RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 32  - Testo della trasmissione di mercoledì 1 febbraio  2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dio non è indifferente alla storia degli uomini, ma ha un progetto di armonia e di pace per l’umanità: così, Benedetto XVI all’udienza generale, incentrata sul Salmo 144

 

Lettera del Papa a Famiglia Cristiana, per presentare l’Enciclica “Deus caritas est”, acclusa al  numero della rivista oggi in edicola

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Alla vigilia della riunione d’urgenza dell’AIEA, a Vienna, l’annuncio che l’Iran sta a un passo dall’atomica fa crescere la preoccupazione della comunità internazionale: con noi Giuseppe Bettoni

 

Inaugurata ieri pomeriggio la nuova Biblioteca della Pontificia Università Salesiana di Roma: ce ne parlano don Mario Toso e don Juan Pica

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Siate forti nella fede”: questo il motto scelto dai vescovi polacchi per il prossimo viaggio del Papa nel loro Paese, in programma dal 25 al 28 maggio

 

Monta la protesta nel mondo islamico contro le vignette ritenute blasfeme, comparse prima sulla stampa danese e poi riprese da quella norvegese

 

Domani la Chiesa celebra la Giornata della vita consacrata: messaggio dei vescovi italiani

 

Monito dei vescovi filippini al mondo politico: la corruzione toglie la fiducia della popolazione in una politica capace di servire il bene comune e non gli interessi di parte

 

Annunciate ieri le nomination agli Oscar 2006

 

24 ORE NEL MONDO:

Continua a crescere la tensione nella Striscia di Gaza fra Hamas e Al Fatah

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 febbraio 2006

 

 

DIO NON E’ INDIFFERENTE ALLA STORIA DEGLI UOMINI, MA HA UN PROGETTO DI

ARMONIA E DI PACE PER L’UMANITA’: COSI’, BENEDETTO XVI ALL’UDIENZA GENERALE,

INCENTRATA SUL SALMO 144 CHE PARLA DELLA LODE ALLA MAESTA’ DIVINA

 

Dio non è indifferente alla storia umana, non siamo in balia di forze oscure: è quanto sottolineato dal Papa all’udienza generale in Aula Paolo VI, incentrata oggi sul Salmo 144, che parla della Lode alla Maestà divina. Benedetto XVI ha ribadito che tutta l’umanità è “convocata” a compiere il progetto salvifico di Dio. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Canti)

 

“Una gioiosa lode al Signore che è esaltato come un sovrano amoroso e tenero, preoccupato per tutte le sue creature”: Benedetto XVI ha tratteggiato così il Salmo 144 al centro della sua catechesi. La simbologia regale, cuore di questo inno sacro, ha sottolineato, è centrale anche “nella predicazione di Cristo, è l’espressione del progetto salvifico di Dio”:

 

“Dio non è indifferente riguardo alla storia umana, anzi ha nei suoi confronti il desiderio di attuare un disegno di armonia e di pace. A compiere questo piano è convocata anche l’intera umanità, perché aderisca alla volontà salvifica divina, una volontà che si estende a tutti gli «uomini», a «ogni generazione» e a «tutti i secoli»”. 

 

Si tratta, ha aggiunto il Papa, “di un’azione universale, che strappa il male del mondo e vi insedia la gloria del Signore, ossia la sua presenza personale efficace e trascendente”. Questo Salmo, ha spiegato, “proclama l’ingresso di Dio nelle vicende umane per portare tutta la realtà creata a una pienezza salvifica”. Un messaggio di straordinaria attualità:

 

“Noi non siamo in balía di forze oscure, né siamo solitari con la nostra libertà, bensì siamo affidati all’azione del Signore potente e amoroso, che ha nei nostri confronti un disegno, un «regno» da instaurare”.

 

Tuttavia, questo “regno”, ha precisato il Papa, “non è fatto di potenza e di dominio, di trionfo e di oppressione, come spesso accade per i regni terreni, ma è la sede di una manifestazione di pietà, di tenerezza, di bontà, di grazia, di giustizia”. Il potere, ha dunque avvertito “è superato dalla grandezza della misericordia di Dio”. Al termine della catechesi, salutando i fedeli polacchi, ha ricordato che domani si festeggia la Giornata della vita consacrata. Ha così chiesto a Dio di sostenere con la grazia “le sorelle e i fratelli che hanno scelto la castità, la povertà e l’obbedienza come cammino di santità”. Poi, salutando i dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria italiana ha detto:

 

“La vostra presenza mi offre l’opportunità di richiamare i singoli e l’intera società al rispetto delle norme etiche e civili, che stanno alla base dell’umana convivenza”.

 

L’ultimo pensiero il Papa l’ha rivolto a San Giovanni Bosco, di cui ieri si è celebrata la memoria liturgica. Guardate a lui, ha detto rivolgendosi ai giovani, come “a un autentico maestro di vita e di santità”.

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LETTERA DEL PAPA A FAMIGLIA CRISTIANA,

 PER PRESENTARE L’ENCICLICA “DEUS CARITAS EST”,

 ACCLUSA AL NUMERO DELLA RIVISTA OGGI IN EDICOLA

 

“Care lettrici e lettori di Famiglia Cristiana”: così Benedetto XVI inizia la sua lettera diffusa oggi dalla rivista dei Paolini per presentare la sua prima Enciclica “Deus caritas est”, acclusa al numero odierno del periodico. Ce ne parla Sergio Centofanti:

 

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Il Papa spiega che all’inizio il testo dell’Enciclica può apparire “un po’ difficile e teorico”. Ma inoltrandosi nella lettura risulta evidente la sua intenzione di aver voluto rispondere ad alcune domande “molte concrete per la vita del cristiano”. Il primo punto scrive il Pontefice è che si può davvero amare Dio perché Lui stesso si è fatto vicino, anzi è entrato nella vita di ciascuno: con i sacramenti, la Chiesa, facendoci incontrare uomini che trasmettono la sua luce. “L’amore non è solo un sentimento” – afferma inoltre Benedetto XVI - ma coinvolge anche  la volontà e l’intelletto in modo che possiamo imparare ad amare Dio con tutto il cuore e tutta l’anima:

 

“L’amore … non lo troviamo già bello e pronto, ma cresce;per così dire noi possiamo impararlo lentamente in modo che sempre più esso abbracci tutte le nostre forze e ci apra la strada  per una vita retta”.

 

Il secondo punto – scrive il Pontefice – è che possiamo davvero amare il prossimo anche se ci è estraneo o addirittura antipatico. Possiamo amarlo se siamo amici di Gesù:

 

“Se … la sua amicizia diventerà, a poco a poco, per noi importante e incisiva, allora cominceremo a voler bene a coloro ai quali Lui vuole bene e che hanno bisogno del mio aiuto. Egli vuole che noi diventiamo amici dei suoi amici e noi lo possiamo se gli siamo interiormente vicini”.

 

Quindi il Papa spiega che la fede conduce alla vera gioia. Non è vero che la Chiesa con i suoi comandamenti ci rende amara la gioia dell’eros, dell’essere amati:

 

“Nell’Enciclica ho cercato di dimostrare che la promessa più profonda dell’eros può maturare solo quando non cerchiamo di afferrare la felicità repentina. Al contrario troviamo insieme la pazienza di scoprire sempre più l’altro nel profondo, nella totalità di corpo e anima, di modo che da ultimo la felicità dell’altro diventi più importante della mia. Allora non si vuole più solo prendere, ma donare e proprio in questa liberazione dall’io l’uomo trova se stesso e diviene colmo di gioia”.

 

Benedetto XVI infine ricorda il rapporto tra giustizia e carità: il servizio della carità è irrinunciabile per la Chiesa; in secondo luogo “ai cristiani impegnati nelle professioni pubbliche spetta nell’agire politico di aprire sempre nuove strade alla giustizia” perché nessuno soffra di miseria. E “se di sua natura - precisa - la Chiesa non fa politica in prima persona”, nel rispetto dell’autonomia dello Stato, d’altra parte “partecipa appassionatamente alla battaglia per la giustizia”, portando la luce della fede laddove “la ragione è accecata da interessi e dalla volontà di potere”. Ma ciò che sta “particolarmente a cuore” al Papa è affermare che “la giustizia non può mai rendere superfluo l’amore”:

 

Al di là della giustizia, l’uomo avrà sempre bisogno di amore, che solo dà  un’anima alla giustizia. In un mondo talmente ferito come lo sperimentiamo ai nostri giorni, non c’è davvero bisogno di dimostrare quanto detto. Il mondo si aspetta la testimonianza dell’amore cristiano che ci viene ispirato dalla fede. Nel nostro mondo, spesso così buio, con questo amore brilla la luce di Dio”.

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NOMINA

 

In Brasile, Benedetto XVI ha nominato ausiliare dell’arcivescovo di Fortaleza padre José Luiz Ferreira Salles, della Congregazione del Santissimo Redentore, formatore dei novizi della provincia brasiliana dei Redentoristi a Fortaleza, assegnandogli la sede titolare vescovile di Tipasa di Numidia.                 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza generale.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle Lettere pastorali dei Vescovi italiani.

 

Servizio estero - Medio Oriente: incontro al Cairo tra Abu Mazen e il Capo di Stato egiziano Mubarak. La Russia pronta ad aprire un negoziato con Hamas.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa in merito all'inaugurazione, a Roma, della nuova Biblioteca del Pontificio Ateneo Salesiano dedicata a San Giovanni Bosco.

Servizio italiano - Sempre in primo piano il tema della par condicio.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 febbraio 2006

 

ALLA VIGILIA DELLA RIUNIONE D’URGENZA DELL’AIEA, A VIENNA,

L’ANNUNCIO CHE L’IRAN STA A UN PASSO DALL’ATOMICA FA CRESCERE

LA PREOCCUPAZIONE DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

- Intervista con il prof. Giuseppe Bettoni -

 

L'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) ha confermato che l'Iran ha avviato i preparativi per l'arricchimento dell'uranio, che può essere impiegato per la fabbricazione di armi nucleari, e continua ad ostacolare un'inchiesta su domande rimaste senza risposta sul suo programma atomico. Da parte sua, il negoziatore iraniano conferma che l'Iran riprenderà l’arricchimento industriale di uranio se ci sarà il deferimento alle Nazioni Unite del caso Teheran. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Alla vigilia della riunione d’urgenza convocata dall’AIEA, domani a Vienna, l’annuncio che l’Iran sta a un passo dall’atomica catalizza l’attenzione di tutti. Lunedì sera a Londra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (Francia, Gran Bretagna, USA, Russia e Cina), più la Germania, si erano già espressi per il rinvio del caso nucleare iraniano allo stesso Consiglio. Tra le reazioni di oggi, c’è quella del ministro degli Esteri francese, Douste-Blazy: afferma che si potrebbe decidere di imporre sanzioni all'Iran il mese prossimo, sottolineando che “è concepibile l'intera gamma di sanzioni''. Mosca, invece, fa sapere di aver inviato a Teheran una delegazione per ulteriori consultazioni ma che la Russia ''non intende esercitare pressioni''. Mosca vorrebbe una soluzione di compromesso, in base al quale affiderebbe alla Russia l'arricchimento del proprio uranio. Guardando a Teheran, dalla presidenza nessun tono diverso da quello forte e sfidante degli ultimi tempi: “La nazione iraniana non si piegherà davanti al linguaggio della forza di alcuni Paesi che pensano di essere tutto il mondo” e continuerà nel suo  programma nucleare: afferma Ahmadinejad, che ha parlato in un comizio nella città meridionale di Bushehr. E c’è da dire che durante il comizio, trasmesso in diretta tv, molti cittadini presenti hanno denunciato a gran voce seri ''problemi'' economici e sociali. Diversa la posizione dell'ex presidente Rafsanjani, sconfitto nell'estate scorsa: afferma che per uscire dall'attuale crisi sul programma nucleare del Paese si “richiede più iniziativa che forza e più riflessione che slogan”. D’altra parte, negli ultimi dieci giorni Rafsanjani ha lanciato diversi appelli alla prudenza e ha incontrato importanti esponenti religiosi nella città santa sciita di Qom e la fazione minoritaria, cioè i riformisti, in Parlamento. Ma qual è la congiuntura internazionale in cui è maturata la dura presa di posizione dell’attuale dirigenza in Iran? Lo chiediamo al prof. Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica all’Università Tor Vergata di Roma:

 

R. – Il presidente iraniano Ahmadinejad ha spinto l’Iran in una spirale più violenta, in questo momento, non perché voglia veramente scatenare una guerra nucleare, anche se lui appartiene alla frangia più estrema dei rivoluzionari del ’79, ma perché vuole approfittare di una congiuntura temporale estremamente positiva per lui: gli occidentali sono bloccati dalla presenza americana in Iraq, che chiaramente rende molto delicati i rapporti con i Paesi arabi, sia sunniti che sciiti, e, dall’altro canto, c’è una crisi energetica non da poco. Andare, per esempio, al Consiglio di Sicurezza con la Cina assetata di energia e fare una mozione contro l’Iran ha una certa valenza. Gli occidentali hanno dei problemi di rapporto con l’energia in questo momento. Quello che è cambiato sullo scacchiere del Consiglio di Sicurezza, che è importante, è che la Francia, che ha sempre smussato un po’ i toni nei confronti di certi Paesi tra cui l’Iran, oggi abbia chiesto, lei stessa, una cosa del genere, cioè un’azione collettiva verso l’Iran. Questo, secondo me, non vorrà dire un conflitto violento, militare, nell’immediato, ma sicuramente inasprisce i rapporti. Ma è proprio quello che  l’Iran di Ahmadinejad  vuole. 

 

D. – Parliamo di obiettivi. In definitiva, qual è lo scopo centrale del presidente iraniano?

 

R. – Vuole monopolizzare o quanto meno vuole raggiungere un punto d’accordo con il mondo sunnita, perché oggi il vero problema dello scacchiere mediorientale, che va dall’Iran fino all’Egitto, è, da una parte, il rapporto fra islamisti e nazionalisti basisti, e dall’altra, il conflitto tra sciiti e sunniti.

 

D. – In questo momento, si discute molto dell’ipotesi del deferimento all’ONU per Teheran, ma che cosa si può ottenere coinvolgendo le Nazioni Unite? Ed è davvero questa la strada per la comunità internazionale?

 

R. – Il fatto che il deferimento alle Nazioni Unite possa essere una procedura di grande visibilità e di grande importanza da un punto di vista politico è un conto. Rischia però di allontanarci dal territorio in questione, e cioè la scala mediorientale o orientale, se così possiamo dire. In effetti, il problema maggiore risiede nel fatto che Ahmadinejad cerchi in questo momento di polarizzare diverse forze, molte delle quali sono sunnite, e l’ala sciita più estremista intorno a lui, per evitare di andare a forme di mediazione diverse con gli occidentali. Se noi andiamo ad una forma di muro contro muro, rischiamo forse di obbligare certe parti del mondo sunnita ad allearsi con gli sciiti iraniani, e quindi a dare man forte, invece, proprio ad Ahmadinejad. In poche parole, rischiamo di fare il loro gioco. Forse, bisogna cercare di tessere una tela sotterranea - e non è detto che le ambasciate in questo momento non lo stiano facendo - che cerchi di togliere l’erba sotto i piedi ad Ahmadinejad, recuperare alcune forme, anche islamiste un po’ integraliste, ma sunnite, che da sempre non vedono di buon occhio la rivoluzione iraniana, e quindi cercare di indebolire il ruolo di Ahmadinejad.

 

D. – Prof. Bettoni, ma in definitiva l’Occidente deve davvero temere un attacco nucleare da parte di Teheran?

 

R. – Non credo che possa accadere. C’è qualcosa che va sempre ricordato: il mondo dell’Islam che va dal Pakistan fino al Marocco ha un elemento fondamentale, c’è una frattura potentissima interna tra sciiti e sunniti, che non è solo teologica, ma eminentemente politica. Gli sciiti sanno di essere una minoranza e i sunniti non dimenticano mai questa cosa. Quindi, non permetterebbero mai all’uno di prendere il potere sull’altro. Questa frattura, se vogliamo, insieme a tante altre microfratture e fratture interne, ci permettono di dire che non è per domani un’alleanza pan-islamica, che vada dal Pakistan al Marocco.

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UNA MODERNA BIBLIOTECA CON SPAZI MULTIMEDIALI ED UNA RICCA RETE

 INFORMATICA. AD OFFRIRLI LA NUOVA BIBLIOTECA DELLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ

 SALESIANA DI ROMA INAUGURATA IERI POMERIGGIO DAL PREFETTO

DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA

IL CARDINALE ZENON GROCHOLEWSKI

- Intervista con don Mario Toso e don Juan Pica -

 

Inaugurata ieri pomeriggio a Roma, dal prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il cardinale Zenon Grocholewscki, la nuova Biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Dotata di sistemi multimediali e di un’ampia rete informatica, vuole offrire spazi soprattutto ai giovani. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Sistemi informatizzati, servizi automatici, un ricco patrimonio di volumi: li possiede la nuova Biblioteca della Pontificia Università Salesiana. Ma che prospettive offre questo moderno centro di studi? Il rettore dell’Università don Mario Toso:

 

R. – L’apporto di varie scienze, facenti riferimento alle sei facoltà che qui abbiamo, entra in una sintesi culturale ed educativa che, grazie alla rete odierna di interconnessioni, viene globalizzata, secondo la ricchezza del genio pedagogico di don Bosco. Al centro di questo genio pedagogico di don Bosco sta, assieme alla ragione e alla religione, l’amorevolezza, con tanti gesti di accoglienza, di rispetto e di promozione della dignità dei giovani, secondo il loro bisogno di famiglia, di lavoro e di Dio. Ed è in questo modo che l’Università Pontificia Salesiana, con la sua moderna Biblioteca, si pone al servizio della cultura, dell’affermazione della dignità di ogni uomo, specialmente dei giovani più poveri, in un contesto di globalizzazione, che è insieme di reti, di interconnessioni, di comunicazioni, che ha bisogno di un nuovo umanesimo, un umanesimo cristiano.

 

D. – Quali sono i settori che in questa Biblioteca consentono degli studi più approfonditi?

 

R. – Dobbiamo pensare a questi campi, intanto: a quello relativo a don Bosco e ai salesiani; ai settori poi concernenti la storia, la spiritualità e la pedagogia salesiana, in particolare; alle varie scienze dell’educazione, alla pastorale giovanile e alla catechetica, alle scienze della comunicazione sociale, oltre che alla filosofia, alla teologia, alle lettere cristiane classiche e al diritto canonico. Tutto questo in una prospettiva vasta e internazionale.

 

E quali le tecnologie che rendono più funzionale la Biblioteca? Ce lo spiega il prefetto della stessa, il prof. don Juan Pica:

 

R. – Praticamente il multimediale è presente in modo completo in tutta la Biblioteca, per cui è totalmente inserita in rete. Il settore multimediale è molto curato. Una delle cose che attira di più l’attenzione è un deposito robotizzato, dove i libri non sono collocati, come tradizionalmente venivano distribuiti, sui piani degli scaffali, ma sistemati in cassetti, poi immagazzinati l’uno vicino all’altro, per cui c’è un notevolissimo risparmio di spazio.

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CHIESA E SOCIETA’

1 febbraio 2006

 

“SIATE FORTI NELLA FEDE”: QUESTO IL MOTTO SCELTO DAI VESCOVI POLACCHI

PER IL PROSSIMO VIAGGIO DEL PAPA NEL LORO PAESE,

CHE AVVERRA’ DAL 25 AL 28 MAGGIO, COME E’ STATO ANNUNCIATO IERI

 

VARSAVIA. = Benedetto XVI visiterà la Polonia dal 25 al 28 maggio. A dare l’annuncio è stato ieri il segretario della Conferenza episcopale polacca, mons. Piotr Libera. La notizia è riportata nel comunicato finale della Plenaria dei presuli riuniti ieri a Varsavia. “Siate forti nella fede”: sarà il motto del viaggio papale nella terra natia del suo predecessore, Giovanni Paolo II. Papa Ratzinger visiterà Varsavia, il Santuario mariano di Jasna Gora a Czestochowa, poi farà tappa a Cracovia, si recherà quindi nell’ex campo di concentramento ad Auschwitz ed infine a Wadowice, città natale di Karol Wojtyla e nel vicino Santuario di Kalwaria Zebrzydowska. (R.G.)

 

 

MONTA LA PROTESTA NEL MONDO ISLAMICO CONTRO LE VIGNETTE RITENUTE BLASFEME, COMPARSE PRIMA SULLA STAMPA DANESE E POI RIPRESE DA QUELLA NORVEGESE.

 IL CASO COINVOLGE I RAPPORTI TRA GLI STATI. L’IRAN HA CONVOCATO TRA IERI ED OGGI GLI AMBASCIATORI DI DANIMARCA E NORVEGIA, CHIEDENDO SCUSE UFFICIALI.

 INVOCATO PERFINO L’INTERVENTO DELL’ONU

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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COPENHAGEN. = Polemiche infuocate nei Paesi musulmani, vibrate proteste dei governi, ritorsioni politiche, boicottaggi commerciali, minacce. Tutto ciò hanno provocato 12 vignette satiriche su Maometto comparse il 30 settembre scorso sul giornale danese “Jylland-Posten”, e riprese il 10 gennaio dalla rivista norvegese “Magazinet”, vignette ritenute offensive dei sentimenti religiosi, alcune davvero eccessive dove il Profeta appare con un turbante a forma di bomba, e comunque inopportune vista la reazione. Da qui le scuse del direttore del Jylland-Posten: “Queste vignette – ha scritto – non violano le leggi danesi ma indiscutibilmente hanno offeso molti musulmani”. Ma il governo danese si è rifiutato di condannare l’accaduto in nome della libertà di stampa e di espressione, seppure il primo ministro Rasmuassen si sia detto contrario a rappresentare figure religiose in modo offensivo per i credenti.  Si complica intanto lo scenario diplomatico. Lunga la lista dei Paesi islamici ‘offesi’: Iran, Iraq, Kuwait, Yemen, Emirati arabi, Giordania, Egitto. Chiedono atti riparatori, pena ritorsioni mentre sale la protesta popolare ed i più fanatici minacciano violenze. I gruppi di Fatha hanno invitato i danesi e norvegesi a “partire immediatamente” dai loro territori ed altri di Hamas hanno invocato “misure dissuasive” nei confronti di Copenaghen. Di ieri l’allarme rientrato di un pacco bomba nella sede del “Jylland-Posten”. Perfino l’ONU coinvolto: Lega Araba e Organizzazione delle Conferenza islamiche hanno intenzione di chiedere una risoluzione contro gli attacchi alla fede religiosa. Si profilano inoltre conseguenze economiche. In molti, tra cui i Fratelli musulmani, hanno chiesto il boicottaggio dei prodotti dei due Paesi finnici. L’Unione europea potrebbe quindi ricorrere all’Organizzazione mondiale del commercio per dipanare la questione. Un caso emblematico se massima parte dei Paesi musulmani nega lo stato di diritto per chi in democrazia fa uso della satira, anche sbagliando e chiedendo scusa quando ha abusato della libertà di espressione ed offeso il sentimento religioso di altri.

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DOMANI LA CHIESA CELEBRA LA GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA: IN UN

MESSAGGIO, I VESCOVI ITALIANI AFFERMANO CHE IL POPOLO DI DIO SI ATTENDE DAI CONSACRATI “UN’EFFICACE TESTIMONIANZA DI SERENITÀ E FIDUCIA”

 

ROMA. = “Il popolo di Dio, nelle sue prove non piccole né rare, attende da coloro che seguono Cristo più da vicino un’efficace testimonianza di serenità e fiducia. In una società, attraversata da una cultura dal cui orizzonte è scomparsa la speranza del futuro di Dio, i figli della Chiesa e, tra loro in modo singolare i consacrati, si sentano abitati dalla speranza”. È quanto scrivono i vescovi italiani nel messaggio – diffuso oggi - in occasione della 10ª Giornata mondiale per la vita consacrata, che la Chiesa celebra domani. “Radicata nella vocazione battesimale e nell’universale chiamata alla santità, la vita consacrata – scrivono i vescovi - ha senso nell’essere memoria viva che la Chiesa è sempre in cammino incontro al suo Signore”. Ed aggiungono: “Se calasse questa tensione, che prende nel tessuto vivo della loro esistenza uomini e donne consacrate, si affievolirebbe la luce della lampada che la stessa vita consacrata è chiamata a diffondere nella Chiesa”. Secondo i dati più recenti, i religiosi nel mondo sono oltre un 1 milione, dei quali circa 200mila uomini e oltre 800mila donne. Quanti sono consacrati – sottolineano i vescovi - sono chiamati  “a far riconoscere l’opera di Dio nella storia della Chiesa e del mondo, a vedere ciò che gli altri non vedono, ad alimentare così la speranza che il Signore viene davvero e aiutare umilmente ad attenderlo nella quotidiana e operosa vigilanza”. La speranza  - affermano i vescovi italiani – “nasce e cresce dove fiorisce la santità, dove Dio è cercato, amato e servito, dove brilla il servizio disinteressato ai fratelli, dove l’attesa del compimento delle promesse di Cristo sostiene il cammino di fedeltà alla propria vocazione tra le prove del mondo e le consolazioni di Dio”.

 

 

MONITO DEI VESCOVI FILIPPINI AL MONDO POLITICO: LA CORRUZIONE

TOGLIE LA FIDUCIA DELLA POPOLAZIONE IN UNA POLITICA

CAPACE DI SERVIRE IL BENE COMUNE E NON GLI INTERESSI DI PARTE

 

MANILA. = C’è un disinteresse verso l’impegno in politica, altrimenti importante, che nasce dallo scandalo della corruzione e impedisce di apprezzare il vero significato del servizio al bene comune. E’ l’analisi che i vescovi filippini fanno dell’attuale situazione in cui versa il loro Paese. In un documento della Conferenza episcopale locale, pubblicato nei giorni scorsi e diffuso da AsiaNews, 120 presuli del Paese asiatico affermano senza remore che i politici non agiscono più come “pubblici servitori”. Prevalgono al contrario “gli interessi di parte” sulle esigenze pubbliche e così - notano i vescovi - “apatia e cinismo verso la politica” hanno la meglio “nella mente e nel cuore di molti filippini”, nei quali prevale una “perdita di fiducia verso tutti i leader politici, di qualsiasi parte, e, peggio, nelle stesse istituzioni politiche, che molti reputano corrotte”. La Conferenza episcopale filippina stigmatizza pure l’attuale politica economica che – sostiene - “non porta sufficienti benefici per i poveri”, mentre nel quotidiano c’è una diffusa difficoltà a guadagnare ciò che serve per vivere. Ma la lettura dei presuli va più a fondo. “Al massimo livello del  caos politico – si legge nel documento - c'è una crisi dei valori morali, una crisi della verità e della giustizia”, dove anche la verità “è diventata oggetto di interessi di parte e di accordi tra politici”. Atteggiamenti che si traducono in un danno all’interno delle categorie più deboli del tessuto sociale: i contadini vedono aumentare il costo della vita e diminuire i prezzi dei loro prodotti, le popolazioni indigene minacciate da ricerche minerarie e operazioni commerciali illegali rischiano di essere cacciate dalle terre ancestrali. Ma non tutto è negativo nel quadro. Citando la frase di Sant’Agostino ricordata da Benedetto XVI nell’enciclica Deus Caritas Est – “uno Stato che non è governato secondo giustizia sarà solo una banda di ladri” - i vescovi delle Filippine terminano riconoscendo l’esistenza, nel Paese, di persone e gruppi che lavorano per il bene comune e offrono una “ragione di speranza anche in questa crisi politica”. (A.D.C.)

 

 

ANNUNCIATE IERI LE NOMINATION AGLI OSCAR 2006: CONFERMATI I PRONOSTICI CHE VEDONO CONCORRERE, PER I MASSIMI RICONOSCIMENTI, PELLICOLE ATTENTE PIÙ ALLA REALTÀ E DIFFICOLTÀ DEL MONDO IN CUI VIVIAMO CHE ALLO SPETTACOLO E ALL’INTRATTENIMENTO. UN SEGNALE CHE ARRIVA PROPRIO

DA HOLLYWOOD E FA RIFLETTERE IL MONDO DEL CINEMA

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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HOLLYWOOD. - Agli Oscar di Hollywood, trionfano film impegnati, film problematici, che spaziano dall’amore alla guerra, dalla vita alla morte, dall’arte alla politica. Lo spettacolo, l’intrattenimento puro, questa volta, non entrerà in competizione. I tempi che viviamo, le loro contraddizioni e paure, allungano la loro ombra sul mondo del cinema e le sue scelte. Otto candidature principali, confermando le previsioni della vigilia, le ottiene Brokeback Mountain, il film di Ang Lee già vincitore del Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Sei nomination vanno, invece, a due outsiders, film coraggiosi e applauditi più dalla critica e da un pubblico scelto che dalla massa degli spettatori: il teso e lucido Good Night, and Good Luck di George Clooney, sui tempi duri del maccartismo in America; Crash, di Paul Haggis, sui tempi duri degli americani oggi a Los Angeles, tra corruzione, razzismo e fobie di varia natura. Fa piacere che entrino in competizione, a diverso titolo, film come il thriller politico Syriana, che tocca problemi irrisolti e attuali del Medio-Oriente; Munich, di Steven Spielberg, che esplora con sincero coraggio il fenomeno del terrorismo a partire dai fatti di sangue avvenuti nel corso dell’Olimpiade di Monaco del 1972; oppure le belle biografie dedicate allo scrittore Truman Capote e al cantante country Johnny Cash, con le splendide prove di attore rispettivamente di Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. Le nomination del settore femminile sono un grande tributo ad interpretazioni indiscutibilmente rimarchevoli: ma tra tutte va sottolineata l’imperitura classe di Judi Dench per Lady Henderson presenta e l’autorevole e carismatica Felicity Huffman che affronta un ruolo difficile, doloroso e commovente in Transamerica. Incontestabili le scelte dei candidati a rappresentare i film stranieri: soddisfazione, naturalmente, per Cristina Comencini e il suo La bestia nel cuore, che rappresenterà l’Italia assente dal 1999, anno del trionfo di Roberto Benigni. A contenderle la statuetta tutti pregevolissimi film: il francese Joyeux Noël, drammatica vicenda ambientata nel corso della Prima Guerra Mondiale; il palestinese Paradise Now, storia di vita e di kamikaze in una terra martoriata; il tedesco La rosa bianca – Sophie Scholl, che riporta al coraggio degli oppositori all’inumano regime nazista e, infine, il sudafricano Tsotsi.

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24 ORE NEL MONDO

1 febbraio 2006

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Continua a crescere la tensione nella Striscia di Gaza fra Hamas e Al Fatah all'indomani della vittoria dei fondamentalisti alle politiche palestinesi. Un potente ordigno è esploso davanti alla casa del capo della sicurezza (preventiva) vicino al leader di Al Fatah nella Striscia. Niente vittime ma ingenti danni materiali e vengono accusati i miliziani di Hamas. Gli uomini delle forze ANP rifiutano di passare sotto il controllo del nuovo governo di Hamas e chiedono che la responsabilità della sicurezza interna rimanga nelle mani del presidente Abu Mazen. Un incontro tra Abu Mazen e alcuni esponenti di Hamas è previsto per venerdì prossimo a Gaza. Mentre oggi Abu Mazen, a colloquio al Cairo con il presidente egiziano Mubarak, ha detto che non darà l'incarico a Hamas di formare il  nuovo governo se il gruppo islamico non riconoscerà Israele e non rinuncerà alla violenza. Intanto in Israele un funzionario ha confermato che in seguito alla vittoria elettorale di Hamas sono stati congelati i versamenti nelle casse dell'ANP. 200 milioni di shekel (oltre 30 milioni di euro) di dazi e tasse raccolti da Israele per conto dell'ANP. Ma non si rischia, con questo tipo di intervento, di far crollare definitivamente la già fragile economia palestinese, e di far ulteriormente salire la tensione sociale? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Ugo Tramballi, inviato speciale del Sole 24 ore, esperto di economia dell’area mediorientale:

 

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R. – L’atteggiamento ora nei confronti degli aiuti economici è molto moderato. Tutti sono disposti a dare quanto meno uno, due mesi, ad Hamas per vedere se cambia, se va verso una evoluzione. Se Hamas dà dei segni è probabile che alcune formule di aiuto economico verranno comunque garantite, per esempio attraverso l’Arabia Saudita ed altri Paesi arabi.

 

D. – Molti osservatori sono convinti che all’ANP potrebbero arrivare fondi segreti da Arabia Saudita, Iran o Siria. Rapporti più prossimi con questi Paesi non potrebbero essere ancora più pericolosi?

 

R. – Gli aiuti ci sono sicuramente tenuti segreti. L’aiuto eventuale dell’Arabia Saudita o di altri Paesi moderati non sarebbe un aiuto di carattere puramente islamico, ma al contrario sarebbe concordato con la rete degli aiuti internazionali perché, comunque, l’Autorità palestinese deve sopravvivere, deve dare gli stipendi di questo e del prossimo mese. Anche chiedendo a Hamas di fare in fretta a decidere che cosa vuole essere, comunque l’Autorità palestinese ha bisogno di soldi subito. E questi saranno dati, d’accordo con gli organismi internazionali, probabilmente dall’Arabia Saudita e da qualche altro Paese.

 

D - Bisogna dire che Hamas non sembra certamente fare passi indietro sul riconoscimento di Israele e sull’abbandono della lotta armata e i numerosi appelli. Come evolverà la vicenda?

 

R. – Nemmeno Hamas immaginava, probabilmente, di vincere in questo modo le elezioni. Probabilmente il disegno era quello di riuscire a dimostrare una notevole forza, ma non pensavano di andare al governo, non pensavano di trovarsi di fronte a questo obbligo di prendere una decisione sulla radice del loro essere come movimento islamico di resistenza e di guerriglia. Ora dovranno farlo.

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In Cisgiordania, cinquanta agenti e un centinaio di coloni israeliani sono rimasti feriti (la maggior parte, in maniera non grave) nel corso di duri scontri avvenuti nell'avamposto di Amona, dopo che in mattinata la Corte Suprema di Gerusalemme aveva respinto un  ricorso in extremis contro la demolizione di nove edifici in muratura presentato dal movimento dei coloni. Da settimane, la tensione attorno ad Amona stava montando, dopo che un tribunale israeliano aveva stabilito che gli edifici in muratura erano stati eretti su terre private palestinesi e  andavano rasi al suolo.

 

Un kamikaze si è fatto esplodere stamani in mezzo a un gruppo di operai in un quartiere meridionale di Baghdad, causando almeno nove morti e 30 feriti. Ieri, sempre nella capitale, si è verificato quello che a Washington una fonte del Dipartimento di Stato ha definito “uno spiacevole incidente”: soldati americani hanno aperto il fuoco a Baghdad contro l'auto dell'ambasciatore del Canada, senza provocare feriti. Intanto, è ripreso il processo contro l'ex rais iracheno Saddam Hussein e sette suoi ex collaboratori.

 

I principali temi di politica internazionale sono stati toccati dal presidente degli Stati Uniti Bush nel tradizionale discorso sullo stato dell’Unione. Bush ha ribadito che la priorità degli Stati Uniti è sempre la lotta al terrorismo. E ha poi parlato di eccessiva dipendenza degli Stati Uniti nei confronti del petrolio. Da New York, Paolo Mastrolilli:

 

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Il presidente Bush, rivolgendosi ieri sera agli americani per il tradizionale discorso sullo stato dell’Unione, ha ribadito che intende puntare sul tema della sicurezza in vista delle elezioni parlamentari di novembre. Il capo della Casa Bianca ha difeso il suo piano in Iraq, dicendo che anche i suoi critici dovrebbero essere interessati a vincere. Il presidente ha poi lanciato un avvertimento all’Iran, rivolgendosi direttamente ai cittadini della Repubblica islamica, ostaggi degli ayatollah, e sollecitando la comunità internazionale ad impedire che mettano le mani sulle armi atomiche. Bush ha citato lo stesso Iran, la Siria, Myanmar, lo Zimbabwe e la Corea del Nord, come i Paesi su cui intende concentrare gli sforzi per promuovere democrazia e libertà. Il presidente ha detto che Hamas, vincitore delle recenti elezioni palestinesi, deve riconoscere Israele, rinunciare al terrorismo e lavorare per la pace. Quindi, ha affermato che gli USA non si arrenderanno mai nella lotta al terrorismo. Bush, però, ha detto che l’America è dipendente dal petrolio mediorientale come un “drogato” e quindi ha lanciato alcune iniziative per sviluppare le fonti di energia alternative.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il premier spagnolo, Jose' Luis Rodriguez Zapatero, arrivato a Ceuta ha detto che la sua visita nelle enclave spagnole in Marocco risponde al fatto che ''è un dovere del governo che tutti gli spagnoli abbiano lo stesso trattamento e considerazione e sentano vicino il proprio governo''. Ieri, il governo marocchino aveva definito ''inopportuna'' la  visita di Zapatero iniziata a Melilla, la prima di un capo di governo spagnolo da 25 anni, ed aveva ribadito la posizione ufficiale di Rabat che considera marocchine le due enclave. Zapatero ha ricordato che a Ceuta convivono culture e religioni differenti e che tutte ''debbono essere viste da tutti i governi con quello sguardo ampio che rappresenta una visione democratica, integratrice e umanista della convivenza''.

Tre fratelli, di età compresa fra 17 e 26 anni, sono stati uccisi nella tarda serata di ieri nel Kosovo meridionale, a ridosso del confine con la Macedonia. Al  momento non si esclude che il triplice omicidio rientri in un  regolamento di conti fra bande che si contendono il controllo  dei traffici illeciti condotti attraverso il confine.

 

Nepal. Almeno 19 tra soldati e agenti di polizia sono stati uccisi questa notte dai ribelli maoisti durante l'assalto alla città di Palpa, nella parte occidentale del Paese. Diversi altri sarebbero dispersi. Le vittime sono 16 poliziotti e tre soldati, mentre tra coloro che mancano all'appello, e sarebbero dozzine, c'è anche l'amministratore del distretto. L'episodio è avvenuto poche ore prima che re Gyanendra apparisse in Tv per lanciare un appello alla nazione in favore della democrazia e di uno sforzo comune per la pace. Il sovrano ha anche confermato le elezioni comunali per l'8 febbraio e ha promesso le legislative nel 2007. Gyanendra ha assunto i pieni poteri il 1 febbraio dell'anno scorso, giustificando il suo gesto con l'incapacità della classe politica a governare e ad affrontare l'offensiva dei ribelli maoisti, che vogliono abolire la monarchia e instaurare il partito unico.

 

 

 

 

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