RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 40 - Testo della trasmissione di giovedì 9 febbraio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Benedetto XVI visiterà la
Turchia dal 28 al 30 novembre prossimi
Il
Papa ha ricevuto stamane la moglie del presidente Bush. Poi
ha incontrato il cardinale Ruini, che domani celebrerà in San Giovanni in
Laterano i funerali di don Andrea Santoro. Pubblicata la lettera che il
sacerdote aveva inviato al Papa pochi giorni prima di essere ucciso
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Kenya: 3 milioni di persone in
pericolo di vita a causa della carestia
Si inaugura questa sera la
56.ma edizione del Festival del cinema di Berlino
Festività sciita dell’Ashura funestata da violenze in Pakistan e in Afghanistan: le vittime sono più di 30
Presidenziali ad Haiti: i primi risultati danno in vantaggio l’ex presidente René Preval
9
febbraio 2006
BENEDETTO
XVI ANDRA’ IN TURCHIA DAL 28 AL 30 NOVEMBRE PROSSIMI
E’ dunque ufficiale. La notizia è stata resa nota pochi
minuti fa dal direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls: il
Papa ha accettato l’invito del Presidente della Turchia Ahmet Necdet Sezer e
compirà una visita ufficiale in questo Paese dal 28 al 30 novembre prossimi. Il
portavoce vaticano ha affermato che sono in corso di definizione le modalità della
visita.
Lo scorso 30 novembre, Festa di
Sant’Andrea, patrono del Patriarcato di Costantinopoli, il Papa aveva inviato
un messaggio al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, in cui affermava che “la Chiesa cattolica è irrevocabilmente
impegnata a promuovere ogni iniziativa utile a rafforzare la carità, la
solidarietà e il dialogo teologico”. Il Pontefice aveva espresso la speranza
che si possa giungere ad una “comunione sempre più profonda per superare quegli
ostacoli che ancora rimangono”, al fine di “poter celebrare assieme la Santa
Eucaristia, sacrificio di Cristo per la vita del mondo”. Benedetto XVI nel
messaggio sottolineava il fatto che avrebbe voluto essere presente a Istanbul
già per la Festa patronale di Sant’Andrea del 2005.
BENEDETTO XVI INCONTRA IL CARDINALE RUINI, CHE
DOMANI CELEBRERA’
IN SAN GIOVANNI IN LATERANO I FUNERALI DI DON
ANDREA SANTORO. PUBBLICATA
LA LETTERA
CHE IL SACERDOTE AVEVA INVIATO AL PAPA POCHI GIORNI PRIMA
DI ESSERE UCCISO. TANTE LE PERSONE CHE STANNO RENDENDO
OMAGGIO ALLA SALMA DI DON ANDREA NELLA CHIESA DEI SANTI FABIANO E VENANZIO
Benedetto
XVI ha ricevuto stamane il cardinale
Camillo Ruini, suo vicario generale per la diocesi di Roma, che domani alle
10.00 nella Basilica di San Giovanni in Laterano presiederà la Messa esequiale
per don Andrea Santoro, ucciso domenica scorsa in Turchia mentre era raccolto
in preghiera nella sua chiesa a Trebisonda. Pochi giorni prima di essere
assassinato, don Andrea aveva inviato
una toccante lettera a Benedetto XVI. È stato lo stesso Pontefice a rivelarlo
ieri nel corso dell'udienza generale.
Una lettera semplice e profonda in cui il sacerdote, più che parlare di sé,
parla dei suoi poveri, anzi sono loro a parlare. Ripercorriamo i punti
principali della lettera in questo servizio di Sergio Centofanti:
**********
“Santità, le scrivo a nome di
alcune signore georgiane della mia parrocchia “Sancta Maria” a Trabzon
(Trebisonda) sul Mar Nero in Turchia. Me l’hanno dettata in turco, la traduco
come è uscita dalla loro bocca così gliela faccio avere in occasione della mia
venuta a Roma”. Inizia così la lettera
scritta al Papa da don Andrea Santoro, 5 giorni prima di essere ucciso.
“Il mio gregge – dice il sacerdote – è formato da 8/9 cattolici, i tanti
ortodossi della città e i musulmani che formano il 99 per cento della
popolazione”. Don Andrea riporta quindi quanto scrivono le sue tre parrocchiane
che invitano il Papa a Trebisonda:
“Caro Papa, a nome di tutti i georgiani la salutiamo. Da
Dio chiediamo per te salute nel nome di Gesù.
Siamo molto contenti che Dio ti ha scelto come Papa. Prega per noi, per
i poveri, per i miseri di tutto il mondo, per i bambini. Crediamo che le tue
preghiere arrivano dirette a Dio. I georgiani sono molto poveri, hanno debiti,
senza casa, senza lavoro. Siamo senza forze.
Viviamo in questo momento a Trabzon e lavoriamo. Tu prega che Dio ci
benedica e crei in noi un cuore nuovo e pulito. Noi non dimentichiamo la vita
cristiana e per i turchi cerchiamo di essere un buon esempio nel nome di Dio,
perché per mezzo nostro vedano e glorifichino Dio. Noi abbiamo molte cose da
dire e da raccontare ma, Inshallah, (se Dio vuole), se verrai a Trabzon potremo
parlare faccia a faccia. La tua venuta sarà una festa felice”.
“Santità – scrive don Andrea - mi
unisco a queste tre donne per invitarla davvero da noi. È un piccolo gregge,
come diceva Gesù, che cerca di essere sale, lievito e luce in questa terra. Una
sua visita, se pur rapida, sarebbe di consolazione e incoraggiamento. Se Dio
vuole ... a Dio niente è impossibile. La saluto e la ringrazio di tutto.
I suoi libri mi sono stati di nutrimento durante i miei studi di teologia. Mi
benedica. E che Dio benedica e assista anche lei”. Firmato don Andrea Santoro,
prete fidei donum.
E riascoltiamo le parole commosse
che Benedetto XVI ha pronunciato ieri, durante l’udienza generale, parlando di
questa lettera:
“Ho letto ieri sera, con
profonda commozione, questa lettera, che è uno specchio della sua anima
sacerdotale, del suo amore per Cristo e per gli uomini, del suo impegno proprio
anche per i piccoli … ha unito a questa lettera una lettera di donne della sua
parrocchia che mi invitano a venire e si rispecchia anche nella lettera di
queste donne lo zelo di fede e di amore che era vivo nel cuore di Don Andrea
Santoro. Il Signore accolga l’anima di questo silenzioso e coraggioso servitore
del Vangelo e faccia sì che il sacrificio della sua vita contribuisca alla
causa del dialogo fra le religioni e della pace tra i popoli.
**********
E stamani la salma di don Andrea
Santoro è giunta nella chiesa romana dei Santi Fabiano e Venanzio, dove il
sacerdote è stato parroco per diversi anni e dove è stata allestita la camera
ardente. Il servizio di Giancarlo La Vella:
**********
(musica e omelia)
“Volevamo invitarvi a fare di
questa giornata una giornata di preghiera, di ritiro, di deserto; ecco,
qualunque cosa facciamo oggi, facciamola veramente con quello spirito di
preghiera che don Andrea tante volte ci ha insegnato ad avere, anche nelle cose
quotidiane”.
Commozione, lacrime, composto
dolore, ma soprattutto preghiera e tanta riconoscenza per colui che ha guidato
la parrocchia romana dei Santi Fabiano e Venanzio dal 1994 al 2000. Con questi
sentimenti la gente, che ha affollato sin da stamattina la chiesa, ha voluto
essere vicino a don Andrea Santoro. Il feretro del sacerdote barbaramente
ucciso domenica scorsa a Trebisonda è stato posto al centro della navata
centrale e sin da stamani una lunga fila di fedeli e autorità ha voluto rendere
un omaggio sincero. Da ognuno una frase e un aneddoto particolare in ricordo
del parroco scomparso che sicuramente ha lasciato un segno profondo tra i suoi
parrocchiani:
R. –
Alla prima Messa a cui ho partecipato in questa parrocchia, alla fine della
celebrazione, lui fra le tante persone presenti si è diretto verso di me e si è
presentato. Mi ha detto: “Ciao, sono don Andrea”. Questa cosa mi ha colpito
molto, perché mi sono sentita subito a casa mia.
R. – Era veramente bello venire la
mattina presto e trovarlo che pregava in Chiesa e venire la sera tardi, alle
11.00, magari parcheggiando la macchina dopo essere uscito, a mezzanotte, e
trovarlo nella cappellina a pregare. Questa cosa mi ha sempre colpito. Don
Andrea ha sempre parlato al cuore delle persone. Era quasi impossibile non
ascoltarlo.
Una breve liturgia, a cui ha
assistito anche l’anziana madre Maria, ha aperto questa lunga giornata di
unanime cordoglio per la morte di chi ha fatto di questa parrocchia, inserita
nel quartiere Appio-Latino di Roma, uno dei più abitati e caotici della
capitale, dove spesso prevale l’indifferenza e la fretta, e che don Andrea ha
trasformato in un centro di aggregazione importante per molti e per tutti, da
parte sua, una parola ed un gesto d’affetto. Stasera alle 21.00 vi sarà una
veglia funebre e poi la chiesa rimarrà aperta sino alle ore 9.00 di domani
mattina, quando il corpo di don Andrea verrà traslato nella basilica di San
Giovanni in Laterano per l’ultimo saluto a chi ha vissuto la fede da martire in
una difficile missione in terra turca, sino all’estremo sacrificio.
(musica)
**********
Stamane il Papa ha ricevuto anche la Signora Laura Bush, consorte del Presidente degli Stati Uniti d’America, con il seguito. Quindi ha incontrato il
cardinale Edmund Casimir Szoka, presidente della Pontificia Commissione per lo
Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato dello Stato della
Città del Vaticano; e mons. Giuseppe Betori, segretario generale della
Conferenza Episcopale Italiana, che accompagnava il cardinale Camillo Ruini.
Nel pomeriggio il Pontefice riceverà il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto
della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.
In Austria, il Santo Padre ha
nominato ausiliare di Vienna mons. Franz Scharl, del clero della medesima
arcidiocesi, finora parroco della parrocchia “Risurrezione di Cristo” a Vienna
e decano del decanato Wien 4/5, assegnandogli la sede titolare vescovile di
Gerafi. Mons. Scharl è nato a Oberndorf (arcidiocesi di Salisburgo) il 5 marzo
1958 ed è stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1990.
APERTE
OGGI AD ADELAIDE, IN AUSTRALIA, LE CELEBRAZIONI
PER LA
GIORNATA MONDIALE DEL MALATO, SUL TEMA “SALUTE MENTALE
E
DIGNITA’ UMANA” L’INTERVENTO DEL CARDINALE LOZANO BARRAGÁN,
INVIATO
SPECIALE DEL PAPA
- A
cura di Roberta Gisotti -
Associare terapie appropriate ad
una sensibilità nuove di fronte al disagio psichico, “che colpisce ormai ai
nostri giorni un quinto dell’umanità e costituisce una vera emergenza
sociosanitaria”: questo il cuore del Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata
mondiale del malato, dedicata quest’anno al tema “Salute mentale e dignità
umana”. Oggi l’apertura delle celebrazioni nella città di Adelaide, in
Australia, con una cerimonia presieduta dall’arcivescovo Philp Edward Wilson,
alla presenza del cardinale Javier Lozano Barragán, inviato speciale del Papa.
Tre giorni di preghiera e studio sui diversi aspetti dottrinali e scientifici,
pastorali e liturgici della complessa materia: riflessioni che saranno
suggellate sabato 11 febbraio da una solenne Messa nella cattedrale di San
Francesco Saverio. La cronaca di questa prima giornata celebrativa nel servizio
di Gianluca Biccini, inviato dell’Osservatore Romano ad Adelaide:
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Nel mondo 450 milioni di persone
soffrono di disturbi psichici. Ha preso spunto da questo dato allarmante la
prolusione, che il cardinal Javier Lozano Barragán, inviato speciale del Santo
Padre alle celebrazioni per la 14.ma Giornata del malato, ha pronunciato questa
mattina da Adelaide, in Australia. Il Presidente del Pontificio Consiglio per
la Pastorale della Salute ha parlato al Convention Center, dinanzi a 400
rappresentanti della Chiesa per l’Oceania, esortando a riconoscere nel malato
mentale l’immagine fedele di Cristo crocifisso: “Per questo – ha detto – le
istituzioni e la società civile devono porre in atto un’energica azione
congiunta per la prevenzione e la cura del disagio psichico”. “Ogni creatura di
Dio – ha aggiunto il porporato – ha una
dignità che non può e che non deve essere mai disconosciuta”. La conferenza di
questa mattina sul tema “Salute mentale e dignità umana”, ha aperto la tre
giorni, organizzata dall’arcidiocesi di Adelaide. Domani è in programma la
giornata pastorale con le testimonianze di chi vive sulla propria pelle il
dramma del disagio psichico.
Da Adelaide, per la Radio
Vaticana, Gianluca Biccini.
**********
La realtà del disagio mentale
interpella i governi e la stessa Chiesa per offrire risposte. Come sottolinea
il Papa nel suo messaggio per la Giornata “in molti Paesi non esiste ancora una
legislazione in materia e in altri manca una politica adeguata”; da qui
l’appello di Benedetto XVI “a chinarsi con particolare sollecitudine” su quanti
soffrono problemi psichici. Ascoltiamo in proposito una dichiarazione
dell’arcivescovo di Adelaide, Philip Edward Wilson, al microfono di Catherine
Smibert, collega del Programma inglese:
**********
R.
– THE GOVERNMENTS ARE LOOKING VERY SERIOUSLY …
In questo momento i Governi stanno considerando molto
seriamente questi problemi e penso che la Chiesa abbia una grande responsabilità
nel presentare le questioni o nell’aumentare la consapevolezza della comunità e
nel portare la gente a pensare ai tipi di risposta che bisognerebbe dare come
comunità. Chi ha un problema mentale viene considerato, in un modo o nell’altro,
come chi ha un qualcosa di moralmente sbagliato in sé, o comunque un qualcosa
che non va. Niente di più lontano dalla realtà. Esattamente come qualsiasi
altra malattia o qualsiasi difetto, i problemi relativi alla salute mentale non
sono motivo per essere marchiati d’infamia o in modo negativo. Oggi viviamo in
un mondo in cui è possibile dare risposta a questi problemi ed aiutare la
gente. Questo significa che vi sono alcune cose di cui possiamo farci carico
personalmente; risposte che possiamo dare a livello personale o comunitario
nelle nostre parrocchie e così via. Ma, esistono evidentemente alcuni ambiti in
cui dobbiamo sostenere le politiche del settore pubblico dirette a fornire
un’assistenza sanitaria idonea ad affrontare questi problemi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina - Il commosso omaggio di migliaia di fedeli alla salma di don Andrea
Santoro nella parrocchia romana dei santi Fabiano e Venanzio.
In
ricordo di don Andrea un articolo di Alberto Manzoni dal titolo “Adorava la
Parola di Dio con lo sguardo aperto sul mondo”.
Servizio
vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in America.
Servizio
estero - In rilievo il Kenya, dove, a causa della siccità, tre milioni e mezzo
di persone sono alla fame.
Servizio
culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Quando lo spirito
leale e coraggioso trasforma l’atleta in una “perfetta macchina da
competizione”: alla vigilia delle Olimpiadi invernali aperta a Torino una
mostra sull’agonismo sportivo nell'arte greco-romana.
Servizio
italiano - In primo piano le elezioni. Appello dell’Associazione Nazionale
Magistrati: “Per il bene dello Stato basta con gli attacchi”.
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9 febbraio 2006
ANCORA MANIFESTAZIONI
NEL MONDO ISLAMICO CONTRO LE VIGNETTE
SATIRICHE SU MAOMETTO, MENTRE IL GIORNALE DANESE CHE
LE PUBBLICO’
PER PRIMO
CHIEDE SCUSA AI FEDELI MUSULMANI
- Ai nostri microfoni, Camille Eid -
Una lettera di
scuse “ai musulmani del mondo intero” per la pubblicazione delle 12 vignette
del profeta Maometto, firmata dal direttore del giornale danese Jyllands
Posten, è stata trasmessa dall’ambasciata di Danimarca ad Algeri ed è oggi
pubblicata da alcuni quotidiani algerini. Un gesto di buona volontà che non
basta però a placare le manifestazioni contro le caricature, ritenute offensive
dal mondo islamico. Uno dei leader dei Taleban, il mullah Dadullah, ha offerto
una ricompensa pari a 100 chilogrammi d’oro a chi ucciderà l'autore delle
caricature di Maometto. Stamani, invece, nell’ambito della festa sciita
dell’Ashura, a Beirut migliaia di persone hanno manifestato contro le vignette.
Proprio di questa manifestazione ci parla il giornalista libanese, Camille Eid,
esperto di questioni mediorientali del quotidiano Avvenire, intervistato
da Alessandro Gisotti:
**********
R. –
Oggi cade il culmine della ricorrenza della Ashura. Gli sciiti commemorano la
morte dell’imam Hussein nella battaglia di Karbala, nel 680. Ovviamente,
il segretario generale degli hezbollah, Nasrallah, ha colto questa occasione
religiosa per parlare anche delle vignette.
D. – Com’è che non accenna a
diminuire questa ondata?
R. – Un primo motivo sta nel fatto
che non accenna a diminuire nemmeno la ripresa di queste vignette da altri
giornali. Un altro motivo sta nel fatto che molti governi o regimi hanno
cavalcato questa ondata di proteste per cercare, o tentare, di reagire alle
pressioni internazionali. Qui faccio un’allusione diretta all’Iran e alla
Siria. L’Iran vive un momento di isolamento internazionale a causa del
nucleare. La Siria, idem, vive un isolamento dovuto all’indagine
sull’assassinio di Hariri, che compie il 14 febbraio prossimo il primo
anniversario. Quindi, l’una e l’altra nazione cercano di opporsi a queste
pressioni, cavalcando questa ondata popolare di rabbia per l’offesa a Maometto.
D. – Ecco, proprio in realtà come
la Siria e l’Iran, dove le manifestazioni hanno assunto i toni più violenti,
quanto sono dunque spontanee queste manifestazioni?
R. – Noi sappiamo che in questi
due Paesi non si muove foglia che il governo non voglia. Lo stesso vale per il
Libano, perché gli arrestati in seguito alle manifestazioni violente di
domenica scorsa a Beirut sono in gran parte siriani o palestinesi. La Siria ha
cercato di esportare il suo metodo di gestire le manifestazioni anche al Paese
vicino.
D. – Come stanno vivendo le
comunità cristiane questo momento difficile in una realtà come il Libano, che
ha conosciuto dei momenti terribili in un passato anche recente?
R. – Colgo un aspetto positivo,
perché il giorno dopo la manifestazione di Beirut si sono incontrati per la
prima volta il segretario generale degli hezbollah, Nasrallah, con il
leader del partito Formazione politica cristiana, il generale Aoun. Quindi,
abbiamo i due maggiori rappresentanti politici dell’islam sciita libanese e del
cristianesimo politico libanese che si incontrano e stipulano una specie di
accordo, un abbozzo di dialogo, a cui hanno invitato le altre comunità
religiose del Libano. Mi sembra, dunque, di cogliere un aspetto positivo per
sgonfiare questa tensione che domenica scorsa rischiava di scatenare nuovamente
degli incidenti a stampo confessionale in Libano.
D. – Ricordando
don Andrea Santoro, il Papa ha auspicato che il sacrificio della sua vita possa
contribuire alla causa del dialogo fra le religioni e della pace fra i popoli.
Quanto, questo messaggio di testimonianza di don Andrea Santoro, può
fruttificare?
R. – Più di quanto possiamo
immaginare. Noi, per esempio, ricordiamo ancora il sacrificio dei trappisti in
Algeria. Abbiamo decine e decine di martiri che sono caduti negli ultimi anni
in diversi Paesi islamici, proprio per difendere la possibilità di dialogo e
per dare una testimonianza di vita. Non sono missionari che alla prima parata
hanno abbandonato il Paese in cui vivevano per ritornare nei proprio Paesi.
Hanno detto: “Noi siamo qui per testimoniare la nostra amicizia, il nostro
amore verso di voi. Quindi, qui rimaniamo a condividere la vostra sorte, nel
bene e nel male”. Penso che qualche turco farà una riflessione dopo questa
testimonianza di amore che ha dato don Andrea Santoro.
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LA FIAMMA OLIMPICA ACCENDE TORINO. LA
CERIMONIA DI APERTURA SI TERRA’
DOMANI E LE GARE INIZIERANNO SABATO PROSSIMO,
NELLA FESTIVITA’ DELLA
MADONNA DI LOURDES
- Interviste con il cardinale Severino Poletto e con don Adriano
Bregolin -
Manca un solo giorno
all’apertura ufficiale delle Olimpiadi di Torino. Dopo 64 giorni di viaggio, la
Fiamma Olimpica è in città e una staffetta percorrerà i luoghi più
significativi del capoluogo piemontese prima della cerimonia inaugurale
prevista alle 19.00 di domani. Questo straordinario evento sportivo è seguito
con particolare partecipazione e interesse anche dalla Chiesa. Le gare, che
avranno inizio sabato mattina, si aprono sotto la protezione della Madonna di
Lourdes, la cui festa si celebra l’11 febbraio. Ascoltiamo in
proposito, al microfono di Luca Collodi, l’arcivescovo di Torino, cardinale
Severino Poletto:
**********
R. – Mi ha commosso il fatto che
questa sottolineatura l’abbia fatta una medaglia d’oro olimpica, Maurizio
Damilano, che ha vinto a Mosca la medaglia d’oro: è lui che, con la sua
cristallina fede, ha sottolineato come augurio finale: “Le Olimpiadi non
potranno non andar bene e non svolgersi nella serenità, proprio perché
cominciano l’11 febbraio. La cerimonia è il 10 sera, ma ufficialmente è l’11
febbraio, quindi nella festa dell’Apparizione della Madonna di Lourdes. E’ un
auspicio molto bello anche per noi di Torino che abbiamo nella Consolata la
nostra patrona, protettrice.
D. – Cardinale Poletto, che
rapporto c’è tra una manifestazione sportiva e i tanti Santi che ha la città di
Torino?
R. – Ricevendo ufficialmente i
rappresentanti dell’organizzazione olimpica, dissi proprio che Piergiorgio
Frassati, il nostro Beato, il Santo delle Beatitudini – come l’ha definito
Giovanni Paolo II, che l’ha beatificato nel 1990 –sarebbe stato felice di
essere qui con noi adesso, a vivere questo evento olimpico perché era
appassionato dello sport e della montagna. Io credo che lo sport e la montagna,
offrano un messaggio molto grande. Non solo quello sottolineato da tutti, della
fraternità, della pace, del dialogo tra le nazioni, ma anche e soprattutto
questo richiamo ai valori alti: la montagna, in fondo, anche nella Bibbia è
sempre il luogo dell’incontro dell’uomo con Dio.
D. – Torino è ricordata spesso per
essere una città “laica”. Le Olimpiadi sono un’occasione di fare comunità, per
vivere insieme, momento importante anche della vita dell’uomo, della persona …
R. – Direi che Torino è ricordata
come città “laica” da chi non la conosce bene, perché ha un suo particolare
aspetto. E poi ci sono persone anche di grande valore intellettuale, che si
professano laiche. Però la maggioranza, la stragrande maggioranza dei torinesi,
anche in campo intellettuale, sono cattolici. Torino è una città ricca di
Santi, di grande tradizione, ricca anche di inventiva, di laboriosità e si
capisce che forse nello stile piemontese c’è questo riserbo, questa non-voglia
di mettersi tanto in vetrina. Allora, le Olimpiadi sono un po’ una piccola
rampa di lancio; io mi auguro che faccia vedere il volto vero di una città che
ha grandi valori, che deve credere un po’ di più in se stessa.
**********
Il vicario generale dei salesiani,
don Adriano Bregolin, ha portato la fiaccola olimpica dal Cottolengo alla
Basilica di Maria Ausiliatrice, fondata da don Bosco. Ascoltiamo la sua
testimonianza raccolta sempre da Luca Collodi:
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R. –
Quando mi è stata fatta questa proposta, ho pensato immediatamente a come
avrebbe reagito don Bosco. Ho pensato che don Bosco avrebbe fatto molto
volentieri questa corsa proprio per coinvolgersi in un evento che è
principalmente un evento giovanile. Quindi, il mio desiderio, in questo
momento, è quello di rappresentare don Bosco stesso. Chi ama i giovani di oggi,
la gioventù di Torino, questi giovani atleti, certamente li incoraggerebbe a
dare il meglio di se stessi in quella che è l’espressione fisica delle loro
abilità, delle loro discipline sportive. Nello stesso tempo chiederebbe loro
l’eccellenza dei valori che sono legati allo sport e più profondamente alla
vita.
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APERTO
OGGI A ROMA IL XIV CONVEGNO NAZIONALE TEOLOGICO PASTORALE
PROMOSSO
DALL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI SUL TEMA:
LINGUAGGIO
E LINGUAGGI DEL PELLEGRINAGGIO
-
Intervista con mons. Liberio Andreatta -
Si è aperto oggi a Roma con la prolusione del cardinale Camillo Ruini il XIV Convegno teologico pastorale promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi, sul tema ‘Linguaggio e linguaggi del pellegrinaggio’. Il porporato ha detto che il pellegrino, per non confondersi con il turista, è chiamato a riscoprire il linguaggio del silenzio: solo in questo modo potrà imparare il linguaggio della preghiera che a sua volta diventa carità concreta verso il prossimo. Oggi l’Opera Romana conta oltre 395 Corrispondenti in Italia e all’estero. Si avvale di circa 900 sacerdoti per l’assistenza spirituale dei pellegrini e 400 animatori pastorali laici. All’amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi mons. Liberio Andreatta, Giovanni Peduto ha chiesto quale messaggio si vuole lanciare con il convegno di quest’anno:
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R. – Vogliamo far riflettere i
nostri operatori e gli assistenti spirituali, gli animatori laici, i promotori,
tutti coloro che sono impegnati nella pastorale del pellegrinaggio a rendersi
conto che il pellegrinaggio deve essere comunicato oggi con un linguaggio
comprensibile alla gente: il linguaggio del terzo millennio. Ecco perché il
titolo: “Linguaggio e linguaggi”, cioè come comunicare la salvezza dell’uomo,
come comunicare il Vangelo, come comunicare la grazia, con quali gesti, con
quali segni, con quali parole … Quindi, il pellegrinaggio poi per antonomasia è
un cammino dove parla la processione, parla lo stendardo, parla la candela,
parla una serie di gestualità. Noi vogliamo aiutare i nostri operatori a
spiegare, a far comprendere, a far vivere
in pienezza il cammino del pellegrinaggio, attraverso una serie e un
insieme di gesti e di segni.
D. – Quali sono le principali mete
dei pellegrini, oggi?
R. – Anzitutto, il pellegrinaggio
dei pellegrinaggi, a cui ogni cattolico, ogni cristiano non può sottrarsi, ed è
il pellegrinaggio in Terra Santa. Paolo VI diceva ai fedeli, ai cristiani:
almeno una volta nella vita, dobbiamo tornare a quelle che sono le sorgenti
della nostra fede, camminare sui passi dove ha camminato Gesù. Quello è il vero
santuario, perché lì la Madonna, il Signore non è che si sono manifestati: lì
sono proprio nati, vissuti, concretamente e realmente. Poi ci sono gli altri
santuari dove il Divino si è manifestato, dove la Vergine è apparsa, dove la
testimonianza di un martire diventa luogo e spazio di riflessione e di
conversione: allora ecco Lourdes, Fatima, Santiago de Compostela, Czestochowa …
questi sono i principali. In Italia, invece, abbiamo Loreto, Pompei, Padre Pio
da Pietrelcina, Assisi, Sant’Antonio di Padova, la Madonna di Montebelico, la
Madonna di Oropa … Abbiamo tutta una serie di santuari … pensiamo per esempio
in Sicilia anche alla Madonna delle Lacrime, dove le comunità cristiane si recano
ben volentieri ad incontrare prima di tutto il Signore dentro di loro, nella
misericordia della riconciliazione e del perdono, nel vivere insieme
ecclesialmente anche l’Eucaristia e quindi i pellegrinaggi sono momenti forti
della vita del cristiano. Se poi usciamo fuori dall’Europa, a parte tutti i
santuari della Terra Santa, dobbiamo ricordare
Nostra Signora d’Africa ad Algeri, Nostra Signora di Lujan in Argentina,
Nostra Signora di Aparecida in Brasile, Nostra Signora de la Altagracia nella
Repubblica Dominicana, Nostra Signora di Guadalupe in Messico, che è il
principale santuario di tutta l’America Latina, e quello dell’Immacolata
Concezione a Washington. In India abbiamo
Nostra Signora della Buona Salute a Vailankanni, dove si è tenuta pure
una Giornata mondiale del malato.
D. – Ritorniamo ancora alla Terra
Santa. Sta vivendo una crisi che ha fatto diminuire molto l’afflusso di
pellegrini: cosa può dirci in proposito?
R. – Ma, fortunatamente, posso
dire esattamente il contrario: questa è una bella notizia che credo faccia
piacere a tutte le comunità e a tutti coloro che ci ascoltano. Dopo l’Intifada
del 28 settembre del 2000, ci fu un’interruzione momentanea dei pellegrinaggi a
causa della destabilizzazione politica e sociale del territorio di questi due
Paesi. Nel 2001 abbiamo visto una lenta, proprio una fiammella, una lenta
ripresa dei più coraggiosi. Quindi, il 2001, il 2002 e il 2003 sono stati tre
anni di grande sofferenza, e abbiamo proposto un pellegrinaggio di solidarietà,
un pellegrinaggio dove andavamo a far visita alle comunità cristiane, ai nostri
fratelli ebrei, ai nostri fratelli dell’Islam, per incoraggiarli a non aver
paura, per incoraggiarli ad aver fiducia e speranza nella pace possibile. Il
2004 è stato l’anno che ha segnato l’inversione, la ripresa: la ripresa di
fiducia. Il 2005 è stato un anno straordinario:
abbiamo avuto circa 70 mila presenze di italiani. Questo è un grande segnale e
ci auguriamo che questo 2006 sia veramente l’anno in cui ogni diocesi, ogni
parrocchia, ogni cristiano si senta impegnato perché non c’è nessuna
difficoltà, non c’è nessun pericolo, si può andare serenamente, senza paura:
noi abbiamo i pellegrini che vanno e vengono, in questi giorni, abbiamo gruppi
giù e gruppi che stanno partendo. E quindi ci auguriamo veramente che la Terra
Santa non sia soltanto un museo di pietre archeologiche a cielo aperto, ma sia
ancora una volta una presenza viva di una Chiesa fatta di persone, quella
Chiesa di Gerusalemme che ha dato la fede a noi, alla Chiesa di Roma.
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9 febbraio 2006
GRANDE
PARTECIPAZIONE E COMMOZIONE IERI A BUJUMBURA AI FUNERALI
DI
PADRE ÉLIE KOMA, IL RELIGIOSO GESUITA UCCISO SABATO SCORSO
ALLA
PERIFERIA DELLA CAPITALE
BUJUMBURA. = Si sono svolti ieri
mattina a Bujumbura i funerali del padre gesuita Élie Koma, ucciso sabato
scorso in circostanze ancora non chiarite alla periferia della capitale
burundese Bujumbura. A presiedere la Messa, celebrata in lingua locale, è stato
il Presidente della Conferenza episcopale del Burundi, mons. Jean Ntagwarara.
Massiccia la presenza di sacerdoti e fedeli che hanno partecipato con grande
commozione alla cerimonia che si è svolta nella Cappella della Casa dei
Gesuiti. Ricordiamo che il Papa, in un telegramma inviato al nunzio apostolico
in Burundi, mons. Paul Richard Gallagher, a firma del cardinale segretario di
Stato Angelo Sodano, ha espresso il suo profondo cordoglio per l’uccisione del
religioso. Benedetto XVI ha reso
“grazie per l’opera compiuta da padre Koma al servizio della crescita
spirituale di tutte le persone che hanno beneficiato del suo apostolato”. Ha
espresso quindi la sua vicinanza ai familiari e alla Compagnia di Gesù, di cui
padre Koma faceva parte dal 1967. Il Papa ha lanciato un appello a quanti
“compiono ancora atti di violenza” perché rinuncino “definitivamente a questa
opera di morte per permettere a tutti gli abitanti del Paese di vivere nella
pace e nella sicurezza”. Padre Koma, aveva 59 anni, era stato ordinato
sacerdote nel 1980 e da 3 anni era il responsabile della chiesa dei Gesuiti di
Kamenge, uno dei quartieri più poveri di Bujumbura. (S.C.)
INDONESIA:
CONDANNATE A TRE ANNI DI DETENZIONE TRE INSEGNANTI
ACCUSATE
DI AVER CERCATO DI CONVERTIRE BAMBINI MUSULMANI
AL
CRISTIANESIMO
JAKARTA. = Respinto dalla Corte
suprema dell’Indonesia l’appello delle tre insegnanti cristiane accusate di
proselitismo. I giudici hanno confermato per Rebbeca Loanita, Etty Pangesti e
Ratna Mala Bangun la condanna a tre anni di detenzione. Lo riferisce, scrive
l’agenzia Asianews, l’organizzazione International Christian Concern
(Icc), secondo la quale il verdetto è stato emesso il 7 febbraio. Le tre
insegnanti lavoravano in una scuola domenicale nella loro comunità a Indramayu,
West Java. Il primo settembre dello scorso anno sono state condannate per
aver violato la legge di tutela dell’infanzia del 2002. Il Consiglio
indonesiano dei Mullah (Mui) le aveva accusate di aver cercato di convertire
bambini musulmani al cristianesimo. Nessun alunno che però, si è mai
convertito e tutti i bambini, inoltre, avevano il permesso dei genitori di
frequentare la scuola. Secondo attivisti per i diritti umani, il giudizio è
stato influenzato dalla continua presenza in aula di estremisti islamici. L’Icc,
inoltre, denuncia che durante il processo l’accusa si è servita di prove
false e che alcuni testimoni chiave non hanno potuto deporre di persona a
causa delle minacce del Mui. A questi inoltre sarebbero state attribuite
affermazioni manipolate ad arte, usate come prove contro le tre donne.
(T.C.)
PROMUOVERE
LO SVILUPPO E IL PROGRESSO DELL’INDIA
A
PARTIRE DALL’EDUCAZIONE:
È
QUANTO SUGGERISCE LA CONFERENZA EPISCOPALE INDIANA
IMPEGNATA
IN QUESTI GIORNI NELLA XXVII ASSEMBLEA PLENARIA BIENNALE
BANGALORE. = “La Chiesa in India è
stata una pioniera nel campo dell’educa-zione ed è arrivata dove altri non sono
riusciti”: con queste parole il cardinale Telesphore Toppo, presidente della
Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha presentato martedì i lavori della 27ª
Assemblea plenaria biennale dei vescovi indiani, iniziati ieri a Bangalore e
che si concluderanno il 15 febbraio. Al centro del dibattito, cui partecipano
160 vescovi di rito latino, siro-malabrese e siro-malankarese, “L’educazione cattolica e la preoccupazione
della Chiesa per gli emarginati”. Un tema a cui la Chiesa indiana è sempre
stata particolarmente sensibile e sul quale, ha spiegato il cardinale Toppo,
vuole richiamare l’attenzione del governo e di tutte le persone e
organizzazioni interessate “a promuovere lo sviluppo e il progresso del Paese.
“L’educazione può infatti cambiare le persone, le società e renderle più
vivibili”, ha sottolineato il porporato. L’Assemblea, ha concluso
l’arcivescovo, dovrà fare “una valutazione complessiva del sistema educativo
indiano per capire come miglioralo” e definire un piano di intervento che
risponda ai bisogni degli emarginati”. (T.C.)
KENYA:
3 MILIONI DI PERSONE IN PERICOLO DI VITA A CAUSA DELLA SICCITÀ.
LA
DENUNCIA IN UN RAPPORTO CONGIUNTO DEL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE (PAM) E DEL
GOVERNO LOCALE. L’ONU CHIEDE AIUTI
NAIROBI.=
Tre milioni di persone rischiano di morire in Kenya, a causa della siccità. A
rivelarlo, ieri, un comunicato congiunto del governo keniano e del Programma
Alimentare Mondiale (PAM). Le autorità locali e le Agenzie delle Nazioni Unite,
riferisce l’agenzia Fides, lanciano un appello per la raccolta di 230 milioni
di dollari da destinare alle popolazioni più a rischio del Nord-Est del Paese.
Il Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale (CIPSI) e
il Comitato di Collaborazione Medica (CCM), in una relazione sulla grave crisi
alimentare che interessa gli abitanti di Moyale in Kenya, affermano che
l’accesso all’acqua è un diritto fondamentale per la vita di ogni essere umano.
Gli effetti delle mancate piogge tra ottobre e dicembre sono disastrosi: gli
animali muoiono; il costo degli alimenti si fa sempre più elevato per la
scarsità delle provviste e si pensa ad un possibile esodo in massa di persone
spinte dalla fame e dalla volontà di cercare terre più fertili. Il presidente
keniano, Mwai Kibaki rivolgendosi alla comunità internazionale per chiederne
l’intervento, ha parlato di “disastro nazionale”. Sabina Tangerini, esponente
del CCM, in una testimonianza raccolta dalla stessa Agenzia Fides, ha
denunciato che nella terra dei Borana, la popolazione del distretto di Moyale,
non c’è più acqua e sono a rischio tanti progetti sanitari. (A.E.)
SI
INAUGURA QUESTA SERA LA 56A EDIZIONE DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO.
IL
DIRETTORE DIETER KOSSLICK ASSICURA UNA COMPETIZIONE DI ALTO LIVELLO
CHE
PRIVILEGIA OPERE LEGATE ALL’ATTUALITÀ POLITICA E SOCIALE
- A
cura di Luca Pellegrini -
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BERLINO. = Berlino rimane sempre
l’appuntamento nobile e serio tra le grandi kermesse cinematografiche.
Organizzato con cura, privo, fortunatamente, di polemiche, anche quest’anno
annovera grandi firme autoriali disseminate nelle diverse sezioni che
compongono, con intelligenza, il panorama festivaliero. Grande attesa per George
Clooney: con Syriana di
Stephen Gaghan aprirà semiufficialmente il festival, portandoci direttamente
nel vivo della grande crisi mediorientale che in questi giorni, per motivi
diversi, attanaglia la nostra attenzione e alimenta molte preoccupazioni. Sono diciannove, per ora, i film in concorso.
A farla da padroni sono, ovviamente, i registi tedeschi con quattro produzioni
(segnaliamo Le particelle elementari
di Oskar Roehler tratto dal controverso romanzo di Michel Houellebecq) e altre
tre coproduzioni. Il direttore Kosslick, al riguardo, ha sempre avuto idee
chiare: Berlino è in primo luogo la vetrina del cinema di lingua tedesca. Poi,
tra gli altri, il nuovo film di Robert Altman – che tra un mese a Los Angeles
riceverà finalmente un meritatissimo Oscar alla carriera – Claude Chabrol per
una vicenda, realmente accaduta in Francia, di scandali e di collusione tra
giustizia e politica, il ritorno di Sidney Lumet con Find Me Guilty, storia del più lungo
processo di mafia in America e The road
to Guantanamo di Michael Winterbottom, titolo esplicito che affronta
drammaticamente la detenzione di tre arabi di origine inglese nel tristemente
noto carcere americano. Non mancherà l’attenzione rivolta verso l’Asia,
assenti, invece, quest’anno le cinematografie di Paesi altre volte ben
rappresentati, come l’America Latina e l’Africa, che proprio nella passata
edizione ricevette a sorpresa, il riconoscimento massimo dell’Orso d’Oro con
una divertente Carmen in versione
nera. L’Italia entra in concorso soltanto con il già premiato in patria Romanzo criminale di Michele Placido,
mentre Roberto Benigni porterà, nel giorno della chiusura del festival, il suo
dolce e poetico La tigre e la neve. L’apertura
ufficiale questa sera è in mano a Marc Evans con il dramma intimista Snow Cake, con Alan Rickman e Sigourney Weaver.
E’ ambientato in Canada: un road-movie di amore e morte in cui un padre,
colpito da un doppio lutto, compie un doloroso viaggio della memoria ed approda,
infine, alla pace del cuore. Giuria presieduta da Charlotte Rampling, che
assicura serietà e imparzialità di giudizio.
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9 febbraio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco –
In Pakistan, una processione sciita è stata sconvolta da un duplice
attentato: due bombe sono esplose in rapida successione tra la folla di fedeli,
accorsi per la festività sciita dell’Ashura, in una cittadina nord occidentale
del Paese. Il bilancio, ancora provvisorio, è di almeno 31 morti. Tra le
vittime ci sono anche alcuni sunniti uccisi durante disordini scoppiati subito
dopo l’attacco. La tensione resta alta e dalle moschee si levano appelli alla
calma. L’Ashura, che rievoca il martirio dell’imam Hussein, nipote di Maometto,
è stata spesso funestata, in Pakistan, da sanguinosi attacchi contro la
minoranza sciita. Le cerimonie per la festività dell’Ashura sono state segnate
da episodi di violenza anche in Afghanistan: almeno tre persone sono rimaste
uccise nella città di Herat, nell’ovest del Paese.
In Iraq, sono state adottate straordinarie misure di sicurezza per la
festività dell’Ashura. Centinaia di migliaia di sciiti sono arrivati nella
città santa di Kerbala per partecipare alle cerimonie. Sul terreno, intanto,
resta alta la tensione: il comando americano ha reso noto, stamani, che nei
giorni scorsi almeno tre militari statunitensi sono stati uccisi da ribelli
nella turbolenta provincia di Al Anbar, roccaforte della guerriglia sunnita.
Una forte esplosione ha scosso
poco fa la città di Istanbul. Lo ha reso noto l’agenzia turca Anadolu
precisando che la deflagrazione ha provocato il ferimento di almeno 5 persone,
tra cui 2 poliziotti. L’attentato è avvenuto nel quartiere di Bayram Pascià.
Ennesimo scontro tra forze israeliane ed estremisti palestinesi nella Striscia
di Gaza: i soldati dello Stato ebraico hanno ucciso due fondamentalisti che
avevano attaccato un posto di controllo israeliano. Sempre nella Striscia di
Gaza, uomini armati hanno rapito un diplomatico egiziano. Al momento, il
sequestro non è stato rivendicato. Sul versante politico, il nuovo ministro
degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, ha lanciato ieri un nuovo appello alla
comunità internazionale perchè isoli un governo formato da ministri del gruppo
radicale Hamas. Il movimento estremista – ha ribadito il ministro durante la
sua prima visita a Washington – deve rinunciare alla violenza, disarmare i
militanti e riconoscere Israele.
Ad Haiti cresce l’attesa per i risultati
delle legislative e delle presidenziali tenutesi martedì scorso. Per l’esito
ufficiale delle consultazioni bisognerà attendere questa fine settimana, ma la
stampa di Port-au-Prince già attribuisce la vittoria all’ex presidente René Preval. Il
nostro servizio:
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René Preval, l’unico presidente della storia di Haiti ad avere portato
a termine un mandato, è in netto vantaggio, potrebbe superare la soglia del 50
per cento e vincere le presidenziali al primo turno. Lo hanno dichiarato alcuni
osservatori internazionali ad un’emittente cilena, ma il consiglio elettorale
del Paese caraibico ha anche precisato che bisognerà attendere fino a sabato
prossimo per conoscere i primi risultati ufficiali. René Preval, in passato
alleato del presidente Aristide destituito con un golpe militare nel 2004, è sostenuto
dalla maggioranza povera del Paese. Dal suo programma elettorale, sono emerse
soprattutto tre priorità: lotta alla corruzione, miglioramento del sistema
educativo e rafforzamento delle forze di sicurezza. I suoi principali rivali
sono l’industriale Charles Baker, sostenuto dalla classe agiata, e l’ex capo di
Stato, Leslie Manigat, appoggiato invece dal settore privato. All’attesa dei
risultati definitivi si aggiungono, intanto, gli incoraggianti dati
sull’affluenza: la partecipazione alle urne è stata molto alta - oltre il 70
per cento - e il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, si è congratulato
con gli elettori di Haiti per il loro impegno a ristabilire la democrazia. Ma le operazioni di voto,
vigilate da oltre 200 osservatori internazionali e da circa 9 mila caschi blu
delle Nazioni Unite, sono state caratterizzate anche da disordini costati la
vita ad almeno due persone. La speranza è che queste elezioni, considerate un
“passaggio obbligato verso una nuova era” dal vescovo ausiliare di Port-au-Prince,
mons. Pierre Dumas, siano un primo passo per migliorare la critica situazione
economica del Paese. La Chiesa haitiana si interroga, in particolare, sulla
fase post -elettorale: la più grande sfida di Haiti, il paese più povero
dell’America Latina, resta, infatti, la lotta contro la miseria. Attualmente,
la disoccupazione supera il 60 per cento e la maggioranza degli 8 milioni e
mezzo di abitanti vive con meno di due dollari al giorno.
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In Nepal, i primi risultati delle
amministrative tenutesi ieri nel Paese danno in vantaggio i partiti sostenuti
dal sovrano Gyanendra. Le elezioni sono state però caratterizzate da una bassa
partecipazione alle urne: l’astensionismo è stato superiore all’80 per cento.
Prima delle operazioni di voto, i ribelli maoisti e diverse formazioni
politiche, in contrasto con la linea politica sostenuta dal re, avevano
invitato gli elettori a boicottare la consultazione.
Preoccupazione ma non allarmismo per l’isolamento del virus
dell’influenza aviaria in alcuni volatili domestici di un allevamento di
Kaduna, in Nigeria. Si tratta del primo caso nel continente africano. Gli
esperti temono la crescente diffusione del virus H5N1, il ceppo più letale per
l’uomo, e invitano i governi a intensificare i programmi di sorveglianza.
Registrati, intanto, altri casi di contagio nel mondo: una donna in Cina e due
in Indonesia.
La polizia spagnola ha arrestato a Madrid l’ex ufficiale
argentino, Ricardo Taddei, accusato di sequestri e torture durante la dittatura
militare in Argentina. Taddei è accusato, in particolare, del rapimento di 161
persone interrogate nei cosiddetti Centri clandestini di detenzione alla fine
degli anni Settanta.
Si
allenta la tensione tra Ciad e Sudan grazie alla mediazione del governo libico:
i due Paesi africani hanno firmato ieri un accordo che dovrebbe mettere fine
allo stato di belligeranza, dichiarato qualche mese fa, dopo l’attacco di
ribelli ciadiani. L’intesa prevede che Ciad e Sudan ristabiliscano normali
relazioni diplomatiche e aprano i rispettivi consolati.
Tre persone sono morte per un
tragico incidente, avvenuto nei pressi di Hannover, nel nord della Germania: un
camion ha perso il controllo ed ha investito uno scuolabus. Nell’incidente
sono rimaste ferite almeno 11 persone, tra le quali anche diversi bambini.
Negli Stati Uniti, un edificio del
Congresso di Washington è stato evacuato ieri dopo il ritrovamento di una
polvere sospetta. Gli esami effettuati dagli esperti, hanno escluso che si
tratti di gas nervino, come sospettato in un primo momento. Per precauzione,
circa 200 persone, tra le quali 8 senatori, avevano dovuto lasciare l’edificio.
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