propria pulizia etnica portata avanti dai miliziani di Tito per il controllo di Trieste e dell’Istria. Migliaia di italiani furono uccisi e gettati nelle foibe, profonde cavità naturali particolarmente diffuse sul Carso o costretti ad abbandonare per sempre le loro case. Nidia Cernecca aveva sei anni quando suo padre fu torturato e ucciso. Intervistata da Elisabetta Rovis, spiega cos’è stato il dramma delle foibe:

 

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R. – Un grande massacro, una pulizia etnica in cui si dette la caccia all’italiano, con eccidi, impiccagioni, fucilazioni, deportazioni e annegamenti. Ci distrussero famiglie intere, non si guardò se fossero bambini, donne o vecchi, perché più si distruggeva l’italiano, più si poteva dimostrare che quelle terre non erano abitate da italiani e quindi sarebbero state sicuramente date alla Jugoslavia.

 

D. – Le violenze continuarono anche dopo la fine della guerra?

 

R. – Nel ’45, quando tutta l’Italia celebrava la liberazione dal nazi-fascismo, il nostro popolo cominciava di nuovo a soffrire, perché quel 1° maggio i titini entravano a Trieste, deportando, uccidendo e infoibando e quindi per noi quella è una data da ricordare, ma con molta tristezza.

 

D. – Quante furono le vittime delle foibe?

 

R. – Si parla dai 12 ai 15 mila tra morti e dispersi; non potremo mai dare numeri più esatti, in quanto tutto andò perso: le documentazioni si nascosero, proprio perché non c’era interesse a parlarne. Ma noi sappiamo invece che ci sono vedove, ci sono orfani … io sono una di quelli, una figlia di una vittima …

 

D. – Perché in Italia per oltre 50 anni si è parlato così poco delle foibe?

 

R. – Tito è stato, ad un certo punto, un personaggio molto comodo, perché ha fatto da cuscinetto tra Occidente e Oriente. Gli americani e gli italiani avevano il loro interesse a tenerselo buono, perché c’era il pericolo della Russia, per l’Occidente!

 

D. – Che cosa hanno significato per lei e per i parenti delle vittime tutti questi anni di silenzio?

 

R. – Tanta sofferenza, perché fu un eccidio che portò tanti morti con le foibe, ma noi vivi fummo infoibati nella foiba del silenzio. Io ho dedicato la mia vita alla diffusione della nostra storia: racconto ai ragazzi che cosa ho vissuto io in prima persona, racconto dell’Italia, patria matrigna, in un certo senso, in quanto per opportunismi politici ha permesso questo silenzio, e questa è una grande ingiustizia che si somma a quella di un popolo che non ha più avuto il riconoscimento di poter tornare alla sua casa e non abbiamo diritto neanche a questo: ancora oggi!

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MESSA IERI A ROMA PER FESTEGGIARE I 38 ANNI DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

- Intervista con il prof. Andrea Riccardi -

 

Alcune migliaia di membri della Comunità di Sant’Egidio, ieri sera, hanno preso parte alla Messa presieduta dal Cardinale Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, per ricordare il 38esimo anniversario della fondazione della comunità. Oltre a tanti poveri e ospiti di Sant’Egidio, l’evento ha riunito anche ambasciatori e rappresentanti delle comunità nell’Africa sub-shariana. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Essere vicini alla sofferenza, alla povertà, al disagio. Questo ha segnato costantemente il cammino della comunità di Sant’Egidio che è difficile riassumere in poche parole. Una realtà che, in circa quattro decenni, ha portato il suo messaggio di speranza in più di 70 Paesi grazie all’impegno di oltre 50 mila volontari. Voi avete reso meno disperate le periferie della città, ha sottolineato il cardinale Ruini. “La recente enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI trova una vasta eco nell’esperienza della comunità”, ha affermato ancora il porporato che ha aggiunto: “voi avete creduto nella carità. Voi avete mostrato che l’amore è possibile”. L’Impegno della comunità è davvero vasto. Si è stretto attorno ai poveri dell’Africa, per curare l’AIDS in un Paese dimenticato come la Guinea Conakry o ancora per promuovere la pace in Mozambico. E la storia di Sant’Egidio è segnata sempre dalla preghiera. Come negli incontri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, che conta 300 mila presenze in 12 mesi. Un momento fondamentale quello della preghiera anche in questa ricorrenza, come conferma Andrea Riccardi, l’iniziatore della comunità:

 

“Noi sentiamo che essere cristiani vuol dire essere radicati profondamente nella propria terra, guardare in faccia la propria gente, soprattutto i più poveri, ma anche vivere questo respiro universale. 38 anni sono 38 anni di un cammino, certo imperfetto; speriamo di essere migliori, speriamo di amare di più. Così la celebrazione dell’anniversario della Comunità vuole essere un momento di preghiera, perché senza il respiro della preghiera siamo tutti come soffocati da noi stessi. E la preghiera nostra e dei nostri amici ci aiuta ad amare di più.

 

Non va dimenticato infine l’impegno in favore del dialogo interreligioso, nella prospettiva dell’unità dei cristiani, sottolineato ieri sera dalla presenza di molti rappresentanti delle comunità cristiane.

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CHIESA E SOCIETA’

10 febbraio 2006

 

OGGI IN ANGOLA I FUNERALI DEL MISSIONARIO PORTOGHESE SPIRITANO

PADRE JOSÈ ALFONSO MOREIRA, UCCISO IERI NELLA SUA ABITAZIONE DI BAILUNDO

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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BAILUNDO. = Si svolgono oggi i funerali del missionario portoghese spiritano José Alfonso Moreira, trovato morto ieri nella sua abitazione di Bailundo, in Angola. Il sacerdote svolgeva il suo apostolato nel Paese da circa 40 anni. Secondo informazioni raccolte dall’agenzia MISNA, da fonti che preferiscono restare anonime e mantengono comunque riserbo sull’accaduto, il religioso sarebbe stato trovato morto dalle suore di S. Giuseppe di Cluny che vivono in una casa a poche centinaia di metri dal luogo in cui il missionario risiedeva. Pare che le religiose abbiano udito alcuni spari e si sarebbero per questo preoccupate. Sembra che sul corpo del sacerdote fossero evidenti ferite da colpi di arma da fuoco e contusioni. Non si esclude che i responsabili del delitto abbiano tentato di impossessarsi della cassaforte della missione senza riuscirci. Il vescovo di Huambo, la diocesi di cui faceva parte padre Moreira accompagnato dal superiore provinciale degli Spiritani, si è recato a Bailundo, per raccogliere maggiori notizie sulle circostanze che hanno portato alla morte del missionario. Il religioso viveva da solo nella sua residenza, era conosciuto per il suo carattere determinato ed operava in una missione molto vasta. Si dedicava all’evangelizzazione e alla catechesi e durante i 27 anni della guerra civile in Angola, dal 1975 al 2002, era stato molto attivo nell’assistenza ai rifugiati. (T.C.)

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L’EPISCOPATO SPAGNOLO CRITICA LA LEGGE IN VIA DI APPROVAZIONE CHE DOVREBBE REGOLARE LA CLONAZIONE DI ESSERI UMANI A SCOPI TERAPEUTICI

 

MADRID. = I vescovi spagnoli prendono posizione contro la futura legge che permetterebbe di clonare esseri umani a scopi terapeutici. “Le tecniche che soppiantano la relazione personale dei genitori nella procreazione non sono conformi alla dignità della persona e trascinano con sé seri mali per le persone” si legge in una nota del Comitato esecutivo diffusa dall’Agenzia SIR. I vescovi avvertono che la normativa consentirebbe di produrre cloni ai quali non sarebbe permesso di nascere e che se fosse approvata permetterebbe di produrre embrioni umani come mero materiale di ricerca, facilitando la commercializzazione, il traffico e l'uso industriale degli embrioni umani. I presuli criticano anche la possibilità della fecondazione di ovociti animali con sperma umano facendo notare come “gli interessi economici e politici in gioco non stanno permettendo un dibattito sereno su temi di tanta trascendenza come questi”. (T.C.)

 

 

QUASI 6 MILA PERSONE SONO MORTE NEL 2005 IN CINA PER ESPLOSIONI IN MINIERE

DI CARBONE. IL GOVERNO HA LANCIATO UNA CAMPAGNA NAZIONALE DI SICUREZZA

SUL LAVORO, MA RECENTEMENTE SI SONO VERIFICATI ALTRI INCIDENTI

 

PECHINO.= Circa 6 mila persone sono morte nel 2005 in Cina per esplosioni all’interno di miniere di carbone. A rivelarlo oggi, un resoconto della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme. Il numero delle vittime nel 2005 è leggermente inferiore a quello registrato nel 2004, ma il bilancio resta comunque drammatico. L’aumento della domanda di energia da parte delle industrie e dei privati ha determinato per la Cina una dipendenza sempre più forte dal carbone, in quanto sola risorsa in grado di soddisfare tale richiesta. La maggior parte delle miniere cinesi sono prive delle più elementari misure di sicurezza. Nonostante il governo di Pechino abbia lanciato una campagna nazionale per la sicurezza sul lavoro, facendo chiudere 4.876 gallerie di estrazione illegali, nel Paese le sciagure più gravi sono state registrate negli ultimi 50 anni. Addirittura 592 membri del governo, contravvenendo a quanto imposto dal Partito Comunista, hanno investito in azioni minerarie per oltre 15 milioni di euro. L’ultima esplosione, risalente al 2 febbraio scorso, è avvenuta nella miniera di carbone Sihe, nello Shanxi, dove hanno perso la vita 23 persone, mentre 53 sono rimaste intossicate.  A precisarlo è l’agenzia Asianews, che ricorda anche la sciagura dei primi di dicembre dello scorso anno nella miniera Dongfeng, nell’Heilonjiang, con 169 morti accertati, e quella avvenuta poco più di un anno fa nel giacimento Sunjiawan, nel Liaoning, dove i morti sono stati 220. (A.E.)

 

 

DARE UNA DIMENSIONE CULTURALE ALLA PROPOSTA CRISTIANA, METTERE A

DISPOSIZIONE DELLA SOCIETÀ LA RICCHEZZA DEL PENSIERO E DELLA CREATIVITÀ

DEI GIOVANI: SONO ALCUNI DEGLI OBIETTIVI DEL PROGETTO CHE PARTIRÀ

DALL’VIII CONVEGNO NAZIONALE DELLA PASTORALE GIOVANILE

 

LIGNANO SABBIADORO. = Stimolare la pastorale giovanile a dare maggiore importanza alla dimensione culturale della proposta cristiana, sostenere la ricerca  di una comunicazione del Vangelo nei linguaggi e nella cultura dei giovani, mettere a disposizione della comunità cristiana e della società la ricchezza del pensiero e della creatività dei giovani, formare giovani che possano entrare da protagonisti nella scena culturale del nostro Paese. Sono queste in sintesi le finalità che dovrà avere il progetto culturale giovani “frutto” del VIII Convegno nazionale di pastorale giovanile, “Ma io vi dico’: nuove parole per la fede”, che si chiude oggi a Lignano Sabbiadoro (Ud). In un’intervista a SIR Italia, il responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, don Paolo Giulietti, ha affermato che “il confronto con la cultura è una dimensione irrinunciabile di tutto quello che si fa. Dobbiamo essere sicuri che ciò che proponiamo tocchi veramente le corde del loro cuore e intuisca davvero le loro percezioni”. “Non ci interessa tanto portare i ragazzi in Chiesa quanto la loro stessa vita trasformata dall’incontro con Cristo – ha detto Giulietti - Nel mondo giovanile ecclesiale c’è vitalità che può diventare un serbatoio di riflessione e di cultura non solo per la stessa pastorale giovanile ma per tutta la Chiesa italiana”. Ci ha pensato mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Vittorio Veneto e delegato CEI per la pastorale giovanile, a unire idealmente l’VIII Convegno nazionale della pastorale giovanile, che si chiude oggi a Lignano Sabbiadoro, a quello ecclesiale nazionale di Verona del prossimo ottobre. “I giovani sono incaricati di portare la speranza e se speranza vuol dire guardare al domani è chiaro che sono loro i protagonisti del futuro. Il presule ha voluto chiarire ai giovani che occorre annunciare non tanto a parole quanto con la vita vissuta nella speranza del Cristo Risorto. La parola chiave sottolineata da mons. Zenti è “speranza”, mutuata direttamente dal tema di Verona. “La capacità dei giovani di guardare avanti è una grande ricchezza per la Chiesa – ha detto il presule – i giovani sono chiamati all’annuncio e alla comunicazione del Vangelo, ma non si comunica il vuoto, si comunica ciò che si è. La Chiesa – ha proseguito mons. Zenti – deve aiutare i giovani a comunicare i valori concentrati sulla figura di Cristo, speranza del mondo. Per questo è importante un lavoro di formazione permanente rivolto anche agli operatori pastorali”. (T.C.)

 

 

‘LINGUAGGIO E LINGUAGGI DEL PELLEGRINAGGIO’: SE NE PARLA OGGI A ROMA,

 NELLA SECONDA GIORNATA DI LAVORI DEL CONVEGNO NAZIONALE

DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI CHE SI CONCLUDE DOMANI IN SAN PIETRO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Il linguaggio profondo del pellegrinaggio si colloca tra parola e silenzio. Lo ha detto l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, nel suo intervento al Convegno nazionale teologico-pastorale, promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Ieri pomeriggio ha parlato anche il vescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, che ha inquadrato il pellegrinaggio nell’attuale momento di cambiamento culturale. I partecipanti al convegno, circa un migliaio, in serata sono stati ricevuti in Campidoglio dal sindaco di Roma Walter Veltroni. Sulla liturgia nel pellegrinaggio questa mattina hanno intrattenuto l’uditorio padre Jesus Castellano e il vescovo Mauro Piacenza, presidente della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, che si è soffermato sull’arte nel pellegrinaggio. Un’annotazione a margine di questo convegno giunge dall’EURISPES che ha calcolato oltre 14 milioni di pellegrini ogni anno in visita nei 2.058 santuari italiani. Se il monitoraggio si allarga a coloro che alla motivazione religiosa aggiungono anche quella culturale, il dato arriva a 35 milioni di visitatori annui. Nel pomeriggio di oggi il convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi propone “I Passi del Pellegrinaggio” una performance di immagini, danze, musiche e testimonianze. Presenta Paola Saluzzi, partecipano Carla Fracci e gli allievi della Scuola di Ballo del Teatro dell'Opera di Roma. Le conclusioni del convegno domani con il direttore generale dell'Opera Romana Pellegrinaggi, padre Cesare Atuire. Nel pomeriggio, proprio nel giorno in cui ricorre il 148° anniversario della prima apparizione della Vergine Maria a Lourdes, i convegnisti si recheranno in San Pietro dove, prenderanno parte alla Santa Messa presieduta dal cardinale Camillo Ruini e al termine della quale giungerà il Papa Padre che impartirà la sua benedizione.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco –

 

In Turchia, nuovo episodio di violenza contro un sacerdote. Dopo l’assassinio di don Andrea Santoro, avvenuto in un clima esasperato dalle proteste contro le vignette satiriche su Maometto, è stato aggredito ieri a Smirne un sacerdote sloveno, don Martin Kmetec. Abbiamo raccolto la sua testimonianza:

 

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R. – Ieri ero in una saletta, dove solitamente si tengono la catechesi per adulti e bambini. Ho sentito qualcuno bussare forte alla porta e sono andato a vedere chi fosse. C’erano sette-otto persone, di circa 20 anni. Erano molto agitati e ho capito subito che era una situazione atipica. Poi ho chiesto: “Cosa volete?”. “Vogliamo parlare con te”, mi hanno risposto. Quindi ho ripetuto: “Ma chi siete voi, cosa volete sapere?”. Uno del gruppo mi ha detto: “Siamo nazionalisti”. Quindi, mi ha preso per la gola, mi ha strattonato, con forza. Poi, mi ha detto in turco: “Sei finito”. E’ una minaccia che ha accompagnato anche con un emblematico gesto della mano. Poi sono riuscito a chiudere la porta, ma gli aggressori l’hanno forzata e mi hanno minacciato di nuovo, con le stesse parole. Hanno detto anche: “Allah Akbar (Dio è grande)”. Fortunatamente, non sono entrati nella saletta. Alla fine, si sono allontanati gridando ancora due o tre volte: “Sei finito!”.

 

D. – Dopo Trebisonda, il virus del nazionalismo e del fondamentalismo ha colpito anche Smirne, una parte della Turchia vicina all’Occidente con lo sguardo verso Bruxelles: perché?

 

R. – Tutto è frutto del fanatismo. Io penso che il fanatismo sia sempre il risultato di un’ideologia ben pensata …

 

D. – Questa mattina si sono celebrati a Roma i funerali di don Andrea Santoro. Quali sono state le reazioni in Turchia dopo questo assassinio?

 

R. – C’è stata la morte di un nostro confratello, un sacerdote. Ma in Turchia i giornali avanzano supposizioni e alcuni mezzi comunicazione fanno passare l’assassinio di don Andrea per un crimine di mafia: questo per noi è il male peggiore!

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E in Turchia la situazione è sempre più tesa: l’esplosione di una bomba in un locale ad Istanbul ha causato, ieri, la morte di una persona e il ferimento di altre 16. La responsabilità dell’attentato è stata rivendicata dal gruppo radicale curdo, “Falchi della libertà del Kurdistan”.

 

Ancora violenze in Pakistan: almeno cinque persone sono morte, nella notte, durante scontri tra estremisti sunniti e fondamentalisti sciiti scoppiati nel villaggio di Hangu. L’episodio si aggiunge agli attacchi di ieri costati la vita a più di 30 persone e condotti durante una processione sciita per la festività dell’Ashura.

 

Otto militari afghani sono morti e altri 7 sono rimasti feriti in diversi attacchi sferrati nella zona orientale del Paese. L’Afghanistan sta vivendo una recrudescenza di attacchi terroristici, proprio mentre la NATO si prepara ad allargare la propria forza di pace. Ieri, gli scontri tra sunniti e sciiti ad Herat, in occasione della ricorrenza sciita dell’Ashura, sono costati la vita ad almeno 5 persone.

 

In Iraq sono stati comunicati i risultati definitivi delle elezioni dello scorso 15 dicembre. Gli sciiti hanno ottenuto la vittoria, ma non hanno ottenuto la maggioranza assoluta. L’Alleanza irachena unita, che riunisce i principali movimenti sciiti di ispirazione religiosa, potrà contare su 128 seggi dei 275 che compongono l’Assemblea Nazionale. Sul terreno, intanto, è di almeno 11 morti e 38 feriti il bilancio dell’ennesimo attacco dinamitardo compiuto stamani a Baghdad con un’auto-bomba, saltata in aria nel quartiere meridionale di al-Doura. Sempre nella capitale, è stato rapito nella notte l’imam di una moschea sunnita. Due militari americani sono rimasti uccisi, inoltre, vicino a Falluja e una poliziotta irachena è stata assassinata da un commando armato a Baquba. Sul fronte dei sequestri, è stato trasmesso ieri un nuovo, straziante video della giornalista americana, Jill Carroll, rapita in Iraq a gennaio. Nel filmato, la reporter chiede alle autorità statunitensi di liberare le detenute irachene. “C'è pochissimo tempo, fate presto”, dice Jill Carroll rivolgendosi all’amministrazione americana.

 

Ferme reazioni di Israele e Stati Uniti dopo la decisione del presidente russo Putin di invitare a Mosca i leader del movimento estremista Hamas, vincitore delle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio. Il ministro degli Esteri israeliano, Livni, ha dichiarato che l’iniziativa rischia di allentare la pressione internazionale tesa a sollecitare Hamas a riconoscere lo Stato ebraico. Gli Stati Uniti hanno chiesto chiarimenti al capo del Cremlino, che ieri – nell’incontro a Madrid col premier spagnolo Zapatero – si è proposto come mediatore tra israeliani e palestinesi.

 

In Israele, intanto, sono 31 le liste che si contenderanno la vittoria alle elezioni parlamentari, fissate per il prossimo 28 marzo. La Commissione elettorale centrale ha chiuso i termini per la presentazione delle candidature. Lo sbarramento esclude le formazioni che non raggiungono il 2 per cento delle preferenze.

 

In Norvegia, il direttore di “Magazinet”, il giornale che lo scorso 10 gennaio ha pubblicato alcune vignette satiriche su Maometto, ha presentato le sue scuse ai fedeli musulmani. In una conferenza stampa, il direttore ha spiegato di aver sottovalutato le reazioni che la pubblicazione avrebbe provocato. Reazioni che sono degenerate in violente proteste costate la vite a decine di persone in diversi Paesi islamici.

 

Il moderato Fatmir Sejdiu succede a Ibrahim Rugova alla guida del Kosovo. Il 54.enne esponente della Lega democratica, lo stesso partito di Rugova, era l’unico candidato designato per la presidenza. Sono state necessarie tre votazioni per arrivare all’elezione. Sejdiu prende il posto lasciato vacante dalla morte di Rugova, stroncato a gennaio da un male incurabile.

 

Il virus H5N1 è arrivato anche in Azerbaigian. Tracce del ceppo letale dell’influenza aviaria per l’uomo sono state riscontrate, infatti, in alcuni uccelli morti sulle sponde del mar Caspio. Lo ha annunciato il ministro della Sanità del Paese asiatico. Test effettuati in un laboratorio di Hong Kong hanno confermato, inoltre, che una giovane indonesiana, morta ieri sera a Giakarta, è deceduta per l’influenza aviaria.

 

In Gran Bretagna, sconfitta per i laburisti di Tony Blair alle elezioni suppletive in Scozia. Nel collegio di Dunfermline, la candidata Catherine Stihler è stata superata dalla liberal-democratica Willie Rennie.

 

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