RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 32 - Testo della trasmissione di mercoledì 1 febbraio 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Domani la Chiesa celebra la Giornata della vita
consacrata: messaggio dei vescovi italiani
Annunciate ieri le nomination agli Oscar 2006
Continua a
crescere la tensione nella Striscia di Gaza fra Hamas
e Al Fatah
1
febbraio 2006
DIO
NON E’ INDIFFERENTE ALLA STORIA DEGLI UOMINI, MA HA UN PROGETTO
DI
ARMONIA
E DI PACE PER L’UMANITA’: COSI’, BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,
INCENTRATA
SUL SALMO 144 CHE PARLA DELLA LODE ALLA MAESTA’ DIVINA
Dio non
è indifferente alla storia umana, non siamo in balia di forze oscure: è quanto
sottolineato dal Papa all’udienza generale in Aula Paolo VI, incentrata oggi sul Salmo 144, che parla della Lode alla Maestà divina.
Benedetto XVI ha ribadito che tutta l’umanità è “convocata” a compiere il
progetto salvifico di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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(Canti)
“Una
gioiosa lode al Signore che è esaltato come un sovrano amoroso e tenero,
preoccupato per tutte le sue creature”: Benedetto XVI ha tratteggiato così il
Salmo 144 al centro della sua catechesi. La simbologia regale, cuore di questo
inno sacro, ha sottolineato, è centrale anche “nella predicazione di Cristo, è
l’espressione del progetto salvifico di Dio”:
“Dio
non è indifferente riguardo alla storia umana, anzi ha nei suoi confronti il
desiderio di attuare un disegno di armonia e di pace. A compiere questo piano è
convocata anche l’intera umanità, perché aderisca alla volontà salvifica
divina, una volontà che si estende a tutti gli «uomini», a «ogni generazione» e
a «tutti i secoli»”.
Si
tratta, ha aggiunto il Papa, “di un’azione universale, che strappa il male del
mondo e vi insedia la gloria del Signore, ossia la sua presenza personale efficace
e trascendente”. Questo Salmo, ha spiegato, “proclama l’ingresso di Dio nelle
vicende umane per portare tutta la realtà creata a una pienezza salvifica”. Un
messaggio di straordinaria attualità:
“Noi
non siamo in balía di forze oscure, né siamo solitari
con la nostra libertà, bensì siamo affidati all’azione del Signore potente e
amoroso, che ha nei nostri confronti un disegno, un «regno» da instaurare”.
Tuttavia,
questo “regno”, ha precisato il Papa, “non è fatto di potenza e di dominio, di
trionfo e di oppressione, come spesso accade per i regni terreni, ma è la sede
di una manifestazione di pietà, di tenerezza, di bontà, di grazia, di giustizia”.
Il potere, ha dunque avvertito “è superato dalla grandezza della misericordia
di Dio”. Al termine della catechesi, salutando i fedeli polacchi, ha ricordato
che domani si festeggia la Giornata della vita consacrata. Ha così chiesto a
Dio di sostenere con la grazia “le sorelle e i fratelli che hanno scelto la
castità, la povertà e l’obbedienza come cammino di santità”. Poi, salutando i
dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria italiana ha detto:
“La vostra presenza mi offre l’opportunità di richiamare i singoli e
l’intera società al rispetto delle norme etiche e civili, che stanno alla base
dell’umana convivenza”.
L’ultimo
pensiero il Papa l’ha rivolto a San Giovanni Bosco, di cui ieri si è celebrata
la memoria liturgica. Guardate a lui, ha detto rivolgendosi ai giovani, come “a
un autentico maestro di vita e di santità”.
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LETTERA
DEL PAPA A FAMIGLIA CRISTIANA,
PER PRESENTARE L’ENCICLICA “DEUS CARITAS EST”,
ACCLUSA AL NUMERO DELLA RIVISTA OGGI IN
EDICOLA
“Care lettrici e lettori di Famiglia Cristiana”: così
Benedetto XVI inizia la sua lettera diffusa oggi dalla rivista dei Paolini per presentare la sua prima Enciclica “Deus caritas est”, acclusa al numero odierno del periodico. Ce
ne parla Sergio Centofanti:
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Il Papa spiega che all’inizio il testo dell’Enciclica può
apparire “un po’ difficile e teorico”. Ma inoltrandosi nella lettura risulta
evidente la sua intenzione di aver voluto rispondere ad alcune domande “molte
concrete per la vita del cristiano”. Il primo punto scrive il Pontefice è che
si può davvero amare Dio perché Lui stesso si è fatto vicino, anzi è entrato
nella vita di ciascuno: con i sacramenti, la Chiesa, facendoci incontrare
uomini che trasmettono la sua luce. “L’amore non è solo un sentimento” –
afferma inoltre Benedetto XVI - ma coinvolge anche la volontà e l’intelletto in modo che
possiamo imparare ad amare Dio con tutto il cuore e tutta l’anima:
“L’amore … non lo
troviamo già bello e pronto, ma cresce;per così dire
noi possiamo impararlo lentamente in modo che sempre più esso abbracci tutte le
nostre forze e ci apra la strada per una
vita retta”.
Il secondo punto – scrive il Pontefice – è che possiamo
davvero amare il prossimo anche se ci è estraneo o
addirittura antipatico. Possiamo amarlo se siamo amici di Gesù:
“Se … la sua
amicizia diventerà, a poco a poco, per noi importante e incisiva, allora
cominceremo a voler bene a coloro ai quali Lui vuole bene e che hanno bisogno
del mio aiuto. Egli vuole che noi diventiamo amici dei suoi amici e noi lo
possiamo se gli siamo interiormente vicini”.
Quindi il Papa spiega che la fede conduce alla vera gioia.
Non è vero che la Chiesa con i suoi comandamenti ci rende amara la gioia dell’eros, dell’essere amati:
“Nell’Enciclica ho
cercato di dimostrare che la promessa più profonda dell’eros può maturare solo quando non cerchiamo di afferrare la felicità
repentina. Al contrario troviamo insieme la pazienza di scoprire sempre più
l’altro nel profondo, nella totalità di corpo e anima, di modo che da ultimo la
felicità dell’altro diventi più importante della mia. Allora non si vuole più
solo prendere, ma donare e proprio in questa liberazione dall’io l’uomo trova
se stesso e diviene colmo di gioia”.
Benedetto XVI infine ricorda il rapporto tra giustizia e
carità: il servizio della carità è irrinunciabile per la Chiesa; in secondo luogo
“ai cristiani impegnati nelle professioni pubbliche spetta nell’agire politico
di aprire sempre nuove strade alla giustizia” perché nessuno soffra di miseria.
E “se di sua natura - precisa - la Chiesa non fa politica in prima persona”,
nel rispetto dell’autonomia dello Stato, d’altra parte “partecipa
appassionatamente alla battaglia per la giustizia”, portando la luce della fede
laddove “la ragione è accecata da interessi e dalla volontà di potere”. Ma ciò
che sta “particolarmente a cuore” al Papa è affermare che “la giustizia non può
mai rendere superfluo l’amore”:
Al di là della
giustizia, l’uomo avrà sempre bisogno di amore, che solo dà un’anima alla giustizia. In un mondo
talmente ferito come lo sperimentiamo ai nostri giorni, non c’è davvero bisogno
di dimostrare quanto detto. Il mondo si aspetta la testimonianza dell’amore
cristiano che ci viene ispirato dalla fede. Nel nostro
mondo, spesso così buio, con questo amore brilla la luce di Dio”.
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NOMINA
In Brasile, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcivescovo di Fortaleza padre José Luiz Ferreira Salles,
della Congregazione del Santissimo Redentore, formatore dei novizi della
provincia brasiliana dei Redentoristi a Fortaleza, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tipasa di Numidia.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'udienza
generale.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alle Lettere pastorali dei Vescovi italiani.
Servizio estero - Medio
Oriente: incontro al Cairo tra Abu Mazen e il Capo di Stato egiziano Mubarak.
La Russia pronta ad aprire un negoziato con Hamas.
Servizio culturale - Un
articolo di Giuseppe Costa in merito all'inaugurazione, a Roma, della nuova
Biblioteca del Pontificio Ateneo Salesiano dedicata a San Giovanni Bosco.
Servizio italiano - Sempre in
primo piano il tema della par condicio.
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1 febbraio 2006
ALLA
VIGILIA DELLA RIUNIONE D’URGENZA DELL’AIEA, A VIENNA,
L’ANNUNCIO
CHE L’IRAN STA A UN PASSO DALL’ATOMICA FA CRESCERE
LA
PREOCCUPAZIONE DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
-
Intervista con il prof. Giuseppe Bettoni -
L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) ha
confermato che l'Iran ha avviato i preparativi per l'arricchimento dell'uranio,
che può essere impiegato per la fabbricazione di armi nucleari, e continua ad
ostacolare un'inchiesta su domande rimaste senza
risposta sul suo programma atomico. Da parte sua, il negoziatore iraniano conferma
che l'Iran riprenderà l’arricchimento industriale di
uranio se ci sarà il deferimento alle Nazioni Unite del caso Teheran. Il servizio di Fausta Speranza:
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Alla vigilia della riunione d’urgenza convocata dall’AIEA,
domani a Vienna, l’annuncio che l’Iran sta a un passo dall’atomica catalizza
l’attenzione di tutti. Lunedì sera a Londra i cinque membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU (Francia, Gran Bretagna, USA, Russia e Cina),
più la Germania, si erano già espressi per il rinvio
del caso nucleare iraniano allo stesso Consiglio. Tra le reazioni di oggi, c’è
quella del ministro degli Esteri francese, Douste-Blazy:
afferma che si potrebbe decidere di imporre sanzioni all'Iran il mese prossimo,
sottolineando che “è concepibile l'intera gamma di sanzioni''.
Mosca, invece, fa sapere di aver inviato a Teheran
una delegazione per ulteriori consultazioni ma che la Russia ''non intende
esercitare pressioni''. Mosca vorrebbe una soluzione
di compromesso, in base al quale affiderebbe alla Russia l'arricchimento del
proprio uranio. Guardando a Teheran, dalla presidenza
nessun tono diverso da quello forte e sfidante degli ultimi tempi: “La nazione
iraniana non si piegherà davanti al linguaggio della forza di alcuni Paesi che
pensano di essere tutto il mondo” e continuerà nel suo programma nucleare: afferma Ahmadinejad, che ha parlato in un comizio nella città
meridionale di Bushehr. E c’è da dire che durante il
comizio, trasmesso in diretta tv, molti cittadini presenti hanno denunciato a gran voce seri ''problemi'' economici e sociali. Diversa
la posizione dell'ex presidente Rafsanjani, sconfitto
nell'estate scorsa: afferma che per uscire dall'attuale crisi sul programma
nucleare del Paese si “richiede più iniziativa che
forza e più riflessione che slogan”. D’altra parte, negli ultimi dieci giorni Rafsanjani ha lanciato diversi appelli alla prudenza e ha
incontrato importanti esponenti religiosi nella città santa sciita di Qom e la fazione minoritaria, cioè i riformisti, in
Parlamento. Ma qual è la congiuntura internazionale in cui è maturata la dura
presa di posizione dell’attuale dirigenza in Iran? Lo chiediamo al prof.
Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica
all’Università Tor Vergata di Roma:
R. – Il
presidente iraniano Ahmadinejad ha spinto l’Iran in
una spirale più violenta, in questo momento, non perché voglia veramente
scatenare una guerra nucleare, anche se lui appartiene alla frangia più estrema
dei rivoluzionari del ’79, ma perché vuole approfittare di una congiuntura
temporale estremamente positiva per lui: gli occidentali sono bloccati dalla
presenza americana in Iraq, che chiaramente rende molto delicati i rapporti con
i Paesi arabi, sia sunniti che sciiti, e, dall’altro
canto, c’è una crisi energetica non da poco. Andare, per esempio, al Consiglio di Sicurezza con la Cina assetata di energia e fare una
mozione contro l’Iran ha una certa valenza. Gli occidentali hanno dei problemi
di rapporto con l’energia in questo momento. Quello che è cambiato sullo
scacchiere del Consiglio di Sicurezza, che è importante, è che la Francia, che ha sempre smussato un po’ i toni nei
confronti di certi Paesi tra cui l’Iran, oggi abbia chiesto, lei stessa, una
cosa del genere, cioè un’azione collettiva verso l’Iran. Questo, secondo me,
non vorrà dire un conflitto violento, militare, nell’immediato, ma sicuramente
inasprisce i rapporti. Ma è proprio quello che l’Iran di Ahmadinejad vuole.
D. – Parliamo di obiettivi. In definitiva, qual è lo scopo
centrale del presidente iraniano?
R. – Vuole monopolizzare o quanto meno vuole raggiungere
un punto d’accordo con il mondo sunnita, perché oggi
il vero problema dello scacchiere mediorientale, che va dall’Iran fino
all’Egitto, è, da una parte, il rapporto fra islamisti
e nazionalisti basisti, e dall’altra, il conflitto tra sciiti e sunniti.
D. – In questo momento, si discute molto dell’ipotesi del
deferimento all’ONU per Teheran, ma che cosa si può
ottenere coinvolgendo le Nazioni Unite? Ed è davvero questa la strada per la
comunità internazionale?
R. – Il fatto che il deferimento alle Nazioni Unite possa
essere una procedura di grande visibilità e di grande importanza da un punto di
vista politico è un conto. Rischia però di allontanarci dal territorio in
questione, e cioè la scala mediorientale o orientale, se così possiamo dire. In
effetti, il problema maggiore risiede nel fatto che Ahmadinejad
cerchi in questo momento di polarizzare diverse forze, molte delle quali sono sunnite, e l’ala sciita più estremista intorno a lui, per
evitare di andare a forme di mediazione diverse con gli occidentali. Se noi
andiamo ad una forma di muro contro muro, rischiamo forse di obbligare certe
parti del mondo sunnita ad allearsi con gli sciiti
iraniani, e quindi a dare man forte, invece, proprio ad Ahmadinejad.
In poche parole, rischiamo di fare il loro gioco. Forse, bisogna cercare di
tessere una tela sotterranea - e non è detto che le ambasciate in questo
momento non lo stiano facendo - che cerchi di togliere l’erba sotto i piedi ad Ahmadinejad, recuperare alcune forme, anche islamiste un po’ integraliste, ma sunnite, che da sempre non vedono di buon occhio la
rivoluzione iraniana, e quindi cercare di indebolire il ruolo di Ahmadinejad.
D. – Prof. Bettoni,
ma in definitiva l’Occidente deve davvero temere un attacco nucleare da parte
di Teheran?
R. – Non credo che possa accadere. C’è qualcosa che va
sempre ricordato: il mondo dell’Islam che va dal Pakistan fino al Marocco ha un
elemento fondamentale, c’è una frattura potentissima interna tra sciiti e sunniti, che non è solo teologica, ma eminentemente
politica. Gli sciiti sanno di essere una minoranza e i sunniti
non dimenticano mai questa cosa. Quindi, non permetterebbero mai all’uno di
prendere il potere sull’altro. Questa frattura, se vogliamo, insieme a tante
altre microfratture e fratture interne, ci permettono di dire che non è per
domani un’alleanza pan-islamica, che vada dal Pakistan al Marocco.
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UNA
MODERNA BIBLIOTECA CON SPAZI MULTIMEDIALI ED UNA RICCA
RETE
INFORMATICA. AD OFFRIRLI LA NUOVA BIBLIOTECA
DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ
SALESIANA DI ROMA INAUGURATA IERI POMERIGGIO
DAL PREFETTO
DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA
IL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI
- Intervista con don Mario Toso e don Juan
Pica -
Inaugurata
ieri pomeriggio a Roma, dal prefetto della Congregazione per l’Educazione
Cattolica, il cardinale Zenon Grocholewscki,
la nuova Biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Dotata di sistemi
multimediali e di un’ampia rete informatica, vuole offrire spazi soprattutto ai
giovani. Il servizio di Tiziana Campisi.
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Sistemi
informatizzati, servizi automatici, un ricco patrimonio di volumi: li possiede
la nuova Biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Ma che prospettive
offre questo moderno centro di studi? Il rettore dell’Università don Mario Toso:
R. – L’apporto di varie scienze, facenti riferimento alle
sei facoltà che qui abbiamo, entra in una sintesi culturale ed
educativa che, grazie alla rete odierna di interconnessioni, viene globalizzata, secondo la ricchezza del genio pedagogico di
don Bosco. Al centro di questo genio pedagogico di don Bosco sta, assieme alla
ragione e alla religione, l’amorevolezza, con tanti gesti di accoglienza, di
rispetto e di promozione della dignità dei giovani, secondo il loro bisogno di
famiglia, di lavoro e di Dio. Ed è in questo modo che l’Università Pontificia
Salesiana, con la sua moderna Biblioteca, si pone al servizio della cultura,
dell’affermazione della dignità di ogni uomo, specialmente dei giovani più
poveri, in un contesto di globalizzazione, che è insieme di reti, di
interconnessioni, di comunicazioni, che ha bisogno di un nuovo umanesimo, un
umanesimo cristiano.
D. – Quali sono i settori che in questa Biblioteca
consentono degli studi più approfonditi?
R. – Dobbiamo pensare a questi
campi, intanto: a quello relativo a don Bosco e ai salesiani; ai settori poi
concernenti la storia, la spiritualità e la pedagogia salesiana, in particolare;
alle varie scienze dell’educazione, alla pastorale giovanile e alla catechetica, alle scienze della comunicazione sociale,
oltre che alla filosofia, alla teologia, alle lettere cristiane classiche e al
diritto canonico.
Tutto questo in una prospettiva vasta e internazionale.
E quali le tecnologie che rendono più funzionale la
Biblioteca? Ce lo spiega il prefetto della stessa, il
prof. don Juan Pica:
R. – Praticamente il multimediale è presente in modo
completo in tutta la Biblioteca, per cui è totalmente
inserita in rete. Il settore multimediale è molto curato. Una delle cose che
attira di più l’attenzione è un deposito robotizzato, dove i libri non sono
collocati, come tradizionalmente venivano distribuiti,
sui piani degli scaffali, ma sistemati in cassetti, poi immagazzinati l’uno
vicino all’altro, per cui c’è un notevolissimo risparmio di spazio.
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1 febbraio 2006
“SIATE
FORTI NELLA FEDE”: QUESTO
IL MOTTO SCELTO DAI VESCOVI POLACCHI
PER IL
PROSSIMO VIAGGIO DEL PAPA NEL LORO PAESE,
CHE
AVVERRA’ DAL 25 AL 28 MAGGIO, COME E’ STATO ANNUNCIATO IERI
VARSAVIA. = Benedetto XVI visiterà la
Polonia dal 25 al 28 maggio. A dare l’annuncio è stato ieri il
segretario della Conferenza episcopale polacca, mons. Piotr
Libera. La notizia è riportata nel comunicato finale della Plenaria dei presuli
riuniti ieri a Varsavia. “Siate forti nella fede”: sarà il motto del viaggio
papale nella terra natia del suo predecessore, Giovanni Paolo II. Papa Ratzinger visiterà Varsavia, il Santuario mariano di Jasna Gora a Czestochowa, poi
farà tappa a Cracovia, si recherà quindi nell’ex campo di concentramento ad Auschwitz ed infine a Wadowice,
città natale di Karol Wojtyla e nel vicino Santuario di Kalwaria Zebrzydowska. (R.G.)
MONTA
LA PROTESTA NEL MONDO ISLAMICO CONTRO LE VIGNETTE
RITENUTE BLASFEME, COMPARSE PRIMA SULLA STAMPA DANESE E POI RIPRESE DA QUELLA
NORVEGESE.
IL CASO COINVOLGE I RAPPORTI TRA GLI STATI.
L’IRAN HA CONVOCATO TRA IERI ED OGGI GLI AMBASCIATORI DI DANIMARCA E NORVEGIA,
CHIEDENDO SCUSE UFFICIALI.
INVOCATO PERFINO L’INTERVENTO DELL’ONU
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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COPENHAGEN. = Polemiche
infuocate nei Paesi musulmani, vibrate proteste dei governi, ritorsioni
politiche, boicottaggi commerciali, minacce. Tutto ciò hanno provocato 12 vignette
satiriche su Maometto comparse il 30 settembre scorso sul giornale danese “Jylland-Posten”, e riprese il 10 gennaio dalla rivista
norvegese “Magazinet”, vignette ritenute offensive
dei sentimenti religiosi, alcune davvero eccessive dove il Profeta appare con
un turbante a forma di bomba, e comunque inopportune
vista la reazione. Da qui le scuse del direttore del Jylland-Posten:
“Queste vignette – ha scritto – non violano le leggi danesi
ma indiscutibilmente hanno offeso molti musulmani”. Ma il governo danese
si è rifiutato di condannare l’accaduto in nome della libertà di stampa e di
espressione, seppure il primo ministro Rasmuassen si sia detto contrario a rappresentare figure religiose in modo
offensivo per i credenti. Si complica
intanto lo scenario diplomatico. Lunga la lista dei Paesi islamici ‘offesi’:
Iran, Iraq, Kuwait, Yemen, Emirati arabi, Giordania,
Egitto. Chiedono atti riparatori, pena ritorsioni mentre
sale la protesta popolare ed i più fanatici minacciano violenze. I gruppi di Fatha hanno invitato i danesi e norvegesi a “partire immediatamente”
dai loro territori ed altri di Hamas hanno invocato
“misure dissuasive” nei confronti di Copenaghen. Di ieri l’allarme rientrato di
un pacco bomba nella sede del “Jylland-Posten”.
Perfino l’ONU coinvolto: Lega Araba e Organizzazione delle
Conferenza islamiche hanno intenzione di chiedere una risoluzione contro
gli attacchi alla fede religiosa. Si profilano inoltre conseguenze economiche.
In molti, tra cui i Fratelli musulmani, hanno chiesto il boicottaggio dei
prodotti dei due Paesi finnici. L’Unione europea potrebbe quindi ricorrere
all’Organizzazione mondiale del commercio per dipanare la questione. Un caso
emblematico se massima parte dei Paesi musulmani nega lo stato di diritto per
chi in democrazia fa uso della satira, anche sbagliando e chiedendo scusa
quando ha abusato della libertà di espressione ed offeso il sentimento religioso
di altri.
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DOMANI LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA:
IN UN
MESSAGGIO,
I VESCOVI ITALIANI AFFERMANO CHE IL POPOLO DI DIO SI ATTENDE DAI CONSACRATI
“UN’EFFICACE TESTIMONIANZA DI SERENITÀ E FIDUCIA”
ROMA. = “Il popolo di Dio, nelle sue prove non piccole né
rare, attende da coloro che seguono Cristo più da vicino un’efficace
testimonianza di serenità e fiducia. In una società, attraversata da una
cultura dal cui orizzonte è scomparsa la speranza del futuro di Dio, i figli
della Chiesa e, tra loro in modo singolare i consacrati, si sentano abitati
dalla speranza”. È quanto scrivono i vescovi italiani nel messaggio – diffuso
oggi - in occasione della 10ª Giornata mondiale per la vita consacrata, che la
Chiesa celebra domani. “Radicata nella vocazione battesimale e nell’universale
chiamata alla santità, la vita consacrata – scrivono i vescovi - ha senso
nell’essere memoria viva che la Chiesa è sempre in cammino incontro
al suo Signore”. Ed aggiungono: “Se calasse questa tensione, che prende
nel tessuto vivo della loro esistenza uomini e donne consacrate, si affievolirebbe
la luce della lampada che la stessa vita consacrata è chiamata a diffondere
nella Chiesa”. Secondo i dati più recenti, i religiosi nel mondo sono oltre un
1 milione, dei quali circa 200mila uomini e oltre 800mila donne. Quanti sono
consacrati – sottolineano i vescovi - sono chiamati “a far riconoscere l’opera di Dio
nella storia della Chiesa e del mondo, a vedere ciò che gli altri non vedono,
ad alimentare così la speranza che il Signore viene davvero e aiutare umilmente
ad attenderlo nella quotidiana e operosa vigilanza”. La speranza - affermano i
vescovi italiani – “nasce e cresce dove fiorisce la santità, dove Dio è
cercato, amato e servito, dove brilla il servizio disinteressato ai fratelli,
dove l’attesa del compimento delle promesse di Cristo sostiene il cammino di
fedeltà alla propria vocazione tra le prove del mondo e le consolazioni di
Dio”.
MONITO DEI VESCOVI FILIPPINI AL MONDO
POLITICO: LA CORRUZIONE
TOGLIE LA FIDUCIA DELLA POPOLAZIONE IN UNA POLITICA
CAPACE DI SERVIRE IL BENE COMUNE E NON GLI INTERESSI DI PARTE
MANILA. = C’è un disinteresse verso l’impegno in politica,
altrimenti importante, che nasce dallo scandalo della corruzione e impedisce di
apprezzare il vero significato del servizio al bene comune. E’ l’analisi che i
vescovi filippini fanno dell’attuale situazione in cui versa il loro Paese. In
un documento della Conferenza episcopale locale, pubblicato nei
giorni scorsi e diffuso da AsiaNews, 120
presuli del Paese asiatico affermano senza remore che i politici non agiscono
più come “pubblici servitori”. Prevalgono al contrario “gli interessi di parte”
sulle esigenze pubbliche e così - notano i vescovi - “apatia e cinismo verso la
politica” hanno la meglio “nella mente e nel cuore di molti filippini”, nei
quali prevale una “perdita di fiducia verso tutti i leader politici, di
qualsiasi parte, e, peggio, nelle stesse istituzioni politiche, che molti
reputano corrotte”. La Conferenza episcopale filippina stigmatizza pure
l’attuale politica economica che – sostiene - “non porta sufficienti benefici
per i poveri”, mentre nel quotidiano c’è una diffusa
difficoltà a guadagnare ciò che serve per vivere. Ma la lettura dei presuli va
più a fondo. “Al massimo livello del caos politico – si legge nel
documento - c'è una crisi dei valori morali, una crisi della verità e della
giustizia”, dove anche la verità “è diventata oggetto di interessi di parte e
di accordi tra politici”. Atteggiamenti che si traducono in un danno
all’interno delle categorie più deboli del tessuto sociale: i contadini vedono
aumentare il costo della vita e diminuire i prezzi dei loro prodotti, le
popolazioni indigene minacciate da ricerche minerarie e operazioni commerciali
illegali rischiano di essere cacciate dalle terre ancestrali. Ma non tutto è
negativo nel quadro. Citando la frase di Sant’Agostino ricordata da Benedetto
XVI nell’enciclica Deus Caritas Est – “uno Stato che non è
governato secondo giustizia sarà solo una banda di ladri” - i vescovi delle
Filippine terminano riconoscendo l’esistenza, nel Paese, di persone e gruppi
che lavorano per il bene comune e offrono una “ragione di speranza anche in
questa crisi politica”. (A.D.C.)
ANNUNCIATE
IERI LE NOMINATION AGLI OSCAR 2006: CONFERMATI I PRONOSTICI
CHE VEDONO CONCORRERE, PER I MASSIMI RICONOSCIMENTI, PELLICOLE ATTENTE PIÙ ALLA
REALTÀ E DIFFICOLTÀ DEL MONDO IN CUI VIVIAMO CHE ALLO SPETTACOLO E
ALL’INTRATTENIMENTO. UN SEGNALE CHE ARRIVA PROPRIO
DA
HOLLYWOOD E FA RIFLETTERE IL MONDO DEL CINEMA
- A
cura di Luca Pellegrini -
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HOLLYWOOD. - Agli Oscar di Hollywood, trionfano film
impegnati, film problematici, che spaziano dall’amore alla guerra, dalla vita
alla morte, dall’arte alla politica. Lo spettacolo, l’intrattenimento puro,
questa volta, non entrerà in competizione. I tempi che viviamo, le loro
contraddizioni e paure, allungano la loro ombra sul mondo del cinema e le sue
scelte. Otto candidature principali, confermando le previsioni della vigilia,
le ottiene Brokeback Mountain, il film di Ang Lee già vincitore del Leone
d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Sei nomination vanno, invece, a due outsiders, film coraggiosi e applauditi più dalla critica e
da un pubblico scelto che dalla massa degli spettatori: il teso e lucido Good Night, and Good Luck di George Clooney, sui tempi duri del maccartismo in America; Crash, di Paul
Haggis, sui tempi duri degli americani oggi a Los
Angeles, tra corruzione, razzismo e fobie di varia natura. Fa piacere che entrino in competizione, a diverso titolo, film come il
thriller politico Syriana,
che tocca problemi irrisolti e attuali del Medio-Oriente;
Munich, di Steven Spielberg, che esplora con
sincero coraggio il fenomeno del terrorismo a partire dai fatti di sangue
avvenuti nel corso dell’Olimpiade di Monaco del 1972; oppure le belle biografie
dedicate allo scrittore Truman Capote e al cantante
country Johnny Cash, con le splendide prove di attore
rispettivamente di Philip Seymour
Hoffman e Joaquin Phoenix.
Le nomination del settore femminile sono un grande tributo ad interpretazioni
indiscutibilmente rimarchevoli: ma tra tutte va sottolineata l’imperitura
classe di Judi Dench per Lady Henderson
presenta e l’autorevole e carismatica Felicity Huffman che affronta un ruolo difficile, doloroso e
commovente in Transamerica.
Incontestabili le scelte dei candidati a rappresentare i film stranieri:
soddisfazione, naturalmente, per Cristina Comencini e
il suo La bestia nel cuore, che
rappresenterà l’Italia assente dal 1999, anno del trionfo di
Roberto Benigni. A contenderle la statuetta tutti
pregevolissimi film: il francese Joyeux Noël, drammatica vicenda ambientata nel corso della
Prima Guerra Mondiale; il palestinese Paradise Now, storia di vita e di kamikaze in una terra martoriata;
il tedesco La rosa bianca – Sophie Scholl, che riporta al
coraggio degli oppositori all’inumano regime nazista e, infine, il sudafricano Tsotsi.
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1 febbraio 2006
- A cura di
Fausta Speranza -
Continua a crescere la tensione nella Striscia di Gaza fra
Hamas e Al Fatah all'indomani
della vittoria dei fondamentalisti alle politiche
palestinesi. Un potente ordigno è esploso davanti alla casa del capo della
sicurezza (preventiva) vicino al leader di Al Fatah nella Striscia. Niente vittime ma ingenti danni
materiali e vengono accusati i miliziani di Hamas. Gli uomini delle forze ANP rifiutano di passare
sotto il controllo del nuovo governo di Hamas e
chiedono che la responsabilità della sicurezza interna rimanga nelle mani del
presidente Abu Mazen. Un
incontro tra Abu Mazen e alcuni esponenti di Hamas è previsto per venerdì prossimo a Gaza. Mentre oggi Abu
Mazen, a colloquio al Cairo con il presidente
egiziano Mubarak, ha detto che non darà l'incarico a Hamas di formare il nuovo governo se il gruppo islamico
non riconoscerà Israele e non rinuncerà alla violenza. Intanto in Israele un funzionario ha
confermato che in seguito alla vittoria elettorale di Hamas
sono stati congelati i versamenti nelle casse dell'ANP. 200 milioni di shekel (oltre 30 milioni di euro) di dazi e tasse raccolti
da Israele per conto dell'ANP. Ma non si rischia, con questo tipo di
intervento, di far crollare definitivamente la già fragile economia
palestinese, e di far ulteriormente salire la tensione sociale? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto a Ugo Tramballi, inviato
speciale del Sole 24 ore, esperto di economia dell’area mediorientale:
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R. –
L’atteggiamento ora nei confronti degli aiuti economici è molto moderato. Tutti
sono disposti a dare quanto meno uno, due mesi, ad Hamas per vedere se cambia, se va verso una evoluzione. Se Hamas dà dei segni è probabile che alcune formule di aiuto
economico verranno comunque garantite, per esempio
attraverso l’Arabia Saudita ed altri Paesi arabi.
D. –
Molti osservatori sono convinti che all’ANP potrebbero arrivare fondi segreti
da Arabia Saudita, Iran o Siria. Rapporti più prossimi con questi Paesi non potrebbero
essere ancora più pericolosi?
R. –
Gli aiuti ci sono sicuramente tenuti segreti. L’aiuto eventuale dell’Arabia
Saudita o di altri Paesi moderati non sarebbe un aiuto di carattere puramente islamico,
ma al contrario sarebbe concordato con la rete degli aiuti internazionali
perché, comunque, l’Autorità palestinese deve sopravvivere, deve dare gli stipendi
di questo e del prossimo mese. Anche chiedendo a Hamas
di fare in fretta a decidere che cosa vuole essere, comunque l’Autorità palestinese
ha bisogno di soldi subito. E questi saranno dati, d’accordo con gli organismi
internazionali, probabilmente dall’Arabia Saudita e da qualche altro Paese.
D -
Bisogna dire che Hamas non sembra certamente fare
passi indietro sul riconoscimento di Israele e sull’abbandono della lotta
armata e i numerosi appelli. Come evolverà la vicenda?
R. – Nemmeno Hamas
immaginava, probabilmente, di vincere in questo modo le elezioni. Probabilmente
il disegno era quello di riuscire a dimostrare una notevole forza, ma non
pensavano di andare al governo, non pensavano di trovarsi di fronte a questo
obbligo di prendere una decisione sulla radice del loro essere come movimento islamico di resistenza e di guerriglia. Ora dovranno
farlo.
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In Cisgiordania, cinquanta agenti e un centinaio di coloni
israeliani sono rimasti feriti (la maggior parte, in maniera non grave) nel
corso di duri scontri avvenuti nell'avamposto di Amona,
dopo che in mattinata la Corte Suprema di Gerusalemme
aveva respinto un ricorso in extremis
contro la demolizione di nove edifici in muratura presentato dal movimento dei
coloni. Da settimane, la tensione attorno ad Amona
stava montando, dopo che un tribunale israeliano aveva stabilito che gli
edifici in muratura erano stati eretti su terre private palestinesi e andavano rasi al
suolo.
Un kamikaze si è fatto esplodere stamani in mezzo a un
gruppo di operai in un quartiere meridionale di Baghdad, causando almeno nove
morti e 30 feriti. Ieri, sempre nella capitale, si è verificato quello che a
Washington una fonte del Dipartimento di Stato ha definito “uno spiacevole
incidente”: soldati americani hanno aperto il fuoco a Baghdad contro l'auto
dell'ambasciatore del Canada, senza provocare feriti. Intanto, è ripreso il
processo contro l'ex rais iracheno Saddam Hussein e sette suoi ex
collaboratori.
I principali temi di politica
internazionale sono stati toccati dal presidente degli Stati Uniti Bush nel
tradizionale discorso sullo stato dell’Unione. Bush ha ribadito che la priorità
degli Stati Uniti è sempre la lotta al terrorismo. E ha poi parlato di
eccessiva dipendenza degli Stati Uniti nei confronti del petrolio. Da New York,
Paolo Mastrolilli:
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Il
presidente Bush, rivolgendosi ieri sera agli americani per il tradizionale
discorso sullo stato dell’Unione, ha ribadito che intende puntare sul tema
della sicurezza in vista delle elezioni parlamentari di novembre. Il capo della
Casa Bianca ha difeso il suo piano in Iraq, dicendo che anche i suoi critici
dovrebbero essere interessati a vincere. Il presidente ha poi lanciato un
avvertimento all’Iran, rivolgendosi direttamente ai cittadini della Repubblica
islamica, ostaggi degli ayatollah, e sollecitando la comunità internazionale ad
impedire che mettano le mani sulle armi atomiche. Bush
ha citato lo stesso Iran, la Siria, Myanmar, lo Zimbabwe e la Corea del Nord, come i Paesi su cui intende
concentrare gli sforzi per promuovere democrazia e libertà. Il presidente ha
detto che Hamas, vincitore delle recenti elezioni
palestinesi, deve riconoscere Israele, rinunciare al terrorismo e lavorare per
la pace. Quindi, ha affermato che gli USA non si arrenderanno mai nella lotta
al terrorismo. Bush, però, ha detto che l’America è dipendente dal petrolio mediorientale
come un “drogato” e quindi ha lanciato alcune iniziative per sviluppare le
fonti di energia alternative.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Il premier spagnolo, Jose' Luis Rodriguez Zapatero, arrivato a Ceuta ha
detto che la sua visita nelle enclave spagnole in
Marocco risponde al fatto che ''è un dovere del governo che tutti gli spagnoli
abbiano lo stesso trattamento e considerazione e sentano vicino il proprio governo''. Ieri, il governo marocchino aveva definito
''inopportuna'' la visita
di Zapatero iniziata a Melilla,
la prima di un capo di governo spagnolo da 25 anni, ed aveva ribadito la
posizione ufficiale di Rabat che considera marocchine le due enclave. Zapatero ha ricordato che a Ceuta
convivono culture e religioni differenti e che tutte ''debbono essere viste da
tutti i governi con quello sguardo ampio che rappresenta una visione
democratica, integratrice e umanista della convivenza''.
Tre fratelli, di età compresa fra 17 e 26 anni, sono stati
uccisi nella tarda serata di ieri nel Kosovo
meridionale, a ridosso del confine con la Macedonia. Al momento non si esclude che il triplice
omicidio rientri in un regolamento di
conti fra bande che si contendono il controllo
dei traffici illeciti condotti attraverso il confine.
Nepal. Almeno 19 tra soldati e agenti di polizia sono
stati uccisi questa notte dai ribelli maoisti durante l'assalto alla città di
Palpa, nella parte occidentale del Paese. Diversi altri sarebbero dispersi. Le
vittime sono 16 poliziotti e tre soldati, mentre tra coloro che mancano
all'appello, e sarebbero dozzine, c'è anche l'amministratore del distretto.
L'episodio è avvenuto poche ore prima che re Gyanendra apparisse in Tv per lanciare un appello alla
nazione in favore della democrazia e di uno sforzo comune per la pace. Il
sovrano ha anche confermato le elezioni comunali per l'8 febbraio e ha promesso
le legislative nel 2007. Gyanendra ha assunto i pieni
poteri il 1 febbraio dell'anno scorso, giustificando il suo gesto con
l'incapacità della classe politica a governare e ad affrontare l'offensiva dei
ribelli maoisti, che vogliono abolire la monarchia e instaurare il partito
unico.
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