RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 40 - Testo della trasmissione di giovedì 9 febbraio 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI visiterà la Turchia dal 28 al 30 novembre prossimi

 

Il Papa ha ricevuto stamane la moglie del presidente Bush. Poi ha incontrato il cardinale Ruini, che domani celebrerà in San Giovanni in Laterano i funerali di don Andrea Santoro. Pubblicata la lettera che il sacerdote aveva inviato al Papa pochi giorni prima di essere ucciso

 

Aperte oggi ad Adelaide, in Australia, le celebrazioni per la Giornata mondiale del malato: ai nostri microfoni l’arcivescovo Philip Edward Wilson

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora manifestazioni nel mondo islamico contro le vignette su Maometto, mentre il giornale danese che le pubblicò per primo chiede scusa ai fedeli musulmani: il commento di Camille Eid

 

La fiamma olimpica accende Torino. La cerimonia di apertura si terrà domani e le gare inizieranno sabato prossimo, nella festività della Madonna di Lourdes: interviste con il cardinale Severino Poletto e con don Adriano Bregolin

 

Il cardinale Ruini ha aperto oggi a Roma il XIV Convegno nazionale promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi. Intervista con mons. Liberio Andreatta

 

CHIESA E SOCIETA’:

Grande partecipazione e commozione ieri a Bujumbura ai funerali di padre Élie Koma, il religioso gesuita ucciso sabato scorso alla periferia della capitale

 

Indonesia: condannate a tre anni di detenzione tre insegnanti accusate di aver cercato di convertire bambini musulmani al cristianesimo

 

Promuovere lo sviluppo e il progresso dell’India a partire dall’educazione: è quanto suggerisce la Conferenza episcopale indiana impegnata in questi giorni nella XXVII Assemblea plenaria biennale

 

Kenya: 3 milioni di persone in pericolo di vita a causa della carestia

 

Si inaugura questa sera la 56.ma edizione del Festival del cinema di Berlino

 

24 ORE NEL MONDO:

Festività sciita dell’Ashura funestata da violenze in Pakistan e in Afghanistan: le vittime sono più di 30

 

Presidenziali ad Haiti: i primi risultati danno in vantaggio l’ex presidente René Preval

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 febbraio 2006

 

BENEDETTO XVI ANDRA’ IN TURCHIA DAL 28 AL 30 NOVEMBRE PROSSIMI

 

E’ dunque ufficiale. La notizia è stata resa nota pochi minuti fa dal direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls: il Papa ha accettato l’invito del Presidente della Turchia Ahmet Necdet Sezer e compirà una visita ufficiale in questo Paese dal 28 al 30 novembre prossimi. Il portavoce vaticano ha affermato che sono in corso di definizione le modalità della visita.

 

Lo scorso 30 novembre, Festa di Sant’Andrea, patrono del Patriarcato di Costantinopoli, il Papa aveva inviato un messaggio al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, in cui affermava che  “la Chiesa cattolica è irrevocabilmente impegnata a promuovere ogni iniziativa utile a rafforzare la carità, la solidarietà e il dialogo teologico”. Il Pontefice aveva espresso la speranza che si possa giungere ad una “comunione sempre più profonda per superare quegli ostacoli che ancora rimangono”, al fine di “poter celebrare assieme la Santa Eucaristia, sacrificio di Cristo per la vita del mondo”. Benedetto XVI nel messaggio sottolineava il fatto che avrebbe voluto essere presente a Istanbul già per la Festa patronale di Sant’Andrea del 2005.

 

 

BENEDETTO XVI INCONTRA IL CARDINALE RUINI, CHE DOMANI CELEBRERA’

IN SAN GIOVANNI IN LATERANO I FUNERALI DI DON ANDREA SANTORO. PUBBLICATA

 LA LETTERA CHE IL SACERDOTE AVEVA INVIATO AL PAPA POCHI GIORNI PRIMA

DI ESSERE UCCISO. TANTE LE PERSONE CHE STANNO RENDENDO OMAGGIO ALLA SALMA DI DON ANDREA NELLA CHIESA DEI SANTI FABIANO E VENANZIO

 

Benedetto XVI ha ricevuto stamane  il cardinale Camillo Ruini, suo vicario generale per la diocesi di Roma, che domani alle 10.00 nella Basilica di San Giovanni in Laterano presiederà la Messa esequiale per don Andrea Santoro, ucciso domenica scorsa in Turchia mentre era raccolto in preghiera nella sua chiesa a Trebisonda. Pochi giorni prima di essere assassinato, don Andrea  aveva inviato una toccante lettera a Benedetto XVI. È stato lo stesso Pontefice a rivelarlo ieri  nel corso dell'udienza generale. Una lettera semplice e profonda in cui il sacerdote, più che parlare di sé, parla dei suoi poveri, anzi sono loro a parlare. Ripercorriamo i punti principali della lettera in questo servizio di Sergio Centofanti:

 

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“Santità, le scrivo a nome di alcune signore georgiane della mia parrocchia “Sancta Maria” a Trabzon (Trebisonda) sul Mar Nero in Turchia. Me l’hanno dettata in turco, la traduco come è uscita dalla loro bocca così gliela faccio avere in occasione della mia venuta a Roma”. Inizia così la lettera  scritta al Papa da don Andrea Santoro, 5 giorni prima di essere ucciso. “Il mio gregge – dice il sacerdote – è formato da 8/9 cattolici, i tanti ortodossi della città e i musulmani che formano il 99 per cento della popolazione”. Don Andrea riporta quindi quanto scrivono le sue tre parrocchiane che invitano il Papa a Trebisonda:

 

“Caro Papa,  a nome di tutti i georgiani la salutiamo. Da Dio chiediamo per te salute nel nome di Gesù.  Siamo molto contenti che Dio ti ha scelto come Papa. Prega per noi, per i poveri, per i miseri di tutto il mondo, per i bambini. Crediamo che le tue preghiere arrivano dirette a Dio. I georgiani sono molto poveri, hanno debiti, senza casa, senza lavoro. Siamo senza forze.  Viviamo in questo momento a Trabzon e lavoriamo. Tu prega che Dio ci benedica e crei in noi un cuore nuovo e pulito. Noi non dimentichiamo la vita cristiana e per i turchi cerchiamo di essere un buon esempio nel nome di Dio, perché per mezzo nostro vedano e glorifichino Dio. Noi abbiamo molte cose da dire e da raccontare ma, Inshallah, (se Dio vuole), se verrai a Trabzon potremo parlare faccia a faccia. La tua venuta sarà una festa felice”.

 

“Santità – scrive don Andrea - mi unisco a queste tre donne per invitarla davvero da noi. È un piccolo gregge, come diceva Gesù, che cerca di essere sale, lievito e luce in questa terra. Una sua visita, se pur rapida, sarebbe di consolazione e incoraggiamento. Se Dio vuole ... a Dio niente è impossibile. La saluto e la ringrazio di tutto. I suoi libri mi sono stati di nutrimento durante i miei studi di teologia. Mi benedica. E che Dio benedica e assista anche lei”. Firmato don Andrea Santoro, prete fidei donum.

 

E riascoltiamo le parole commosse che Benedetto XVI ha pronunciato ieri, durante l’udienza generale, parlando di questa lettera:

 

“Ho letto ieri sera,  con profonda commozione, questa lettera, che è uno specchio della sua anima sacerdotale, del suo amore per Cristo e per gli uomini, del suo impegno proprio anche per i piccoli … ha unito a questa lettera una lettera di donne della sua parrocchia che mi invitano a venire e si rispecchia anche nella lettera di queste donne lo zelo di fede e di amore che era vivo nel cuore di Don Andrea Santoro. Il Signore accolga l’anima di questo silenzioso e coraggioso servitore del Vangelo e faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli.

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E stamani la salma di don Andrea Santoro è giunta nella chiesa romana dei Santi Fabiano e Venanzio, dove il sacerdote è stato parroco per diversi anni e dove è stata allestita la camera ardente. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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(musica e omelia)

 

“Volevamo invitarvi a fare di questa giornata una giornata di preghiera, di ritiro, di deserto; ecco, qualunque cosa facciamo oggi, facciamola veramente con quello spirito di preghiera che don Andrea tante volte ci ha insegnato ad avere, anche nelle cose quotidiane”.

Commozione, lacrime, composto dolore, ma soprattutto preghiera e tanta riconoscenza per colui che ha guidato la parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio dal 1994 al 2000. Con questi sentimenti la gente, che ha affollato sin da stamattina la chiesa, ha voluto essere vicino a don Andrea Santoro. Il feretro del sacerdote barbaramente ucciso domenica scorsa a Trebisonda è stato posto al centro della navata centrale e sin da stamani una lunga fila di fedeli e autorità ha voluto rendere un omaggio sincero. Da ognuno una frase e un aneddoto particolare in ricordo del parroco scomparso che sicuramente ha lasciato un segno profondo tra i suoi parrocchiani:

 

R. – Un ricordo personale è sicuramente l’immagine sorridente di don Andrea, la capacità di vivere sempre la gioia.

 

R. – Alla prima Messa a cui ho partecipato in questa parrocchia, alla fine della celebrazione, lui fra le tante persone presenti si è diretto verso di me e si è presentato. Mi ha detto: “Ciao, sono don Andrea”. Questa cosa mi ha colpito molto, perché mi sono sentita subito a casa mia.

 

R. – Era veramente bello venire la mattina presto e trovarlo che pregava in Chiesa e venire la sera tardi, alle 11.00, magari parcheggiando la macchina dopo essere uscito, a mezzanotte, e trovarlo nella cappellina a pregare. Questa cosa mi ha sempre colpito. Don Andrea ha sempre parlato al cuore delle persone. Era quasi impossibile non ascoltarlo.

 

Una breve liturgia, a cui ha assistito anche l’anziana madre Maria, ha aperto questa lunga giornata di unanime cordoglio per la morte di chi ha fatto di questa parrocchia, inserita nel quartiere Appio-Latino di Roma, uno dei più abitati e caotici della capitale, dove spesso prevale l’indifferenza e la fretta, e che don Andrea ha trasformato in un centro di aggregazione importante per molti e per tutti, da parte sua, una parola ed un gesto d’affetto. Stasera alle 21.00 vi sarà una veglia funebre e poi la chiesa rimarrà aperta sino alle ore 9.00 di domani mattina, quando il corpo di don Andrea verrà traslato nella basilica di San Giovanni in Laterano per l’ultimo saluto a chi ha vissuto la fede da martire in una difficile missione in terra turca, sino all’estremo sacrificio.

 

(musica)

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Stamane il Papa ha ricevuto anche la Signora Laura Bush, consorte del Presidente degli Stati Uniti d’America,  con il seguito. Quindi ha incontrato il cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; e mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, che accompagnava il cardinale Camillo Ruini. Nel pomeriggio il Pontefice riceverà il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

 

In Austria, il Santo Padre ha nominato ausiliare di Vienna mons. Franz Scharl, del clero della medesima arcidiocesi, finora parroco della parrocchia “Risurrezione di Cristo” a Vienna e decano del decanato Wien 4/5, assegnandogli la sede titolare vescovile di Gerafi. Mons. Scharl è nato a Oberndorf (arcidiocesi di Salisburgo) il 5 marzo 1958 ed è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1990.

 

 

APERTE OGGI AD ADELAIDE, IN AUSTRALIA, LE CELEBRAZIONI

PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO, SUL TEMA “SALUTE MENTALE

E DIGNITA’ UMANA” L’INTERVENTO DEL CARDINALE LOZANO BARRAGÁN,

INVIATO SPECIALE DEL PAPA

- A cura di Roberta Gisotti -

        

Associare terapie appropriate ad una sensibilità nuove di fronte al disagio psichico, “che colpisce ormai ai nostri giorni un quinto dell’umanità e costituisce una vera emergenza sociosanitaria”: questo il cuore del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del malato, dedicata quest’anno al tema “Salute mentale e dignità umana”. Oggi l’apertura delle celebrazioni nella città di Adelaide, in Australia, con una cerimonia presieduta dall’arcivescovo Philp Edward Wilson, alla presenza del cardinale Javier Lozano Barragán, inviato speciale del Papa. Tre giorni di preghiera e studio sui diversi aspetti dottrinali e scientifici, pastorali e liturgici della complessa materia: riflessioni che saranno suggellate sabato 11 febbraio da una solenne Messa nella cattedrale di San Francesco Saverio. La cronaca di questa prima giornata celebrativa nel servizio di Gianluca Biccini, inviato dell’Osservatore Romano ad Adelaide:

 

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Nel mondo 450 milioni di persone soffrono di disturbi psichici. Ha preso spunto da questo dato allarmante la prolusione, che il cardinal Javier Lozano Barragán, inviato speciale del Santo Padre alle celebrazioni per la 14.ma Giornata del malato, ha pronunciato questa mattina da Adelaide, in Australia. Il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute ha parlato al Convention Center, dinanzi a 400 rappresentanti della Chiesa per l’Oceania, esortando a riconoscere nel malato mentale l’immagine fedele di Cristo crocifisso: “Per questo – ha detto – le istituzioni e la società civile devono porre in atto un’energica azione congiunta per la prevenzione e la cura del disagio psichico”. “Ogni creatura di Dio – ha aggiunto il  porporato – ha una dignità che non può e che non deve essere mai disconosciuta”. La conferenza di questa mattina sul tema “Salute mentale e dignità umana”, ha aperto la tre giorni, organizzata dall’arcidiocesi di Adelaide. Domani è in programma la giornata pastorale con le testimonianze di chi vive sulla propria pelle il dramma del disagio psichico.

 

Da Adelaide, per la Radio Vaticana, Gianluca Biccini.

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La realtà del disagio mentale interpella i governi e la stessa Chiesa per offrire risposte. Come sottolinea il Papa nel suo messaggio per la Giornata “in molti Paesi non esiste ancora una legislazione in materia e in altri manca una politica adeguata”; da qui l’appello di Benedetto XVI “a chinarsi con particolare sollecitudine” su quanti soffrono problemi psichici. Ascoltiamo in proposito una dichiarazione dell’arcivescovo di Adelaide, Philip Edward Wilson, al microfono di Catherine Smibert, collega del Programma inglese:

 

 

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R. – THE GOVERNMENTS ARE LOOKING VERY SERIOUSLY …

         In questo momento i Governi stanno considerando molto seriamente questi problemi e penso che la Chiesa abbia una grande responsabilità nel presentare le questioni o nell’aumentare la consapevolezza della comunità e nel portare la gente a pensare ai tipi di risposta che bisognerebbe dare come comunità. Chi ha un problema mentale viene considerato, in un modo o nell’altro, come chi ha un qualcosa di moralmente sbagliato in sé, o comunque un qualcosa che non va. Niente di più lontano dalla realtà. Esattamente come qualsiasi altra malattia o qualsiasi difetto, i problemi relativi alla salute mentale non sono motivo per essere marchiati d’infamia o in modo negativo. Oggi viviamo in un mondo in cui è possibile dare risposta a questi problemi ed aiutare la gente. Questo significa che vi sono alcune cose di cui possiamo farci carico personalmente; risposte che possiamo dare a livello personale o comunitario nelle nostre parrocchie e così via. Ma, esistono evidentemente alcuni ambiti in cui dobbiamo sostenere le politiche del settore pubblico dirette a fornire un’assistenza sanitaria idonea ad affrontare questi problemi.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - Il commosso omaggio di migliaia di fedeli alla salma di don Andrea Santoro nella parrocchia romana dei santi Fabiano e Venanzio.

In ricordo di don Andrea un articolo di Alberto Manzoni dal titolo “Adorava la Parola di Dio con lo sguardo aperto sul mondo”.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.

 

Servizio estero - In rilievo il Kenya, dove, a causa della siccità, tre milioni e mezzo di persone sono alla fame.

 

Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Quando lo spirito leale e coraggioso trasforma l’atleta in una “perfetta macchina da competizione”: alla vigilia delle Olimpiadi invernali aperta a Torino una mostra sull’agonismo sportivo nell'arte greco-romana.

 

Servizio italiano - In primo piano le elezioni. Appello dell’Associazione Nazionale Magistrati: “Per il bene dello Stato basta con gli attacchi”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 febbraio 2006

 

 

ANCORA MANIFESTAZIONI NEL MONDO ISLAMICO CONTRO LE VIGNETTE

SATIRICHE SU MAOMETTO, MENTRE IL GIORNALE DANESE CHE LE PUBBLICO’

 PER PRIMO CHIEDE SCUSA AI FEDELI MUSULMANI

- Ai nostri microfoni, Camille Eid -

 

Una lettera di scuse “ai musulmani del mondo intero” per la pubblicazione delle 12 vignette del profeta Maometto, firmata dal direttore del giornale danese Jyllands Posten, è stata trasmessa dall’ambasciata di Danimarca ad Algeri ed è oggi pubblicata da alcuni quotidiani algerini. Un gesto di buona volontà che non basta però a placare le manifestazioni contro le caricature, ritenute offensive dal mondo islamico. Uno dei leader dei Taleban, il mullah Dadullah, ha offerto una ricompensa pari a 100 chilogrammi d’oro a chi ucciderà l'autore delle caricature di Maometto. Stamani, invece, nell’ambito della festa sciita dell’Ashura, a Beirut migliaia di persone hanno manifestato contro le vignette. Proprio di questa manifestazione ci parla il giornalista libanese, Camille Eid, esperto di questioni mediorientali del quotidiano Avvenire, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Oggi cade il culmine della ricorrenza della Ashura. Gli sciiti commemorano la morte dell’imam Hussein nella battaglia di Karbala, nel 680. Ovviamente, il segretario generale degli hezbollah, Nasrallah, ha colto questa occasione religiosa per parlare anche delle vignette.

 

D. – Com’è che non accenna a diminuire questa ondata?

 

R. – Un primo motivo sta nel fatto che non accenna a diminuire nemmeno la ripresa di queste vignette da altri giornali. Un altro motivo sta nel fatto che molti governi o regimi hanno cavalcato questa ondata di proteste per cercare, o tentare, di reagire alle pressioni internazionali. Qui faccio un’allusione diretta all’Iran e alla Siria. L’Iran vive un momento di isolamento internazionale a causa del nucleare. La Siria, idem, vive un isolamento dovuto all’indagine sull’assassinio di Hariri, che compie il 14 febbraio prossimo il primo anniversario. Quindi, l’una e l’altra nazione cercano di opporsi a queste pressioni, cavalcando questa ondata popolare di rabbia per l’offesa a Maometto.

 

D. – Ecco, proprio in realtà come la Siria e l’Iran, dove le manifestazioni hanno assunto i toni più violenti, quanto sono dunque spontanee queste manifestazioni?

 

R. – Noi sappiamo che in questi due Paesi non si muove foglia che il governo non voglia. Lo stesso vale per il Libano, perché gli arrestati in seguito alle manifestazioni violente di domenica scorsa a Beirut sono in gran parte siriani o palestinesi. La Siria ha cercato di esportare il suo metodo di gestire le manifestazioni anche al Paese vicino.

 

D. – Come stanno vivendo le comunità cristiane questo momento difficile in una realtà come il Libano, che ha conosciuto dei momenti terribili in un passato anche recente?

 

R. – Colgo un aspetto positivo, perché il giorno dopo la manifestazione di Beirut si sono incontrati per la prima volta il segretario generale degli hezbollah, Nasrallah, con il leader del partito Formazione politica cristiana, il generale Aoun. Quindi, abbiamo i due maggiori rappresentanti politici dell’islam sciita libanese e del cristianesimo politico libanese che si incontrano e stipulano una specie di accordo, un abbozzo di dialogo, a cui hanno invitato le altre comunità religiose del Libano. Mi sembra, dunque, di cogliere un aspetto positivo per sgonfiare questa tensione che domenica scorsa rischiava di scatenare nuovamente degli incidenti a stampo confessionale in Libano.

 

D. – Ricordando don Andrea Santoro, il Papa ha auspicato che il sacrificio della sua vita possa contribuire alla causa del dialogo fra le religioni e della pace fra i popoli. Quanto, questo messaggio di testimonianza di don Andrea Santoro, può fruttificare?

 

R. – Più di quanto possiamo immaginare. Noi, per esempio, ricordiamo ancora il sacrificio dei trappisti in Algeria. Abbiamo decine e decine di martiri che sono caduti negli ultimi anni in diversi Paesi islamici, proprio per difendere la possibilità di dialogo e per dare una testimonianza di vita. Non sono missionari che alla prima parata hanno abbandonato il Paese in cui vivevano per ritornare nei proprio Paesi. Hanno detto: “Noi siamo qui per testimoniare la nostra amicizia, il nostro amore verso di voi. Quindi, qui rimaniamo a condividere la vostra sorte, nel bene e nel male”. Penso che qualche turco farà una riflessione dopo questa testimonianza di amore che ha dato don Andrea Santoro.

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LA FIAMMA OLIMPICA ACCENDE TORINO. LA CERIMONIA DI APERTURA SI TERRA’

DOMANI E LE GARE INIZIERANNO SABATO PROSSIMO,

 NELLA FESTIVITA’ DELLA MADONNA DI LOURDES

- Interviste con il cardinale Severino Poletto e con don Adriano Bregolin -

 

Manca un solo giorno all’apertura ufficiale delle Olimpiadi di Torino. Dopo 64 giorni di viaggio, la Fiamma Olimpica è in città e una staffetta percorrerà i luoghi più significativi del capoluogo piemontese prima della cerimonia inaugurale prevista alle 19.00 di domani. Questo straordinario evento sportivo è seguito con particolare partecipazione e interesse anche dalla Chiesa. Le gare, che avranno inizio sabato mattina, si aprono sotto la protezione della Madonna di Lourdes, la cui festa si celebra l’11 febbraio. Ascoltiamo in proposito, al microfono di Luca Collodi, l’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto:

 

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R. – Mi ha commosso il fatto che questa sottolineatura l’abbia fatta una medaglia d’oro olimpica, Maurizio Damilano, che ha vinto a Mosca la medaglia d’oro: è lui che, con la sua cristallina fede, ha sottolineato come augurio finale: “Le Olimpiadi non potranno non andar bene e non svolgersi nella serenità, proprio perché cominciano l’11 febbraio. La cerimonia è il 10 sera, ma ufficialmente è l’11 febbraio, quindi nella festa dell’Apparizione della Madonna di Lourdes. E’ un auspicio molto bello anche per noi di Torino che abbiamo nella Consolata la nostra patrona, protettrice.

 

D. – Cardinale Poletto, che rapporto c’è tra una manifestazione sportiva e i tanti Santi che ha la città di Torino?

 

R. – Ricevendo ufficialmente i rappresentanti dell’organizzazione olimpica, dissi proprio che Piergiorgio Frassati, il nostro Beato, il Santo delle Beatitudini – come l’ha definito Giovanni Paolo II, che l’ha beatificato nel 1990 –sarebbe stato felice di essere qui con noi adesso, a vivere questo evento olimpico perché era appassionato dello sport e della montagna. Io credo che lo sport e la montagna, offrano un messaggio molto grande. Non solo quello sottolineato da tutti, della fraternità, della pace, del dialogo tra le nazioni, ma anche e soprattutto questo richiamo ai valori alti: la montagna, in fondo, anche nella Bibbia è sempre il luogo dell’incontro dell’uomo con Dio.

 

D. – Torino è ricordata spesso per essere una città “laica”. Le Olimpiadi sono un’occasione di fare comunità, per vivere insieme, momento importante anche della vita dell’uomo, della persona …

 

R. – Direi che Torino è ricordata come città “laica” da chi non la conosce bene, perché ha un suo particolare aspetto. E poi ci sono persone anche di grande valore intellettuale, che si professano laiche. Però la maggioranza, la stragrande maggioranza dei torinesi, anche in campo intellettuale, sono cattolici. Torino è una città ricca di Santi, di grande tradizione, ricca anche di inventiva, di laboriosità e si capisce che forse nello stile piemontese c’è questo riserbo, questa non-voglia di mettersi tanto in vetrina. Allora, le Olimpiadi sono un po’ una piccola rampa di lancio; io mi auguro che faccia vedere il volto vero di una città che ha grandi valori, che deve credere un po’ di più in se stessa.

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Il vicario generale dei salesiani, don Adriano Bregolin, ha portato la fiaccola olimpica dal Cottolengo alla Basilica di Maria Ausiliatrice, fondata da don Bosco. Ascoltiamo la sua testimonianza raccolta sempre da Luca Collodi:

 

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R. – Quando mi è stata fatta questa proposta, ho pensato immediatamente a come avrebbe reagito don Bosco. Ho pensato che don Bosco avrebbe fatto molto volentieri questa corsa proprio per coinvolgersi in un evento che è principalmente un evento giovanile. Quindi, il mio desiderio, in questo momento, è quello di rappresentare don Bosco stesso. Chi ama i giovani di oggi, la gioventù di Torino, questi giovani atleti, certamente li incoraggerebbe a dare il meglio di se stessi in quella che è l’espressione fisica delle loro abilità, delle loro discipline sportive. Nello stesso tempo chiederebbe loro l’eccellenza dei valori che sono legati allo sport e più profondamente alla vita.

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APERTO OGGI A ROMA IL XIV CONVEGNO NAZIONALE TEOLOGICO PASTORALE

PROMOSSO DALL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI SUL TEMA:

LINGUAGGIO E LINGUAGGI DEL PELLEGRINAGGIO

- Intervista con mons. Liberio Andreatta -

 

         Si è aperto oggi a Roma con la prolusione del cardinale Camillo Ruini il XIV Convegno teologico pastorale promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi, sul tema ‘Linguaggio e linguaggi del pellegrinaggio’.  Il porporato ha detto che il pellegrino, per non confondersi con il turista, è chiamato a riscoprire il linguaggio del silenzio: solo in questo modo potrà imparare il linguaggio della preghiera che a sua volta diventa carità concreta verso il prossimo.  Oggi l’Opera Romana  conta oltre 395 Corrispondenti in Italia e all’estero. Si avvale di circa 900 sacerdoti per l’assistenza spirituale dei pellegrini e 400 animatori pastorali laici. All’amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi mons. Liberio Andreatta, Giovanni Peduto ha chiesto quale messaggio si vuole lanciare con il convegno di quest’anno:

 

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R. – Vogliamo far riflettere i nostri operatori e gli assistenti spirituali, gli animatori laici, i promotori, tutti coloro che sono impegnati nella pastorale del pellegrinaggio a rendersi conto che il pellegrinaggio deve essere comunicato oggi con un linguaggio comprensibile alla gente: il linguaggio del terzo millennio. Ecco perché il titolo: “Linguaggio e linguaggi”, cioè come comunicare la salvezza dell’uomo, come comunicare il Vangelo, come comunicare la grazia, con quali gesti, con quali segni, con quali parole … Quindi, il pellegrinaggio poi per antonomasia è un cammino dove parla la processione, parla lo stendardo, parla la candela, parla una serie di gestualità. Noi vogliamo aiutare i nostri operatori a spiegare, a far comprendere, a far vivere  in pienezza il cammino del pellegrinaggio, attraverso una serie e un insieme di gesti e di segni.

 

D. – Quali sono le principali mete dei pellegrini, oggi?

 

R. – Anzitutto, il pellegrinaggio dei pellegrinaggi, a cui ogni cattolico, ogni cristiano non può sottrarsi, ed è il pellegrinaggio in Terra Santa. Paolo VI diceva ai fedeli, ai cristiani: almeno una volta nella vita, dobbiamo tornare a quelle che sono le sorgenti della nostra fede, camminare sui passi dove ha camminato Gesù. Quello è il vero santuario, perché lì la Madonna, il Signore non è che si sono manifestati: lì sono proprio nati, vissuti, concretamente e realmente. Poi ci sono gli altri santuari dove il Divino si è manifestato, dove la Vergine è apparsa, dove la testimonianza di un martire diventa luogo e spazio di riflessione e di conversione: allora ecco Lourdes, Fatima, Santiago de Compostela, Czestochowa … questi sono i principali. In Italia, invece, abbiamo Loreto, Pompei, Padre Pio da Pietrelcina, Assisi, Sant’Antonio di Padova, la Madonna di Montebelico, la Madonna di Oropa … Abbiamo tutta una serie di santuari … pensiamo per esempio in Sicilia anche alla Madonna delle Lacrime, dove le comunità cristiane si recano ben volentieri ad incontrare prima di tutto il Signore dentro di loro, nella misericordia della riconciliazione e del perdono, nel vivere insieme ecclesialmente anche l’Eucaristia e quindi i pellegrinaggi sono momenti forti della vita del cristiano. Se poi usciamo fuori dall’Europa, a parte tutti i santuari della Terra Santa, dobbiamo ricordare  Nostra Signora d’Africa ad Algeri, Nostra Signora di Lujan in Argentina, Nostra Signora di Aparecida in Brasile, Nostra Signora de la Altagracia nella Repubblica Dominicana, Nostra Signora di Guadalupe in Messico, che è il principale santuario di tutta l’America Latina, e quello dell’Immacolata Concezione a Washington. In India abbiamo  Nostra Signora della Buona Salute a Vailankanni, dove si è tenuta pure una Giornata mondiale del malato.

 

D. – Ritorniamo ancora alla Terra Santa. Sta vivendo una crisi che ha fatto diminuire molto l’afflusso di pellegrini: cosa può dirci in proposito?

 

R. – Ma, fortunatamente, posso dire esattamente il contrario: questa è una bella notizia che credo faccia piacere a tutte le comunità e a tutti coloro che ci ascoltano. Dopo l’Intifada del 28 settembre del 2000, ci fu un’interruzione momentanea dei pellegrinaggi a causa della destabilizzazione politica e sociale del territorio di questi due Paesi. Nel 2001 abbiamo visto una lenta, proprio una fiammella, una lenta ripresa dei più coraggiosi. Quindi, il 2001, il 2002 e il 2003 sono stati tre anni di grande sofferenza, e abbiamo proposto un pellegrinaggio di solidarietà, un pellegrinaggio dove andavamo a far visita alle comunità cristiane, ai nostri fratelli ebrei, ai nostri fratelli dell’Islam, per incoraggiarli a non aver paura, per incoraggiarli ad aver fiducia e speranza nella pace possibile. Il 2004 è stato l’anno che ha segnato l’inversione, la ripresa: la ripresa di fiducia. Il 2005 è stato un anno straordinario: abbiamo avuto circa 70 mila presenze di italiani. Questo è un grande segnale e ci auguriamo che questo 2006 sia veramente l’anno in cui ogni diocesi, ogni parrocchia, ogni cristiano si senta impegnato perché non c’è nessuna difficoltà, non c’è nessun pericolo, si può andare serenamente, senza paura: noi abbiamo i pellegrini che vanno e vengono, in questi giorni, abbiamo gruppi giù e gruppi che stanno partendo. E quindi ci auguriamo veramente che la Terra Santa non sia soltanto un museo di pietre archeologiche a cielo aperto, ma sia ancora una volta una presenza viva di una Chiesa fatta di persone, quella Chiesa di Gerusalemme che ha dato la fede a noi, alla Chiesa di Roma.

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CHIESA E SOCIETA’

9 febbraio 2006

 

 

GRANDE PARTECIPAZIONE E COMMOZIONE IERI A BUJUMBURA AI FUNERALI

DI PADRE ÉLIE KOMA, IL RELIGIOSO GESUITA UCCISO SABATO SCORSO

ALLA PERIFERIA DELLA CAPITALE

 

BUJUMBURA. = Si sono svolti ieri mattina a Bujumbura i funerali del padre gesuita Élie Koma, ucciso sabato scorso in circostanze ancora non chiarite alla periferia della capitale burundese Bujumbura. A presiedere la Messa, celebrata in lingua locale, è stato il Presidente della Conferenza episcopale del Burundi, mons. Jean Ntagwarara. Massiccia la presenza di sacerdoti e fedeli che hanno partecipato con grande commozione alla cerimonia che si è svolta nella Cappella della Casa dei Gesuiti. Ricordiamo che il Papa, in un telegramma inviato al nunzio apostolico in Burundi, mons. Paul Richard Gallagher, a firma del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, ha espresso il suo profondo cordoglio per l’uccisione del religioso. Benedetto XVI ha reso “grazie per l’opera compiuta da padre Koma al servizio della crescita spirituale di tutte le persone che hanno beneficiato del suo apostolato”. Ha espresso quindi la sua vicinanza ai familiari e alla Compagnia di Gesù, di cui padre Koma faceva parte dal 1967. Il Papa ha lanciato un appello a quanti “compiono ancora atti di violenza” perché rinuncino “definitivamente a questa opera di morte per permettere a tutti gli abitanti del Paese di vivere nella pace e nella sicurezza”. Padre Koma, aveva 59 anni, era stato ordinato sacerdote nel 1980 e da 3 anni era il responsabile della chiesa dei Gesuiti di Kamenge, uno dei quartieri più poveri di Bujumbura. (S.C.)

 

 

INDONESIA: CONDANNATE A TRE ANNI DI DETENZIONE TRE INSEGNANTI

ACCUSATE DI AVER CERCATO DI CONVERTIRE BAMBINI MUSULMANI

AL CRISTIANESIMO

 

JAKARTA. = Respinto dalla Corte suprema dell’Indonesia l’appello delle tre insegnanti cristiane accusate di proselitismo. I giudici hanno confermato per Rebbeca Loanita, Etty Pangesti e Ratna Mala Bangun la condanna a tre anni di detenzione. Lo riferisce, scrive l’agenzia Asianews, l’organizzazione International Christian Concern (Icc), secondo la quale il verdetto è stato emesso il 7 febbraio. Le tre insegnanti lavoravano in una scuola domenicale nella loro comunità a Indramayu, West Java. Il  primo settembre dello scorso anno sono state condannate per aver violato la legge di tutela dell’infanzia del 2002. Il Consiglio indonesiano dei Mullah (Mui) le aveva accusate di aver cercato di convertire bambini musulmani al cristianesimo. Nessun alunno che però, si è mai convertito e tutti i bambini, inoltre, avevano il permesso dei genitori di frequentare la scuola. Secondo attivisti per i diritti umani, il giudizio è stato influenzato dalla continua presenza in aula di estremisti islamici. L’Icc, inoltre, denuncia che durante il processo l’accusa si è servita di prove false e che alcuni testimoni chiave non hanno potuto deporre di persona a causa delle minacce del Mui. A questi inoltre sarebbero state attribuite affermazioni manipolate ad arte, usate come prove contro le tre donne. (T.C.)

 

 

PROMUOVERE LO SVILUPPO E IL PROGRESSO DELL’INDIA

A PARTIRE DALL’EDUCAZIONE:

È QUANTO SUGGERISCE LA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA

IMPEGNATA IN QUESTI GIORNI NELLA XXVII ASSEMBLEA PLENARIA BIENNALE

 

BANGALORE. = “La Chiesa in India è stata una pioniera nel campo dell’educa-zione ed è arrivata dove altri non sono riusciti”: con queste parole il cardinale Telesphore Toppo, presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha presentato martedì i lavori della 27ª Assemblea plenaria biennale dei vescovi indiani, iniziati ieri a Bangalore e che si concluderanno il 15 febbraio. Al centro del dibattito, cui partecipano 160 vescovi di rito latino, siro-malabrese e siro-malankarese, “L’educazione cattolica e la preoccupazione della Chiesa per gli emarginati”. Un tema a cui la Chiesa indiana è sempre stata particolarmente sensibile e sul quale, ha spiegato il cardinale Toppo, vuole richiamare l’attenzione del governo e di tutte le persone e organizzazioni interessate “a promuovere lo sviluppo e il progresso del Paese. “L’educazione può infatti cambiare le persone, le società e renderle più vivibili”, ha sottolineato il porporato. L’Assemblea, ha concluso l’arcivescovo, dovrà fare “una valutazione complessiva del sistema educativo indiano per capire come miglioralo” e definire un piano di intervento che risponda ai bisogni degli emarginati”. (T.C.)

 

 

KENYA: 3 MILIONI DI PERSONE IN PERICOLO DI VITA A CAUSA DELLA SICCITÀ.

LA DENUNCIA IN UN RAPPORTO CONGIUNTO DEL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE (PAM) E DEL GOVERNO LOCALE. L’ONU CHIEDE AIUTI

 

NAIROBI.= Tre milioni di persone rischiano di morire in Kenya, a causa della siccità. A rivelarlo, ieri, un comunicato congiunto del governo keniano e del Programma Alimentare Mondiale (PAM). Le autorità locali e le Agenzie delle Nazioni Unite, riferisce l’agenzia Fides, lanciano un appello per la raccolta di 230 milioni di dollari da destinare alle popolazioni più a rischio del Nord-Est del Paese. Il Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale (CIPSI) e il Comitato di Collaborazione Medica (CCM), in una relazione sulla grave crisi alimentare che interessa gli abitanti di Moyale in Kenya, affermano che l’accesso all’acqua è un diritto fondamentale per la vita di ogni essere umano. Gli effetti delle mancate piogge tra ottobre e dicembre sono disastrosi: gli animali muoiono; il costo degli alimenti si fa sempre più elevato per la scarsità delle provviste e si pensa ad un possibile esodo in massa di persone spinte dalla fame e dalla volontà di cercare terre più fertili. Il presidente keniano, Mwai Kibaki rivolgendosi alla comunità internazionale per chiederne l’intervento, ha parlato di “disastro nazionale”. Sabina Tangerini, esponente del CCM, in una testimonianza raccolta dalla stessa Agenzia Fides, ha denunciato che nella terra dei Borana, la popolazione del distretto di Moyale, non c’è più acqua e sono a rischio tanti progetti sanitari. (A.E.)

 

 

SI INAUGURA QUESTA SERA LA 56A EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO.

IL DIRETTORE DIETER KOSSLICK ASSICURA UNA COMPETIZIONE DI ALTO LIVELLO

CHE PRIVILEGIA OPERE LEGATE ALL’ATTUALITÀ POLITICA E SOCIALE

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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BERLINO. = Berlino rimane sempre l’appuntamento nobile e serio tra le grandi kermesse cinematografiche. Organizzato con cura, privo, fortunatamente, di polemiche, anche quest’anno annovera grandi firme autoriali disseminate nelle diverse sezioni che compongono, con intelligenza, il panorama festivaliero. Grande attesa per George Clooney: con Syriana di Stephen Gaghan aprirà semiufficialmente il festival, portandoci direttamente nel vivo della grande crisi mediorientale che in questi giorni, per motivi diversi, attanaglia la nostra attenzione e alimenta molte preoccupazioni.  Sono diciannove, per ora, i film in concorso. A farla da padroni sono, ovviamente, i registi tedeschi con quattro produzioni (segnaliamo Le particelle elementari di Oskar Roehler tratto dal controverso romanzo di Michel Houellebecq) e altre tre coproduzioni. Il direttore Kosslick, al riguardo, ha sempre avuto idee chiare: Berlino è in primo luogo la vetrina del cinema di lingua tedesca. Poi, tra gli altri, il nuovo film di Robert Altman – che tra un mese a Los Angeles riceverà finalmente un meritatissimo Oscar alla carriera – Claude Chabrol per una vicenda, realmente accaduta in Francia, di scandali e di collusione tra giustizia e politica, il ritorno di Sidney Lumet con Find Me Guilty, storia del più lungo processo di mafia in America e The road to Guantanamo di Michael Winterbottom, titolo esplicito che affronta drammaticamente la detenzione di tre arabi di origine inglese nel tristemente noto carcere americano. Non mancherà l’attenzione rivolta verso l’Asia, assenti, invece, quest’anno le cinematografie di Paesi altre volte ben rappresentati, come l’America Latina e l’Africa, che proprio nella passata edizione ricevette a sorpresa, il riconoscimento massimo dell’Orso d’Oro con una divertente Carmen in versione nera. L’Italia entra in concorso soltanto con il già premiato in patria Romanzo criminale di Michele Placido, mentre Roberto Benigni porterà, nel giorno della chiusura del festival, il suo dolce e poetico La tigre e la neve. L’apertura ufficiale questa sera è in mano a Marc Evans con il dramma intimista Snow Cake, con Alan Rickman e Sigourney Weaver. E’ ambientato in Canada: un road-movie di amore e morte in cui un padre, colpito da un doppio lutto, compie un doloroso viaggio della memoria ed approda, infine, alla pace del cuore. Giuria presieduta da Charlotte Rampling, che assicura serietà e imparzialità di giudizio.

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24 ORE NEL MONDO

9 febbraio 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco –

 

In Pakistan, una processione sciita è stata sconvolta da un duplice attentato: due bombe sono esplose in rapida successione tra la folla di fedeli, accorsi per la festività sciita dell’Ashura, in una cittadina nord occidentale del Paese. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 31 morti. Tra le vittime ci sono anche alcuni sunniti uccisi durante disordini scoppiati subito dopo l’attacco. La tensione resta alta e dalle moschee si levano appelli alla calma. L’Ashura, che rievoca il martirio dell’imam Hussein, nipote di Maometto, è stata spesso funestata, in Pakistan, da sanguinosi attacchi contro la minoranza sciita. Le cerimonie per la festività dell’Ashura sono state segnate da episodi di violenza anche in Afghanistan: almeno tre persone sono rimaste uccise nella città di Herat, nell’ovest del Paese.

 

In Iraq, sono state adottate straordinarie misure di sicurezza per la festività dell’Ashura. Centinaia di migliaia di sciiti sono arrivati nella città santa di Kerbala per partecipare alle cerimonie. Sul terreno, intanto, resta alta la tensione: il comando americano ha reso noto, stamani, che nei giorni scorsi almeno tre militari statunitensi sono stati uccisi da ribelli nella turbolenta provincia di Al Anbar, roccaforte della guerriglia sunnita.

 

Una forte esplosione ha scosso poco fa la città di Istanbul. Lo ha reso noto l’agenzia turca Anadolu precisando che la deflagrazione ha provocato il ferimento di almeno 5 persone, tra cui 2 poliziotti. L’attentato è avvenuto nel quartiere di Bayram Pascià. Ennesimo scontro tra forze israeliane ed estremisti palestinesi nella Striscia di Gaza: i soldati dello Stato ebraico hanno ucciso due fondamentalisti che avevano attaccato un posto di controllo israeliano. Sempre nella Striscia di Gaza, uomini armati hanno rapito un diplomatico egiziano. Al momento, il sequestro non è stato rivendicato. Sul versante politico, il nuovo ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, ha lanciato ieri un nuovo appello alla comunità internazionale perchè isoli un governo formato da ministri del gruppo radicale Hamas. Il movimento estremista – ha ribadito il ministro durante la sua prima visita a Washington – deve rinunciare alla violenza, disarmare i militanti e riconoscere Israele.

 

Ad Haiti cresce l’attesa per i risultati delle legislative e delle presidenziali tenutesi martedì scorso. Per l’esito ufficiale delle consultazioni bisognerà attendere questa fine settimana, ma la stampa di Port-au-Prince già attribuisce la vittoria all’ex presidente René Preval. Il nostro servizio:

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René Preval, l’unico presidente della storia di Haiti ad avere portato a termine un mandato, è in netto vantaggio, potrebbe superare la soglia del 50 per cento e vincere le presidenziali al primo turno. Lo hanno dichiarato alcuni osservatori internazionali ad un’emittente cilena, ma il consiglio elettorale del Paese caraibico ha anche precisato che bisognerà attendere fino a sabato prossimo per conoscere i primi risultati ufficiali. René Preval, in passato alleato del presidente Aristide destituito con un golpe militare nel 2004, è sostenuto dalla maggioranza povera del Paese. Dal suo programma elettorale, sono emerse soprattutto tre priorità: lotta alla corruzione, miglioramento del sistema educativo e rafforzamento delle forze di sicurezza. I suoi principali rivali sono l’industriale Charles Baker, sostenuto dalla classe agiata, e l’ex capo di Stato, Leslie Manigat, appoggiato invece dal settore privato. All’attesa dei risultati definitivi si aggiungono, intanto, gli incoraggianti dati sull’affluenza: la partecipazione alle urne è stata molto alta - oltre il 70 per cento - e il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, si è congratulato con gli elettori di Haiti per il loro impegno a ristabilire  la democrazia. Ma le operazioni di voto, vigilate da oltre 200 osservatori internazionali e da circa 9 mila caschi blu delle Nazioni Unite, sono state caratterizzate anche da disordini costati la vita ad almeno due persone. La speranza è che queste elezioni, considerate un “passaggio obbligato verso una nuova era” dal vescovo ausiliare di Port-au-Prince, mons. Pierre Dumas, siano un primo passo per migliorare la critica situazione economica del Paese. La Chiesa haitiana si interroga, in particolare, sulla fase post -elettorale: la più grande sfida di Haiti, il paese più povero dell’America Latina, resta, infatti, la lotta contro la miseria. Attualmente, la disoccupazione supera il 60 per cento e la maggioranza degli 8 milioni e mezzo di abitanti vive con meno di due dollari al giorno.

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In Nepal, i primi risultati delle amministrative tenutesi ieri nel Paese danno in vantaggio i partiti sostenuti dal sovrano Gyanendra. Le elezioni sono state però caratterizzate da una bassa partecipazione alle urne: l’astensionismo è stato superiore all’80 per cento. Prima delle operazioni di voto, i ribelli maoisti e diverse formazioni politiche, in contrasto con la linea politica sostenuta dal re, avevano invitato gli elettori a boicottare la consultazione.

Preoccupazione ma non allarmismo per l’isolamento del virus dell’influenza aviaria in alcuni volatili domestici di un allevamento di Kaduna, in Nigeria. Si tratta del primo caso nel continente africano. Gli esperti temono la crescente diffusione del virus H5N1, il ceppo più letale per l’uomo, e invitano i governi a intensificare i programmi di sorveglianza. Registrati, intanto, altri casi di contagio nel mondo: una donna in Cina e due in Indonesia.

 

La polizia spagnola ha arrestato a Madrid l’ex ufficiale argentino, Ricardo Taddei, accusato di sequestri e torture durante la dittatura militare in Argentina. Taddei è accusato, in particolare, del rapimento di 161 persone interrogate nei cosiddetti Centri clandestini di detenzione alla fine degli anni Settanta.

 

Si allenta la tensione tra Ciad e Sudan grazie alla mediazione del governo libico: i due Paesi africani hanno firmato ieri un accordo che dovrebbe mettere fine allo stato di belligeranza, dichiarato qualche mese fa, dopo l’attacco di ribelli ciadiani. L’intesa prevede che Ciad e Sudan ristabiliscano normali relazioni diplomatiche e aprano i rispettivi consolati.

Tre persone sono morte per un tragico incidente, avvenuto nei pressi di Hannover, nel nord della Germania: un camion ha perso il controllo ed ha investito uno scuolabus. Nell’incidente sono rimaste ferite almeno 11 persone, tra le quali anche diversi bambini.

Negli Stati Uniti, un edificio del Congresso di Washington è stato evacuato ieri dopo il ritrovamento di una polvere sospetta. Gli esami effettuati dagli esperti, hanno escluso che si tratti di gas nervino, come sospettato in un primo momento. Per precauzione, circa 200 persone, tra le quali 8 senatori, avevano dovuto lasciare l’edificio.

 

 

 

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