RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L n. 34  - Testo della trasmissione di venerdì 3 febbraio 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI concede l’indulgenza plenaria in occasione delle celebrazioni per la 14.ma Giornata mondiale del malato che culmineranno l’11 febbraio prossimo

 

Irradiate sempre e in ogni luogo l’amore di Cristo: così il Papa ai consacrati durante la Messa celebrata ieri pomeriggio nella Basilica Vaticana nella festa della Presentazione del Signore

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuove tensioni  e polemiche per le vignette sull’Islam: ai nostri microfoni il giornalista musulmano Tawfik, il rabbino Laras e mons. Giordano invitano alla moderazione e al rispetto delle convinzioni religiose

 

“Un servizio privilegiato. La Bibbia nella liturgia”: su questo tema, prende il via oggi a Roma il Convegno nazionale dell’Apostolato biblico: con noi, don Cesare Bissoli

 

Questo pomeriggio a Roma la presentazione della riedizione anastatica dell‘ “Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano” di Federico Cammeo: ce ne parla il prof. Giuseppe Dalla Torre

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’arcivescovo di Gulu, mons. John Baptist Odama, ha chiesto la mediazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per mettere fine al ventennale conflitto che sconvolge l’Uganda

 

Dichiarazione dei vescovi della Polonia sulla recente risoluzione del Parlamento europeo che condanna l’omofobia

 

Il presidente ivoriano, Laurent Gbagbo, ha incontrato ieri ad Abidjan i membri della Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale francofona

 

Il ruolo centrale dei media cristiani in campo educativo al centro della settimana di lavori dell’Unione della Stampa Cattolica Internazionale, svoltasi  nei giorni scorsi a Lahore, in Pakistan

 

Debellata la poliomelite in Egitto e Niger: lo annuncia l’OMS

 

A Zanzibar, tornano a scuola le ragazze minori di 18 anni in gravidanza: abolita la legge trentennale che impediva loro l’accesso all’istruzione

 

Protesta formale del Brasile contro Argentina, Paraguay, Uruguay e Suriname per la facilità di ingresso di armi alla frontiera

 

24 ORE NEL MONDO:

Affonda un traghetto nel Mar Rosso con a bordo oltre 1400 persone: pochi i superstiti

 

Attacco contro una comunità cristiana nelle Filippine: uccisi almeno 6 civili, tra cui un neonato

 

Dopo la vittoria di Hamas, gli USA  sospendono nuovi progetti di assistenza ai palestinesi. Il leader di Hamas annuncia che il gruppo radicale non riconoscerà mai Israele

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 febbraio 2006

 

BENEDETTO XVI CONCEDE L’INDULGENZA PLENARIA

IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI PER LA 14.MA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un’indulgenza plenaria in occasione della 14.ma Giornata mondiale del malato, che culminerà il prossimo 11 febbraio con la celebrazione eucaristica nella cattedrale australiana di Adelaide. Benedetto XVI ha deciso di concederla fissandone le disposizioni nel Decreto reso noto oggi dal penitenziere maggiore, il cardinale James Francis Stafford. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Benedetto XVI, si legge nel decreto, accompagna la concessione dell’indulgenza plenaria nella “speranza che siano promosse opere ed iniziative di cristiana pietà e di sociale solidarietà in favore degli infermi”, specialmente quelli affetti da menomazioni mentali, più facilmente “emarginati dalla società e dalla propria famiglia”. Già nel suo messaggio per la Giornata mondiale del malato, reso noto nel dicembre scorso, il Papa aveva spronato le coscienze ad associare ad appropriate terapie una “sensibilità nuova di fronte al disagio” nei riguardi di questa categoria di disabili, constatando pure che “in molte parti del mondo” i servizi per i malati mentali “risultano carenti, insufficienti o in stato di disfacimento”.

 

L’11 febbraio, dunque - memoria della Vergine di Lourdes – i fedeli che parteciperanno “a qualche sacra cerimonia” nella cattedrale di Adelaide, o nei luoghi stabiliti dall’autorità ecclesiastica, potranno – si legge nel Decreto – ottenere l’indulgenza plenaria alle consuete condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Papa. Il documento della Penitenzieria apostolica si rivolge anche a quei fedeli che non potranno prendere parte alle celebrazioni perché impegnati, in ospedali o in case private, nell’assistenza agli ammalati, “specialmente quelli – specifica il Decreto – che a causa di qualche menomazione mentale richiedono maggiore pazienza, diligenza e attenzione”. Anche costoro potranno ottenere l’indulgenza plenaria se, prosegue il documento, “in quel giorno presteranno generosamente almeno per qualche ora la loro caritatevole assistenza agli ammalati come se lo facessero allo stesso Cristo Signore”, con “l’animo distaccato da ogni peccato” e il proposito di adempiere, appena possibile, “alle condizioni richieste per l'ottenimen­to dell'indulgenza plenaria”.

 

In modo analogo, potranno ottenere tale indulgenza i malati impossibilitati a prendere parte alle cerimonie per l’11 febbraio, purché “partecipino spiritualmente” insieme con il Papa alla preghiera per i malati, offrendo le proprie sofferenze. Infine, conclude il Decreto, Benedetto XVI concede un’indulgenza parziale, dal 9 all'11 febbraio, a tutti i fedeli “ogniqualvolta, con cuore contrito, rivolgeranno a Dio misericordioso devote preghiere per implorare le suddette finalità in aiuto degli infermi”.

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IRRADIATE SEMPRE E IN OGNI LUOGO L’AMORE DI CRISTO:

QUESTO L’INVITO DEL PAPA AI CONSACRATI DURANTE LA MESSA

NELLA BASILICA VATICANA PER LA FESTA DELLA PRESENTAZIONE.

NELLA SUA OMELIA BENEDETTO XVI HA SOTTOLINEATO

CHE CRISTO OBBEDIENTE È IL CAMMINO SICURO PER GIUNGERE ALLA VERITÀ

 

Come ceri accesi, irradiate sempre e in ogni luogo l’amore di Cristo, luce del mondo. E’ l’invito che ieri pomeriggio Benedetto XVI, durante la celebrazione della festa della Presentazione di Gesù al Tempio, presieduta nella Basilica Vaticana, ha rivolto alle persone consacrate. In una San Pietro gremita, suggestiva la liturgia della luce che ha dato inizio alla Santa Messa. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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(musica)

 

E’ luce per illuminare le genti, Gesù; la luce che ha rischiarato l’umanità e che centinaia di consacrati, simbolicamente, hanno voluto far brillare da tante candele nella festa della Presentazione del Signore al Tempio. E’ la celebrazione dell’incontro del Messia con il suo popolo, il mediatore che unisce Dio e l’uomo. Nella solenne Messa presieduta nella Basilica di San Pietro, Benedetto XVI ha voluto sottolineare questa immagine: Cristo è colui che abolisce le distanze, elimina ogni divisione ed abbatte ogni muro di separazione. Ma è anche colui che percorre la via dell’obbedienza e con lui Maria:

 

“Portando il Figlio a Gerusalemme, la Vergine Madre lo offre a Dio come vero Agnello che toglie i peccati del mondo; lo porge a Simeone e ad Anna quale annuncio di redenzione; lo presenta a tutti come luce per un cammino sicuro sulla via della verità e dell’amore”.

 

Per la Chiesa, ha spiegato poi il Papa, la festa della Presentazione è un’opportunità per lodare il Signore e ringraziarlo del dono inestimabile che la vita consacrata, nelle sue differenti forme, rappresenta. Essa è segno della presenza del Regno di Dio in mezzo a noi:

 

“Come, infatti, la vita di Gesù, nella sua obbedienza e dedizione al Padre, è parabola vivente delDio con noi’, così la concreta dedizione delle persone consacrate a Dio e ai fratelli diventa segno eloquente della presenza del Regno di Dio per il mondo di oggi…; la loro completa consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile anche ai nostri contemporanei”.

 

Li ha definiti sentinelle che scorgono e annunciano la vita nuova già presente nella storia, i consacrati, Benedetto XVI, e a loro ha rivolto questo augurio:

 

“Il Signore rinnovi ogni giorno in voi e in tutte le persone consacrate la risposta gioiosa al suo amore gratuito e fedele. Cari fratelli e sorelle, come ceri accesi, irradiate sempre e in ogni luogo l’amore di Cristo, luce del mondo”.

 

E al termine dell’omelia il tradizionale rito di ringraziamento a Dio dei consacrati:

 

“Voi, qui presenti, consacrati al servizio di Dio, in una stupenda varietà di vocazioni ecclesiali, rinnovate l’impegno di seguire Cristo obbediente, povero e casto, affinché, per la vostra testimonianza evangelica, splenda nella Chiesa e illumini il mondo Cristo Signore, luce delle genti”.

 

(musica)

 

Quindi ha preso la parola un religioso:

 

“Grazie, Padre, per il dono di Cristo, figlio della tua Ancella, servo obbediente fino alla morte. Con gioia confermiamo oggi il nostro impegno di obbedienza al Vangelo, alla voce della Chiesa, alla nostra regola di vita”.

 

(musica)

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UDIENZE E NOMINE

 

Stamane il Papa ha ricevuto alcuni presuli della Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo, in visita “ad Limina”. Questo pomeriggio riceverà il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

In Argentina, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Zárate–Campana presentata da mons. Rafael Eleuterio Rey, in conformità al can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico.

 

Gli succede mons. Oscar Domingo Sarlinga, finora vescovo titolare di Uzali ed ausiliare di Mercedes–Luján. Mons. Oscar Domingo Sarlinga è nato a Buenos Aires il 20 maggio 1963.        Ordinato sacerdote il 30 aprile 1990, è stato consacrato vescovo il 17 maggio 2003.

          

In Corea, il Santo Padre ha nominato arcivescovo coadiutore dell’arcidio-cesi di Daegu, mons. John Choi Young-soo, finora vescovo titolare di Sitifi e ausiliare della medesima arcidiocesi.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina – “Come ceri accesi”: Benedetto XVI invita i religiosi e le religiose a rinnovare ogni giorno la risposta gioiosa all’amore gratuito e fedele del Signore durante la Concelebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana per la Presentazione del Signore - Giornata Mondiale della Vita Consacrata.

Sempre in prima, in evidenza il tragico naufragio nel Mar Rosso.

 

Servizio vaticano - Un articolo dal titolo “Sulle orme di san Giovanni della Croce per un rinnovato studio della scienza teologica”: un nuovo volume sulla spiritualità e sulla mistica.

 

Servizio estero - Un articolo sul Venezuela dal titolo “Un appello alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace sociale”: esortazione pastorale dei vescovi al termine dell'Assemblea plenaria.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo “Un film-denuncia sull’ ‘etica’ della rappresaglia”: “Munich” di Steven Spielberg

 

Servizio italiano - In rilievo la campagna elettorale: Berlusconi attacca di nuovo i giudici.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 febbraio 2006

 

 

NUOVE TENSIONI E POLEMICHE PER LE VIGNETTE SULL’ISLAM:

AI NOSTRI MICROFONI, IL GIORNALISTA MUSULMANO YOUNIS TAWFIK,

IL RABBINO GIUSEPPE LARAS E MONS. ALDO GIORDANO INVITANO

 ALLA MODERAZIONE E AL RISPETTO DELLE CONVINZIONI RELIGIOSE

 

Non si fermano le proteste nel mondo islamico contro le vignette satiriche su Maometto pubblicate da alcuni giornali europei. Il re Abdallah II di Giordania le ha definite un insulto al Profeta e, in quanto tale, un “crimine ingiustificabile con il pretesto della libertà di espressione”. D’altra parte, si moltiplicano i giornali che stanno pubblicando le vignette in un primo momento apparse su un quotidiano danese. In alcune casi, le manifestazioni hanno assunto forme violente: a Giakarta, alcune centinaia di contestatori hanno fatto irruzione nell’ambasciata danese in Indonesia. Dal canto suo, il gruppo integralista palestinese Hamas ha indetto delle manifestazioni di protesta a Gaza, mentre nelle città irachene di Bassora e Falluja sono state bruciate bandiere e prodotti danesi. Sulla vicenda e le possibili ricadute sui rapporti tra Occidente ed Islam, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Younis Tawfik, giornalista e scrittore iracheno, di fede islamica sunnita:

 

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R. – Il fatto di protestare è legittimo quanto il fatto di rivendicare la propria libertà. Per cui, ai musulmani spetta il diritto di protestare ma nella maniera più pacifica possibile, mentre qui in Occidente si rivendica il diritto alla libertà, e dunque va difeso. Ma quale musulmano posso dire che la libertà deve comunque avere un limite. Esistono dei vincoli etici e morali che non permettono al musulmano di ridicolizzare figure sacre del cristianesimo e nemmeno dell’ebraismo, e così dev’essere anche dalla parte del mondo occidentale. Queste figure sacre sono patrimonio della collettività e dunque se io vado oltre questi limiti vado a calpestare i sentimenti della collettività.

 

D. – La vicenda delle vignette ha riportato in primo piano il dibattito sullo scontro di civiltà, ma in realtà anche molti cristiani si sentono offesi da queste vignette che deridono un’altra religione. Ecco: qual è la sua riflessione su questo aspetto?

 

R. – Esattamente come noi musulmani ci troviamo offesi anche quando si tratta della ridicolizzazione della figura di Gesù. Come dicevo prima, si tratta di un fatto etico-morale, altrimenti domani ci troviamo qui, in Occidente, nel nome della libertà a far diventare una figura sublime come quella di Dio, di Gesù o di Maria, o di Maometto in questo caso, come profeta, la facciamo diventare poi un fatto talmente ridicolo, talmente privo di senso che poi perde il suo valore spirituale!

 

D. – Il mondo islamico insorge contro le vignette considerate blasfeme, e c’è una solidarietà da parte cristiana. Ma è anche vero che in alcuni Paesi a maggioranza islamica i cristiani non possono professare la propria fede pubblicamente. Quanto è sentito questo tema della “reciprocità dei diritti” nel mondo islamico?

 

R. – E’ qui che sbagliano i musulmani. Sbagliano due volte: sbagliano quando portano la protesta a livello violento, perché tutti hanno il diritto di protestare ma nella maniera più pacifica possibile. Dall’altra parte sbagliano, quando non lasciano spazio agli altri di professare pienamente la loro fede, perché se loro pretendono la libertà di poter professare la loro fede, devono donarla e darla anche agli altri.

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Il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha affermato stamani che “la libertà di stampa dovrebbe sempre poter essere esercitata in modo da rispettare pienamente i diversi credo religiosi e le diversi fedi”. Dal canto suo, pur impegnato in un’offensiva diplomatica il premier danese, Rasmussen, non ha presentato ai credenti musulmani scuse ufficiali per la pubblicazione delle vignette su un giornale danese: “non è possibile scusarsi - ha argomentato Rasmussen - in un Paese dove non esiste alcun controllo dello Stato sulla libera stampa”. E uno dei quotidiani che ha pubblicato le vignette, France Soir, ha scritto che “non presenterà le sue scuse per aver difeso la libertà d’espressione di fronte all’intolleranza religiosa”. Su questo dibattito che ha al centro la libertà di stampa e il rispetto del credo religioso, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Giuseppe Laras, rabbino capo emerito di Milano:

 

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R. – Io penso che ci si debba affidare anche al senso morale, al buon senso e al senso della misura. E’ chiaro che esiste il concetto di libertà di espressione. Esiste, però, anche il diritto a non vedere offesi i simboli della propria fede religiosa. Quindi, occorre avere molto senso di rispetto per le altrui fedi, per gli altrui simboli religiosi, per l’altrui sensibilità religiosa, tenendo conto proprio nella fattispecie che il mondo islamico è un mondo che esprime una società incentrata sull’idea del sacro, e c’è per cui questa sensibilità particolare.

 

D. – Per il mondo ebraico quale posto ha la satira? Quali sono i suoi limiti?

 

R. – Lei sa che il senso dello humor nel mondo ebraico, anche nelle sue espressioni culturali, e se vogliamo anche religiose o parareligiose, è molto marcato. Quindi, non mi sembra di vedere, di riuscire a cogliere una situazione analoga a quella di cui ci stiamo occupando. E’ chiaro che all’interno del mondo ebraico c’è molta attenzione, molto rispetto, nei confronti di quelli che sono i sentimenti religiosi, i simboli religiosi, non solo propri, ma altrui. Quindi, una cosa di questo genere all’interno del mondo ebraico non si dovrebbe verificare. Se si verificasse, evidentemente saremmo in presenza di una degenerazione di quel senso di libertà di cui noi riteniamo di essere detentori.

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“Esprimiamo dispiacere e rammarico per l'irriverenza mostrata nei confronti del profeta dell'Islam e preghiamo insieme ai nostri fratelli musulmani perché l'amore divino prevalga nel mondo”, è quanto si legge in un comunicato congiunto firmato dal Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, assieme agli altri leader delle comunità cristiane di Turchia. Una solidarietà espressa, ai nostri microfoni, anche da mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, intervistato da Roberto Piermarini:

 

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R. – La mia impressione è che bisogna distinguere. Esiste satira e satira, cioè c’è una satira anche volgare, una satira che manca di rispetto, che attacca l’altro e quindi non c’è diritto di attaccare l’altro. Se una satira simile fosse fatta su mio padre, su mia madre, io reagirei. Io vedo che anche tutto il mondo cristiano è molto rattristato e sofferente per una certa satira di questo tipo, rivolta a fratelli di altra religione. Invece, se ci fosse una satira intelligente e simpatica, che non offenda le persone, quella satira può essere accettata. Dipende dall’intelligenza e dalla delicatezza della satira, e dipende anche da chi è rivolta. Un conto è rivolgerla a personaggi del mondo delle religioni, come possono essere i sacerdoti, gli imam, un conto è una satira – molto più delicata – rivolta a chi è il fondamento di una fede religiosa.

 

D. – C’è un limite, quindi, alla libertà di satira invocata da alcuni organi di stampa occidentale?

 

R. – Già dalla legge comune: quando uno offende un altro, quando uno attacca in maniera sbagliata un altro, va già contro i diritti umani, i diritti delle persone. Noi siamo grandi difensori dei diritti delle persone, e quindi siamo contro tutto quello che è volgarità, che è offesa, quello che tocca le convinzioni più intime …

 

D. – E’ d’accordo con il Gran Rabbino di Francia, che parla di “disonestà intellettuale”?

 

R. – Penso di sì, perché è una questione innanzitutto di intelligenza. “Disonestà intellettuale” nel senso che non si capisce chi è l’altro: parliamo tanto di rispetto dell’altro, di comprendere chi è l’altro, l’importanza dell’altro, ma non facciamo nessuno sforzo per comprendere chi è l’altro!

 

D. – Perché nel mondo occidentale non si disapprovano le vignette blasfeme di stampo cristiano?

 

R. – Il fatto che noi crediamo in un Dio che si è incarnato, quindi che è diventato uomo, che ha assunto la storia, questo ci porta a spaventarci meno delle satire e delle varie prese di posizione, perché su Cristo, nel momento in cui è diventato uomo, si è esposto a questo: Lui ha subito la satira già al suo tempo. Quindi, noi cristiani ci spaventiamo un po’ meno di questo. Non che siamo contenti: anche noi siamo molto rattristati, quando succedono satire volgari e satire offensive. Siamo molto dispiaciuti e ne soffriamo veramente. Però, in qualche modo, possiamo conviverci perché Gesù si è esposto fino alla Croce, fino all’offesa più umiliante che potesse esistere, quella della Croce, e quindi seguendo il nostro Maestro in qualche maniera soffriamo con Lui di questo.

 

D. – In questa vicenda si ripropone ancora una volta uno scontro di civiltà?

 

R. – Certamente, vediamo che abbiamo origini culturali diverse, abbiamo fonti diverse e forse la risposta potrebbe essere una maggiore solidarietà. Noi adesso esprimiamo solidarietà a tutti i nostri fratelli musulmani. Naturalmente, sarebbe bello che questa solidarietà fosse condivisa. D’altra parte, ripeto, noi come cristiani vorremmo anche invitare a non insistere troppo su questi casi: sono cose dolorose, però Dio è più grande di tutto ciò che passiamo nella storia, e io penso che noi dovremmo anche aiutarci un po’ a superarle e a non ingigantirle e non farne occasioni di scontri di civiltà, perché Dio da noi si aspetta certamente che noi lavoriamo per la fratellanza, per la solidarietà, per la pace … Quindi, diciamo che dovremmo essere capaci anche di trasformare le offese in occasioni di una maggiore solidarietà. Questo è un po’ quello che vedo anche nel dialogo con alcuni amici musulmani. A volte ci diciamo: “Dobbiamo sfruttare quest’occasione, non farne momenti di distruzione”.

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“UN SERVIZIO PRIVILEGIATO. LA BIBBIA NELLA LITURGIA”: SU QUESTO TEMA,

 PRENDE IL VIA OGGI A ROMA IL CONVEGNO DEL SETTORE APOSTOLATO BIBLICO DELL’UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE ITALIANO

- Con noi, don Cesare Bissoli -

 

Sacre Scritture, liturgia e impegno di chi fa animazione pastorale: per riflettere sul rapporto che li unisce, prende il via oggi pomeriggio a Roma il Convegno del Settore Apostolato Biblico dell’Ufficio Catechistico nazionale italiano, sul tema: “Un servizio privilegiato. La Bibbia nella Liturgia”. Ce ne parla, al microfono di Roberta Moretti, il coordinatore nazionale dell’Apostolato Biblico, don Cesare Bissoli: 

 

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R. - Questo tema nette in risalto ciò che nella Chiesa è sempre costitutivo ed è contemporaneamente esigenza della Bibbia verso la liturgia e della liturgia verso la Bibbia. In altre parole, la Parola annunciata e la Parola celebrata, è sempre la stessa Parola di Dio assunta, interpretata, vissuta dal punto di vista dell’ascolto e dal punto di vista della celebrazione.

 

D. – Benedetto XVI ha esortato tutti i cristiani ad avvicinarsi ai testi biblici. Ma come fare per riportare nelle case l’abitudine di leggere la Bibbia?

 

R. – Questo è un cammino che deve avere i tempi necessari perché anche psicologicamente la nostra gente non è stata abituata ad avere un rapporto diretto con la Parola, l’ha sempre ascoltata nell’assemblea domenicale. L’incontro diretto è in qualche modo un prodotto che nasce dallo stesso Concilio Vaticano II che, mettendo in risalto la potenza della Parola di Dio, invita anche singolarmente le persone a leggere la Bibbia. Quanto poi alla determinazione, la via migliore è partire dalla famiglia poi nel catechismo dell’iniziazione cristiana, via via fino a dare la possibilità ai singoli di incontrare il testo mediante, in particolare, la Lectio divina.

 

D. – A proposito, il Papa ha parlato dell’importanza e dell’efficacia della Lectio divina. Ma cos’è e come avvicinarsi?

 

R. – La Lectio divina ha il valore intrinseco e teologico di essere il vero atteggiamento di incontro con la Bibbia come incontro con Dio. Questo va fatto con una pedagogia di preparazione perché prendere un testo, leggerlo, meditarlo, ecc., sono parole belle ma bisogna pure aiutare la gente. E’ quello che stanno facendo nei gruppi di ascolto curando con pazienza la crescita. Non bisogna avere fretta.

 

D. – Secondo lei, oggi c’è una nuova attenzione ai testi sacri o no?

 

R. – Dove la fede è presente, c’è questa attenzione. Dove la fede vuole in qualche modo crescere, c’è questa sintonia, questa attrazione profonda, quasi una nostalgia del popolo di Dio verso il suo Libro.  Perché è sentito non tanto come svincolamento della mediazione della Chiesa, ma piuttosto è un sentimento quasi nativo, sorgivo che lo spirito suscita. Le grandi vicende del popolo di ieri sono quelle che mi appartengono perché quel popolo è oggi.

 

D. – Siamo bombardati ogni giorno da tante parole. Come non disperdere la Parola, la Parola di Dio nello stress della vita quotidiana?

 

R. - Bisogna avere, come si dice, un’igiene spirituale. Occorre creare dei momenti di interiorità che è anche silenzio, è anche percezione di essere alla presenza di Dio. Lì avviene l’incontro con la Parola per cui anche nei gruppi di ascolto è un ritrovarsi insieme in uno spazio e in un tempo limitati, con persone che condividono la stessa visione di fede. E’ una pedagogia da mettere in atto in questo senso.

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QUESTO POMERIGGIO A ROMA VIENE PRESENTATA LA RIEDIZIONE ANASTATICA DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO DELLO STATO DELLA CITTA’ DEL VATICANO

- Intervista con il prof. Giuseppe Dalla Torre -

 

Nell’ambito della collaborazione tra la LUMSA (Libera Università Maria Santissima Assunta) e la Libreria Editrice Vaticana, viene presentato questo pomeriggio a Roma la riedizione anastatica dell’“Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano”, di Federico Cammeo, con la presentazione del cardinale Angelo Sodano più un appendice di aggiornamento. Giovanni Peduto ne ha parlato con il rettore magnifico della LUMSA, il professor Giuseppe Dalla Torre, che presiederà la presentazione:

 

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D. – Quale importanza riveste questa riedizione anastatica dell’Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo?

 

R. – E’ un evento che acquista un notevole rilievo da due punti di vista. Innanzitutto, perché nonostante le modifiche che ci sono state nel tempo, nel corso di più di 70 anni, le basi dell’Ordinamento giuridico vaticano sono ancora quelle strutturate e descritte in questo testo fondamentale di Cammeo, che non ha conosciuto altri testi del genere. Ma in secondo luogo perché si tratta – come dire – di un classico. Iemolo, un grande giurista come Iemolo, diceva che era un esempio di come descrivere l’ordinamento giuridico di uno Stato. Quindi, anche dal punto di vista scientifico e storico, è un fatto apprezzabile.

 

D. – Chi era Federico Cammeo?

 

R. – Federico Cammeo è stato uno dei più grandi giuristi italiani del Novecento, professore in diverse università, tra cui Bologna e soprattutto Firenze. Era uno studioso di diritto pubblico, di diritto costituzionale, di diritto amministrativo ma conosceva bene anche il diritto canonico, e questo gli servì per la elaborazione dell’Ordinamento giuridico vaticano. E’ da notare che Cammeo era ebreo e che nonostante, appunto, fosse ebreo, aveva una grande attenzione, una grande considerazione, una grande ammirazione nei confronti della Chiesa, del diritto canonico e quindi collaborò molto volentieri, su invito di Pio XI, alla realizzazione delle Leggi istitutive dello Stato.

 

D. – Vuole ricordare ai nostri ascoltatori quali sono le fonti del diritto dello Stato della Città del Vaticano?

 

R. – Le fonti del diritto vaticano sono precisate in una legge emanata da Pio XI, una legge a cui appunto Cammeo lavorò, e che precisa come la base del diritto vaticano sia il diritto canonico, così come contenuto nel Codice e nelle Costituzioni apostoliche, come pure le leggi propriamente vaticane, emanate dal legislatore vaticano,  e cioè i Sommi Pontefici che si sono succeduti nel tempo. In alcuni casi, anche molto importanti, vigono in Vaticano, per un richiamo fatto dal legislatore vaticano, leggi italiane. Cito in particolare il Codice civile italiano del 1865, che allora era in vigore in Italia e che continua ad essere in vigore in Vaticano, il Codice penale del 1889, italiano, e il Codice di procedura penale del 1913.

 

D. – Questi Codici non hanno avuto un aggiornamento per quello che concerne lo Stato della Città del Vaticano?

 

R. – Hanno avuto alcuni emendamenti. Penso, per esempio, agli interventi di Paolo VI in materia penale, quando introdusse una serie di innovazioni, ma la base è sempre il Codice Zanardelli del 1889. Solo il Codice di procedura civile è un codice assolutamente vaticano, promulgato da Pio XII e costituisce, almeno per gli studiosi del processo civile, un modello di Codice di procedura civile.

 

D. – Come si presenta, oggi, l’Ordinamento giuridico vaticano a livello internazionale?

 

R. – Lo Stato della Città del Vaticano, in quanto Stato, è un soggetto di diritto internazionale. La sovranità su questo Stato è della Santa Sede, cioè del Papa, e questo Stato ha tutti gli elementi costitutivi di uno Stato, vale a dire il popolo, il territorio, la sovranità, un’autorità di governo con leggi di cui la Legge fondamentale, potremmo dire una specie di Costituzione, anche se tecnicamente non è una Costituzione, che è stata poi rinnovata da Giovanni Paolo II.

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CHIESA E SOCIETA’

3 febbraio 2006

 

L’ARCIVESCOVO DI GULU, MONS. JOHN BAPTIST ODAMA, HA CHIESTO LA MEDIAZIONE DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU PER METTERE FINE AL VENTENNALE CONFLITTO CHE SCONVOLGE L’UGANDA

 

NEW YORK. = “Sono qui per portare alle orecchie delle persone che contano il pianto dei bambini, il grido delle loro madri e quello delle loro famiglie. Qualcuno descrive questa guerra come dimenticata; per molti altri è largamente il conflitto meno conosciuto del pianeta”. Sono le parole che, ieri a New York, mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, ha rivolto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU perché intervenga per porre fine alla guerra che da una ventina d’anni sconvolge i distretti settentrionali dell’Uganda. Il presule ha chiesto alle Nazioni Unite di offrirsi come “mediatore” per rendere possibile il dialogo tra il governo e i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore (LRA). Mons. Odama ha sollecitato, inoltre, la creazione di un “corridoio” che garantisca alle organizzazioni umanitarie di raggiungere la popolazione civile in condizioni di sicurezza. Come riferisce l’agenzia Zenit, si stima che in Uganda la guerra abbia provocato 200 mila morti e lo sfollamento di 1 milione e mezzo di persone. Sono soprattutto i bambini le vittime innocenti del conflitto. Bambini-soldato che, reclutati in massa, sono obbligati a combattere con i guerriglieri dell’LRA oppure ridotti in schiavitù. I civili sfollati vengono ospitati nei “villaggi protetti”, nient’altro che capanne fatiscenti dove la vigilanza è sporadica e gli abusi sono di casa. In un rapporto reso noto lo scorso agosto e pubblicato dal governo ugandese in collaborazione con l’ONU e con varie ONG, è calcolato che ogni settimana in questi campi muoiano circa mille ugandesi, oltre che per le violenze subite, anche per suicidio e per contagio da AIDS. (A. E.)

 

 

“QUESTO PROVVEDIMENTO RAPPRESENTA UN SERIO PERICOLO

PER LA VITA MATRIMONIALE E PER TUTTO L’ORDINE DELLA VITA SOCIALE IN EUROPA”:

È QUANTO AFFERMANO I VESCOVI DELLA POLONIA IN UNA DICHIARAZIONE

SULLA RECENTE RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

CHE CONDANNA L’OMOFOBIA

 

VARSAVIA. = “La risoluzione del Parlamento europeo presa a Strasburgo il 18 gennaio scorso, che condanna la omofobia, rappresenta un serio pericolo per la vita matrimoniale e familiare e per tutto l’ordine della vita sociale in Europa”: è quanto afferma la Conferenza episcopale polacca, in una dichiarazione pubblicata nei giorni scorsi a Varsavia. “Il provvedimento – scrivono i vescovi – rifiuta giustamente atteggiamenti di discriminazione, disprezzo e violenza nei confronti di persone dalle tendenze omosessuali. Contemporaneamente però – spiegano – attraverso l’appello rivolto ai governi dei Paesi membri, perchè rivedano la legislazione riguardante i partner dello stesso sesso, lede le norme di vita sociale in Europa”. Secondo i presuli, la risoluzione, “utilizzando il tema della discriminazione delle persone di tendenze omosessuali, lancia indirettamente l’idea di un ugual trattamento del legame fra uomo e donna e dei legami omosessuali”. E in questo modo, precisano, “travisa la verità radicata nella natura dell’uomo, che è stato creato come maschio e femmina”. La Conferenza episcopale polacca si dice solidale con gli altri episcopati europei, con gli ambienti cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà, “che – si legge nel testo – sono d’accordo con noi sulla verità antropologica”. “In questo modo – aggiungono i vescovi – esprimiamo la nostra protesta contro questo attentato, non solo ai fondamenti del corretto funzionamento dell’Unione Europea, ma anche alla stessa vita delle persone”. A chiudere la dichiarazione, l’appello al Parlamento europeo “perchè eviti di fare azioni che abbiano il carattere di una dittatura del relativismo, che mette in pericolo la libertà di coscienza dei cittadini dei Paesi membri dell’Unione”. (R.M.)

 

 

“LA COSTA D’AVORIO E’ ANCORA UN PAESE IN PIEDI”:

COSÌ, IL PRESIDENTE IVORIANO, LAURENT GBAGBO, INCONTRANDO IERI

AD ABIDJAN I MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE

DELL’AFRICA OCCIDENTALE FRANCOFONA (CERAO)

- A cura di padre Joseph Ballong -

 

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ABIDJAN. = Ieri pomeriggio, i vescovi riuniti ad Abidjan, in Costa d’Avorio, per l’incontro della Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale francofona (CERAO), si sono recati in visita dal presidente, Laurent Gbagbo, il quale, parlando a braccio, ha ringraziato i presuli per aver scelto la città come sede della loro riunione. Il capo di Stato ha dichiarato che questa scelta e il buon andamento dell’incontro della CERAO sono segni evidenti del fatto che la Costa d’Avorio è ancora un Paese in piedi, malgrado le informazioni allarmistiche. Gbagbo ha riconosciuto che la situazione non è certo positiva, ma che la crisi non è di natura religiosa, di lotta tra cristiani e musulmani. Per il presidente, il male risiede nel fatto che alcune persone hanno voluto risolvere con le armi i problemi che 45 anni di sviluppo hanno necessariamente accumulato, mentre la via della democrazia, nella quale si era fortunatamente avviato il Paese, avrebbe favorito la via della pace. Gbagbo ha anche sottolineato che la Costa d’Avorio, come molti altri Paesi dell’Africa, è vittima delle sue stesse ricchezze naturali, di cui ci si vuole appropriare con la forza e la destabilizzazione, invece che con i negoziati. Il presidente Gbagbo ha dunque chiesto ai vescovi di pregare per la pace, non solo nel suo Paese, ma in tutta l’Africa, perché il problema della Costa d’Avorio è tipico dei problemi del continente. Il presidente della CERAO, mons. Théodore-Adrien Sarr, ha esortato il capo di Stato a continuare a lottare con forza per il ritorno della pace, impegnandosi per il dialogo e la comprensione reciproca.

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IL RUOLO CENTRALE DEI MEDIA CRISTIANI IN CAMPO EDUCATIVO AL CENTRO

DELLA SETTIMANA DI LAVORI DELL’UNIONE DELLA STAMPA CATTOLICA

INTERNAZIONALE (UCIP), SVOLTASI  NEI GIORNI SCORSI A LAHORE, IN PAKISTAN

 

LAHORE. = Libertà religiosa e d’informazione, diritti delle minoranze e delle donne, nonché l’impegno profuso dalla stampa cattolica nei Paesi del Sud-Est asiatico: su questi temi, si è svolta nei giorni scorsi a Lahore, in Pakistan, la Settimana di lavori dell’Unione della stampa cattolica internazionale (UCIP). All’incontro, oltre ai rappresentanti pakistani, hanno partecipato anche cinque delegati dello Sri Lanka, tre del Nepal e tre del Bangladesh. Inaugurando la Settimana di studi, mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Commissione episcopale per le Comunicazioni sociali, ha parlato dell’importanza del giornalismo cattolico. “In Pakistan – ha sottolineato il presule – circa il 75 per cento della popolazione cristiana è analfabeta, mentre il restante 25 per cento non è interessata a questo tipo di educazione sociale”. Pertanto, ha aggiunto, “è molto difficile far partire un qualunque tipo di giornale cattolico: non abbiamo scrittori, ma neanche avremmo troppi lettori”. “In questo modo, però – ha spiegato mons. Saldanha – perdiamo la nostra battaglia per l’educazione: la popolazione aumenta, ma il livello della sua educazione andrà sempre diminuendo”. In un’intervista ad AsiaNews, il segretario generale dell’UCIP, Joseph Chittilappilly, ha sottolineato come i pakistani siano conosciuti ed apprezzati per il loro impegno in campo educativo e sanitario, ma che al tempo stesso la libertà per i media religiosi nel Paese è molto limitata. Intervenendo all’incontro, l’avvocato Khalid Tahir ha parlato invece della questione delle donne in Pakistan, precisando che “oltre il 90 per cento di loro è vittima di discriminazioni e di violenze da parte della società, dominata dagli uomini e improntata su un modello feudale”. Padre Bonnie Mendes, direttore del Centro per lo sviluppo umano, ha poi spiegato la storia della legislazione discriminatoria che vige in Pakistan. “Abbiamo molte leggi infelici – ha dichiarato – come quella sulla blasfemia e le ordinanze Hudood”. “Per abrogarle – ha spiegato il sacerdote – occorre l’aiuto dei media di tutto il mondo”. Infine, il professore Mehdi Hasan, ricordando che nel Paese la gente non ha libertà di espressione, ha precisato che la politica e la religione dovrebbero essere due materie differenti. “Lo Stato – ha concluso – non ha il diritto di interferire in materie religiose, ma ha il dovere di garantire uguali possibilità ed opportunità di sviluppo a tutti i suoi cittadini, senza guardare il credo”. (A. E.)

 

 

DEBELLATA LA POLIOMELITE IN EGITTO E NIGER:

LO ANNUNCIA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÁ

 

GINEVRA. = L’Egitto e il Niger sono liberi dalla poliomelite: lo ha reso noto l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dopo che in Egitto non si registrano nuovi contagi da oltre un anno e in Niger gli unici quattro malati diagnosticati nel 2005 provenivano da Paesi esteri. Come riferisce l’agenzia Misna, per l’OMS l’obiettivo di liberare il pianeta da questa grave malattia infantile è sempre più vicino, anche se restano ancora quattro nazioni in cui la poliomelite è endemica: India, Pakistan, Afghanistan e Nigeria. In altri otto Stati, tra cui lo Yemen, l’Indonesia e la Somalia, la patologia è ricomparsa dopo alcuni anni perché “importata” da altre zone. Per questo, l’OMS continua ad aggiornare la campagna di vaccinazione mondiale lanciata nel 1988, che ha già portato risultati notevoli: meno di vent’anni fa, infatti, la poliomelite era presente in 125 nazioni, mentre oggi si riscontra solo in una dozzina di Paesi. (I.P.)

 

 

A ZANZIBAR, TORNANO A SCUOLA LE RAGAZZE MINORI DI 18 ANNI IN GRAVIDANZA:

ABOLITA LA LEGGE TRENTENNALE CHE IMPEDIVA LORO L’ACCESSO ALL’ISTRUZIONE

 

ZANZIBAR. = Un passo avanti verso la parità femminile. Il Parlamento dello Zanzibar, arcipelago semi-autonomo della Tanzania, ha abolito una legge trentennale che impediva alle ragazze al di sotto dei 18 anni in gravidanza di frequentare la scuola ed imponeva loro di non tornarvi più. Accolta con favore dalle organizzazioni locali per la parità tra uomo e donna, l’abolizione del provvedimento discriminatorio segna un momento di svolta nella storia dell’arcipelago a maggioranza musulmana. Come riferisce l’agenzia MISNA, la decisione è solo l’ultima di una serie di provvedimenti presi nel Paese negli ultimi mesi, allo scopo di abolire le discriminazioni. Dall’ottobre scorso ad oggi, infatti, il 30 per cento dei parlamentari risulta essere donna, mentre nel governo di Zanzibar quattro ministri sono di sesso femminile. (I.P.)

                                     

 

PROTESTA FORMALE DEL BRASILE CONTRO ARGENTINA,

PARAGUAY, URUGUAY E SURINAME

PER LA FACILITÁ DI INGRESSO DI ARMI ALLA FRONTIERA

 

BRASILIA. = Il Parlamento del Brasile ha espresso una protesta formale contro i governi di Argentina, Paraguay, Uruguay e Suriname, a causa della facilità con cui le armi prodotte da alcune fabbriche di questi quattro Paesi riescono ad entrare in Brasile e a finire nelle mani di gruppi criminali. Come riferisce l’agenzia MISNA, l’atto arriva dopo molte denunce giunte alla Commissione parlamentare di investigazione del Parlamento brasiliano, secondo cui il commercio illegale di armi sarebbe gestito da ufficiali delle forze armate dei Paesi sospettati. Per ora, non sono stati resi noti i dati sull’ammontare e sulla vastità di questo smercio di armi, ma per i parlamentari brasiliani dovrebbe essere notevole. (I.P.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

3 febbraio 2006

 

- A cura di  Amedeo Lomonaco -

 

È ufficiale: è affondata per cause ancora ignote la nave Al Salam 98, scomparsa la notte scorsa nel Mar Rosso. A bordo c’erano più di 1.400 persone. “Pochi i superstiti”, affermano le autorità egiziane. Il servizio di Giada Aquilino:

 

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Non è mai arrivata al porto di Safaga, in Egitto, la Al Salam 98, partita ieri nel tardo pomeriggio da Gedda, in Arabia Saudita. A dividere le due località: il Mar Rosso. Stanotte le autorità portuali egiziane hanno perso ogni contatto con l’imbarcazione, che trasportava circa 1400 passeggeri, perlopiù egiziani, ma anche sauditi e sudanesi, e un centinaio di membri di equipaggio. Tra le persone a bordo, pure fedeli di ritorno dall’annuale pellegrinaggio a La Mecca. Scattate immediatamente le ricerche, proseguono con l'impiego di mezzi navali e aerei: 12 naufraghi sono stati finora portati in salvo, mentre sono stati recuperati 14 corpi. Ma il maltempo che sta investendo la zona rende difficili le ricerche. Avvistate comunque delle scialuppe di salvataggio. Nessuna ipotesi intanto sulla sciagura, anche se il ministro dei Trasporti egiziano ha escluso che la nave fosse sovraccarica. Nell’ottobre scorso un’imbarcazione gemella, la Al Salam 95, affondò nel Mar Rosso dopo una collisione con un cargo cipriota. In quell'occasione quasi tutti i passeggeri furono salvati.

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Drammatico attacco contro una comunità cristiana nelle Filippine: almeno sei civili cristiani, tra cui un neonato, sono rimasti uccisi in un assalto sferrato da uomini armati nella cittadina di Patikul, nel Sud del Paese. Su questo attacco ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore di AsiaNews Bernardo Cervellera:

 

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R. – Secondo le notizie che abbiamo ricevuto, sembra che ci siano stati degli attacchi mirati contro dei cristiani. Sconosciuti si sono diretti nei villaggi è hanno chiesto chi fosse cristiano. Dopo, sono tornati con le armi. Hanno sparato e ucciso diverse persone, tra le quali un neonato. Sembra, però, che questa nuova ondata di fondamentalismo provenga più dall’esterno. Da diversi mesi, infatti, il governo stava cercando di dialogare con il mondo islamico fondamentalista di Mindanao e Jolo. Questo attacco costituisce, quindi, un colpo molto duro alla speranza di pace della popolazione locale.

 

D. – Secondo molti osservatori, questo nuovo attacco è stato sferrato proprio per fomentare le tensioni tra cristiani e musulmani …

 

R. – Tutto il Sud-Est asiatico, secondo le nostre fonti, è in preda all’influenza di al Qaeda e di movimenti estremisti. I gruppi fondamentalisti cercano di far scoppiare le contraddizioni, di ostacolare la convivenza tra cristiani e musulmani. Questo avviene in Indonesia, in Malesia, nelle Filippine e in tantissime altre parti. A Mindanao ci sono delle influenze di predicatori stranieri che stanno gonfiando ancora di più l’odio confessionale.

 

D. – Ma cosa vogliono questi gruppi fondamentalisti, che agiscono nel Sud delle Filippine?

 

R. – Questi movimenti radicali vogliono a tutti i costi radiare i cristiani da questa zona. In alcune città, da 15 mila cristiani adesso ne sono rimasti 2 – 3 mila.

 

D. – Padre, come vivono questi momenti i cristiani di questa regione?

 

R. – C’è molto timore, c’è molta preoccupazione e quindi, naturalmente, adesso c’è molta discrezione. Tutte le nostre fonti vogliono rimanere anonime…

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Dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio, la questione degli aiuti all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e la condizione posta dalla comunità internazionale del riconoscimento dello Stato ebraico da parte di Hamas, continuano a dominare la scena politica mediorientale. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

 

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L’amministrazione americana ha deciso di sospendere una serie di nuovi progetti di assistenza varati nei Territori ma non esclude di continuare ad elargire limitati aiuti umanitari all’Autorità Nazionale Palestinese. Lo ha annunciato il console generale degli Stati Uniti a Gerusalemme aggiungendo che Hamas potrebbe rivolgersi all’Iran per ottenere fondi. Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, il governo dello Stato ebraico  sbloccherà inoltre, la prossima settimana, i fondi dovuti all’Autorità Nazionale Palestinese e congelati dopo la vittoria elettorale di Hamas. Il riconoscimento di Israele resta un altro nodo focale. Il principale leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Mashaal, ha dichiarato che il movimento estremista islamico non riconoscerà mai Israele. Ma l’organizzazione radicale – ha aggiunto – è disposta a trattare sulle condizioni per una tregua di lungo periodo con lo Stato ebraico. Il presidente egiziano, Hosni Mubarak, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano israeliano, ha ribadito, inoltre, che se Hamas vuole formare il nuovo governo palestinese, deve riconoscere Israele. Lo Stato ebraico - ha aggiunto poi Mubarak - deve dare prova di “pazienza”. I dirigenti del gruppo fondamentalista – ha spiegato - non vogliono instaurare un governo del terrore. Sul terreno, intanto, un giovane insegnante tedesco è stato sequestrato e successivamente liberato da un gruppo di estremisti a Nablus. Almeno quattro attivisti radicali palestinesi, appartenenti ad Hamas e ad al-Fatah, sono stati catturati, inoltre, nel corso di operazioni di rastrellamento delle truppe israeliane in diverse zone della Cisgiordania.

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Riprende nel pomeriggio a Vienna la riunione straordinaria dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, dedicata alla crisi nucleare iraniana. In agenda, una bozza di risoluzione messa a punto da Francia, Germania e Gran Bretagna e appoggiata anche da Stati Uniti, Russia e Cina: il documento prevede che il direttore della stessa AIEA, El Baradei, riferisca il caso all’ONU. Poi, tra un mese, potrebbe arrivare la decisione per il deferimento al Consiglio di Sicurezza. Per ora, comunque, sembra esclusa la via delle sanzioni economiche. Ma come viene visto dalla Repubblica islamica il rinvio della questione alle Nazioni Unite? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato, corrispondente ANSA da Teheran:

 

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R. – Anche una sola informazione e non un deferimento vero e proprio, porterebbe l’Iran a riprendere l’arricchimento dell’uranio su scala industriale e a sospendere tutte le misure di cooperazione volontaria con l’AIEA. Questa cooperazione ha permesso, fino ad ora, che l’Iran si sia impegnato a garantire l’accesso per ispezioni anche con breve preavviso e anche visite a siti militari. Ma per queste visite, in realtà, si sono presentati diversi problemi e una serie di ritardi provocati dagli stessi iraniani.

 

D. – Anche Russia e Cina, sempre vicine all’Iran, si sono allineate con le posizioni di Unione Europea e Stati Uniti. Come stanno cambiando le alleanze di Teheran?

 

R. – La Russia ha cercato di presentare un piano per un compromesso, appoggiata anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. E’ stato presentato un piano che prevedeva il trasferimento dell’arricchimento dell’uranio iraniano sul territorio russo, per garantire che, questo, non venga usato per fini militari. Ma l’Iran, proprio alla vigilia dell’arrivo a Teheran di una delegazione russa, ha dichiarato di non aver ricevuto questo piano. I russi sostengono, invece, di averlo inviato. Questo aspetto deve avere avuto il suo peso in questo cambiamento. Per quanto riguarda la Cina, è un Paese che è interessato al mercato iraniano. La Cina importa, infatti, tre miliardi di dollari di petrolio iraniano, circa il 12 per cento del suo fabbisogno di energia di petrolio all’anno. La Cina, comunque, è anche un Paese che ha enormi interessi commerciali con gli Stati Uniti e quindi è prudente nel prendere le sue decisioni.

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In Iraq, intanto, almeno 16 persone sono morte ieri per l’esplosione di due ordigni a Baghdad nei pressi di un mercato e di una stazione di servizio.

 

Nuovi scontri in Afghanistan: almeno diciannove persone sono rimaste uccise in una massiccia offensiva lanciata da guerriglieri fedeli all’ex regime dei Talebani nella provincia meridionale di Helmand. Tra le vittime, soprattutto ribelli, ci sono almeno 3 poliziotti. Intanto, il primo ministro olandese, Jan  Peter Balkenende, ha annunciato che almeno 1200 soldati saranno inviati nel Sud del Paese per garantire una più adeguata cornice di sicurezza.

 

Nuovi negoziati tra le due Coree: dopo quasi due anni, Corea del Nord e Corea del Sud hanno concordato il riavvio di colloqui militari ad alto livello finalizzati ad allentare la tensione che persiste lungo il 38.mo parallelo, ultima frontiera blindata al mondo rimasta dai tempi della Guerra Fredda. Lo ha annunciato il ministero della Difesa di Seul con un comunicato nel quale si specifica che i contatti saranno riallacciati fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo nel villaggio di Panmunjon, nel cuore della zona smilitarizzata che si estende al confine tra i due Paesi.

 

Stati Uniti e Corea del Sud hanno dato il via libera a negoziati per giungere ad un accordo di libero scambio. Lo ha annunciato stamani, a Washington, il responsabile americano per il Commercio Estero, Rob Portman, aggiungendo che “pochi Paesi rappresentano meglio della Corea del Sud la promessa di mercati aperti, di democrazia e di riforme economiche”. Secondo gli analisti, un’eventuale intesa tra Washington e Seul potrebbe essere quella “più significativa dal punto di vista commerciale”, dopo l’area di libero scambio denominata NAFTA avviata nel 1993 tra Stati Uniti, Canada e Messico.

 

Il presidente venezuelano, Hugo Chavez, ha annunciato che aumenterà del 15 per cento i salari minimi del settore pubblico e privato. Con questa nuova misura, il salario minimo passerà da circa 155 a quasi 180 euro mensili.

 

In Turkmenistan, Paese colpito da una grave situazione economica, il presidente Saparmurat Niazov ha ridotto le pensioni e abolito quelle di invalidità. Non avrà inoltre più alcun diritto alla pensione chi ha figli con un’età superiore ai 18 anni.

 

E’ di almeno due persone il bilancio di tre forti esplosioni che ieri hanno colpito Vladikavkaz, capitale dell’Ossezia del Nord. Gli inquirenti ritengono probabile l’ipotesi di un regolamento di conti tra bande criminali rivali ma non escludono la pista che porta alla guerriglia indipendentista cecena. L’Ossezia del Nord è stata teatro, nel settembre del 2004, del drammatico sequestro nella scuola di Beslan, conclusosi con la morte di 331 persone.

 

L’organizzazione francese “Azione contro la fame” ha smentito la notizia del rapimento di otto suoi operatori da parte di uomini armati nel Darfur, martoriata regione occidentale del Sudan. La notizia era stata diffusa dall’agenzia ufficiale sudanese. Intanto, gli Stati Uniti hanno presentato all’ONU una bozza di risoluzione proprio sul Darfur, auspicando l’invio di forze delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. Il documento, presentato da Washington, deve ottenere l’appoggio di tutti e 15 i membri del Consiglio di Sicurezza. Non si sono ancora espressi in proposito il Qatar, l’unico Stato arabo del Consiglio, e la Cina, che può esercitare il diritto di veto.

 

 

 

 

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