RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n.
38 - Testo della trasmissione di martedì 7 febbraio 2006
IL
PAPA E
OGGI IN
PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Dopo 20 anni di esilio è iniziato il ritorno dei rifugiati
sudanesi dalla Repubblica Centrafricana
Bolivia: comincia oggi le sue trasmissioni “Radio
Atipiri”, la prima emittente in lingua aymara
In Afghanistan almeno 13 morti per un attentato rivendicato dai
Talebani
L’Iran sospende ogni
forma di cooperazione con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica
7
febbraio 2006
IL CORDOGLIO
DEL PAPA PER L’UCCISIONE DI UN PADRE GESUITA BURUNDESE.
BENEDETTO XVI LANCIA UN APPELLO A
RINUNCIARE DEFINITIVAMENTE ALLA VIOLENZA PERCHE’ IL BURUNDI POSSA RITROVARE LA
PACE
- Intervista con mons. Paul Richard
Gallagher -
Dopo la tragica morte di don Andrea
Santoro un altro fatto di sangue ha colpito la Chiesa cattolica. Sabato scorso
è stato ucciso, in circostanze ancora
non chiarite alla periferia di Bujumbura,
un padre gesuita burundese. Si tratta di padre Élie Koma, di 59 anni,
religioso ben conosciuto come direttore
di esercizi spirituali. La notizia è stata resa nota ieri. Il Papa, in un telegramma inviato al nunzio
apostolico in Burundi, mons. Paul Richard Gallagher, a firma del cardinale
Angelo Sodano, esprime il suo profondo cordoglio per l’uccisione del religioso. Ce ne parla Sergio Centofanti:
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Benedetto XVI “rende grazie per l’opera
compiuta da padre Koma al servizio della crescita spirituale di tutte le
persone che hanno beneficiato del suo apostolato”. Esprime quindi la sua
vicinanza ai familiari e alla Compagnia di Gesù, di cui padre Koma faceva parte
dal 1967. Il Papa lancia infine un appello a quanti “compiono ancora atti di
violenza” perché rinuncino “definitivamente a questa opera di morte per
permettere a tutti gli abitanti del Paese di vivere nella pace e nella
sicurezza”. Padre Koma era stato ordinato sacerdote nel 1980 e da 3 anni era il
responsabile della chiesa dei Gesuiti di Kamenge, uno dei quartieri più poveri
di Bujumbura. I funerali si svolgeranno domani a Bujumbura e saranno
presieduti dal presidente della
Conferenza episcopale burundese mons. Jean Ntagwarara. Ma sulla figura di padre
Élie Koma ascoltiamo il nunzio apostolico in Burundi mons. Gallagher che
conosceva molto bene il padre gesuita ucciso:
R. –
Padre Koma ha svolto per parecchi anni il suo ministero al Liceo dello Spirito
Santo della Compagnia qui, a Bujumbura, dove lui si dedicava molto alla predicazione
dei ritiri spirituali, soprattutto per le religiose, si occupava anche dei Movimenti
mariani del Paese. Un uomo pieno di attività, di zelo, veramente una persona di
cui si sente la perdita, una persona che svolgeva un grande apostolato, e
cercava di fare tutto per tutti …
D. – Padre Koma è stato ucciso
in circostanze ancora poco chiare …
R. - … non perfettamente
chiarite. Ma da quello che ho capito io, sembra che il padre accompagnasse
alcune persone a casa, passando davanti ad un bar
proprio quando c’era appena
stato un gravissimo delitto: un militare era stato assassinato e si crede che
padre Koma sia stato ucciso per eliminare un testimone del delitto.
D. – Qual è la situazione, oggi,
del Burundi?
R. – La situazione del Burundi è una situazione di speranza dopo tanti
anni di guerra civile. Nel 2005 ci sono state le elezioni, è stato un anno di
grande attività politica, adesso abbiamo un governo democratico, e questo nuovo
governo inizia a lanciare i suoi nuovi progetti. Purtroppo, esiste ancora un
gruppo di ribelli che si fa sentire intorno alla capitale, e poi c’è anche il
pericolo di una grave carestia a Nord e ad Est del Paese, dove le piogge
quest’anno sono state molto irregolari, per cui per il secondo anno di seguito
le popolazioni del Nord soffrono di una seria scarsità alimentare.
D. – Il processo di
riconciliazione nazionale sta dunque andando avanti?
R. – Questa è una cosa che sta
andando avanti e andrà avanti ancora a lungo, è qualcosa che si realizzerà –
credo – nei prossimi decenni, forse ci vorranno generazioni … E la Chiesa ha
testimoniato, il clero, i tanti fedeli laici, anche con la vita la necessità
dell’amore cristiano, resistendo alla tentazione di rendere questo conflitto un
conflitto etnico. La Chiesa qui si impegna sempre di più per essere testimone
della fede che abbiamo in Gesù Cristo; è anche testimonianza di una Chiesa che
soffre, insieme con un popolo che soffre.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina - In Italia le
spoglie di don Andrea Santoro, eroico testimone di dialogo: il feretro è giunto
all'aeroporto di Ciampino accolto dal Cardinale Camillo Ruini. Il cordoglio del
Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Servizio vaticano -
Dichiarazione della Conferenza Episcopale Polacca sulla risoluzione del
Parlamento europeo riguardante la omofobia.
Servizio estero - Cordoglio del
Papa per un sacerdote assassinato in Burundi.
Iraq: la difesa di Saddam Hussein sospende i contatti con
il Tribunale speciale.
Servizio culturale - Un
articolo di Ferdinando Montuschi dal titolo "Quando il pessimismo arriva
al punto di deformare ogni pensiero": la difficile esperienza sul
"farsi prossimo".
Per l' "Osservatore
libri" un articolo di Claudio Toscani da titolo "Un simbolismo
ricco di rifrangenze metafisiche": tutta la produzione poetica di William
Butler Yeats nei Meridiani.
Servizio italiano - La Veglia
di preghiera della Comunità di Sant'Egidio - nella Basilica di Santa Maria
in Trastevere - in ricordo di don Andrea Santoro.
In rilievo il tema della par
condicio.
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7 febbraio 2006
GIUNTA
IN ITALIA DALLA TURCHIA LA SALMA DI DON ANDREA SANTORO.
ARRESTATO
IL GIOVANE ASSASSINO DEL MISSIONARIO:
LE
VIGNETTE SU MAOMETTO ALL’ORIGINE DELL’OMICIDIO.
-
Interviste con mons. Antonio Lucibello e don Marco Vianello -
“La sua
è stata una testimonianza eroica”. E’ quanto affermato dal cardinale vicario Camillo
Ruini, dopo aver benedetto la salma di don Andrea Santoro, giunta poco dopo le
11 all’aeroporto di Ciampino. E poche ore prima dell’arrivo del feretro, è
stato arrestato il giovane che domenica ha assassinato don Andrea nella sua
chiesa di Trebisonda, in Turchia. Il sedicenne – ha riferito la televisione
turca Ntv - avrebbe confessato di aver agito sull'onda della rabbia per le
vignette satiriche su Maometto. Sulla situazione dei rapporti tra comunità
cristiana e musulmana in Turchia, la riflessione del nunzio apostolico in Turchia,
mons. Antonio Lucibello, raggiunto telefonicamente ad Ankara da Fabio Colagrande:
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R. –
Fino ad ora è stato sempre ispirato da un rispettoso rapporto ed ispirato ad un
dialogo. E da parte nostra, ed anche da parte degli ambienti locali, il dialogo
viene sempre curato e promosso.
D. – In che contesto avveniva la missione di don Andrea?
R. – La zona
certamente non è facile, perché la presenza cristiana e cattolica è molto ridotta.
In pratica, non c’era una tradizione, un ambiente favorevole. D’altra parte,
però, lo spirito con il quale era venuto qui don Andrea era proprio quello
ispirato a questo bisogno che lui sentiva di un dialogo fluido con le altre
espressioni di fede qui presenti.
D. – Il Papa esprime la sua particolare vicinanza alla
comunità cristiana della Turchia. Quanto è importante questa vicinanza del
Papa?
R. – E’ molto importante, perché in definitiva in questo
messaggio di solidarietà c’è il nucleo della grande ispirazione che deve avere
qui la piccola comunità cristiano-cattolica nel suo rapporto con il mondo
musulmano.
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E proprio nel
ricordo di don Santoro si è aperta a Lignano Sabbiadoro, la prima giornata dei
lavori del IX convegno nazionale di pastorale giovanile della CEI. Venerdì 9
febbraio, invece, si terrà ad Istanbul l'assemblea dell’episcopato turco. Si
discuterà su quali iniziative intraprendere dopo la tragica uccisione di don
Andrea. Sulla figura del sacerdote ucciso in Turchia, la testimonianza di don
Marco Vianello, viceparroco della chiesa dei Santi Fabiano e Venanzio, dove don
Andrea era stato parroco dal 1994 al 2000. Testimonianza raccolta da Fabio Colagrande:
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Un prete molto attivo, entusiasta del suo ministero,
capace di coagulare intorno a sé tante persone, tante realtà ecclesiali.
Sicuramente, dunque, una testimonianza molto bella e molto costruttiva per me,
che al tempo ero un prete abbastanza giovane. Abbiamo condiviso questa passione
per il Medio Oriente in genere, per la Terra Santa e per la Turchia: la missione
che si accingeva a svolgere, per la quale si è preparato e per la quale, secondo
me, era particolarmente portato, essendo fortemente sensibile ai temi del
dialogo interreligioso. Un uomo capace di dialogo aperto, franco e anche molto
rispettoso. Io credo che al di là di quello che è successo, e di come è
successo, credo ci sia la testimonianza di un sacerdote della Chiesa di Roma,
che ha pensato importante che la Chiesa di Roma fosse presente nelle Chiese
dell’Asia minore. Era lì per sostenere l’impegno di tanti cristiani. Credo
fosse consapevole che in quelle zone si rischia la vita. Non l’ho mai visto
particolarmente preoccupato per questo. Non è che si lasciasse molto intimorire
in genere. Credo che abbia incontrato la morte nel modo in cui lui stesso avrebbe
voluto morire: sul campo, pregando, in Chiesa, in contatto con queste persone,
con questo mondo così vario come quello della Turchia.
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NON SI
FERMA LA PROTESTA ISLAMICA CONTRO LE VIGNETTE BLASFEME.
QUATTRO MORTI IN AFGHANISTAN
- Intervista con padre Samir
Khalìl Samir -
L’eco
negativa delle vignette caricaturali su Maometto pubblicate a più riprese da
diversi giornali di Paesi occidentali e ritenute blasfeme dal mondo islamico,
si allarga a cerchi concentrici e sfugge al controllo delle ordinarie vie
diplomatiche. Il servizio di Roberta Gisotti.
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Un
drammatico effetto domino di proteste, ritorsioni e violenze, che al momento
nessun sembra essere in grado di bloccare, riportando la questione in un ambito
di moderazione, dialogo, buon senso. E si contano già diverse vittime di questa
ondata di rabbia e inquietudine che sta percorrendo il mondo islamico. Stamane
l’assalto in Afghanistan ad un campo norvegese della Forza internazionale della
NATO, a Maymana, nel nord ovest del Paese:
quattro i morti che si aggiungono ad almeno altri quattro ieri durante
analoghe manifestazioni. Altri attacchi oggi alle postazioni militari italiane
ad Herat e a Kabul, dove è stata coinvolta anche l’ambasciata italiana, e così
anche ieri quella danese, evacuata, e quella norvegese. Nuovo tentativo in
massa stamane di penetrare nell’ambasciata danese - assaltata ieri sera insieme
a quella austriaca - a Teheran, dove però – un segnale positivo - il governo si
è impegnato a difendere le sedi diplomatiche ma ha pure deciso di sospendere da
oggi tutti gli accordi commerciali con la Danimarca, considerato che l’Iran
ogni anno importa merci per 280 milioni di dollari da questo Paese. Disordini
pure in Algeria, Indonesia e Iraq, dove dimostranti sciiti hanno chiesto una Fatwa,
così anche sassi sono stati lanciati contro la sede dell’Unione Europea a Gaza;
e un ragazzo di 14 anni è stato ucciso dalla Polizia in Somalia per sedare atti
violenti contro uffici di organizzazioni internazionali, a Bosaso. Rischiano
intanto fino a tre anni di carcere i due direttori di settimanali giordani, che
hanno pubblicato le vignette, arrestati di nuovo dopo il rilascio domenica
scorsa che aveva suscitato proteste in Parlamento. Chiuso anche il settimanale al Hurya, nello Yemen, che pure le aveva
pubblicate, e ordinato l’arresto di editore e direttore; mentre oggi 5 mila
studenti yemeniti sono scesi in piazza a Sanaa, marciando fin sotto gli Uffici
dell’ONU. Sulla vicenda è intervenuto il Giappone, che comprende – ha detto il
portavoce degli Esteri – il risentimento del mondo arabo, ma non giustifica
reazioni violente e vandalismi. Tra le reazioni dei leader, il presidente del
Consiglio italiano Berlusconi ha invitato al dialogo: “guai se si arrivasse –
ha detto – ad un scontro di civiltà”.
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Si susseguono intanto i commenti di
opinionisti di ogni credo religioso e formazione culturale, in ogni latitudine,
per interpretare la vicenda e riportarla nei termini della ragione, offrendo
risposte ai tanti perché di quanto sta accadendo. Ascoltiamo il commento del
padre gesuita Samir Khalil Samir, egiziano, docente di storia della cultura araba
e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto
orientale. L’intervista è di Fabio Colagrande.
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R. – Il mondo musulmano - al quale personalmente
appartengo - ha questa idea, che l’Occidente è il nemico che cerca di aggredire
il mondo islamico, il quale si sente vittima dell’Occidente: a causa del potere
dell’Occidente, a causa di tutto ciò che viviamo dall’11 settembre in poi, ma
anche prima c’era questo. E questo è un punto grave perché, da una parte
l’Occidente per un kamikaze generalizza e dice “i musulmani”, e il mondo musulmano,
per un fatto privato, dice “l’Occidente”. E questo può diventare causa di
conflitti gravi a livello internazionale, e perciò si deve precisare di nuovo e
dire: ciò che è successo in questi giornali è un fatto di questi giornali,
punto e basta. Non si tratta dei governi, ma dei giornali, sì. D’altra parte,
noi stessi dovremmo imparare a distinguere tra il privato e il pubblico, la
religione e la politica.
D. – Padre Samir, cosa deve imparare l’Occidente da questa
vicenda?
R. – Il sentimento religioso è ciò che è più profondo
nella natura umana, nella maggioranza dell’umanità. Forse in Occidente si è
perso il senso religioso, ma da noi – cristiani orientali o musulmani – è
toccare qualcosa di essenziale. Allora questa potrebbe essere l’occasione per
riflettere sui limiti della libertà di espansione, e non per fare un’eccezione
per i musulmani – sarei contrario – ma per tutte le religioni: il fenomeno
religioso dev’essere trattato con tatto, con discrezione, con discernimento per
non suscitare ‘incendi’.
D. – E quale può essere, invece, la lezione per i Paesi
arabi?
R. – Noi arabi dobbiamo imparare che la libertà di stampa
è una realtà e che non si può rigettarla neppure in nome della religione!
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ELEZIONI
LEGISLATIVE E PRESIDENZIALI AD HAITI DOPO QUASI DUE ANNI
DI
GOVERNO DI TRANSIZIONE IN SEGUITO ALLA RIVOLTA POPOLARE
CONTRO L’EX PRESIDENTE JEAN BERTRAND ARISTIDE
-
Intervista con Joanny De Matteis -
Aperti i seggi ad Haiti per le elezioni legislative e
presidenziali. Si tratta delle prime consultazioni dopo la sanguinosa rivolta
di due anni fa che ha rovesciato il regime dell’allora capo di Stato Aristide,
attualmente in esilio in Sudafrica. Tra le decine di candidati per la più alta
carica del Paese, i sondaggi danno in vantaggio l’ex presidente, Renè Preval.
Il servizio di Maurizio Salvi:
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Dopo quattro rinvii, è giunto
il giorno della verità a Port-au-Prince, dove la tensione è alta: c’è chi è
convinto che nell’ombra si siano organizzate forze interessate a bloccare il
processo elettorale. Ma questo appuntamento con il voto - sostengono i
responsabili della MINUSTAH, la missione dell’ONU per la stabilizzazione di
Haiti - non può fallire, perché proprio in questi giorni scade il mandato del
governo provvisorio guidato dal premier Gerard Latortue e un eventuale fallimento
getterebbe il Paese nel caos. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Juan
Gabriel Valdez, ha anticipato che nel caso di un fallimento del voto, Haiti
sarebbe posta sotto un protettorato internazionale. L’inviato dell’ONU ha anche
precisato che in ogni caso i Caschi Blu dovrebbero restare per altri due, forse
tre anni, per permettere al nuovo governo di trovare una formula che ridia
speranza ad una società vittima di una povertà estrema e di una violenza senza
fine. Fra le decine di candidati di tutte le origini ed esperienze politiche e
militari, l’unico che sembra potersi imporre è l’ex presidente della
Repubblica, René Preval, un tempo molto vicino all’ex presidente, Jean-Bertrand
Aristide. Gli osservatori sono convinti che una vittoria di Preval riaprirebbe
le porte di Haiti all’ex capo dello Stato, che in queste settimane è rimasto
silenzioso nel suo esilio sudafricano.
Dall’America Latina, Maurizio
Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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Ma quale atmosfera si respira in queste ore ad Haiti?
Lucas Duran lo ha chiesto a Joanny De Matteis, viceconsole onorario italiano a
Port-Au-Prince:
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R. – L’atmosfera a Port-au-Prince è piuttosto tranquilla.
Ci sono ancora lunghe file di persone in attesa delle loro carte elettorali.
Sono iscritte tre milioni e mezzo di persone per questa consultazione e si
pensa che ci sarà un’affluenza di almeno il 50-60 per cento.
D. – Ci sono già dei sondaggi che fanno pensare al
prevalere di uno dei candidati...
R. – I due candidati che andranno sicuramente al
ballottaggio, se il primo turno non sarà sufficiente a decretare il nuovo capo
di Stato, saranno l’ex presidente Préval e, il volto nuovo della politica
haitiana, Charles Baker.
D. – In generale, proprio queste ultime ore prima del
voto, sono state contraddistinte da una situazione dominata da violenze e
timori, oppure tutto è effettivamente molto tranquillo?
R. – Due-tre settimane fa si è registrata una nuova ondata
di rapimenti. Il capo della delegazione dell’ONU ha confermato che questi
sequestri sono avvenuti per sostenere economicamente uno o due partiti
politici. Alcuni gruppi, secondo diversi osservatori, si sono auto-finanziati
con il denaro del riscatto …
D. – In particolare, nelle bidonville – la più nota di
tutte è Cité Soleil – qual è la situazione?
R. – Il problema è che per poter permettere a questo
elettorato di votare, sono stati spostati i seggi elettorali alla periferia di
Port-au-Prince; anche appartenenti a “gang” iscritti nelle liste elettorali,
difficilmente potranno votare. Su di loro pendono, infatti, mandati di arresto
e una volta identificati, difficilmente potrebbero uscire dalla bidonville per
andare a votare …
D. – Lei conosce bene Haiti: qual è la sua sensazione
rispetto a queste elezioni? C’è davvero la possibilità che si arrivi ad un
cambiamento, nel Paese?
R. – Sì. La speranza c’è. Il capo dell’opposizione Andy
Apaid ha definito queste elezioni “fondatrici”. Credo, quindi, che ci sarà una
svolta. C’è la speranza che ci sia un cambiamento effettivo.
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IN ITALIA,
SECONDO UNA RICERCA, 7 GIOVANI SU 10 SI DICHIARANO CATTOLICI
- Intervista con mons. Domenico
Sigalini -
Oltre 10 milioni di giovani italiani si
dichiarano cattolici, ma pochi partecipano abitualmente alle funzioni
religiose. E’ il dato che emerge dalla ricerca “Come i giovani italiani vivono
il rapporto con la religione”, promossa dal COP, il Centro Orientamento pastorale,
realizzata dall’Istituto IARD e presentata ieri mattina nella sede della nostra
emittente. Evidente l’importanza della figure femminili interne alla famiglia
nella trasmissione della fede. Un aspetto, quest’ultimo, ricordato anche
domenica da Benedetto XVI nella visita alla parrocchia di Sant’Anna. Il
servizio è di Paolo Ondarza.
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Il 70% dei
giovani in Italia si dice cattolico. Vanno a Messa tutte le settimane soprattutto
i giovanissimi di 15-17 anni. Molto diffusa la preghiera individuale: un
giovane su cinque prega tutti i giorni, uno su tre solo a volte, uno su quattro
dice di non pregare mai. Secondo i dati IARD raccolti su un campione di 3mila
giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, il 73% delle giovani donne si
dichiara cattolico, contro il 66% dei maschi. La percentuale più alta spetta al
Sud, quella più bassa al centro Italia. Resta la famiglia, l’ambito della
trasmissione della fede: le prime catechiste sono infatti mamme e nonne.
Un dato che
fa eco alle parole pronunciate dal Papa nella vista alla parrocchia di
Sant’Anna in Vaticano:
“Le donne sono le
prime portatrici della parola di Dio, sono vere evangeliste”.
Secondo il
rapporto, ai molti giovani – “cattolici per tradizione” – si contrappone il
gruppo dei cattolici praticanti, per i quali la definizione di cristiano
comporta precise e coraggiose scelte di vita. Un panorama piuttosto variegato,
dunque, che fa intravedere tra i giovani italiani una comune tensione verso la
spiritualità che non sempre riesce a
trovare risposte. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e
presidente del COP:
“Non domanda fruizione di beni religiosi, un giovane, non
domanda rosari, non domanda Messe, non mi domanda questo… Però, mi domanda se
c’è Dio, mi domanda se deve accontentarsi degli oroscopi o se invece deve fare
qualcosa di più … Quindi, la Chiesa è aiutata da questi dati a ripensarsi, a
vedere: ‘Ma questa sete, riusciamo a soddisfarla oppure costruiamo
continuamente delle palizzate attorno alle sorgenti, se noi ci riteniamo la sorgente?’.
Ecco, questo mi fa tremare, perché vuol dire che abbiamo la sorgente della
vita, che è Gesù, i giovani ne hanno bisogno e noi mettiamo dei paletti o delle
reti perché non si accostino!”.
I giovani
sono la fascia che più di ogni altra dispone di tempo libero. Ecco perché – ha
esortato ancora mons. Sigalini - è importante che laici e consacrati svolgano
un’azione evangelizzatrice proprio nei luoghi deputati allo svago.
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DAL 13 FEBBRAIO IL VICARIATO DI ROMA
PROMUOVE
LE
GIORNATE DI ORIENTAMENTO UNIVERSITARIO
-
Intervista con mons. Lorenzo Leuzzi e il prof. Marco Mancini -
Aiutare gli studenti degli ultimi anni
delle scuole secondarie di secondo grado a scegliere la facoltà giusta. Questo
è l’obiettivo delle Giornate di Orientamento Universitario, promosse
dall’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma che si svolgeranno
presso l’Istituto salesiano di Via Marsala a partire dal 13 febbraio per
concludersi il 10 marzo. I giovani che parteciperanno all’iniziativa, avranno
l’opportunità di conoscere da vicino le offerte formative di tutte le
università di Roma e del Lazio. Ascoltiamo monsignor Lorenzo Leuzzi direttore
dell’ ufficio per la pastorale universitaria
al microfono di Marina Tomarro:
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R. – L’orientamento universitario costituisce un servizio
perché la scelta della futura facoltà sia vissuta nel giovane a partire da
motivazioni profonde che coinvolgano direttamente la propria esperienza
personale, la sua capacità di relazionarsi agli altri e soprattutto le
motivazioni anche di un dialogo sereno di verifica con Dio stesso, perché crediamo
che l’esperienza universitaria costituisca un momento ulteriore di maturazione
che dovrà aiutare il giovane nelle scelte definitive.
D. – Ma in che modo si svolgerà questa iniziativa?
R. – I giovani, venendo presso l’Istituto salesiano,
troveranno innanzitutto la possibilità di conoscere quali sono le università,
per esempio, a Roma. E poi, soprattutto, il momento più importante è il
confronto con i docenti universitari; ci saranno professori disponibili ad
aiutare i giovani non tanto a parlare di questa o di quella facoltà, ma della
disciplina universitaria, proprio per confrontarsi sulle capacità e anche sulle
ispirazioni più profonde dei giovani a confronto con il progetto di studi che
incontreranno nei concreti corsi di laurea.
D. – Ma una scelta universitaria, oggi nasce dai propri
interessi, oppure si cerca di guardare soprattutto alle prospettive che una
facoltà può offrire nel mondo del lavoro? Professor Marco Mancini, presidente
del Coordinamento dei Rettori delle Università del Lazio:
R. – Sicuramente, è la seconda ipotesi. Cioè: è chiaro che
oggi, visto il contesto che è sempre più difficile, i ragazzi con sempre
maggiore attenzione cercano di orientarsi in modo tale da avere percorsi di
studio che siano poi proficui per il lavoro. Su questo non c’è alcun dubbio.
Devo anche dire, tra l’altro, che ho notato che in questi ultimi anni il modo
con cui i ragazzi si avvicinano all’università è diverso rispetto al passato,
cioè molto più approfondito, si informano il più possibile, consultano internet
e sicuramente sono estremamente attenti a quelle che sono le possibilità
lavorative del mercato del lavoro, rispetto alle facoltà universitarie.
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7
febbraio 2006
ALL’VIII CONVEGNO NAZIONALE DI PASTORALE GIOVANILE, A LIGNANO SABBIADORO,
500 GIOVANI COMINCIANO
I LAVORI CON UNA MESSA IN SUFFRAGIO DI DON ANDREA SANTORO. L’ARCIVESCOVO DI
UDINE,
MONS. BROLLO: SIATE
LUCE DEL MONDO
LIGNANO SABBIADORO. = È
iniziata nel ricordo di don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso domenica scorsa
in Turchia, la prima giornata dell’VIII Convegno nazionale di pastorale
giovanile apertosi ieri a Lignano Sabbiadoro, in provincia di Udine. I 500
giovani che prendono parte ai lavori, riferisce l’agenzia SIR, si sono divisi
questa mattina in gruppi per partecipare ad una Messa in suffragio di don
Santoro. L’incontro, dal titolo “Ma io vi dico - Nuove parole per
la fede”. La dimensione culturale di una Pastorale giovanile Missionaria, è
stato promosso dal Servizio nazionale CEI per la Pastorale giovanile, in
collaborazione con il Servizio Nazionale per il Progetto Culturale e vuole
affrontare il tema della evangelizzazione della cultura, vista come veicolo
delle idee, delle aspettative e delle inquietudini dei giovani. “Portate la
fiamma di Cristo, vera luce per l’uomo, ai vostri coetanei – ha detto
l’arcivescovo di Udine, mons. Pietro Brollo, che ha portato il suo saluto ai
presenti – siate luce del mondo. Cristo ci impedisce di essere rassegnati e ci
trasforma in suoi testimoni. Riscoprite le radici da cui nasce la nostra fede”.
Nella desertificazione del sapere in cui si vive oggi, il Vangelo è “la grande
notizia che dà senso alla vita e la testimonianza di una vita autenticamente cristiana,
abbandonata in Dio e donata al prossimo è il primo mezzo di evangelizzazione”,
questa la sintesi dell’intervento di mons. Sergio Lanza, docente della
Lateranense. “Le parole da sole non bastano – ha però avvertito Lanza – i
giovani credono ai fatti. L’evangelizzazione dei giovani è veramente tale
quando ridona loro gusto nella e della loro vita di ogni giorno”. Quando non
conduce all’adesione di una dottrina ma all’incontro con Cristo”. Luogo
concreto di annuncio, secondo il pastoralista, “è la Chiesa”. Questa sera, i
giovani si raduneranno per una veglia di preghiera nella Basilica di Aquileia
dove incontreranno l’arcivescovo di Gorizia, Dino De Antoni. (T.C.)
INIZIATO IL RITORNO DEI RIFUGIATI SUDANESI. GRAZIE
AD UN ACCORDO FIRMATO
DALLA REPUBBLICA CENTRAFRICANA, DAL SUDAN E
DALL’ALTO COMMISSARIATO DELL’ONU PER I RIFUGIATI, È PARTITO IL PRIMO VOLO
CON UN GRUPPO DI SFOLLATI
KHARTOUM. = Dopo quasi
20 anni di esilio, un gruppo di 49 rifugiati sudanesi ha fatto ritorno dalla
Repubblica Centrafricana ai propri villaggi di origine nel Sudan meridionale. A
riferirlo è l’agenzia Fides. Si tratta del primo gruppo di rifugiati che l’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) prevede di
rimpatriare dalla Repubblica Centrafricana nel corso del 2006 e del 2007. Il
gruppo è stato trasportato con un aereo dal campo di Mboki a Tambura, località
della provincia di Western Equatoria. Il volo è stato pianificato
dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), in seguito alla
firma di un accordo fra Repubblica Centrafricana, Sudan e UNHCR. I rifugiati sono
giunti a Tambura nella mattinata di ieri, oltre 16 anni dopo aver abbandonato
il loro Paese a causa della devastante guerra civile. Qui hanno incontrato
familiari e conoscenti e sono stati calorosamente accolti dalle autorità locali
che hanno incoraggiato tutti i rifugiati originari del Sudan meridionale che si
trovano ancora in nazioni straniere a fare ritorno nel loro Paese di origine.
Nei prossimi mesi, l’UNHCR e l’OIM prevedono di organizzare tre o quattro voli
settimanali e di consentire, ogni settimana, a circa 600 rifugiati di far
ritorno nel loro Paese. Le operazioni di rimpatrio dovrebbero essere completate
entro la fine del 2007. La maggior parte dei rifugiati sudanesi che si trova
attualmente nella Repubblica Centrafricana vi è giunta nel corso degli anni ‘90
e si è insediata principalmente a Mboki - a 200 chilometri dalla frontiera con
il Sudan - dove si stima che vivano attualmente 12 mila rifugiati. Altri 4 mila
risiedono invece nella regione di Kaga Bandoro e in centri urbani, in
particolare a Bangui. Si stima che attualmente siano 350 mila i rifugiati
originari del Sudan meridionale che vivono in Stati confinanti, mentre oltre 4
milioni di sudanesi sono sfollati all’interno del loro Paese. (T.C.)
BOLIVIA:
COMINCIA OGGI LE SUE TRASMISSIONI “RADIO ATIPIRI”, LA PRIMA EMITTENTE IN LINGUA
AYMARA DEDICATA AGLI ABITANTI DELL’OMONIMO SOBBORGO DI SENKATA, LOCALITÀ A UNA
VENTINA DI CHILOMETRI DALLA CAPITALE LA PAZ
LA PAZ. = Questa mattina, ad El Alto, in Bolivia, si
sono accesi i microfoni di “Radio Atipiri”. È la prima emittente radiofonica in
lingua aymara, riferisce l’agenzia MISNA, che trasmette da Senkata, quartiere
orientale a circa venti chilometri dalla capitale boliviana La Paz, che conta
quasi un milione di abitanti. La nuova radio avrà una programmazione di tipo
culturale, basata su racconti di vita vissuta, testimonianze e informazioni
sulla realtà locale. Una parte del palinsesto, su iniziativa dell’ex ministro
dell’Educazione, Donato Ayma, sarà in lingua spagnola. “Vogliamo cha la gente abbia
diritto di parola, che esprima i propri problemi, le proprie preoccupazioni”,
ha detto la figlia di Ayma, Tania, co-fondatrice del progetto e direttrice del
Centro di educazione e comunicazione per le Comunità indigene (CECOPI). Dopo
aver avviato la radio, i fondatori adesso mirano alla realizzazione della prima
emittente televisiva in lingua aymara. (A.E.)
I RAPPRESENTANTI DI 400 MILA RELIGIOSI A FATIMA
PER L’ASSEMBLEA GENERALE DELL’UNIONE DELLE CONFERENZE EUROPEE
DEI SUPERIORI MAGGIORI. TEMA DELL’INCONTRO: LA
VITA SPIRITUALE DI FRONTE ALLE SFIDE EUROPEE
FATIMA. = Quarantadue Conferenze
ed Unioni in rappresentanza di circa 400 mila religiosi e religiose di 26 Paesi
d'Europa sono riunite da ieri a Fatima per l’Assemblea generale dell’UCESM,
l’Unione delle Conferenze europee dei Superiori maggiori, sul tema "La
vita religiosa oggi: la nostra vita spirituale di fronte alle sfide
europee". Ad aprire i lavori stamani il Presidente dell’UCESM, p. August
Hülsmann; nel pomeriggio, sr. Enrica Rosanna, Sottosegretario della Congregazione
per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, parlerà
delle sfide della vita religiosa in Europa. Il programma dell’Assemblea prevede
per giovedì una giornata culturale a Lisbona, organizzata dalla Conferenza
portoghese, quindi i partecipanti si raccoglieranno nella cattedrale per
prendere parte alla celebrazione eucaristica presieduta dal Patriarca, il
cardinale José da Cruz Policarpo. Nella mattinata di sabato, pellegrinaggio al
Santuario di Fatima, mentre nel pomeriggio si terrà l’ultima sessione
assembleare, con l’approvazione del documento finale dell’incontro. (T.C.)
DOMANI A BANGALORE, PRENDE IL VIA LA RIUNIONE
PLENARIA BIENNALE
DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI DELL’INDIA.
TEMA DELL’INCONTRO: “L’EDUCAZIONE CATTOLICA E LA PREOCCUPAZIONE
DELLA CHIESA PER GLI EMARGINATI”
BANGALORE.=
“L’educazione cattolica e la preoccupazione della Chiesa per gli emarginati” è
il tema sul quale si svolgerà a Bangalore, in India, la riunione plenaria
biennale della Conferenza dei vescovi cattolici dell’India (CBCI). L’incontro,
che sarà ospitato al St. Peter’s Pontifical Seminary, si aprirà con gli interventi
del presidente della CBCI, il cardinale Telesphore Toppo, arcivescovo di
Ranchi, e del nunzio apostolico in India, l’arcivescovo Pedro López Quintana. I
vescovi si concentreranno sulle potenzialità della scolarizzazione nella lotta
all’esclusione, sul magistero della Chiesa universale in materia di istruzione
e sul ruolo delle scuole cattoliche nel mondo, e in particolare in India. Alla
Conferenza, che si compone di oltre 200 membri, prenderanno parte anche 160
vescovi di rito latino, siro-malabrese e siro-malankarese. La riunione si
concluderà con una Dichiarazione finale, sottoposta a votazione, che presenterà
al clero, ai religiosi e ai laici i frutti delle riflessioni dell’episcopato. (A.E.)
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7 febbraio 2006
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Ennesimo attentato
in Afghanistan: la città meridionale di Kandahar, ex roccaforte del passato
regime dei Talebani, è stata teatro di un nuovo attacco dinamitardo contro il
quartiere generale della polizia. L’azione, rivendicata dai Talebani, ha
provocato la morte di almeno 13 persone.
Violenze anche in Iraq, dove un duplice attentato, sferrato nel
centro di Baghdad, ha causato almeno 7 morti, tra cui diversi civili. Il primo
ordigno è scoppiato vicino ad un affollato mercato. La folla accorsa sul luogo
dell’esplosione, è stata poi investita da una seconda deflagrazione. Poco dopo
un altro attacco, condotto da ribelli a Falluja, è costato la vita al capo
della municipalità della città sunnita. In tutto il Paese arabo sono state rafforzate,
intanto, le misure di sicurezza in vista delle celebrazioni per la festività
sciita dell’ Ashura, che avrà inizio giovedì prossimo.
L’Iran sospende ogni forma di cooperazione
volontaria con l’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Le
ispezioni a sorpresa ai siti nucleari iraniani dovranno terminare entro la metà
di febbraio Lo ha annunciato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale
precisando che Teheran ha deciso di applicare la norma approvata lo scorso
novembre dal Parlamento. In base a questa legge, la Repubblica islamica può
interrompere ogni relazione con l’Agenzia dell’ONU in caso di deferimento del
dossier iraniano al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’esecutivo di
Teheran sostiene che i propri programmi di ricerca e sviluppo sul nucleare,
compreso l’arricchimento dell’uranio, hanno come scopo la produzione di
energia. Ma la comunità internazionale teme che gli obiettivi dell’Iran non
siano pacifici. Secondo gli Stati Uniti, il governo di Teheran possiede tecnologia
e materiali per sviluppare una bomba atomica.
Il nuovo primo
ministro palestinese sarà un rappresentante di Hamas e all’esecutivo
prenderanno parte anche uomini di Al Fatah. Lo ha dichiarato un leader di
Hamas, il movimento fondamentalista palestinese che ha vinto le elezioni dello
scorso 25 gennaio. Sul terreno, intanto, è stato ucciso il capo delle sedicenti
Brigate Al Quds durante un’incursione compiuta da truppe israeliane a Nablus. Gli aerei dello Stato ebraico sono inoltre tornati a colpire,
stamani, il settore settentrionale della Striscia di Gaza. Il raid ha provocato
il ferimento di una ragazza palestinese di 15 anni.
Nuovi spiragli di pace nello Sri Lanka: rappresentanti del governo
di Colombo e dei ribelli delle Tigri Tamil si incontreranno a Ginevra i
prossimi 22 e 23 febbraio per porre fine allo stato di impasse che da anni affligge
i negoziati. Lo ha annunciato il mediatore norvegese, Erik Solheim, dopo aver
incontrato a Londra un leader dei guerriglieri. Prima di questa intesa, le
Tigri Tamil avevano respinto, nei giorni scorsi, un’altra proposta per una
tornata negoziale. Il rifiuto era arrivato dopo una serie di sequestri di
operatori umanitari vicini al movimento ribelle. Ma adesso le parti
“esamineranno le modalità per migliorare l’applicazione dell’accordo sul
cessate il fuoco”, ha precisato con un comunicato l’ambasciata norvegese. Nello
Sri Lanka, il conflitto tra forze governative e ribelli indipendentisti ha
provocato, negli ultimi trenta anni, la morte di almeno 65 mila persone.
E’ sempre più alta la tensione in Nepal, dove nuovi scontri tra
ribelli maoisti e forze di sicurezza hanno causato la morte di almeno 8
persone, in maggioranza militari. La capitale Kathamandu continua, inoltre, ad
essere bloccata dagli scioperi, organizzati congiuntamente da gruppi maoisti e
partiti dell’opposizione per boicottare le elezioni amministrative di domani.
La consultazione è stata convocata dal re Gianendra, che un anno fa ha assunto
pieni poteri dopo aver licenziato il governo.
Sono 63 le persone morte in Cina per i festeggiamenti del
Capodanno. Lo rivela l’agenzia Nuova Cina. Il numero delle vittime è diminuito
rispetto al passato, nonostante sia stato autorizzato per la prima volta
l’utilizzo dei fuochi d’artificio anche nei grandi centri urbani. Il nuovo anno
lunare cinese è iniziato il 29 gennaio.
In Costa Rica, i
risultati delle presidenziali tenutesi domenica scorsa, sanciscono un inatteso
e inedito testa a testa: un esiguo margine divide, infatti, due candidati dopo
lo scrutinio di quasi tutti i seggi. In base ai dati diffusi dal Tribunale supremo
delle elezioni, l’ex capo di Stato e premio Nobel per la pace, il socialdemocratico
Oscar Arias, ha ottenuto solo 4 mila voti in più dello sfidante,
l’economista Otton Solis, che guida una
formazione di centro. Il nome del nuovo presidente si
conoscerà solo tra due settimane, al termine della verifica del conteggio manuale.
A Cuba più di 130 bandiere nere con una stella bianca sono
state innalzate nei pressi di un ufficio americano. E’ la protesta organizzata
nella capitale, L’Avana, per nascondere messaggi politici statunitensi fissati
su pannelli luminosi. Ieri sera il leader cubano Fidel Castro aveva partecipato
alla cerimonia dell’alzabandiera. Poi è iniziata la veglia da parte di una
folla di cubani che con cartelli e slogan ha ricordato l’invasione del 1961
alla Baia dei Porci, l’attentato contro un aereo cubano del 1976 e una serie di
esplosioni in alberghi. Tutti avvenimenti pianificati, secondo Cuba, dal
governo di Washington. Nei giorni scorsi, Fidel Castro aveva definito
l’iniziativa americana dei pannelli luminosi una “grossolana provocazione tesa
a distruggere le fragili relazioni” tra i due Paesi.
In Costa d’Avorio
almeno 12 persone sono state uccise da uomini armati in una fattoria a nord
della città di Guiglo, nella zona occidentale del Paese. Probabilmente si tratta
di un regolamento di conti. Il mese scorso le truppe di pace delle Nazioni
Unite sono state evacuate proprio da Guiglo, in seguito agli attacchi dei
sostenitori del Presidente Laurent Gbabo.
È di 12 morti il bilancio di un gravissimo
incidente stradale avvenuto nella notte a Roma. Un pullman, con a bordo turisti
turchi, è finito in dirupo a causa, probabilmente, di un improvviso malore del
conducente. Parlando di questa sciagura a margine della II Conferenza del
turismo, il sindaco di Roma ha detto. “E’ una ragione in più perché Italia e Turchia
si sentano più vicine e si diano la mano”.
Tragedia sfiorata in Germania: fortunatamente non ci sono
state vittime in seguito al cedimento del tetto di un supermercato a Toeging am
Inn, in Alta Baviera. Lo hanno annunciato i responsabili della protezione
civile. Secondo quanto precisato dalla polizia, cinque impiegati e un cliente
sono riusciti a lasciare l’edificio prima che il tetto crollasse.
In Europa si allunga la vita media. Lo
sostiene uno studio dell’Eurostat, l'Ufficio Europeo di Statistica secondo cui,
in Europa, 8 decessi su 10 avvengono dopo i 64 anni. Le cause di mortalità più
frequenti sono le malattie cardiovascolari, i tumori e le malattie dell'apparato
respiratorio.
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