RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 34 - Testo della
trasmissione di venerdì 3 febbraio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Debellata la poliomelite
in Egitto e Niger: lo annuncia l’OMS
Affonda un traghetto nel
Mar Rosso con a bordo oltre 1400 persone: pochi i
superstiti
Attacco contro una
comunità cristiana nelle Filippine: uccisi almeno 6 civili, tra cui un neonato
Dopo la vittoria di Hamas, gli USA sospendono nuovi progetti di assistenza ai palestinesi. Il leader
di Hamas annuncia che il gruppo radicale non
riconoscerà mai Israele
3
febbraio 2006
BENEDETTO XVI CONCEDE L’INDULGENZA PLENARIA
IN
OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI PER LA 14.MA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un’indulgenza plenaria in occasione della 14.ma Giornata
mondiale del malato, che culminerà il prossimo 11 febbraio con la celebrazione
eucaristica nella cattedrale australiana di Adelaide. Benedetto XVI ha deciso
di concederla fissandone le disposizioni nel Decreto reso noto oggi dal
penitenziere maggiore, il cardinale James Francis Stafford. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Benedetto XVI, si legge nel decreto, accompagna la
concessione dell’indulgenza plenaria nella “speranza
che siano promosse opere ed iniziative di cristiana pietà e di sociale solidarietà
in favore degli infermi”, specialmente quelli affetti da menomazioni mentali,
più facilmente “emarginati dalla società e dalla propria famiglia”. Già
nel suo messaggio per la Giornata mondiale del malato, reso noto nel dicembre
scorso, il Papa aveva spronato le coscienze ad
associare ad appropriate terapie una “sensibilità
nuova di fronte al disagio” nei riguardi di questa categoria di disabili,
constatando pure che “in molte parti del mondo” i servizi per i malati
mentali “risultano carenti, insufficienti o in stato di disfacimento”.
L’11 febbraio, dunque - memoria della
Vergine di Lourdes – i fedeli che parteciperanno “a qualche sacra cerimonia”
nella cattedrale di Adelaide, o nei luoghi stabiliti dall’autorità ecclesiastica,
potranno – si legge nel Decreto – ottenere l’indulgenza plenaria alle consuete
condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo
le intenzioni del Papa. Il documento della Penitenzieria
apostolica si rivolge anche a quei fedeli che non potranno prendere parte alle
celebrazioni perché impegnati, in ospedali o in case private,
nell’assistenza agli ammalati, “specialmente quelli – specifica il Decreto –
che a causa di qualche menomazione mentale richiedono maggiore pazienza,
diligenza e attenzione”. Anche costoro potranno ottenere l’indulgenza plenaria
se, prosegue il documento, “in quel giorno presteranno generosamente almeno per
qualche ora la loro caritatevole assistenza agli ammalati come se lo facessero
allo stesso Cristo Signore”, con “l’animo distaccato da ogni peccato” e il
proposito di adempiere, appena possibile, “alle condizioni richieste per
l'ottenimento dell'indulgenza plenaria”.
In modo analogo, potranno ottenere tale indulgenza i
malati impossibilitati a prendere parte alle cerimonie per l’11 febbraio,
purché “partecipino spiritualmente” insieme con il Papa alla preghiera per i
malati, offrendo le proprie sofferenze. Infine, conclude il Decreto, Benedetto
XVI concede un’indulgenza parziale, dal 9
all'11 febbraio, a tutti i fedeli “ogniqualvolta,
con cuore contrito, rivolgeranno a Dio misericordioso devote preghiere per implorare
le suddette finalità in aiuto degli infermi”.
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IRRADIATE
SEMPRE E IN OGNI LUOGO L’AMORE DI CRISTO:
QUESTO
L’INVITO DEL PAPA AI CONSACRATI DURANTE LA MESSA
NELLA
BASILICA VATICANA PER LA FESTA DELLA PRESENTAZIONE.
NELLA
SUA OMELIA BENEDETTO XVI HA SOTTOLINEATO
CHE
CRISTO OBBEDIENTE È IL CAMMINO SICURO PER GIUNGERE ALLA VERITÀ
“Come ceri accesi, irradiate sempre e in ogni
luogo l’amore di Cristo, luce del mondo”.
E’ l’invito che ieri pomeriggio Benedetto XVI, durante la celebrazione della
festa della Presentazione di Gesù al Tempio, presieduta nella Basilica Vaticana,
ha rivolto alle persone consacrate. In una San Pietro gremita,
suggestiva la liturgia della luce che ha dato inizio alla Santa Messa. Il
servizio di Tiziana Campisi.
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(musica)
E’ luce per illuminare le genti, Gesù; la luce che ha
rischiarato l’umanità e che centinaia di consacrati, simbolicamente, hanno
voluto far brillare da tante candele nella festa della Presentazione del
Signore al Tempio. E’ la celebrazione dell’incontro del Messia con il suo
popolo, il mediatore che unisce Dio e l’uomo. Nella solenne Messa presieduta
nella Basilica di San Pietro, Benedetto XVI ha voluto sottolineare questa
immagine: Cristo è colui che abolisce le distanze, elimina ogni divisione ed
abbatte ogni muro di separazione. Ma è anche colui che percorre la via dell’obbedienza
e con lui Maria:
“Portando il Figlio a Gerusalemme, la Vergine Madre lo offre a Dio
come vero Agnello che toglie i peccati del mondo; lo porge a Simeone e ad Anna
quale annuncio di redenzione; lo presenta a tutti come luce per un cammino
sicuro sulla via della verità e dell’amore”.
Per la Chiesa, ha spiegato poi il Papa, la festa della
Presentazione è un’opportunità per lodare il Signore e ringraziarlo del dono
inestimabile che la vita consacrata, nelle sue differenti forme, rappresenta.
Essa è segno della presenza del Regno di Dio in mezzo a noi:
“Come, infatti, la
vita di Gesù, nella sua obbedienza e dedizione al Padre, è parabola vivente del ‘Dio con noi’, così la concreta
dedizione delle persone consacrate a Dio e ai fratelli diventa segno eloquente
della presenza del Regno di Dio per il mondo di oggi…; la loro completa
consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della
presenza di Dio in un linguaggio comprensibile anche ai nostri contemporanei”.
Li ha
definiti sentinelle che scorgono e annunciano la vita nuova già presente nella
storia, i consacrati, Benedetto XVI, e a loro ha rivolto questo augurio:
“Il Signore rinnovi ogni giorno in
voi e in tutte le persone consacrate la risposta gioiosa al suo amore gratuito
e fedele. Cari fratelli e sorelle, come ceri accesi, irradiate sempre e in ogni
luogo l’amore di Cristo, luce del mondo”.
E al
termine dell’omelia il tradizionale rito di ringraziamento a Dio dei consacrati:
“Voi, qui presenti, consacrati al
servizio di Dio, in una stupenda varietà di vocazioni ecclesiali, rinnovate
l’impegno di seguire Cristo obbediente, povero e casto, affinché, per la vostra
testimonianza evangelica, splenda nella Chiesa e illumini il mondo Cristo
Signore, luce delle genti”.
(musica)
Quindi
ha preso la parola un religioso:
“Grazie,
Padre, per il dono di Cristo, figlio della tua Ancella, servo obbediente fino
alla morte. Con gioia confermiamo oggi il nostro impegno di obbedienza al Vangelo,
alla voce della Chiesa, alla nostra regola di vita”.
(musica)
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UDIENZE
E NOMINE
Stamane il Papa ha ricevuto alcuni presuli della
Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo,
in visita “ad Limina”. Questo pomeriggio riceverà il cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
In Argentina, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Zárate–Campana
presentata da mons. Rafael Eleuterio Rey, in
conformità al can. 401 §2 del Codice di Diritto Canonico.
Gli succede mons. Oscar Domingo Sarlinga,
finora vescovo titolare di Uzali ed ausiliare di Mercedes–Luján. Mons. Oscar
Domingo Sarlinga è nato a Buenos Aires il 20 maggio
1963. Ordinato sacerdote il 30
aprile 1990, è stato consacrato vescovo il 17 maggio 2003.
In Corea, il Santo Padre ha nominato arcivescovo
coadiutore dell’arcidio-cesi di Daegu, mons. John Choi Young-soo, finora vescovo
titolare di Sitifi e ausiliare della medesima
arcidiocesi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima pagina – “Come ceri accesi”: Benedetto XVI
invita i religiosi e le religiose a rinnovare ogni giorno la risposta gioiosa
all’amore gratuito e fedele del Signore durante la Concelebrazione Eucaristica
nella Basilica Vaticana per la Presentazione del Signore - Giornata Mondiale
della Vita Consacrata.
Sempre in prima, in evidenza il tragico naufragio
nel Mar Rosso.
Servizio vaticano - Un articolo dal titolo “Sulle
orme di san Giovanni della Croce per un rinnovato studio della scienza
teologica”: un nuovo volume sulla spiritualità e sulla mistica.
Servizio estero - Un articolo sul Venezuela dal
titolo “Un appello alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace sociale”:
esortazione pastorale dei vescovi al termine dell'Assemblea plenaria.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Patruno dal titolo “Un film-denuncia sull’
‘etica’ della rappresaglia”: “Munich” di Steven Spielberg.
Servizio italiano - In rilievo la campagna
elettorale: Berlusconi attacca di nuovo i giudici.
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3
febbraio 2006
NUOVE TENSIONI E POLEMICHE PER LE VIGNETTE SULL’ISLAM:
AI NOSTRI MICROFONI, IL
GIORNALISTA MUSULMANO YOUNIS TAWFIK,
IL RABBINO GIUSEPPE
LARAS E MONS. ALDO GIORDANO INVITANO
ALLA MODERAZIONE E AL RISPETTO DELLE
CONVINZIONI RELIGIOSE
Non si fermano le proteste nel
mondo islamico contro le vignette satiriche su Maometto pubblicate da alcuni
giornali europei. Il re Abdallah II di Giordania le
ha definite un insulto al Profeta e, in quanto tale, un “crimine
ingiustificabile con il pretesto della libertà di espressione”. D’altra parte,
si moltiplicano i giornali che stanno pubblicando le vignette in un primo
momento apparse su un quotidiano danese. In alcune casi,
le manifestazioni hanno assunto forme violente: a Giakarta, alcune centinaia di
contestatori hanno fatto irruzione nell’ambasciata danese in Indonesia. Dal
canto suo, il gruppo integralista palestinese Hamas
ha indetto delle manifestazioni di protesta a Gaza, mentre nelle città irachene
di Bassora e Falluja sono state bruciate bandiere e
prodotti danesi. Sulla vicenda e le possibili ricadute sui rapporti tra
Occidente ed Islam, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Younis Tawfik, giornalista e
scrittore iracheno, di fede islamica sunnita:
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R. – Il fatto di protestare è
legittimo quanto il fatto di rivendicare la propria libertà. Per cui, ai
musulmani spetta il diritto di protestare ma nella maniera più pacifica
possibile, mentre qui in Occidente si rivendica il diritto alla libertà, e
dunque va difeso. Ma quale musulmano posso dire che la libertà deve comunque
avere un limite. Esistono dei vincoli etici e morali che non permettono al
musulmano di ridicolizzare figure sacre del cristianesimo e nemmeno
dell’ebraismo, e così dev’essere anche dalla parte
del mondo occidentale. Queste figure sacre sono patrimonio della collettività e
dunque se io vado oltre questi limiti vado a calpestare i sentimenti della
collettività.
D. – La vicenda delle vignette
ha riportato in primo piano il dibattito sullo scontro di civiltà, ma in realtà
anche molti cristiani si sentono offesi da queste vignette che deridono
un’altra religione. Ecco: qual è la sua riflessione su questo aspetto?
R. – Esattamente come noi
musulmani ci troviamo offesi anche quando si tratta della ridicolizzazione
della figura di Gesù. Come dicevo prima, si tratta di un fatto etico-morale, altrimenti domani ci troviamo qui, in
Occidente, nel nome della libertà a far diventare una figura sublime come
quella di Dio, di Gesù o di Maria, o di Maometto in questo caso, come profeta,
la facciamo diventare poi un fatto talmente ridicolo, talmente privo di senso
che poi perde il suo valore spirituale!
D. – Il mondo islamico insorge
contro le vignette considerate blasfeme, e c’è una solidarietà da parte
cristiana. Ma è anche vero che in alcuni Paesi a maggioranza islamica i
cristiani non possono professare la propria fede pubblicamente. Quanto è
sentito questo tema della “reciprocità dei diritti” nel mondo islamico?
R. – E’ qui che sbagliano i
musulmani. Sbagliano due volte: sbagliano quando
portano la protesta a livello violento, perché tutti hanno il diritto di
protestare ma nella maniera più pacifica possibile. Dall’altra parte sbagliano,
quando non lasciano spazio agli altri di professare pienamente la loro fede,
perché se loro pretendono la libertà di poter professare la loro fede, devono
donarla e darla anche agli altri.
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Il segretario generale dell’ONU,
Kofi Annan, ha affermato
stamani che “la libertà di stampa dovrebbe sempre poter essere esercitata in
modo da rispettare pienamente i diversi credo religiosi
e le diversi fedi”. Dal canto suo, pur impegnato in un’offensiva diplomatica il
premier danese, Rasmussen, non ha presentato ai
credenti musulmani scuse ufficiali per la pubblicazione delle vignette su un
giornale danese: “non è possibile scusarsi - ha
argomentato Rasmussen - in un Paese dove non esiste
alcun controllo dello Stato sulla libera stampa”. E uno dei quotidiani che ha
pubblicato le vignette, France Soir,
ha scritto che “non presenterà le sue scuse per aver difeso la libertà
d’espressione di fronte all’intolleranza religiosa”. Su questo dibattito che ha
al centro la libertà di stampa e il rispetto del credo religioso, Alessandro
Gisotti ha intervistato il prof. Giuseppe Laras, rabbino
capo emerito di Milano:
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R. – Io
penso che ci si debba affidare anche al senso morale, al buon senso e al senso
della misura. E’ chiaro che esiste il concetto di libertà di espressione.
Esiste, però, anche il diritto a non vedere offesi i simboli della propria fede
religiosa. Quindi, occorre avere molto senso di rispetto per le altrui fedi,
per gli altrui simboli religiosi, per l’altrui sensibilità religiosa, tenendo
conto proprio nella fattispecie che il mondo islamico è un mondo che esprime
una società incentrata sull’idea del sacro, e c’è per cui
questa sensibilità particolare.
D. – Per il mondo ebraico quale
posto ha la satira? Quali sono i suoi limiti?
R. – Lei sa che il senso dello humor nel mondo ebraico, anche nelle sue espressioni culturali,
e se vogliamo anche religiose o parareligiose, è molto marcato. Quindi, non mi
sembra di vedere, di riuscire a cogliere una situazione analoga a quella di cui
ci stiamo occupando. E’ chiaro che all’interno del mondo ebraico c’è molta
attenzione, molto rispetto, nei confronti di quelli che sono i sentimenti
religiosi, i simboli religiosi, non solo propri, ma altrui. Quindi, una cosa di
questo genere all’interno del mondo ebraico non si dovrebbe verificare. Se si
verificasse, evidentemente saremmo in presenza di una
degenerazione di quel senso di libertà di cui noi riteniamo di essere detentori.
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“Esprimiamo dispiacere e
rammarico per l'irriverenza mostrata nei confronti del profeta dell'Islam e
preghiamo insieme ai nostri fratelli musulmani perché l'amore divino prevalga
nel mondo”, è quanto si legge in un comunicato congiunto firmato dal Patriarca
Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, assieme agli
altri leader delle comunità cristiane di Turchia. Una solidarietà espressa, ai
nostri microfoni, anche da mons. Aldo Giordano, segretario del Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee, intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – La mia impressione è che
bisogna distinguere. Esiste satira e satira, cioè c’è una satira anche volgare,
una satira che manca di rispetto, che attacca l’altro e quindi non c’è diritto
di attaccare l’altro. Se una satira simile fosse fatta su mio padre, su mia
madre, io reagirei. Io vedo che anche tutto il mondo cristiano è molto
rattristato e sofferente per una certa satira di questo tipo, rivolta a
fratelli di altra religione. Invece, se ci fosse una satira intelligente e
simpatica, che non offenda le persone, quella satira
può essere accettata. Dipende dall’intelligenza e dalla delicatezza della
satira, e dipende anche da chi è rivolta. Un conto è rivolgerla a personaggi
del mondo delle religioni, come possono essere i sacerdoti, gli imam, un conto è una satira – molto più delicata – rivolta
a chi è il fondamento di una fede religiosa.
D. – C’è un limite, quindi, alla
libertà di satira invocata da alcuni organi di stampa occidentale?
R. – Già dalla legge comune:
quando uno offende un altro, quando uno attacca in maniera sbagliata un altro,
va già contro i diritti umani, i diritti delle persone. Noi siamo grandi
difensori dei diritti delle persone, e quindi siamo contro tutto
quello che è volgarità, che è offesa, quello che tocca le convinzioni più
intime …
D. – E’ d’accordo con il Gran
Rabbino di Francia, che parla di “disonestà intellettuale”?
R. – Penso di sì, perché è una
questione innanzitutto di intelligenza. “Disonestà intellettuale” nel senso che
non si capisce chi è l’altro: parliamo tanto di rispetto dell’altro, di
comprendere chi è l’altro, l’importanza dell’altro, ma non facciamo nessuno sforzo
per comprendere chi è l’altro!
D. – Perché nel mondo
occidentale non si disapprovano le vignette blasfeme di stampo cristiano?
R. – Il fatto che noi crediamo
in un Dio che si è incarnato, quindi che è diventato uomo, che ha assunto la
storia, questo ci porta a spaventarci meno delle satire e delle varie prese di
posizione, perché su Cristo, nel momento in cui è diventato uomo, si è esposto
a questo: Lui ha subito la satira già al suo tempo. Quindi, noi cristiani ci
spaventiamo un po’ meno di questo. Non che siamo contenti: anche noi siamo
molto rattristati, quando succedono satire volgari e satire offensive. Siamo
molto dispiaciuti e ne soffriamo veramente. Però, in qualche modo, possiamo
conviverci perché Gesù si è esposto fino alla Croce, fino all’offesa più
umiliante che potesse esistere, quella della Croce, e quindi seguendo il nostro
Maestro in qualche maniera soffriamo con Lui di questo.
D. – In questa vicenda si
ripropone ancora una volta uno scontro di civiltà?
R. – Certamente, vediamo che
abbiamo origini culturali diverse, abbiamo fonti diverse e forse la risposta
potrebbe essere una maggiore solidarietà. Noi adesso esprimiamo solidarietà a
tutti i nostri fratelli musulmani. Naturalmente, sarebbe bello che questa
solidarietà fosse condivisa. D’altra parte, ripeto, noi come cristiani vorremmo
anche invitare a non insistere troppo su questi casi: sono cose dolorose, però
Dio è più grande di tutto ciò che passiamo nella storia, e io penso che noi
dovremmo anche aiutarci un po’ a superarle e a non ingigantirle e non farne
occasioni di scontri di civiltà, perché Dio da noi si aspetta certamente che
noi lavoriamo per la fratellanza, per la solidarietà, per la pace … Quindi, diciamo
che dovremmo essere capaci anche di trasformare le offese in occasioni di una
maggiore solidarietà. Questo è un po’ quello che vedo anche nel dialogo con
alcuni amici musulmani. A volte ci diciamo: “Dobbiamo sfruttare
quest’occasione, non farne momenti di distruzione”.
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“UN
SERVIZIO PRIVILEGIATO. LA BIBBIA NELLA LITURGIA”: SU QUESTO TEMA,
PRENDE IL VIA OGGI A ROMA IL CONVEGNO DEL
SETTORE APOSTOLATO BIBLICO DELL’UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE ITALIANO
- Con noi, don Cesare Bissoli -
Sacre Scritture, liturgia e impegno di chi fa animazione
pastorale: per riflettere sul rapporto che li unisce, prende il via oggi
pomeriggio a Roma il Convegno del Settore Apostolato Biblico dell’Ufficio
Catechistico nazionale italiano, sul tema: “Un servizio privilegiato. La Bibbia nella Liturgia”. Ce ne
parla, al microfono di Roberta Moretti, il coordinatore nazionale
dell’Apostolato Biblico, don Cesare Bissoli:
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R. - Questo tema nette in risalto ciò che nella Chiesa è sempre
costitutivo ed è contemporaneamente esigenza della Bibbia verso la liturgia e
della liturgia verso la Bibbia. In altre parole, la Parola annunciata e la
Parola celebrata, è sempre la stessa Parola di Dio assunta, interpretata, vissuta
dal punto di vista dell’ascolto e dal punto di vista della celebrazione.
D. –
Benedetto XVI ha esortato tutti i cristiani ad avvicinarsi ai testi biblici. Ma
come fare per riportare nelle case l’abitudine di leggere la Bibbia?
R. –
Questo è un cammino che deve avere i tempi necessari perché anche
psicologicamente la nostra gente non è stata abituata ad avere un rapporto
diretto con la Parola, l’ha sempre ascoltata nell’assemblea domenicale.
L’incontro diretto è in qualche modo un prodotto che nasce dallo stesso
Concilio Vaticano II che, mettendo in risalto la potenza della Parola di Dio,
invita anche singolarmente le persone a leggere la Bibbia. Quanto poi alla
determinazione, la via migliore è partire dalla famiglia poi nel catechismo
dell’iniziazione cristiana, via via fino a dare la
possibilità ai singoli di incontrare il testo mediante, in particolare, la Lectio divina.
D. – A
proposito, il Papa ha parlato dell’importanza e dell’efficacia della Lectio divina. Ma cos’è e come avvicinarsi?
R. – La
Lectio divina ha il valore intrinseco e teologico di
essere il vero atteggiamento di incontro con la Bibbia come incontro con Dio.
Questo va fatto con una pedagogia di preparazione perché prendere un testo,
leggerlo, meditarlo, ecc., sono parole belle ma
bisogna pure aiutare la gente. E’ quello che stanno facendo nei gruppi di
ascolto curando con pazienza la crescita. Non bisogna avere fretta.
D. –
Secondo lei, oggi c’è una nuova attenzione ai testi sacri o no?
R. –
Dove la fede è presente, c’è questa attenzione. Dove la fede vuole in qualche modo
crescere, c’è questa sintonia, questa attrazione profonda, quasi una nostalgia
del popolo di Dio verso il suo Libro.
Perché è sentito non tanto come svincolamento
della mediazione della Chiesa, ma piuttosto è un sentimento quasi nativo,
sorgivo che lo spirito suscita. Le grandi vicende del popolo di ieri sono
quelle che mi appartengono perché quel popolo è oggi.
D. –
Siamo bombardati ogni giorno da tante parole. Come non disperdere la Parola, la
Parola di Dio nello stress della vita quotidiana?
R. -
Bisogna avere, come si dice, un’igiene spirituale. Occorre creare dei momenti
di interiorità che è anche silenzio, è anche percezione di essere alla presenza
di Dio. Lì avviene l’incontro con la Parola per cui
anche nei gruppi di ascolto è un ritrovarsi insieme in uno spazio e in un tempo
limitati, con persone che condividono la stessa visione di fede. E’ una
pedagogia da mettere in atto in questo senso.
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QUESTO POMERIGGIO A
ROMA VIENE PRESENTATA LA RIEDIZIONE ANASTATICA
DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO DELLO STATO DELLA CITTA’ DEL VATICANO
- Intervista con il prof. Giuseppe Dalla Torre -
Nell’ambito della collaborazione
tra la LUMSA (Libera Università Maria Santissima Assunta) e la Libreria
Editrice Vaticana, viene presentato questo pomeriggio
a Roma la riedizione anastatica dell’“Ordinamento giuridico dello Stato della
Città del Vaticano”, di Federico Cammeo, con la presentazione del cardinale
Angelo Sodano più un appendice di aggiornamento. Giovanni Peduto ne ha parlato
con il rettore magnifico della LUMSA, il professor Giuseppe Dalla Torre, che
presiederà la presentazione:
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D. – Quale importanza riveste
questa riedizione anastatica dell’Ordinamento giuridico dello Stato della Città
del Vaticano di Federico Cammeo?
R. – E’ un evento che acquista
un notevole rilievo da due punti di vista. Innanzitutto, perché nonostante le modifiche
che ci sono state nel tempo, nel corso di più di 70 anni, le basi
dell’Ordinamento giuridico vaticano sono ancora quelle strutturate e descritte
in questo testo fondamentale di Cammeo, che non ha conosciuto altri testi del
genere. Ma in secondo luogo perché si tratta – come dire – di un classico. Iemolo, un grande giurista come Iemolo,
diceva che era un esempio di come descrivere l’ordinamento giuridico di uno
Stato. Quindi, anche dal punto di vista scientifico e storico, è un fatto apprezzabile.
D. – Chi era Federico Cammeo?
R. – Federico Cammeo è stato uno
dei più grandi giuristi italiani del Novecento, professore in diverse
università, tra cui Bologna e soprattutto Firenze. Era uno studioso di diritto
pubblico, di diritto costituzionale, di diritto amministrativo
ma conosceva bene anche il diritto canonico, e questo gli servì per la
elaborazione dell’Ordinamento giuridico vaticano. E’ da notare che Cammeo era
ebreo e che nonostante, appunto, fosse ebreo, aveva una grande attenzione, una
grande considerazione, una grande ammirazione nei confronti della Chiesa, del
diritto canonico e quindi collaborò molto volentieri, su invito di Pio XI, alla
realizzazione delle Leggi istitutive dello Stato.
D. – Vuole ricordare ai nostri
ascoltatori quali sono le fonti del diritto dello Stato della Città del
Vaticano?
R. – Le fonti del diritto
vaticano sono precisate in una legge emanata da Pio XI, una legge a cui appunto Cammeo lavorò, e che precisa come la base del
diritto vaticano sia il diritto canonico, così come contenuto nel Codice e
nelle Costituzioni apostoliche, come pure le leggi propriamente vaticane,
emanate dal legislatore vaticano, e cioè
i Sommi Pontefici che si sono succeduti nel tempo. In alcuni casi, anche molto
importanti, vigono in Vaticano, per un richiamo fatto dal legislatore vaticano,
leggi italiane. Cito in particolare il Codice civile italiano del 1865, che
allora era in vigore in Italia e che continua ad essere in vigore in Vaticano,
il Codice penale del 1889, italiano, e il Codice di procedura penale del 1913.
D. – Questi Codici non hanno
avuto un aggiornamento per quello che concerne lo Stato della Città del
Vaticano?
R. – Hanno avuto alcuni
emendamenti. Penso, per esempio, agli interventi di Paolo VI in materia penale,
quando introdusse una serie di innovazioni, ma la base è sempre il Codice Zanardelli del 1889. Solo il Codice di procedura civile è
un codice assolutamente vaticano, promulgato da Pio XII e costituisce, almeno
per gli studiosi del processo civile, un modello di Codice di procedura civile.
D. – Come si presenta, oggi,
l’Ordinamento giuridico vaticano a livello internazionale?
R. – Lo Stato della Città del
Vaticano, in quanto Stato, è un soggetto di diritto internazionale. La
sovranità su questo Stato è della Santa Sede, cioè del Papa, e questo Stato ha
tutti gli elementi costitutivi di uno Stato, vale a dire il popolo, il
territorio, la sovranità, un’autorità di governo con leggi di cui la Legge
fondamentale, potremmo dire una specie di Costituzione, anche se tecnicamente
non è una Costituzione, che è stata poi rinnovata da Giovanni Paolo II.
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3 febbraio 2006
L’ARCIVESCOVO
DI GULU, MONS. JOHN BAPTIST ODAMA, HA CHIESTO LA MEDIAZIONE
DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU PER METTERE FINE AL VENTENNALE CONFLITTO
CHE SCONVOLGE L’UGANDA
NEW YORK. = “Sono qui per portare alle orecchie delle
persone che contano il pianto dei bambini, il grido delle loro madri e quello
delle loro famiglie. Qualcuno descrive questa guerra come dimenticata; per
molti altri è largamente il conflitto meno conosciuto del pianeta”. Sono le
parole che, ieri a New York, mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, ha
rivolto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU perché intervenga per porre fine
alla guerra che da una ventina d’anni sconvolge i distretti settentrionali
dell’Uganda. Il presule ha chiesto alle Nazioni Unite di offrirsi come
“mediatore” per rendere possibile il dialogo tra il governo e i ribelli
dell’Esercito di resistenza del signore (LRA). Mons. Odama ha sollecitato, inoltre, la creazione di un
“corridoio” che garantisca alle organizzazioni umanitarie
di raggiungere la popolazione civile in condizioni di sicurezza. Come riferisce
l’agenzia Zenit, si stima che in Uganda la guerra abbia provocato 200 mila
morti e lo sfollamento di 1 milione e mezzo di persone. Sono soprattutto i
bambini le vittime innocenti del conflitto. Bambini-soldato
che, reclutati in massa, sono obbligati a combattere con i guerriglieri
dell’LRA oppure ridotti in schiavitù. I civili sfollati vengono
ospitati nei “villaggi protetti”, nient’altro che capanne fatiscenti dove la
vigilanza è sporadica e gli abusi sono di casa. In un rapporto reso noto lo
scorso agosto e pubblicato dal governo ugandese in
collaborazione con l’ONU e con varie ONG, è calcolato che ogni settimana in
questi campi muoiano circa mille ugandesi, oltre che
per le violenze subite, anche per suicidio e per contagio da AIDS. (A. E.)
“QUESTO
PROVVEDIMENTO RAPPRESENTA UN SERIO PERICOLO
PER LA
VITA MATRIMONIALE E PER TUTTO L’ORDINE DELLA VITA SOCIALE IN EUROPA”:
È
QUANTO AFFERMANO I VESCOVI DELLA POLONIA IN UNA DICHIARAZIONE
SULLA
RECENTE RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
CHE
CONDANNA L’OMOFOBIA
VARSAVIA. = “La risoluzione del Parlamento europeo presa a
Strasburgo il 18 gennaio scorso, che condanna la omofobia,
rappresenta un serio pericolo per la vita matrimoniale e familiare e per tutto
l’ordine della vita sociale in Europa”: è quanto afferma la Conferenza
episcopale polacca, in una dichiarazione pubblicata nei giorni scorsi a
Varsavia. “Il provvedimento – scrivono i vescovi – rifiuta giustamente
atteggiamenti di discriminazione, disprezzo e violenza nei confronti di persone
dalle tendenze omosessuali. Contemporaneamente però – spiegano – attraverso
l’appello rivolto ai governi dei Paesi membri, perchè rivedano la legislazione
riguardante i partner dello stesso sesso, lede le norme di vita sociale in
Europa”. Secondo i presuli, la risoluzione, “utilizzando il tema della discriminazione
delle persone di tendenze omosessuali, lancia indirettamente l’idea di un ugual
trattamento del legame fra uomo e donna e dei legami omosessuali”. E in questo
modo, precisano, “travisa la verità radicata nella natura dell’uomo, che è
stato creato come maschio e femmina”. La Conferenza episcopale polacca si dice
solidale con gli altri episcopati europei, con gli ambienti cristiani e con
tutti gli uomini di buona volontà, “che – si legge nel testo – sono d’accordo
con noi sulla verità antropologica”. “In questo modo – aggiungono i vescovi –
esprimiamo la nostra protesta contro questo attentato, non solo ai fondamenti
del corretto funzionamento dell’Unione Europea, ma anche alla stessa vita delle
persone”. A chiudere la dichiarazione, l’appello al Parlamento europeo “perchè
eviti di fare azioni che abbiano il carattere di una dittatura del relativismo,
che mette in pericolo la libertà di coscienza dei cittadini dei Paesi membri
dell’Unione”. (R.M.)
“LA COSTA D’AVORIO E’ ANCORA UN PAESE IN
PIEDI”:
COSÌ,
IL PRESIDENTE IVORIANO, LAURENT GBAGBO, INCONTRANDO IERI
AD
ABIDJAN I MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE REGIONALE
DELL’AFRICA
OCCIDENTALE FRANCOFONA (CERAO)
- A
cura di padre Joseph Ballong
-
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ABIDJAN. = Ieri pomeriggio, i vescovi riuniti ad Abidjan,
in Costa d’Avorio, per l’incontro della Conferenza episcopale regionale
dell’Africa occidentale francofona (CERAO), si sono recati in visita dal
presidente, Laurent Gbagbo,
il quale, parlando a braccio, ha ringraziato i presuli per aver scelto la città
come sede della loro riunione. Il capo di Stato ha dichiarato che questa scelta
e il buon andamento dell’incontro della CERAO sono segni evidenti del fatto che
la Costa d’Avorio è ancora un Paese in piedi, malgrado
le informazioni allarmistiche. Gbagbo ha riconosciuto
che la situazione non è certo positiva, ma che la crisi non è di natura
religiosa, di lotta tra cristiani e musulmani. Per il presidente, il male risiede
nel fatto che alcune persone hanno voluto risolvere con le armi i problemi che
45 anni di sviluppo hanno necessariamente accumulato, mentre la via della
democrazia, nella quale si era fortunatamente avviato il Paese, avrebbe
favorito la via della pace. Gbagbo ha anche
sottolineato che la Costa d’Avorio, come molti altri Paesi dell’Africa, è
vittima delle sue stesse ricchezze naturali, di cui ci si vuole appropriare con
la forza e la destabilizzazione, invece che con i negoziati. Il presidente Gbagbo ha dunque chiesto ai vescovi di pregare per la pace,
non solo nel suo Paese, ma in tutta l’Africa, perché il problema della Costa
d’Avorio è tipico dei problemi del continente. Il presidente della CERAO, mons.
Théodore-Adrien Sarr, ha
esortato il capo di Stato a continuare a lottare con forza per il ritorno della
pace, impegnandosi per il dialogo e la comprensione reciproca.
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IL RUOLO CENTRALE DEI MEDIA CRISTIANI IN
CAMPO EDUCATIVO AL CENTRO
DELLA
SETTIMANA DI LAVORI DELL’UNIONE DELLA STAMPA CATTOLICA
INTERNAZIONALE
(UCIP), SVOLTASI NEI
GIORNI SCORSI A LAHORE, IN PAKISTAN
LAHORE. = Libertà religiosa e
d’informazione, diritti delle minoranze e delle donne, nonché l’impegno profuso
dalla stampa cattolica nei Paesi del Sud-Est asiatico: su questi temi, si è
svolta nei giorni scorsi a Lahore, in Pakistan, la
Settimana di lavori dell’Unione della stampa cattolica internazionale (UCIP).
All’incontro, oltre ai rappresentanti pakistani, hanno partecipato anche cinque
delegati dello Sri Lanka,
tre del Nepal e tre del Bangladesh. Inaugurando la
Settimana di studi, mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e
presidente della Commissione episcopale per le Comunicazioni sociali, ha parlato
dell’importanza del giornalismo cattolico. “In Pakistan – ha sottolineato il
presule – circa il 75 per cento della popolazione cristiana è analfabeta,
mentre il restante 25 per cento non è interessata a questo tipo di educazione
sociale”. Pertanto, ha aggiunto, “è molto difficile far partire un qualunque
tipo di giornale cattolico: non abbiamo scrittori, ma neanche avremmo troppi
lettori”. “In questo modo, però – ha spiegato mons. Saldanha
– perdiamo la nostra battaglia per l’educazione: la popolazione aumenta, ma il
livello della sua educazione andrà sempre diminuendo”. In un’intervista ad
AsiaNews, il segretario generale dell’UCIP, Joseph Chittilappilly, ha sottolineato come i pakistani siano
conosciuti ed apprezzati per il loro impegno in campo educativo e sanitario, ma
che al tempo stesso la libertà per i media religiosi nel Paese è molto
limitata. Intervenendo all’incontro, l’avvocato Khalid
Tahir ha parlato invece della questione delle donne
in Pakistan, precisando che “oltre il 90 per cento di loro è vittima di
discriminazioni e di violenze da parte della società, dominata dagli uomini e
improntata su un modello feudale”. Padre Bonnie
Mendes, direttore del Centro per lo sviluppo umano, ha poi spiegato la storia
della legislazione discriminatoria che vige in Pakistan. “Abbiamo molte leggi
infelici – ha dichiarato – come quella sulla blasfemia e le ordinanze Hudood”. “Per abrogarle – ha spiegato il sacerdote –
occorre l’aiuto dei media di tutto il mondo”. Infine,
il professore Mehdi Hasan,
ricordando che nel Paese la gente non ha libertà di espressione, ha precisato
che la politica e la religione dovrebbero essere due materie differenti. “Lo
Stato – ha concluso – non ha il diritto di interferire in materie religiose, ma
ha il dovere di garantire uguali possibilità ed opportunità di sviluppo a tutti
i suoi cittadini, senza guardare il credo”. (A. E.)
DEBELLATA
LA POLIOMELITE IN EGITTO E NIGER:
LO
ANNUNCIA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÁ
GINEVRA. = L’Egitto e il Niger
sono liberi dalla poliomelite: lo ha reso noto
l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dopo che in Egitto non si registrano
nuovi contagi da oltre un anno e in Niger gli unici quattro malati diagnosticati
nel 2005 provenivano da Paesi esteri. Come riferisce l’agenzia Misna, per l’OMS l’obiettivo di liberare il pianeta da
questa grave malattia infantile è sempre più vicino, anche se restano ancora
quattro nazioni in cui la poliomelite è endemica:
India, Pakistan, Afghanistan e Nigeria. In altri otto Stati, tra cui lo Yemen, l’Indonesia e la Somalia,
la patologia è ricomparsa dopo alcuni anni perché “importata” da altre zone.
Per questo, l’OMS continua ad aggiornare la campagna di vaccinazione mondiale
lanciata nel 1988, che ha già portato risultati notevoli: meno di vent’anni fa,
infatti, la poliomelite era presente in 125 nazioni,
mentre oggi si riscontra solo in una dozzina di Paesi. (I.P.)
A
ZANZIBAR, TORNANO A SCUOLA LE RAGAZZE MINORI DI 18 ANNI IN GRAVIDANZA:
ABOLITA
LA LEGGE TRENTENNALE CHE IMPEDIVA LORO L’ACCESSO ALL’ISTRUZIONE
ZANZIBAR. = Un passo avanti
verso la parità femminile. Il Parlamento dello Zanzibar, arcipelago
semi-autonomo della Tanzania, ha abolito una legge trentennale
che impediva alle ragazze al di sotto dei 18 anni in gravidanza di frequentare
la scuola ed imponeva loro di non tornarvi più. Accolta con favore dalle
organizzazioni locali per la parità tra uomo e donna, l’abolizione del
provvedimento discriminatorio segna un momento di svolta nella storia
dell’arcipelago a maggioranza musulmana. Come riferisce l’agenzia MISNA, la decisione
è solo l’ultima di una serie di provvedimenti presi nel Paese negli ultimi
mesi, allo scopo di abolire le discriminazioni. Dall’ottobre scorso ad oggi,
infatti, il 30 per cento dei parlamentari risulta essere donna, mentre nel
governo di Zanzibar quattro ministri sono di sesso femminile. (I.P.)
PROTESTA
FORMALE DEL BRASILE CONTRO ARGENTINA,
PARAGUAY,
URUGUAY E SURINAME
PER LA
FACILITÁ DI INGRESSO DI ARMI ALLA FRONTIERA
BRASILIA. = Il Parlamento del
Brasile ha espresso una protesta formale contro i governi di Argentina,
Paraguay, Uruguay e Suriname, a causa della facilità con cui le armi prodotte
da alcune fabbriche di questi quattro Paesi riescono ad entrare in Brasile e a
finire nelle mani di gruppi criminali. Come riferisce l’agenzia MISNA, l’atto arriva dopo molte denunce
giunte alla Commissione parlamentare di investigazione del Parlamento
brasiliano, secondo cui il commercio illegale di armi sarebbe gestito da
ufficiali delle forze armate dei Paesi sospettati. Per ora, non sono stati resi noti i dati
sull’ammontare e sulla vastità di questo smercio di armi, ma per i parlamentari
brasiliani dovrebbe essere notevole. (I.P.)
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3 febbraio 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
È ufficiale: è
affondata per cause ancora ignote la nave Al
Salam 98, scomparsa la notte scorsa nel Mar
Rosso. A bordo c’erano più di 1.400 persone. “Pochi i superstiti”, affermano le
autorità egiziane. Il servizio di Giada Aquilino:
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Non è mai arrivata
al porto di Safaga, in Egitto, la
Al Salam 98, partita ieri nel tardo pomeriggio
da Gedda, in Arabia Saudita. A dividere le due località: il Mar Rosso. Stanotte
le autorità portuali egiziane hanno perso ogni contatto con l’imbarcazione, che
trasportava circa 1400 passeggeri, perlopiù egiziani, ma anche sauditi e
sudanesi, e un centinaio di membri di equipaggio. Tra le persone a bordo, pure
fedeli di ritorno dall’annuale pellegrinaggio a La
Mecca. Scattate immediatamente le ricerche, proseguono con l'impiego di mezzi
navali e aerei: 12 naufraghi sono stati finora portati in salvo, mentre sono
stati recuperati 14 corpi. Ma il maltempo che sta investendo la zona rende
difficili le ricerche. Avvistate comunque delle scialuppe
di salvataggio. Nessuna ipotesi intanto sulla sciagura, anche se il ministro
dei Trasporti egiziano ha escluso che la nave fosse sovraccarica. Nell’ottobre
scorso un’imbarcazione gemella, la Al Salam 95, affondò nel Mar Rosso
dopo una collisione con un cargo cipriota. In quell'occasione
quasi tutti i passeggeri furono salvati.
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Drammatico attacco contro una comunità cristiana nelle
Filippine: almeno sei civili cristiani, tra cui un neonato, sono rimasti uccisi
in un assalto sferrato da uomini armati nella cittadina di Patikul,
nel Sud del Paese. Su questo attacco ascoltiamo, al microfono di Amedeo
Lomonaco, il direttore di AsiaNews Bernardo Cervellera:
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R. – Secondo le notizie che abbiamo ricevuto,
sembra che ci siano stati degli attacchi mirati contro dei cristiani.
Sconosciuti si sono diretti nei villaggi è hanno chiesto chi fosse
cristiano. Dopo, sono tornati con le armi. Hanno sparato e ucciso diverse persone,
tra le quali un neonato. Sembra, però, che questa nuova ondata di fondamentalismo
provenga più dall’esterno. Da diversi mesi, infatti, il governo stava cercando
di dialogare con il mondo islamico fondamentalista di
Mindanao e Jolo. Questo
attacco costituisce, quindi, un colpo molto duro alla speranza di pace della popolazione
locale.
D. – Secondo molti osservatori, questo nuovo attacco è
stato sferrato proprio per fomentare le tensioni tra cristiani e musulmani …
R. – Tutto il Sud-Est asiatico, secondo le nostre fonti, è
in preda all’influenza di al Qaeda e di movimenti
estremisti. I gruppi fondamentalisti cercano di far scoppiare le contraddizioni,
di ostacolare la convivenza tra cristiani e musulmani. Questo avviene in
Indonesia, in Malesia, nelle Filippine e in tantissime altre parti. A Mindanao ci sono delle influenze di predicatori stranieri
che stanno gonfiando ancora di più l’odio confessionale.
D. – Ma cosa vogliono questi gruppi fondamentalisti, che
agiscono nel Sud delle Filippine?
R. – Questi movimenti radicali vogliono a tutti i costi
radiare i cristiani da questa zona. In alcune città, da 15 mila cristiani
adesso ne sono rimasti 2 – 3 mila.
D. – Padre, come vivono questi momenti i cristiani di
questa regione?
R. – C’è molto timore, c’è molta preoccupazione e quindi,
naturalmente, adesso c’è molta discrezione. Tutte le nostre fonti vogliono
rimanere anonime…
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Dopo la vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio, la
questione degli aiuti all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e la condizione
posta dalla comunità internazionale del riconoscimento dello Stato ebraico da
parte di Hamas, continuano a dominare la scena
politica mediorientale. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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L’amministrazione americana ha
deciso di sospendere una serie di nuovi progetti di assistenza varati nei Territori ma non esclude di continuare ad elargire limitati
aiuti umanitari all’Autorità Nazionale Palestinese. Lo ha annunciato il console
generale degli Stati Uniti a Gerusalemme aggiungendo che Hamas
potrebbe rivolgersi all’Iran per ottenere fondi. Secondo il quotidiano
israeliano “Haaretz”, il governo dello Stato ebraico sbloccherà inoltre,
la prossima settimana, i fondi dovuti all’Autorità Nazionale Palestinese e
congelati dopo la vittoria elettorale di Hamas. Il
riconoscimento di Israele resta un altro nodo focale. Il principale leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Mashaal,
ha dichiarato che il movimento estremista islamico non riconoscerà mai Israele.
Ma l’organizzazione radicale – ha aggiunto – è disposta a trattare sulle
condizioni per una tregua di lungo periodo con lo Stato ebraico. Il presidente
egiziano, Hosni Mubarak, in
un’intervista rilasciata ad un quotidiano israeliano, ha ribadito, inoltre, che
se Hamas vuole formare il nuovo governo palestinese,
deve riconoscere Israele. Lo Stato ebraico - ha aggiunto poi Mubarak - deve dare prova di “pazienza”. I dirigenti del
gruppo fondamentalista – ha spiegato - non vogliono
instaurare un governo del terrore. Sul terreno, intanto, un giovane insegnante
tedesco è stato sequestrato e successivamente liberato da un gruppo di
estremisti a Nablus. Almeno quattro attivisti
radicali palestinesi, appartenenti ad Hamas e ad al-Fatah, sono stati
catturati, inoltre, nel corso di operazioni di rastrellamento delle truppe
israeliane in diverse zone della Cisgiordania.
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Riprende nel pomeriggio a
Vienna la riunione straordinaria dell’Agenzia Internazionale per l’Energia
Atomica, dedicata alla crisi nucleare iraniana. In agenda, una bozza di
risoluzione messa a punto da Francia, Germania e Gran Bretagna e appoggiata
anche da Stati Uniti, Russia e Cina: il documento prevede che il direttore
della stessa AIEA, El Baradei,
riferisca il caso all’ONU. Poi, tra un mese, potrebbe arrivare la decisione per
il deferimento al Consiglio di Sicurezza. Per ora, comunque, sembra esclusa la
via delle sanzioni economiche. Ma come viene visto dalla Repubblica islamica il rinvio della questione
alle Nazioni Unite? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Alberto Zanconato,
corrispondente ANSA da Teheran:
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R. – Anche una sola informazione e non un deferimento vero
e proprio, porterebbe l’Iran a riprendere l’arricchimento dell’uranio su scala
industriale e a sospendere tutte le misure di cooperazione volontaria con
l’AIEA. Questa cooperazione ha permesso, fino ad ora, che l’Iran si sia
impegnato a garantire l’accesso per ispezioni anche con breve preavviso e anche
visite a siti militari. Ma per queste visite, in realtà, si sono presentati
diversi problemi e una serie di ritardi provocati dagli stessi iraniani.
D. – Anche Russia e Cina, sempre vicine all’Iran, si sono
allineate con le posizioni di Unione Europea e Stati Uniti. Come stanno
cambiando le alleanze di Teheran?
R. – La Russia ha cercato di presentare un piano per un
compromesso, appoggiata anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. E’ stato
presentato un piano che prevedeva il trasferimento dell’arricchimento
dell’uranio iraniano sul territorio russo, per garantire che, questo, non venga usato per fini militari. Ma l’Iran, proprio alla
vigilia dell’arrivo a Teheran di una delegazione
russa, ha dichiarato di non aver ricevuto questo piano. I russi sostengono,
invece, di averlo inviato. Questo aspetto deve avere avuto il suo peso in questo
cambiamento. Per quanto riguarda la Cina, è un Paese
che è interessato al mercato iraniano. La Cina
importa, infatti, tre miliardi di dollari di petrolio iraniano, circa il 12 per
cento del suo fabbisogno di energia di petrolio all’anno. La
Cina, comunque, è anche un Paese che ha enormi interessi commerciali con
gli Stati Uniti e quindi è prudente nel prendere le sue decisioni.
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In Iraq, intanto, almeno 16
persone sono morte ieri per l’esplosione di due ordigni a Baghdad nei pressi di
un mercato e di una stazione di servizio.
Nuovi scontri in Afghanistan:
almeno diciannove persone sono rimaste uccise in una massiccia offensiva
lanciata da guerriglieri fedeli all’ex regime dei Talebani nella provincia
meridionale di Helmand. Tra le vittime, soprattutto
ribelli, ci sono almeno 3 poliziotti. Intanto, il primo ministro olandese, Jan
Peter Balkenende,
ha annunciato che almeno 1200 soldati saranno inviati nel Sud del Paese per
garantire una più adeguata cornice di sicurezza.
Nuovi negoziati tra le due
Coree: dopo quasi due anni, Corea del Nord e Corea del Sud hanno concordato il
riavvio di colloqui militari ad alto livello finalizzati ad allentare la tensione
che persiste lungo il 38.mo parallelo, ultima frontiera blindata al mondo
rimasta dai tempi della Guerra Fredda. Lo ha annunciato il ministero della
Difesa di Seul con un comunicato nel quale si specifica che i contatti saranno
riallacciati fra la fine di febbraio e l’inizio di marzo nel villaggio di Panmunjon, nel cuore della zona smilitarizzata che si estende
al confine tra i due Paesi.
Stati Uniti e Corea del Sud hanno dato il
via libera a negoziati per giungere ad un accordo di libero scambio. Lo
ha annunciato stamani, a Washington, il responsabile americano per il Commercio
Estero, Rob Portman,
aggiungendo che “pochi Paesi rappresentano meglio della Corea del Sud la
promessa di mercati aperti, di democrazia e di riforme economiche”. Secondo gli
analisti, un’eventuale intesa tra Washington e Seul potrebbe essere quella “più
significativa dal punto di vista commerciale”, dopo l’area di libero scambio denominata
NAFTA avviata nel 1993 tra Stati Uniti, Canada e Messico.
Il presidente venezuelano, Hugo
Chavez, ha annunciato che aumenterà del 15 per cento
i salari minimi del settore pubblico e privato. Con questa nuova misura, il salario
minimo passerà da circa 155 a quasi 180 euro mensili.
In Turkmenistan, Paese colpito da una grave
situazione economica, il presidente Saparmurat Niazov ha ridotto le pensioni e abolito quelle di
invalidità. Non avrà inoltre più alcun diritto alla pensione chi ha figli con
un’età superiore ai 18 anni.
E’ di almeno due persone il bilancio di tre forti
esplosioni che ieri hanno colpito Vladikavkaz,
capitale dell’Ossezia del Nord.
Gli inquirenti ritengono probabile l’ipotesi di un regolamento di conti tra
bande criminali rivali ma non escludono la pista che
porta alla guerriglia indipendentista cecena. L’Ossezia del Nord è stata teatro, nel settembre del 2004,
del drammatico sequestro nella scuola di Beslan,
conclusosi con la morte di 331 persone.
L’organizzazione francese “Azione contro la fame” ha
smentito la notizia del rapimento di otto suoi operatori da parte di uomini
armati nel Darfur, martoriata regione occidentale del
Sudan. La notizia era stata diffusa dall’agenzia ufficiale sudanese. Intanto,
gli Stati Uniti hanno presentato all’ONU una bozza di risoluzione proprio sul Darfur, auspicando l’invio di forze delle Nazioni Unite per
il mantenimento della pace. Il documento, presentato da Washington, deve
ottenere l’appoggio di tutti e 15 i membri del Consiglio di Sicurezza. Non si
sono ancora espressi in proposito il Qatar, l’unico Stato arabo del Consiglio,
e la Cina, che può esercitare il diritto di veto.
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